DI STANISLAO. -
Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della difesa.
- Per sapere - premesso che:
Rete disarmo (di cui fanno parte oltre trenta organismi impegnati sui temi del controllo degli armamenti) chiede da tempo ormai di aumentare gli standard di controllo dei trasferimenti di armamenti, partendo dall'esperienza e dal buon impianto della legislazione esistente adeguandola alle normative internazionali;
con la già approvata legge delega di riforma della legge n. 185 del 1990 si rischia fortemente di diminuire la trasparenza e la chiarezza in materia di export militare;
ora con la legge di stabilità si abroga il Catalogo nazionale delle armi comuni da sparo;
Rete disarmo denuncia come ciò avviene proprio mentre a livello di Nazioni Unite sono ormai in dirittura d'arrivo per il 2012 i lavori di stesura di un Trattato internazionale sui trasferimenti di armi (ATT) vincolante per tutto il mondo;
l'Italia continua a mantenere la differenza tra armi leggere ad uso civile e armi leggere ad uso militare, che permette le nostre esportazioni in diversi Paesi problematici con l'aggravante che non è obbligatoria nemmeno la comunicazione dei dati in sede europea;
secondo la Rete italiana per il disarmo questa rimane, insieme alla mancata ratifica della posizione comune dell'Unione europea obbligatoria sui trafficanti, una grave lacuna del nostro ordinamento ed un pericolo per l'intera comunità internazionale;
si denuncia altresì che la decisione di eliminare il catalogo in questione venga proprio dalla lobby armiera, come confermato da un comunicato del 1
o luglio presidente dell'ANPAM (Associazione nazionale produttori armi e munizioni), nel quale si legge che in relazione al catalogo nazionale, si pensa che l'attenzione dedicata ai requisiti di catalogazione dovrebbe essere spostata verso l'aderenza al criterio unico di accesso alle armi comuni da parte dei cittadini europei riservando a forze e corpi armati dello Stato solo la categoria (armi da fuoco proibite), e considerando tutte le altre come armi consentite;
in una recente intervista il coordinatore scientifico dell'Osservatorio permanente armi leggere (Opal) afferma che «abolire il Catalogo rappresenterebbe un'importante vittoria politica per la lobby degli armieri italiani, che da decenni punta a una deregolamentazione totale di questo mercato, sul modello degli Stati Uniti dove, come sappiamo, qualunque squilibrato può comprare armi da guerra su Internet o al supermarket»;
afferma, altresì, che «l'abrogazione del Catalogo previsto dalla legge 110 consentirebbe all'industria armiera un forte incremento delle vendite soprattutto sul mercato interno, in crisi a causa del declino della caccia. Una crisi che verrebbe compensata con la libera vendita di armi da guerra a scopo di sicurezza personale ai cittadini opportunamente allarmati dalla propaganda politica»;
è evidente pertanto che un settore altamente delicato come questo necessita di una discussione parlamentare ampia e che riguardi un complessivo riordino della materia -:
quale siano le ragioni sottese alla scelta di abolire il Catalogo nazionale delle armi comuni da sparo e se non ritenga di dover assumere iniziative per rivedere tale norma viste le possibili gravi conseguenze che comporterà;
come il Governo intenda gestire il complesso settore dell'export militare e la vendita nel mercato interno delle armi in linea con gli altri Paesi nel mondo.
(4-13908)