ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/12593

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 496 del 06/07/2011
Firmatari
Primo firmatario: JANNONE GIORGIO
Gruppo: POPOLO DELLA LIBERTA'
Data firma: 06/07/2011


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI delegato in data 06/07/2011
Stato iter:
26/04/2012
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 26/04/2012
FORNERO ELSA MINISTRO - (LAVORO E POLITICHE SOCIALI)
Fasi iter:

RISPOSTA PUBBLICATA IL 26/04/2012

CONCLUSO IL 26/04/2012

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-12593
presentata da
GIORGIO JANNONE
mercoledì 6 luglio 2011, seduta n.496

JANNONE. -
Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
- Per sapere - premesso che:

secondo una lunga ricerca sul territorio condotta dall'Ires (Istituto ricerche economiche e sociali), in Italia esistono quindici province «a rischio di conflittualità sociale»: tre in Campania, tre in Puglia, due in Calabria e ben sette in Sicilia. Incubatrici di tensioni economiche e sociali, che potrebbero esplodere in rivolte e scontri tra immigrati e italiani, come accadde a Rosarno nel gennaio 2010. «Le nuove Rosarno - scrivono i ricercatori - si possono riscontrare in diversi territori del nostro Paese: il combinato disposto di sfruttamento, mancato sviluppo e corruzione della piana di Gioia Tauro e di Rosarno costituiscono una sorta di paradigma di quello che potrebbe accadere in molte altre realtà. Quanto è emerso dopo la rivolta dei lavoratori africani ha posto l'attenzione sia sulle gravi forme di sfruttamento lavorativo e degrado sociale in cui versa una considerevole parte di lavoratori in questo Paese - e si tratta soprattutto di immigrati - sia sull'assenza di adeguate politiche locali e nazionali in materia di accoglienza, lavoro e sviluppo, che porterebbero a ridurre, almeno in parte, i rischi potenziali di conflitto sociale»;

le quindici province italiane «a maggior propensione rischio di conflittualità sociale» sono nell'ordine: Caserta, Crotone, Napoli, Siracusa, Ragusa, Caltanissetta, Reggio Calabria, Salerno, Catania, Trapani, Foggia, Taranto, Palermo, Agrigento e Lecce. La mappa del rischio incrocia quattro indici, quali fattori anticipatori dei conflitti. Il primo è l'indice di sviluppo occupazionale che esprime la capacità del mercato di offrire lavoro, garantirne la sicurezza e, limitatamente ai settori agricolo e delle costruzioni, rispettare le regole contrattuali (in questo caso è Crotone la provincia peggiore). Segue l'indice di sviluppo economico che misura la ricchezza prodotta (il record negativo spetta qui alla provincia di Enna). Nell'indice della qualità sociale, la provincia più a rischio è invece quella di Taranto. Infine l'indice di qualità dell'insediamento della popolazione immigrata vede primeggiare negativamente Caserta;

la ricerca Ires tiene conto anche di altri parametri. Secondo il rapporto annuale dell'European Network Against Racism per esempio, in Italia il 65 per cento dei lavoratori stagionali vive in baracche, il 10 per cento in tende e solo il 20 per cento in case in affitto. Sono lavoratori fondamentali per l'economia agricola soprattutto nelle regioni meridionali, eppure nella maggior parte dei casi sono costretti a vivere in condizioni disumane, senza acqua, luce e cure mediche, con paghe che non superano i 25 euro giornalieri. Il rischio di conflitti nasce dunque dallo sfruttamento, che non colpisce però solo gli immigrati. «Se io vado in un cantiere - spiega nella ricerca Mario Martucci, segretario generale Fillea di Caserta - appena entro se ci sono 10 operai, ne scappano 9, perché non sono in regola. Poi, quando si accorgono che sono un sindacalista e non un ispettore del lavoro, allora vengono da me e mi raccontano la loro condizione. Questo avviene appunto sia tra gli italiani che tra gli stranieri e dobbiamo sfatare il mito per cui sono solo gli immigrati a essere sfruttati per via del permesso di soggiorno e simili: lo sfruttamento qui riguarda e coinvolge tutti» -:

quali interventi il Ministro intenda adottare al fine di contrastare l'aggravarsi della situazione sociale e civile nelle aree delle province sopracitate, contrastando il lavoro nero e l'illegalità, ma nel contempo garantendo assistenza alle fasce più deboli della popolazione. (4-12593)
Atto Camera

Risposta scritta pubblicata giovedì 26 aprile 2012
nell'allegato B della seduta n. 626
All'Interrogazione 4-12593 presentata da
GIORGIO JANNONE

