MALGIERI. -
Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
- Per sapere - premesso che:
il Ministero degli affari esteri ha deciso di «tagliare» il proprio contributo alle spese di interpretazione per la lingua italiana alle riunioni del Consiglio dei ministri dell'Unione europea. Da luglio in poi, la traduzione verso l'italiano sarà limitata al 40 per cento dei gruppi di lavoro, a quelli cioè coperti dalla quota finanziata dal Consiglio. Si continuerà a tradurre in italiano solo ai vertici e agli incontri di più alto livello politico, per i quali il servizio è a carico dell'Unione europea, mentre non sarà più possibile ascoltare l'italiano nella maggior parte delle riunioni tecniche dei gruppi di lavoro, 103 su 169;
all'interno del processo decisionale dell'Unione europea, il Consiglio dei ministri è l'unica istituzione in cui vengono difesi gli interessi nazionali e la lingua è un importante strumento diplomatico e di protagonismo politico. In un momento delicato nella storia delle relazioni internazionali come quello che attraversiamo, è preoccupante vedere come l'Italia, Paese fondatore dell'Unione europea, decida di limitare il proprio contributo per potersi avvalere a pieno della propria lingua. Una tale rinuncia offre un vantaggio negoziale agli altri partner europei, che potranno continuare ad avere la certezza di capire ed essere capiti e quindi difendere al meglio i propri interessi. Oltre ad ostacolare il lavoro quotidiano di delegati che per anni si sono avvalsi del servizio degli interpreti in riunione, un tale taglio rappresenta un danno al prestigio dell'Italia, che agli albori dell'integrazione europea si fece promotrice del principio del multilinguismo;
oltre a ciò, la decisione dell'Italia di sospendere sine die il contributo finanziario a sostegno dei servizi di traduzione orale vanifica anni di lotta condotta da precedenti Governi e da eminenti istituti italiani di cultura in difesa del ruolo dell'italiano nel concerto delle lingue europee;
in base al provvedimento adottato, i delegati potranno continuare a parlare italiano in riunione. Tuttavia, la pratica quotidiana del multilinguismo mostra che un delegato che non può più ascoltare la propria lingua sarà con il tempo sempre più disincentivato a parlarla, riducendone così gradualmente la presenza agli incontri, a vantaggio degli altri Paesi. Qualora l'italiano andasse progressivamente scomparendo nelle riunioni tecniche quotidiane del Consiglio ciò potrebbe incidere anche sul livello di qualità della traduzione dall'italiano verso le altre lingue europee. Un rischio da non sottovalutare anche nella prospettiva della presidenza italiana del Consiglio, nel 2014;
tale decisione, presa in un'ottica di emergenza finanziaria, potrebbe avere effetti culturali irreversibili: l'italiano, già insegnato in pochissime facoltà di interpretazione europee, potrebbe scomparire dai programmi universitari e tra pochi anni non ci sarebbero più interpreti in grado di tradurre dall'italiano in altre lingue ad alto livello;
anche al Parlamento europeo è stato ridotto il bilancio destinato a finanziare gli ingaggi degli interpreti freelance. La riduzione è però generalizzata e non colpisce specificamente nessuna lingua. Grazie alle misure di riorganizzazione interna adottate nel frattempo, l'italiano continua dunque a essere solidamente presente nelle riunioni del Parlamento;
la battaglia per la difesa dell'italiano nelle istituzioni europee è una battaglia importantissima. Non è solo una questione di prestigio o di orgoglio nazionale. Difendendo il multilinguismo delle istituzioni europee si difende in realtà la legittimità democratica di queste stesse istituzioni -:
se e quali iniziative intendano assumere per rivedere la decisione presa e cancellarne gli effetti. (4-16674)