CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 7 luglio 2010
349.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Lavoro pubblico e privato (XI)
COMUNICATO
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COMUNICAZIONI DEL PRESIDENTE

Mercoledì 7 luglio 2010. - Presidenza del presidente Silvano MOFFA.

La seduta comincia alle 14.30.

Sulla missione a Madrid in occasione della Conferenza dei Presidenti delle Commissioni dei Parlamenti dell'Unione europea competenti in materia di lavoro e immigrazione (24 giugno 2010).

Silvano MOFFA, presidente, comunica di avere partecipato, in rappresentanza della Camera dei deputati, alla Conferenza dei Presidenti delle Commissioni dei Parlamenti dell'Unione europea competenti in materia di lavoro e immigrazione, che si è svolta a Madrid il 24 giugno scorso; alla Conferenza, organizzata dal Parlamento spagnolo in coincidenza con il semestre di presidenza europea, ha partecipato anche il Presidente dell'omologa Commissione del Senato. Ricorda che tale incontro ha rappresentato il consueto appuntamento organizzato dai parlamenti dei Paesi che assumono - nel corso dell'anno - il semestre di presidenza dell'Unione europea, dedicato al confronto tra assemblee parlamentari sui temi del lavoro, dello sviluppo e dell'occupazione.
Segnala che la Conferenza è stata strutturata in un'unica giornata di lavoro, dedicata ad approfondire le prospettive della strategia «post-Lisbona 2010» per la crescita e l'occupazione, ispirate all'innovazione, alla formazione e alla sostenibilità. Tale sessione di lavoro unica, in particolare, è stata aperta dal saluto introduttivo del Presidente della Commissione lavoro e immigrazione del Congresso dei deputati spagnolo, Juan Antonio Barranco Gallardo, che ha illustrato gli argomenti generali

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della Conferenza e ha invitato tutti i partecipanti a generare maggior fiducia nei cittadini sulle prospettive di uscita dalla crisi in atto, nobilitando il ruolo e la funzione dei Parlamenti nazionali nella nuova strategia europea.
Fa presente che, dopo il saluto iniziale, ha avuto luogo una relazione del Presidente del Consiglio economico e sociale spagnolo, Marcos Peña Pinto, che ha anzitutto spiegato le funzioni di tale organo consultivo del Governo in materia di lavoro, sottolineando come esso sia impegnato nel garantire una base permanente di confronto partecipativo alle decisioni dell'Esecutivo in materia, attraverso lo scambio di idee tra le parti sociali. L'intervento ha anche inteso ribadire la centralità dei temi del lavoro nell'ambito delle politiche europee, invitando a rafforzare l'identità europea nel settore dell'occupazione e dello sviluppo, anche in modo da accelerare l'uscita dalla crisi economica in atto.
Rileva, quindi, che l'intervento centrale dell'intera Conferenza è stato quello del Ministro del lavoro e dell'immigrazione spagnolo, Celestino Corbacho Chaves, anche nella sua veste di presidente «pro-tempore» del Consiglio europeo dei ministri del lavoro. Il Ministro, nel ribadire l'importanza di ricercare una risposta alla crisi che sia coordinata tra tutti i Paesi europei, ha illustrato gli impegni e gli sforzi compiuti dalla presidenza di turno spagnola per la definizione di una strategia «post-Lisbona 2010», molti dei quali sono stati bloccati, a suo avviso, dalla recrudescenza della crisi economica, che ha di fatto impedito una più completa pianificazione delle misure necessarie. Il Ministro ha, peraltro, segnalato che sarebbe un errore pensare che la crisi economica possa essere superata solo quando ripartirà la crescita, perché bisognerà anche verificare quanti posti di lavoro saranno stati, nel frattempo, perduti e quali reali prospettive si porranno di fronte ai diversi settori produttivi. Nel ricostruire le varie riunioni tecniche e interministeriali svolte nel corso del semestre di presidenza, il Ministro ha poi indicato le priorità fissate, grazie all'impulso del Governo spagnolo, nell'ambito del Consiglio europeo: portare al 75 per cento la popolazione attiva complessivamente occupata nell'Unione europea; investire almeno il 3 per cento del PIL nella ricerca scientifica; ridurre sensibilmente il tasso di abbandono scolastico nei Paesi UE; puntare al rispetto degli obiettivi fissati dall'Unione per le politiche energetiche e ambientali. Corbacho Chaves ha, dunque, ricordato l'importanza della riunione dei ministri del lavoro svoltasi nell'aprile scorso a Washington, che ha preparato il terreno ad una reale integrazione delle politiche tra Stati, in grado di sviluppare una crescita dell'occupazione che riporti la prosperità in Europa e nell'ambito dei Paesi del G20. Il Ministro ha, infine, ripercorso lo specifico caso della Spagna, fortemente investita dalla crisi economica, ricostruendone gli elementi principali: in particolare, un eccesso di investimenti nel settore dell'edilizia ha creato, a suo avviso, l'esigenza di inserire rapidamente nel mondo del lavoro spagnolo circa 4 milioni di lavoratori immigrati, creando una pressione sociale molto forte, tanto più sentita dal Paese nel momento in cui la crisi finanziaria si è scontrata con questa realtà, in cui vi è stato un repentino blocco degli ordinativi edili e si è dovuta individuare una soluzione per il crollo dell'occupazione della forza lavoro immigrata. A giudizio del Ministro, pertanto, si uscirà sicuramente dalla crisi (non solo in Spagna, ma nell'intera Europa), ma bisognerà fare in modo che, non soltanto la politica, ma anche il sistema finanziario, imparino qualcosa da quanto è sinora accaduto.
Segnala, poi, che la Conferenza ha visto il contributo di José Antonio Panizo Robles, Segretario generale tecnico del Ministero del lavoro e dell'immigrazione spagnolo, che ha ripercorso le diverse fasi delle iniziative tecniche adottate dalla presidenza spagnola dell'UE nei settori del lavoro e dell'immigrazione, dando conto del programma avviato nel semestre, che ha posto le basi per proseguire nel corso dei due semestri successivi nella realizzazione degli obiettivi della strategia «post-Lisbona». In particolare, è stato spiegato come i ritardi nell'insediamento della Commissione europea e le difficoltà istituzionali ed economico-finanziarie abbiano impedito il lancio tempestivo della nuova strategia nel campo della crescita e

