CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 21 febbraio 2013
779.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (I e XI)
COMUNICATO
Pag. 3

ATTI DEL GOVERNO

  Giovedì 21 febbraio 2013. — Presidenza del presidente della XI Commissione Silvano MOFFA. – Interviene il ministro per la pubblica amministrazione e per la semplificazione, Filippo Patroni Griffi.

  La seduta comincia alle 10.45.

Sui lavori delle Commissioni.

  Silvano MOFFA, presidente, fa presente che le Commissioni riunite sono state oggi convocate per l'esame di due schemi di atti normativi ad esse assegnati, essendo consentita anche dopo lo scioglimento delle Camere – per una prassi costantemente seguita nei periodi di prorogatio dei due rami del Parlamento – l'espressione di pareri parlamentari su atti del Governo (quali nomine, schemi di decreti e atti normativi o regolamentari), ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del Regolamento.
  In tal senso, evidenzia come la convocazione odierna – ai fini dell'esame di atti che sono stati trasmessi dal Governo alle Camere e conseguentemente assegnati, lo scorso 18 febbraio, alle competenti Commissioni – debba dunque essere inquadrata fra gli adempimenti da ritenersi «dovuti» da parte della presidenza delle Commissioni stesse, in considerazione sia della loro connessione con apposite prescrizioni di legge, sia della loro natura di collaborazione ad una funzione di alta amministrazione, che, soprattutto laddove siano previste precise scadenze, non può subire interruzioni.
  Con riferimento ai citati atti del Governo, peraltro, comunica che sono già stati acquisiti i rilievi sulle conseguenze finanziarie dei predetti provvedimenti, formulati Pag. 4dalla V Commissione ai sensi dell'articolo 96-ter, comma 2, del Regolamento.

  Elisabetta RAMPI (PD), pur non manifestando il suo gruppo una contrarietà di principio rispetto all'avvio dell'esame dei provvedimenti all'ordine del giorno, ritiene auspicabile – vista la particolare delicatezza dei temi in discussione e dell'attuale fase politico-istituzionale – definire al meglio le modalità di svolgimento della seduta odierna, anche al fine di delineare i possibili profili di metodo legati agli schemi di decreto, trasmessi dal Governo al Parlamento nell'imminenza del rinnovo delle Camere.
  A tal fine, prospetta l'opportunità di prevedere l'eventuale svolgimento di un'apposita riunione dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, delle Commissioni riunite, per fare il punto sulle questioni appena poste.

  Silvano MOFFA, presidente, osserva che i presidenti delle Commissioni, d'intesa tra loro, non possono che prendere atto delle considerazioni testé svolte: a tal fine, sospende la seduta, per convocare immediatamente una riunione dell'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, delle Commissioni riunite.

  La seduta, sospesa alle 10.50, è ripresa alle 10.55.

  Silvano MOFFA, presidente, comunica che – nella riunione appena conclusasi – l'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, delle Commissioni riunite ha convenuto di procedere con l'esame degli atti del Governo all'ordine del giorno, anche alla luce della piena disponibilità manifestata dal Governo a tenere in attenta considerazione quanto emergerà dal dibattito che le Commissioni stesse svolgeranno sui predetti provvedimenti.

  Le Commissioni prendono atto.

Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante Regolamento di riordino del sistema di reclutamento e formazione dei dipendenti pubblici e delle scuole pubbliche di formazione.
Atto n. 544.

(Esame e conclusione – Parere favorevole con condizioni).

  Le Commissioni iniziano l'esame del provvedimento in titolo.

