ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/08896

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 377 del 04/10/2010
Firmatari
Primo firmatario: TURCO MAURIZIO
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO
Data firma: 04/10/2010
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
BELTRANDI MARCO PARTITO DEMOCRATICO 04/10/2010
BERNARDINI RITA PARTITO DEMOCRATICO 04/10/2010
FARINA COSCIONI MARIA ANTONIETTA PARTITO DEMOCRATICO 04/10/2010
MECACCI MATTEO PARTITO DEMOCRATICO 04/10/2010
ZAMPARUTTI ELISABETTA PARTITO DEMOCRATICO 04/10/2010


Destinatari
Ministero destinatario:
  • PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Ministero/i delegato/i a rispondere e data delega
Delegato a rispondere Data delega
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 04/10/2010
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 04/10/2010
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLA DIFESA delegato in data 08/10/2010
Stato iter:
15/10/2012
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 15/10/2012
DI PAOLA GIAMPAOLO MINISTRO - (DIFESA)
Fasi iter:

SOLLECITO IL 01/12/2010

SOLLECITO IL 12/01/2011

SOLLECITO IL 03/02/2011

SOLLECITO IL 03/03/2011

SOLLECITO IL 23/03/2011

SOLLECITO IL 15/04/2011

SOLLECITO IL 23/05/2011

SOLLECITO IL 06/07/2011

SOLLECITO IL 21/09/2011

SOLLECITO IL 16/11/2011

SOLLECITO IL 15/02/2012

SOLLECITO IL 28/05/2012

SOLLECITO IL 04/07/2012

SOLLECITO IL 26/07/2012

RISPOSTA PUBBLICATA IL 15/10/2012

CONCLUSO IL 15/10/2012

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-08896
presentata da
MAURIZIO TURCO
lunedì 4 ottobre 2010, seduta n.377

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. -
Al Presidente del Consiglio dei ministri.
- Per sapere - premesso che:

una nota di agenzia (ANSA) del 2 ottobre 2010, delle ore 18:11, afferma che «Due militari italiani - un alpino paracadutista del 4o reggimento, i cosiddetti «ranger», e un incursore della Marina militare («Comsubin») - sono rimasti feriti oggi nell'ennesima battaglia che si è consumata in Afghanistan tra esercito e forze della coalizione internazionale da una parte e talebani dall'altra. I due appartengono alla «task force 45», l'unità delle forze speciali italiane di cui faceva parte anche il tenente Alessandro Romani, morto durante un'operazione nei pressi di Farah il 17 settembre scorso, e che praticamente ogni giorno sono impegnati in scontri a fuoco con gli insorti. I due, di cui non sono stati resi noti i nomi, hanno riportato ferite d'arma da fuoco ad un braccio: già operati, le loro condizioni, assicurano dal contingente italiano, non destano preoccupazioni. La battaglia è esplosa poco dopo le 10:30 nel distretto di Javand, nella provincia di Badghis, una delle più calde della zona ovest del paese (quella sotto il controllo italiano), quando i militari italiani hanno fatto scattare, assieme all'esercito afghano, un'operazione per arrestare diversi leader talebani. Lo scontro si è protratto per diversi minuti e si è chiuso con l'arresto di cinque insorti e l'uccisione di diversi combattenti talebani. Oltre ai due militari italiani, sono rimasti feriti anche tre afghani, sempre in modo lieve. Solidarietà e vicinanza ai militari italiani e all'intero contingente impegnato in afghanistan è stata espressa dal ministro della Difesa Ignazio La Russa, che si è tenuto costantemente informato attraverso il capo di Stato maggiore della Difesa, dal presidente del Senato Renato Schifani e dal Pd. Gratitudine nei confronti dei nostri militari è stata espressa anche dal ministro degli Esteri Franco Frattini, che ha annunciato per novembre un incontro con gli alleati per decidere la strategia di uscita dal paese. «Il futuro della presenza italiana in Afghanistan - ha detto Frattini - sarà stabilito dalla Nato e dall'Onu: ci troveremo a novembre a Lisbona e lì ci sarà una road map per il graduale passaggio di potere alle autorità civili afghane». «La provincia di Herat, dove ci sono gli italiani - ha poi spiegato Frattini - sarà una delle prime ad essere interessate. Il che ovviamente non vuol dire che i soldati italiani se ne andranno. Il piano è restituire all'afghanistan il pieno controllo della situazione entro il 2014»;

