CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 19 aprile 2011
470.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Politiche dell'Unione europea (XIV)
COMUNICATO
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SEDE CONSULTIVA

Martedì 19 aprile 2011. - Presidenza del vicepresidente Enrico FARINONE.

La seduta comincia alle 15.35.

DL 26/11: Misure urgenti per garantire l'ordinato svolgimento delle assemblee societarie annuali.
C. 4219 Governo.

(Parere alla VI Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Marco MAGGIONI (LNP), relatore, sottolinea che il provvedimento in esame si colloca nel contesto della nota vicenda Parmalat, senza tuttavia affrontare direttamente il tema della disciplina delle offerte pubbliche di acquisto per imprese ritenute di valore strategico in uno Stato membro dell'Unione europea e quello della reciprocità tra tali discipline tra gli Stati membri. Il provvedimento appare infatti volto a delineare una sorta di «normativa-ponte», che ha consentito lo slittamento al mese di giugno dell'assemblea dei soci di Parmalat (così come potrebbe risultare idoneo a far slittare ipoteticamente i termini dell'assemblea di altre imprese interessate da vicende analoghe). Tale normativa-ponte trova peraltro giustificazione nella circostanza che questo è il primo anno di applicazione del decreto legislativo n. 27 del 2010, che ha recepito nell'ordinamento italiano la direttiva 2007/36/CE concernente l'esercizio di alcuni diritti degli azionisti di società quotate. Una soluzione più strutturale al problema è invece contenuta nell'articolo 7

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del decreto-legge n. 34 del 2011 (A.S. 2665), che ha autorizzato la Cassa depositi e prestiti ad assumere partecipazioni in società considerate di rilevante interesse nazionale in termini di strategicità del settore di operatività, livelli occupazionali, entità di fatturato e ricadute per il sistema economico-produttivo del Paese. Il provvedimento è attualmente all'esame del Senato e sarà esaminato da questa Commissione quando lo stesso giungerà alla discussione in questo ramo del Parlamento.
Per quanto concerne quindi il provvedimento, esso consente, all'articolo 1, comma 1, di posticipare i termini per la convocazione dell'assemblea annuale da 120 a 180 giorni dalla chiusura dell'esercizio 2010, anche qualora tale possibilità non sia prevista dallo statuto, per gli emittenti gli emittenti quotati che hanno l'Italia come Stato membro d'origine (ossia quelli di cui all'articolo 154-ter del TUF), investiti dall'obbligo di pubblicare alcune relazioni finanziarie a cadenza periodica (relazione finanziaria annuale, semestrale, resoconto intermedio di gestione).
Il comma 2 dell'articolo 1 consente alle predette società, ove al 27 marzo 2011 (data di entrata in vigore del decreto-legge in commento) abbiano già pubblicato l'avviso di convocazione dell'assemblea annuale, di convocare l'assemblea, in prima o unica convocazione, a nuova data.
Il nuovo avviso dovrà rispettare i termini e le modalità di cui all'articolo 125-bis del TUF.
La nuova convocazione è possibile solo ove non sia decorso, con riferimento all'assemblea originariamente convocata, il termine per l'invio delle comunicazioni che legittimano all'intervento in assemblea e all'esercizio del diritto di voto nelle società italiane con azioni ammesse alla negoziazione nei mercati regolamentati o nei sistemi multilaterali di negoziazione italiani o di altri Paesi dell'Unione europea, con il consenso dell'emittente.
Le disposizioni contemplano poi il caso in cui l'assemblea sia stata convocata anche per la nomina dei componenti degli organi societari. Viene mantenuta, anche per la nuova convocazione, la validità delle liste già depositate presso l'emittente, con facoltà di presentarne di nuove nel rispetto dei termini previsti dalla legge (articolo 147-ter, comma 1-bis del TUF).
La possibilità di rinvio a nuova data è estesa, infine, anche all'assemblea straordinaria convocata con il medesimo avviso.
Per quanto concerne i profili di interesse della Commissione XIV, ricorda che la direttiva 2007/36/CE dell'11 luglio 2007, relativa all'esercizio di alcuni diritti degli azionisti di società quotate, reca disposizioni in materia di informazioni da rendere disponibili agli azionisti prima dell'assemblea, prevedendo, tra l'altro, specifiche disposizioni in merito al procedimento di convocazione assembleare, sotto il profilo dei termini temporali, delle modalità di diffusione dell'avviso di convocazione e del suo contenuto.
La direttiva si applica alle società che hanno la sede legale in uno Stato membro e le cui azioni sono ammesse alla negoziazione su un mercato regolamentato situato o operante all'interno di uno Stato membro. Gli Stati membri possono escludere dall'ambito di applicazione della direttiva alcune tipologie di società, quali gli organismi di investimento collettivo del risparmio e le società cooperative.
Tra le disposizioni previste dalla direttiva si segnalano quelle relative al diritto degli azionisti di presentare proposte di delibera, di iscrivere punti all'ordine del giorno e di porre domande sugli stessi. Gli Stati membri devono anche consentire la partecipazione a distanza alle assemblee con mezzi elettronici mediante i quali venga assicurata la possibilità di esprimere il proprio voto. Vengono dettate disposizioni per disciplinare il voto per delega e per corrispondenza e la possibilità di designare un rappresentante con mezzi elettronici.
La direttiva reca, inoltre, disposizioni relative ai casi in cui l'azionista, persona fisica o giuridica, agisca nel quadro di un'attività professionale per conto di un cliente (voto fiduciario). L'azionista fiduciario

