Atto Camera
Mozione 1-01038
presentata da
ANNA MARGHERITA MIOTTO
testo di
giovedì 17 maggio 2012, seduta n.634
La Camera,
premesso che:
come si rileva dall'ultima relazione del Ministro della salute, sullo stato di attuazione della legge concernente: «Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza», così come prevista dall'articolo 16 della legge 22 maggio 1978, n. 194, trasmessa alla Presidenza della Camera dei deputati in data 4 agosto 2011 e riferita ai dati definitivi del 2009, nonché ai dati preliminari del 2011, si assiste ad una generale stabilizzazione dell'obiezione di coscienza tra i ginecologi e gli anestesisti, dopo un notevole aumento negli ultimi anni;
a livello nazionale, per i ginecologi si è passati dal 58,7 per cento del 2005, al 69,2 per cento del 2006, al 70,5 per cento del 2007, al 71,5 per cento del 2008 e al 70,7 per cento nel 2009; per gli anestesisti, negli stessi anni, dal 45,7 per cento al 51,7 per cento. Per il personale non medico si è osservato un ulteriore incremento, con valori che sono passati dal 38,6 per cento nel 2005 al 44,4 per cento nel 2009. Percentuali superiori all'80 per cento tra i ginecologi si osservano principalmente al sud: 85,2 per cento in Basilicata, 83,9 per cento in Campania, 82,8 per cento in Molise, 81,7 per cento in Sicilia e 81,3 per cento a Bolzano. Anche per gli anestesisti i valori più elevati si osservano al Sud (con un massimo di più del 77 per cento in Molise e Campania, il 75,6 per cento in Sicilia e i più bassi in Toscana (27,7 per cento) e a Trento (31,8 per cento). Per il personale non medico i valori sono più bassi, con un massimo dell'87 per cento in Sicilia e dell'82 per cento in Molise;
si tratta sicuramente di percentuali molto elevate che comportano, come conseguenza, tempi di attesa molto lunghi per l'intervento, che molte volte vanno oltre le due settimane (nel 2009 oltre il 40 per cento delle donne ha dovuto aspettare più di 14 giorni per poter effettuare l'interruzione volontaria di gravidanza) e, in alcuni casi, arrivano anche ad un mese o più (nel 2009 il 15,8 per cento delle donne ha dovuto aspettare oltre tre settimane), con la conseguenza che le donne si rivolgono a strutture estere, all'uso dei farmaci non legali, all'aborto clandestino con grave pregiudizio per la loro salute;
tale situazione ha generato e continua a generare un conflitto difficile da gestire tra il primario diritto della donna, in un percorso che è già di per sé psicologicamente complicato, di accedere a determinati servizi previsti dal servizio sanitario nazionale, al dovere dell'ospedale di garantire quel servizio tutelando prima di tutto la salute della donna e quello del medico di «rivendicare», attraverso l'obiezione di coscienza, una propria libertà morale e religiosa;
nonostante la legge n. 194 del 1978 attribuisca ai consultori familiari pubblici un ruolo fondamentale nell'assistenza alle donne che decidono di ricorrere all'interruzione volontaria di gravidanza, il ricorso al consultorio familiare per la documentazione/certificazione rimane ancora basso (39,4 per cento) e una possibile ragione risiede sicuramente nel fatto che i consultori sono in genere scarsamente integrati con le altre strutture sanitarie,
impegna il Governo:
a tutelare, con tutti gli strumenti possibili, siano essi normativi che economici, all'interno delle strutture del servizio sanitario nazionale il diritto delle donne all'interruzione volontaria di gravidanza, nei modi e nei tempi stabiliti dalla legge n. 194 del 1978, garantendo, nel contempo, il diritto dell'obiezione di coscienza dei medici così come previsto dall'articolo 9 della legge medesima;
a promuovere un potenziamento della presenza sul territorio nazionale dei consultori familiari quale struttura socio-sanitaria in grado di aiutare la donna nella sua difficile scelta e strumento essenziale per le politiche di prevenzione e di promozione della maternità/paternità libera e consapevole, nonché servizio essenziale per l'attivazione del percorso per l'interruzione volontaria di gravidanza;
a promuovere, d'intesa con le autorità scolastiche, attività di informazione ed educazione alla salute nelle scuole, con particolare riferimento alle problematiche connesse alla tutela della salute sessuale e riproduttiva.
(1-01038) «Miotto, Argentin, Bucchino, Burtone, D'Incecco, Grassi, Lenzi, Murer, Sbrollini, Livia Turco, Pedoto, Fontanelli, Codurelli».