CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 8 settembre 2011
528.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Comitato per la legislazione
COMUNICATO
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ESAME AI SENSI DELL'ARTICOLO 96-BIS, COMMA 1, DEL REGOLAMENTO

Giovedì 8 settembre 2011. - Presidenza del presidente Roberto ZACCARIA. - Interviene il Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Bruno Cesario.

La seduta comincia alle 17.45.

Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, recante ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo. Delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari.
C. 4612 - Governo - Relatore Zaccaria.

(Parere alla V Commissione).
(Esame e conclusione - Parere con condizioni e una raccomandazione).

Il Comitato inizia l'esame del provvedimento in titolo.

Roberto ZACCARIA, relatore, in via preliminare, fa presente che il Comitato, analogamente a quanto già verificatosi nella seduta del 14 luglio scorso, allorché in tempi assai ristretti ed in circostanze eccezionali fu chiamato ad esprimere il parere di competenza sul decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, recante disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria, è oggi chiamato ad esaminare, in tempi altrettanto ristretti, il decreto legge n. 138 del 2011 che, a distanza di poco tempo, reca ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria. In occasione dell'esame del decreto legge n. 98, considerato il contesto politico generale e i tempi riservati all'esame parlamentare, il parere approvato dal Comitato, ancorché presentasse premesse assai articolate, non era tuttavia corredato di specifiche condizioni od osservazioni. La proposta di parere che si accinge oggi ad illustrare reca invece la consueta struttura: premesse e parte dispositiva; a suo avviso, infatti, il precedente del luglio scorso non può essere qui confermato, pena il rischio di aprire la strada all'instaurazione di una vera e propria prassi. Se così fosse, inoltre, il Comitato, tenuto conto dell'eccezionale situazione di crisi internazionale che potrebbe richiedere l'adozione di ulteriori misure, finirebbe per abdicare sostanzialmente al suo ruolo. Pur nella consapevolezza che al parere espresso dal Comitato non potrà essere dato alcun seguito, ribadisce come il ruolo del Comitato debba essere non solo quello di incidere sulla formulazione dei provvedimenti all'esame del Parlamento, ma anche quello di formare

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una giurisprudenza e di consolidare regole e principi validi per il futuro.
Passa quindi ad illustrare la seguente proposta di parere:

«Il Comitato per la legislazione,
esaminato il disegno di legge C. 4612 e rilevato che:

sotto il profilo dell'omogeneità di contenuto:
esso reca un contenuto estremamente ampio e complesso, in quanto incide su numerosi ed eterogenei ambiti normativi, come fisiologicamente accade per i provvedimenti che integrano la manovra finanziaria, e reca misure finalisticamente orientate ad affrontare in modo coordinato ed in termini complessivi, nella presente circostanza di "eccezionale situazione di crisi internazionale e di instabilità dei mercati", un duplice obiettivo economico-finanziario: la stabilizzazione finanziaria e la definizione di misure dirette a favorire lo sviluppo e la competitività del Paese e il sostegno all'occupazione;