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dell'occupazione, sebbene la Commissione stessa sia finalmente giunta - al termine del semestre - all'adozione della relativa comunicazione; si tratta ora, a suo avviso, di rafforzare la coesione sociale e contrastare la crisi finanziaria, senza perdere ulteriori livelli occupazionali.
Fa presente, inoltre, che l'ultimo intervento programmato è stato svolto dal coordinatore della rappresentanza spagnola presso l'Unione europea, Carlos Garcia de Cortazar y Nebreda, che ha illustrato il complesso degli strumenti sociali esaminati nel corso del semestre di presidenza, evidenziando luci ed ombre, anche nel contesto della crisi in atto. Informa quindi che, prima dei saluti conclusivi della Conferenza, ad opera della Presidente della Commissione lavoro e immigrazione del Senato spagnolo, Lenxtu Rubial Cachorro, si è infine svolto un dibattito tra i parlamentari presenti, che ha consentito un confronto aperto sulle realtà che i diversi Stati membri dell'Unione europea stanno vivendo, soprattutto in relazione all'impatto della crisi finanziaria sul mondo del lavoro e sull'occupazione.
In conclusione, ritiene che la Conferenza sia stata certamente utile, in particolare per la possibilità di sviluppare riflessioni comuni con tutti i parlamentari presenti all'iniziativa; l'utilità, peraltro, è stata forse ancora maggiore nelle fasi meno formali della Conferenza stessa (riunioni a margine degli incontri ufficiali e colazioni di lavoro), nella quali vi è stata l'occasione di sviluppare in modo più effettivo e libero il confronto, evitando di rendere questa sede poco flessibile ed efficace.
Giudica importante, peraltro, sottolineare anche una evidente difficoltà nell'approfondire i diversi argomenti all'ordine del giorno, tendenzialmente a causa delle complesse modalità di organizzazione dei lavori e della ristrettezza dei tempi (nonché di una impostazione dei temi che spesso risulta - in simili occasioni - un po' troppo «generalista»): in tal senso, ritiene che si possa lavorare, per il futuro, su un formato organizzativo più concreto, eventualmente ipotizzando anche la predisposizione preventiva di un documento di lavoro, da utilizzare come materiale di base per lo svolgimento dei lavori della Conferenza, che possa dare ai Parlamenti nazionali anche uno strumento più efficace al fine di orientare il dibattito.

La Commissione prende atto.

La seduta termina alle 14.40.

ATTI DELL'UNIONE EUROPEA

Mercoledì 7 luglio 2010. - Presidenza del presidente Silvano MOFFA.

