ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/08813

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 375 del 29/09/2010
Firmatari
Primo firmatario: BELLANOVA TERESA
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO
Data firma: 29/09/2010


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLA GIUSTIZIA delegato in data 29/09/2010
Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-08813
presentata da
TERESA BELLANOVA
mercoledì 29 settembre 2010, seduta n.375

BELLANOVA. -
Al Ministro della giustizia.
- Per sapere - premesso che:

la Costituzione italiana all'articolo 32 sancisce «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti»;

la Costituzione italiana all'articolo 27 sancisce «Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato»;

la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali all'articolo 3 sancisce «Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti»;

la legge n. 354 del 1975, recante Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della libertà, all'articolo 1, sancisce, fermo restando il principio dell'espiazione della pena, che «Il trattamento penitenziario deve essere conforme ad umanità e deve assicurare il rispetto delle dignità della persona» e deve garantire «un trattamento rieducativo che tenda.. ...al reinserimento sociale degli stessi»;

il 15 luglio 2010 è stato presentato alla Camera dei deputati, a cura delle Associazioni Antigone e A Buon Diritto, un dossier che denunciava palesemente le condizioni disumane degli istituti penitenziari italiani. Le persone detenute risultano essere circa 68.300 a fronte dei 44.600 posti circa effettivamente disponibili. Dall'inizio dell'anno 2010 sarebbero più di 40 i detenuti collocati negli istituti penitenziari italiani che si sono tolti la vita;

una delle situazioni più drammatiche inerente al sovraffollamento si registra nella regione Puglia. La capienza prevista nelle carceri pugliesi è di 2.550 posti circa, ma attualmente i detenuti collocati in queste strutture penitenziarie sono ben 4.600 circa, con un indice di affollamento del 80,9 per cento circa. Questo dato attesta, nella classifica nazionale, la Puglia come seconda regione d'Italia per indice di sovraffollamento, dopo l'Emilia Romagna;

tra gli istituti detentivi pugliesi, la situazione del penitenziario di Borgo San Nicola a Lecce appare a dir poco drammatica, ciò fa si che il penitenziario leccese sia collocato ai primi posti della classifica degli istituti più affollati d'Italia. Questa struttura sembrerebbe essere stata progettata per avere una capienza regolamentare di 550 posti ed una capienza tollerata di 1.100 posti. Ad oggi invece, i detenuti presenti sono 1.449, di cui 1.350 uomini e 99 donne. Di questi 1.449 ben 652 sono persone in attesa di giudizio e 374 sono detenuti stranieri, soprattutto nordafricani, albanesi e rumeni;

i detenuti del suddetto penitenziario sono disposti in celle da 10 metri quadrati circa, in un numero di tre persone per cella. Si sta parlando di persone che certamente devono pagare il proprio debito dinanzi alla giustizia, ma che dovrebbero farlo in condizioni di legalità e dignità. Persone che molto spesso, proprio a causa del sovraffollamento, vengono trasferite da un istituto all'altro ed, in taluni casi, allontanate per centinaia di chilometri dai propri affetti, prescindendo quindi dal principio della territorialità o della residenza del detenuto e della famiglia. Questa situazione, priva, di fatto, i detenuti degli unici punti di sostegno morale e psicologico che possiedono, costringendo anche i familiari degli stessi a sostenere veri e propri viaggi pur di portare conforto al proprio caro;

ci si trova, dunque, dinanzi ad uno scenario serio e multiproblematico i cui effetti non incidono solo sui detenuti, ma toccano inevitabilmente anche tutto il personale addetto alla vigilanza, alla tutela ed al recupero sociale degli stessi detenuti. Il sovraffollamento e le precarie condizioni igienico-sanitarie rappresentano problematiche enormi che acuiscono note già dolenti all'interno di un mondo, quello carcerario, già di per se stesso delicato e complesso;

va inoltre considerata al limite la situazione del personale penitenziario, che risulta sottodimensionato. Nel penitenziario di Lecce, per esempio, gli agenti di polizia penitenziaria in pianta organica sarebbero 763 di cui 756 effettivamente in servizio. Gli operatori sembra siano sottoposti a turni massacranti e costretti a seguire un numero altissimo di detenuti, rischiando, in taluni casi, in prima persona la propria incolumità fisica;

il 13 gennaio 2010 il Consiglio dei ministri dava il via al piano di emergenza per le carceri, asserendo che sarebbero state messe in campo alcune misure fondamentali per contrastare questa situazione disumana vissuta quotidianamente dai detenuti e, di riflesso, da tutti gli operatori degli istituti penitenziari. Si è giunti al 23 settembre 2010 e la situazione, purtroppo, non accenna a migliorare. Paradossalmente si constata, invece, che per effetto dell'inasprimento delle leggi nei confronti degli immigrati, si infoltisce il numero di detenuti con il conseguente aumento dei disagi -:

se il Ministro interrogato, data la gravissima situazione determinatasi, non intenda intervenire quanto prima per porre in essere un piano d'azione concreto che ripristini condizioni di vivibilità ed umanità all'interno degli istituti penitenziari e garantisca agli operatori di svolgere il proprio lavoro in sicurezza e senza assistere quotidianamente allo svilimento della propria funzione professionale. (4-08813)