sotto il profilo dei rapporti con la normativa vigente:
nel procedere a numerose modifiche della disciplina vigente, il provvedimento in esame, ancorché la gran parte delle disposizioni dallo stesso recate siano formulate in termini di novella, non sempre effettua un adeguato coordinamento con le preesistenti fonti normative, che risultano talvolta oggetto di modifiche non testuali; ciò si riscontra, a mero titolo esemplificativo, all'articolo 1, comma 16, che interviene in maniera non testuale sull'articolo 72, comma 11, del decreto-legge n. 112 del 2008, estendendo al triennio 2012-2014 l'ambito di applicazione della norma - relativa, allo stato, al triennio 2009-2011 - che consente alla pubblica amministrazione di risolvere unilateralmente il rapporto di lavoro con i dipendenti che abbiano compiuto l'anzianità massima contributiva di quaranta anni; all'articolo 1, comma 26-bis, che integra il disposto dell'articolo 78 del decreto-legge n. 112 del 2008, pur premettendo che resta fermo quanto stabilito dal medesimo articolo, "specie in ordine alla titolarità dei rapporti giuridici attivi e passivi nonché alla separatezza dei rispettivi bilanci delle gestioni commissariale e ordinaria"; all'articolo 1, comma 28, che provvede - in maniera non testuale - ad integrare con un esperto designato dal Ministro dell'economia e delle finanze la commissione che - ai sensi dell'articolo 1, comma 3, del decreto-legge n. 98 del 2011 - è incaricata della ricognizione e dell'individuazione della media dei trattamenti economici dei titolari di cariche elettive e dei vertici di enti e istituzioni; all'articolo 1, comma 30, che integra in maniera non testuale il disposto dell'articolo 1, comma 5, del decreto legge n. 98 del 2011 in materia di trattamento economico, progressione di carriera e trattamento pensionistico dei dipendenti pubblici collocati in aspettativa; nonché all'articolo 2, comma 36, che, mediante una norma di carattere ordinamentale, modifica, a decorrere dall'anno 2014, i contenuti del Documento di economia e finanza, senza al contempo modificare la legge di contabilità e finanza pubblica;
il provvedimento introduce inoltre numerose misure di carattere organico che, nell'ambito delle partizioni del testo nelle quali sono inserite, appaiono decontestualizzate, mentre fanno sistema con quelle oggetto di altri provvedimenti, all'interno dei quali dovrebbero essere opportunamente collocate al fine di regolare in modo ordinato ed organico le materie che ne formano oggetto; ciò si riscontra, ad esempio, all'articolo 1, comma 18, che prevede che, in relazione a motivate esigenze organizzative, le pubbliche amministrazioni possono disporre il passaggio ad altro incarico di personale appartenente alla carriera prefettizia ovvero avente qualifica dirigenziale, prima della data di scadenza dell'incarico ricoperto prevista dalla normativa o dal contratto e all'articolo 1, comma 29, che dispone che, qualora sussistano motivate esigenze tecniche, organizzative e produttive, i dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui

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all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 siano tenuti, su richiesta del datore di lavoro, ad effettuare la prestazione lavorativa in luogo e sedi diverse, secondo criteri ed ambiti regolati dalla contrattazione collettiva di comparto: entrambe le succitate disposizioni fanno sistema con le disposizioni recate dal decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, all'interno del quale potrebbero essere opportunamente collocate; ciò si riscontra altresì all'articolo 01, comma 2, che - nel disporre che i disegni di legge collegati alla manovra finanziaria per il triennio 2013-2015, mediante i quali il Governo viene delegato ad attuare le riorganizzazioni di cui al comma 1 del medesimo articolo, siano indicati nell'ambito della risoluzione parlamentare approvativa del Documento di economia e finanza 2012 - reca un contenuto che, da un lato, fa sistema con le disposizioni recate dalla legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196 del 2009), e, dall'altro, sembra confliggere con quanto disposto dall'articolo 10, comma 6, della suddetta legge, che dispone che tali disegni di legge collegati siano indicati in allegato al DEF; analoga constatazione si ravvisa inoltre: all'articolo 2, commi 5-bis e 5-ter, che fanno sistema con la disciplina dei condoni e delle sanatorie di cui alla legge n. 289 del 2002; all'articolo 4 che, nel modificare la normativa sui servizi pubblici locali, non interviene sulla vigente normativa (testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000); all'articolo 13, comma 3, che modifica il regime di incompatibilità dei parlamentari italiani ed europei, senza intervenire sulle leggi relative (rispettivamente legge n. 60 del 1953, che reca disposizioni di carattere generale sulle incompatibilità parlamentari, e legge n. 18 del 1979, sull'elezione dei membri italiani del Parlamento europeo); nonché all'articolo 16 che, nel dettare norme sulle unioni di comuni e sulla composizione dei Consigli comunali, non effettua il necessario coordinamento con le corrispondenti disposizioni di cui al testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali;
il decreto-legge modifica ampiamente - sia in maniera testuale che in maniera indiretta - norme di recente approvazione, quali il decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, mentre, all'articolo 1, comma 10, novella il decreto legislativo n. 68 del 2011, ancorché risulti ancora aperto il termine per l'esercizio della delega integrativa e correttiva del decreto legislativo in questione; tali circostanze, come rilevato già in altre occasioni analoghe, determinano una modalità di produzione legislativa non coerente con le esigenze di stabilità, certezza e semplificazione della legislazione;
il provvedimento, all'articolo 1, comma 21, secondo periodo (in materia di trattamenti pensionistici per il personale del comparto scuola), comma 23 (che prevede l'applicabilità della disciplina vigente prima dell'entrata in vigore del decreto legge per i soggetti che abbiano già maturato i requisiti per il pensionamento) e comma 30 (in materia di collocamento in aspettativa), all'articolo 3, comma 5 (che conferma l'obbligatorietà dell'esame di Stato di cui all'articolo 33, quinto comma, della Costituzione) reca disposizioni che, nel modificare alcuni aspetti dell'ordinamento, precisano che determinate norme o discipline previgenti continuano ad avere efficacia, risultando pertanto meramente ricognitive e del tutto prive di una autonoma portata normativa;
analogamente, priva di una portata normativa autonoma, appare la disposizione di cui al comma 1 dell'articolo 3, che, laddove dispone che Comuni, Province, Regioni e Stato debbano adeguare «i rispettivi ordinamenti al principio secondo cui l'iniziativa e l'attività economica privata sono libere ed è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge» con l'eccezione delle limitazioni a tale principio ivi indicate, riprende il disposto dell'articolo 29, comma 1-bis, del

