ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/14904

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 586 del 15/02/2012
Firmatari
Primo firmatario: JANNONE GIORGIO
Gruppo: POPOLO DELLA LIBERTA'
Data firma: 15/02/2012


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI delegato in data 15/02/2012
Stato iter:
07/08/2012
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 07/08/2012
MARTONE MICHEL ERRORE:TROVATE+CARICHE - (ERRORE:TROVATI+MINISTERI)
Fasi iter:

RISPOSTA PUBBLICATA IL 07/08/2012

CONCLUSO IL 07/08/2012

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-14904
presentata da
GIORGIO JANNONE
mercoledì 15 febbraio 2012, seduta n.586

JANNONE. -
Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
- Per sapere - premesso che:

disoccupazione all'8,9 per cento, in media, e al 31 per cento per i giovani: gli ultimi dati che arrivano dal rapporto di dicembre 2011 dell'Istat non sono rassicuranti. Il numero dei disoccupati a dicembre raggiunge quota 2.243 milioni, in aumento dello 0,9 per cento rispetto a novembre. Il valore maggiore di gennaio 2004 e, se si fa riferimento alle serie trimestrali, in linea con i livelli record di dieci anni fa. Ma non c'è solo l'Italia: secondo Eurostat, la disoccupazione nella zona dell'euro ha raggiunto a dicembre il livello più alto dall'introduzione della moneta unica: 10,4 per cento livello tanto alto da spingere il presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, a scrivere ai primi ministri di otto paesi con tassi di disoccupazione giovanile sopra la media, Italia compresa, per spingerli ad agire per usare presto e bene i fondi europei. Tra novembre e dicembre il livello degli occupati in Italia è rimasto sostanzialmente invariato. Ma rispetto allo scorso anno, diminuisce dello 0,1 per cento, concretamente di 221 mila unità. Diminuisce l'occupazione maschile, che tocca i valori minimi dal 1999, perdendo lo 0,4 per cento su base annua. A parziale consolazione, c'è il lieve aumento dell'occupazione femminile, dello 0,3 per cento;

a preoccupare è anche, e soprattutto, il dato che riguarda i giovani tra i 15 e i 25 anni: il tasso di disoccupazione è in calo di 0,2 punti rispetto a novembre, ma in aumento di tre punti rispetto allo scorso anno, raggiungendo quota 31. Per fare un raffronto e intuire la gravità del fenomeno, nel 2007, il tasso oscillava tra il 19 e il 21 per cento. Per valutare le dimensioni del fenomeno su base territoriale ci sono i dati della Cgia di Mestre, che individuano nella Campania la regione con il tasso di disoccupazione più alto tra i giovani: 44,2 per cento. Ma correggendo il dato in considerazione dell'incremento degli inattivi (cioè di chi ha rinunciato a cercare lavoro), il tasso reale di marginalità arriva al 51,10 per cento. Seguono, tra le regioni con disoccupazione giovanile «reale» più alta, Basilicata, Lazio, Sicilia, Lombardia e Sardegna. Agli ultimi posti la Liguria e l'Umbria;

se il Governo annuncia che nei primi posti dell'agenda ci saranno provvedimenti proprio sull'occupazione, i sindacati e le forze politiche si stanno interrogando su come fronteggiare l'emergenza. Tra i sindacati, il segretario confederale della Cgil, Fulvio Fammoni, sottolinea i dati sulle grandi imprese, che vedono un aumento dei licenziamenti del 35 per cento in sei anni: «Prima della crisi gli occupati erano 700 mila in più, se non ci fosse stata la cassa integrazione e in particolare la cassa integrazione guadagni straordinaria e in deroga, i disoccupati oggi sarebbero più di tre milioni». D'accordo Luigi Angeletti, della Uil: «Se siamo ancora sotto la media europea è solo per la cassa integrazione»;

