ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/14678

scarica pdf
Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 579 del 31/01/2012
Firmatari
Primo firmatario: ZAMPARUTTI ELISABETTA
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO
Data firma: 31/01/2012
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
BELTRANDI MARCO PARTITO DEMOCRATICO 31/01/2012
BERNARDINI RITA PARTITO DEMOCRATICO 31/01/2012
FARINA COSCIONI MARIA ANTONIETTA PARTITO DEMOCRATICO 31/01/2012
MECACCI MATTEO PARTITO DEMOCRATICO 31/01/2012
TURCO MAURIZIO PARTITO DEMOCRATICO 31/01/2012


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA' CULTURALI
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA' CULTURALI delegato in data 31/01/2012
Stato iter:
18/06/2012
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 18/06/2012
ORNAGHI LORENZO MINISTRO - (BENI E ATTIVITA' CULTURALI)
Fasi iter:

SOLLECITO IL 15/02/2012

SOLLECITO IL 28/05/2012

RISPOSTA PUBBLICATA IL 18/06/2012

CONCLUSO IL 18/06/2012

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-14678
presentata da
ELISABETTA ZAMPARUTTI
martedì 31 gennaio 2012, seduta n.579

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. -
Al Ministro per i beni e le attività culturali.
- Per sapere - premesso che:

in risposta all'interrogazione 4-05813, relativa al recupero del teatro romano di Teramo sul quale insistono due edifici, Adiamoli e Salvoni, oggetto, a giudizio degli interroganti, di indubbie operazioni di speculazione, il Ministro per i beni culturali il 19 aprile 2010 affermava che «per giungere ad un totale e pieno recupero del monumento, non sarebbe sufficiente, come richiesto nell'interrogazione parlamentare e caldeggiato dall'associazione Teramo Nostra, la sola demolizione del caseggiato Adamoli e di palazzo Salvoni, ma andrebbero previste ben più ampie demolizioni», «ipotesi che non appare al momento percorribile, non solo per la limitatezza dei fondi attualmente disponibili, ma anche, e soprattutto, perché non sono mai state condotte indagini archeologiche che confermino con certezza la presenza dei presunti resti del teatro Romano al di sotto degli edifici esistenti»;

ciò premesso, nella risposta all'interrogazione si affermava di ritenere prioritario affrontare i lavori che di seguito si espongono:

a) un intervento sulle strutture ai fini del consolidamento statico (con alleggerimento delle volte di sostegno della cavea, cerchiature con fibre in acciaio dei pilastri, tirantature negli archivolti e sostituzione dei conci deteriorati e non più strutturali degli archi), strutture con certezza sottoposte a stress statico a seguito del sisma del 6 aprile 2009;

b) uno scavo archeologico in prossimità delle strutture del fronte scena e della cavea, al fine di acquisire maggiori dati sulla reale esistenza di strutture sepolte pertinenti al teatro Romano;

c) uno spostamento di scarichi e sottoservizi che incombono in quest'area del teatro, elementi che incidono significativamente sul decoro dell'area (sono infatti a vista) e sono fonte di potenziale danno al monumento in caso di perdite di acque e liquami;

d) valorizzare l'area attuale della struttura antica, attraverso un impianto di illuminazione scenica e realizzazione di opere per permettere l'accesso al teatro anche ai portatori di handicap;

e) recuperare tutti i materiali lapidei pertinenti al teatro e oggi ingombranti l'area del monumento, ai fini del loro studio anche in vista della musealizzazione dell'intera area;

dopo l'annuncio da parte dell'amministrazione comunale di Teramo del suddetto progetto ed in particolare della volontà di procedere alla rimozione di quel migliaio di reperti archeologici che erano stati divelti dai quattro fornici sudorientali a seguito della non corretta demolizione di casa Forti nel luglio 1960 e che giacciono ammassati nell'area (come in tutti i siti archeologici del mondo), nel dicembre 2010 l'associazione Teramo Nostra impedì l'asportazione di tali reperti archeologici, con un gesto estremo, impedendo al camion della ditta, che aveva già caricato tutti i suddetti reperti per portarli fuori dal cantiere, di uscire dal cantiere stesso;