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decreto-legge n. 98 del 2011, in base al quale "ciò che non sarà espressamente regolamentato sarà libero" e riecheggia i contenuti della novella al primo comma dell'articolo 41 della Costituzione proposta dal disegno di legge costituzionale C. 4144, in base al quale: "L'iniziativa e l'attività economica privata sono libere ed è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge";
il testo reca disposizioni per alcuni versi derogatorie del diritto vigente: ciò si riscontra, in particolare, all'articolo 7, comma 2, laddove si stabilisce che le disposizioni di cui al comma 16 dell'articolo 81 del decreto legge n. 112 del 2008, "in deroga all'articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212, (...) si applicano a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2010" e al comma 3 del medesimo articolo recante una disposizione analoga: tali norme vertenti sulla materia tributaria appaiono implicitamente suscettibili di applicazione con effetti retroattivi, in difformità con il principio affermato dall'articolo 3, comma 1, della legge n. 212 del 2000, recante disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente;

sotto il profilo dell'efficacia temporale delle disposizioni:
il decreto-legge reca una disposizione di interpretazione autentica (si tratta delle disposizioni recate dall'articolo 1-bis, in materia di indennità del personale dell'Amministrazione degli affari esteri nel periodo di servizio all'estero), con riferimento alla quale, appare dubbio il rispetto della prescrizione della circolare sulla formulazione tecnica dei testi legislativi secondo cui "deve risultare comunque chiaro se ci si trovi in presenza di una disposizione di interpretazione autentica ovvero di una disposizione di modifica sostanziale alla quale si vuole dare effetto retroattivo";
il decreto contiene disposizioni di cui si prevede espressamente il carattere transitorio, temporaneo, ovvero adottate in anticipazione o nelle more dell'adozione di ulteriori misure; ciò si riscontra, ad esempio, all'articolo 2, comma 36-bis, che opera "in anticipazione della riforma del sistema fiscale", oggetto del disegno di legge di delega al Governo di cui all'A.C. 4566; all'articolo 6, comma 2, che reca una disciplina transitoria (destinata a produrre la propria efficacia sino al 15 dicembre 2011) e decontestualizzata del Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti "al fine di garantire un adeguato periodo transitorio per consentire la progressiva entrata in operatività" del sistema stesso; nonché all'articolo 13, comma 2, che reca disposizioni "in attesa della revisione costituzionale concernente la riduzione del numero dei parlamentari e della rideterminazione del trattamento economico onnicomprensivo annualmente corrisposto" ai medesimi parlamentari;
il provvedimento, all'articolo 2, comma 1, nel testo modificato nel corso dell'esame al Senato, laddove dispone che "continuano ad applicarsi" le disposizioni riguardanti la decurtazione delle retribuzioni e dei trattamenti pensionistici dei pubblici dipendenti, reca una norma solo apparentemente priva di portata normativa e recante una locuzione incongrua: l'articolo 2, comma 1, del decreto-legge, nella versione approvata dal Consiglio dei ministri, abrogava infatti le disposizioni in questione, con la conseguenza che, nel caso di specie, si configura una reviviscenza di norme attualmente abrogate;