il mercato del lavoro italiano appare stanco ed immobile. L'Italia è un Paese incapace di sfruttare adeguatamente il nostro potenziale lavorativo, soprattutto quello femminile. Si stanno clamorosamente sprecando i talenti ed il dinamismo dei giovani al di sotto del 24 anni la disoccupazione supera il 30 per cento. È il dramma è che questi giovani hanno livelli di istruzione in media più bassi dei coetanei europei: un fatto che indebolisce non solo le loro prospettive di vita ma anche quelle di sviluppo dell'intero Paese. Occorre uscire da questo stallo e la priorità più urgente è la riforma delle politiche e più in generale del mercato del lavoro. L'esperienza tedesca dell'ultimo decennio dimostra che solo cambiando le regole si può riattivare il circolo virtuoso della crescita inclusiva;

la prima nuova regola si chiama «attivazione». L'obiettivo cardine della politica del lavoro non deve essere quello di compensare la disoccupazione ma di mettere ciascun adulto nelle condizioni di lavorare, tramite un mix di servizi, incentivi fiscali e monetari, percorsi guidati. A partire dai Governi Schröder, la Germania è riuscita a mettere in piedi un sistema robusto ed efficiente di servizi per l'impiego pubblici e privati che si prende cura di ciascun disoccupato, soprattutto se «debole»: ultracinquantenni, giovani e donne con basse qualifiche. Questo sistema si è rivelato preziosissimo quando è scoppiata la crisi. Anche in Germania le imprese hanno fatto ricorso a qualcosa di simile alle integrazioni salariali temporanee, ma solo quelle imprese che avevano (hanno) prospettive rapide di recupero. Le altre hanno chiuso e i loro dipendenti sono entrati nel circuito dell'attivazione. La seconda regola è «protezione efficace e condizionata». Chi transita da un lavoro ad un altro deve poter contare su congrui trasferimenti proporzionali alla retribuzione, che durino il tempo necessario anche per eventuali ri-qualificazioni professionali concordate coi servizi per l'impiego. Vanno però evitati i sussidi «a perdere» senza contropartite da parte dei beneficiari. Di nuovo, con le riforme progettate dalla Commissione Hartz nei primi anni 2000, il Governo tedesco ha quasi rivoluzionato il suo sistema di ammortizzatori sociali. La percentuale di disoccupati che percepisce l'indennità è oggi in Germania tre volte superiore a quella italiana: ma i soldi si ricevono solo a patto di rispettare i requisiti di attivazione, anche se questo comporta spostamenti geografici o nuovi tipi di lavoro;

la terza regola si chiama infine «prevenzione», soprattutto nei confronti dei più giovani. Come i Paesi scandinavi, anche la Germania ha avviato numerose iniziative per potenziare il raccordo scuola-lavoro e contrastare i rischi di «deragliamento» che possono manifestarsi nel passaggio da un ciclo formativo all'altro. Una vasta gamma di programmi locali ha affrontato in particolare la sfida dei cosiddetti «neet» (persone «not in education, employment or training», che in Italia ormai costituiscono una vera e propria piaga sociale): i giovani che «non fanno niente», non vanno a scuola né cercano occupazione. Il tradizionale sistema dell'apprendistato ha inoltre contrastato in Germania (anche se non del tutto) la proliferazione del cosiddetto precariato -:

quali iniziative intenda adottare, al fine di realizzare una riforma del lavoro che preveda un incremento di occupazione nel nostro Paese ed una conseguente re-integrazione al lavoro di quelle fasce di popolazione che sono state colpite dalla crisi economica. (4-14904)
Atto Camera

Risposta scritta pubblicata martedì 7 agosto 2012
nell'allegato B della seduta n. 678
All'Interrogazione 4-14904 presentata da
GIORGIO JANNONE