  Donato BRUNO, relatore per la I Commissione, osserva che lo schema di regolamento introduce una disciplina innovativa del sistema di reclutamento e formazione dei dirigenti e dei funzionari delle amministrazioni dello Stato e degli enti pubblici non economici e individua forme di collegamento tra le esistenti Scuole pubbliche di formazione, con l'obiettivo di razionalizzare l'allocazione delle risorse e migliorare la qualità delle attività formative.
  Nell'avvertire, quindi, che procederà direttamente all'illustrazione dei primi 11 articoli del provvedimento, rimettendo alle valutazioni del relatore per la XI Commissione la restante parte dello schema di decreto, fa notare che il Titolo I disciplina gli strumenti per la razionalizzazione delle Scuole: l'articolo 1 istituisce il Sistema unico del reclutamento e della formazione pubblica che è composto dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione (SSPA), ridenominata, dal 1o gennaio 2013, Scuola nazionale dell'amministrazione, nonché dall'Istituto diplomatico «Mario Toscano», dalla Scuola superiore dell'economia e delle finanze, dalla Scuola superiore dell'amministrazione dell'interno-SSAI, dal Centro di formazione della difesa e dalla Scuola superiore di statistica e di analisi sociali ed economiche. Rileva che sono escluse dal Sistema le attività di formazione e reclutamento relative ai magistrati, agli avvocati e procuratori dello Stato, al personale militare, alle forze di polizia e ai vigili del fuoco.
  Segnala che, ai sensi dell'articolo 2, gli indirizzi e le attività del Sistema Unico sono definiti da un Comitato, presieduto Pag. 5dal Presidente del Consiglio dei ministri o da un Ministro da lui delegato e composto dagli organi di vertice delle Scuole; al Comitato spettano le funzioni di programmazione delle attività di formazione dei dirigenti e dei funzionari, nonché il coordinamento nell'utilizzo delle risorse umane (personale docente), finanziarie e strumentali (sedi delle Scuole): il Comitato, la cui istituzione non deve comportare nuovi oneri a carico della finanza pubblica, ha sede presso la Scuola nazionale dell'amministrazione, che fornisce il supporto tecnico con le risorse disponibili.
  Sottolinea che il Titolo II del provvedimento introduce nuove disposizioni in materia di reclutamento e formazione, innanzitutto innovando la fase di pianificazione del reclutamento: in base all'articolo 3, il Dipartimento della funzione pubblica elabora entro il 30 aprile di ogni anno il «Piano triennale previsionale di reclutamento di dirigenti e funzionari nelle amministrazioni dello Stato anche ad ordinamento autonomo e negli enti pubblici nazionali», che viene approvato dal Consiglio dei Ministri entro il 30 giugno; il piano si riferisce al triennio decorrente dall'anno successivo a quello di elaborazione; entro il successivo 31 ottobre, sulla base del Piano, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sono stabiliti il numero e la tipologia dei posti da destinare al reclutamento di dirigenti e funzionari tramite corso-concorso selettivo bandito dalla Scuola nazionale di amministrazione, il numero e la tipologia dei posti da destinare al reclutamento diretto da parte delle singole amministrazioni, il numero dei posti destinati al reclutamento del personale della carriera diplomatica, della carriera prefettizia e da assegnare all'albo dei segretari comunali. Osserva, dunque, che sono conseguentemente abrogati i commi 7 e 7-bis dell'articolo 28 del decreto legislativo n. 165 del 2001, che disciplinano la procedura vigente di programmazione del reclutamento dei dirigenti.
  Fa osservare che, attualmente, la programmazione del reclutamento viene svolta in coerenza con la programmazione del fabbisogno di personale delle amministrazioni pubbliche ai sensi dell'articolo 39 della legge 449 del 1997: le amministrazioni comunicano, entro il 30 giugno di ciascun anno, al Dipartimento della funzione pubblica, il numero dei posti che si renderanno vacanti nei propri ruoli dei dirigenti; entro il 31 luglio, il Dipartimento comunica alla Scuola superiore della pubblica amministrazione i posti da coprire mediante corso-concorso; sempre entro il 30 giugno di ciascun anno, le amministrazioni statali e gli enti pubblici non economici comunicano i dati complessivi e riepilogativi relativi ai ruoli, alla dotazione organica, agli incarichi dirigenziali conferiti, nonché alle posizioni di comando, fuori ruolo, aspettativa e mobilità, con indicazione della decorrenza e del termine di scadenza.
  Si sofferma, poi, sull'articolo 4, che riscrive interamente il comma 1-ter dell'articolo 52 del decreto legislativo n. 165 del 2001: nel testo vigente, la disposizione stabilisce che per l'accesso alle posizioni economiche apicali è definita una quota di accesso nel limite del 50 per cento da riservare a un corso-concorso bandito dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione, mentre nel testo modificato si prevede che per l'accesso alle aree funzionali per le quali è richiesto il possesso del diploma di laurea, nonché per l'accesso alla qualifica di funzionario di amministrazione negli enti pubblici di ricerca, si ricorra, in misura non superiore al 50 per cento dei posti disponibili, al corso-concorso bandito dalla Scuola nazionale dell'amministrazione o dalle altre Scuole del Sistema, previa delibera del Comitato di coordinamento del Sistema Unico. Per la restante quota, rimangono ferme le disposizioni di legge speciali. Rileva pertanto che, mentre resta invariata la quota di accessi riservati al corso-concorso, si prevede l'utilizzo dello strumento del corso-concorso per coprire non più soltanto le posizioni economiche apicali di ogni area funzionale, ma tutte le posizioni per le quali è richiesto il diploma di laurea. In secondo luogo, evidenzia che è previsto che il corso-concorso possa Pag. 6essere bandito non solo dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione, come oggi previsto, ma anche dalle altre Scuole del sistema di formazione.
  Per quanto riguarda il reclutamento dei dirigenti, illustra l'articolo 5, che apporta le seguenti modifiche alla disciplina vigente, mediante novella all'articolo 28, commi 3, 4 e 5, del decreto legislativo n. 165 del 2001. In primo luogo, informa che sono ridefiniti i requisiti per l'ammissione al corso-concorso e, in particolare, «i titoli di studio post-universitario rilasciato da istituti universitari italiani o stranieri, ovvero da primarie istituzioni formative pubbliche o private, secondo modalità di riconoscimento disciplinate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri» vengono sostituiti dai soli master di secondo livello conseguito presso università italiane o straniere. Fa notare che, su tale scelta, il Consiglio di Stato, nel proprio parere, suggerisce di aggiungere, in fondo al periodo, la precisazione «dopo la laurea magistrale», in ragione delle incertezza ancora presenti nel mondo accademico sulla portata del titolo «master». In secondo luogo, segnala che non sono più ammessi alla partecipazione ai corsi-concorsi i dipendenti di strutture private e che il periodo di formazione, comprensivo di un periodo di applicazione presso singole amministrazioni, è ridotto da 18 a 12 mesi con conseguenti economie di spesa. Al contempo, sottolinea che è soppressa la disposizione che prevede la sottoposizione dei candidati ad un esame-concorso finale e viene fissato al limite massimo del 50 per cento il numero dei posti disponibili di dirigente da coprire tramite il corso-concorso bandito dalla Scuola nazionale, che sino ad oggi è individuato con un limite minimo non inferiore al 30 per cento; anche per quanto concerne la formazione, sono previsti obblighi di programmazione e coordinamento.
