ATTO CAMERA

MOZIONE 1/01126

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 682 del 10/09/2012
Abbinamenti
Atto 1/01118 abbinato in data 10/09/2012
Firmatari
Primo firmatario: NUCARA FRANCESCO
Gruppo: MISTO-REPUBBLICANI-AZIONISTI
Data firma: 10/09/2012
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
OSSORIO GIUSEPPE MISTO-REPUBBLICANI-AZIONISTI 10/09/2012
BRUGGER SIEGFRIED MISTO-MINORANZE LINGUISTICHE 10/09/2012


Stato iter:
26/09/2012
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 10/09/2012
Resoconto OSSORIO GIUSEPPE MISTO-REPUBBLICANI-AZIONISTI
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 10/09/2012
Resoconto MARINI CESARE PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto LARATTA FRANCESCO PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto LO MORO DORIS PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto OLIVERIO NICODEMO NAZZARENO PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto LAGANA' FORTUGNO MARIA GRAZIA PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto VILLECCO CALIPARI ROSA MARIA PARTITO DEMOCRATICO
Fasi iter:

DISCUSSIONE IL 10/09/2012

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 10/09/2012

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 10/09/2012

RITIRATO IL 26/09/2012

CONCLUSO IL 26/09/2012

Atto Camera

Mozione 1-01126
presentata da
FRANCESCO NUCARA
testo di
lunedì 10 settembre 2012, seduta n.682

La Camera,

premesso che:
«La disperazione più grande che possa impadronirsi di una società è il dubbio che essere onesti sia inutile.». Questo pericolo avvertito con lucido realismo da Corrado Alvaro, resta ancora oggi, purtroppo drammaticamente attuale;

la «questione calabrese», nella sua assoluta individualità, è la prova lampante della varietà ed eterogeneità assunte dalla «nuova» questione meridionale, così come chiarito dalla più accorta letteratura specialistica. Esistono specificità non solo di carattere economico, ma anche storico e sociale che fanno della Calabria un caso assolutamente particolare e, si badi, non omogeneo. Esistono, infatti, differenze sostanziali tra le singole sub-regioni geografiche, tali da richiedere interventi differenziati e coerenti con le prospettive e le suscettività dei singoli territori;

la storia e l'evoluzione dei centri della costa jonica settentrionale sono profondamente diverse da quelle conosciute dalle genti del vicino marchesato crotonese; ma anche molto differenti dalla realtà del reggino, ossia dagli assetti e dalle condizioni sociali della costa tirrenica della regione. Eterogeneità e singolarità che, inevitabilmente, si acuiscono nel nesso tra le aree montuose dell'interno e quelle costiere. Non cogliere adeguatamente tali differenziazioni territoriali all'interno dello spazio politico-amministrativo calabrese significa, di fatto, rendere di scarsa efficacia ogni politica tesa ad affrontare, per risolverli, i preoccupanti ritardi che ne assillano le rispettive popolazioni e ostacolano lo stesso sviluppo virtuoso dell'intero Paese nel quadro europeo unitario;

necessitano, ovverosia, interventi diversi e specifici; serve un approccio differente rispetto a quello che caratterizza l'intervento rivolto ad altre regioni del Meridione;

la Calabria conta 2.010.709 abitanti, secondo i dati Istat. La Sicilia conta 5.045.176 abitanti, più del doppio, la Campania 5.835.561, la Puglia 4.090.402. Reggio Calabria, la città calabrese più popolosa, conta appena 186.464 abitanti, unica sopra i centomila, più città media che area metropolitana, nonostante la stretta e funzionale interazione con Messina, sulla sponda sicula. Catanzaro, con i suoi 93.144 abitanti, tende a porsi verso la soglia dei centomila. Tutte le altre città ne restano ben lontane: Lamezia Terme con 71.273 abitanti, Cosenza con 70.044 abitanti, Crotone con 62.182 abitanti, per ricordare le maggiori, mentre nel restante territorio gli ulteriori centri di livello gerarchico superiore si fermano sotto la soglia dei 50 mila abitanti;

nel confronto con le altre regioni del Mezzogiorno la realtà urbana calabrese appare ancora più lontana da assetti capaci di esprimere una solida armatura urbana, efficientemente distribuita sul territorio regionale;