sul sito web http://byebyeunclesam.wordpress.com/ è pubblicato un interessante articolo dal titolo «Complicità politiche ed istituzionali per la task force 45» risalente all'11 ottobre 2009 nel quale si legge testualmente «Dei "professionisti" tricolori della task force 45 si conoscono i reparti di provenienza e la forza approssimativa, 180-200 uomini. Non si sa niente invece delle dotazioni militari, niente degli ufficiali e sottoufficiali, niente della effettiva catena di comando locale, niente sugli avvicendamenti e sui cicli di "operazione", niente sulla sorte riservata ai feriti mujaeddin e pashtun catturati sul terreno né esiste agli atti del Ministero della Difesa un solo comunicato che riguardi l'attività operativa dell'unità speciale (...) su tali vicende, secondo l'articolo citato» il silenzio di giornali e televisione è totale: si sa solo, per notizie che rimbalzano in Italia dalla agenzie di stampa afghane nelle provincie di Herat e Farah, che, ad oggi, si contano a centinaia gli insorti «neutralizzati» ed a decine i morti ammazzati tra i residenti per «effetti collaterali» di rastrellamenti, cecchinaggio, tiri di mortaio e «bonifiche» dall'aria. Ora che la Folgore sta per essere avvicendata la task force 45 torna, ad orologeria, alla pratica del rambismo, per alzare il livello dello scontro e per preparare come si deve il «terreno» alla Brigata Sassari. Tutte le Grandi Unità devono lasciare un minimum di caduti nel Paese delle Montagne, sufficiente a cementare solidarietà tra i partner dell'Alleanza Atlantica, a rilanciare sul piano nazionale la necessità della guerra al «terrorismo», ad instillare nelle Forze Armate del Bel Paese l'odio per un «nemico» che predica e pratica l'Islam, a preparare a livello politico una componente militare di elite che offra le esperienze e le specializzazioni necessarie per essere utilizzata, quando sarà «necessario» (...);

una campagna normativa «acquisti-dismissioni» che parte in sordina dal 1999 e ha preso un'accelerazione da capogiro a partire dall'estate 2006. Le riforme nella Pubblica Amministrazione annunciate da Brunetta ed approvate in settimana in CdM vanno in questa direzione, al di là dei settori «civetta» sotto tiro. Per capire cosa si stia muovendo dietro la task force 45, dopo mesi di impenetrabile silenzio su questa «unità antiterrorismo», basterà leggere il seguente comunicato AGI dello scorso 9 ottobre: «Un capo talebano Ghoam Yahya (un nome con tutta probabilità inventato di sana pianta, ndr) e 25 suoi affiliati (!) sono stati neutralizzati oggi nel corso di un operazione congiunta di militari italiani e statunitensi. L'episodio è avvenuto a 20 km da Herat. Secondo quanto si apprende la task force 45 che seguiva il gruppo di insorti già da ieri, è entrata in azione. Appresa la notizia il Ministro della Difesa si è subito complimentato con il CSM gen. Vincenzo Camporini e con il comandante delle forze italiane di Herat generale Rosario Castellano»;

la posta in gioco, ad avviso dell'articolista, sarebbe la prossima Presidenza della Repubblica; l'articolo continua affermando: «La task force 45 non dipende né da Castellano né dal suo diretto superiore gen. Bertolini ma dall'ammiraglio G. Di Paola (...), eletto il 13 febbraio del 2008 Segretario Generale del Comitato che riunisce i vertici militari dei 28 Paesi aderenti all'Alleanza Atlantica, quando era ancora C.S.M. delle Forze Armate per decisione del CdM del governo Berlusconi. (...) Giancarlo Chetoni»;

sebbene l'articolo a firma di Giancarlo Chetoni non sia recente appare di tutta evidenza che i dubbi e le considerazioni espresse dall'autore sulla task force 45 siano tuttora attuali;

i recenti avvenimenti dove ha trovato la morte il tenente Alessandro Romani, nonché quelli riportati dalla citata agenzia ANSA, accrescono il convincimento degli italiani, ampiamente riscontrabile nei numerosi sondaggi effettuati dai maggiori quotidiani, che l'Italia sia effettivamente impegnata in operazioni di guerra e non invece di supporto umanitario alle popolazioni interessate e che quindi è opportuno l'immediato ritiro dei militari italiani impegnati in Afghanistan;