Risposta. - Con l'interrogazione in esame si chiede di conoscere quali iniziative il Governo intenda adottare per realizzare una riforma del mercato del lavoro che favorisca l'occupazione con particolare riferimento ai giovani e alle fasce di popolazione che maggiormente hanno risentito della crisi economica in atto.
A tal fine, occorre intraprendere azioni di carattere generale capaci di comprendere ambiti diversi, da un lato, sollecitando i giovani a coltivare la passione per lo studio, evitando la dispersione scolastica e facilitando il loro ingresso nel mercato del lavoro, dall'altro, apprestando una serie di servizi che favoriscano l'incontro fra domanda e offerta di lavoro, anche tramite il rafforzamento delle politiche attive del lavoro sia nei confronti di coloro che sono in cerca della prima occupazione sia di coloro che necessitano di essere reinseriti nel mercato del lavoro.
Con la legge 28 giugno 2012, n. 92 recante «Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita» sono state previste, oltre a diverse misure volte ad incrementare l'occupazione, anche una complessiva revisione del sistema degli ammortizzatori sociali.
La citata legge mira espressamente a realizzare un mercato del lavoro dinamico, flessibile e inclusivo, idoneo a contribuire alla crescita e alla creazione di occupazione di qualità, ripristinando allo stesso tempo la coerenza tra la flessibilità del lavoro e gli istituti assicurativi.
Le finalità dell'intervento si articolano secondo le seguenti linee direttrici: favorire l'instaurazione di rapporti di lavoro più stabili, ribadendo il rilievo prioritario del lavoro subordinato a tempo indeterminato; valorizzare l'apprendistato come modalità prevalente di ingresso dei giovani nel mondo del lavoro; contrastare l'uso improprio degli elementi di flessibilità introdotti negli anni; rendere più efficiente ed equo l'assetto degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive in una prospettiva di rafforzamento dell'occupabilità delle persone; promuovere una maggiore inclusione delle donne nella vita economica del Paese; favorire il reimpiego ovvero la tutela del reddito per i lavoratori ultracinquantenni in caso di perdita del lavoro.
Per quanto riguarda il tema dell'occupazione giovanile, la legge di riforma del mercato del lavoro ha inteso potenziare il contratto di apprendistato, considerato come il principale canale di ingresso dei giovani nel mercato del lavoro.
Riprendendo sostanzialmente l'impianto del decreto legislativo n. 167 del 2011 (cosiddetto Testo unico apprendistato), la riforma prevede una durata minima del contratto di apprendistato, introduce un meccanismo in base al quale l'assunzione di nuovi apprendisti è collegata alla percentuale di stabilizzazioni effettuate dal datore di lavoro e dispone l'innalzamento del rapporto tra apprendisti e lavoratori qualificati.
Inoltre, per ridare slancio all'apprendistato, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, le regioni e le province autonome e le parti sociali, ciascuno per la parte di rispettiva competenza, sono fortemente impegnati nella predisposizione della disciplina attuativa del Testo Unico.
In particolare, sono stati definiti due accordi fra Governo, regioni e province autonome, di cui il primo, siglato il 15 marzo 2012 ha per oggetto la definizione dei profili formativi per l'apprendistato per la qualifica e il diploma professionale mentre il secondo, siglato il 19 aprile 2012, è volto alla definizione di un sistema nazionale di certificazione delle competenze comunque acquisite in apprendistato, a norma dell'articolo 6 del decreto legislativo n. 167 del 2011.
Con specifico riferimento al tema del recupero dei giovani che hanno lasciato prematuramente gli studi, si richiama la possibilità, offerta dall'apprendistato per la qualifica e il diploma professionale ai ragazzi che possiedono solo il diploma di licenza media, di acquisire, lavorando, una qualifica ed un diploma entro i 25 anni, superando il limite precedentemente stabilito per questa tipologia di apprendistato fissato al compimento dei 18 anni.
La riforma dell'apprendistato, che si inserisce in un più ampio quadro di riordino e valorizzazione del sistema di istruzione e formazione tecnico-professionale, potrà rappresentare un potente strumento per facilitare l'inserimento lavorativo dei giovani attraverso l'integrazione fra il sistema dell'istruzione e della formazione e il mondo produttivo.