  Pone in evidenza come, ai sensi dell'articolo 6, le amministrazioni siano tenute ad adottare, entro il 30 giugno di ogni anno, un Piano triennale di formazione del personale, da trasmettere al Comitato che provvede a redigere il «Programma triennale delle attività di formazione dei dipendenti pubblici», secondo il criterio della programmazione a scorrimento entro il 31 ottobre di ogni anno: le scuole erogano l'attività formativa di competenza in conformità con quanto stabilito dal Programma; conseguentemente, è prevista l'abrogazione dell'articolo 7-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001, che disciplina la formazione del personale, prevedendo l'obbligo di predisposizione annuale di un piano di formazione del personale per tutte le amministrazioni di riferimento. Inoltre, prende atto che solo per le amministrazioni dello Stato e gli enti pubblici non economici è stabilito l'obbligo di trasmettere il piano alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e al Ministero dell'economia e delle finanze.
  Si sofferma, quindi, sull'articolo 7 dello schema, che obbliga le Scuole a concedere l'utilizzo gratuito delle proprie strutture anche per lo svolgimento di corsi organizzati altre scuole pubbliche o da amministrazioni diverse da quella di appartenenza, nonché sull'articolo 8, che stabilisce che i corsi e le attività inseriti nel Programma triennale, destinati alle amministrazioni statali e agli enti pubblici non economici, di regola non comportano costi a carico di tali enti amministrazioni ed enti; in aggiunta possono essere previste attività a spese delle amministrazioni richiedenti.
  Osserva che l'articolo 9 riconosce alle Scuole del Sistema, sulla base dell'attività di coordinamento svolta dal Comitato, la possibilità di stipulare convenzioni con gli enti territoriali sia per lo svolgimento di attività formative, sia per il reclutamento dei rispettivi dirigenti e funzionari; in tale ambito, può essere prevista l'organizzazione di attività ad hoc, ovvero l'adesione ad attività previste nell'ambito dei Piani del Sistema Unico. Gli oneri derivanti dalle convenzioni sono a carico degli enti richiedenti.
  Quanto all'articolo 10, osserva che esso stabilisce il principio della priorità dello svolgimento delle attività di formazione di amministrazioni statali ed enti pubblici Pag. 7non economici tramite le Scuole del Sistema unico; è consentito rivolgersi a soggetti terzi, pubblici o privati, previo nulla osta del Comitato richiamato in precedenza e solo in presenza di due concomitanti condizioni: che l'esigenza formativa specifica non possa essere soddisfatta nell'ambito della formazione gratuita prevista dal Programma triennale e che l'offerta del soggetto esterno risulti più conveniente e vantaggiosa delle attività di formazione con oneri a carico degli enti richiedenti inserite nel medesimo Programma.
  Fa rilevare, infine, che l'articolo 11 dispone che le Scuole del Sistema Unico possono definire forme di collaborazione con le università e altri istituti di formazione, sulla base di linee di indirizzo formulate dal Comitato per il coordinamento e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
  Esaurita, quindi, l'illustrazione degli articoli di competenza, intende altresì evidenziare alcuni aspetti problematici, sui quali giudica opportuna una riflessione da parte delle Commissioni riunite.
  Al riguardo, rileva innanzitutto che la modifica al testo di decreti legislativi operata con regolamenti di delegificazione implica un utilizzo dello strumento della delegificazione non rispondente al modello di cui all'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, ai sensi del quale spetta alle leggi della Repubblica che autorizzano l'esercizio della potestà regolamentare del Governo il compito di determinare le norme generali regolatrici della materia e di disporre l'abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari: non si dovrebbe prevedere, quindi, né che sia il regolamento a individuare le norme primarie da abrogare, né tantomeno che il regolamento possa modificare le norme primarie, anche perché questo implica il mantenimento di una disciplina di rango primario in una materia che il legislatore primario ha voluto delegificare.
  Per quanto riguarda, poi, lo strumento del corso-concorso, ritiene che si debba valutare la conformità dell'articolo 4 dello schema in esame con i vincoli dettati dalla norma di autorizzazione: in materia di reclutamento, questa infatti prevede come criterio di delegificazione la «concentrazione in una scuola centrale esistente» (articolo 11, lettera c), del decreto-legge n. 95 del 2012). A fronte di questo indirizzo della legge, fa notare che lo schema di regolamento in esame interviene sulla disciplina del reclutamento mediante corso-concorso in due modi: da una parte, amplia la platea delle posizioni cui è possibile accedere mediante corso-concorso; dall'altra parte, prevede che il corso-concorso possa essere bandito non solo dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione, come oggi previsto, ma anche dalle altre Scuole del sistema di formazione. Tale ultima previsione, peraltro, non appare – a suo giudizio – in linea con la disposizione di cui all'articolo 3, che al comma 2, prevede che il corso-concorso per il reclutamento dei dirigenti e funzionari sia di competenza della sola Scuola nazionale dell'amministrazione.
  Parimenti, invita il Governo a verificare la conformità al criterio di delegificazione della disposizione di cui all'articolo 1, comma 5, che rimanda, per l'adeguamento alle nuove disposizioni della missione, dei compiti e della struttura delle Scuole facenti parti del Sistema unico ai rispettivi ordinamenti, mentre l'articolo 11, comma 1, lettera b), della legge di delegificazione richiede «la precisa individuazione e disciplina delle missioni e dei compiti di ciascuna struttura».
  All'articolo 9, comma 1, osserva come la previsione di convenzioni tra scuole del Sistema unico diverse dalla Scuola nazionale e gli enti territoriali sembri in contrasto con il criterio di cui alla lettera g) dell'articolo 11, che limita la legittimazione alla conclusione delle suddette convenzioni alla sola Scuola centrale; la disposizione di cui al comma 2 menziona la facoltà delle Scuole di stipulare convenzioni anche con soggetti privati, facoltà non prevista dalla norma di delegificazione.
  Giudica, infine, opportuno un approfondimento in ordine all'effettiva portata delle disposizioni contenute nell'articolo Pag. 810, comma 2, e nell'articolo 11, sotto il profilo del reciproco coordinamento: infatti, mentre la prima disposizione consente il ricorso, solo sulla base di specifici presupposti, a soggetti pubblici o privati al fine di acquisire formazione specifica a titolo oneroso, la seconda disposizione consente in via generale l'acquisizione di formazione presso università e altri istituti di formazione senza oneri a carico della finanza pubblica; pertanto, poiché i soggetti indicati nella prima disposizione costituiscono categoria atta a ricomprendere anche quelli indicati nella seconda disposizione, non ritiene chiare le condizioni applicative per quest'ultima disposizione.