La seduta comincia alle 14.40.

Programma legislativo e di lavoro della Commissione europea per il 2010 e programma di 18 mesi del Consiglio dell'Unione europea, presentato dalle Presidenze spagnola, belga e ungherese (COM(2010) 135 def. - 17696/09).
(Relazione alla XIV Commissione).
(Seguito dell'esame e conclusione - Relazione favorevole con osservazioni).

La Commissione prosegue l'esame dei provvedimenti in titolo, rinviato nella seduta di ieri..

Alessia Maria MOSCA (PD), preso atto della relazione introduttiva svolta nella seduta di ieri e auspicata una maggiore tempestività nei processi decisionali rispetto alle strategie elaborate a livello comunitario, segnala l'esigenza di avviare una discussione approfondita in Commissione - eventualmente anche attraverso lo svolgimento di apposite audizioni di rappresentanti delle istituzioni europee - sui temi di interesse e, in particolare, su quello della riforma del bilancio dell'Unione, atteso che dall'esito del negoziato su tale riforma dipenderà anche il destino istituzionale dell'Europa, nonché la capacità dei singoli Stati membri di far sentire la propria voce in sede di fissazione delle priorità. Ritiene poi necessario che la Commissione, nella relazione che si accinge ad approvare, fornisca maggiori indicazioni

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sui programmi europei, in modo da rendere la sua strategia d'intervento maggiormente aderente all'attuale quadro economico di crisi e consentire, in tal modo, la programmazione di misure specifiche a tutela di particolari categorie sociali svantaggiate, nonché di determinate aree territoriali in difficoltà.
Giudica poi necessario che, nel contesto degli indirizzi delineati dal programma, si dia maggiore enfasi a tematiche già affrontate da Mario Monti nel suo rapporto «Una nuova strategia per il mercato unico», quali ad esempio, il rafforzamento della mobilità dei lavoratori giovani nell'ambito dell'Unione, argomento che giudica essenziale in vista di un più complessivo processo di uscita dalla depressione economica. Nel rilevare le gravi mancanze del Governo italiano in tema di occupazione femminile, ricerca e formazione, auspica, infine, che gli obiettivi di massima fissati a livello europeo possano vincolare maggiormente i singoli Stati membri e quindi favorire, anche in Italia, un rilancio della crescita economica e un rafforzamento delle protezioni sociali.

Elisabetta RAMPI (PD) giudica, anzitutto, poco incisivo il programma legislativo in esame, che prevede la fissazione di obiettivi vaghi e generici - il cui conseguimento viene peraltro rinviato ad una data indefinita ed incerta - e manca di un puntuale raccordo con un piano generale sul lavoro e sull'occupazione, che possa renderlo davvero vincolante nei confronti dei singoli Paesi.
Osserva che, nell'attuale fase di crisi economica, occorre un deciso rafforzamento dell'Europa, nell'ottica di un progressivo superamento della conflittualità tra impresa e lavoro, in un clima di maggiore coesione sociale e solidarietà tra le generazioni, anche considerando le ultime tendenze demografiche in atto, che registrano un invecchiamento costante della popolazione. Giudica, infine, necessario prevedere interventi a sostegno delle piccole e medie imprese, nonché dell'occupazione femminile, affinché sia restituita dignità al lavoro, in un quadro di pari opportunità e nel nome di un riequilibrio sociale che riavvicini gli Stati membri agli obiettivi della strategia di Lisbona.