di fronte a quanto accaduto, il sindaco di Teramo ritenne opportuno sospendere tale operazione per indire un'assemblea nella casa comunale, con direttore dei lavori, sovrintendenza, capigruppo del consiglio comunale e tutti i cittadini che volevano partecipare. L'associazione Teramo Nostra, presente all'assemblea, ribadì la precisa volontà di impedire l'asportazione dei reperti dall'area. L'architetto Pessina (sovrintendente archeologico), il direttore dei lavori, il sindaco, i capigruppo e le associazioni raggiunsero in serata, dopo un sopralluogo, la decisione di far rimanere nell'area del cantiere i reperti in questione. L'indomani, la ditta appaltatrice, su indicazione del direttore dei lavori e del Sovrintendente, rese esecutiva tale decisione cittadina accantonando i reperti in un angolo dell'area del cantiere in maniera tale da non creare intralcio ai lavori, e da gennaio 2011 tali reperti sono ancora lì;

a seguito di una campagna condotta da Teramo Nostra e da esponenti Radicali che ha avuto anche rilevanza nazionale, con in particolare un articolo pubblicato dal Corriere della Sera a firma Carlo Vulpio il 17 gennaio 2011, dal titolo «Teramo: i due palazzi (intoccabili) al centro del teatro augusteo», il sindaco di Teramo affermava che la sua amministrazione «ha realizzato un protocollo d'intesa con tutte le parti interessate, commissionato una serie di progetti per il recupero che sono stati posti all'attenzione del Consiglio comunale affermando che si è sempre parlato di abbattimento dei due caseggiati che insistono sul teatro stesso» (gennaio 2011) e ancora, l'11 febbraio 2011, un comunicato stampa del sindaco di Teramo rendeva noto che «la valutazione dei quattro progetti per il recupero funzionale del teatro romano è stata compiuta e una scelta è stata fatta. Si è tenuto infatti nei giorni scorsi un nuovo incontro (tra il sindaco di Teramo, Maurizio Brucchi, e la soprintendenza) durante il quale sarebbe arrivato l'accordo, che verrà siglato nei prossimi giorni, sul progetto che meglio risponde alla conservazione e al recupero dell'area archeologica. L'ipotesi approvata è quella che prende in considerazione l'abbattimento di Casa Adamoli e Palazzo Salvoni e la ricostruzione parziale della cavea. In questo caso l'intervento consentirebbe di recuperare la platea con l'ottenimento di circa 400/500 posti»;

il cantiere ha successivamente sospeso i lavori e l'auspicato progetto presentato in consiglio comunale e da questo condiviso - che prevedeva anche l'abbattimento dei due caseggiati incongrui insistenti nella cavea - non è stato portato avanti;

secondo notizie stampa del 24 dicembre 2011, veniva reso noto che, a seguito di un incontro a Roma al quale hanno partecipato il sindaco di Teramo Maurizio Brucchi, l'assessore alla pianificazione strategica Giacomo Agostinelli e Fabrizio Magnani, direttore della sovrintendenza regionale archeologica, entro fine gennaio 2012 si sarebbe firmata il protocollo d'intesa per il recupero del teatro romano in virtù di un interesse del Ministero per i beni e le attività culturali per il progetto che coinvolge comune, regione e Fondazione Tercas. Nell'articolo si legge che il ministro, Lorenzo Ornaghi, già docente all'università di Teramo, non era presente alla riunione perché impegnato con il voto della manovra economica in Senato. Al suo posto, però, c'era il sottosegretario Roberto Checchi il quale, nonostante il momento di grave difficoltà economica, ha assicurato la disponibilità del Ministero a contribuire alla realizzazione dell'intervento da dieci milioni di euro. La sottoscrizione del protocollo consentirà all'amministrazione cittadina di avviare la progettazione definitiva, affidandola all'architetto Giovanni Carbonara che ha già stilato lo studio di fattibilità dell'opera. Il progetto prevede l'abbattimento di casa Salvoni e della parte ancora in piedi di palazzo Adamoli, la realizzazione di nuovi scavi archeologici per riportare alla luce la cavea del teatro, nonché il riutilizzo della platea con l'allestimento di 500 posti per assistere a spettacoli teatrali e concerti. Il costo previsto per il primo blocco di lavori è di 4,5 milioni di euro che verrebbero stanziati in parti uguali dalla Fondazione Tercas, regione e ministero. L'amministrazione, però, ha anche ipotizzato un intervento molto più ampio che aggiunge la pedonalizzazione dell'area intorno al teatro romano con una spesa di altri 5,5 milioni;

il sindaco di Teramo, recentemente, in contrasto con quanto affermato un anno prima circa la non rimozione delle pietre, avrebbe fatto fare dichiarazioni a suoi portavoce che la prima iniziativa sull'area archeologica del teatro romano sarebbe stata quella preliminare della rimozione dei reperti da allocare nell'area industriale della città -:

se sia cambiata la posizione del Ministero rispetto a quanto riferito con la risposta all'interrogazione 4-05813 per cui ora vi è un favore alla demolizione del caseggiato Adamoli e di palazzo Salvoni;

se quindi sia stato firmato il protocollo d'intesa per il recupero del teatro romano di Teramo, per quale ammontare e se sia previsto l'abbattimento dei due edifici, Adamoli e Salvoni;

se non ritenga il Ministro, anche per risparmiare denaro pubblico, di interdire il trasferimento dei reperti archeologici dal teatro romano quantomeno fintanto che non sia in fase di esecuzione il protocollo di intesa che prevede il recupero del teatro romano di Teramo attraverso l'abbattimento dei due edifici, Adamoli e Salvoni;

se non ritenga il Ministro di istituire comunque un tavolo tecnico che veda il pieno coinvolgimento dell'associazione Teramo Nostra;

se non ritenga il Ministro di verificare la possibilità di abbattere i due edifici senza dover rimuovere i reperti archeologici dal Teatro Romano. (4-14678)
Atto Camera

Risposta scritta pubblicata lunedì 18 giugno 2012
nell'allegato B della seduta n. 651
All'Interrogazione 4-14678 presentata da
ELISABETTA ZAMPARUTTI

Risposta. - In riferimento all'interrogazione indicata in esame, con la quale l'interrogante pone alcuni quesiti in merito al recupero del Teatro Romano di Teramo, si rappresenta quanto segue.
Al centro del nodo storico di Teramo, nella zona gravitante attorno a piazza Nove Martiri, zona di ampia stratigrafia temporale che va dal periodo romano ai primi del Novecento, risultano posizionate due emergenze archeologiche di notevole importanza: l'Anfiteatro ed il Teatro Romano.
La complessa situazione di sviluppo edilizio ha determinato, soprattutto nel tardo Ottocento, una progressiva obliterazione dei resti antichi, con perdita dei valori visuali congiunta ad una situazione caotica ed incoerente.
I resti del Teatro Romano si trovano a poca distanza dalla Cattedrale. Il teatro, edificato agli inizi del I secolo DC nonostante le manomissioni subite risulta tra i teatri meglio conservati del Piceno.
La cavea, che sviluppa un diametro di circa 78 metri, è sostenuta da un rilevato artificiale sostruita da opera muraria mista, data da blocchi lapidei in gesso-arenite ed opus cementium, mentre la facciata esterna, in origine, doveva presentare due ordini sovrapposti realizzati con blocchi di travertino.
Della componente sostruttiva della cavea si conserva ampia parte della zona inferiore, costituita da arcate su pilastri in opera quadrata di marna silicea locale, la citata gesso-arenite, e dalle volte in opera cementizia che sostenevano la cavea stessa fin in summa cavea.
Della scena e dell'orchestra è visibile solo il tratto orientale. Dell'orchestra, il cui raggio era di metri 11,51, è visibile solo l'angolo nord-orientale. Il bordo dell'orchestra, tangente alla cavea, presenta un lastricato semicircolare largo metri 1,17. Il podio, dell'altezza di metri 1,30 e profondo metri 7,70, risulta caratterizzato da una serie di cornici di base, ad andamento rettilineo in travertino.
L'alzato del palcoscenico «pulpitum» è decorato con nicchie, alternativamente, di pianta rettangolare e semicircolare, di cui una sola risulta attualmente visibile.
Dietro la scena erano disposti alcuni ambienti, probabilmente destinati agli attori e forse un portico «post scenam» del quale non si conoscono elementi certi.
Nel complesso, si tratta di impianto ancora in gran parte conservato che, allo stato attuale, appare ancora parzialmente «occupato» dai residui edifici risparmiati dalle opere di demolizione precedenti l'attuale intervento. In particolare i palazzi Adamoli e Salvoni insistono ancora su parte della cavea.
Le prime ricerche archeologiche, effettuate dal Savini nel 1918, portarono in luce importanti elementi segnalatori della presenza del Teatro, quali la frons scaenae, uno degli itinera scalaria, un vomitorium, parte dell'ima cavea e parte dell'orchestra. Tuttavia la situazione dell'area, ancora edificata, non permise al Savini di ottenere maggiori elementi di conoscenza del monumento.