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può esprimere il proprio voto in maniera differenziata a seconda delle istruzioni ricevute dai diversi clienti.
Vengono, infine, dettate regole per la determinazione del risultato della votazione finalizzate a dare la massima evidenza al risultato assembleare.
Per quanto riguarda, in particolare, la convocazione dell'assemblea, l'articolo 5, paragrafo 1, specifica che essa deve essere fatta dalla società interessata deve provvedere non oltre il ventunesimo giorno precedente la data stabilita secondo le modalità definite nel paragrafo 2 del medesimo articolo.
Qualora la società offra agli azionisti la possibilità di votare con mezzi elettronici, l'assemblea degli azionisti può decidere di emettere la convocazione dell'assemblea (purché non si tratti di quella annuale) non oltre il quattordicesimo giorno precedente la data dell'assemblea. La società è tenuta a emettere la convocazione in modo tale da assicurare un accesso rapido e su base non discriminatoria alla medesima.
La direttiva è stata recepita nell'ordinamento nazionale con il decreto legislativo 27 del 2010 che, all'articolo 3, comma 6, provvede - mediante l'inserimento di un nuovo articolo 125-bis nel decreto legislativo 58 del 1998 (TUF) - ad aggiornare i termini di convocazione delle assemblee societarie.
Per quanto riguarda la compatibilità del provvedimento con la normativa europea, non ritiene di segnalare profili contrastanti, posto che la direttiva 2007/36/CE non appare intervenire direttamente sulla disciplina dell'intervallo di tempo che deve intercorrere tra chiusura dell'esercizio e assemblea.
Formula, pertanto, una proposta di parere favorevole.

Nicola FORMICHELLA (PdL) preannuncia il voto favorevole del suo gruppo sulla proposta di parere formulata dal relatore.

Enrico FARINONE, presidente, intervenendo a nome del gruppo del PD, evidenzia come il provvedimento affronti un tema rilevante, ma che ha destato qualche perplessità a livello europeo, e che merita ulteriore approfondimento sia presso la Commissione di merito che nel corso dell'esame in Assemblea. Preannuncia pertanto l'astensione del suo gruppo sulla proposta di parere formulata dal relatore.

Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere formulata dal relatore.

Documento di economia e finanza 2011.
Doc. LVII, n. 4 Governo.

(Parere alla V Commissione).
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Nicola FORMICHELLA (PdL), relatore, ricorda preliminarmente che il nuovo sistema di governance economica dell'UE si è delineato, in seguito all'acuirsi della crisi economica e finanziaria e alla definizione della nuova strategia dell'Unione per la crescita e l'occupazione (Europa 2020), attraverso la combinazione di iniziative, legislative e non legislative, assunte dalle istituzioni dell'UE e dagli Stati membri e riconducibili a sei assi di intervento: 1) un meccanismo per il coordinamento ex ante delle politiche economiche nazionali (c.d. «semestre europeo»), che è già stato avviato, per la prima volta, nel 2011; 2) una più rigorosa applicazione del Patto di stabilità e crescita; 3) l'introduzione, mediante appositi regolamenti, di una sorveglianza sugli squilibri macroeconomici che include anch'essa meccanismi di allerta e di sanzione; 4) l'introduzione di requisiti comuni per i quadri nazionali di bilancio; 5) l'istituzione di un meccanismo permanente per la stabilità finanziaria della zona euro; 6) il patto «europlus», che impegna gli Stati membri dell'area euro e alcuni altri Stati aderenti a porre in essere ulteriori interventi in materia di politica economica.

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L'introduzione, a livello comunitario, di moduli decisionali ed operativi tesi a favorire, nell'ambito del «Semestre europeo», un più intenso coordinamento ex ante delle politiche economiche e di bilancio degli Stati membri della UE ed una più stretta sorveglianza in campo fiscale e macro-economico, nonché la revisione dei contenuti e dei tempi di presentazione dell'Aggiornamento del Programma di Stabilità e del Programma Nazionale di Riforma, hanno indotto il Legislatore a regolamentare in modo nuovo i profili sostanziali e procedurali della normativa contabile nazionale.
Con la recente legge 7 aprile 2011, n. 39 sono state pertanto apportate talune modifiche alla legge di contabilità e finanza pubblica, volte, in via generale, ad assicurare la coerenza della programmazione finanziaria delle amministrazioni pubbliche con le procedure e i criteri stabiliti in sede europea.
A tal fine sono stati rivisitati il ciclo e gli strumenti della programmazione economico-finanziaria, nonché introdotte alcune disposizioni volte a rafforzare la disciplina fiscale in linea con le indicazioni formulate dalle istituzioni comunitarie ai fini della riduzione del deficit e del debito.
Per quanto concerne, segnatamente, il ciclo di bilancio, le recenti modifiche apportate alla legge di contabilità, allineandosi con il nuovo calendario stabilito in sede europea, anticipano alla prima parte dell'anno l'intero processo di programmazione nazionale, fissando al 10 aprile la data di presentazione alle Camere, per le conseguenti deliberazioni parlamentari, del Documento di Economia e Finanza (DEF).
Il DEF diviene dunque il principale strumento della programmazione economico finanziaria, che ricomprende lo schema del Programma di stabilità e lo schema del Programma nazionale di riforma, documenti, questi ultimi, che dovranno essere presentati al Consiglio dell'Unione europea e alla Commissione europea entro il 30 aprile.
Il Documento è articolato in tre sezioni.
La prima sezione espone lo schema del Programma di stabilità, che dovrà contenere tutti gli elementi e le informazioni richiesti dai regolamenti dell'Unione europea e, in particolare, dal nuovo Codice di condotta sull'attuazione del patto di stabilità e crescita, con specifico riferimento agli obiettivi da conseguire per accelerare la riduzione del debito pubblico.
La seconda sezione contiene una serie di dati e informazioni che il Governo era in passato tenuto a fornire nell'ambito della Relazione sull'economia e la finanza pubblica e, in misura minore, nella Decisione di finanza pubblica. In questa sezione è previsto che siano individuate regole generali sull'evoluzione della spesa delle amministrazioni pubbliche, in linea con l'esigenza, evidenziata in sede europea, di individuare forme efficaci di controllo dell'andamento della spesa pubblica, anche attraverso la fissazione di tetti di spesa.
La terza sezione reca, infine, lo schema del Programma Nazionale di riforma (PNR), recante gli elementi e le informazioni previsti dai regolamenti dell'Unione europea e dalle specifiche linee guida per tale Programma.
Il PNR, che costituisce la più rilevante novità del DEF, è un documento strategico che, in coerenza con il Programma di Stabilità, definisce gli interventi da adottare per il raggiungimento degli obiettivi nazionali di crescita, produttività, occupazione e sostenibilità delineati dalla nuova Strategia «Europa 2020».
In allegato al DEF - ovvero alla Nota di aggiornamento del medesimo - sono indicati gli eventuali disegni di legge collegati alla manovra di finanza pubblica, da presentarsi alle Camere entro il mese di gennaio di ogni anno. Ciascun disegno di legge reca disposizioni omogenee per materia, tenendo conto delle competenze delle amministrazioni, e concorre al raggiungimento degli obiettivi programmatici anche attraverso interventi di carattere ordinamentale, organizzatorio ovvero di rilancio e sviluppo dell'economia.

