ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/12174

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 481 del 06/06/2011
Firmatari
Primo firmatario: DI PIETRO ANTONIO
Gruppo: ITALIA DEI VALORI
Data firma: 06/06/2011
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
FAVIA DAVID ITALIA DEI VALORI 06/06/2011


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELL'INTERNO
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELL'INTERNO delegato in data 06/06/2011
Stato iter:
13/12/2012
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 13/12/2012
DE STEFANO CARLO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (INTERNO)
Fasi iter:

RISPOSTA PUBBLICATA IL 13/12/2012

CONCLUSO IL 13/12/2012

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-12174
presentata da
ANTONIO DI PIETRO
lunedì 6 giugno 2011, seduta n.481

DI PIETRO e FAVIA. -
Al Ministro dell'interno.
- Per sapere - premesso che:

i testimoni di giustizia sono persone e liberi cittadini che mettono «concretamente» a repentaglio la loro vita e la vita dei loro familiari al fine di aiutare lo Stato nella lotta alla criminalità;

i «testimoni» di giustizia non sono «collaboratori» di giustizia. Il testimone non è colui che, dopo aver commesso il fatto, con atto di resipiscenza operosa si attiva, ma è colui che, senza aver fatto parte di organizzazioni criminali, anzi essendone a volte vittima, ha sentito il dovere di testimoniare per ragioni di sensibilità istituzionale e rispetto delle esigenze della collettività, esponendo sé stesso e la sua famiglia alla reazione degli accusati e alle intimidazioni della delinquenza;

la legge 13 febbraio 2001, n. 45, afferma in modo chiaro che devono esservi misure di protezione fino all'effettiva cessazione del pericolo esistente per sé e per i familiari. Quindi, una protezione vera, reale ed effettiva. Sono previste misure di assistenza ed interventi volti a garantire un tenore di vita personale e familiare non inferiore a quello preesistente all'ingresso nel programma di protezione;

già nel 2008, nella «Relazione sui testimoni di giustizia», approvata dalla Commissione antimafia e trasmessa al Parlamento, venivano elencate in modo chiaro le problematiche e le criticità denunziate dalla quasi totalità dei testimoni di giustizia;

sono state già proposte moltissime interrogazioni ed interpellanze parlamentari bi-partisan relativamente alle delicate ed imbarazzanti situazioni in cui sono costretti a vivere i testimoni di giustizia;

la realtà odierna si caratterizza per la persistenza delle criticità già denunciate e relative alla difficoltà nel reinserimento socio-lavorativo, all'inadeguatezza delle misure di protezione, alla difficoltà nell'accesso alle agevolazioni bancarie, all'impossibilità di fare stabile affidamento sull'ausilio dei professionisti e consulenti nominati dalle istituzioni;

ma quel che è peggio sono le umiliazioni che i testimoni di giustizia sono costretti a sopportare a causa di certe istituzioni;

mentre le risposte formulate alle interrogazioni ed interpellanze parlamentari sembrerebbero tratteggiare un contesto di ineccepibile rispetto delle regole poste a garanzia di quanti decidono di servire lo Stato con le loro testimonianze, la realtà sembrerebbe tutt'altra. I testimoni di giustizia continuano a sentirsi calpestati, offesi e annullati dalla arroganza ed indifferenza di certe istituzioni;

i testimoni di giustizia, pur avendo servito lo Stato, continuano ad assistere a comportamenti che umiliano i loro sacrifici e la loro onestà;

sfuggiva e purtroppo continua a sfuggire a certi rappresentanti delle istituzioni che i testimoni di giustizia sono prima di tutto «persone» e non entità astratte;

prima di diventare «testimoni» di «giustizia» erano normalissimi cittadini che si alzavano la mattina per recarsi sul posto di lavoro. Avevano una casa in cui ritirarsi alla fine della giornata per condividere ore liete con familiari ed amici;

i testimoni di giustizia erano e sono persone «oneste» che hanno avuto il coraggio di denunciare il malaffare, pur consapevoli delle difficoltà a cui sarebbero andati incontro, a causa delle possibili ritorsioni della criminalità organizzata;

sono persone che hanno creduto nelle istituzioni e che hanno il diritto di continuare a crederci per loro stessi e per i loro figli, vittime anch'essi prima delle mafie e poi della sufficienza e superficialità di certe istituzioni;

il nostro Paese commemora gli eroi di Stato soltanto quando gli stessi non sono più in vita e troppo spesso dimentica il dramma di tutti coloro che per onestà hanno deciso di sacrificare la loro esistenza per il bene comune -:

quali urgenti iniziative, anche di carattere normativo, il Ministro interrogato intenda adottare per non disincentivare le testimonianze e soprattutto per garantire, nei fatti e non soltanto nelle promesse, il rispetto della dignità dei testimoni di giustizia. (4-12174)
Atto Camera