  Silvano MOFFA, presidente e relatore per la XI Commissione, nel rinviare alle considerazioni generali già svolte dal relatore per la I Commissione, dichiara l'intenzione di concentrarsi sugli aspetti di più immediato interesse della XI Commissione, segnalando anzitutto l'articolo 12, che tratta specificamente le tipologie di incarichi di docenza presso le strutture del Sistema unico, disciplinando altresì le modalità di conferimento dell'incarico e di trattamento economico dei docenti, in armonia con gli ordinamenti delle singole scuole e nel rispetto delle linee di indirizzo del Comitato di coordinamento delle scuole pubbliche di formazione. Rileva, poi, che l'articolo 13 prevede la possibilità di destinare il docente anche ad attività formative svolte dalle altre scuole pubbliche di formazione. Da ultimo, sottolinea che l'articolo 14, comma 1, reca una norma transitoria che fa salva, per il quinquennio 2010-2014, l'autorizzazione riconosciuta al Ministero degli affari esteri dall'articolo 4, comma 3, del decreto-legge 1o gennaio 2010, n. 1, convertito dalla legge 5 marzo 2010, n. 30, di bandire annualmente, in deroga alle vigenti disposizioni sul blocco delle assunzioni nel pubblico impiego, un concorso di accesso alla carriera diplomatica e ad assumere un contingente annuo non superiore a 35 segretari di legazione in prova. Segnala, infine, che il comma 2 del medesimo articolo 14 fa salve le autorizzazioni, già riconosciute alle amministrazioni, di bandire annualmente concorsi, in deroga alle vigenti disposizioni sul blocco delle assunzioni nel pubblico impiego.
  In conclusione, presenta – d'intesa con il relatore per la I Commissione – una proposta di parere favorevole con condizioni sul provvedimento in esame (vedi allegato 1), che illustra brevemente, auspicando che essa possa costituire una valida base di riflessione per le Commissioni riunite in ordine ai profili problematici appena esposti nelle relazioni introduttive.