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Al DEF devono, infine, essere allegati, sulla base della nuova legge di contabilità, una serie di documenti, recanti:
a) un'unica relazione di sintesi sugli interventi realizzati nelle aree sottoutilizzate, nell'ambito della quale il Ministro dello sviluppo economico è tenuto a evidenziare il contributo dei fondi nazionali addizionali e i risultati conseguiti, con particolare riguardo alla coesione sociale, alla sostenibilità ambientale, nonché alla ripartizione territoriale degli interventi;
b) il Programma delle infrastrutture strategiche previsto dalla legge obiettivo, nonché lo stato di avanzamento del medesimo programma relativo all'anno precedente, predisposto dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;
c) un documento, predisposto dal Ministro dell'ambiente, relativo allo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra derivanti dagli obblighi internazionali assunti dall'Italia in sede europea e internazionale, e sui relativi indirizzi;
d) un documento recante l'esposizione, con riferimento agli ultimi dati di consuntivo disponibili, delle risorse del bilancio dello Stato destinate alle singole regioni, con separata evidenza delle categorie economiche relative ai trasferimenti correnti e in conto capitale agli enti locali e alle province autonome di Trento e di Bolzano;
e) uno specifico rapporto sullo stato di attuazione della legge di riforma della contabilità e finanza pubblica.

Quanto ai contenuti del DEF, il Documento, nella prima Sezione relativa al Programma di stabilità e crescita, mette in evidenza la ripresa economica mondiale che ha caratterizzato il 2010, nonostante alcuni segnali di rallentamento emersi nell'ultimo scorcio dell'anno. L'economia mondiale è tornata a crescere a ritmi sostenuti, facendo registrare un tasso di crescita del PIL del 4,8 per cento, grazie soprattutto alla consistente ripresa del commercio mondiale che risulta aumentato del 12 per cento in tale anno dopo la sensibile riduzione registrata nel 2009 (-10,7 per cento).
Lo scenario di previsione per il 2011 - riportato nel DEF - prospetta una crescita dell'economia globale del 4,0 per cento ed una espansione del commercio mondiale al 7,1 per cento. Il commercio mondiale è previsto mantenersi su tassi sostanzialmente stabili, in media all'incirca intorno al 7 per cento, per tutto il periodo 2012-2014.
Con riferimento all'economia mondiale, il DEF evidenzia, tuttavia, come la ripresa economica sia stata disomogenea e differenziata (contraddistinta da tassi più elevati nei paesi emergenti) e come persistano, nei paesi più avanzati, elementi di rischio connessi ad un possibile indebolimento della congiuntura legato al graduale venir meno delle eccezionali misure di politica fiscale e monetaria adottate in ambito internazionale negli ultimi due anni. Le economie avanzate potrebbero inoltre risentire della minore crescita dei paesi emergenti, in parte indotta da politiche economiche che iniziano a farsi restrittive.
Anche l'andamento dei prezzi delle materie prime è tornato a crescere in modo significativo soprattutto nei mesi più recenti e ciò a discapito dei paesi importatori, in un quadro geopolitico che presenta elevate tensioni in varie aree.
Il DEF espone quindi il quadro macroeconomico italiano per l'anno in corso e per il triennio 2012-2014, che riflette le incertezze che caratterizzano le prospettive economiche mondiali, determinate dal difficile contesto internazionale e dall'esaurirsi delle politiche di stimolo fiscale e monetario che hanno caratterizzato il trascorso biennio.
Il quadro esposto evidenzia un trend di crescita dell'economia italiana meno favorevole rispetto alle previsioni formulate nella Decisione di finanza pubblica presentata a settembre 2010.
In particolare, per il 2011 il PIL italiano è stimato crescere ad un tasso dell'1,1 per cento (rispetto all'1,3 per cento indicato a settembre).

