ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/16142

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 634 del 17/05/2012
Firmatari
Primo firmatario: BELTRANDI MARCO
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO
Data firma: 17/05/2012
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
BERNARDINI RITA PARTITO DEMOCRATICO 17/05/2012
FARINA COSCIONI MARIA ANTONIETTA PARTITO DEMOCRATICO 17/05/2012
MECACCI MATTEO PARTITO DEMOCRATICO 17/05/2012
TURCO MAURIZIO PARTITO DEMOCRATICO 17/05/2012
ZAMPARUTTI ELISABETTA PARTITO DEMOCRATICO 17/05/2012


Destinatari
Ministero destinatario:
  • PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
  • MINISTERO DELL'ISTRUZIONE, DELL'UNIVERSITA' E DELLA RICERCA
  • MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI
Ministero/i delegato/i a rispondere e data delega
Delegato a rispondere Data delega
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 17/05/2012
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELL'ISTRUZIONE, DELL'UNIVERSITA' E DELLA RICERCA delegato in data 19/12/2012
Stato iter:
19/12/2012
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 19/12/2012
PROFUMO FRANCESCO MINISTRO - (ISTRUZIONE, UNIVERSITA' E RICERCA)
Fasi iter:

RITIRO FIRME IL 23/05/2012

SOLLECITO IL 04/07/2012

SOLLECITO IL 27/07/2012

SOLLECITO IL 22/10/2012

SOLLECITO IL 06/12/2012

MODIFICATO PER MINISTRO DELEGATO IL 19/12/2012

RISPOSTA PUBBLICATA IL 19/12/2012

CONCLUSO IL 19/12/2012

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-16142
presentata da
MARCO BELTRANDI
giovedì 17 maggio 2012, seduta n.634

BELTRANDI. -
Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro degli affari esteri.
- Per sapere - premesso che:

il Senato accademico e il consiglio di amministrazione del politecnico di Milano, rispettivamente nelle sedute del 15 dicembre 2011 e del 20 dicembre 2011, hanno approvato le linee strategiche di ateneo 2012-2014;

a seguito di tale approvazione, nella seduta del 23 gennaio 2012, il Senato accademico del politecnico di Milano ha deliberato le prime azioni sulla cosiddetta internazionalizzazione, predisponendo le risorse per farvi fronte, al fine di rendere obbligatorio - senza alternative - l'insegnamento nella lingua inglese di tutti i corsi di laurea magistrale a partire dall'A.A. 2014;

tali decisioni, per l'impatto che hanno sulle professioni, sul mercato, sull'economia, sul diritto del lavoro e sui diritti linguistici, travalicano i confini di competenza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;

tali provvedimenti, nella parte in cui impongono l'uso esclusivo della lingua inglese per l'erogazione dei corsi di laurea magistrali risultano di fatto una «inglesizzazione» e non un'internazionalizzazione che, comprimendo la libertà di scelta di docenti e studenti e il pluralismo dell'offerta formativa, sono, ad avviso degli interroganti, in contrasto con l'articolo 33 della Costituzione, che recita: «L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento»;

si lede, secondo gli interroganti, il fondamentale principio di uguaglianza, di cui all'articolo 3 della Costituzione, nella misura in cui introduce un criterio di discriminazione su base linguistica, con effetti sicuri, anche se non del tutto prevedibili e governabili, sulle carriere del personale docente e su quelle degli studenti;

ciò è in contrasto altresì con l'articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, proclamata dal Parlamento europeo, dal Consiglio e dalla Commissione il 7 dicembre 2000 e resa giuridicamente vincolante per gli Stati membri dall'articolo 6 del TUE, come consolidato dal trattato di Lisbona, che prescrive in modo molto chiaro: «È vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, (...) sulla lingua (...)»;

le delibere in questione paiono agli interroganti di dubbia legittimità perché non in linea con l'articolo 271 del regio decreto del 31 agosto 1933, n. 1592, il quale dispone che «la lingua italiana è lingua ufficiale dell'insegnamento e degli esami in tutti gli stabilimenti universitari». Tale norma, pur dopo le tante riforme che hanno interessato l'università, non è mai stata abrogata ed è certamente ancora oggi vigente e rafforzata là dove si afferma che la conoscenza della lingua italiana è presupposto per accedere all'università e per ottenere qualsiasi titolo universitario (decreto ministeriale n. 270 del 2004);

le delibere contestate non sono aderenti al dettato dell'articolo 1 della legge n. 842 del 15 dicembre 1999, che recita che la lingua ufficiale della Repubblica e l'italiano;