  Giuseppe CALDERISI (PdL) chiede chiarimenti rispetto alla proposta di parere presentata dai relatori, nella parte che riguarda la procedura di delegificazione e la possibilità che siano modificate o abrogate norme di rango legislativo con regolamenti di delegificazione. Ritiene, in particolare, che la condizione della proposta di parere contrassegnata con la lettera a) non sia in linea con quanto esposto nella premessa e propone, quindi, di sopprimere quantomeno la seconda parte delle medesima condizione, dove viene prospettata l'abrogazione con regolamento di articoli di rango primario.

  Il ministro Filippo PATRONI GRIFFI fa notare che, secondo i modelli di delegificazione affermatisi e consolidatisi nella prassi giurisprudenziale e dottrinale, è giuridicamente ammissibile una modifica delle norme primarie da parte di una fonte normativa secondaria, laddove quest'ultima intervenga, sulla base della legge di autorizzazione, attraverso una ricostruzione ricognitiva che identifichi espressamente le norme da abrogare, entro precisi limiti di oggetto e nell'ambito di criteri fissati dalla legge. Ritiene, quindi, che non esista un unico modello di delegificazione e che, pertanto, sia pienamente legittimo, sotto il profilo del dettato costituzionale, un regolamento che individui direttamente le norme da considerare abrogate, sulla base dell'intervento autorizzatorio della norma legislativa primaria.

  Giuseppe CALDERISI (PdL), nel premettere di ritenere personalmente poco Pag. 9convincente quanto testé dichiarato dal ministro, rileva come – se le Commissioni ritenessero di accedere a tale interpretazione – dovrebbero quantomeno formulare con maggiore chiarezza la parte della premessa della proposta di parere, così da assicurare una maggiore coerenza rispetto alla condizione in essa contenuta.

  Amalia SCHIRRU (PD) dichiara di non comprendere il motivo per cui il Governo insista nell'adottare in tempi quanto mai rapidi, a Camere ormai sciolte, un provvedimento come quello in esame, considerato che non sembrano sussistere particolari esigenze di urgenza connesse alla funzionalità del sistema di reclutamento e formazione della Pubblica Amministrazione. Ritiene, peraltro, che il testo in esame contenga disposizioni molto delicate, che richiederebbero un adeguato approfondimento in sede parlamentare, al fine di giungere ad un suo sostanziale miglioramento. Esprime, quindi, perplessità sullo schema in titolo, che giudica criticabile sia sotto il profilo della legittimità costituzionale e del rispetto della gerarchia tra le fonti normative, sia dal punto di vista più specifico del merito, dal momento che interviene in materia di reclutamento e formazione dei funzionari e dirigenti pubblici attraverso una centralizzazione delle funzioni, che non prevede alcuna forma di programmazione a livello territoriale.
  Si domanda, in conclusione, se le Commissioni riunite siano realmente nelle condizioni di pronunciarsi sul provvedimento in esame nella seduta odierna, essendo necessario svolgere ulteriori accertamenti di merito, che facciano luce sugli aspetti problematici testé illustrati.

  Silvano MOFFA, presidente e relatore per la XI Commissione, soffermandosi anzitutto sulla questione della tempistica del provvedimento in esame, rileva come il termine per l'adozione dello schema di decreto in titolo fosse, in realtà, già ampiamente scaduto al momento della sua presentazione alle Camere.
  Ricorda altresì che – in relazione ai limiti della delegificazione, evocati in diversi interventi – l'articolo 11, comma 1, del decreto-legge n. 95, contenente l'autorizzazione al regolamento delegificato, reca una specifica disposizione che sembra consentire allo strumento regolamentare di modificare nel merito le norme di rango primario, con ciò rafforzando il principio, prospettato nella prima condizione introdotta nella proposta di parere dei relatori, che invita a trasferire la relativa disciplina dalla fonte primaria al regolamento, conseguentemente disponendo l'abrogazione degli articoli di rango primario il cui contenuto viene delegificato.