Cesare DAMIANO (PD), nell'auspicare che la proposta di relazione che il relatore si accinge a presentare alla Commissione sappia cogliere tutti gli spunti che emergeranno dal dibattito, intende soffermarsi su taluni problemi di carattere generale. In primo luogo rileva che, pur a fronte della validità della strategia di Lisbona, la crisi in atto è destinata a durare, poiché - anche se l'Europa fosse interessata da una ripresa economica - non vi sarebbe comunque, nel breve-medio periodo, una crescita dell'occupazione: in particolare, ritiene che l'Italia sarà pesantemente colpita, nell'autunno prossimo, da gravi problemi occupazionali, derivanti dalla cessazione dell'effetto degli ammortizzatori sociali e dalla mancanza di reali politiche in grado di promuovere la creazione di posti di lavoro. Segnala, inoltre, l'esigenza che, nell'ambito di una credibile politica industriale, siano indicate con chiarezza le priorità dei fattori strategici di sviluppo.
Prendendo spunto, poi, dalla recente vicenda dello stabilimento industriale di Pomigliano d'Arco, rileva la necessità di definire il quadro degli standard in relazione alla protezione del lavoro e alla competitività, ritenendo che l'Europa debba porsi l'obiettivo di una tendenziale unificazione delle condizioni sociali, anche al fine di contrastare pericolose forme di dumping sociale, oltre che fiscale. Ritiene, infine, che le politiche di intervento a livello europeo e nazionale - anche a fronte di una situazione di competizione «al ribasso» creatasi tra sindacati di diversi Paesi comunitari - debbano mirare alla stabilità del lavoro e all'introduzione di misure che evitino il rischio di delocalizzazione delle imprese, quantomeno di quelle strategiche per ciascun Paese, attesa l'attuale esistenza di una forte disponibilità ad accettare, soprattutto in taluni Stati europei di recente ingresso nell'UE, standard e condizioni di lavoro di sempre minor garanzia sociale.

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Giovanni PALADINI (IdV) preannuncia che il suo gruppo non potrà, per il momento, che astenersi nella deliberazione della Commissione relativa ai provvedimenti in esame, riservandosi di definire, per la successiva discussione in Assemblea, una posizione più articolata sull'argomento. Ritiene, infatti, che i documenti adottati dalle istituzioni europee siano poco incisivi e decisamente inadeguati a fronteggiare temi fondamentali, quali il sostegno all'occupazione e la crescita del mercato del lavoro di fronte alla crisi economica in atto. Giudica, peraltro, opportuno che il Parlamento inviti le stesse istituzioni europee ad una maggiore determinazione nell'affrontare le problematiche più direttamente rientranti nelle competenze della XI Commissione, segnalando in particolare le questioni, tuttora aperte, dell'occupazione giovanile, del sostegno alle donne nel mercato del lavoro, nonché della sicurezza e salute dei lavoratori e della revisione degli orari di lavoro.

Giuliano CAZZOLA (PdL) osserva che l'Europa, sin dalla sua nascita, non si è data soltanto obiettivi - sia pure pesantemente «feriti» dalla crisi in atto - ma si è anche dotata di strumenti per conseguirli: su tanti argomenti, le istituzioni europee sono ormai in grado di decidere unitariamente, mentre su altri prevalgono ancora le iniziative adottate a livello nazionale. In ogni caso, rileva che esiste, tra queste categorie di interventi, una sorta di «dato di chiusura», costituito dal controllo sui saldi; per tale ragione, si domanda se - a fronte di una evidente tendenza al rafforzamento del predetto controllo comunitario sui saldi - non sia giunto il momento di lavorare all'adozione di politiche comuni, con obiettivi più precisi e sanzionati, anche in relazione ai grandi aggregati di spesa.
Si sofferma, quindi, sul tema dell'armonizzazione dei diritti, facendo notare come l'Unione europea, diversamente dalle condizioni che ne hanno consentito la nascita, sia ormai divenuta una «Europa a 27», che ha dovuto inevitabilmente rinunciare all'introduzione di diritti sociali uniformi, potendo soltanto ragionare in termini di tendenziale convergenza delle diverse legislazioni statali sulla materia. Dubita, pertanto, che i problemi di dumping sociale segnalati da taluni dei deputati intervenuti - che sono la diretta conseguenza di un'Unione europea allargata - possano essere affrontati e risolti attraverso l'indicazione di una normativa pienamente uniforme in tema di diritti sociali; al contrario, pur riconoscendo l'esigenza di un livello minimo di diritti garantiti, ritiene che il problema debba essere posto con formule meno rigide, non soltanto perché i singoli Stati europei partono da diverse prospettive di sviluppo e possono mirare a differenti velocità di crescita economico-sociale, ma anche in quanto un potenziale rischio di dumping può finire per favorire gli stessi Paesi sviluppati, che possono essere invogliati - di fronte a questi scenari - a migliorare e qualificare i propri standard di competitività.