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Una crescita ancora modesta è indicata anche per gli anni 2012 e 2013, in cui il PIL è previsto, rispettivamente, all'1,3 per cento e all'1,5 per cento rispetto al 2 per cento stimato per entrambi gli anni nella Decisione di settembre.
Nel 2014 la crescita dell'economia italiana si attesterebbe all'1,6 per cento.
Nel complesso, per il periodo post-crisi 2011-2014, si evidenzia un andamento positivo, in un quadro, tuttavia, di crescita lenta.
Per il 2011, gli investimenti fissi lordi sono stimati in crescita dell'1,8 per cento grazie alla dinamica espansiva degli investimenti in macchinari e attrezzature (+2,8 per cento). Gli investimenti in costruzioni, invece, continuano ancora nel 2011 a risentire del ciclo negativo che ha interessato il settore, risultando stazionari. Dopo i primi segnali di recupero emersi nel primo semestre del 2010, infatti, sia la produzione nel settore delle costruzioni che le transazioni nel comparto residenziale hanno subito una battuta d'arresto.
Nel triennio successivo, gli investimenti in macchinari sono previsti ulteriormente in crescita, in media del 3,8 per cento. Anche gli investimenti in costruzioni riprenderebbero a crescere a partire dal 2012, in media nel triennio dell'1,5 per cento.
Anche i consumi finali sono complessivamente previsti in aumento nel periodo considerato, sebbene in misura moderata, dallo 0,8 per cento nel 2011 fino all'1,3 per cento nel 2014. Sulla ripresa dei consumi privati pesa comunque, come evidenziato nel DEF, il recupero ancora graduale e moderato dell'occupazione.
Gli scambi con l'estero mostrano segnali di ripresa. In particolare, le esportazioni sono stimate in crescita del 4,8 per cento nel 2011, nonostante il rallentamento, nel breve periodo, della domanda estera e l'apprezzamento dell'euro. La crescita delle esportazioni si manterrebbe ad un livello medio del 4,5 per cento anche nel triennio successivo.
Per quanto concerne l'occupazione, il Documento conferma come nel 2010 la crisi abbia continuato ad influire negativamente sul mercato del lavoro, nonostante i dati italiani risultino migliori della media europea.
Nel 2010, in media d'anno, l'occupazione calcolata in termini di unità di lavoro standard (ULA), ha registrato una contrazione pari a -0,7 per cento. Il tasso di disoccupazione si è collocato all'8,4 per cento.
Per il 2011 e per gli anni successivi, le stime del Governo mostrano un moderato recupero. L'occupazione tornerebbe finalmente a crescere dello 0,5 per cento nel 2011, sebbene ad valore più basso rispetto alle previsioni formulate nella DFP di settembre (0,7 per cento). La crescita dell'occupazione, pur mantenendosi sostanzialmente su livelli di miglioramento modesti, si attesterebbe allo 0,6 per cento nel 2012 fino ad aumentare di un ulteriore decimo di punto nel 2014 (0,7 per cento). In presenza di una lieve ripresa dell'offerta di lavoro, il tasso di disoccupazione è stimato stabile all'8,4 per cento nel 2011, per poi ridursi gradualmente fino al 2014 (8,1 per cento).
La stima del DEF del tasso di disoccupazione per l'anno in corso è ad un livello lievemente migliore di quello prospettato dal Governo a settembre 2010 (8,7 per cento).
Relativamente al costo del lavoro per unità di prodotto (CLUP), misurato in termini di rapporto sul PIL, esso è risultato stazionario nel 2010 rispetto all'anno 2009, per effetto della moderazione salariale e del recupero della produttività del lavoro. I tassi di crescita del CLUP resterebbero moderati per il periodo considerato, passando dallo 0,7 per cento nel 2011 allo 0,9 per cento nel 2014.
Quanto all'inflazione, il deflatore del PIL - cresciuto nel 2010 dello 0,6 per cento - è stimato in crescita nell'anno in corso all'1,8 per cento. Per quanto riguarda l'indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) Il Governo stima che esso, valutato al netto dei prodotti energetici, si attesti nel 2011 al 2 per cento (rispetto all'1,3 per cento del 2010).
Le stime di crescita per l'anno 2011 e le previsioni per l'anno 2012 dell'economa

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italiana, risultano in linea con le previsioni aggiornate presentate nei recenti rapporti della Commissione europea (Interim forecast - febbraio 2011) e del Fondo Monetario Internazionale (Word economic outlook - aprile 2011).
Conformemente a quanto previsto dalla disciplina di contabilità nazionale (articolo 10, comma 5, lettera b), legge n. 196/2009, come sostituito dall'articolo 2 della legge n. 39/2011), nello schema di Piano Nazionale di Riforma è contenuta l'analisi degli squilibri macroeconomici e dei fattori di natura macroeconomica che incidono sulla competitività del paese.
Seguendo l'approccio delineato a livello comunitario, l'analisi governativa opera una distinzione tra gli indicatori di squilibri macroeconomici di tipo esterno e gli indicatori di squilibri macroeconomici di tipo interno.
Quanto ai primi, viene esaminata la posizione del Paese nelle transazioni internazionali, in primis il saldo delle partite correnti della bilancia dei pagamenti e la consistenza di attività finanziarie nette sull'estero. Nel Documento si osserva che dalla fine degli anni '90, gli squilibri a livello globale della bilancia di parte corrente si sono ampliati. L'entità degli squilibri commerciali si è attenuata durante la crisi finanziaria, ma non sono stati rimossi i fattori sottostanti.
Per l'Italia il deterioramento del saldo delle partite correnti a partire dal 1999 sarebbe attribuibile in larga parte alle importazioni energetiche. In particolare, tale saldo è passato da -0,5 per cento del PIL nell'anno 2000 a -3,5 per cento del PIL nel 2010. La posizione patrimoniale netta dell'Italia sull'estero (net financial assets) non sembrerebbe comunque configurare elementi di insostenibilità, presentando valori sostanzialmente stabili dal 2005.
La competitività internazionale del Paese è poi analizzata attraverso vari indicatori: in primo luogo, l'andamento del tasso di cambio effettivo reale, indicatore che consente di valutare se in un Paese si registrino guadagni o perdite di competitività dei propri prodotti verso i principali partner commerciali. In Italia, il tasso di cambio effettivo reale rileva una perdita di competitività a partire dall'inizio dello scorso decennio, soprattutto se valutato sulla base del costo unitario del lavoro o sull'indice dei prezzi all'esportazione. L'andamento del costo del lavoro per unità di prodotto (CLUP) viene individuato come il fattore che ha inciso in maniera negativa sulla competitività internazionale dell'Italia.
Nel 2010 si è registrato un incremento del CLUP rispetto al valore di tre anni prima pari al 9,1 per cento, cioè un ritmo di crescita di poco superiore a quello ritenuto in sede europea segnaletico di una situazione di squilibrio di fondo (9 per cento dell'area dell'euro).
Altro fattore esaminato è la dinamica delle esportazioni, rispetto alla quale l'economia italiana registra un indebolimento a partire dalla metà degli anni novanta. Relativamente al 2010, nei primi dieci mesi dell'anno la variazione della quota di mercato dell'Italia sul mercato mondiale (a prezzi correnti) ha subito una riduzione di circa il 17 per cento rispetto al livello di cinque anni prima, passando dal 3,6 per cento del 2005 al 3,0 per cento.
L'insoddisfacente andamento della componente estera costituisce un elemento in cui si manifestano alcuni dei problemi di problemi di competitività esterna delle imprese italiane. Tale calo comunque è più pronunciato se si considerano le esportazioni in volume piuttosto che quelle in valore, aspetto questo, segnala il Documento, che potrebbe indicare un accrescimento della qualità dei prodotti.
Relativamente all'analisi dei possibili fattori di squilibrio interno, il Documento analizza, anche alla luce della recente crisi finanziaria, l'andamento del debito nelle sue varie dimensioni all'interno del Paese e le dinamiche del mercato immobiliare, in particolare l'evoluzione dei prezzi delle abitazioni.
In Italia, la crescita dei prezzi delle case che si registra dal 2000, pur sostenuta, è stata inferiore rispetto a quella di

