CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 15 giugno 2010
337.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Comitato per la legislazione
COMUNICATO
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ESAME AI SENSI DELL'ARTICOLO 96-TER, COMMA 3, DEL REGOLAMENTO

Martedì 15 giugno 2010. - Presidenza del presidente Antonino LO PRESTI.

La seduta comincia alle 12.35.

Schema di decreto legislativo recante riordino del processo amministrativo.
Atto n. 212.

(Parere alla Commissione II).
(Esame e conclusione - Parere con condizioni, osservazioni e raccomandazione).

Il Comitato inizia l'esame dello schema di decreto legislativo in titolo.

Antonino LO PRESTI, presidente, ricorda che all'ordine del giorno figura oggi l'esame dell'atto n. 212, di riordino del processo amministrativo, che costituisce un testo da lungo tempo invocato dagli operatori come strumento essenziale per un più efficace esercizio della giustizia amministrativa.
Sottolinea dunque il significato della richiesta formulata dai componenti la Commissione Giustizia finalizzata ad acquisire il parere del Comitato per la legislazione. Si tratta, infatti, a suo avviso, di una scelta procedurale funzionale ad una più approfondita istruttoria parlamentare. E consente di integrare le valutazioni di merito provenienti dalla Commissione II, come quelle della Commissione I, con il contributo che il Comitato saprà fornire relativamente agli ambiti di propria spettanza, con particolare riguardo agli aspetti concernenti la tecnica legislativa, la chiarezza, la congruità e la qualità complessiva del testo.

Roberto ZACCARIA, relatore, osserva che l'affiancamento del Comitato per la legislazione alle Commissioni di merito in occasione dell'esame di testi aventi ad oggetto il riassetto, anche mediante codificazione, di interi settori normativi dell'ordinamento, si configura come metodo ottimale ai fini dell'espletamento delle funzioni di indirizzo e controllo che il Parlamento è chiamato ad esercitare sui provvedimenti governativi attuativi di norme di delegazione. Ritiene, altresì, di dover esprimere il proprio apprezzamento per l'accurato approfondimento istruttorio condotto dal presidente Lo Presti e dalla collega Bernini Bovicelli nella loro qualità di relatori presso le Commissioni I e II, e per i suggerimenti che hanno fornito ai fini della predisposizione della sua proposta di parere.
Come detto, si tratta di un provvedimento di ampio respiro, alla cui redazione

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ha contribuito una Commissione tecnica composta da studiosi altamente qualificati. Deve però evidenziare il mancato esercizio da parte del legislatore delegato di alcuni rilevanti ambiti della delega a suo tempo conferita dalla legge n. 69 del 2009, ai fini dell'organico riassetto della disciplina del processo amministrativo.
Si è infatti omesso di provvedere all'introduzione nell'ordinamento positivo dell'azione di accertamento, istituto su cui la dottrina ha in passato a lungo dibattuto, ritenendosi da parte di alcuni studiosi che la stessa sia da ritenere comunque implicitamente ammessa dall'ordinamento. Né vi sono disposizioni finalizzate a realizzare quell'ampliamento delle funzioni istruttorie da esercitare in forma monocratica, vanificando così un principio di delega strettamente connesso all'obiettivo di una ragionevole durata dei processi in attuazione del principio costituzionale del giusto processo. Manca inoltre la disciplina sul contenzioso elettorale, anch'esso materia oggetto della delega. Infine, non è stato previsto il termine massimo entro cui deve essere fissata l'udienza di merito qualora si provveda in via cautelare con ordinanza di sospensione dell'atto.
Su tale ultimo punto ha inteso formulare un'espressa condizione (all'articolo 55, comma 11), mentre ha ritenuto di formulare un'osservazione in relazione all'articolo 11, in materia di translatio iudicii, che pure non risulta pienamente conforme alla norma di delega in quanto prevede la «riproposizione» del giudizio e non la «riassunzione» del processo e dei relativi termini come disposto dal citato articolo 44, comma 2, lett. e).
Nella proposta di parere ha anche svolto una specifica critica sul metodo adottato dal legislatore, che, pur producendo sia l'AIR che l'ATN, non ha tuttavia fornito alle Commissioni parlamentari un testo corredato di un adeguato apparato di note e di documentazione: esso sarebbe stato essenziale per consentire agli organi parlamentari di effettuare un pieno controllo sull'esercizio della delega nei suoi contenuti innovativi e nella completezza dell'opera di abrogazione del diritto vigente. È di tutta evidenza che tale profilo risulta particolarmente rilevante quando si agisce in attuazione di una delega finalizzata al riordino normativo di un intero settore ordinamentale, in cui l'attività meramente compilativa si combina necessariamente con l'introduzione di contenuti sostanziali. Pertanto, ha ritenuto di inserire nella proposta di parere una raccomandazione affinché ciò non si ripeta in futuro per provvedimenti di analogo tenore.
Sempre sul piano del metodo ritiene meritevole di attenzione il termine di entrata in vigore del provvedimento, che è fissato al 16 settembre 2010. Si tratta di un termine a suo avviso eccessivamente stringente in relazione all'esigenza degli operatori di acquisire i necessari elementi di conoscenza e approfondimento della procedura; ciò anche in relazione ai previsti effetti di perenzione semi-automatica per le controversie incardinate da più di cinque anni (allegato 3). Ricorda che tale valutazione è stata espressa a più riprese anche durante le audizioni svolte in Commissione Affari Costituzionali. Tra gli altri, il presidente dell'associazione dei professori di diritto amministrativo, il professor Merusi, ha anche segnalato che il meccanismo della perenzione rischia di bloccare l'attività dei professionisti (che dovrebbero nuovamente contattare tutti i ricorrenti interessati) e la stessa attività giurisdizionale, per gli inevitabili numerosissimi ricorsi contro le perenzioni.
Con riferimento alla parte dispositiva del parere, segnala che tre condizioni (all'articolo 18, comma 7, all'articolo 26, comma 1 e agli articoli 112, comma 4 e 113) mirano a rendere il testo conforme a pronunce della Corte Costituzionale, nonché al principio costituzionale del doppio grado di giudizio.
Ulteriori due condizioni, riferite all'Allegato 4, riguardano il mancato coordinamento con il decreto legislativo 1o dicembre 2009, n. 179 di ricognizione delle disposizioni legislative statali anteriori al 1o gennaio 1970, di cui si ritiene indispensabile la permanenza in vigore. Desidera richiamare l'attenzione su una procedura