Inoltre, al fine di favorire il collegamento stabile tra la scuola e il mondo del lavoro, anche tramite tirocini ed esperienze di lavoro, la riforma del mercato del lavoro prevede che il Governo e le regioni concludano, in sede di Conferenza permanente per i rapporti fra Stato, regioni e province autonome, un accordo per la definizione di linee-guida in materia di tirocini formativi e di orientamento. Fra i principi e i criteri direttivi, la legge prevede che ai tirocinanti venga riconosciuta una congrua indennità, anche in forma forfetaria, in relazione alla prestazione svolta.
Per facilitare l'incontro fra domanda e offerta di lavoro, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha, inoltre, realizzato il portale cliclavoro (www.cliclavoro.gov.it) che costituisce la borsa continua nazionale del lavoro di cui all'articolo 15 del decreto legislativo n. 276 del 2003.
Scopo del portale è garantire la circolazione delle informazioni tra tutti gli attori coinvolti nel «sistema lavoro», offrire una gestione efficace ed integrata dei servizi, favorire una reale mobilità dei lavoratori sul territorio nazionale e garantire il raccordo con i sistemi delle imprese, dell'istruzione, della formazione e delle politiche sociali.
Con la legge di riforma del mercato del lavoro è stato incluso fra i soggetti autorizzati a svolgere attività di intermediazione anche l'INPS, con riferimento ai lavoratori che beneficiano di prestazioni per le quali lo stato di disoccupazione sia un requisito.
Fra le ulteriori misure introdotte dalla riforma, si evidenziano gli interventi in favore dei lavoratori anziani e delle donne e a sostegno della genitorialità.
In particolare, per quanto riguarda gli interventi in favore dei lavoratori cosiddetti anziani, è stata prevista la possibilità che appositi accordi tra datori di lavoro che impiegano mediamente più di 15 dipendenti e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello aziendale, possono prevedere a carico del datore di lavoro la erogazione di una prestazione (di pari importo alla pensione che spetterebbe a legislazione vigente) in favore dei lavoratori in possesso di maggiore anzianità al fine di incentivarne l'esodo. In tale ipotesi, il datore di lavoro è tenuto a corrispondere all'INPS la contribuzione fino al raggiungimento dei requisiti minimi per il pensionamento dei lavoratori interessati. Questi ultimi possono essere coinvolti nel programma di incentivazione all'esodo qualora raggiungano i requisiti minimi per il pensionamento (di vecchiaia o anticipato) nei 4 anni successivi alla cessazione del rapporto di lavoro.
Al fine, poi, di incentivare l'assunzione per i lavoratori anziani e le donne nelle aree svantaggiate, la legge stabilisce che, in relazione ad assunzioni effettuate a decorrere dal 1o gennaio 2013, con contratto di lavoro dipendente, a tempo determinato anche in somministrazione, che riguardino lavoratori di età non inferiore a 50 anni, disoccupati da oltre 12 mesi, ovvero donne di qualsiasi età prive di impiego da oltre 6 mesi residenti in regioni svantaggiate, viene riconosciuta la riduzione del 50 per cento dei contributi a carico del datore di lavoro, per una durata di 12 mesi.
Nell'ipotesi in cui l'iniziale contratto di assunzione sia trasformato a tempo indeterminato, la riduzione si prolunga fino a 18 mesi successivi alla data di assunzione. Analogo prolungamento è riconosciuto quando l'assunzione sia fin dall'inizio effettuata a tempo indeterminato.
La legge più volte citata, per favorire l'inclusione delle donne nel mercato del lavoro e il sostegno della genitorialità, introduce anche talune misure che consentono la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro e la condivisione dei compiti di cura dei figli.
In particolare, viene previsto, in via sperimentale, il congedo parentale obbligatorio in favore del padre lavoratore e la possibilità per la madre lavoratrice, per gli undici mesi successivi al congedo di maternità e in alternativa al congedo parentale, di richiedere al datore di lavoro la corresponsione di voucher per l'acquisto di servizi di baby-sitting.
Per quanto concerne le politiche attive e i servizi per l'impiego, nel rispetto delle prerogative di regioni e degli enti locali, la legge di riforma interviene al fine di rendere più inclusivo il mercato del lavoro.
Nell'ottica, quindi, del rinnovamento delle politiche attive e del ruolo dei servizi per l'impiego, al fine di favorire l'incontro tra l'offerta di lavoro e la domanda (nuova o connessa alla perdita del posto di lavoro), la riforma pone, in primo luogo, standard nazionali di riferimento.