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altri paesi europei. Di conseguenza, anche l'aggiustamento successivo alla crisi è stato di entità più contenuta.
Riguardo all'esposizione debitoria del settore privato, la contenuta propensione all'indebitamento delle famiglie e delle imprese non finanziarie ha consentito all'Italia di continuare a registrare - anche nel 2009 - livelli di debito del settore privato più contenuti rispetto alla media dei paesi europei.
In particolare, il debito delle famiglie italiane è risultato pari al 44,4 per cento - rispetto ad una media europea dell'82,3 per cento - e quello delle imprese non finanziarie è risultato pari all'83,8 per cento, rispetto ad una media europea del 120,8 per cento.
In generale, l'Italia risulta tra i paesi meno indebitati nonostante l'elevato debito della Pubblica Amministrazione, pari nel 2010 al 119 per cento del PIL.
Inoltre, relativamente al sistema bancario italiano - caratterizzato da una specializzazione in attività di tipo tradizionale e da un ampio radicamento sul territorio e da uno stretto rapporto banca-cliente - il Documento rileva come la vigilanza prudenziale appare più severa che negli altri Paesi e il quadro regolamentare ben articolato.
Un ulteriore fattore di squilibrio è, infine, costituito dal ritardo strutturale delle regioni meridionali, il cui Pil pro capite è pari al 59 per cento di quello delle regioni centro settentrionali. Nonostante una riduzione del divario negli anni recenti, alcuni nodi strutturali del Paese sono particolarmente accentuati nel Sud (basso tasso di occupazione, insoddisfacente produttività), benché, osserva il DEF, nel periodo 2010-2014 un maggior flusso di investimenti nelle aree svantaggiate possa incidere positivamente su tale situazione.
Il Documento di economia e finanza espone il quadro aggiornato di finanza pubblica per il periodo 2011-2014, elaborato sulla base delle risultanze dell'anno 2010, del nuovo quadro macroeconomico e degli effetti finanziari derivanti sia dalla manovra di finanza pubblica operata con il decreto-legge n. 78 del 2010 che dagli ulteriori provvedimenti legislativi approvati fino a marzo 2011, compreso il decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 relativo al Federalismo fiscale municipale.
Secondo quanto riportato nel Documento - Sezione I: Programma di stabilità dell'Italia - le misure adottate, nel complesso, consentirebbero il rispetto degli obiettivi programmatici, concordati in sede europea, e contenuti nella Decisione di finanza pubblica del settembre scorso sia per il 2011 che per il 2012. Nel 2012, inoltre, primo anno considerato nel Programma di stabilità, l'indebitamento netto scenderebbe sotto la soglia del valore di riferimento del 3 per cento, assestandosi al -2,7 per cento.
Il percorso di consolidamento proseguirebbe negli anni successivi. Il Documento prevede, con riferimento agli anni 2013 e 2014, una manovra correttiva pari, in termini cumulati, a circa 2,3 punti percentuali di PIL, necessaria a ricondurre il valore dell'indebitamento netto a -0,2 per cento nel 2014 al fine di realizzare la convergenza verso il «close to balance» e mantenere in tal modo gli impegni assunti in sede europea.
Con riferimento all'andamento degli altri saldi di finanza pubblica e alle principali voci del Conto economico della PA, il DEF fornisce - nella Sezione II: Analisi e tendenze della finanza pubblica - i consuntivi 2010 e le stime dei nuovi tendenziali a legislazione vigente per gli anni 2011-2014.
In linea con quanto previsto dalla legge di contabilità, i quadri tendenziali di finanza pubblica sono esposti anche con riferimento ai singoli sottosettori della pubblica amministrazione.
Il quadro programmatico degli obiettivi per gli anni 2011-2014 è invece esposto nel Programma di stabilità, contenuto nella Sezione I.
Per il 2011 l'indebitamento netto delle Pubbliche Amministrazioni viene stimato pari al -3,9 per cento del PIL.
Il valore dell'indebitamento netto stimato per il 2011 risulta da un miglioramento del saldo primario di circa 1 punto