Teresio DELFINO (UdC), convenendo con alcune delle considerazioni svolte dal deputato Cazzola, ritiene che la crescita di taluni Paesi in via di sviluppo non possa che passare - secondo una logica di mercato che consideri le particolari condizioni economiche presenti in quei contesti - attraverso il riconoscimento di una certa difformità iniziale nelle condizioni salariali dei lavoratori: rispetto a tale dato, le imprese, a suo giudizio, più che lamentarsi per una presunta perdita di competitività, dovrebbero pensare di attrezzarsi adeguatamente con mirati investimenti in materia di innovazione e ricerca. Pur manifestando apprezzamento per l'indicazione, contenuta nei documenti di programmazione politica e legislativa, di nobili obiettivi quali il sostegno ad un'economia sociale di mercato, l'elaborazione di un'agenda dei cittadini che metta la persona al centro delle priorità, la lotta alla disoccupazione strutturale, la promozione dell'inclusione sociale, fa notare che in Europa ancora lunga è la strada da percorrere in vista di un completa integrazione dei soggetti con

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disabilità, attese le difficoltà che essi incontrano nell'accesso agli strumenti di protezione sociale e ai percorsi formativi. Ritiene opportuno, pertanto, che nell'ambito della strategia dell'Unione europea 2010 sia inserito un Patto europeo sulla disabilità, che favorisca iniziative concrete a livello europeo e nazionale, tali da migliorare la qualità della vita delle persone con disabilità e delle loro famiglie.
Giudica, in conclusione, necessario un forte sostegno alle politiche per i soggetti diversamente abili, in modo da incidere significativamente nell'agenda politica dell'Unione europea: infatti, l'inclusione della disabilità nella strategia dell'Unione europea per il prossimo decennio potrà, a suo avviso, produrre cambiamenti importanti, riducendo il tasso di disoccupazione e di povertà. Auspica, pertanto, che il relatore possa farsi carico di tale questione nella definizione della sua proposta di relazione alla XIV Commissione.

Silvano MOFFA, presidente, nel ringraziare i deputati intervenuti per il contributo fornito, assicura anzitutto la piena disponibilità a porre in essere le iniziative prospettate nel corso del dibattito e, in particolare, a verificare la disponibilità degli esponenti della Commissione europea, competenti in materia di lavoro, a svolgere un'eventuale audizione sui temi di interesse. Ritiene, inoltre, che - pur essendo stati sollevati, nella discussione in atto, argomenti in parte riferiti alla competenza di altre Commissioni permanenti - il relatore possa comunque menzionare tali argomenti nella sua proposta di relazione, per lo meno nell'ambito delle questioni relative all'occupazione e al mercato del lavoro.

Massimiliano FEDRIGA (LNP), relatore, nel ringraziare tutti i gruppi per la serietà con la quale hanno affrontato l'esame dei provvedimenti in titolo, presenta una proposta di relazione (vedi allegato), di cui illustra sinteticamente il contenuto. Osservato che la proposta di relazione contiene quasi tutti gli elementi emersi nel corso del dibattito, si sofferma sui rischi di dumping sociale che possono sorgere tra diversi Paesi europei, ricordando come proprio l'allargamento dell'Unione europea a 27 Stati - menzionato dal deputato Cazzola - abbia creato problemi che vanno oggi risolti, non soltanto in relazione alla delocalizzazione delle imprese, ma anche al fine di fronteggiare la concorrenza sleale dei lavoratori stranieri. Segnala, infine, di avere inserito nella sua proposta di relazione anche un riferimento al sostegno dei disabili nel mercato del lavoro, secondo gli auspici formulati dal deputato Delfino.

Giulio SANTAGATA (PD), preso atto della proposta di relazione del relatore, intende brevemente ricollegarsi a talune considerazioni svolte dal deputato Cazzola, facendo notare che l'allargamento dell'Unione europea - e dei suoi principi fondanti - a taluni Paesi dell'Est europeo in via di sviluppo dovrebbe costituire, di per sé, una garanzia circa il loro adeguamento ai valori comunitari in tema di welfare e protezione sociale, mettendo al riparo da rischi maggiori di competizione sleale. Inoltre, pur riconoscendo che le particolari condizioni salariali dei lavoratori, in determinati contesti economici, dipende inevitabilmente da una fase embrionale di sviluppo produttivo, fa presente che il vero rischio di dumping sociale all'interno dei territori nazionali può essere determinato da quegli stessi Paesi che lo evocano - tra cui l'Italia - considerati i trend al ribasso delle dinamiche salariali recenti, registrati nelle realtà industriali più avanzate. Osserva, infine, che l'assenza di adeguate politiche sociali e fiscali, che siano uniformi a livello comunitario, costituisce il vero ostacolo ad una leale concorrenza tra le imprese, alimentando le differenze tra i Paesi per quanto riguarda l'accesso alle protezioni sociali e i livelli salariali.