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- quella del cosiddetto salva leggi - che se non correttamente gestita presenta forti rischi di generare disordine normativo.
Altri rilievi formulati riguardano il raccordo del testo con norme costituzionali - che a suo avviso dovrebbero essere integralmente riprodotte oppure esplicitamente richiamate - nonché con norme processualcivilistiche cui si rinvia nonostante, nei loro meccanismi applicativi, esse non siano immediatamente trasponibili nel giudizio amministrativo. Si riferisce, in particolare all'articolo 63, comma 3, in materia di assunzione della prova testimoniale in forma scritta.
Rileva, ancora, che non appare opportuno che un provvedimento che si qualifica come «codice del processo amministrativo» utilizzi rinvii normativi formulati in termini generici ad «altri casi espressamente previsti» (come all'articolo 87) ovvero «salvo ulteriori previsioni di legge» (articolo 133). Ciò in quanto la normativa in esso contenuta dovrebbe essere connotata dal carattere di esaustività della disciplina generale ed all'emanando codice dovrebbe conseguire l'abrogazione di tutte le disposizioni preesistenti in tale ambito che non abbiano carattere di disciplina speciale o eccezionale.
Infine, oltre a numerose richieste di correzione di talune norme, su cui rinvia al testo della proposta di parere, segnala un ultimo suggerimento concernente l'integrazione dell'articolo 7 con l'espressione «tutela di interessi legittimi contro» atti, provvedimenti o omissioni delle pubbliche amministrazioni. È una richiesta di modifica del testo che sottende all'affermazione del principio secondo cui l'azione giurisdizionale in campo amministrativo deve anch'essa avere al centro la tutela di posizioni soggettive e non la mera protezione dell'interesse pubblico.