Palermo conta 653.522 abitanti, Catania 290.571 e nessuno degli altri capoluoghi siciliani conta una popolazione inferiore a 60 mila abitanti. Bari ne conta 320.146, Taranto 195.882, mentre nel resto della Puglia, Foggia, Andria, Lecce Barletta, Brindisi, Altamura, Molfetta contano tutte una popolazione superiore ai 60 mila abitanti. Ma esistono molti altri centri, disseminate su tutto il territorio regionale, tra cui Manfredonia, Bisceglie e Trani, con popolazione superiore ai 50 mila abitanti. Napoli, poi, l'antica capitale, sia pur tra tanti problemi insediativi, conta quasi un milione di abitanti, mentre nella regione tante sono le città popolose, con oltre i centomila, e numerosissime sono le città con più di 50 mila abitanti;

basterebbero questi dati per rendere trasparente la particolarità della regione calabrese, tuttora povera di una concreta e solida ossatura insediativa in grado di ordinare, coordinare e promuovere la crescita e lo sviluppo del territorio regionale;

in sostanza, non va dimenticato che il processo di urbanizzazione - che ha caratterizzato l'innovazione indotta dagli effetti diffusivi della rivoluzione francese, segnandone uno dei tratti di maggiore modernità, così come, più in generale, le rivoluzioni borghesi, da cui è scaturito il vento ideale che ha favorito la separazione della campagna e del relativo modello produttivo, dalle dinamiche proprie dei centri urbani - in Calabria inizia in maniera evidente solo nel secondo dopoguerra, cioè, con oltre 150 anni di ritardo, ed avviene, non poteva essere altrimenti, in maniera traumatica e contraddittoria, accompagnato da un consistente flusso migratorio verso i centri urbani esterni alla regione. La conseguenza maggiormente dirompente di questa drammatica storia di marginalità estrema va ricercata nello svuotamento drastico delle campagne, in una regione a forte caratterizzazione agricola, e nella nascita di piccoli centri urbani, del tutto improduttivi, perché carenti di una propria borghesia in grado di contribuire ad un coerente posizionamento competitivo nello scenario moderno;

da ciò scaturisce la rappresentazione di una «geografia urbana» costruita su di una miriade di piccoli centri, spesso confinati, le cui modeste dimensioni si rivelano economicamente insostenibili, anche e sopratutto nell'ottica di una coerente offerta di servizi ai cittadini. Nello stesso tempo, effetto di un malinteso individualismo campanilistico, manca la propensione a creare unioni di comuni. Se ne contano solo una nella provincia di Catanzaro e tre in quella di Cosenza. Resiste, in altri termini, una tendenza al piccolo, al particolare, che non è unicamente dimensionale, bensì culturale, sociale e, quindi, inevitabilmente, geopolitica e geoeconomica;

ulteriore tratto tipico della regione calabrese è il convivere, da secoli oramai, con una dimensione che potrebbe ben definirsi di «passaggio» e di «transizione», cioè di carattere intermedio, compresa a cavallo di due differenti egemonie. Nel regno borbonico, non a caso delle «due sicilie», le capitali erano Napoli e Palermo. Lì erano le grandi dinastie, le famiglie nobiliari; lì erano il cuore del regno e il concreto «centro» della sua direzione politica ed economica. In quelle regioni e città - il centro e il core di una civiltà - sarebbero nati, poi, quei ceti protagonisti delle rivoluzioni borghesi, pur essi stessi rapidamente soffocati dall'immobilismo meridionale. Al margine, vi è, poi, la dimensione di «transizione», propria della regione Calabria, territorio destinato ad un «passaggio» che non lascia spazio a forme aggregative autonome; poli gravitazionali intorno a cui costruire sviluppo autocentrato. Spazio geografico di «transito», giammai di innovazione territoriale virtuosa, realtà perpetuatasi sin da tempi remoti: da quelli della dominazione normanna, poi, molto più di recente, con il «passaggio» dei garibaldini e, infine, qualche anno più tardi, con l'avanzata senza ostacoli delle truppe alleate di liberazione;

