ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. -
Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute.
- Per sapere - premesso che:
secondo quanto riporta Terra del 23 novembre 2010, nell'azienda C&C di Pernumia (Padova), tonnellate di fanghi tossici e nocivi, mai inertizzati, diventavano, grazie ad un opportuno maquillage burocratico, conglomerato cementizio e, come tale, utilizzate in infrastrutture stradali e opere pubbliche;
il 22 febbraio 2005 il Corpo forestale dello Stato, su disposizione della procura della Repubblica di Venezia, a seguito di una corposa inchiesta relativa al traffico illegale di rifiuti tossici, ha arrestato il proprietario della C&C e messo sotto sequestro l'azienda;
come in molte altre situazioni, le «eredità» lasciate all'ambiente e ai cittadini sono migliaia di tonnellate di rifiuti tossici stipati in capannoni instabili e molti altri ammassati all'esterno e sversati in parte nel fosso consortile che delimita la proprietà. Sinora solo un primo quantitativo di 2.800 tonnellate di rifiuti, più una seconda tranche di 650 tonnellate sono stati rimossi e trasportati in una discarica attrezzata bolognese, mentre solo parte di quelli all'interno dei capannoni (dalle 20 mila alle 50 mila tonnellate) sono stati caratterizzati, per un esborso pubblico di 570.000 euro;
la C&C ha iniziato la sua attività nel 2002 in una parte della grande area industriale dismessa che un tempo era la Magrini Galileo di Battaglia Terme, in capannoni al confine del comune di Battaglia Terme, in territorio di Pernumia. La Magrini è stata una grande industria nata e cresciuta con il paese di Battaglia Terme, pertanto la C&C ha aperto una attività di trattamento dei rifiuti a ridosso dell'abitato, in una zona altamente urbanizzata con propaggini abitative dei comuni di Pernumia e Due Carrare, con attorno fossi consortili e canali. Attraverso il regime di procedura semplificata ha potuto operare attraverso semplici autorizzazioni. Dal 2002 al 2005, provincia e comune hanno emesso ben 8 diffide contro la C&C per irregolarità riscontrate e per prescrizioni non rispettate, diffide seguite, a breve termine, sempre da nuove autorizzazioni;
il provvedimento provinciale del 1
o febbraio 2005, ad esempio, diffidava ancora una volta la ditta a sospendere l'attività di conferimento rifiuti ai due impianti di recupero ed il 10 dello stesso mese l'Arpav inviava alla provincia una relazione di servizio in cui evidenziava che era in atto «un trasferimento di conglomerato da rifiuto di prima lavorazione con provenienza dallo stabilimento di Malcontenta di Mira che non possono essere considerati materia prima» ma rifiuto e, quindi, che il trasporto era non regolamentare. Sempre l'Arpav in risposta alla diffida evidenziava come «tutti i campioni di rifiuto in ingresso all'impianto analizzati risultano superare il limite degli idrocarburi in riferimento all'autorizzazione», mentre quelli riferiti ai verbali stilati «superano le specifiche previste dalle norme vigenti per essere ammessi alle attività di recupero». Seguiva perciò un'altra diffida il 15 febbraio 2005. Ciononostante, il materiale della C&C continuava ad essere commercializzato da enti pubblici per opere locali e alle amministrazioni pubbliche titolari delle opere della Tav. Tutto ciò mentre comitati locali, gruppi di cittadini residenti attorno alla C&C, consiglieri comunali e provinciali di opposizione denunciavano le irregolarità continue, i rischi per l'ambiente e la salute, ricevendo derisione e a volte anche querele dalla stessa Provincia -:
se e quali iniziative, anche di tipo normativo, intendano assumere al fine di potenziare i sistemi di autorizzazione e di controllo pubblico su questo tipo di attività;
se e quali iniziative di controllo intendano adottare per salvaguardare la salute dei cittadini e l'ambiente minacciati dalle tonnellate di rifiuti tossici tuttora da smaltire. (4-09700)