ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/14346

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 565 del 22/12/2011
Firmatari
Primo firmatario: DI STANISLAO AUGUSTO
Gruppo: ITALIA DEI VALORI
Data firma: 22/12/2011


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELLA DIFESA
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLA DIFESA delegato in data 22/12/2011
Stato iter:
06/08/2012
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 06/08/2012
DI PAOLA GIAMPAOLO MINISTRO - (DIFESA)
Fasi iter:

RISPOSTA PUBBLICATA IL 06/08/2012

CONCLUSO IL 06/08/2012

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-14346
presentata da
AUGUSTO DI STANISLAO
giovedì 22 dicembre 2011, seduta n.565

DI STANISLAO. -
Al Ministro della difesa.
- Per sapere - premesso che:

il fenomeno dell'uranio impoverito non riguarda comunque solo l'Italia, che vi ha avuto un limitatissimo ruolo e che si è occupata del fenomeno solo dopo il primo caso verificatosi in Bosnia (il caso del militare Salvatore Vacca, in Sardegna, nel 1999), cioè più di mezzo secolo dopo che della problematica si sono occupati ampiamente gli Stati Uniti e altri Paesi, soprattutto anglosassoni;

l'uranio impoverito è stato rintracciato nei morti di Camp Doha (11 luglio 1991), come facilmente verificabile sui vari siti web in cui si possono ritrovare articoli in merito già dal 12 luglio 1991 su The Stars and Stripes; il 18 luglio 1991 sul Wall Street Journal; il 1 agosto 1991 sulla rivista Black Horse; l'11 agosto 1991 su The State (Columbia, S.C.); il 10 novembre 1991 su The Independent e così via per decine di articoli, che si sviluppano negli anni almeno fino al 1998;

ma ancor prima dell'incidente di Camp Doha vi sono le sperimentazioni eseguite in Australia su oltre mille soldati negli anni '50 e '60 a Marilinga e alla Christmas Island, in cui è stata sperimentata la pericolosità dell'uranio impoverito, anch'esse ampiamente rinvenibili sui siti web;

peraltro anche in seguito alla commissione Mandelli, lo stesso professor Mandelli, in un articolo a firma congiunta con il professor Mele sulla rivista Epidemiologia dell'ottobre 2001, ha scritto che non si può escludere che l'uranio impoverito sia stato la causa dei linfomi di Hodgkin e il professor Grandolfo, della Commissione stessa, in un'intervista a Metro ha affermato che non si può escludere che l'uranio sia letale;

i vaccini somministrati ai soldati italiani non possono essere considerati l'unica causa delle malattie e le nanoparticelle di metalli pesanti risultano nocive, ma non letali e addirittura la sanità militare italiana nella conferenza tenutasi al Cern il 2 ottobre 2011 ha escluso, qualsiasi nocività delle nanoparticelle;

l'ultima sentenza in merito all'uranio è del tribunale di Firenze del 15 novembre 2011 e riguarda il militare Stefano Del Vecchio;

il Presidente della Commissione d'inchiesta sull'uranio impoverito ha recentemente reso dichiarazioni circa la non esistenza, al momento, di legami certi tra uranio impoverito e tumori sorti dopo missioni all'estero e attività nei poligoni -:

quale sia la posizione del Governo a tal riguardo;

se il Governo non intenda chiarire perché non sono state adottate le misure di protezione previste per i pericoli dell'uranio (e delle nanoparticelle) e dei vaccini e se non ritenga di dover intervenire al fine di verificare le responsabilità di migliaia di casi di gravi malattie che si sono verificate. (4-14346)
Atto Camera

Risposta scritta pubblicata lunedì 6 agosto 2012
nell'allegato B della seduta n. 677
All'Interrogazione 4-14346 presentata da
AUGUSTO DI STANISLAO