Risposta scritta pubblicata giovedì 13 dicembre 2012
nell'allegato B della seduta n. 734
All'Interrogazione 4-12174 presentata da
ANTONIO DI PIETRO

Risposta. - Nell'interrogazione in esame, l'interrogante pone all'attenzione di questa Amministrazione il problema dei «testimoni di giustizia» chiedendo, in particolare, se si intendono adottare provvedimenti per garantirne un adeguato reinserimento socio-lavorativo.
Al riguardo è opportuno ricordare, per prima cosa, che la figura del «testimone di giustizia» è stata introdotta nel nostro ordinamento giuridico dalla legge 13 febbraio 2001, n. 45, che prevede le condizioni e i presupposti di ammissibilità, nonché le misure di assistenza economica connesse ai riconoscimento di tale qualità.
Più nel dettaglio, tali ultime misure consistono in un'adeguata sistemazione alloggiativa, individuata, di norma, con l'assenso dei testimone di giustizia; la corresponsione di un assegno mensile di mantenimento, determinato in relazione al numero delle persone protette; il sostegno di spese per esigenze sanitarie, quando non sia possibile, per motivi di sicurezza, avvalersi delle strutture pubbliche; la garanzia di una assistenza legale all'interessato quale persona offesa dal reato e costituita parte civile nel procedimento in cui rende la testimonianza; la cosiddetta «capitalizzazione» del costo dell'assistenza, attuata mediante l'erogazione di una somma di denaro pari all'assegno di mantenimento fino ad un massimo di 10 anni (120 mensilità), in presenza di un concreto progetto di reinserimento lavorativo; la corresponsione di una somma a titolo di mancato guadagno, derivante dall'eventuale cessazione dell'attività lavorativa del testimone e dei familiari nella località di provenienza, sempre che essi non abbiano ricevuto, allo stesso titolo, un risarcimento dagli uffici del Commissariato antiracket e antiusura; il ricorso a mutui agevolati volti al reinserimento nella vita economica e sociale.
Si tratta di numerose misure previste espressamente dalla normativa o individuate dalla commissione centrale di cui all'articolo 10 della legge n. 82 del 1991 e dal Servizio centrale di Protezione in relazione alle esigenze dei testimoni di giustizia.
Dall'approvazione della legge 13 febbraio 2001, n. 45, si è molto lavorato sul terreno del reinserimento socio-lavorativo del testimone, nella consapevolezza che esso non può prescindere, così come prescrive la legge, dal tenore di vita e dal tipo di attività che ha preceduto l'ingresso nel programma di protezione.
Il discorso è relativamente più agevole quando il testimone, in precedenza, aveva svolto un lavoro autonomo, mentre presenta aspetti più problematici nelle ipotesi in cui l'attività antecedente alla deposizione era alle dipendenze dei privati. Ma anche da questo punto di vista si è lavorato per reinserire chi aveva questa condizione pregressa.
La trattazione dei singoli casi riguardanti i testimoni è avvenuta e avviene col coinvolgimento attivo degli stessi interessati.
Obiettivo primario, peraltro, è consentire, se il testimone lo desidera o lo chiede, la permanenza nel luogo di origine attraverso adeguate misure delle quali, in ogni caso, va verificata la possibilità di applicazione.
La commissione centrale ha sempre riservato massima attenzione e sensibilità nei confronti dei testimoni di giustizia ed è consapevole delle oggettive difficoltà incontrate nella fase di reinserimento sociale, e ciò a fronte di un'azione amministrativa che si dimostra sempre puntuale e rispettosa dei contenuti della legge sui testimoni di giustizia.
La continua crescita dei numero delle persone sottoposte al programma di protezione ha evidenziato, nel corso degli anni, aspetti di criticità del sistema tutorio.
Assicurare ai testimoni di giustizia un tenore di vita che, secondo le indicazioni della norma, non pregiudichi quello goduto prima dell'ingresso nel programma è oggetto di sforzi costanti.
In questa direzione si segnala la convenzione, sottoscritta tra il Dipartimento della pubblica sicurezza ed un istituto di credito, per consentire l'accesso a mutui per il reinserimento sociale: le forme di finanziamento previste sono sia il mutuo ipotecario per l'acquisto di immobili, sia il finanziamento chirografario per l'avvio di attività imprenditoriali autonome.
Il Ministero dell'interno è pienamente consapevole che sui testimoni il Governo gioca una partita difficile: quella della credibilità delle istituzioni nella lotta alla criminalità. La garanzia di un adeguato futuro ai testimoni e alle loro famiglie è un importante incentivo per gli altri cittadini a non avere remore o timori nel riferire quanto è a propria conoscenza alle forze dell'ordine e all'autorità giudiziaria al fine di contrastare e punire ogni fenomeno criminale. Pertanto, si assicura il massimo impegno e una costante attenzione di questa Amministrazione alle problematiche suesposte.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo De Stefano.