sotto il profilo dei limiti di contenuto dei decreti-legge:
esso, all'articolo 1, commi da 2 a 5, del disegno di legge di conversione contiene, a seguito delle modifiche apportate al provvedimento nel corso dell'esame al Senato, alcune disposizioni di carattere «sostanziale», volte a conferire al Governo una delega per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari; tale circostanza, per costante giurisprudenza del Comitato, integra una violazione del limite posto dall'articolo 15, comma 2, lettera a), della legge n. 400 del 1988, secondo cui il Governo non può,

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mediante decreto-legge, "conferire deleghe legislative ai sensi dell'articolo 76 della Costituzione", interpretandosi il citato limite di contenuto come volto ad impedire che nel testo possano confluire disposizioni che incidano, in via diretta o indiretta, sulle modalità di esercizio di deleghe legislative, anche se già conferite;
il provvedimento, all'articolo 13, comma 2, lettera b), laddove prevede che le Camere "in conformità con quanto previsto dai rispettivi ordinamenti, individuano, entro sessanta giorni dalla data dell'entrata in vigore del presente decreto le modalità più adeguate per correlare l'indennità parlamentare al tasso di partecipazione di ciascun parlamentare ai lavori delle Assemblee, delle Giunte e delle Commissioni" introduce una disposizione che non appare chiaro se si riferisca all'indennità parlamentare di cui all'articolo 1 della legge n. 1261 del 1965 - come sembrerebbe desumersi dal mero tenore letterale della disposizione - ovvero alla diaria di cui all'articolo 2 della medesima legge, determinando, in ogni caso, un problema di coordinamento con la disciplina recata da tale legge; al riguardo, si ricorda che l'indennità parlamentare propriamente detta è espressamente prevista dall'articolo 69 della Costituzione, che ne rimette la regolamentazione alla legge: il ricorso al provvedimento di urgenza governativo per la disciplina di tale materia appare pertanto suscettibile di ingenerare perplessità dal punto di vista dell'appropriatezza della fonte utilizzata, anche con riferimento al profilo dell'autonomia del Parlamento, tenuto, inoltre, conto che, relativamente alla Camera dei deputati, le conseguenze di carattere economico della mancata partecipazione ai lavori parlamentari costituiscono oggetto di una specifica disposizione regolamentare (articolo 48-bis);

sul piano dei rapporti con le fonti di rango costituzionale:
il provvedimento, all'articolo 14, laddove individua parametri cui le Regioni devono adeguare la propria normativa in materia di riduzione del numero dei consiglieri e di assessori regionali (da effettuare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto), di riduzione degli emolumenti percepiti dagli stessi, di commisurazione del trattamento economico all'effettiva partecipazione alle sedute del consiglio, di passaggio al sistema previdenziale contributivo per i consiglieri regionali, di istituzione del Collegio dei revisori dei conti quale organo di vigilanza del Consiglio regionale, reca delle disposizioni di cui appare in qualche caso dubbia la compatibilità con gli articoli 121, 122 e 123 della Costituzione, anche alla luce di quanto statuito dalla Corte costituzionale che, con la recente sentenza n. 188 del 2011, ha ribadito quanto già espresso in precedenti pronunce: in primo luogo che l'articolo 123 della Costituzione prevede "l'esistenza nell'ordinamento regionale ordinario di vere e proprie riserve normative a favore della fonte statutaria rispetto alle competenze del legislatore regionale", e, in secondo luogo, che la determinazione del numero dei membri del Consiglio rientra in tali riserve, in quanto la composizione dell'organo legislativo regionale rappresenta una fondamentale "scelta politica sottesa alla determinazione della 'forma di governo' della Regione" (sentenza n. 3 del 2006);

