ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/15458

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 610 del 23/03/2012
Firmatari
Primo firmatario: DI STANISLAO AUGUSTO
Gruppo: ITALIA DEI VALORI
Data firma: 23/03/2012


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELLA DIFESA
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLA DIFESA delegato in data 23/03/2012
Stato iter:
27/11/2012
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 27/11/2012
DI PAOLA GIAMPAOLO MINISTRO - (DIFESA)
Fasi iter:

RISPOSTA PUBBLICATA IL 27/11/2012

CONCLUSO IL 27/11/2012

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-15458
presentata da
AUGUSTO DI STANISLAO
venerdì 23 marzo 2012, seduta n.610

DI STANISLAO. -
Al Ministro della difesa.
- Per sapere - premesso che:

nei giorni scorsi un brigadiere in congedo intervistato dal Tgcom24 racconta della sua esperienza in missione a Nassiriya e della malattia di cui soffre, il Ptsd, disturbo post traumatico da stress, sindrome che può colpire chi ha subito eventi traumatici;

i medici, che curano anche altre reduci da Nassiriya, spiegano che «chi ne soffre non riesce a elaborare i fatti traumatici come ricordi, ma è come se li rivivesse continuamente, non ripensa a quei momenti, li rivive. Nei casi più estremi si sentono gli stessi odori e i medesimi rumori di quegli istanti»:

il brigadiere in questione ha effettuato numerose missioni all'estero (tra cui Bosnia e Albania). Si trovava a Nassiriya il 12 novembre 2003, quando un camion pieno di esplosivo scoppia davanti alla base «Maestrale». Rimane solo lievemente ferito, mentre altri 19 soldati italiani muoiono. Continua la missione, torna in Italia e, nonostante non si senta nel pieno delle forze, decide di ripartire per l'Iraq. Resiste solo 40 giorni;

nell'intervista parla della malattia di cui soffre, la Ptsd, e di come spesso sia difficile oltreché insopportabile conviverci;

alla domanda circa il fatto che in Italia si parli poco o niente di questo disturbo il brigadiere risponde: «vertici militari non vogliono che se ne parli: pensi che ufficialmente l'ospedale militare del Celio, ha riconosciuto solo tre casi di Ptsd. Eppure solo fra i miei colleghi reduci di Nassiriya eravamo in cinque a essere curati al Centro di igiene mentale di Finale Ligure. Non se ne parla perché non se ne vuole parlare, altrimenti si dovrebbero creare strutture militari apposite per seguire questi casi. Io sono stato curato quasi esclusivamente in strutture pubbliche. Il risultato, oltre alla mancanza di aiuto che riceviamo, è che spesso questo tipo di disturbo viene dissimulato: chi lo conclama, viene congedato. E un ragazzo, magari di 20-30 anni che sogna la carriera militare, cosa fa? Si fa congedare? No fa finta di niente, minimizza, per poter continuare la vita nell'esercito. E non solo questo può peggiorare la sua situazione psichica, ma è pericoloso per sé e per gli altri»;

si evidenzia, inoltre, come la strage avvenuta in Afghanistan, ad opera del soldato Usa, possa avere che fare con questa patologia e con una mancata preparazione a livello psico-fisico dei soldati prima della partenza in missione;

tutte le missioni rappresentano in maniera più o meno rilevante scenari complessi e problematici ed in particolar modo la missione in Afghanistan che vede mutare continuamente e profondamente lo scenario in termini politici, di sicurezza, di avversità e di raggiungimento degli obiettivi che hanno spinto l'Italia a partecipare;

le condizioni di salute fisiche e soprattutto psicologiche dei giovani soldati italiani impegnati nelle missioni all'estero diventano la priorità, ora più che mai;

sarebbe opportuno che il Governo facesse chiarezza sui casi di Ptsd tra i militari italiani -:

se come il Governo prenda in considerazione le patologie psico-fisiche che possono colpire i soldati impegnati in missioni all'estero e se non ritenga necessario avviare iniziative che tutelino pienamente la salute fisica e mentale dei soldati durante la partecipazione alla missione e al rientro in Italia. (4-15458)
Atto Camera

Risposta scritta pubblicata martedì 27 novembre 2012
nell'allegato B della seduta n. 724
All'Interrogazione 4-15458 presentata da
AUGUSTO DI STANISLAO

