ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/15041

scarica pdf
Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 590 del 22/02/2012
Firmatari
Primo firmatario: BITONCI MASSIMO
Gruppo: LEGA NORD PADANIA
Data firma: 22/02/2012


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO delegato in data 22/02/2012
Stato iter:
21/05/2012
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 21/05/2012
PASSERA CORRADO MINISTRO - (SVILUPPO ECONOMICO)
Fasi iter:

RISPOSTA PUBBLICATA IL 21/05/2012

CONCLUSO IL 21/05/2012

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-15041
presentata da
MASSIMO BITONCI
mercoledì 22 febbraio 2012, seduta n.590

BITONCI. -
Al Ministro dello sviluppo economico.
- Per sapere - premesso che:

gli esercizi commerciali rappresentano uno dei punti di forza dell'economia italiana, sia per il flusso economico che ogni anno generano, sia perché, nei piccoli centri storici sono parte integrante, da sempre, del tessuto urbano ed economico delle città italiane;

la grave crisi internazionale che negli ultimi anni si è manifestata in tutti Paesi ma, soprattutto, in Europa, ha avuto ripercussioni sull'intero sistema economico nazionale italiano, colpendo quindi anche il settore del commercio, in particolar modo quello operato dalla distribuzione medio-piccola, che da molti mesi manifesta ormai segnali evidenti di diminuzione del volume di fatturato;

il Governo attuale, attraverso l'approvazione dell'articolo 31 del decreto-legge n. 201 del 2011 che prevede liberalizzazione degli orari per gli esercizi commerciali, mette a repentaglio la sopravvivenza dei negozi al dettaglio, che rischiano di scomparire, perché schiacciati dagli operatori della grande distribuzione in grado, a differenza dei piccoli negozi a conduzione familiare, di usufruire del turn-over del personale;

alcune regioni italiane, come il Veneto, sono pronte ad impugnare il provvedimento governativo, sulla base del fatto che la Costituzione italiana, all'articolo 117, delega alle regioni stesse il commercio interno, come materia di competenza esclusiva delle regioni medesime;

la regione Veneto, dopo aver preventivamente consultato le associazioni di categoria, ha approvato nel mese di dicembre 2011, e quasi contemporaneamente alla emanazione del decreto-legge n. 201 del 2011, la legge regionale n. 30 del 2011 che, all'articolo 3, comma 4, stabilisce: «Le attività di commercio al dettaglio derogano all'obbligo di chiusura domenicale e festiva di cui al comma 2 nel mese di dicembre, nonché, in via sperimentale, in ulteriori sedici giornate nel corso dell'anno, scelte dai comuni interessati entro il 30 novembre dell'anno precedente, sentite le organizzazioni di cui al comma 1 e favorendo la promozione di iniziative di marketing territoriale concertate con la piccola, media e grande distribuzione, finalizzate alla valorizzazione del tessuto commerciale urbano»;

numerosi comuni del Veneto, come anche riportato dai quotidiani locali di Padova (Mattino e Gazzettino), hanno recepito la normativa regionale, emanando così apposite ordinanze sindacali per regolamentare il commercio fisso nel proprio territorio comunale ed andando incontro alle istanze delle associazioni di categoria, come Ascom e Confesercenti che, da tempo, sostengono la necessità di rivedere la normativa;

organi di stampa locali (Gazzettino di Padova del 17 gennaio 2012) riportano anche la notizia secondo cui l'associazione Comres, associazione di commercianti del centro storico di Padova, abbia raccolto oltre trecento firme di operatori commerciali per chiedere al Governo di rivedere l'attuale disposizione governativa in materia di liberalizzazioni;

la norma, così come concepita, rischia pertanto di creare un grave danno proprio al principio della libera concorrenza, ovvero quel principio che intende invece sostenere, danneggiando i piccoli esercizi commerciali e la loro pluralità di offerta di servizio, che rappresentano invece una ricchezza, ed avvantaggiando così la sola grande distribuzione -:

se il Ministro interrogato non ritenga opportuno, alla luce della grave crisi internazionale e del quadro normativo venutosi a creare, assumere iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, per rivedere la disposizione della liberalizzazione degli orari di apertura dei negozi, così come oggi prevista dalla legge statale. (4-15041)
Atto Camera

Risposta scritta pubblicata lunedì 21 maggio 2012
nell'allegato B della seduta n. 635
All'Interrogazione 4-15041 presentata da
MASSIMO BITONCI