sul piano dei rapporti con le fonti di rango primario:
il provvedimento, all'articolo 2, comma 1-bis, che introduce per un biennio il così detto contributo di solidarietà sui redditi più alti, dispone che " con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (...) l'efficacia delle disposizioni di cui al presente comma può essere prorogata anche per gli anni successivi al 2013, fino al raggiungimento del pareggio di bilancio" demandando così ad un atto ordinariamente a contenuto politico, il compito di modificare il termine di vigenza di una normativa oggetto di fonte primaria del diritto, secondo una procedura che si discosta da quella prevista dall'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988 per

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i regolamenti di delegificazione, che non offre quindi le medesime garanzie individuate da tale procedura e della quale andrebbe altresì valutata la compatibilità con la riserva di legge prevista dall'articolo 23 della Costituzione in materia tributaria; analogamente, all'articolo 3, comma 11, laddove dispone che singole attività economiche possano essere escluse dall'abrogazione (innominata) delle restrizioni all'accesso e all'esercizio delle medesime prevista dal combinato disposto dei commi 8 e 9, ad opera di un "decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro competente di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto", delinea un procedimento di delegificazione che si discosta da quello delineato dall'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988; tale circostanza si riscontra, infine, all'articolo 1, comma 02, che prevede, limitatamente al quinquennio 2012-2016, che, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro competente, sottoposto al parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili di carattere finanziario, da esprimere nel termine di 15 giorni, siano rimodulate le dotazioni finanziarie di ciascuno stato di previsione del bilancio dello Stato, con possibilità di modificare, conseguentemente, anche autorizzazioni di spesa legislativamente previste;

sul piano dei rapporti tra le fonti primarie e le fonti subordinate:
il decreto-legge, all'articolo 3, comma 3, ove autorizza il Governo ad adottare, entro il 31 dicembre 2012, uno o più regolamenti ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, al fine di individuare l'elenco delle disposizioni abrogate in quanto incompatibili con il principio stabilito al comma 1 dell'articolo 3, in base al quale "è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge", e, al comma 10 del medesimo articolo 3, ove autorizza il Governo ad adottare decreti di delegificazione al fine di individuare restrizioni in materia di accesso ed esercizio delle attività economiche ulteriori rispetto a quelle indicate dal comma 9 del medesimo articolo, reca due autorizzazioni alla delegificazione non formulate in conformità al modello previsto dall'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, in quanto non sono indicate le «norme generali regolatrici della materia» né sono indicate espressamente le norme di rango primario abrogate con effetto dalla data di entrata in vigore dei regolamenti, e tale indicazione, nell'autorizzazione alla delegificazione delineata all'articolo 3, comma 3, è invece demandata agli stessi decreti di delegificazione;
il decreto-legge prevede l'adozione di numerosi decreti del Presidente del Consiglio dei ministri a contenuto normativo (si vedano, a titolo esemplificativo, l'articolo 1, commi 12-ter, lettera e) e 24 e l'articolo 17, comma 1, lettera a)), per la cui emanazione prevede, in un caso, la previa deliberazione del Consiglio dei ministri (articolo 1, comma 24); tale circostanza, come più volte segnalato dal Comitato per la legislazione, non appare coerente con le esigenze di un appropriato utilizzo delle fonti normative, in quanto si demanda ad un atto, ordinariamente a contenuto politico, la definizione di una disciplina che dovrebbe essere oggetto di una fonte secondaria del diritto e, segnatamente, di un regolamento di attuazione nella forma di decreto del Presidente della Repubblica da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 1, lettera b), della legge n. 400 del 1988;
il provvedimento, all'articolo 2, comma 1-bis, demanda ad un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze la determinazione delle modalità tecniche di attuazione delle disposizioni del comma 1, relativo alla decurtazione - oltre determinate soglie - dei redditi dei pubblici dipendenti; a tale proposito, come più volte segnalato dal Comitato per la legislazione,

