CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 9 marzo 2011
450.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giunta per le autorizzazioni
COMUNICATO
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Mercoledì 9 marzo 2011. - Presidenza del presidente Pierluigi CASTAGNETTI.

La seduta comincia alle 9.15.

Sui lavori della Giunta.

Pierluigi CASTAGNETTI, presidente, avverte che sta per avere inizio in Assemblea la chiama per l'elezione di un Segretario di Presidenza. Deve pertanto sospendere la seduta. Propone di riprendere la seduta durante lo scrutinio delle schede.

La Giunta concorda.

La seduta, sospesa alle 9,18, è ripresa alle 10,58.

Elezione di un segretario.

Pierluigi CASTAGNETTI, presidente, ricorda che in data 23 febbraio 2011 la Giunta ha eletto vicepresidente il collega Francesco Paolo Sisto, in sostituzione del collega Domenico Zinzi, dimissionario dal 17 gennaio 2011. Poiché l'on. Sisto ricopriva la carica di segretario occorre procedere a una nuova elezione per integrare l'ufficio di presidenza. Indìce dunque la relativa votazione per schede e invita i deputati segretari a procedere alla chiama.
(Segue la votazione).

Comunica il risultato della votazione.
Presenti e votanti 11

Hanno riportato voti:
Armando Dionisi 7
Schede nulle 0
Schede bianche 4

Hanno preso parte alla votazione per l'elezione di un segretario i seguenti deputati: Pierluigi Castagnetti, Armando Dionisi, Donatella Ferranti, Fulvio Follegot, Fabio Gava, Antonino Lo Presti, Pierluigi Mantini, Federico Palomba, Maurizio Paniz, Luca Rodolfo Paolini e Marilena Samperi.

Pierluigi CASTAGNETTI, presidente, proclama segretario il deputato Armando Dionisi, cui rivolge rallegramenti, anche a nome della Giunta tutta.

Armando DIONISI (UdC) rivolge ringraziamenti ai componenti.

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Comunicazioni del Presidente.

Pierluigi CASTAGNETTI, presidente, avverte che in data 2 marzo 2011 è pervenuta la seguente lettera dal Presidente della Camera: «Signor Presidente, Le trasmetto per le valutazioni di competenza dell'organo da Lei presieduto una lettera a firma degli onorevoli Cicchitto, Reguzzoni e Sardelli, nella quale si chiede di accertare la sussistenza delle condizioni per l'elevazione di un conflitto d'attribuzione nei confronti dell'autorità giudiziaria. Nella lettera sono indicati una serie di documenti che vengono a essa allegati. Le rimetto in forma riservata tale documentazione al fine di acquisire la Sua valutazione sul carattere ostensibile o meno dei predetti documenti. In attesa di un Suo riscontro, Le invio i migliori saluti».
In data 8 marzo 2011 ha risposto con la lettera di cui dà lettura: «Signor Presidente, ho ricevuto la Sua nota del 2 marzo 2011 con la quale Ella mi ha trasmesso la lettera degli onorevoli Cicchitto, Reguzzoni e Sardelli, in ordine alla verifica dei presupposti per l'eventuale levata di un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. Sottoporrò le questioni poste nella citata lettera alla Giunta che presiedo a partire dalla seduta convocata per mercoledì 9 marzo 2011.
Allegati alla lettera trasmessa sono dei documenti, sul carattere ostensibile o meno dei quali Ella mi chiede una valutazione.
Al riguardo, premetto che non si tratta di documentazione allegata a domande di autorizzazione
ad acta ai sensi dell'articolo 68, commi secondo e terzo, della Costituzione, pervenute dall'autorità giudiziaria.
In tale fattispecie è consuetudine consolidata che gli allegati non siano riprodotti e rimangano a disposizione dei soli componenti la Giunta. Costoro li possono consultare soltanto presso gli uffici della Giunta medesima, previa firma per presa visione, senza possibilità di estrarne copia. Il vigore di tale uso è stato ribadito più volte nel corso delle legislature: rammento che esso è stato ricordato nella seduta della Giunta per le autorizzazioni del 28 giugno 2001, in quella del 4 giugno 2008 e, da ultimo, in quella del 25 gennaio 2011. Lo ha riaffermato il Presidente della Giunta, on. Giovanardi, anche in una lettera del 12 aprile 2007 indirizzata al Presidente della Camera, on. Bertinotti.
Come anche affermato nella lettera citata per ultima, il contenuto della documentazione allegata alle domande autorizzatorie può eventualmente trapelare dal dibattito presso la Giunta (oggetto di resocontazione sommaria) o dalla relazione della Giunta predisposta per l'Assemblea o, ancora, dal dibattito in quest'ultima. È evidente poi - come ho chiarito nella seduta del 27 gennaio 2011 - che non può essere considerata limitata in alcun modo la facoltà dei deputati di esercitare liberamente il proprio mandato parlamentare, anche commentando i contenuti degli atti di cui hanno preso in vario modo cognizione.
Viceversa, quanto alla documentazione che Ella mi ha trasmesso e che a Lei è pervenuta da tre colleghi, Presidenti di gruppo, ritengo di poter svolgere le seguenti considerazioni. È certo anzitutto che i deputati componenti la Giunta per le autorizzazioni devono avervi pieno accesso, giacché proprio al loro esame la predetta lettera con i relativi allegati è destinata. Rimane da stabilire se vi sia qualche vincolo di segretezza e un eventuale divieto di pubblicazione.
Occorre al proposito muovere dalla disciplina generale contenuta nel codice di procedura penale, che, all'articolo 329, assoggetta al segreto soltanto gli atti di indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria finché la persona indagata non abbia potuto conoscere quegli atti. È possibile - sempre ai sensi dell'articolo 329 del codice di procedura penale - che il pubblico ministero ne disponga la segretazione per un tempo ulteriore per ragioni di tutela dell'efficacia dell'indagine. Il segreto in tal caso non può comunque durare oltre la chiusura delle indagini preliminari (salvi ancora i casi indicati nel comma 3 del citato articolo).
Venendo ai divieti di pubblicazione, l'articolo 114 del codice di procedura penale