Anna Maria BERNINI BOVICELLI, pur concordando con i contenuti dell'intervento svolto dal relatore, intende effettuare alcune precisazioni sulle critiche espresse in relazione all'attuazione delle garanzie costituzionali del giusto processo nelle disposizioni oggetto di esame.
Nel sottoscrivere le richieste di correzione del testo ed in particolare l'esigenza di precisare le modalità di assunzione della testimonianza scritta, si sofferma sulle valutazioni espresse in ordine alla mancata attuazione dell'oggetto della delega concernente l'ampliamento delle funzioni istruttorie esercitate in forma monocratica che, secondo quanto esposto, inciderebbe negativamente sulla ragionevole durata del processo.
Rileva infatti che il giudizio amministrativo tradizionalmente si atteggia come giudizio di legittimità, e pertanto non prevede una fase istruttoria. Il principio di delega sull'attività istruttoria è stato quindi attuato correttamente e compatibilmente con le caratteristiche consolidate della giustizia amministrativa.
A suo avviso la delega prevista dall'articolo 44 della citata legge n. 69 è stata ampiamente attuata, salva che per quanto riguarda la disciplina del contenzioso elettorale, dove ragioni di discrezionalità politica hanno indotto il Governo a non intervenire.
Precisa inoltre che il richiamo implicito a principi costituzionali, quale quello della motivazione dei provvedimenti del giudice, viene effettuato precisando - a suo giudizio correttamente - che la motivazione deve riguardare i soli provvedimenti che non abbiano funzione meramente ordinatoria ma contenuto decisorio.
Un ulteriore aspetto di difformità rispetto alla norma di delega è stato poi segnalato in materia di translatio iudicii, dove però, oltre alla norma di delega, si deve tener conto anche di quanto statuito dall'articolo 59 della medesima legge n. 69 che effettivamente parla sia di riproposizione che di riassunzione del giudizio. La scelta discrezionale del legislatore tra questi due differenti meccanismi procedurali evidentemente incide con effetti diversi sul computo della durata del processo, con riflessi anche sull'esercizio della tutela assicurata dalla legge n. 89 del 2001, cosiddetta legge Pinto.
Conclusivamente, non concorda con le valutazioni relative al termine di entrata in vigore della nuova disciplina, sia perché

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rileva che si è di fronte ad un testo solo parzialmente innovativo dell'attuale disciplina processuale, sia perché eventuali necessità di correzione potranno essere verificate in sede di esercizio della potestà normativa delegata di tipo integrativo e correttivo.
Ciò anche al fine di poter operare una più efficace azione di coordinamento con la nuova normativa attuativa della cosiddetta direttiva appalti, entrata in vigore in tempi recenti e che già evidenzia la necessità di una messa a punto in tempi rapidi. Ovviamente non intende disconoscere le legittime richieste provenienti dagli operatori e dalle associazioni professionali, ma ritiene che le esigenze espresse possano trovare soddisfazione attraverso una modifica delle disposizioni transitorie, quale quella delle perenzione della cause pendenti da più di cinque anni.

Antonino LO PRESTI, presidente, rileva che le considerazione espresse dai colleghi in ordine all'articolo 63, comma 3, sono assolutamente condivisibili. È di tutta evidenza che, sul presupposto che la forma orale non è ammissibile nel processo amministrativo, si dovrebbe specificare che il richiamo al codice di procedura civile deve essere inteso nel senso che non debba esservi il necessario accordo delle parti e che il giudice non possa comunque disporre che il testimone sia chiamato a deporre davanti a lui. In tal senso invita il relatore a precisare che la disposizione in oggetto andrebbe riformulata proprio per rendere più esplicito questo precetto.
Sull'entrata in vigore del testo comprende che la questione è suscettibile di avere letture contrapposte e ritiene che sia opportuno comunque rimettere alla Commissione di merito l'invito ad approfondire la questione. La sua valutazione è che le richieste di rinvio avanzate siano sicuramente giustificate in ragione dei continui assestamenti nella stesura del testo dalla sua versione originaria a quella definitiva, che dovrà tenere conto dei pareri parlamentari. In ogni caso, un eventuale rinvio dovrà comunque essere di breve durata, ad esempio fino al prossimo 1o gennaio.

Roberto ZACCARIA, relatore, tenuto conto del dibattito svolto, formula quindi la seguente proposta di parere:
«Il Comitato per la legislazione,
esaminato l'Atto n. 212, recante il riordino del processo amministrativo in attuazione della delega conferita dall'articolo 44 della legge n. 69 del 2009 e ricordato che esso è sottoposto all'attenzione del Comitato in virtù della richiesta, ai sensi dell'articolo 96-ter, comma 3, proveniente dalla II Commissione;