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si ricorda che la Corte costituzionale, nella sentenza n. 116 del 2006, con riferimento ad un decreto ministeriale del quale si esplicitava la natura non regolamentare lo qualificava come "un atto statale dalla indefinibile natura giuridica";

sul piano della corretta formulazione, del coordinamento interno e della tecnica di redazione del testo:
il provvedimento, all'articolo 3, comma 3 (che dispone: "Sono in ogni caso soppresse, alla scadenza del termine di cui al comma 1, le disposizioni normative statali incompatibili con quanto disposto nel medesimo comma, con conseguente diretta applicazione degli istituti della segnalazione di inizio di attività e dell'autocertificazione con controlli successivi"), all'articolo 3, comma 8 (che dispone: "Le restrizioni in materia di accesso ed esercizio delle attività economiche previste dall'ordinamento vigente sono abrogate quattro mesi dopo l'entrata in vigore del presente decreto") e all'articolo 17, comma 2, secondo periodo, (laddove recita: "È altresì abrogata, o coerentemente modificata, ogni altra norma incompatibile con le disposizioni di cui al presente articolo"), ricorre ad una formula abrogativa esplicita innominata che, ai sensi della circolare sulla formulazione tecnica dei testi legislativi, andrebbe evitata in quanto "superflua, essendo una inutile e, al limite, equivoca ripetizione del principio stabilito, in via generale, sulla abrogazione implicita dall'articolo 15 delle disposizioni sulla legge in generale";
il decreto-legge si caratterizza per la presenza di numerose disposizioni introdotte da una indicazione delle finalità (talvolta molteplici) da esse perseguite; altre disposizioni, anche in connessione con il perseguimento delle finalità indicate, recano norme di carattere programmatico; ciò si riscontra, ad esempio, all'articolo 1, comma 03, in base al quale "Il Governo adotta misure intese a consentire che i provvedimenti attuativi di cui alla legge 4 marzo 2009, n. 15, per ogni anno del triennio producano effettivi risparmi di spesa", e ove si introduce una disposizione che, se fosse priva di una valenza meramente programmatica, si porrebbe in contrasto con quanto previsto dall'articolo 15, comma 2, lettera a), della legge n. 400 del 1988, secondo cui il Governo non può, mediante decreto-legge, "conferire deleghe legislative ai sensi dell'articolo 76 della Costituzione", o comunque interferirebbe con disposizioni di delega, come quelle recate dalla legge n. 15 del 2009; analoghe considerazioni si formulano con riferimento all'articolo 3, comma 5, che impone l'obbligo della riforma - da effettuare mediante provvedimenti legislativi di rango primario - degli ordinamenti professionali entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del decreto, al fine di recepire i principi enunciati nella medesima disposizione; al comma 7, primo periodo, del medesimo articolo 3, che stabilisce che "Le disposizioni vigenti che regolano l'accesso e l'esercizio delle attività economiche devono garantire il principio di libertà di impresa e di garanzia della concorrenza. Le disposizioni relative all'introduzione di restrizioni all'accesso e all'esercizio delle attività economiche devono essere oggetto di interpretazione restrittiva".
infine, il disegno di legge non è corredato della relazione sull'analisi tecnico-normativa (ATN), né è provvisto della relazione sull'analisi di impatto della regolamentazione (AIR), senza che nella relazione di accompagnamento si riferisca in merito all'eventuale esenzione dall'obbligo di redigerla, in difformità dunque da quanto statuito dall'articolo 9 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 170 del 2008;

ritiene che, per la conformità ai parametri stabiliti dall'articolo 16-bis del Regolamento, debbano essere rispettate le seguenti condizioni:

sotto il profilo dell'efficacia del testo per la semplificazione e il riordinamento della legislazione vigente:
all'articolo 1 del disegno di legge di conversione, siano soppresse le disposizioni