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distingue tra la pubblicazione di atti e la pubblicazione del contenuto dei medesimi, inteso quest'ultimo come l'insieme dei concetti e dei fatti che gli atti rappresentano. L'articolo 114, comma 1, vieta la pubblicazione sia degli atti sia del loro contenuto quando questi siano coperti dal segreto. Venuto meno il segreto, il comma 2 consente la pubblicazione del contenuto degli atti ma non la pubblicazione degli atti medesimi fin quando non si siano concluse le indagini preliminari (ovvero fino al termine dell'udienza preliminare). Quanto alla documentazione di cui è composto il fascicolo del dibattimento, l'originario testo dell'articolo 114, comma 3, ne vietava la pubblicazione fino alla pronuncia della sentenza di appello. La disposizione però è stata dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 59 del 1995. Sussiste invece un divieto di pubblicazione degli atti del fascicolo del pubblico ministero.
Constato allora che gli atti da Lei trasmessi attengono ad un procedimento penale che ha superato la fase delle indagini preliminari (risulta già fissato l'inizio del dibattimento al 6 aprile 2011). Se ne deve dedurre che non vi è più il segreto istruttorio.
Ciò in quanto i documenti allegati consistono, oltre che in atti parlamentari ed in un articolo di giornale, in atti di investigazioni difensive - per i quali non si pongono particolari questioni -, nel decreto di rinvio al giudizio immediato - che è atto del giudice delle indagini preliminari e che non può considerarsi coperto dal segreto - e in alcuni atti formati dal pubblico ministero o dalla polizia giudiziaria, che deve presumersi facciano ormai parte del fascicolo del dibattimento. Diversamente, ove cioè essi fossero contenuti nel solo fascicolo del pubblico ministero, si porrebbe la questione del relativo regime di pubblicità: a questo proposito rilevo peraltro che non si tratta comunque di documenti oggetto di pubblicazione in atti parlamentari.
In conclusione ritengo che - per quanto esposto - non debbano essere adottate le consuete cautele che vigono per gli allegati alle domande autorizzatorie.
Con i miei più cordiali saluti
».
Con riferimento alla lettera dei citati presidenti di gruppo su cui verte la richiesta di valutazioni di competenza della Giunta (ed i cui contenuti peraltro sono stati diffusi alla stampa già negli scorsi giorni) - fa presente che essa, svolte talune premesse di ordine generale sul processo a carico del deputato Berlusconi - rileva «come il capo relativo alla concussione faccia riferimento ad alcuni comportamenti asseritamente posti in essere dal medesimo sull'evidente presupposto di una valutazione delle circostanze che - contestabile o meno alla luce del successivo sviluppo dei fatti - lo avevano indotto, in quanto titolare della più alta responsabilità di Governo, a richiedere, nell'esercizio delle proprie funzioni, alcune informazioni ad un dipendente della questura di Milano».
La lettera poi così prosegue: «Sulla base della Costituzione (articolo 96) e delle altre norme che disciplinano la materia (legge costituzionale n. 1 del 1989, legge n. 219 del 1989), il Presidente del consiglio ed i ministri "per i reati commessi nell'esercizio delle loro funzioni" sono sottoposti alla giurisdizione ordinaria; in particolare, il procuratore della Repubblica che abbia ricevuto i rapporti, referti e denunzie concernenti i reati indicati dall'articolo 96 della Costituzione, è tenuto a trasmetterli al c.d. tribunale dei ministri, senza compiere alcuna indagine. A sua volta tale collegio, compiute le indagini preliminari e sentito il pubblico ministero, se non ritiene che si debba disporre l'archiviazione, trasmette gli atti con relazione motivata al procuratore della Repubblica per la loro immediata rimessione al Presidente della Camera competente in relazione alla richiesta di autorizzazione a procedere, che può essere negata, a maggioranza assoluta dell'Assemblea interessata, ove essa reputi, con valutazione insindacabile, che l'inquisito abbia agito per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell'esercizio della funzione di Governo.
La legge - e men che meno la Costituzione - non autorizza a considerare attribuita all'insindacabile giudizio dell'autorità giudiziaria procedente la valutazione