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percentuale di PIL rispetto al 2010. Il saldo passa da un valore negativo di -0,1 per cento del PIL nel 2010 ad un valore positivo di 0,9 per cento.
Nel 2011, la spesa per interessi, invece, è prevista in aumento dal 4,5 per cento nel 2010 al 4,8 per cento del PIL, in relazione ad una dinamica dei tassi meno favorevole rispetto alla DFP di settembre.
Pur confermandosi il valore dell'indebitamento netto al -3,9 per cento in rapporto al PIL, in valori assoluti, il confronto tra le stime per il 2011 fornite nella DFP e quelle contenute nell'attuale DEF evidenziano un deficit inferiore di circa 1.200 milioni di euro, derivante da una riduzione sia delle previsioni di spesa che di entrata.
A tal proposito, il DEF evidenzia come le nuove previsioni per l'anno 2011 considerino, a differenza di quelle elaborate a settembre in sede di DFP, «anche gli effetti dei provvedimenti emanati successivamente al suddetto documento, tra cui quelli relativi alla legge di stabilità 2011».
In particolare, nella riduzione delle previsioni di spesa va considerata la contabilizzazione delle entrate previste dalle procedure per l'assegnazione dei diritti d'uso delle frequenze radioelettriche (2.400 milioni di euro), che, sulla base delle regole del SEC95, sono classificate quale riduzioni di spesa in conto capitale (articolo 1, comma 13, legge n. 220/2010).
Incidono, inoltre, sul miglioramento delle stime per il 2011 esposte nel DEF i risultati raggiunti nel 2010, che hanno evidenziato un andamento più favorevole della finanza pubblica.
In particolare, il Documento indica minori spese per circa 8.000 milioni di euro, dovute, in gran parte, all'effetto di trascinamento dei risultati 2010.
Infine, per quanto attiene al rapporto debito pubblico/PIL, la previsione per il 2011 è fissata dal 120,0 per cento, in aumento rispetto al risultato raggiunto nel 2009.
Il quadro tendenziale dei conti di finanza pubblica prospetta per il 2012 un indebitamento netto pari al 2,7 per cento del PIL, in miglioramento di 1,2 per cento rispetto al livello di deficit fissato per il 2011, che conferma l'andamento già previsto nella Decisione di settembre 2010.
Nel biennio 2013-2014 l'indebitamento netto a legislazione vigente è stimato stabilizzarsi, rispettivamente, al 2,7 e 2,6 per cento, riportandosi dunque, già a tendenziale, al di sotto degli soglia comunitaria del 3 per cento per tutto il periodo.
Anche le spese in conto capitale manifesterebbero una riduzione dello 0,9 per cento (dal 3,5 per cento nel 2010 al 2,6 per cento nel 2014), più contenuta, tuttavia, di quella stimata per la spesa primaria.
Nel complesso, il quadro tendenziale aggiornato evidenzia una riduzione delle spese finali delle pubbliche amministrazioni, nel 2014, di circa 2,2 punti percentuali di PIL rispetto al dato registrato nel 2010, che risulterebbe ancor più consistente al netto della spesa per interessi.
Si sottolinea, infatti, il profilo crescente della spesa per interessi in tutto il periodo considerato, la cui incidenza sul PIL passa dal 4,5 per cento registrato del 2010 al 5,6 per cento previsto per il 2014.
Per quanto concerne le entrate delle pubbliche amministrazioni, il quadro tendenziale aggiornato evidenzia come esse si mantengano sostanzialmente stabili in rapporto al PIL.
Soltanto le entrate tributarie manifestano una leggera crescita nel periodo 2011-2014 di circa 0,2 punti percentuali, imputabile, in parte, all'impatto differenziale sugli anni di riferimento delle misure fiscali introdotte negli ultimi due anni, in parte alle variazioni in aumento correlate agli effetti positivi di trascinamento dei risultati 2010.
I contributi sociali, per contro, manifesterebbero una contrazione, per effetto delle politiche salariali nel pubblico impiego disposte, in particolare, dal decreto-legge di manovra n. 78/2010.
La pressione fiscale si manterrebbe sostanzialmente stabile, in media al 42,5 per cento, nel periodo considerato, con un picco nel 2012 (42,7 per cento).
Il quadro programmatico di finanza pubblica conferma pertanto per il 2011 e il 2012 il livello di indebitamento tendenziale,

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mentre per gli anni successivi gli obiettivi programmatici evidenziano una riduzione progressiva del deficit verso la soglia del pareggio del bilancio alla fine del periodo.
In particolare, l'obiettivo di indebitamento netto viene fissato all'1,5 per cento nel 2013 e allo 0,2 per cento nel 2014.
Per l'avanzo primario il Governo si prefissa l'obiettivo di un suo graduale aumento, dal 2,4 per cento del 2012 al 3,9 per cento nel 2013 fino al 5,2 per cento nel 2014. Ciò, anche a fronte di una spesa per interessi che, in via programmatica, mantiene un profilo di crescita nel periodo analogo all'andamento tendenziale.
Tenuto conto dell'andamento tendenziale, i nuovi obiettivi finanziari per gli anni 2013 e 2014 individuano dunque una manovra correttiva sul saldo primario pari, in termini cumulati, a circa l'1,2 del PIL nel triennio 2011-2013.
Nel Documento si sottolinea come le misure che dovranno essere assunte continueranno, pertanto, ad essere incentrate sul lato della spesa, essenzialmente finalizzate ad una riduzione della spesa primaria, prevista nell'ordine di oltre 4 punti percentuali sul PIL.
Dal lato dell'entrata, il DEF prevede interventi contenuti, sostanzialmente volti a consentire il mantenimento dell'incidenza del gettito sul livello registrato lo scorso anno.
Vengono peraltro indicati, quali elementi di una strategia di risanamento fiscale, la razionalizzazione delle tax expenditures, volta a spostare il prelievo fiscale dalla tassazione diretta a quella indiretta, e il potenziamento dell'attività di accertamento.
Nell'ambito della strategia di risanamento finanziario è considerato, inoltre, l'impatto positivo sulla crescita determinato dall'attuazione delle misure indicate nel Programma Nazionale di Riforma, presentato contestualmente all'Aggiornamento del Programma di stabilità, di cui alla III Sezione del Documento in esame.
Nel Programma Nazionale di Riforma sono state individuate otto aree di politica economica cui sono associate le relative misure di intervento, con una elencazione, per le principali di queste, delle disponibilità finanziarie nazionali - ad esclusione delle risorse di cofinanziamento dei fondi comunitari - attualmente stanziate a legislazione vigente nonché, ove presenti, gli effetti di variazione di entrata o di spese derivanti dalle medesime, come riportato nella tabella che segue.
Il PNR include l'attuazione del federalismo fiscale tra le misure di politica economica volte a garantire il raggiungimento degli obiettivi di stabilità e crescita. Il Programma sottolinea che dalla riforma prevista nel suo complesso non derivano effetti finanziari immediati ma piuttosto si attendono dalla stessa risparmi futuri.
Tra le azioni di riforma prospettate nel DEF sono in particolare evidenziate quelle volte al superamento del dualismo economico tra le macroaree del Paese e allo sviluppo del Mezzogiorno.
Quanto al debito pubblico, in base ai dati del Documento di economia e finanza il rapporto debito/PIL è stato pari a 116,1 nel 2009 e a 119,0 per cento nel 2010. Rispetto alla stima fornita nell'Aggiornamento del Programma di Stabilità del 2010, il dato attuale presenta un incremento di 1 punto percentuale nel 2009 e di 2,1 punti percentuali nel 2010. Tale incremento è dovuto, sulla base del Documento in esame, per il 2009, al valore finale del PIL nominale pubblicato dall'ISTAT a marzo del 2010, che è risultato di circa 0,8 punti percentuali inferiore rispetto alla stima dell'Aggiornamento 2009. Per quanto riguarda il 2010, la differenza è, invece, da attribuire sia all'effetto di un maggiore livello dello stock del debito (per circa 0,3 punti) sia al valore del PIL nominale inferiore (per circa 1,8 punti percentuali).
Per gli anni 2011 e 2012, il Documento in esame stima che il rapporto debito/PIL raggiunga rispettivamente il 120 ed il 119,4 per cento, in lieve ascesa rispetto alla previsione contenuta nella DFP 2011-2013, tale incremento sarebbe da attribuirsi soprattutto ad una crescita più moderata.
Per quanto riguarda le stime relative agli anni successivi al 2012 il Documento

