OLIVERIO e RUBINATO. -
Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali.
- Per sapere - premesso che:
la SIMEST S.p.a. è un «ente istituzionale» che riveste un ruolo importante nel processo di internazionalizzazione delle imprese italiane, sostenendole sia in modo diretto attraverso la partecipazione nel capitale delle società estere, sia indirettamente mediante la gestione di strumenti agevolativi che consentono di finanziare, con fondi pubblici, iniziative sui diversi mercati; la SIMEST S.p.a., costituita nel 1990, è partecipata dal Ministero dello sviluppo economico che ne detiene la quota maggioritaria, pari al 76 per cento del suo capitale, mentre la restante quota, pari al 24 per cento, è detenuta da soci privati;
in particolare la SIMEST S.p.a., al fianco delle aziende italiane, può acquisire partecipazioni nelle imprese all'estero fino al 49 per cento del capitale sociale, sia investendo direttamente, sia attraverso la gestione del Fondo partecipativo di venture capital, destinato alla promozione di investimenti esteri in Paesi extra europei; la partecipazione SIMEST consente all'impresa italiana l'accesso alle agevolazioni (contributi agli interessi) per il finanziamento della propria quota di partecipazione nelle imprese fuori dall'Unione europea;
il settore agroalimentare è uno dei settori produttivi maggiormente interessati dall'attività della SIMEST S.p.a. che può svolgere un ruolo fondamentale nell'accrescere, a livello internazionale, le quote di mercato del made in Italy agroalimentare contribuendo alla crescita del Paese;
intervenendo in una audizione alla Commissione agricoltura della Camera dei deputati l'8 novembre scorso, il Presidente nazionale della Coldiretti ha denunciato l'operato della Simest, in particolare, per il finanziamento di due società estere, Parmacotto negli Stati Uniti e Lactitalia in Romania; l'accusa è quella di finanziare, attraverso la SIMEST, imprese italiane per produrre e commercializzare all'estero prodotti che di italiano hanno solo il nome; prodotti che nascono all'estero, con materia prima e manodopera estere; in pratica una vera e propria contraffazione di Stato che utilizza ingenti risorse pubbliche per finanziare la produzione in paesi terzi di prodotti agroalimentari che nulla hanno a che fare con il tessuto produttivo del nostro paese;
la tutela e la valorizzazione delle produzioni italiane devono essere la stella polare dell'attività della SIMEST e del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali in un momento come l'attuale in cui l'impresa agricola vive una situazione di grandissima sofferenza e l'Italia paga la qualità che produce sui mercati globali; schiacciato dall'offerta di prodotti a prezzi bassi, il prodotto italiano non trova una remunerazione giusta per la qualità che esprime;
risulta quindi inaccettabile il comportamento della SIMEST che contribuisce ad incrementare il danno che il falso made in Italy produce per il sistema Paese, un danno che raggiunge i 60 miliardi di euro;
la società è sotto accusa per i casi di Lactalis (in Romania) e soprattutto di Parmacotto (negli USA), che attraverso i finanziamenti di Simest ha realizzato negli Stati Uniti una filiera produttiva che nulla ha a che fare con il sistema agroalimentare nazionale, perché completamente delocalizzata, finanziando la promozione di salumi ed insaccati, prodotti con carne straniera e venduti con il marchio «Parmacotto» e «Salumeria biellese», senza che di italiano ci fosse nulla oltre il nome;
il Gruppo Parmacotto ha già avviato negli Stati Uniti un progetto che ha portato all'apertura di un punto vendita monomarca a New York e prevede di strutturare una vera e propria catena di locali caratterizzati dall'offerta di prodotti «Italian sounding», ossia che evocano una provenienza italiana nei nomi;