una dimensione di «transizione» che deve essere superata, proprio in quanto legata alla stessa confusione della «questione calabrese» con la più generale «questione meridionale», di cui certo è pur parte integrante e, tuttavia, distinta;

la storica carenza di una media borghesia imprenditoriale, prima ancora che industriale, è acuita dall'eterno contrasto tra i piccoli proprietari e i braccianti, dall'incapacità di una classe intermedia capace di compattarsi ed esprimere energie produttive virtuose, tratto questo davvero tipico della storia calabrese degli ultimi secoli, assolutamente determinante anche negli equilibri politici caratteristici del primo periodo repubblicano. Altrettanto interessante sarebbe riflettere sul peso politico e sociale che tuttora riveste nella regione la famiglia; anche ciò potrebbe contribuire ad avvalorare la mancanza di una rete di media imprenditorialità, la cui affermazione ha caratterizzato il processo di modernizzazione non solo in Europa, ma anche in molte altre realtà del nostro Paese;

a confermarlo è un altro dato che traspare dalla considerazione dei caratteri salienti dell'emigrazione calabrese: quel 70 per cento del flusso che, carente di esplicita professionalità, si indirizza nel settore dei servizi (elaborazioni della Svimez su dati Istat);

l'emancipazione economica e produttiva resta l'obiettivo da raggiungere ed ottenere, con il radicamento sul territorio di un solido capitale umano, forte di una media borghesia imprenditoriale autoctona (non di quella piccola, marginale, inadatta a costruire opportunità di sviluppo in ogni direzione). Un più operoso tessuto sociale, forte di competenze professionali e di capacità imprenditoriali, all'interno di un contesto dotato di adeguato capitale sociale, rappresenta l'unico mezzo attraverso cui si potrà conseguire una vera, vitale e persistente emancipazione economica e produttiva;

le leve dello sviluppo, su cui innestare adeguate azioni promozionali, vanno individuate, con puntuale proiezione geopolitica, nelle naturali propensioni dei diversi territori che descrivono l'articolazione regionale della realtà calabrese, con opportuna valorizzazione dei beni ambientali e delle specificità delle tradizioni locali e delle competenze presenti nel sociale;

prioritariamente, il settore turistico è certamente quello su cui più di ogni altro si può investire, al fine di creare un nuovo e duraturo sviluppo del territorio, rinunciando alle trasformazioni massive, di dannoso impatto ambientale e di breve vantaggiosità finanziaria: 780 chilometri di coste, tre massici montuosi che raggiungono i duemila metri, con innevazione naturale e costante per un lungo arco di tempo durante l'anno, sono indubbi «fattori» di eccezionale potenzialità su cui sarà opportuno riflettere circa le convenienze geoeconomiche sostenibili. Parimenti, a completamento di uno scenario di straordinario impatto emotivo, è da includere la presenza di un patrimonio storico e culturale unico nel suo genere, anche per la presenza di tre importanti minoranze linguistiche. Elementi questi che fanno della Calabria una regione dotata di un vasto patrimonio su cui investire con decisione ma con altrettanta attenzione circa le reali proiezioni territoriali;