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registra una riduzione progressiva del rapporto debito/PIL, pari al 116,9 per cento nel 2013 e al 112,8 per cento nel 2014, in ragione della riduzione del fabbisogno a partire dal 2012 che compensa, almeno in parte, le prevista dinamica del ciclo economico più moderata rispetto alle stime precedenti.
Infine, con riferimento alle raccomandazioni indirizzate all'Italia all'avvio della procedura per disavanzo eccessivo, il Documento ricorda che la manovra finanziaria per il 2011-2013, anticipata all'estate con l'approvazione del decreto-legge n. 78 del 2010, è stato operato un aggiustamento pari a 12 miliardi nel 2011 e a circa 25 miliardi nel biennio successivo. Con la legge di stabilità per gli anni 2011-2013 è stata disposta una diversa allocazione delle risorse, senza determinare effetti correttivi sull'indebitamento netto. Viene, pertanto, affermato che l'insieme delle misure consente al Governo di confermare gli obiettivi di consolidamento: l'indebitamento netto, in termini di saldo nominale, ritorna al di sotto del valore di riferimento entro il 2012.
Al fine di agevolare il dibattito, e tenuto conto del fatto che la XIV Commissione dovrà esprimersi sul provvedimento entro mercoledì 27 aprile prossimo, formula sin d'ora una proposta di parere favorevole (vedi allegato).

Enrico FARINONE, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.45.

ATTI DEL GOVERNO

Martedì 19 aprile 2011. - Presidenza del vicepresidente Enrico FARINONE.

La seduta comincia alle 15.45.

Schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 20 febbraio 2009, n. 23, concernente attuazione della direttiva 2006/117/Euratom, relativa alla sorveglianza e al controllo delle spedizioni di rifiuti radioattivi e di combustibile nucleare esaurito.
Atto n. 356.

(Esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del regolamento e rinvio).

La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno.

Marco MAGGIONI (LNP), relatore, ricorda preliminarmente che la materia in esame è regolata dalla legge n. 1860/1962, concernente l'impiego pacifico dell'energia nucleare (modificata e integrata dal decreto del Presidente della Repubblica 1704/1965, dalla L. 1008/1969 e dal decreto del Presidente della Repubblica 519/1975) e, in particolare, dal D.Lgs. 230/1995 con cui sono state recepite nell'ordinamento nazionale le direttive Euratom 89/618, 90/641, 92/3 e 96/29 in materia di radiazioni ionizzanti. Successivamente, è stato emanato il D.Lgs. 20 febbraio 2009, n. 23, che - in attuazione della delega recata dalla L. 34/2008 (comunitaria 2007) - ha apportato al D.Lgs. 230/1995 le correzioni necessarie per il suo adeguamento alle nuove norme recate dalla direttiva 2006/117/Euratom.
In particolare il D.Lgs. 23/2009, nel riscrivere l'articolo 157 del D.Lgs. 230/1995 in materia di sorveglianza radiometrica su materiali metallici, ha esteso l'obbligo di sorveglianza radiometrica, previsto dalla previgente normativa solo per i «rottami o altri materiali metallici di risulta», anche ai «prodotti semilavorati metallici».
Tale estensione ha reso necessaria la predisposizione dello schema in esame, che apporta correzioni al D.Lgs. 23/2009 finalizzate - secondo quanto riportato nella relazione tecnica - a garantire un'applicazione chiara ed uniforme delle nuove norme dettate dallo stesso D.Lgs. 23/2009, nonché ad evitare rallentamenti ai traffici commerciali, «semplificando gli oneri burocratici non definiti in conseguenza delle precitate disposizioni».
In un documento dell'Agenzia delle Dogane (presentato nel corso del Convegno,