Risposta. - È opportuno premettere, in primo luogo, che le procedure concorsuali per l'arruolamento nelle Forze armate prevedono, già in fase di selezione, il superamento di test e colloqui psicologici diversificati e specifici per ciascuna Forza armata, finalizzati ad analizzare le componenti caratteriali e psicoattitudinali dei candidati.
Ciò posto, durante le fasi dell'immissione dei contingenti militari nei teatri operativi le Forze armate pongono in essere ulteriori specifiche attività sanitarie a tutela della salute psicofisica del proprio personale, anche con particolare riferimento agli aspetti psicologici e psichiatrici.
Nello specifico, per quanto riguarda l'Esercito, il personale individuato per l'impiego in teatro operativo viene sottoposto ad apposita visita medica di idoneità e vengono, altresì, realizzate per i reparti dell'area operativa, a cura di ufficiali psicologi, cattedre itineranti relative alle attività di supporto psicologico e di stress management.
Il dirigente del servizio sanitario e gli ufficiali medici dei reparti in procinto di essere impiegati in teatro operativo effettuano lezioni e conferenze su varie tematiche sanitarie, con peculiare attenzione alle psicopatologie reattive a situazioni stressanti (disturbo post traumatico da stress e patologie correlate).
In fase di dispiegamento del dispositivo militare in teatro operativo, gli ufficiali medici, a vario titolo impiegati, svolgono visite mediche giornaliere, effettuano attività di monitoraggio del disagio psicologico e di prevenzione dello stress e delle patologie ad esso correlate, nonché, ai fini della prevenzione.
Inoltre, l'ufficiale psicologo presente in teatro operativo gestisce sia lo stress operazionale che il supporto psicologico individuale e di gruppo.
Nella fase di rientro in Patria dal teatro operativo, i dirigenti del servizio sanitario e gli ufficiali medici effettuano la visita medica di controllo.
A richiesta dei reparti, ufficiali medici psichiatri e ufficiali psicologi svolgono attività per la prevenzione di psicopatologie reattive a situazioni stressanti.
Quanto alla Marina, tutto il personale viene sottoposto, con criterio anagrafico e di impiego, a valutazione psicologica/psichiatrica con cadenza biennale o quinquennale attraverso un protocollo diagnostico finalizzato alla rilevazione di eventuali sintomi di disagio e/o di disturbo psichico.
In tale contesto, l'ufficiale psicologo che rileva sintomi dubbi o clinici chiede l'approfondimento diagnostico da parte dello psichiatra.
In fase del rientro dal teatro operativo il personale viene sottoposto al medesimo protocollo, mentre per quanto attiene la formazione il personale di previsto impiego in teatro operativo, partecipa a specifiche conferenze informative a cura degli ufficiali psicologi dei reparti.
La gran parte degli ufficiali psicologi è formata sulla tecnica Eye Movement Desensibilization and Reprocessing (EMDR), utilizzata per il trattamento del PTSD.
Per quanto concerne l'Aeronautica, il personale che al rientro dal teatro operativo presenti la necessità, viene sottoposto oltre che a visita psichiatrica, anche a visita di controllo straordinario.
Nel caso in cui si riscontri una diagnosi «irreversibile», si valuta l'idoneità del militare presso le competenti commissioni mediche ospedaliere.
Con riferimento all'Arma dei carabinieri, tutto il personale dell'Arma impiegato in missioni ad elevato impegno operativo viene sottoposto ad una valutazione psicologico/psichiatrica sia prima che dopo l'impiego in teatro operativo.
Quanto all'Esercito e alla Marina, sono stati istituiti (rispettivamente, nel 1989 e nel 1986) presso le relative strutture sanitarie i consultori psicologici che, stante l'attuale connotazione interforze, svolgono attività di formazione, di prevenzione e di trattamento del disagio psicologico e dei disturbi psichiatrici nei confronti del personale militare e dei loro familiari.
In analogia, operano per l'Arma dei carabinieri i servizi di psicologia medica attivati nel 2001.
Si osserva, in ultimo, che in accordo con quanto previsto dal vigente documento sanitario relativo alle patologie psichiatriche, non può essere posta, per definizione, diagnosi di disturbo post-traumatico da stress (DPTS) se non sono trascorsi almeno trenta giorni dall'evento potenzialmente stressogeno.
Per cui, se al rientro in Patria, il militare, come nel caso richiamato dall'interrogante, si affida a un centro di igiene mentale civile, (come, peraltro, suo diritto), la struttura sanitaria militare di riferimento non ne viene a conoscenza.

Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.