si tratta di un investimento che è possibile solo, però, a condizione di una rinnovata azione di contrasto alla criminalità organizzata, che sui ritardi e sulla povertà della regione è cresciuta fino a diventare una delle realtà criminali più potenti del mondo. Deve assolutamente essergli sottratto il controllo del territorio. Creare lavoro è fondamentale, ma non può essere un alibi, serve, inutile nasconderlo, in Calabria come in altre regioni del sud Italia, anche un'azione decisa di repressione del fenomeno malavitoso sul territorio, un'offensiva dello Stato capace di considerarsi, su questo fronte, davvero definitivamente in guerra. Se non viene risolto questo problema, qualsiasi forma di investimento nel Meridione d'Italia finirà, comunque, per arricchire le organizzazioni mafiose: in tal caso, l'intervento pubblico non si risolverebbe solo in uno spreco di risorse, bensì, persino, in quello che, ai firmatari del presente atto di indirizzo, pare un involontario «crimine»;

tuttavia, intervenire è indispensabile non concentrando risorse solo nel turismo, perché, com'è evidente, la regione Calabria non può essere destinataria di un'economia monosettoriale, decisamente inadeguata a soddisfare gli equilibri occupazionali e le esigenze della società. Indubbiamente, quello turistico può essere l'architrave su cui reindirizzare e, poi, rilanciare lo sviluppo regionale, investendo adeguate risorse nel settore delle infrastrutture, prima di tutto, in quanto presupposto fondamentale per la mobilità e la più ampia circolazione dei beni, in una regione che di infrastrutture è drammaticamente carente. Serve un piano di investimenti in tale ambito coerente con le reali esigenze del territorio, puntando proprio sulla funzione di «transito», sulla portualità, sull'avanmare e sulle relazioni sia di media distanza, sia di più ampia gittata nel Mediterraneo e, poi, verso l'Atlantico e il Nord Europa. In tale prospettiva, la Calabria può diventare, e tale dovrebbe essere considerata, non solo l'arteria di collegamento verso la Sicilia, ma verso l'intero Mediterraneo: non solo via terra, ma anche e sopratutto via mare. In quest'ottica, i porti di Reggio Calabria e Gioia Tauro rappresentano un patrimonio su cui investire, anche alla luce delle recenti trasformazioni in atto nella quasi totalità del Nord Africa. In questo senso, è bene sottolineare che la Calabria rappresenta una realtà geostrategica di primaria importanza per il nostro Paese e, per estensione, per tutta l'Unione europea;

tuttavia, proprio in termini di opportunità di crescita intersettoriale, le più concrete remore derivano dalla circostanza che la Calabria è la regione meno industrializzata d'Italia, come dimostra il fatto che, con una popolazione che rappresenta poco più del 3 per cento di quella nazionale, il reddito prodotto dalle industrie è di poco superiore all'1 per cento. L'industria di base ha un ruolo assolutamente marginale; le rare aziende (chimiche, meccaniche, metallurgiche) si concentrano in pochissime aree, come Crotone e Vibo Valentia;

diversamente, in questo quadro, l'agricoltura resta un settore fondamentale per l'economia della regione, considerato che, tuttora, il numero degli addetti (16 per cento) è il triplo della media nazionale, pur se, in termini di reddito prodotto, il valore aggiunto conseguito resta molto basso Un settore caratterizzato, del resto, da contraddizioni profonde sul piano del dimensionamento aziendale, dell'impiego di mezzi tecnici, delle scelte colturali, dei processi distributivi e della commercializzazione, che richiedono appropriate politiche, in grado di superare le condizioni di arretratezza che limitano le opportunità di crescita dell'agricoltura calabrese,
impegna il Governo:
ad assumere iniziative, anche di carattere normativo, affinché in Calabria, e non solo, si promuova in tempi rapidi e con decisione, la creazione di unioni di comuni, razionali con le esigenze di governo attuali, necessità questa ancora più evidente alla luce della prossima abolizione delle province;