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sulla ministerialità del reato: anzi, proprio la legge (articolo 2 della legge ordinaria n. 219 del 1989) attribuisce la competenza primaria a qualificare come ministeriali il reato al tribunale dei ministri, come emerge dal passaggio normativo in cui si contempla espressamente, tra i diversi sbocchi dell'attività di indagine del tribunale dei ministri, la conclusione che "il fatto integra un reato diverso da quelli indicati nell'articolo 96 della Costituzione".
Se si accedesse ad una opposta interpretazione, che cioè rimettesse al singolo giudice il vaglio esclusivo della ministerialità, si finirebbe per attribuire ad esso - in particolare quando rigetti o addirittura rifiuti di valutare l'eccezione d'incompetenza funzionale - un potere che costituzionalmente non gli compete, ossia di radicare o meno la competenza del Parlamento a valutare la ministerialità, anche ai fini delle conseguenti procedure autorizzatorie, queste sì indiscutibilmente ed esclusivamente attribuite alle Camere.
Come si vede, non si tratta qui soltanto di una lesione dei diritti della difesa e di una violazione del principio del giudice naturale (che l'Onorevole Silvio Berlusconi potrebbe ovviamente far valere nel processo). Si tratta anzitutto di una lesione delle prerogative di un altro potere dello Stato: lesione costituzionalmente rilevante, che non crediamo possa - come pure riportato da qualche agenzia di stampa - essere derubricata ad una mera questione di giurisdizione.
Come chiarito dalla Corte costituzionale, la disciplina in materia appresta
"una serie di norme processuali, destinate a contemperare la garanzia della funzione di Governo e l'uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge. Per realizzare un ragionevole bilanciamento tra questi due principi, sia le norme costituzionali che quelle della legge ordinaria, mirano a porre tanto l'autorità giudiziaria quanto quella politica in condizione di tutelare, nei reciproci rapporti, la prima, il potere-dovere di perseguire i reati commessi da qualunque cittadino, indipendentemente dalla carica ricoperta, la seconda, il potere-dovere di attuare in concreto la guarentigia prevista dall'articolo 96 della Costituzione" (sent. n. 241 del 2009). In questa logica la Corte ha riconosciuto alla Camera competente l'interesse "costituzionalmente protetto ad essere tempestivamente informata, per via istituzionale ed in forma ufficiale, dell'avvenuta archiviazione, come prescrive, senza eccezioni, il citato comma 4 dell'articolo 8 della legge costituzionale n. 1 del 1989. Tale comunicazione è, del resto, l'unico strumento che consente alla Camera stessa di apprezzare che si tratta di archiviazione che non implica una chiusura, ma, al contrario, un seguito del procedimento per diversa qualificazione giuridica del fatto di reato e così di esercitare, a riguardo, i propri poteri. All'organo parlamentare, infatti, non può essere sottratta una propria, autonoma valutazione sulla natura ministeriale o non ministeriale dei reati oggetto di indagine giudiziaria, né tanto meno - ove non condivida la conclusione negativa espressa dal tribunale dei ministri - la possibilità di sollevare un conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale, assumendo di essere stata menomata, per effetto della decisione giudiziaria, della potestà riconosciutale dall'articolo 96 della Costituzione". Ora, se tale interesse è tutelato quando il giudice procedente ha trasmesso gli atti al tribunale dei ministri perché ne sia valutata preliminarmente la ministerialità dall'organo proprio - e questi neghi la ministerialità, talché il procedimento viene, in modo atipico, archiviato per proseguire presso il giudice "ordinario" - deve riconoscersi il medesimo interesse (anzi, a più forte ragione) anche quando l'autorità giudiziaria ometta colpevolmente (o, peggio, dolosamente) la trasmissione degli atti al tribunale dei ministri, discendendone i medesimi effetti (alla valutazione negativa sulla ministerialità consegue infatti comunque la prosecuzione del procedimento): diversamente la tutela dell'interesse della Camera, come riconosciuto dalla Corte, sarebbe, per così dire, monca perché, in quest'ultimo caso, specie quando vi sia stato da parte dell'autorità giudiziaria un intendimento persecutorio o di contrapposizione al Parlamento, la Camera sarebbe