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di cui ai commi da 2 a 5 - volte a conferire una delega al Governo in materia di riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari - in quanto non appare corrispondente ad un corretto utilizzo dello specifico strumento normativo rappresentato dal disegno di legge di conversione di un decreto-legge l'inserimento al suo interno di una disposizione di carattere sostanziale, in particolare se recante disposizioni di delega, integrandosi in tal caso, come precisato in premessa, una violazione del limite di contenuto posto dal già citato articolo 15, comma 2, lett. a) della legge n. 400 del 1988;
all'articolo 1, comma 02, all'articolo 2, comma 1-bis, ultimo periodo, e all'articolo 3, comma 11, che demandano, rispettivamente, a un decreto ministeriale e a due decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, la possibilità di incidere su disposizioni di rango primario, sia valutata la congruità degli strumenti normativi in questione rispetto al sistema delle fonti del diritto;
all'articolo 1, commi 12-ter, lettera e) e 24 e all'articolo 17, comma 1, lettera a) - che demandano l'attuazione della normativa da essi recata a decreti del Presidente del Consiglio dei ministri - siano riformulate le disposizioni in questione nel senso di prevedere che le relative modalità attuative siano contenute in regolamenti emanati, entro un termine prestabilito, nella forma di decreti del Presidente della Repubblica di attuazione, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, lettera b), della legge n. 400 del 1988;
all'articolo 2, comma 1-bis, che demanda ad un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze la determinazione delle modalità tecniche di attuazione delle disposizioni del comma 1, relativo alla decurtazione - oltre determinate soglie - dei redditi dei pubblici dipendenti, in termini generali, sia valutata la portata normativa del suddetto adempimento o, quanto meno, tenuto conto anche della sentenza della Corte Costituzionale n. 116 del 2006 richiamata in premessa, sia riformulata l'anzidetta disposizione nel senso di prevedere che la disciplina attuativa sia introdotta da un regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, lettera b), della legge n. 400 del 1988;
all'articolo 2, comma 1, laddove dispone, a seguito delle modifiche ivi introdotte nel corso dell'esame al Senato, che "continuano ad applicarsi" le disposizioni riguardanti la decurtazione delle retribuzioni e dei trattamenti pensionistici dei pubblici dipendenti, sia valutata la congruità della locuzione utilizzata, tenuto conto che l'articolo in questione, nella versione approvata dal Consiglio dei ministri, abrogava le disposizioni in oggetto e che la norma modificata determina una reviviscenza di norme attualmente abrogate;
all'articolo 3, comma 3, ultimo periodo, nonché all'articolo 3, comma 10 - che recano due autorizzazioni alla delegificazione non formulate in conformità al modello previsto dall'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988 - sia verificata la congruità delle due disposizioni autorizzative in questione rispetto al sistema delle fonti ed al modello di delegificazione delineato dalla legge n. 400 del 1988;
all'articolo 13, comma 2, lettera b), laddove prevede che le Camere "in conformità con quanto previsto dai rispettivi ordinamenti, individuano, entro sessanta giorni dalla data dell'entrata in vigore del presente decreto le modalità più adeguate per correlare l'indennità parlamentare al tasso di partecipazione di ciascun parlamentare ai lavori delle Assemblee, delle Giunte e delle Commissioni", sia chiarita la portata normativa di tale disposizione e, in particolare, se essa debba intendersi riferita all'indennità parlamentare di cui all'articolo 1 della legge n. 1261 del 1965 - come sembrerebbe desumersi dal mero tenore letterale della disposizione - ovvero alla diaria di cui all'articolo 2 della medesima legge; di tale disposizione, più in

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generale, sia valutata la congruità, tenuto conto che si interviene mediante decreto legge - con una disposizione che peraltro pone per le Camere un termine a provvedere - su una materia la cui regolamentazione è rimessa dall'articolo 69 della Costituzione alla legge e tenuto conto altresì che le conseguenze economiche della mancata partecipazione ai lavori parlamentari costituiscono oggetto di una specifica disposizione regolamentare (articolo 48-bis);

sotto il profilo della chiarezza e della proprietà della formulazione:
agli articoli 3, commi 3 e 8, nonché all'articolo 17, comma 2, secondo periodo, sia valutata la congruità delle formule abrogative innominate ivi contenute.