Risposta. - L'interrogazione parlamentare in esame si riferisce all'attività di contrasto al lavoro nero posta in essere dagli organi di vigilanza a ciò deputati, anche al fine di evitare l'aggravarsi della conflittualità sociale e civile nelle regioni meridionali del Paese. Nel rispondere ai quesiti posti dall'interrogante si riportano gli elementi informativi acquisiti presso la direzione generale per l'attività ispettiva del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
In proposito, il principale settore di intervento dell'attività ispettiva in materia di lavoro e previdenza sociale è rappresentato dalla prevenzione e repressione del lavoro sommerso, anche al fine di arginare il fenomeno dello sfruttamento dei lavoratori immigrati clandestini, garantire la tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro e favorire l'emersione del lavoro irregolare. Tale attività viene svolta in linea con le priorità annualmente individuate dal Ministro, cui vanno ad aggiungersi le direttive del Ministro del lavoro e delle politiche sociali del 18 settembre 2008 e del 7 luglio 2010 in materia di «servizi ispettivi e attività di vigilanza».
Tale ultima direttiva, in particolare, ha consentito una maggiore efficacia e un più intenso coordinamento dell'attività di vigilanza svolta dal personale ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dai militari appartenenti al comando carabinieri per la tutela del lavoro e ai gruppi carabinieri per la tutela del lavoro. Si tratta di una direttiva di primaria importanza per la realizzazione di progetti di vigilanza concernenti obiettivi aggiuntivi rispetto a quelli previsti nell'ambito della vigilanza ordinaria riferiti, soprattutto, a settori per i quali appare giustificato l'intervento anche dei militari dell'arma.
In questo ambito, la direzione generale per l'attività ispettiva del Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha costantemente dedicato particolare attenzione al fenomeno del lavoro sommerso e dello sfruttamento dei lavoratori immigrati clandestini, predisponendo specifiche azioni di contrasto e inserendo tale attività tra gli obiettivi prioritari dell'azione ispettiva.
Per quanto concerne in particolare le regioni Calabria, Campania e Puglia, ove è statisticamente prevalente l'utilizzo di lavoratori stagionali nel settore agricolo, si fa presente che rientra nell'ambito della programmazione ordinaria dell'attività di vigilanza degli uffici territoriali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, lo svolgimento di controlli mirati alla verifica, in tale settore produttivo, del rispetto delle norme in materia di lavoro e previdenza sociale ed in particolare al contrasto al lavoro nero.
Si informa, inoltre, che in applicazione di una decisione assunta dal Consiglio dei Ministri del 28 gennaio 2010, è stato realizzato un «piano straordinario di vigilanza per l'agricoltura e l'edilizia nelle regioni Calabria, Campania, Puglia, Sicilia» per fornire una prima risposta agli accadimenti - richiamati nell'atto di sindacato ispettivo in esame - accaduti nel gennaio del 2010 a Rosarno (Reggio Calabria).
In particolare al termine del richiamato piano straordinario - conclusosi il 31 dicembre 2010 - sono state effettuate circa 8.000 verifiche tra le aziende operanti nel settore agricolo delle province di Crotone, Reggio Calabria, Cosenza, Caserta, Napoli, Salerno, Foggia, Lecce, Taranto, Agrigento, Catania, Palermo, Ragusa, Siracusa e Trapani e circa 11.000 tra le aziende operanti nel settore edile di tutte le 24 province delle Regioni Calabria, Campania, Puglia e Sicilia.
Per quanto riguarda il 2011, si evidenzia che l'obiettivo indicato dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali prevedeva l'effettuazione di almeno 80.000 controlli mirati allo specifico fenomeno del lavoro sommerso da svolgersi da parte del personale ispettivo del Ministero del lavoro e 50.000 verifiche da realizzarsi da parte degli enti previdenziali (INPS, INAIL, ENPALS). I risultati di tali verifiche mostrano che, a fronte di circa 245 mila controlli effettuati sull'intero territorio nazionale, sono stati individuati più di 105 mila lavoratori in nero. Va segnalato, in particolare, il notevole incremento dei controlli realizzati rispetto a quelli inizialmente programmati in Campania con un aumento del 12 per cento ed in Puglia con un aumento del 6 per cento. Sono stati adottati, inoltre, circa 8.500 provvedimenti di sospensione dell'attività imprenditoriale poiché è stato riscontrato l'utilizzo di lavoratori in nero in misura pari o superiore al 20 di quelli presenti sul luogo di lavoro. Tale provvedimento, com'è noto, è particolarmente efficace per reprimere il lavoro nero atteso che il datore di lavoro, per ottenerne la revoca, deve dimostrare la regolarizzazione dei rapporti di lavoro non in regola: tali provvedimenti sono stati revocati nella misura dell'87 per cento rispetto a quelli adottati.
Da ultimo si informa che, lo scorso 7 febbraio, in occasione dello svolgimento della Commissione centrale di coordinamento dell'attività di vigilanza è stato presentato il Documento di programmazione dell'attività di vigilanza per il 2012 contenente le linee propedeutiche per l'individuazione dei principali settori di intervento ispettivo, con particolare attenzione al contrasto del lavoro sommerso.

Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Elsa Fornero.