Cesare DAMIANO (PD), nel dichiarare la condivisione della proposta di relazione formulata dal relatore, intende, anche a seguito di taluni interventi svolti nel dibattito odierno, precisare che - a prescindere

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dalle proprie convinzioni ideologiche, che possono far propendere per un modello economico di sviluppo in luogo di un altro - la necessità di un rafforzamento dei consumi delle famiglie e della stessa domanda nei mercati interni emerge incontrovertibile anche in grandi Paesi orientati all'export, come la Cina, nei quali si impone ormai, di conseguenza, un riconoscimento di standard minimi di tutela sociale e salariale. Auspica, in conclusione, che si possa avviare quanto prima una riflessione sulla necessità di coordinare a livello europeo le politiche fiscali e sociali degli Stati membri, avendo ben presenti tali standard, al fine di evitare fenomeni di dumping sociale e di concorrenza sleale.

Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di relazione formulata dal relatore. Delibera altresì di nominare il deputato Fedriga quale relatore per riferire alla XIV Commissione.
La seduta termina alle 15.30.

SEDE REFERENTE

Mercoledì 7 luglio 2010. - Presidenza del presidente Silvano MOFFA.

La seduta comincia alle 15.30.

Norme in favore del personale a contratto in servizio presso le rappresentanze italiane all'estero.
C. 111 Angeli, C. 719 Fedi, C. 1632 Di Biagio, C. 1963 Lenzi.

(Esame e rinvio).
La Commissione inizia l'esame dei provvedimenti in titolo.

Gabriella GIAMMANCO (PdL), relatore, rileva che le proposte di legge in esame dettano norme volte alla stabilizzazione del personale a contratto in servizio presso le rappresentanze diplomatiche, gli uffici consolari e gli istituti di cultura all'estero. Al riguardo, intende preliminarmente ricordare che il personale a contratto impiegato nelle rappresentanze diplomatico-consolari all'estero e negli istituti italiani di cultura si divide, sotto il profilo normativo, in due categorie: quella con contratto regolato dalla legge locale e quella con contratto regolato dalla legge italiana. Fa notare che alla prima categoria appartengono i contrattisti di cittadinanza straniera o italiana assunti a partire dall'anno 2000: il decreto legislativo 7 aprile 2000, n. 103, ha infatti introdotto una nuova disciplina nelle assunzioni di questa categoria di lavoratori, i cui contratti, regolati dalla legge locale, sono stati frutto di una trattativa tra l'amministrazione e i sindacati e sono stati integrati da norme del diritto del lavoro italiano volte a garantire al predetto personale un rapporto di lavoro equo e trasparente. Ritiene che, al contrario, ben diversa sia la situazione della categoria del personale a contratto regolato dalla legge italiana: si tratta di una categoria di personale ad esaurimento, proprio a seguito dell'entrata in vigore del citato decreto legislativo n. 103 del 2000, con un'anzianità di servizio mediamente compresa tra i quindici e i ventiquattro anni, assunto prevalentemente in base alla legge 13 agosto 1980, n. 462. Osserva, pertanto, che l'inquadramento economico e giuridico del personale a contratto regolato dalla legge italiana presenta, fin dall'origine, diversi aspetti lacunosi, tuttora irrisolti: innanzitutto, malgrado quanto stabilito dalla citata legge n. 462 del 1980, la prevista progressiva immissione mediante concorso nei ruoli organici del Ministero degli affari esteri ha riguardato un numero assai limitato di posti; inoltre, altre problematiche riguardano, in particolare, la progressione di carriera, il congedo per malattia, il trattamento pensionistico e la formazione professionale.
Rileva, dunque, che le proposte di legge in esame sono volte a fronteggiare tale situazione, tentando di dare risposta ai maggiori problemi che caratterizzano tale categoria di personale. Le proposte di legge C. 111, C. 1632 e C. 1963, di contenuto sostanzialmente analogo, dettano una nuova disciplina della materia, volta