Il Comitato formula, altresì, la seguente raccomandazione:

sotto il profilo dell'efficacia del testo per la semplificazione e il riordinamento della legislazione vigente:
abbia cura il legislatore, ogni qualvolta proceda a modificare la disciplina vigente, di effettuare un adeguato coordinamento con le preesistenti fonti normative, evitando, da un lato, di ricorrere a modifiche non testuali della normativa previgente e, dall'altro, in presenza di misure di carattere organico, di collocarle nell'ambito dei provvedimenti vigenti che le disciplinano, al fine di definire in modo ordinato le materie che ne formano oggetto.»

Bruno CESARIO, sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, prende atto della proposta di parere testé illustrata dal Presidente del Comitato.

Doris LO MORO, nel condividere pienamente i contenuti della proposta di parere presentata, intende aderire anche alle considerazioni svolte dal Presidente sull'opportunità di discostarsi dall'impostazione seguita in occasione dell'esame della manovra nel mese di luglio: in tale circostanza, con grande senso di responsabilità, il Comitato si era astenuto, vista l'eccezionalità del contesto economico, finanziario, politico-parlamentare e istituzionale, dal formulare, nel parere espresso, alcuna osservazione o condizione. Ancorché il quadro non sia mutato, ritiene tuttavia necessario che il Comitato formuli specifici rilievi anche in considerazione del fatto che si riscontrano anche in questo caso profili problematici già riscontrati in altri provvedimenti di urgenza del Governo, che manifesta dunque una perdurante tendenza a riproporre nei decreti-legge disposizioni in contrasto con alcuni canoni fondamentali della buona legislazione: di fronte a ciò è necessario che il Parlamento difenda le proprie prerogative utilizzando gli strumenti di cui dispone. Al riguardo, esempio particolarmente calzante è rappresentato dall'introduzione di una norma di delega nel disegno di legge di conversione nel corso dell'esame del provvedimento d'urgenza al Senato. A suo avviso, infatti, ancorché sia condivisibile l'intento di procedere ad una riorganizzazione territoriale degli uffici giudiziari, non può certo condividersi, invece, la scelta di introdurre tali misure nel decreto legge all'esame, risultando esse eterogenee rispetto ai contenuti del provvedimento e, soprattutto introdotte in spregio al disposto dell'articolo 15 della legge n. 400 del 1988.

Lino DUILIO, nel condividere anch'egli sia i contenuti che la «forma» della proposta di parere formulata dal Presidente, ritiene che non si possa derogare alle procedure che presiedono ai lavori del Comitato in ragione dell'emergenza, quando l'emergenza sembra diventare la normalità; considerato che appare plausibile che, in tempi assai ravvicinati, il Parlamento possa essere nuovamente chiamato ad esaminare, in tempi estremamente rapidi, un ulteriore provvedimento volto a fronteggiare l'attuale crisi economica, ritiene corretto quindi che il Comitato non defletta dallo svolgere integralmente le proprie funzioni, secondo i consueti

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moduli. A latere, osserva quindi come appaia improcrastinabile l'avvio di una riflessione sull'adeguatezza degli strumenti della legislazione nell'attuale contesto storico, nel quale la sovranità sembra essersi trasferita altrove e nel quale la stessa tempistica per l'esercizio della sovranità risente di condizionamenti esterni. Se si vuole evitare il rischio di scadere in una dimensione meramente liturgica, si impone una riconsiderazione - da svolgere evidentemente nelle sedi appropriate - degli apparati concettuali che sorreggono anche le valutazioni del Comitato e che, nell'attuale contesto storico-politico, appaiono evidentemente discostarsi dalle concrete condizioni effettive nelle quali gli attori istituzionali operano.

Il Comitato approva la proposta di parere.

La seduta termina alle 18.30.