ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/16824

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 659 del 03/07/2012
Firmatari
Primo firmatario: GALLI DANIELE
Gruppo: FUTURO E LIBERTA' PER IL TERZO POLO
Data firma: 03/07/2012


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI
  • MINISTERO PER GLI AFFARI EUROPEI
  • MINISTERO PER LA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE E L'INTEGRAZIONE
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI delegato in data 03/07/2012
Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-16824
presentata da
DANIELE GALLI
martedì 3 luglio 2012, seduta n.659

GALLI. -
Al Ministro degli affari esteri, al Ministro per gli affari europei, al Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione.
- Per sapere - premesso che:

le cronache degli ultimi giorni hanno evidenziato una recrudescenza degli attacchi nei confronti dei cristiani, in modo particolare in alcune regioni dell'Africa, fra cui la Nigeria ed il Kenya, ad opera di gruppi terroristici di ispirazione islamica, che si sono concretizzati in vere e proprie stragi;

la persecuzione moderna dei cristiani avviene sotto varie forme, di cui l'eliminazione fisica è la più cruenta, ma non la sola: i due continenti nei quali le persecuzioni contro i cristiani sono maggiormente presenti sono l'Africa e l'Asia; in generale nei Paesi arabi i cristiani, nonostante in tutto il Vicino Oriente ed in Nordafrica costituissero la popolazione originaria, sono oggetto, da parte della popolazione musulmana, di forme di discriminazione più o meno gravi, che negli ultimi decenni hanno portato molti di loro a emigrare o essere forzati a convertirsi all'Islam;

la popolazione cristiana è in calo più o meno pronunciato in tutti i Paesi del Vicino Oriente, ed in via di sparizione in Iraq. La conversione di musulmani al Cristianesimo è poi vista come un crimine (apostasia) la cui pena è la morte e, anche nei Paesi in cui la legge non la vieta apertamente, i convertiti sono spesso oggetto di minacce, vendette, ricatti, linciaggi da parte della popolazione;

pare opportuno ricordare gli episodi più gravemente lesivi dei diritti umani di questa vera e propria persecuzione:

in Algeria nel maggio 2011 nella provincia di Béjaïa è stata ordinata la chiusura di sette luoghi di culto evangelici;

in Egitto nel 2011 un attentato nella chiesa dei Santi, ad Alessandria d'Egitto, ha provocato 21 morti. L'episodio si inserisce nel contesto di numerosi attacchi alla chiesa cristiano-copta: nel 2010 un agguato all'uscita della messa di Natale aveva provocato otto vittime. La situazione è degenerata ulteriormente il 9 ottobre 2011, quando migliaia di cristiani copti si riuniscono ali Cairo per manifestare contro l'ennesimo attacco a una chiesa: l'intervento dell'esercito provocò una strage, con più di 20 morti e 200 feriti. L'episodio ha avuto un precedente nel novembre 2010, quando due cristiani sono stati uccisi, e quasi duecento arrestati, durante una protesta per il rifiuto della costruzione di una chiesa a Giza. Contrasti e prevaricazioni da parte dei mussulmani nel Paese sono spesso legate alla mancanza di eguaglianza tra moschee e chiese: mentre le prime possono infatti essere costruite ovunque, per le chiese cristiane dei copti, che rappresentano circa il 5-10 per cento della popolazione egiziana, è invece necessario un permesso da parte del Presidente della Repubblica;

in Libia nel gennaio 2012 viene annunciata la creazione del primo partito islamico libico, che mira alla costruzione del nuovo Stato secondo la sharia, annunciando il rifiuto di trattare con «formazioni in contraddizione con la sharia», la quale proibisce l'evangelizzazione e prevede la pena di morte per «bestemmia» (critica dell'islam) e «apostasia» (conversione ad altra religione);