Risposta. - L'interrogante, dopo aver sottolineato l'importanza degli esercizi commerciali nell'ambito dell'economia nazionale sostiene che la previsione contenuta nell'articolo 31 del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, legge 22 dicembre 2011, n. 214, mette a repentaglio la sopravvivenza dei negozi al dettaglio, che rischiano di scomparire perché schiacciati dagli operatori della grande distribuzione in grado di usufruire del turn-over del personale.
Per quanto di competenza, il Ministero dello sviluppo economico, nel fare presente che sullo stesso argomento ha provveduto a rispondere ad altri atti aventi analogo contenuto, rappresenta quanto segue.
Il primo comma del citato articolo 31, modificando la disposizione contenuta nell'articolo 3, comma 1 del decreto-legge n. 223 del 2006, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006, sancisce la liberalizzazione del regime degli orari di apertura e di chiusura delle attività commerciali e di somministrazione di alimenti e bevande.
In particolare, tale previsione identifica in via definitiva quali prescrizioni non applicabili agli esercizi di vendita e di somministrazione, in qualunque comune ubicati, in quanto anticoncorrenziali, quelle relative al rispetto degli orari di apertura e di chiusura, dell'obbligo della chiusura domenicale e festiva, nonché della mezza giornata di chiusura infrasettimanale dell'esercizio, ove prevista dall'ente locale.
Con riferimento alla norma nazionale, preliminarmente, si rileva che l'eliminazione dei limiti e delle prescrizioni in materia di orari è correlata alla necessità di adeguare la disciplina nazionale ai principi previsti dall'ordinamento comunitario in tema di libera concorrenza tra gli operatori e pari opportunità di accesso al mercato.
Inoltre, altra peculiare finalità della normativa in questione è quella di essere diretta ad assicurare al consumatore finale un livello uniforme delle condizioni di accessibilità all'acquisto di prodotti su tutto il territorio nazionale, materia, al pari di quella citata in precedenza, considerata di competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117 comma 2, lettere e) ed m), della Costituzione. Tale intervento è in linea anche con le prescrizioni derivanti dal diritto dell'Unione europea che impongono di eliminare gli ostacoli all'esercizio delle attività economiche che non siano giustificati da motivi imperativi di tutela di interessi irrinunciabili e non siano proporzionati a tali eventuali esigenze.
L'intervento statale, pertanto, non comporta ingerenza dello Stato nelle competenze regionali, in quanto rientrante nell'esercizio della competenza esclusiva in materia di tutela della concorrenza.
Al riguardo la Corte Costituzionale (cfr. sentenze n. 288 del 2010 e n. 430 del 2007) ha già affermato che la legislazione statale, nell'esercizio della competenza esclusiva in materia di tutela della concorrenza, può intervenire in materie regionali nella misura in cui la sua azione sia «strumentale ad eliminare limiti e barriere all'accesso al mercato e alla libera esplicazione della capacità imprenditoriale». Al contrario, deve ritenersi che non siano compatibili con l'assetto costituzionale della ripartizione delle competenze fra Stato e Regioni gli interventi regionali in contrasto con tale norma statale.
Quanto alle preoccupazioni evidenziate dall'interrogante, si rileva, altresì, che la disposizione statale che liberalizza gli orari non comporta obblighi di alcun tipo per l'esercente, stabilendo, anzi, il principio generale della libera determinazione dell'orario. In altre parole essa consente al medesimo esercente la facoltà di organizzare l'orario di vendita in relazione alle specifiche esigenze della propria attività, anche se di piccola dimensione, e alla fascia di mercato nella quale opera, garantendogli la possibilità di rispondere adeguatamente ed efficacemente alla richiesta di servizio.
Non vi è pertanto alcuna automatica connessione fra tale liberalizzazione degli orari ed i paventati rischi di chiusura dei piccoli esercizi, anche in considerazione della circostanza che la precedente analoga liberalizzazione, pur limitata ai soli comuni turistici, non ha determinato simili rilevanti conseguenze negative.
Peraltro l'interesse che anche il Governo ha riguardo alla tutela delle piccole e medie imprese anche nel settore commerciale, per salvaguardare il pluralismo dell'offerta commerciale e, in particolare, di quella di qualità e di prossimità, può certamente essere perseguito con misure diverse e più proporzionate rispetto al permanere di ingiustificati vincoli alla libertà d'impresa.
Si ritiene, pertanto, che non possa essere condivisa la richiesta di rivedere la predetta disposizione di liberalizzazione, fermo restando invece l'impegno a monitorare attentamente l'evoluzione congiunturale e strutturale del settore distributivo, anche al fine di valutare gli eventuali ulteriori e diversi interventi da assumere a maggior tutela delle piccole e medie imprese anche in tale settore.

Il Ministro dello sviluppo economico: Corrado Passera.