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privata della stessa possibilità di operare quell'autonoma valutazione sulla ministerialità del reato che la Corte ha ritenuto ad essa spettante ex articolo 96 della Costituzione. E si lascerebbe, di fatto, al giudice ordinario - attraverso l'omissione della trasmissione degli atti al tribunale dei ministri, dovuta per rispetto di una corretta ripartizione delle competenze fra i poteri dello Stato - la possibilità di impedire alla Camera l'esercizio delle sue prerogative costituzionali!
E che vi sia - nella fattispecie concreta - un interesse concreto della Camera a tale valutazione risulta dal dibattito parlamentare conseguito alla richiesta di autorizzazione all'esecuzione di una perquisizione domiciliare a carico dell'Onorevole Silvio Berlusconi: infatti, nella seduta del 3 febbraio 2011, su proposta del relatore di maggioranza - che aveva contestato il fatto che la procura di Milano non avesse preso in considerazione in nessun modo la procedura prevista per i reati ministeriali, senza quindi minimamente ipotizzare che nel caso in questione potesse trattarsi di uno dei reati indicati dall'articolo 96 della Costituzione - a seguito di un approfondito dibattito istruttorio in Giunta per le autorizzazioni l'Assemblea ha deliberato, a maggioranza, la restituzione degli atti all'autorità giudiziaria, specificando nella motivazione della delibera di ritenere "dovuta la trasmissione al tribunale dei ministri" "anche al fine di un riequilibrio e della fissazione dei paletti e dei confini dei due poteri in ballo o in contestazione" (sono le parole del relatore). Ci richiamiamo integralmente a tale dibattito, ed in particolare alle considerazioni esposte dal relatore e dai deputati intervenuti a favore della proposta della Giunta, sia quanto alla sussistenza di tutti i presupposti per il riconoscimento della ministerialità, sia quanto alla superficialità con la quale i magistrati (dapprima quelli della procura, poi il giudice delle indagini preliminari), in presenza della qualità soggettiva dell'indagato, e tenuto conto proprio della funzione al momento esercitata, non hanno comunque rimesso gli atti al tribunale dei ministri per la valutazione da parte di quest'ultimo, come pure il buon senso - in difetto di una corretta lettura delle leggi e della più recente giurisprudenza costituzionale - avrebbe dovuto suggerire.
Ebbene, la nostra odierna richiesta si collega direttamente a quella decisione, costituendone una sorta di "prosecuzione" logica, dal momento che quella non ha sortito alcun effetto (gli atti - come è noto - non sono stati trasmessi al tribunale dei ministri): non crediamo infatti che, per coerenza con quella decisione, possa oggi, alla luce dell'andamento processuale che ha visto, da parte del giudice per le indagini preliminari, confermare l'atteggiamento della procura, sottovalutarsi, da parte dell'Assemblea (quella stessa, appunto, che ha votato il 3 febbraio le motivazioni contenute nella relazione di maggioranza), che rappresenta la sede ultima delle decisioni della Camera, la portata lesiva delle prerogative della Camera di questo comportamento dei magistrati, fondato su un'interpretazione scorretta della disciplina vigente che potrebbe introdurre, se trascurata e - come non improbabile - ripetuta in futuro in casi analoghi, una modifica implicita della Costituzione quanto ai rapporti fra poteri dello Stato.
Per queste ragioni, chiediamo alla Camera dei Deputati di accertare la sussistenza delle condizioni per sollevare un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato davanti alla Corte costituzionale, a tutela delle prerogative della Camera, lese - secondo quanto sopra illustrato - dall'operato omissivo della magistratura procedente (procura della Repubblica e giudice per le indagini preliminari di Milano) nei confronti dell'Onorevole Silvio Berlusconi
».
Avverte al riguardo che gli allegati alla lettera sono accessibili per i membri della Giunta ma, come prima riferito, non saranno riprodotti negli atti parlamentari. Propone che la discussione sulla lettera, sui suoi contenuti e sui relativi allegati si svolga a partire da una prossima seduta, dopo che tutti i componenti potranno averne preso cognizione.