in Nigeria la vigilia di Natale 2010 è segnata da una serie di attacchi armati ed esplosivi che causano 86 vittime. La vicenda si ripete l'anno successivo, dove già a novembre sei chiese erano state attaccate a Damaturu, con numerose vittime. In occasione del Natale 2011, cinque attentati sono stati condotti contro chiese cristiane provocando la morte di almeno 39 persone. Nelle settimane successive una serie ulteriore di attentati, realizzati da una setta mussulmana con l'obiettivo dichiarato di provocare l'esodo dei cristiani dal nord del Paese, ha provocato la morte di altre 28 persone. Gli eventi provocano la fuga di decine di migliaia di cristiani dal nord del Paese. L'8 aprile 2012, in occasione della Pasqua, un nuovo attentato con esplosivo vicino a una chiesa a Kaduna ha colpito la Nigeria settentrionale: almeno venti i morti e decine i feriti. Poche settimane dopo, un commando armato ha aperto il fuoco sui fedeli che assistevano a una messa a Kano, causando venti morti e decine di feriti gravi. Il 3 giugno 2012 un attacco condotto da un kamikaze, che conduce un'auto imbottita di esplosivo contro una chiesa a Yalwa (Bauchi) nel nord nel Paese, causa oltre 15 morti. La settimana successiva un duplice attentato condotto da un kamikaze e da uomini armati contro due chiese durante lo svolgimento di funzioni religiose ha causato la morte di almeno quattro persone e il ferimento di decine, alcune delle quali in gravissime condizioni. Anche questi attentati sono stati rivendicati dalla setta islamica Boko Haram, che vuole cacciare i cristiani dal Nord del Paese, dove vuole imporre un califfato islamico. Il macabro rituale degli attentati contro i cristiani in occasione delle messe festive è proseguito anche nella domenica successiva: nello stato settentrionale di Kaduna sono state colpite tre chiese, con un bilancio di almeno 23 morti, compresi diversi bambini, e circa 80 feriti;

in Somalia, nel 1989 fu ucciso il vescovo di Mogadiscio e nel 2008 rasa al suolo la cattedrale. Ogni pratica religiosa diversa dall'islam è proibita. Il 25 settembre 2011 un ragazzo cristiano di 17 anni, rapito, viene decapitato ad Oddur da militanti al-Shabaab. Gli stessi estremisti islamici sono responsabili dell'uccisione di donne cristiane a Mogadiscio (7 gennaio 2011), Warbhigly (gennaio 2011), della decapitazione di un altro giovane cristiano il 2 settembre 2011, e dell'uccisione a colpi di arma da fuoco di un giovane cristiano di 21 anni il 18 aprile 2011. Ad essi viene attribuito il rapimento di due volontari spagnoli dal campo profughi di Dadaab il 13 ottobre 2011;

in Sudan il conflitto tra nord del paese prevalentemente arabo ed un sud cristiano e animista ha alimentato una guerra civile che è durata più di 40 anni e costituisce una delle più gravi situazioni umanitarie esistenti e ha portato all'indipendenza del Sud Sudan il 9 luglio 2011. Tuttavia questo ha lasciato i cristiani del nord, oltre 1 milione, in una situazione molto precaria. L'8 giugno 2011 uno studente del seminario di San Paolo è ucciso di fronte alle porte della Missione ONU a Kadugli's al Shaeer. Il 18 luglio, estremisti islamici attaccano la casa del vescovo anglicano Andudu Adam Elnail, al momento fortunatamente assente, con l'intenzione di ucciderlo. Gli attaccanti lasciano una lettera minatoria. Il 5 agosto cristiani che lavoravano alla costruzione della Chiesa Sudanese di Cristo vicino Khartoum sono aggrediti e gli viene intimato che «il Cristianesimo non è più una religione accettata nel paese»;

in Afghanistan la conversione al cristianesimo è ancora punibile con la morte. I cristiani non si radunano pubblicamente e, se sono noti come tali, subiscono pressioni dalla società e dalle istituzioni;

in Arabia Saudita, in base alle disposizioni sciaraitiche circa la dhimmitudine, che significa soggezione con umiliazione, è formalmente vietata ogni religione che non sia quella musulmana; la presenza di stranieri cristiani è tacitamente tollerata, ma essi non possono in alcun modo manifestare la propria fede. Persino il possesso della Bibbia è considerato un crimine;