il caso della Parmacotto segue quello Lactalia, società a responsabilità limitata costituita nel 2005 in Romania per la lavorazione e la commercializzazione di prodotti lattiero caseari e posseduta al 29,5 per cento dalla Simest; Lactitalia commercializza in Italia e in altri Paesi europei formaggi di «tradizione italiana» col marchio «Dolce vita» (mozzarella, pecorino, mascarpone, caciotta) e di tradizione romena tra cui anche una ricotta con la denominazione «Ricotta toscanella» che in realtà non sono ottenuti da materie prime italiane;
leggendo alcuni nomi dei prodotti venduti all'estero da Parmacotto e Lactalia (tra cui bresaola, finocchiona, salame toscano, soppressata, pecorino, toscanella) è evidente il danno che viene prodotto evocando denominazioni di territori e di prodotti che sono il frutto di secoli di storia, tradizione, impegno diligente degli imprenditori agricoli;
Alessandro Rosi, amministratore delegato di Parmacotto, ha dichiarato: «la metà circa delle carni suine lavorate nel mio gruppo, che non produce solo prosciutto cotto, viene da fuori: Francia, Danimarca, Spagna e Germania, per lo più»... «Ciò che conta è il know how, la lavorazione delle carni. È un fatto di cultura»... «Prendiamo il caso del salame. Negli Stati Uniti ne è proibita l'esportazione, perciò nel nostro emporio di Manhattan non possiamo vendere i nostri prodotti italiani. Perciò un tecnico della nostra azienda di San Gimignano si è trasferito nel New Jersey importando lì metodi e processi di produzione in ogni passaggio, adottati in Toscana. Il risultato è che a Manhattan lei può trovare una finocchiona che non teme il confronto con quella toscana»... «Dal punto di vista culturale è una finocchiona Made in Italy. L'importante è che la carne sia di prima scelta, trattata nelle condizioni migliori...»;
in un momento di grave crisi in cui il nostro Paese è alla ricerca di azioni e risorse per il rilancio dell'economia e della crescita occupazionale, il «Made in Italy», e in particolare quello agroalimentare, è universalmente riconosciuto come straordinaria leva competitiva e di sviluppo del Paese rappresentando oltre il 16 per cento del Pil nazionale;
l'export agroalimentare raggiunge quasi 28 miliardi di euro e ha segnato, anche durante la crisi, tassi di crescita del 13 per cento, l'Italian sounding rappresenta un pericolo mortale per il settore primario italiano perché sottrae ingenti risorse all'economia nazionaie e rischiano di bloccare ogni potenzialità di crescita delle imprese italiane a causa della «saturazione» del mercato con prodotti che richiamano qualità italiane senza essere di origine nazionale, impedendo ai consumatori di effettuare una corretta comparazione sulla base della diversa qualità e convenienza con prodotti autentici del Made in Italy -:
se i Ministri interrogati ritengano che la strategia di finanziamento all'estero della SIMEST s.p.a. a favore imprese che commercializzano prodotti con una falsa identità di origine sia conforme alle funzioni e agli scopi sociali attribuiti ex lege alla medesima società e in caso contrario se non ritengano opportuno revocare il mandato di rappresentanza agli attuali amministratori di SIMEST;
se non ritengano urgente intervenire per impedire che continui l'uso improprio di risorse pubbliche per la commercializzazione sui mercati esteri di prodotti di imitazione che danneggiano le autentiche eccellenze del territorio e dell'agricoltura italiana, verificando altresì quali siano i criteri con cui la SIMEST sceglie i progetti da finanziare;
quali iniziative intendano deliberare per sanzionare quella che all'interrogante appare la più grave irregolarità commessa dai responsabili di SIMEST di violazione nel commercio da parte della società Parmacotto da essa partecipata delle norme in materia di protezione di denominazioni di origine protetta a proposito della promozione di un prodotto (salumi calabresi) che gode del riconoscimento europeo;
se non ritenga necessario intervenire per agevolare e realizzare progetti di promozione all'estero dei prodotti del Made in Italy agroalimentare eliminando quelle barriere sanitarie che, proprio nel settore della carne, ostacolano il commercio con l'estero. (4-14131)