Negli ultimi cinquant'anni, in seguito alla demolizione di alcuni degli edifici ottocenteschi che avevano inglobato il sito archeologico, sono state liberate ulteriori parti delle strutture, tra cui 24 pilastri della praecintio, due ordini di arcate sovrapposte e parte consistente della cavea. Tali demolizioni hanno, inoltre, prodotto una serie di materiali lapidei, che sono depositati nell'area di cantiere e che sono, in parte, materiali relativi a edifici che insistevano sull'area (e, quindi, del tutto estranei al Teatro Romano) e, in parte, materiali relativi a parti dell'antico monumento.
I lavori in corso nel Teatro Romano di Teramo hanno la finalità di rendere leggibile e visitabile il monumento, nella sua attuale configurazione, in condizioni di sicurezza e di decoro. Le lavorazioni già eseguite hanno, in gran parte, conseguito il risultato voluto.
All'avvio dei lavori, che prevedevano, già nel progetto originario, lo spostamento dei blocchi architettonici provenienti dalle demolizioni citate in precedenza, a seguito delle richieste avanzate dall'Associazione Teramo nostra, che ne chiedeva il mantenimento in situ, e fatte proprie dall'Amministrazione comunale, si è proceduto comunque allo spostamento dei blocchi lapidei dell'area archeologica propriamente detta, ricollocando i reperti lungo il perimetro dell'area archeologica, all'interno dell'area recintata del cantiere, anche se, va ribadito, tali reperti sono solo in parte riferibili a parti già smontate o distrutte dell'antico monumento e, invece, sono spesso pertinenti ad altre costruzioni di diversa età, oggetto di demolizione.
Così delineato il quadro storico del rinvenimento del Teatro Romano e precisata la situazione attuale in cui versa il sito, si può rispondere ai quesiti posti nell'interrogazione.
Per quanto concerne il primo quesito, con cui si chiede se sia cambiata la posizione del Ministero in merito alla necessità di abbattere i palazzi Adamoli e Salvoni, presenti nel sito, va ricordato che, nella risposta all'interrogazione parlamentare n. 4-05813, si era evidenziato che, per quanto di competenza, la demolizione degli edifici Adamoli e Salvoni non appariva percorribile anche per la limitatezza dei fondi Cipe allora disponibili e rischiava di risultare vana se finalizzata al solo recupero del teatro antico.
Nelle nuove previsioni progettuali, redatte dall'ingegnere Carbonara su incarico della Fondazione Tercas e nell'ipotesi di disporre di ben più consistenti risorse economiche provenienti dall'accordo di programma quadro Mibac-regione-Tercas (in cui il progetto di recupero del Teatro Romano dovrebbe trovare il necessario finanziamento assieme ad altri progetti), la proposta dell'abbattimento dei due palazzi è solo una delle ipotesi avanzate e viene, comunque, ad inserirsi in un contesto completamente diverso e ben più ampio, che mira al recupero funzionale dello spazio del teatro antico, alla protezione dei suoi resti e alla riqualificazione di tutta la piazza, che versa attualmente in stato di degrado.
In attesa di conoscere l'ammontare delle risorse disponibili, che condizioneranno inevitabilmente le stesse soluzioni progettuali, le autorevoli proposte avanzate dall'ingegnere Carbonara restano oggi semplici ipotesi, sulle quali la Soprintendenza (considerata l'ampiezza delle competenze coinvolte) ritiene di potersi esprimersi solo una volta chiariti aspetti progettuali e tecnici sui quali appare oggi prematuro soffermarsi.
Passando, poi, al secondo quesito, con cui si chiedono notizie in merito al predetto protocollo d'intesa fra Ministero, regione Abruzzo e fondazioni delle quattro casse di risparmio abruzzesi, si precisa che lo stesso, al momento, non è stato ancora firmato.
In merito al successivo quesito, con cui veniva richiesto di interdire il trasferimento dei reperti archeologici del teatro romano, oggi presenti nell'area di cantiere ma non in situ come sopra ampiamente chiarito, così come già avvenuto in passato, quando su richiesta dell'Associazione Teramo nostra, fu deciso di soprassedere al trasferimento dei reperti in altra più ampia area, va ribadito che la competente Soprintendenza per i beni archeologici ha sempre ritenuto che qualsiasi intervento sul Teatro Romano di Teramo non può prescindere da uno spostamento dei predetti materiali lapidei che, come detto sopra, sono solo in parte riferibili a parti già smontate o distrutte dell'antico monumento e sono spesso pertinenti, invece, ad altre costruzioni di diversa età, oggetto di demolizione.
L'ingente quantità di materiale ammucchiato alla rinfusa impedisce, infatti, gli interventi di restauro e pulizia e nuoce alla lettura e al decoro del monumento.