Risposta. - L'episodio di «Camp Doha» - richiamato dall'interrogante - si riferisce a un incendio sviluppatosi presso quella base dell'esercito statunitense tra l'11 e il 12 luglio 1991, quando presero fuoco anche munizioni all'uranio impoverito.
Le stime delle dosi radiologiche e chimiche, con riferimento al personale esposto a residui o polveri di uranio durante e dopo l'incendio, risultarono al di sotto dei limiti fissati dalle agenzie statunitensi competenti.
L'assenza, peraltro, di significativa contaminazione ambientale da uranio impoverito è dimostrata dal fatto che la base ha continuato ad essere operativa per lungo tempo, arrivando nel 2003 ad ospitare stabilmente più di 2000 persone tra militari e civili, oltre a diverse migliaia di militari in transito.
Quanto, invece, alle dichiarazioni dei professori Mandelli, Mele e Grandolfo, secondo le quali «non si può escludere che l'uranio impoverito sia stato la causa dei linfomi di Hodgkin», è il caso di osservare che, in base allo stato attuale delle cognizioni scientifiche, non si può né sostenere né negare la sussistenza di un nesso di causalità tra l'esposizione all'agente tossico (in questo caso l'uranio impoverito) e lo sviluppo della malattia.
Peraltro, mentre studi condotti per oltre vent'anni in un ampio numero di Paesi sono unanimi nell'affermare che non è dimostrata relazione causale o correlazione probabilistica tra uranio impoverito e patologie umane, la posizione opposta non è, al contrario, suffragata da prove.
Inoltre, a seguito delle conclusioni cui è pervenuta la commissione Mandelli, è stato condotto un più ampio studio epidemiologico su oltre 100.000 soldati dell'Esercito italiano, relativo al periodo 1996-2007, dal quale è emerso che dopo l'anomala concentrazione temporale di casi di Linfoma di Hodgkin verificatasi nell'anno 2000 non si riscontravano ulteriori picchi anomali negli anni seguenti, suggerendo che esso verosimilmente rappresentava un evento casuale. Infatti, se questo picco fosse stato associato all'esposizione ad una qualsiasi contaminazione ambientale, ci si sarebbe dovuto aspettare un progressivo incremento dell'incidenza di questa neoplasia nel personale militare impiegato fuori area anche negli anni a seguire, man mano che aumentava il tempo di latenza utile allo sviluppo della patologia.
Per quanto concerne, poi, l'affermazione che «la sanità militare italiana nella conferenza tenutasi al CNR il 2 ottobre 2011 ha escluso qualsiasi nocività delle nanoparticelle», va precisato che durante tale conferenza (svoltasi il 3 ottobre 2011) nessuna relazione è stata presentata da rappresentanti della sanità militare, mentre tutte le presentazioni scientifiche sono state effettuate da autorevoli scienziati del mondo civile, appartenenti alle maggiori istituzioni nazionali.
Quanto è emerso chiaramente dal convegno indica che, ad oggi, non è stato accertato alcun nesso di causalità tra nanoparticelle e patologie umane, tanto che le conclusioni della tavola rotonda finale sono state «...e la ricerca continua».
Per quanto riguarda, nel merito, la posizione del Governo, è evidente come, al momento attuale, l'emergere progressivo e consistente degli studi scientifici sia in linea con il non accertato nesso causale tra uranio impoverito e patologie umane.
In merito alle misure di precauzione e prevenzione adottate dalle Forze armate italiane per tutelare la salute dei militari ed eliminare il rischio da esposizione all'uranio impoverito, presso ogni reparto operativo è presente personale professionale e professionista che viene specificamente addestrato al rilevamento e alla bonifica di agenti nucleari/batteriologici/chimici (Nbc).
Per i reparti destinati a compiere operazioni fuori area vengono condotte particolari attività addestrative già nella sede stanziale, in ottemperanza a quanto previsto dalla normativa Nato e nazionale vigente; si tratta di una prassi adottata da numerosi anni, aggiornata e affinata nel tempo, regolarmente seguita in tutte le operazioni reali cui le Forze armate hanno preso parte fino ad oggi.
Fin da quando è emersa la problematica dell'uranio impoverito, essa non è stata né ignorata, né sottaciuta, né sottovalutata.
In particolare, fin dalle fasi iniziali dell'ingresso dei nostri militari in Kosovo, avendone avuto precedente informazione, fu possibile adottare adeguate misure di prevenzione.
Anche per quanto riguarda la Bosnia, dopo aver appreso notizie sull'uso di proiettili all'uranio impoverito furono avviati accertamenti e controlli da parte delle Nazioni presenti con propri contingenti: le misurazioni effettuate esclusero inquinamento da uranio impoverito nei luoghi dove i nostri militari erano stati alloggiati e dispiegati.
Venne, comunque, definita una lista di provvedimenti da adottare, al fine di ridurre effettivamente al minimo eventuali occasionali rischi di esposizione alle radiazioni ionizzanti.
Questi provvedimenti furono diffusi immediatamente alle unità e tutte le misure da adottare, già attivate in teatro, vennero organicamente raccolte nella direttiva emanata dalla brigata multinazionale italiana, più nota come direttiva «Bizzarri».
Quanto al ruolo delle vaccinazioni nelle malattie dei militari, si può affermare che la legge italiana garantisce l'immissione in commercio di agenti terapeutici, sicuri ed efficaci, di elevato valore qualitativo e che le pertinenti autorità di sanità pubblica prescrivono o raccomandano le vaccinazioni solo se i benefici superano di gran lunga i rischi di effetti collaterali.
Inoltre, la sicurezza dei vaccini e le raccomandazioni di vaccinazione vengono regolarmente rivalutate sulla base dei dati nazionali e internazionali di controllo del mercato e delle pubblicazioni scientifiche più recenti.
Tali indicazioni sono costantemente concordate con il Ministero della salute quale autorità massima sul territorio nazionale e le tipologie di vaccini impiegate sono le stesse utilizzate nei programmi di vaccinazioni di sanità pubblica.
Le modalità di somministrazione dei vaccini sono sempre state rispondenti ai principi della buona pratica vaccinale e alle raccomandazioni delle organizzazioni internazionali che consentono la somministrazione, anche contemporanea, di vaccini non viventi o in associazione a vaccini viventi purché in sedi diverse, mentre indicano un periodo di almeno quattro settimane fra inoculi di vaccini viventi, qualora non somministrati contemporaneamente.
Non esistono evidenze scientifiche, anche a livello mondiale, che mostrino un nesso causale tra le patologie neoplastiche e i vaccini, come peraltro già evidenziato dall'Agenzia italiana del farmaco (Aifa), dal Ministero della salute e da autorevoli società scientifiche.
In considerazione di quanto finora esposto, nonché allo stato delle conoscenze, si ritiene, dunque, che non sussistano i presupposti per attribuire a rappresentanti dell'Amministrazione eventuali e significative responsabilità correlabili all'insorgenza di «gravi malattie» verificatesi tra il personale della Difesa.
Prima di concludere, vorrei osservare, ancora, che l'insorgenza delle neoplasie tra i militari è sicuramente avvertita come problema sociale dalle stesse istituzioni militari e determina una grande solidarietà, in forza della quale si assicura il massimo sostegno e aiuto.

Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.