ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/09688

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 401 del 24/11/2010
Firmatari
Primo firmatario: BELLOTTI LUCA
Gruppo: FUTURO E LIBERTA' PER L'ITALIA
Data firma: 24/11/2010


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELLA SALUTE
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLA SALUTE delegato in data 24/11/2010
Stato iter:
07/03/2011
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 07/03/2011
FAZIO FERRUCCIO MINISTRO - (SALUTE)
Fasi iter:

RISPOSTA PUBBLICATA IL 07/03/2011

CONCLUSO IL 07/03/2011

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-09688
presentata da
LUCA BELLOTTI
martedì 23 novembre 2010, seduta n.401

BELLOTTI. -
Al Ministro della salute.
- Per sapere - premesso che:

il diritto alla salute è tutelato dalla Costituzione e ogni cittadino non solo italiano ma anche comunitario ha diritto ad accedere alle prestazioni sanitarie;

l'interrogante intende porre in evidenza un caso che ha messo in luce un evidente vulnus nella normativa italiana che contrasta palesemente con quella europea;

come risulta da una mail ricevuta dall'interrogante una cittadina polacca, la signora Wrona Grazyna ha ricevuto la tessera sanitaria cartacea e magnetica per un anno, con scadenza 16 ottobre 2010;

in tale data l'ASL 18 di Rovigo ha rifiutato il rinnovo, sostenendo che, anche se comunitaria, aveva diritto della suddetta tessera solo per un anno, secondo quanto sancito dalla direttiva 2004/38/CE del Parlamento e del Consiglio;

la suddetta cittadina comunitaria risulta essere infatti convivente con un cittadino italiano, nel cui stato di famigli risulta assieme alla figlia, e regolarmente iscritta all'ufficio di collocamento con il cosiddetto «patto di servizio» poiché è disoccupata;

questo particolare caso la porrebbe fuori, secondo quanto sostiene la ASL di Rovigo, dalla casistica prevista dal decreto legislativo n. 30 del 3 febbraio 2007;

la stessa ASL sostiene che dovrebbe farsi rilasciare tessera sanitaria polacca, pur essendo questo impossibile dato che la signora risulta iscritta alle liste di collocamento italiane, richiedendo alternativamente il matrimonio come requisito sine qua non per il rilascio;

la cittadina comunitaria sarebbe quindi da ora costretta a pagare per intero ogni prestazione, oltre a non avere più diritto al medico di famiglia -:

se tale interpretazione sia rispondente a quanto previsto dalla normativa comunitaria e se non ritenga di assumere le iniziative, anche normative, di competenza affinché la tessera sanitaria sia rilasciata anche ai cittadini comunitari iscritti alle liste di collocamento italiane e rientranti, seppur non sposati, nello stato di famiglia di un cittadino italiano.
(4-09688)
Atto Camera

Risposta scritta pubblicata lunedì 7 marzo 2011
nell'allegato B della seduta n. 444
All'Interrogazione 4-09688 presentata da
LUCA BELLOTTI