  Donato BRUNO, relatore per la I Commissione, ritiene che la proposta di parere dei relatori possa essere opportunamente modificata, per tenere conto delle questioni sinora emerse in ordine ai profili della delegificazione: in particolare, esprime la disponibilità dei relatori a modificare parzialmente la parte premissiva, chiarendo che, di norma, non si dovrebbe prevedere né che sia il regolamento a individuare le norme primarie da abrogare, né tantomeno che il regolamento possa modificare le norme primarie; al contempo, fa presente che gli stessi relatori potrebbero anche semplificare la condizione di cui alla lettera a), nel senso di espungere le parole da «conseguentemente» sino alla fine della lettera medesima.

  Amalia SCHIRRU (PD), pur prendendo atto dei chiarimenti sinora forniti dal ministro e dai relatori, manifesta la propria contrarietà rispetto a un provvedimento di rango normativo secondario che, in assenza di una esplicita indicazione della legislazione primaria, miri direttamente alla novellazione di disposizioni normative vigenti.

  Silvano MOFFA, presidente e relatore per la XI Commissione, ribadisce che la proposta di parere dei relatori – non risultando condivisibile, per l'appunto, che una norma regolamentare possa «novellare» una norma di rango primario – propone esclusivamente di riportare le Pag. 10modifiche di merito alla legislazione vigente (espressamente autorizzate dalla legge di conversione del decreto-legge n. 95) in un ambito di normazione secondaria, consentendo eventualmente allo stesso regolamento di delegificazione di operare la ricognizione delle disposizioni di legge da considerare conseguentemente abrogate.

  Il ministro Filippo PATRONI GRIFFI conferma la disponibilità del Governo ad accogliere un eventuale suggerimento delle Commissioni riunite che si muova nel senso di affidare al regolamento di delegificazione il compito di «abbassare» – conformemente a quanto disposto nella relativa legge di autorizzazione – il rango delle disposizioni di cui allo schema di decreto in esame, modificative di norme di legislazione primaria.

  Mario TASSONE (UdCpTP), nell'apprezzare lo sforzo di chiarificazione del ministro, si dichiara tuttavia non convinto della sua interpretazione della norma: si tratta – a suo avviso – di una forzatura, che potrebbe creare un grave precedente. Su questa base, non ritiene che ci siano, per quanto lo riguarda, le condizioni per esprimere un voto favorevole rispetto alla proposta di parere dei relatori.
  Non comprende, inoltre, l'urgenza di approvare un provvedimento così rilevante in una sola seduta, per di più a Camere sciolte.

  Silvano MOFFA, presidente e relatore per la XI Commissione, intervenendo per una precisazione, ribadisce che il termine per l'adozione dell'atto in esame risultava già scaduto al momento della sua trasmissione alle Camere, con ciò dimostrando come – in qualche misura – non vi fosse una indifferibile esigenza, quanto meno sotto un profilo formale, di acquisire il parere parlamentare sul testo, ferme restando le legittime valutazioni di urgenza politica che il Governo intende, invece, far valere nel caso in questione.

  Mario TASSONE (UdCpTP), pur prendendo atto della precisazione della presidenza, fa notare che difficilmente le Commissioni riunite avrebbero approvato in una sola seduta, in un periodo normale di lavoro parlamentare, il parere di competenza sul provvedimento in titolo.
  Desidera, altresì, sapere dal ministro se siano state ascoltate quelle strutture amministrative e associazioni interessate dallo schema di decreto, che hanno avanzato delle proposte in merito.

  Sesa AMICI (PD) ritiene che una discussione appropriata sui modelli di delegificazione richiederebbe ampi tempi di discussione e di riflessione, anche alla luce di quanto evidenziato negli anni dal Comitato per la legislazione nei propri pareri. Ringrazia, quindi, i presidenti per aver predisposto una proposta di parere che, nelle premesse e nei rilievi, evidenzia alcuni elementi di criticità già preannunciati dal suo gruppo all'inizio della seduta.
  Osserva poi come dal dibattito finora svolto emerga il rischio di lasciare troppo all'interpretazione ciò che attiene alla procedura e agli ambiti della delegificazione e ricorda come da troppo tempo vi sia stato uno «spostamento» di potere dal Parlamento all'Esecutivo. Rileva, pertanto, che il rilievo posto con la condizione di cui alla lettera a) della proposta di parere – che ritiene opportuno mantenere nella sua formulazione originaria – è connesso al fatto che nel testo si richiama espressamente il comma 2 dell'articolo 17 della legge n. 400 del 1988.

  Silvano MOFFA, presidente e relatore per la XI Commissione, nel far notare alle Commissioni riunite – in relazione alle problematiche testé evidenziate – che il Parlamento ha convertito in piena autonomia il decreto-legge n. 95 del 2012, ivi inclusa la più volte richiamata norma di delegificazione che oggi solleva numerose perplessità, invita altresì il ministro Patroni Griffi a chiarire se sullo schema siano stati acquisiti i concerti interministeriali prescritti dalla legge, atteso che lo schema di regolamento presentato per il parere risulta sprovvisto dei concerti previsti dalla norma di autorizzazione.