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ad affiancarsi alla normativa vigente in materia, che non viene peraltro espressamente modificata. La proposta di legge C. 719, pur perseguendo finalità analoghe alle restanti proposte di legge, interviene sulla normativa vigente in materia, recata prevalentemente dal decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967, modificandola ed integrandola in più parti.
Per quanto concerne le proposte di legge C. 111, C. 1632 e C. 1963, osserva che l'articolo 1 prevede che il personale a contratto del Ministero degli affari esteri regolato dalla legge italiana, in servizio presso le rappresentanze diplomatiche, gli uffici consolari e gli istituti italiani di cultura all'estero, venga collocato nel ruolo speciale transitorio ad esaurimento del medesimo Ministero (di cui alla legge n. 775 del 1956). Per quanto riguarda i requisiti richiesti, la sola proposta di legge C. 1963 richiede la maturazione di un periodo di servizio di almeno cinque anni dalla data di prima assunzione. Per tale personale si prevede, in particolare, l'inquadramento nell'area B prevista dal CCNL vigente per il personale di ruolo del Ministero degli affari esteri; la valutazione per intero del periodo di servizio prestato anteriormente al collocamento nel ruolo speciale transitorio ad esaurimento del Ministero degli affari esteri; l'immissione a domanda nei ruoli organici del Ministero degli affari esteri, in caso di vacanza nell'organico, anche in soprannumero.
Sottolinea che l'articolo 2 prevede il mantenimento stabile all'estero nella sede in cui il personale presta servizio. Il trasferimento ad altra sede è consentito solo per motivi personali o nel caso di chiusura o di soppressione dell'ufficio all'estero, con conseguente riconoscimento delle indennità di trasferimento spettanti al personale di ruolo del Ministero. Segnala che l'articolo 3 prevede una retribuzione annua base non inferiore all'80 per cento (nelle proposte di legge C. 111 e C. 1963) o al 70 per cento (nella proposta di legge C. 1632) dell'ammontare complessivo dell'indennità di servizio percepita, nella stessa sede, dai pari grado di ruolo del Ministero degli affari esteri. Sono riconosciute, inoltre, le aggiunte di famiglia percepite all'estero dal personale di ruolo del Ministero degli affari esteri, nonché i congedi, i periodi di maternità e di malattia previsti per il personale di pari grado e ruolo del Ministero degli affari esteri in servizio all'estero.
Fa notare che le proposte di legge C. 111 e C. 1963, inoltre (diversamente dalla proposta di legge C. 1632, che nulla dispone al riguardo), fissano il periodo di malattia senza decurtazione dello stipendio in 45 giorni all'anno, mentre l'articolo 4 prevede che il personale a contratto sia assicurato per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti presso l'INPS, con contributi commisurati alla retribuzione imponibile. Le sole proposte di legge C. 111 e C. 1963 (diversamente dalla proposta di legge C. 1632, che nulla dispone al riguardo) riconoscono, inoltre, al personale a contratto con un'anzianità di servizio di almeno 15 anni, la facoltà di optare tra regime previdenziale contributivo e retributivo.
Si sofferma poi sull'articolo 5 delle proposte di legge C. 111 e C. 1963, che attribuisce al personale con 18 anni di anzianità di servizio, senza demerito, a domanda, la progressione di carriera di un livello superiore rispetto a quello di prima assunzione, e sull'articolo 6 delle citate proposte di legge C. 111 e C. 1963, nonché l'articolo 5 della proposta di legge C. 1632, che contengono una norma di chiusura, volta a prevedere che per quanto in esse non espressamente previsto trovano applicazione le disposizioni normative e la contrattazione collettiva nazionale applicabili agli impiegati di ruolo del Ministero degli affari esteri in servizio all'estero. Infine, fa presente che le sole proposte di legge C. 111 e C. 1963 recano una disposizione di copertura degli oneri, valutati in 30 milioni di euro annui.
Rileva, quindi, che la proposta di legge C. 719 novella, come detto in precedenza, il decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, recante l'ordinamento dell'amministrazione degli affari esteri (che, per ragioni pratiche, sarà di seguito definito semplicemente «decreto