in Bhutan il processo di transizione democratica, sancito nel 2008 dall'approvazione della Costituzione da parte del parlamento, sta migliorando notevolmente il livello di libertà religiosa nel Paese. La pratica cristiana è comunque ancora esercitata privatamente, e con discrezione. Nel 2010 un cristiano nepalese è stato condannato a tre anni per «tentata promozione di disordini civili» dopo aver proiettato film a contenuto cristiano;

in Corea del Nord la dittatura comunista proibisce qualsiasi appartenenza a gruppi cristiani. Dal 1949 non si hanno più notizie del vescovo di Pyongyang, mons. Francis Hong Yong-ho e di altri 166 sacerdoti;

in Cina il governo ha istituito una «Chiesa patriottica nazionale», separata da Roma. I cattolici fedeli al Papa sono considerati «agenti di una potenza straniera». Anche se in tempi recenti il governo cinese ha aperto una trattativa con il Vaticano, tuttora continuano le incarcerazioni di sacerdoti e vescovi. Anche altre religioni «non autorizzate» vengono duramente represse;

in India, molti cristiani sono oggetto di torture ed uccisioni da parte di fondamentalisti indù. Nel 2008 un'ondata di violenza culminata con numerose uccisioni ha costretto 20.000 cristiani a cercare riparo in rifugi allestiti nello stato dell'Orissa. Il 14 gennaio 2012 viene pubblicato il rapporto sulle persecuzioni in India dal «Catholic Secular Forum», organizzazione ecumenica fondata da cattolici indiani e sostenuta dal cardinale Oswald Gracias, arcivescovo di Bombay. In esso si afferma che nel 2011 sono stati 2.141 i cristiani colpiti in India da aggressioni, attacchi e persecuzioni, senza contare familiari ed amici, e che le violenze, in gran parte opera di gruppi estremisti indù, sono destinate a crescere nel 2012;

in Indonesia, dal 1975 al 30 agosto 1999, la regione di Timor Est, prevalentemente cristiana, è stata occupata dal regime di Suharto nonostante l'opposizione dell'ONU. L'occupazione militare ha provocato 200.000 vittime e 250.000 profughi su una popolazione totale di circa 800-900.000 abitanti. Nel 1999 iniziano le stragi nell'arcipelago delle Molucche che causeranno almeno 13.500 vittime e circa 500.000 profughi. Numerosi sono i casi registrati di conversioni forzate, circoncisioni fatte col rasoio e senza anestesia, stupri, infibulazioni, evirazioni, sventramenti e decapitazioni. E poi distruzioni di chiese, scuole, ospedali, lebbrosari e centri medici. A Poso tre ragazze furono assalite mentre andavano ad una scuola cattolica e sgozzate. La testa di una di loro fu ritrovata davanti alla chiesa cristiana di Kasiguncu. Dal 17 al 19 ottobre 2011 oltre 5.000 abitanti della Nuova Guinea Occidentale si riunirono a Jayapura per il terzo Congresso annuale, il quale si apre con preghiere ed al quale presenziano molti leader religiosi. Il 19 ottobre giunsero oltre 3.100 militari in assetto da combattimento: oltre 300 gli arresti, decine i feriti, e sei i morti;

in Iran le persecuzioni contro i cristiani e altre minoranze religiose hanno conosciuto un crescendo dopo le elezioni presidenziali del 2009: Amnesty International denuncia casi di imprigionamento, anche senza processo. Particolare attenzione presso i media ha destato la vicenda di un sacerdote cristiano, Yousef Nadarkhani, che, essendo nato da genitori mussulmani, rischia condanna a morte per apostasia;

in Iraq molti cristiani vengono uccisi, perseguitati o costretti ad abbandonare il Paese. Dal 2004 al 2009 si sono registrati circa 65 attentati a chiese cristiane: quello realizzato nel 2010 nella chiesa della Nostra Signora della Salvezza, a Baghdad, ha provocato da solo oltre 50 morti;

nelle Maldive l'Atto di unità religiosa, proclamato nel 1994, vieta la promozione di ogni religione diversa dall'Islam o di ogni opinione che sia in disaccordo con quella degli esperti islamici. Nel 2011 le autorità espellono un'insegnante accusata di diffondere il Cristianesimo, dato il ritrovamento di una Bibbia nella sua casa. Il 10 dicembre 2011 manifestanti riuniti per chiedere la libertà di religione nelle Maldive sono attaccati con lancio di sassi e minacciati di morte;