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  Il ministro Filippo PATRONI GRIFFI fa presente come da circa quindici anni, in base alla propria esperienza, si cerchi di razionalizzare la materia oggi in discussione, senza che finora si sia potuto giungere a conclusione per le elevate resistenze da parte delle diverse amministrazioni.
  Ricorda come la disposizione in discussione del decreto-legge n. 95 del 2012 sia stata oggetto di specifiche modifiche nel corso dell'iter parlamentare di conversione. Si sofferma, quindi, sulle importanti finalità che sono alla base delle disposizioni in esame: in primo luogo, la realizzazione di un coordinamento delle scuole di formazione, su cui finora vi erano state resistenze enormi e che invece, in questa fase particolare, con gli attuali ministri, è stato possibile portare a termine. Fino a questo momento, in particolare da parte del ministero dell'interno e del ministero dell'economia e delle finanze, vi erano state grandi difficoltà a giungere ad un coordinamento.
  Sottolinea, quindi, come la ratio del provvedimento sia quella di pervenire a una razionalizzazione e a un coordinamento delle strutture, affidando alla ex Scuola superiore della pubblica amministrazione, di vocazione più generalista, la funzione di coordinamento, a cui si affiancherebbe un board per le attività di reclutamento e di formazione che, di fronte a situazioni determinate, come ad esempio la necessità di un concorso per professionalità specialistiche, potrà prevedere una deroga alla regola generale.
  Ricorda che è stata, inoltre, elevata la quota per il reclutamento, attraverso la procedura in esame, di dirigenti nonché di funzionari, tenendo conto anche del fatto che essi costituiscono l'ossatura della pubblica amministrazione. Rammenta che, come evidenziato anche nel corso di un colloquio avuto con la direttrice dell'ENA francese, realizzare una concentrazione delle funzioni in questione consente uno scambio di esperienza maggiore ed una gestione meno «individualista» dei concorsi, con risultati complessivi di maggiore serietà.
  Ribadisce, quindi, le finalità di una più marcata razionalizzazione del sistema, nonché di una programmazione più puntuale, legata all'autorizzazione a bandire i concorsi, al fine da evitare il fenomeno – purtroppo ora non raro – di vincitori di concorsi mai assunti, fenomeno conosciuto soprattutto dalla XI Commissione, che ha provato ad intervenire in materia nel corso della legislatura.
  Sottolinea, dunque, come sia – a suo avviso – importante non perdere questa occasione, trattandosi di una riforma attesa da almeno quindici anni, che difficilmente un Governo politico potrà riprendere. Fa presente, infatti, che è stato realizzato un lungo lavoro, sono state sentite direttamente le scuole di formazione ed è stato trovato un punto di convergenza che razionalizza il sistema. Non vorrebbe che queste resistenze amministrative, che è stato possibile superare, riemergessero ora, tanto più che il prossimo Governo potrà comunque, se lo riterrà, modificare il decreto in esame.
  Per quanto concerne le questioni relative alla procedura di delegificazione, rileva come l'articolo 11 del decreto-legge n. 95 del 2012, richiamando l'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, preveda che sia possibile modificare norme di legge, purché in coerenza con l'oggetto e i criteri autorizzativi: tenendo conto di ciò, aveva dunque inteso in termini positivi la proposta di parere presentata dai relatori.
  Ribadisce, infine, l'importanza di giungere all'approvazione definitiva del provvedimento in esame, che consentirà finalmente di porre serie basi per realizzare un miglior funzionamento della Pubblica Amministrazione.

  Silvano MOFFA, presidente e relatore per la XI Commissione, ritiene che, anche alla luce delle considerazioni appena svolte dal ministro, che confermano l'interpretazione originariamente prospettata dai relatori, si possa procedere a una parziale modifica della proposta di parere, introducendo esclusivamente una limitata precisazione in Pag. 12premessa ed evitando di modificare la condizione di cui alla lettera a).
  Pertanto, d'intesa con il relatore per la I Commissione, presenta una nuova versione della proposta di parere favorevole con condizioni (vedi allegato 2), tornando a chiedere al ministro Patroni Griffi di chiarire in modo inequivoco – prima che essa sia posta in votazione – se sul provvedimento in esame siano stati acquisiti i prescritti concerti con gli altri ministri, atteso che l'avvenuto concerto formale tra i diversi dicasteri interessati non risulta in modo evidente dagli atti trasmessi al Parlamento.

  Il ministro Filippo PATRONI GRIFFI, nel dichiarare di condividere la nuova versione della proposta di parere dei relatori, fa presente, riguardo alla previsione del concerto dei ministri competenti, che nel Consiglio di ministri che ha approvato in via preliminare il provvedimento in esame (nonché quello al successivo punto all'ordine del giorno), vi è stata una deliberazione unanime sul testo, in assenza della quale, peraltro, sarebbe stato impossibile trasmettere il testo al Consiglio di Stato e, quindi, alla Camera e al Senato per il prescritto parere.

  Le Commissioni approvano, quindi, la nuova versione della proposta di parere favorevole con condizioni formulata dai relatori.

Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante Regolamento sui corsi-concorso per funzionari e dirigenti pubblici e sulla Scuola nazionale dell'amministrazione.
Atto n. 545.

(Esame e conclusione – Parere favorevole con condizioni).

  Le Commissioni iniziano l'esame del provvedimento in titolo.