Marilena SAMPERI (PD), sull'ordine dei lavori, chiede che la procedura sia

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sospesa in attesa che venga depositata la sentenza emanata dalla VI sezione della Corte di cassazione lo scorso 3 marzo in relazione ad una questione in tutto analoga, relativa a fatti ascritti all'onorevole Mastella, ministro all'epoca dei fatti medesimi.

Pierluigi CASTAGNETTI, presidente, deve osservare che i contenuti di tale sentenza non sono ancora noti e che della stessa si è avuto notizia solo a mezzo stampa. Né è prevedibile quando avverrà il deposito delle relative motivazioni. Considerato che la Giunta per le autorizzazioni è chiamata a esprimere un parere su una richiesta pervenuta alla Presidenza della Camera, al momento non crede possibile trarre da un evento esterno alle procedure parlamentari motivi di sospensione dell'attuale discussione.

Federico PALOMBA (IdV), intervenendo anch'egli sull'ordine dei lavori, chiede allora precisazioni in ordine alle sequenze procedurali dell'espressione del parere. Più in particolare, domanda se si svolgerà una vera e propria votazione su proposte scritte e quali esiti verranno rappresentati al Presidente della Camera.

Pierluigi MANTINI (UdC), anch'egli sull'ordine dei lavori, auspica vivamente che l'esame della questione testé esposta dal Presidente della Giunta segua un iter informato e ponderato. Si tratta di tematiche complesse e controverse: la sua parte politica non assumerà atteggiamenti dilatori ma non acconsentirà a procedure frettolose. Crede sommamente opportuno che i componenti si avvalgano dell'apporto di qualificati esperti, da assumere attraverso un ciclo di audizioni. Solo in tal modo la Giunta svolgerà correttamente il suo compito di esprimere un orientamento per il Presidente della Camera, ciò che non può certo avvenire con modalità che sarebbero proprie di una conferenza stampa.

Donatella FERRANTI (PD) osserva come la posizione della maggioranza sia errata e si basi su un passaggio della sentenza della Corte costituzionale n. 241 del 2009 che viene interpretato in modo assai esteso e non condivisibile. La sentenza della Corte di cassazione cui ha fatto riferimento la collega Samperi ne ha invece fornito la lettura corretta in termini di spettanza del potere di dichiarare la natura ministeriale o meno dei reati. È per questo che le riflessioni che la Giunta si accinge a svolgere non possono prescindere dal contenuto di tale pronuncia.

Maurizio PANIZ (PdL) ricorda che la Giunta è chiamata ad esprimere il proprio parere su un'istanza trasmessa al Presidente della Camera da parte delle forze politiche di maggioranza. È di tutta evidenza che si tratti di una procedura parlamentare, da tenere ben distinta dai profili processuali affrontati nella sentenza della Corte di cassazione in relazione al ricorso presentato dall'onorevole Mastella avverso un provvedimento considerato 'abnorme'; peraltro, a sua memoria, la Corte di cassazione, in casi analoghi, non si è mai pronunciata in senso favorevole al ricorrente. Ritiene quindi che non sia possibile chiedere una sospensione dell'esame in attesa di conoscere i contenuti di tale sentenza; diversa è invece la questione sollevata dall'onorevole Mantini sulla necessità che si proceda a un ciclo di audizioni al fine di approfondire gli aspetti giuridici della vicenda. Crede che da tali audizioni non possano emergere elementi conclusivi univoci in quanto gli orientamenti dottrinali al riguardo appaiono estremamente variegati. A suo avviso, pertanto, la questione deve essere esaminata dalla Giunta attenendosi ai criteri indicati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 241 del 2009 che ha previsto espressamente la possibilità per le Camere di procedere ad un'autonoma valutazione circa la natura ministeriale o meno del reato. Tale aspetto è riconosciuto persino dai pubblici ministeri nella richiesta di rinvio a giudizio immediato.

Pierluigi MANTINI (UdC) rimarca il suo dissenso da quanto affermato dal collega Paniz.

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Pierluigi CASTAGNETTI, presidente, avverte che sono ormai riprese votazioni nominali in Assemblea. Nel riservarsi di dare una compiuta risposta a tutte le questioni sollevate dagli intervenuti, rinvia il seguito del dibattito a una prossima seduta.

La seduta termina alle 11.22.

AVVERTENZA

Il seguente punto all'ordine del giorno non è stato trattato:

Esame di una domanda di autorizzazione all'utilizzo di intercettazioni di conversazioni del deputato Landolfi (Doc. IV, n. 11) (Rel. Paniz).