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tenutosi a Lucca il 25 febbraio 2001) vengono infatti sottolineate, tra le criticità dell'estensione operata dal D.Lgs. 23/2009, il «mancato o insufficiente coordinamento nella fase di produzione della nuova norma per la sua efficace ed effettiva applicazione ai materiali presentati all'importazione», nonché la «genericità della formulazione della norma, suscettibile di attirare nell'ambito della sua applicazione una vastissima gamma di prodotti». E ancora il potenziale impatto sulla fluidità dei traffici commerciali nei punti di ingresso nazionali dell'attività di sorveglianza radiometrica all'importazione causato dalla citata estensione, che coinvolgerebbe un «volume di merci stimabile in 10-15 milioni di tonnellate all'anno».
L'analisi di impatto della regolamentazione ricorda che le citate difficoltà operative circa l'ambito applicativo della disposizione sono state sottolineate anche dalle associazioni di categoria.
Le citate difficoltà operative hanno reso inoltre necessaria l'emanazione, da parte dell'Agenzia delle dogane, della circolare 6 aprile 2010, secondo la quale «nelle more dell'emanazione di uno strumento di attuazione che individui le categorie di merce rientranti nella definizione di «prodotti semilavorati metallici», nonché i soggetti chiamati a intervenire nel caso in cui l'ufficio doganale ritenga necessario verificare la correttezza di quanto riportato nei documenti attestanti l'avvenuto controllo radiometrico o nell'eventualità che tale documento sia assente, restano applicabili, anche per le importazioni di prodotti semilavorati metallici, le disposizioni a suo tempo impartite con la circolare n. 13 del 22.01.1996».
Con specifico riferimento al contenuto delle disposizioni, ricordo che l'articolo 1, comma 1, riscrive l'articolo 157 del D.Lgs. 230/1995, elencando i soggetti obbligati ad effettuare la sorveglianza radiometrica su materiali o prodotti semilavorati metallici al fine di rilevare la presenza di livelli anomali di radioattività o di eventuali sorgenti dismesse.
Rispetto al testo vigente viene chiarito che la norma è finalizzata a garantire la protezione dei lavoratori, della popolazione e dell'ambiente. Inoltre viene prevista, quale condizione aggiuntiva per la non applicazione della norma ai soggetti che svolgono solamente attività di trasporto, la non effettuazione di operazioni doganali.
Le principali modifiche rispetto al testo vigente consistono tuttavia nei nuovi commi 2 e 3. Il nuovo testo del comma 2 dell'articolo 157 del D.lgs. 230/1995 individua le categorie di esperti competenti a rilasciare l'attestazione della sorveglianza radiometrica. Si tratta degli esperti qualificati di secondo o terzo grado, compresi negli elenchi tenuti dal Ministero del lavoro ai sensi dell'articolo 78 del D.Lgs. 230/1995.
Il nuovo testo del comma 3 dell'articolo 157 del D.lgs. 230/1995 prevede invece l'emanazione di un decreto interministeriale, sentiti l'Agenzia delle Dogane e l'ISPRA, finalizzato a stabilire modalità applicative e contenuti delle attestazioni della sorveglianza radiometrica, e a individuare i prodotti semilavorati metallici oggetto della sorveglianza medesima.
Il comma 2 dello schema di decreto legislativo in esame reca - secondo quanto riportato nella relazione illustrativa - una modifica di carattere formale volta all'adeguamento dell'articolo 107 del D.Lgs. 230/1995, al fine di estendere l'applicazione della norma recata dal comma 2, lettera d-ter), in linea con quanto previsto dal D.Lgs. 23/2009, a tutti i rottami metallici.
Il comma 3 dell'articolo 1 dello schema di decreto legislativo in esame disciplina i termini per l'emanazione del decreto interministeriale che, ai sensi del nuovo comma 3 dell'articolo 157, dovrà individuare le modalità di controllo ed elencare i semilavorati metallici. Viene infatti previsto che l'emanazione avvenga entro i 60 giorni successivi all'esito positivo delle notifiche alla Commissione UE e all'OMC.
In una nota di Assofermet (contenuta negli atti del già citato Convegno, tenutosi a Lucca il 25 febbraio 2001) si sottolinea che tale norma è finalizzata a «verificarne la conformità con la politica commerciale comunitaria (e le regole di concorrenza), così come il rispetto dell'accordo sugli

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ostacoli tecnici al commercio in vigore dal 1o gennaio 1995. Si rammenta, infatti, che la misura in esame è esclusivamente tutta italiana e non ha eguali negli altri paesi dell'Unione europea in cui i controlli in parola vengono effettuati non in quanto specificatamente previsto da una norma comunitaria ma, solo a campione, qualora richiesto dagli organi di controllo, così come è possibile fare per qualunque altra merce extra-Ue, giacente in dogana, prima dello sdoganamento della stessa».
L'articolo 2 dello schema di decreto legislativo in esame prevede, al comma 1, un regime transitorio che, nelle more dell'emanazione del citato decreto interministeriale, rinvia per l'individuazione dei semilavorati metallici da sorvegliare ai prodotti indicati nell'Allegato I allo schema in esame. Il successivo comma 2 prevede l'utilizzo del modulo contenuto nell'Allegato II per il rilascio dell'attestazione dell'avvenuta sorveglianza radiometrica.
L'articolo 3 dello schema di decreto legislativo in esame reca le clausole di invarianza degli oneri.
Sottolinea, in conclusione, come lo schema di decreto in esame affronti il tema della sorveglianza e del controllo delle spedizioni di rifiuti radioattivi e di combustibile nucleare esaurito, e disciplini pertanto questioni di estrema rilevanza e delicatezza, soprattutto sotto il profilo della sicurezza. Invita pertanto tutti i gruppi in Commissione a formulare indicazioni ai fini della predisposizione del parere affinché nessun aspetto venga tralasciato e si possa pervenire alla definizione di un parere il più possibile condiviso dal punto di vista politico.

Enrico FARINONE, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.50.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 15.50 alle 15.55.