  Silvano MOFFA, presidente e relatore, illustrando il provvedimento anche a nome del relatore per la I Commissione, osserva che lo schema di regolamento in esame è volto a dare attuazione all'articolo 11, comma 1, lettera c), del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, il quale prevede di concentrare le funzioni di reclutamento e formazione generica dei dirigenti e dei funzionari delle amministrazioni dello Stato e degli enti pubblici non economici. Pertanto, fa notare che con esso si ridefinisce complessivamente il sistema di reclutamento e formazione di dirigenti e funzionari, con l'obiettivo di: concentrare, snellire e rendere più economiche le procedure concorsuali; garantire l'eccellenza dell'attività formativa generale; strutturare i corsi di formazione in modo da assicurare il più elevato livello di specializzazione professionale degli allievi; subordinare l'assunzione degli allievi al superamento di prove valutative che assicurino l'effettiva selezione dei più meritevoli.
  Segnala, peraltro, che – secondo quanto indicato nella relazione tecnica – il provvedimento nel suo complesso comporta minori spese per il bilancio dello Stato per 3,2 milioni di euro nuovi oneri per 1,9 milioni di euro, con un saldo positivo di 1,3 milioni di euro per ciascun corso-concorso.
  Fatto presente, quindi, che il provvedimento si compone di 5 articoli, segnala innanzitutto l'articolo 1, in materia di concorso di ammissione al corso-concorso per il reclutamento di funzionari, che definisce le modalità di svolgimento del concorso di ammissione al corso-concorso selettivo per il reclutamento dei funzionari. In particolare, osserva che il bando di concorso deve prevedere quale titolo di studio minimo per l'ammissione dei candidati non dipendenti pubblici il possesso della laurea specialistica/magistrale o del diploma di laurea secondo l'ordinamento previgente, mentre i candidati già dipendenti di amministrazioni pubbliche o private possono essere ammessi se muniti almeno di laurea triennale.
  Rileva che l'articolo 2 definisce le modalità di svolgimento del corso-concorso selettivo di formazione per i funzionari; il corso ha una durata complessiva di nove Pag. 13mesi di cui i primi sei di formazione generale presso la Scuola nazionale di amministrazione e le altre Scuole del Sistema unico e i successivi tre mesi (cui accedono gli allievi che superano l'esame conclusivo della fase di formazione iniziale) di formazione specialistica svolta presso le amministrazioni di destinazione degli allievi, utilizzando anche le strutture delle Scuole di riferimento.
  Fa notare che l'articolo 3 dispone in materia di trattamento economico spettante agli allievi: gli allievi già dipendenti pubblici conservano il trattamento erogato dall'amministrazione di appartenenza; agli allievi esterni, invece, viene erogata una borsa di studio dell'importo di 1.000 euro netti; tutti gli emolumenti sopra indicati saranno restituiti dalle amministrazioni di destinazione degli allievi medesimi.
  Fa presente che l'articolo 4 dispone alcune modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 24 settembre 2004, n. 272, recante il Regolamento di disciplina in materia di accesso alla qualifica di dirigente, ai sensi dell'articolo 28, comma 5, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Osserva che, per quanto concerne l'accesso alla dirigenza, si prevede che il rapporto tra dirigenti scelti con concorso da parte delle singole amministrazioni e dirigenti scelti sulla base del corso-concorso della Scuola nazionale dell'amministrazione, attualmente pari al 70 per cento nel primo caso e al 30 per cento nel secondo caso, venga portato al 50 per cento, con incremento, quindi, della quota di dirigenti provenienti dal corso-concorso di quest'ultima; inoltre, per i soli concorsi banditi dalle singole amministrazioni (e non anche per il corso-concorso selettivo di formazione bandito dalla Scuola nazionale dell'amministrazione) si introduce la valutazione di titoli, senza peraltro predefinire alcun criterio ai fini della valutazione medesima. Evidenzia che, per quanto riguarda la formazione delle graduatorie del concorso di ammissione al corso-concorso della Scuola superiore dell'amministrazione, si conferisce un maggiore peso alle prove orali rispetto alle prove scritte, prevedendo che la media dei voti di tutte le prove scritte faccia, a sua volta, media con il voto dell'unica prova orale, diversamente dalla somma dei voti di tutte le prove, come attualmente previsto. Rileva poi che altre modifiche sono volte ad articolare meglio lo svolgimento del corso prevedendo una fase di formazione generale, della durata di otto mesi, svolta dalla Scuola nazionale di amministrazione e una fase di formazione specialistica, della durata di quattro mesi, alla cui organizzazione provvede il Comitato tramite le Scuole di riferimento o, in mancanza, con la Scuola nazionale di amministrazione: evidenzia, quindi, che la durata complessiva si riduce quindi dagli attuali 18 mesi a 12 mesi. Fa notare che viene, inoltre, stabilito in 1.500 euro netti l'importo della borsa di studio per gli allievi non dipendenti pubblici, rilevando che ora viene corrisposto il 70 per cento dello stipendio dei dirigenti, con esclusione della retribuzione legata allo svolgimento delle funzioni, per un ammontare di circa 1.920 euro netti; gli allievi già dipendenti pubblici conservano il trattamento economico fruito presso l'amministrazione di appartenenza.
  Segnala poi che l'articolo 5 dispone una serie di modifiche alla disciplina di organizzazione della Scuola superiore della pubblica amministrazione, di cui al decreto legislativo 1o dicembre 2009, n. 178. Ricorda, per inciso, che l'altro atto del Governo all'esame delle Commissioni nella seduta di oggi cambia il nome della Scuola in quello di «Scuola nazionale dell'amministrazione». Quanto alle modifiche della disciplina di organizzazione, in primo luogo, segnala che tra gli organi della Scuola viene soppresso il Comitato di programmazione, le cui funzioni saranno assorbite dal Comitato per il coordinamento delle scuole pubbliche di formazione, previsto dal provvedimento in esame; viene poi specificato che i responsabili dei settori di attività della Scuola – la cui esistenza è già prevista – siano nominati dal presidente della medesima, mentre viene confermato che la durata Pag. 14degli incarichi in questione è decisa dal presidente per un periodo non superiore a due anni rinnovabili.
  In merito ai docenti non a tempo pieno, precisa che questi possano essere incaricati, oltre che di attività di insegnamento, come già previsto, anche di attività di ricerca: tali docenti incaricati possono essere scelti, oltre che – come già previsto – tra dirigenti di amministrazioni pubbliche, professori o docenti universitari ed esperti di comprovata professionalità anche stranieri, anche tra magistrati ordinari, amministrativi e contabili, avvocati dello Stato e consiglieri parlamentari.
  Rileva che viene previsto, inoltre, che il presidente della Scuola, allo scopo di assicurare la qualità didattica e scientifica nelle materie di rispettiva competenza, possa avvalersi di docenti interni in qualità di coordinatori di area didattico-scientifica; la durata degli incarichi dei coordinatori di area e il relativo compenso sono stabiliti dal presidente della Scuola e il loro numero non può essere superiore a cinque. Osserva che è modificata anche l'organizzazione delle sedi distaccate della Scuola: attualmente si prevede che a ciascuna di tali sedi sia preposto un dirigente e che l'incarico sia conferito dal presidente, sentito il dirigente amministrativo, e che nel caso i compiti di coordinamento occorrenti per il funzionamento di una sede distaccata siano limitati, essi possono essere attribuiti anche ad un funzionario apicale della Scuola, anziché a un dirigente, mentre la nuova disciplina prevede, invece, che a tutte le sedi distaccate sia preposto come responsabile un funzionario apicale in servizio presso la Scuola e che l'incarico sia conferito dal dirigente amministrativo, sentito il presidente.
  Infine, chiarisce che viene soppressa la disposizione in base alla quale il bilancio della Scuola è predisposto dal dirigente amministrativo, deliberato dal Comitato di gestione, su proposta del Presidente, e approvato dal Presidente del Consiglio dei Ministri ovvero su sua delega dal Ministro per la pubblica amministrazione; resta invece fermo che la Scuola provvede all'autonoma gestione delle spese per il proprio funzionamento e per la realizzazione dei progetti didattici da essa gestiti nei limiti delle somme stanziate dal bilancio dello Stato, trasferite dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, e delle entrate che affluiscono direttamente sul conto di tesoreria speciale per l'attività resa in convenzione e con oneri a carico dei committenti.
  Riguardo al descritto articolo 5, rileva che – come osservato anche dal Consiglio di Stato nel suo parere sull'atto in questione, come pure nel parere sull'altro atto all'esame delle Commissioni riunite, quello recante il riordino del sistema di reclutamento e formazione dei dipendenti pubblici e delle scuole pubbliche di formazione (atto n. 544) – la stretta interconnessione tra la materia di cui all'articolo 5 dello schema di regolamento in esame e la materia di cui all'altro citato schema di regolamento avrebbe forse consigliato, per ragioni di ordine nell'uso delle fonti, l'introduzione delle disposizioni di cui a questo articolo 5 nell'altro schema di regolamento, in modo da raggruppare in un unico regolamento almeno le novelle legislative riguardanti la ex Scuola superiore della pubblica amministrazione.
  Intende, altresì, evidenziare in questa sede alcuni, ulteriori, aspetti problematici sui quali appare – a suo avviso – opportuna una attenta riflessione.
  Ritiene che il primo aspetto, sul quale è intervenuto anche il Consiglio di Stato nel proprio parere, attenga al maggior peso che il provvedimento conferisce, nell'ambito del concorso per l'ammissione al corso-concorso della Scuola nazionale dell'amministrazione per il reclutamento dei dirigenti, all'unica prova orale rispetto alle tre prove scritte: tale risultato viene ottenuto prevedendo – diversamente dalla somma dei voti di tutte le prove, come attualmente previsto – che la media dei voti delle prove scritte faccia, a sua volta, media con il voto dell'unica prova orale; per effetto di tale disposizione, l'unica prova orale verrebbe cioè ad acquisire un peso, ai fini della graduatoria finale, pari a quello complessivo delle tre prove scritte. Al riguardo, segnala che si tratterebbe Pag. 15di una innovazione di particolare rilievo nel panorama della normativa in materia concorsuale, tradizionalmente fondata sulla prevalenza delle prove scritte quale strumento privilegiato di accertamento della preparazione tecnica dei candidati. Pertanto, pur ipotizzando che un tale indirizzo corrisponda all'esigenza di una valutazione del candidato che vada al di là della mera preparazione tecnico-teorica, ad esempio con l'obiettivo di valutare l'attitudine all'espletamento di funzioni dirigenziali, ritiene che esso vada in ogni caso esplicitato e reso operativo attraverso altre norme volte ad introdurre gli accorgimenti tecnici necessari per il buon funzionamento della selezione, come la presenza all'interno della commissione giudicatrice di soggetti in possesso delle competenze professionali adeguate per valutazioni di questo tipo, che non possono essere i tradizionali componenti «esperti» delle materie. Inoltre, intorno a una prova orale con questo peso nell'economia del concorso, giudica opportuno immaginare garanzie specifiche volte ad assicurare omogeneità delle valutazioni e successiva verificabilità delle stesse; ad esempio, in assenza degli elaborati documentali prodotti dai candidati nell'ambito di una prova scritta, fa presente che si potrebbe pensare all'introduzione di particolari forme di pubblicità (come la documentazione audio o video delle sedute delle prove orali).
  Osserva poi che un secondo aspetto attiene, per i soli concorsi banditi dalle singole amministrazioni (e non anche per il corso-concorso selettivo di formazione bandito dalla Scuola nazionale dell'amministrazione), all'introduzione della valutazione dei titoli (i concorsi diventerebbero cioè per esami e titoli e non solo per esami). Anche in tale caso, giudica necessario introdurre criteri omogenei per la valutazione dei titoli, al fine di evitare che le P.A. possano trovarsi a godere di una discrezionalità senza limiti e controlli, con il rischio di scelte troppo diversificate tra le varie amministrazioni e di valutazioni irragionevoli o arbitrarie, non rispondenti all'effettivo valore dei titoli medesimi.
  Infine, con riguardo ai titoli per l'ammissione al corso-concorso della Scuola nazionale per il reclutamento dei funzionari, evidenzia una disparità di trattamento tra candidati dipendenti di P.A., per i quali è sufficiente la laurea breve, rispetto ai candidati non dipendenti di P.A, per i quali è invece richiesta la laurea specialistica o magistrale; al riguardo, fa presente che il Consiglio di Stato ha rilevato la necessità di prevedere (richiamando la consolidata giurisprudenza costituzionale in materia di concorsi pubblici) che la minore qualificazione richiesta ai dipendenti pubblici venga compensata dall'esperienza maturata nell'ambito della amministrazione di provenienza o dall'espletamento di funzioni qualificate, con espressa indicazione di un periodo minimo di effettivo svolgimento.
  Alla luce delle considerazioni svolte, presenta – d'intesa con il relatore per la XI Commissione – una proposta di parere favorevole con condizioni sul provvedimento in esame (vedi allegato 3), che illustra sinteticamente.

  Il ministro Filippo PATRONI GRIFFI dichiara di condividere la proposta di parere dei relatori sul provvedimento in esame.

  Nessun altro chiedendo di intervenire, le Commissioni approvano, quindi, la proposta di parere favorevole con condizioni formulata dai relatori.

  La seduta termina alle 12.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  Giovedì 21 febbraio 2013.

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 10.50 alle 10.55.

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