CAMBURSANO. -
Al Ministro dello sviluppo economico.
- Per sapere - premesso che:
il canavese, parte nord della provincia di Torino - collocata tra la Valle d'Aosta, il biellese, il vercellese, il casalese, il chierese e il torinese - è un'area a forte declino industriale;
la somma dei sei ambiti di analisi (livello di benessere economico, transizione demografica, performance del mercato del lavoro, professionalità, presenza di strutture innovative ambientali e mobilità su gomma), effettuata dalla locale associazione industriale, pone, infatti, il canavese in coda alla classifica;
nella graduatoria nazionale si troverebbe in cinquantaquattresima posizione, mentre fra le province piemontesi la graduatoria vede prima quella del Verbano Cusio Ossola, collocata al 21
o posto, seguita da Cuneo al 29
o, Biella al 35
o, Novara al 37
o, Vercelli al 38
o, Alessandria al 49
o e Asti al 53
o;
restringendo ulteriormente l'area, escludendo l'ambito di integrazione territoriale n. 9 (così come definito dalla regione Piemonte) di Ciriè, la situazione peggiorerebbe ulteriormente;
più precisamente in relazione all'ambito di integrazione territoriale n. 7 di Ivrea, all'ambito di integrazione territoriale n. 8 di Rivarolo Cananavese e all'ambito di integrazione territoriale n. 11 di Chivasso si rileva quanto segue: l'ambito di integrazione territoriale n. 7 comprende ben 66 comuni e conta 111.000 abitanti; l'ambito di integrazione territoriale n. 8 comprende 46 comuni e 92.000 abitanti; l'ambito di integrazione territoriale n. 11 comprende 18 comuni e 68.000 abitanti. L'area in questione totalizza, quindi, 130 comuni, per lo più molto piccoli. Solo Ivrea e Chivasso superano i 20.000 abitanti; Rivarolo, Cuorgnè e Castellamonte superano i 10.000 abitanti;
il 50 per cento della superficie è rappresentata da un territorio al di sopra dei 600 metri sul livello del mare, ma conta meno del 10 per cento della popolazione; il 28 per cento da comuni collinari e con il 46,5 per cento della popolazione (Ivrea compresa con i suoi 24.000 abitanti) e il 22 per cento da comuni di pianura, ma che rappresentano il 43 per cento della popolazione (Chivasso compresa con i suoi 27.000 abitanti). L'intera area conta 271.000 abitanti, distribuiti su una superficie di oltre 1.980 chilometri quadrati, con 20.000 unità locali di lavoro e 80.000 addetti circa, quindi con una media di 4 addetti per ogni unità locale;
nel corso degli anni si è determinata una grave crisi del tessuto industriale che ha interessato sia le grandi imprese, in passato a forte tradizione sul territorio, sia le imprese di livello medio. A tale proposito, infatti, gli stabilimenti Olivetti di Ivrea, Scarmagno, San Bernardo di Ivrea ed Agliè sino al 1987 davano lavoro a 58.000 dipendenti, che scendono a 40.500 nel 1992 e oggi sono 558. A Caluso la ex General electric, poi ex Olivetti, poi ex Honeywell, poi ancora ex Bull e, infine, Compuprint ha chiuso lo stabilimento che dava lavoro ad alcune migliaia di dipendenti. A Chivasso, dopo la chiusura dello stabilimento ex Lancia poi Fiat avvenuta nel 1992, alcune aziende dell'indotto auto furono «obbligate» a trasferire le loro produzioni in quello stabilimento lasciato vuoto, costituendo un apposito consorzio (Pi.chi.), che ben presto, però, sono entrate in crisma loro volta e a ben poco è servito l'avvio di un polo integrato di sviluppo (P.I.S.) promosso dalla città di Chivasso e dalla provincia di Torino, finanziato dalla regione Piemonte a valere sui fondi europei e gestito dalla Chind spa. L'insieme delle due iniziative (Pi.chi e Chind) hanno dato lavoro a 1.500 persone;
nella parte occidentale, che coincide con l'ambito di integrazione territoriale n. 8, le uniche realtà imprenditoriali ancora attive sono quelle del comparto dello «stampaggio a caldo», ma, quella che fino a pochi anni fa veniva definita la «piccola Ruhr» italiana, oggi sta soffrendo la grave crisi del settore e tante piccolissime imprese stanno chiudendo i battenti, per non parlare degli altri settori produttivi che di fatto non esistono più. Non a caso alcuni comuni erano già stati indicati dal decreto del Ministero dello sviluppo economico del 7 dicembre 2007 come «Aree svantaggiate», di cui alle deroghe ex articolo 83, paragrafo 3, lettere a) e c), del Trattato che istituisce la Comunità europea, ammesse agli aiuti di Stato;
in relazione alle problematiche sopra evidenziate, il cui perdurare mette in ginocchio l'intera economia, appare urgente che il Governo sappia definire scelte di politica industriale indispensabili per rilanciare un'area a forte tradizione imprenditoriale e a grande vocazione industriale (informatica, telematica, energetica rinnovabile, meccatronica e auto motive) -:
quali siano gli intendimenti del Governo sugli indirizzi da assumere per il rilancio del canavese e per la riconversione e riqualificazione di una struttura industriale segnata da una crisi complessa e, in particolare, se ritenga idonei gli strumenti per il rilancio di cui all'articolo 23, comma 2, del decreto-legge n. 83 del 2012, che ha previsto la costituzione di un «Fondo per la crescita sostenibile» soprattutto per le aree a rischio di deindustrializzazione, e quelli previsti dalla legge di stabilità per l'anno 2012 (la n. 183 del 2011), che ha esteso, in via sperimentale e fino al 31 dicembre 2013, a tutto il territorio nazionale e non solo al Mezzogiorno le cosiddette «zone a burocrazia zero». (3-02554)