dalle informazioni reperibili sul web inoltre si può apprendere come sia crescente anche il timore che i militari italiani siano effettivamente responsabili dell'uccisione o del ferimento di civili afghani avvenuto, ancorché accidentalmente, durante operazioni ufficialmente dichiarate di supporto all'esercito afghano effettuate congiuntamente con altre forze armate in ambito ISAF;

in un articolo pubblicato sul quotidiano Il Tempo del 3 ottobre 2010 dal significativo titolo «Caccia ai talebani feriti due commandos» l'autore, riferendosi alla task force 45 scrive che «Una guerra silenziosa condotta da uomini silenziosi. Giovani "fuori ordinanza" con le loro barbe lunghe e le divise prive di stemmi, solo lo scudetto tricolore. Militari professionisti. L'eccellenza delle forze armate di tutte e quattro le Armi: anche i Gis dei carabinieri partecipano alle missioni. Vivono in un compound a Camp Arena a Herat. Un po' orsi, un po' guasconi. Gente "massiccia" che dal 2006 opera in Afghanistan. Il loro compito è stanare i terroristi» -:

quale sia l'effettiva consistenza numerica della forza denominata «task force 45», quale la sua dipendenza funzionale e gerarchica, di quale e quanto armamento dispone, quali siano le regole di ingaggio a cui devono attenersi gli appartenenti alla predetta task force, quali gli obiettivi la durata e i risultati delle missioni svolte dal 2006 ad oggi, quanti i militari feriti, quanti quelli deceduti e quali le cause;

quali siano i soccorsi portati dai militari italiani della task force 45 ai talebani catturati o feriti durante gli scontri armati, quali siano i soccorsi prestati alle popolazioni civili eventualmente coinvolte;

se il Presidente del Consiglio non ritenga opportuno invitare le autorità afghane ad avviare una inchiesta per stabilire se le cause della morte dei talebani deceduti nel corso dei combattimenti avvenuti il 2 ottobre 2010 nel distretto di Javand, nella provincia di Badghis siano deceduti a causa di colpi di arma da fuoco in dotazione ai militari della task force 45;

se non ritenga opportuno e urgente adoperarsi con maggiore concretezza per ricondurre le attività dei militari italiani, ed in particolare della task force 45, nel corretto ambito del mandato ricevuto dal Parlamento, anche attraverso una consistente riduzione dell'armamento impiegato, affinché sia evitata ogni possibile deriva della missione militare verso un inaccettabile conflitto al quale l'Italia non può e non deve partecipare.(4-08896)
Atto Camera

Risposta scritta pubblicata lunedì 15 ottobre 2012
nell'allegato B della seduta n. 703
All'Interrogazione 4-08896 presentata da
MAURIZIO TURCO