Nella perizia relativa ai fondi CIPE, redatta da un funzionario della sopracitata Soprintendenza, era stato, pertanto, previsto lo spostamento degli elementi architettonici presso l'area archeologica de La Cona, area recintata e di proprietà comunale, affinché - senza intralciare i lavori di restauro e consolidamento previsti - si procedesse qui allo studio e alla classificazione degli elementi. Tale operazione appariva e resta necessaria al fine di riconoscere gli elementi architettonici effettivamente pertinenti al Teatro, procedere al loro studio e realizzare quella documentazione fotografica necessaria a valutare un utilizzo di tale materiale per eventuali future operazioni di anastilosi, che dovranno essere attentamente valutate. Dopo l'avvio dei lavori di rimozione del materiale e la sua collocazione nei pressi del cantiere, al fine di venire incontro, come già detto, alle richieste dell'Associazione Teramo nostra e dell'Amministrazione comunale, è però emerso che la quantità del materiale da rimuovere era superiore alle previsioni. Pertanto, è stato necessario collocare il materiale in file serrate e, una volta esaurito lo spazio disponibile, si è dovuto ricorrere ad un suo accumulo. In nessuno dei due casi appare possibile procedere all'esame e alla cernita dei blocchi, né, tantomeno, alla loro documentazione fotografica, documentazione necessaria per consentire la progettazione di eventuali futuri interventi sul Teatro e valutare la correttezza di una ipotesi di ricollocazione degli elementi.
Da una prima stima, effettuata da un funzionario archeologo della Soprintendenza, appare necessario disporre di uno spazio di almeno 2800 metri quadri per condurre tale operazione in maniera adeguata e in sicurezza, tenuto conto della necessità di spostare blocchi di peso notevole. L'area recentemente individuata dall'Amministrazione comunale di Teramo per il trasferimento degli elementi risulta avere tali requisiti.
Allo stato attuale, a prescindere dal grave disagio causato alla popolazione di Teramo, che vede fortemente ridotta la circolazione in una delle aree nevralgiche del centro storico cittadino, appare evidente che, lasciando in loco tale materiale, non si potrà procedere nel suo studio e, dovendo mantenere la recinzione lignea di cantiere che protegge gli elementi architettonici, verrà compromessa la dignità stessa del monumento e la sua leggibilità, essendone la vista oggi preclusa dalla recinzione.
In merito, poi, al quarto quesito posto nell'interrogazione, con cui si chiede se questo Ministero non ritenga opportuno istituire un tavolo tecnico che veda il pieno coinvolgimento dell'associazione Teramo nostra, si ribadisce che l'attenzione della Direzione regionale abruzzese alle esigenze dell'Associazione Teramo nostra, al pari delle altre associazioni culturali, vivacemente attive a Teramo, è testimoniata dagli incontri avuti sia nella sede della Direzione stessa, sia dalla presenza della Direzione e della Soprintendenza archeologica agli incontri promossi dal comune di Teramo.
La Direzione regionale ha fornito garanzia della massima trasparenza nella conduzione dei lavori finora svolti, senza frapporre ostacolo alcuno ad informare le associazioni che chiedevano di conoscere quanto si andava sviluppando nei lavori.
Ciò detto, non si ritiene strumento appropriato un «tavolo tecnico» che, nella prassi, è organo deputato a sviluppare atti e procedure di natura strettamente tecnico-amministrative mentre può essere proponibile un ambito di informazione e consultazione che veda coinvolto il comune di Teramo, ente proprietario del monumento sul quale l'amministrazione dei beni culturali esercita la sua attività di tutela e valorizzazione, di concerto con l'ente locale.
Infine, con riguardo all'ultimo quesito, va ribadito che il Ministero non ha ancora assunto una posizione in merito alla necessità dell'abbattimento di palazzo Adamoli e di palazzo Salvoni, come sopra ampiamente spiegato, e ritiene necessaria la rimozione dei reperti archeologici del Teatro Romano assieme a tutti gli altri resti presenti in cantiere che, come già detto, spesso non afferiscono al Teatro Romano ma agli edifici presenti in loco e fatti oggetto di demolizione.

Il Ministro per i beni e le attività culturali: Lorenzo Ornaghi.