in Pakistan la legge contro la blasfemia viene utilizzata come strumento di pressione: la semplice professione di fede cristiana può diventare bestemmia punibile con la pena di morte. In generale, i membri delle minoranze religiose soffrono nel Paese di abusi crescenti che riguardano omicidi, sequestri e intimidazioni. Le manifestazioni di intolleranza, anche violenta, sono numerose: nel 2010 a Gorja, nel Punjab, una folla di mille persone ha attaccato un quartiere cristiano, bruciando vive sei persone, tra le quali un bambino. Nello stesso anno la condanna a morte per blasfemia di una donna cristiana, Asia Bibi, ha sollevato ampie proteste internazionali. L'Asian Human Rights Commission ha inoltre denunciato la diffusione ormai allarmante raggiunta dalla pratica del sequestro e dello stupro di donne per forzarne la conversione all'islam: il fenomeno si estende e si allarga anche per l'atteggiamento delle forze di polizia, che si schiera a fianco dei gruppi islamisti e tratta le minoranze religiose come «forme inferiori di vita». La pressione e la discriminazione in atto contro i cristiani sono confermate anche da un recente provvedimento dell'Autorità per le telecomunicazioni che ha imposto alle società di telefonia mobile di bloccare ogni SMS contenente la parola «Gesù Cristo». Contro il divieto ha protestato P. John Shakir Nadeem, della locale Conferenza episcopale, che ha affermato: «Se il divieto venisse confermato, sarebbe davvero una pagina nera per il paese, un ulteriore atto di discriminazione verso i cristiani e una aperta violazione della Costituzione del Pakistan»;

in Vietnam tutti i gruppi religiosi devono essere registrati presso il governo. Nel 2010-2011 i cristiani che vivono nelle montagne centrali e frequentano chiese non registrate sono stati vittime di un'ondata di violenze, arresti e intimidazioni;

in Turchia il 25 dicembre 2010 la messa di Natale celebrata nei villaggi di Rizokarpaso e Ayia Triada per i trecento cristiani residenti nel Cipro settentrionale è stata interrotta con la forza dalle autorità locali. Il Parlamento europeo ha condannato l'episodio;

tale elenco, non esaustivo e purtroppo reso ancor più tragico dalle recenti stragi perpetrate in Nigeria e Kenya, rende palese come tali sistematiche uccisioni di cristiani stiano assumendo il carattere di un diffuso genocidio;

l'evoluzione internazionale dopo la caduta del muro di Berlino e la fine della guerra fredda, ha finalmente collocato i diritti umani, le libertà fondamentali, quali le libertà politiche, di espressione e di religione, la spinta verso la democratizzazione e lo stato di diritto, al centro delle relazioni internazionali;

l'Italia pone alla base della politica estera il rispetto dei diritti umani e del principio di legalità che sono condizioni per prevenire i conflitti e per favorire la crescita di società stabili;

è innegabile l'importanza che riveste l'azione di promozione e di tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali nell'attuale quadro delle relazioni internazionali, anche nella prospettiva della prevenzione dei conflitti e della promozione dello sviluppo e della pace;

in seno alla comunità internazionale si registra in effetti una crescente consapevolezza che le situazioni di crisi potenzialmente in grado di mettere a rischio la sicurezza e la stabilità internazionali traggano spesso origine da contesti di sopraffazioni ed abusi dei diritti fondamentali e che pertanto una efficace ed adeguata attività di monitoraggio nel settore adempia anche ad una utile funzione di «early warning»;

tale azione viene promossa dall'Italia sia a livello bilaterale che nel quadro di concertazione dell'Unione europea;

la tutela dei diritti umani fondamentali ed il rispetto del principio di legalità formano oggetto di costante attenzione da parte dell'Unione europea e rappresentano delle linee guida cui sono stabilmente improntati il dialogo politico e le iniziative dell'Unione europea nei confronti dei Paesi terzi;