Nello specifico, si interviene modificando l'articolo 3 del decreto legislativo n. 181 del 2000, che individuava indirizzi generali ai centri per l'impiego ai fini della prevenzione della disoccupazione di lunga durata, definendoli Livelli essenziali delle prestazioni e prevedendo specifici Lep anche per i beneficiari di ammortizzatori sociali per i quali lo stato di disoccupazione costituisca requisito e per i beneficiari di integrazione salariale o di altre prestazioni in costanza di rapporto di lavoro.
In tal modo, i centri per l'impiego acquistano un ruolo centrale nell'effettivo accrescimento del tasso di occupazione, incentivando la ricerca attiva di un nuovo lavoro attraverso azioni specifiche (tra cui colloqui di orientamento e iniziative di inserimento lavorativo), con modalità di ricerca di occupazione adatte al contesto produttivo territoriale e alla formazione del lavoratore.
Viene, inoltre, stabilito un sistema di premialità che colleghi la ripartizione delle risorse del Fondo sociale europeo alle prestazioni di politiche attive e servizi per l'impiego.
Allo scopo di realizzare la necessaria convergenza tra politiche attive e passive e la piena realizzazione di un sistema informativo unico, si dispone la realizzazione entro il 30 giugno 2013 di una banca dati condivisa tra l'Inps e i centri per l'impiego, che consentirà l'utilizzo congiunto dei flussi informativi provenienti dalla cosiddetta banca dati percettori.
Infine, viene fissato il nuovo termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di riforma del mercato del lavoro per l'esercizio della delega di cui all'articolo 1 della legge n. 247 del 2007, includendo nella delega al Governo anche il riordino della normativa in materia di politiche attive accanto a quella dei servizi per l'impiego.
Conseguentemente, sono stati aggiunti altri criteri direttivi finalizzati ad incentivare la ricerca attiva di una nuova occupazione, la qualificazione professionale dei giovani e la riqualificazione di coloro che sono stati espulsi dal mercato.
Fra gli interventi più recenti adottati dal Governo si segnala anche la previsione di cui al decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 24 marzo 2012, n. 27, il quale ha disposto alcune maggiorazioni delle deduzioni ai fini IRAP riferite al costo del lavoro, con particolare riferimento all'assunzione a tempo indeterminato di donne e giovani di età inferiore ai 35 anni. Il medesimo decreto all'articolo 24, comma 27, ha istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali un Fondo per il finanziamento di interventi volti a favorire l'incremento in termini quantitativi e qualitativi dell'occupazione giovanile e delle donne.
Oltre a ciò, con il decreto-legge n. 1 del 2012, convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 24 marzo 2012, n. 27, al fine di promuovere l'imprenditoria giovanile, è stata introdotta la possibilità di costituire società a responsabilità limitata semplificata, con capitale sociale da 1 euro fino a 10.000 euro, da parte di giovani che non abbiano compiuto i trentacinque anni di età. Il citato decreto, inoltre, all'articolo 9, ha previsto la possibilità di effettuare i tirocini finalizzati all'iscrizione negli albi professionali, per i primi sei mesi, in concomitanza con il corso di studio per il conseguimento della laurea di primo livello o della laurea magistrale o specialistica ovvero presso pubbliche amministrazioni, all'esito del corso di laurea.
Inoltre, con l'articolo 59 del decreto-legge n. 5 del 2012, convertito, con modificazioni, dall'articolo1, comma 1, della legge 4 aprile 2012, n. 35, è stato esteso di ulteriori 12 mesi il periodo entro cui, nelle regioni del Mezzogiorno, i datori di lavoro che assumono a tempo indeterminato lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati possono usufruire del credito di imposta introdotto dall'articolo 2 del decreto-legge n. 70 del 2011, convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 12 luglio 2011, n. 106, per la creazione di nuovo lavoro stabile nel Mezzogiorno.
In proposito, si segnala, infine, che sono state definite, con decreto del 24 maggio 2012, le modalità di attuazione del citato articolo 2 del decreto-legge n. 70 del 2011. L'assunzione, da effettuare nei ventiquattro mesi successivi alla data di entrata in vigore del decreto-legge, riguarda lavoratori definiti dalla Commissione europea «svantaggiati» o «molto svantaggiati» nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna, nel rispetto delle condizioni previste dal regolamento (CE) n. 800 del 2008, che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato comune.

Il Viceministro per il lavoro e le politiche sociali: Michel Martone.