Risposta. - Si risponde contestualmente alle interrogazioni in esame, in quanto concernenti la medesima tematica.
In premessa mi preme ribadire, ancora una volta, che in Afghanistan l'Italia non è in guerra.
I nostri militari non sono impegnati - come asserito dall'interrogante - in operazioni di guerra, ma il loro impiego, nell'ambito dell'International security assistance force (ISAF) in Afghanistan, si è sempre svolto e continua a svolgersi coerentemente con gli indirizzi che l'Esecutivo, in linea di continuità con i precedenti Governi, ha sottoposto in più occasioni al Parlamento, e che sono conformi alle risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell'ONU e alle decisioni del Consiglio atlantico che hanno autorizzato la missione a livello internazionale.
Il nostro è un impegno assolutamente in sintonia con le parole del Presidente Napolitano, che ha sostenuto che il ruolo che l'Italia svolge per la pace e la sicurezza internazionale si basa su un'importante norma della nostra Costituzione.
È lo stesso Presidente della Repubblica, infatti, che ha precisato che l'articolo 11 prevede sì il ripudio della guerra come strumento di offesa alla libertà di altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, ma stabilisce l'impegno di partecipazione dell'Italia alle organizzazioni internazionali che perseguono gli obiettivi della pace e della giustizia fra le nazioni.
È per questo motivo che l'Italia contribuisce in modo significativo, insieme ai Paesi alleati e amici, alla realizzazione dei processo di transizione in Afghanistan che dovrà completarsi entro il 2014, con le forze afgane, opportunamente addestrate, in grado di esercitare il controllo in tutte le operazioni di sicurezza e le forze della coalizione in un ruolo di sostegno in seconda linea.
In tale quadro, per quanto riguarda il presunto coinvolgimento dei cittadini afgani durante lo svolgimento di operazioni di soccorso alle forze afgane, va posto in luce, come, nel corso delle sue operazioni, ISAF prenda tutte le misure e le precauzioni possibili per proteggere i civili, evitandone il coinvolgimento nelle attività militari e predisponendo ogni possibile strumento di soccorso in caso di incidenti.
In particolare le regole d'ingaggio (Rules of engagement - RoE) uniformemente e coerentemente applicate da tutte le forze militari impegnate nell'ambito della missione ISAF, sono appositamente studiate per ridurre al minimo il rischio di vittime civili; inoltre, ISAF sottopone a una costante revisione le proprie tattiche, tecniche e procedure, proprio al fine di prevenire danni alla popolazione civile.
Ciò premesso, per quanto concerne gli aspetti relativi all'evento nel quale è deceduto il tenente Alessandro Romani, non posso che rimandare all'informativa urgente del Governo pro tempore che si è svolta presso l'Aula del Senato della Repubblica il giorno 23 settembre 2010.
Veniamo, ora, ai molteplici aspetti riguardanti la task force 45.
In primo luogo la task force 45 è la denominazione NATO dell'unità di Forze speciali italiana schierata in Afghanistan da giugno 2006 ed operante sotto il Controllo operativo (OPCON) del comandante di ISAF.
Essa - composta da unità di Forze speciali delle Forze armate (Esercito, Marina, Aeronautica e Carabinieri) e da unità di supporto tattico e logistico - opera, come altre paritetiche task force della NATO e della coalizione, svolgendo attività di supporto rispettivamente alla missione ISAF e alle Forze di sicurezza afgane con le quali pianifica, controlla e conduce le operazioni sul territorio afgano. Essa conduce missioni operative, sempre in supporto alle forze di sicurezza afgane, che hanno una durata variabile in base agli effetti ed obiettivi che si propongono, dalle poche ore a numerosi giorni.
Tutte le attività operative della task force sono in linea con gli ordini e le direttive nazionali e sviluppate da ISAF. In particolare, il processo di pianificazione ed esecuzione delle operazioni è sottoposto a rigorose procedure di approvazione (fase pianificazione) e successivo controllo (fase condotta), con particolare riferimento all'adozione ed approvazione delle regole di ingaggio improntate e commisurate al principio di «necessità e proporzionalità», nel rispetto dell'ordinamento giuridico nazionale, del diritto internazionale e del diritto dei conflitti armati.
La TF45 è sottoposta alle stesse regole di ingaggio di tutto il contingente nazionale in Afghanistan e dispone dell'armamento di cui sono dotate le Forza speciali e le forze di combat support e combat service support che la compongono, costituito per la quasi totalità da armi portatili individuali e di reparto.
La TF45 pone particolare attenzione in fase di pianificazione e condotta delle attività operative a non causare danni collaterali che coinvolgano la popolazione civile.
L'operato della TF45 ha consentito, in particolare, da luglio 2006 (inizio attività) a ottobre 2010 (mese di riferimento dell'interrogazione), di:

aumentare la sicurezza della regione ovest concorrendo a limitare la libertà di movimento degli insorti, nonché il traffico illegale di armi e sostanze stupefacenti nella regione;

accrescere la preparazione, efficienza ed efficacia delle forze di sicurezza afgane ed in particolare dell'Afghan national army;


affermare la presenza del Governo afghano e di ISAF in aree remote e sensibili della regione ovest spesso totalmente sguarnite di forze di sicurezza afgane;


disarticolare reti di insorti dediti alla posa di ordigni esplosivi lungo le vie di comunicazione ad attacchi contro le forze di sicurezza afgane e della coalizione.
In merito ai soccorsi portati si sottolinea che, nel medesimo periodo di riferimento, la TF45 ha sempre prestato l'adeguato e possibile soccorso medico ad ogni tipo di ferito locale e delle forze della coalizione anche a repentaglio della sicurezza dei propri operatori.
Infine, la TF45 non ha mai proceduto alla cattura e/o all'arresto di personale afgano, essendo questa tipologie di attività condotta dalle forze di sicurezza afgane.
Nel corso delle attività operative condotte dalla TF45 sono deceduti 2 suoi componenti e 15 sono stati feriti.

Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.