ad istituire un tavolo di confronto permanente con la regione, le istituzioni locali, i rappresentanti delle realtà datoriali e i principali investitori nel settore del turismo, per delineare un piano di interventi concreti, a partire dalla necessaria formazione e da investimenti finalizzati alla creazione nella regione di un sistema turistico adeguato e competitivo;

a delineare per la regione Calabria una specifica fiscalità di vantaggio, nonché strumenti di sburocratizzazione amministrativa, in particolare per investimenti nel settore turistico, in modo da convogliare verso la regione nuovi investimenti;

a delineare, in accordo con le rappresentanze dei soggetti pubblici e privati coinvolti, gli interventi necessari per adeguare ed ammodernare il sistema infrastrutturale calabrese, rendendolo efficiente e coerente con le esigenze del territorio, in particolare, individuando specifici interventi:

a) per lo sviluppo dell'area portuale della provincia di Reggio Calabria;

b) per il completamento dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria;

c) per il potenziamento e la messa in sicurezza della strada statale 106 Jonica;

d) per il potenziamento e la messa in sicurezza della strada statale 18 tirrenica;

e) per il potenziamento dell'aeroporto dello stretto di Messina, a servizio di due città metropolitane: Reggio Calabria e Messina;

f) per il rafforzamento dell'aeroporto di Crotone;

ad individuare, in considerazione del fatto che attualmente in Calabria ci sono ufficialmente 5.300 posti barca, con un rapporto di 7,2 posti barca per chilometro di costa, nei limiti delle proprie competenze ed in coordinamento con le istituzioni ed i soggetti privati coinvolti, gli strumenti adeguati e gli investimenti necessari al potenziamento dei porti turistici, con particolare attenzione a quelli di Sibari, Tropea e Vibo Valentia, assicurando che l'intervento del Governo sia mirato, in particolare, a garantire la messa in opera di interventi effettivamente necessari ed evitando che vengano messi in campo escamotage per costruire strutture finalizzate ad operazioni di speculazione edilizia che produrrebbero solo nuove colate di cemento sulla costa;

alla luce del fatto che il recupero dei centri storici e il loro mantenimento rappresentano un volano di sviluppo economico dalle enormi potenzialità e che un'azione dello Stato, in tal senso, rappresenterebbe una fonte di valore aggiunto per l'economia dell'intera nazione, a promuovere la riqualificazione dei centri storici, non solo calabresi, e ad assumere iniziative normative, affinché si possa contare su un sistema di incentivi fiscali adeguato a promuovere gli interventi di ristrutturazione e valorizzazione del patrimonio architettonico, storico e culturale, valutando l'opportunità di intervenire sul sistema di detrazioni oggi vigente, affinché queste siano finalizzate, o almeno destinate in via prioritaria, alla valorizzazione del patrimonio artistico e culturale;

ad individuare un piano di interventi straordinari per sostenere il settore agricolo calabrese, focalizzando quelli che possono far acquisire la tendenza alla produzione di alta qualità e alla sua adeguata commercializzazione;

ad intervenire, con ogni mezzo a disposizione e con le iniziative che si riterranno opportune, in coordinamento innanzitutto con la regione Calabria e tutte le istituzioni preposte, per impedire e prevenire nuove speculazioni ed abusivismo edilizio;

ad individuare le iniziative necessarie affinché sul territorio si possa promuovere il radicamento di una realtà imprenditoriale di medie dimensioni e autoctona, in modo da consentire in via prioritaria: l'affermazione di un'industria turistica moderna e adeguata, non più relegata all'iniziativa singola, individuale e sporadica; lo sviluppo delle necessarie infrastrutture, non solo turistiche e ricettive; la creazione di unioni di comuni più coerenti con le necessità organizzative e amministrative nel governo del territorio; un contrasto deciso, fermo e risoluto alla criminalità organizzata sul territorio che possa rendere attrattivi gli investimenti in Calabria; interventi fiscali incentivanti all'investimento.

(1-01126) «Nucara, Ossorio, Brugger».