le delibere contestate finirebbero per stravolgere il senso dell'articolo comma 2, lettera l) della legge n. 240 del 2010, il quale, nel promuovere l'internazionalizzazione dell'università, mira a promuovere l'integrazione fra le culture - e non a imporne una, neppure la propria, a scapito delle altre - e, non a comprimere ma ad ampliare l'offerta formativa;

non è condivisibile l'idea che ciò sia fatto in nome della qualità e dell'eccellenza, essendo, al contrario, evidente che l'insegnamento nella lingua madre sia di qualità superiore di quello impartito in una lingua diversa;

tra pochi anni ci sarà una forte carenza di figure professionali di alta formazione, in ingegneria, architettura e disegno industriale, in grado di conoscere il lessico professionale italiano e di comunicare con i connazionali e con le amministrazioni locali nella lingua madre. Si tratta di un danno enorme che risulterà prodotto dalle stesse università statali;

tra pochi anni mancheranno docenti liceali adeguatamente preparati per insegnare in lingua italiana materie tecniche e scientifiche alle giovani generazioni, strategiche per lo sviluppo del Paese;

la lingua madre è, per elezione, la lingua della formazione perché ad alta definizione, mentre il cosiddetto «inglese basico» usato nei corsi in lingua inglese al politecnico e altrove, è una lingua povera, a bassa definizione, ideologicamente propugnata da chi si prefigge di dislocare all'estero servizi e manifatture, non per introdurre i giovani alla cultura anglosassone più alta;

il Ministro interrogato ha dichiarato che la scelta delle autorità accademiche del politecnico di Milano «è un esempio per tutta l'Italia», invitando nella sostanza a imporre l'obbligo della lingua inglese a tutte le altre università;

circa 1/3 del personale docente del politecnico di Milano, in varie forme, si è espresso esplicitamente contro l'obbligo della lingua inglese e la rinuncia alla lingua madre;

la sostituzione della lingua italiana con quella inglese, oltre che un attentato ai diritti linguistici dei giovani italiani, prefigura ed agevola il disegno scissionista dell'Italia, facendo venire meno il cemento linguistico del Paese;

in Gran Bretagna non s'insegna alcuna lingua straniera dal 2004, consentendo risparmi sul fronte istruzione che ammontano a 18 miliardi di euro l'anno. Per contro, l'apprendimento della lingua inglese agli italiani costa 60 miliardi di euro l'anno e nell'Unione europea 350 miliardi di euro annui. Pertanto, oltre al risparmio in bilancio per le spese d'istruzione delle lingue straniere, il Regno Unito riceve circa 900 euro pro capite annui in modo indiretto dai cittadini italiani. Supponendo un periodo di vent'anni ad un tasso di interesse del 10 per cento si arriva ad un totale di 55.000 euro per persona;

i privilegi linguistici assicurati ai madre lingua inglese dall'università influenzano altresì la competitività negativamente e a danno dei cittadini italiani che vengono ostacolati anzitutto linguisticamente per entrare nel mercato europeo delle professioni che dovrebbe essere aperto e in libera competizione (articolo 4 consolidato dei Trattati UE);

l'«inglesizzazione» è un processo di occupazione globale da tempo messo in atto dalle principali potenze anglofone, perché, come esplicitamente ebbe a dire Churchill agli studenti di Harvard nel 1943, «dominare la lingua di un popolo offre guadagni di gran lunga superiori che non il togliergli province e territori o schiacciarlo con lo sfruttamento. Gli imperi del futuro sono quelli della mente». Con l'ovvia conseguenza che la cessione unilaterale di sovranità linguistica equivale alla cessione di suolo italiano;

le università francesi non sono capitolate sotto la germanofonia nemmeno nella Repubblica di Vichy, con la Francia occupata dai nazisti, mentre si comincia a veder capitolare intere facoltà e, ora a Milano un'intera università, sotto quella che appare agli interroganti un'«occupazione linguistica» inglese;

per lo sviluppo, anche economico, dell'Europa vi è l'indubbia necessità di una lingua federale che rilanci gli scambi e la mobilità non discriminando tra cittadini europei di madrelingua inglese e non;

dal 1995 giace inattuato al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca uno studio particolareggiato (pubblicato sul Bollettino Ufficiale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 21-22/1995 insieme alla circolare ministeriale 126 che lo accompagnava) sulla positività di promuovere nel modo più rapido possibile la sperimentazione della lingua internazionale (detta Esperanto) nella prospettiva di avere una lingua federale europea alla portata di tutti, senza discriminazioni e patrimonio comune dell'umanità -:

se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero e quali iniziative intenda assumere;

se non reputi opportuno far sì che presso ogni scuola d'ordine e grado della Repubblica, si mantenga l'uso insostituibile della lingua nazionale;

se il Governo, dopo 17 anni, e con il sistema d'insegnamento italiano alle soglie della completa colonizzazione anglofona intenda finalmente dar seguito alle promozioni, valorizzazioni e sperimentazioni della lingua internazionale (detta Esperanto) così come prefigurato nello studio summenzionato;

se il Governo intenda valorizzare il summenzionato studio con i partner europei, avviando immediatamente le prove di lingua federale europea attraverso una sperimentazione comunitaria della lingua internazionale;

se il Governo intenda avviare immediatamente uno studio economico che, oltre a dettagliare il risparmio per l'Italia e l'Europa dello «scenario Esperanto» stimato in 25 miliardi annui (Grin, «L'insegnamento delle lingue straniere come politica pubblica»), ne approfondisca altresì gli effetti e i guadagni per la crescita e lo sviluppo sia in chiave interna ed europea che mondiale, in considerazione del fatto che, così come molti Paesi avevano cominciato ad adottare l'euro sostituendolo al dollaro per le transazioni internazionali riconoscendogli il ruolo antinazionalista e sovranazionale, a maggior ragione essi adotteranno l'Esperanto in virtù non solo dell'economicità del suo studio ed insegnamento ma, anche della sua imparzialità originaria e storica, che rappresenta un patrimonio e un diritto dell'umanità. (4-16142)
Atto Camera

Risposta scritta pubblicata mercoledì 19 dicembre 2012
nell'allegato B della seduta n. 736
All'Interrogazione 4-16142 presentata da
MARCO BELTRANDI

Risposta. - Su delega della Presidenza del Consiglio dei ministri, si risponde, anche per conto del Ministero degli affari esteri, all'interrogazione in esame con la quale l'interrogante, in relazione all'iniziativa del Politecnico di Milano di impartire corsi di laurea magistrale e dottorato di ricerca in lingua inglese, chiede interventi finalizzati a salvaguardare la lingua italiana, in modo da coniugare la necessità dell'internazionalizzazione con la garanzia a tutti gli studenti, di un libero e proficuo accesso allo studio.
Al riguardo si rappresenta preliminarmente che nel piano dell'offerta formativa 2012-2013 presentato al Ministero dal Politecnico di Milano e regolarmente validato è prevista la possibilità per l'ateneo di impartire solo 5 corsi di laurea magistrale in lingua inglese.
Va evidenziato che l'annunciata iniziativa non appare in contrasto con la normativa vigente, atteso che l'articolo 2, comma 2, lettera l), della legge 30 dicembre 2010, n. 240, prevede che le università, nell'adozione dei nuovi statuti, osservino alcuni vincoli e criteri direttivi tra i quali è indicato il «rafforzamento dell'internazionalizzazione anche attraverso una maggiore mobilità dei docenti e degli studenti, programmi integrati di studio, iniziative di cooperazione interuniversitaria per attività di studio e di ricerca e l'attivazione, nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, di insegnamenti, di corsi di studio e di forme di selezione svolti in lingua straniera» (enfasi aggiunta).
Tale iniziativa sembra peraltro non pregiudizievole per gli studenti, ai quali verrebbe comunque consentita una scelta consapevole, e farebbe riferimento ai soli corsi di laurea magistrale e di dottorato di ricerca, così da assicurare che l'acquisizione delle competenze di base possa avvenire in lingua italiana. In tal senso la scelta del Politecnico andrebbe dunque interpretata come un'opportunità diretta a offrire una formazione di taglio internazionale, in coerenza con gli obiettivi di un'università statale e con le richieste del contesto industriale e professionale di riferimento dell'ateneo, che ha più volte auspicato la formazione di persone capaci di operare professionalmente in lingua inglese, anche considerando che nelle discipline in cui l'ateneo è attivo (ingegneria e architettura), l'inglese rappresenta la lingua di elezione per la ricerca e l'attività professionale.
Tale opportunità, inoltre, può costituire un importante strumento di scambio culturale attraendo giovani talenti stranieri che potranno sia contribuire al potenziamento della ricerca, sia stabilire un fruttifero legame con l'Italia.
Per quanto riguarda la possibilità di avviare uno studio economico sull'esperanto, si fa presente che essa non è valutata come una delle lingue ufficiali dell'Unione europea e che, pertanto, non può essere considerata al momento attuale una priorità linguistica né nel nostro Paese né a livello europeo.

Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Francesco Profumo.