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del Presidente della Repubblica»). L'articolo 1 modifica l'articolo 93 del decreto del Presidente della Repubblica, al fine ricondurre pienamente gli impiegati in servizio presso le rappresentanze diplomatiche, gli uffici consolari e gli istituti italiani di cultura all'estero, nell'ambito del personale dell'Amministrazione degli affari esteri. Gli articoli 2 e 3 modificano la struttura del titolo VI del decreto del Presidente della Repubblica, recante la disciplina del personale a contratto presso le rappresentanze diplomatiche, gli uffici consolari e gli istituti italiani di cultura, suddividendolo in due Capi: il primo, riguardante l'assunzione degli impiegati presso le rappresentanze diplomatiche, gli uffici consolari e gli istituti italiani di cultura; il secondo, riguardante le norme applicabili ai dipendenti con contratto di lavoro regolato dalla legge locale. Segnala che l'articolo 3, comma 2, abroga l'articolo 167 del decreto del Presidente della Repubblica, che prevede una riserva di posti (pari al 10 per cento) per gli impiegati di nazionalità italiana con contratto a tempo indeterminato in occasione dei concorsi per l'accesso ai ruoli organici del Ministero degli affari esteri, mentre l'articolo 4 modifica l'articolo 152 del decreto del Presidente della Repubblica, il quale dispone che le rappresentanze diplomatiche, gli uffici consolari e gli istituti italiani di cultura all'estero, possono assumere personale a contratto per le proprie esigenze di servizio, previa autorizzazione dell'Amministrazione centrale, nel limite di un contingente complessivo pari a 2.277 unità. Fa notare che la norma, in particolare, è volta a ricondurre alla disciplina vigente, recata dall'articolo 6 del decreto legislativo n. 165 del 2001 e dall'articolo 1, comma 1317, della legge n. 296 del 2006 (che ha incrementato il detto contingente di 65 unità), la definizione della dotazione organica del personale a contratto. Osserva poi che l'articolo 5 sostituisce l'articolo 154 del decreto del Presidente della Repubblica - il quale attualmente prevede che per quanto non espressamente previsto dalla normativa italiana i contratti sono regolati dalla legge locale - al fine di riconoscere ai dipendenti a contratto la possibilità di optare per la legge, italiana o locale, che dovrà regolare il proprio contratto individuale di lavoro. Per il personale che ha optato per la legge locale viene fatta salva (sempre che la legge locale non sia più favorevole) l'applicazione dell'articolo 45, comma 2, del già citato decreto legislativo n. 165, il quale prevede l'obbligo per le amministrazioni pubbliche di garantire ai propri dipendenti parità di trattamento contrattuale e comunque trattamenti non inferiori a quelli previsti dai rispettivi contratti collettivi. Dopo la prima scelta all'atto dell'assunzione, si attribuisce ai dipendenti la facoltà di optare, entro tre anni dalla stipula del primo contratto individuale di lavoro e per una sola volta, per una diversa legge regolatrice del contratto. Infine, la disposizione prevede che nei confronti del personale che ha optato per la legge locale trovino comunque applicazione gli accordi collettivi concernenti la costituzione e il funzionamento delle RSU e i diritti sindacali sul luogo di lavoro. Sottolinea che l'articolo 6 integra l'articolo 155 del decreto del Presidente della Repubblica, ove sono disciplinati i requisiti e le modalità di assunzione, al fine di prevedere che alle procedure selettive si applichino, in quanto compatibili, le disposizioni contenute all'articolo 35 del decreto legislativo n. 165 del 2001, che definisce i principi del reclutamento del personale nelle amministrazioni pubbliche. L'articolo 7 introduce l'articolo 155-bis, al fine di prevedere che il trasferimento presso gli uffici centrali del Ministero degli affari esteri del personale assunto localmente dalle rappresentanze diplomatiche, dagli uffici consolari e dagli istituti italiani di cultura, debba avvenire sulla base di una graduatoria permanente per soli titoli, aggiornata annualmente, predisposta secondo appositi criteri stabiliti dallo stesso Ministero, d'intesa con le organizzazioni sindacali. Rileva che la norma precisa che tale trasferimento non comporta alcuna soluzione di continuità del rapporto di lavoro in precedenza instaurato. Inoltre, durante il periodo di prova (che l'articolo 152, comma

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2, fissa in nove mesi) il contratto individuale di lavoro a tempo indeterminato viene regolato dalla legge italiana, salvo rinuncia alla domanda di trasferimento. Si sofferma, infine, sull'articolo 8, che introduce l'articolo 155-ter, al fine di coordinare formalmente il testo con la suddivisione del Titolo VI in due Capi, il secondo dei quali recante le norme applicabili al personale con contratto di lavoro regolato dalla legge locale.
In conclusione, attesa l'importanza delle questioni oggetto delle proposte di legge in esame, auspica che su di esse si sviluppi un ampio dibattito, con l'obiettivo di pervenire in tempi brevi alla redazione di un eventuale testo unificato.

Silvano MOFFA, presidente, preso atto dell'articolata relazione introduttiva svolta e ricordato che il dibattito sui provvedimenti in titolo proseguirà nella prossima settimana, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.45.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

Mercoledì 7 luglio 2010.

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 15.45 alle 15.50.