in particolare, si sottolinea che la promozione del rispetto dei diritti umani, dello stato di diritto e delle libertà fondamentali costituisce una delle priorità della politica di assistenza dell'Unione europea nei confronti dei Paesi terzi. Il ruolo dell'Unione europea è in tale ambito duplice, potendosi esplicare, da un lato, nella predisposizione di programmi di intervento volti ad assicurare la tutela di tali diritti, e dall'altro, in una sorta di potestà di sezione nei confronti delle violazioni commesse dai Paesi beneficiari degli aiuti;

la promozione del rispetto dei diritti umani si attua anche attraverso le cosiddette «clausole di sospensione», con le quali l'Unione condiziona la concessione degli aiuti all'adempimento, da parte dei Paesi beneficiari, degli impegni presi in tema di tutela dei diritti umani nel quadro di accordi multilaterali (in particolare, l'Accordo di Cotonou, concluso dall'Unione europea con i Paesi ACP) e bilaterali. Tali clausole vincolano gli effetti degli accordi sugli scambi e sull'attività di assistenza al rispetto, da parte del Paese terzo contraente, dei diritti umani e delle libertà fondamentali;

i regolamenti relativi ai programmi geografici di assistenza dell'Unione europea, nel quadro delle prospettive finanziarie per il periodo 2007-2013, contengono clausole specifiche in merito alla sospensione dei finanziamenti in presenza di violazione dei diritti umani e di interruzione del processo democratico;

lo strumento di pre-adesione (l'IPA, Turchia e Paesi dei Balcani), lo strumento di vicinato e partenariato (ENPI, Repubbliche ex-sovietiche dell'Europa, Orientale, del Caucaso e Federazione Russa, Maghreb e Mashrek) e lo strumento di cooperazione allo sviluppo e cooperazione economica (DCECI, che concerne l'assistenza offerta agli altri Paesi non coperti dai primi due strumenti) stabiliscono che il Consiglio dell'Unione europea, su proposta della Commissione, è in grado di prendere le misure più appropriate nel caso in cui ritenga che uno dei Paesi beneficiari non abbia rispettato i diritti umani e le libertà fondamentali;

per quanto concerne il tema degli «aiuti umanitari», è bene sottolineare che questi ultimi hanno come destinatari primari e diretti le popolazioni civili, e non i singoli Governi beneficiari, ma nei fatti tali aiuti stentano ad arrivare alle popolazioni interessate, poiché proprio a causa degli attacchi terroristici contro i quali i Governi in questione non possono o non intendono intervenire con fermezza, o di cui sono conniventi per omissione di intervento, gli aiuti spesso si disperdono prima di poter incidere favorevolmente sulle popolazioni vittime di persecuzioni e di abusi -:

se non si ritenga necessario operare un monitoraggio efficace per conoscere quali tra i Paesi che ricevono aiuti umanitari dall'Italia e non rispettano i diritti umani abbiano realmente adottato ogni comportamento utile a far raggiungere tali aiuti alle popolazioni e se non si ritenga doveroso, d'intesa con i Paesi dell'Unione europea, adottare una strategia comune che leghi strettamente gli aiuti umanitari ad un progressivo miglioramento della tutela dei diritti fondamentali delle persone, in particolare a difesa della libertà di religione, o comunque adottare ogni azione necessaria a garantire che tali aiuti arrivino correttamente a destinazione;

se non si ritenga che l'Italia debba intervenire, quale primo proponente, in sede europea, per promuovere una drastica sospensione degli aiuti finanziari citati in premessa previsti o già in via di erogazione, nonché l'attuazione anche di altre misure sanzionatorie di carattere economico, nei confronti dei Paesi in cui la persecuzione per motivi religiosi sia pratica costante, come dall'elenco citato in premessa;

se il Governo non ritenga opportuno intervenire in sede di Nazioni Unite per richiedere interventi decisi, di condanna e di carattere sanzionatorio, ivi compreso l'embargo, nei confronti degli Stati che permettono tacitamente o approvino palesemente la repressione religiosa, e qualunque intervento idoneo a salvaguardare la libertà di religione, nei confronti dei Paesi che pur tentando di salvaguardare tale diritto fondamentale non abbiano i mezzi e le capacità per far fronte a tali sanguinari atti di terrorismo. (4-16824)