DI PIETRO e DI STANISLAO. -
Al Ministro della difesa.
- Per sapere - premesso che:
la recente, tragica strage commessa da un sergente americano in Afghanistan è stata troppo frettolosamente rubricata come un caso isolato di follia;
l'uccisione di 18 innocenti colti nel sonno, tra cui donne e moltissimi bambini, rivela invece quale assurda escalation di violenza si stia producendo in quella guerra che va condannata senza se e senza ma;
a parere degli interroganti, l'Italia non è presente in Afghanistan per combattere il terrorismo, come quando era presente la minaccia del defunto leader di al Qaeda, Bin Laden, ma per affiancare una fazione contro le altre in quella che appare sempre più una guerra civile;
le finalità e la struttura di questo conflitto sono tremendamente mutate nel corso del tempo e ormai è cambiata anche la natura dell'intervento italiano;
negli ultimi tempi si anche sono succedute dichiarazioni da parte del Ministro interrogato, relative all'eventualità che gli aerei italiani non si limiteranno più solo alla ricognizione ma saranno dotati di bombe che, ad avviso dell'interrogante inevitabilmente, finiranno per colpire anche la popolazione civile;
si assiste ormai a un assurdo e inutile sperpero di vite umane ma anche a uno spreco di soldi che sarebbero oggi necessari per alleviare il peso insopportabile della crisi che si riversa sui cittadini e sui lavoratori;
l'impegno di spesa per il rifinanziamento delle missioni internazionali, militari, per il 2012 è di 1 miliardo e 400 milioni di euro, di cui circa 747.650 milioni solo per la missione in Afghanistan, e pochi spiccioli per la cooperazione allo sviluppo e ricostruzione civile;
appare evidente che la presenza delle truppe occidentali in Afghanistan non solo non aiuta in alcun modo quel Paese ma rende impossibile risolvere la situazione e porre fine alla guerra -:
quali siano gli sviluppi della missione in Afghanistan, se vi sia stato un cambiamento della partecipazione italiana e se non sia necessario valutare l'opportunità di approntare subito una exit strategy, a tutela e nel pieno rispetto dell'articolo 11 della Costituzione, in base al quale l'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa e risoluzione dei conflitti.(4-15342)