Risposta. - In via preliminare, va rilevato che, in base alla normativa comunitaria, l'esercizio del diritto di libera circolazione del cittadino dell'Unione europea, ai sensi della direttiva 2004/38/CE, ha, quale prerequisito, il diritto alla copertura sanitaria della persona in altro stato membro, posto che sarebbe paradossale che uno Stato concedesse ad un proprio cittadino la libertà di muoversi all'interno della Unione Europea senza, nel contempo, garantirgli in tale situazione una copertura sanitaria.
La direttiva, infatti, stabilisce che una delle condizioni del soggiorno superiore a 3 mesi è di disporre di un'assicurazione malattia che copra tutti i rischi nello Stato membro ospitante (articolo 7, comma 1, lettera b)). La normativa comunitaria riguardante il diritto alla salute è quella data dai regolamenti CE 883/2004 e regolamenti CE 987/2009. Tale disciplina prevede un'attività di coordinamento, una sorta di collaborazione tra schemi di sicurezza sociale dei vari stati membri: lo stato ospitante eroga le prestazioni e lo stato di provenienza rimborsa lo stato ospitante dei costi di dette prestazioni.
Questa normativa prevede, tuttavia, regole e condizioni particolari affinché un assistito di uno stato possa ricevere prestazioni in un altro stato membro, con oneri a carico dello stato di provenienza. Una di tali condizioni di copertura sanitaria è che l'assistito sia «assicurato» nello stato di provenienza, vale a dire che sia iscritto ai sistemi di sicurezza sociale ai sensi della legislazione nazionale e nel rispetto dei requisiti da essa posti.
Ne discende che se il cittadino non integra i requisiti di copertura imposti dalla sua legislazione nazionale (ad esempio, perché disoccupato) lo stato di provenienza negherà, come avviene nel caso particolare citato nell'interrogazione parlamentare, finanche il rilascio della tessera; in tal modo, il cittadino (nel caso esaminato, la cittadina polacca) risulterà privo di assistenza sanitaria.
In altre parole, chi provenga da uno, stato membro che non fornisce ai propri cittadini all'estero la copertura sanitaria (perché «non assicurato») si trova al di fuori del campo di applicazione della normativa europea sul coordinamento tra schemi di sicurezza sociale.
Pertanto, non si evidenzia un contrasto con la normativa comunitaria proprio perché la disciplina europea sul diritto alla salute concepisce solo gli «assicurati», mentre si disinteressa completamente dei «non assicurati».
Pertanto, più che un contrasto della normativa italiana con quella comunitaria, vi è un problema di coerenza giuridica a livello della stessa legislazione comunitaria, perché il diritto di libera circolazione è riferito al «cittadino dell'Unione Europea», mentre il diritto alla salute in Europa ha come beneficiario l'«assicurato».
In base al contesto giuridico fin qui delineato, qualora le Aziende Sanitarie Locali erogassero le prestazioni in via diretta, cioè senza oneri per l'assistito straniero (salvo il pagamento del ticket), le istituzioni polacche potrebbero, come costantemente accade in questi casi, rifiutare il rimborso allo stato ospitante (l'Italia nel caso in esame) delle spese relative alle suddette prestazioni, motivando tale decisione con il fatto che l'addebito riguarda un «non assicurato» del sistema polacco.
Conseguentemente, se il cittadino comunitario non è un «assicurato» dello Stato di provenienza, da un lato non si attiva la cooperazione tra schemi di sicurezza sociale, perché lo stato della cittadinanza disconosce legittimamente il proprio assistito. Dall'altro, lo stato ospitante si trova in difficoltà con riguardo a volumi crescenti di crediti inesigibili ammontanti a decine di milioni di euro.
Ciò determina una criticità di ordine finanziario per lo stato ospitante, specie per i paesi come l'Italia, aventi un sistema sanitario improntato a criteri di universalità, solidarietà ed equità.
Per avere la dimensione di tale problematica dal punto di vista economico, basti pensare che da un'indagine condotta tramite gli assessorati regionali si è potuto accertare che, solo per l'anno 2007, sono state erogate in Italia a «non assicurati» di altri stati membri prestazioni sanitarie per un controvalore di oltre 70 milioni di euro.
Pertanto, la simultanea applicazione della direttiva sulla libera circolazione e dei suddetti regolamenti comunitari (regolamento CE 883/2004 e regolamento CE 987/2009) genera, laddove si ritenga per spirito di solidarietà di tenere indenne lo straniero «non assicurato» dai costi delle prestazioni sanitarie, un inevitabile contrasto con l'articolo 7, par. 1, lettera b), della direttiva 2004/38/CE la quale esige che il cittadino dell'Unione non divenga un onere a carico dell'assistenza sociale dello stato membro ospitante.
Nel caso in esame, l'interessata non sembra rispecchiare le condizioni previste dal suddetto quadro giuridico comunitario: non è "assicurata" dal sistema polacco, né ha i requisiti imposti dalla citata direttiva per poter soggiornare per più di tre mesi in Italia perché, essendo disoccupata, non dispone, salvo prova del contrario, neppure di risorse economiche sufficienti per sé e per i propri familiari; inoltre, non appare rilevante la stessa condizione di convivenza con il cittadino italiano.
Sulla base di quanto esposto, si ribadisce che, in ogni caso, deve essere comunque garantito l'accesso alle cure urgenti ai soggetti «non assicurati» e, qualora indigenti, anche in forma gratuita.
Non può, tuttavia, essere rilasciata la tessera sanitaria nazionale (TS), né attribuito il medico di libera scelta, perché altrimenti i cittadini «non assicurati» diverrebbero, per le considerazioni esposte, un onere a carico dello Stato ospitante, cosa che contrasterebbe con la ratio della direttiva 2004/38/CE che, in modo assolutamente intelligibile, vuole evitare simili eventualità.
Infine, si assicura che vi è, da tempo, l'intenzione di assumere iniziative per il rilascio della tessera sanitaria anche ai cittadini che si trovino nelle condizioni della cittadina polacca. Infatti, questo Ministero, consapevole dell'esigenza di rimuovere tale criticità, per altro generata all'interno della stessa legislazione europea, ha intrapreso, insieme al Ministero dell'economia e delle finanze, l'iter volto all'adozione del decreto interministeriale per l'introduzione della «iscrizione volontaria» dei cittadini comunitari al servizio sanitario nazionale al fine di garantire il diritto alla salute anche ai «non assicurati», nel quadro della sostenibilità finanziaria di tale provvedimento per il nostro Paese.

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.