rilevato altresì che:
lo schema di decreto reca un contenuto omogeneo, volto a codificare un settore - quello del processo amministrativo - che è connotato da una storica stratificazione normativa che adesso il testo in esame si propone di superare attraverso la contestuale abrogazione esplicita, secondo quanto riferito nell'ATN, «di circa 50 fonti normative e di un numero di disposizioni pari a circa 350 articoli»;
lo schema di decreto non incide sulla totalità degli oggetti indicati nella norma di delegazione omettendo, in particolare, la prevista introduzione dell'azione di accertamento e del termine massimo di un anno per l'udienza di merito in caso di concessione di provvedimenti sospensivi in via cautelare, nonché l'ampliamento delle funzioni istruttorie esercitate in forma monocratica e la disciplina del contenzioso elettorale;
pur essendo corredato sia della relazione sull'analisi tecnico-normativa (ATN), sia della relazione sull'analisi di impatto della regolamentazione (AIR), redatte secondo i modelli stabiliti - rispettivamente - dalla direttiva del Presidente del Consiglio in data 10 settembre 2008 e dal regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 settembre 2008, n. 170, lo schema di decreto legislativo non è tuttavia corredato di un apparato di note e di documentazione adeguato a realizzare un pieno discernimento

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di ciò che è nuovo, ciò che cristallizza orientamenti giurisprudenziali consolidati e ciò che invece riproduce sostanzialmente il diritto già vigente; tale modalità di attuazione della delega legislativa non consente quindi agli organi parlamentari di effettuare un pieno controllo sull'esercizio della delega nei suoi contenuti innovativi e nella completezza dell'opera di abrogazione del diritto vigente che è particolarmente rilevante quando si agisce in attuazione di una delega finalizzata al riordino normativo di un intero settore ordinamentale, in cui l'attività meramente compilativa si combina necessariamente con l'introduzione di contenuti sostanziali;
ritiene che, per la conformità ai parametri stabiliti dall'articolo 16-bis del Regolamento, debbano essere rispettate le seguenti condizioni:

sotto il profilo dell'efficacia del testo per la semplificazione e il riordinamento della legislazione vigente:
all'articolo 18, comma 7 - secondo cui il giudice amministrativo che si pronuncia negativamente sull'istanza di ricusazione «condanna la parte che l'ha proposta ad una pena pecuniaria non superiore ad euro cinquecento» - si verifichi la necessità di un coordinamento con l'articolo 54, comma 3, del codice di procedura civile (Il giudice, con l'ordinanza con cui dichiara inammissibile o rigetta la ricusazione, provvede sulle spese e può condannare la parte che l'ha proposta ad una pena pecuniaria non superiore a euro 250) - atteso che la nuova formulazione della citata disposizione processualcivilistica, introdotta con la medesima legge n. 69 del 2009, fissa un limite di pena inferiore e soprattutto non esclude la discrezionalità del giudice in sede di condanna, anche in ossequio alle indicazioni della Corte costituzionale che, con sentenza n. 78/2002, aveva dichiarato «l'illegittimità costituzionale dell'articolo 54, terzo comma, del codice di procedura civile (Ordinanza sulla ricusazione), nella parte in cui prevede che l'ordinanza, che dichiara inammissibile o rigetta la ricusazione, "condanna" la parte o il difensore che l'ha proposta ad una pena pecuniaria, anziché prevedere che "può condannare" la parte o il difensore medesimi ad una pena pecuniaria»; al riguardo, dovrebbe anche valutarsi l'opportunità di sostituire il riferimento alla pena con quello alla sanzione pecuniaria e di prevedere che gli introiti siano presi in considerazione dall'articolo 15 dell'Allegato 2, sulle spese di giustizia;
all'articolo 26, comma 1, in materia di spese del giudizio, si espunga il riferimento all'articolo 98 codice di procedura civile, dichiarato incostituzionale con sentenza della Corte n. 67 del 1960;
all'articolo 55, comma 11 - che disciplina la materia della tutela cautelare, prevedendo che l'ordinanza collegiale che concede la tutela cautelare deve sempre contenere la fissazione della data di discussione dell'udienza di merito - sia esplicitato il termine ultimo entro il quale l'udienza deve essere fissata, considerato che il criterio di delega prevede espressamente che l'udienza di merito sia celebrata entro il termine di un anno (articolo 44, c. 2, lett. f), n. 3);
agli articoli 112, comma 4 e 113 - che definiscono le competenze giurisdizionali sulla domanda di risarcimento dei danni proposta in sede di giudizio di ottemperanza - si esplicitino le modalità con cui trovano applicazione in questa sede i principi del doppio grado di giudizio;
all'articolo 2, comma 3, dell'Allegato 4 - che reca alcune modifiche ed abrogazioni della legge 23 dicembre 1966, n. 1147 - si verifichi il coordinamento con il decreto legislativo 1o dicembre 2009, n. 179 (di ricognizione delle disposizioni legislative statali anteriori al 1o gennaio 1970, di cui si ritiene indispensabile la permanenza in vigore), atteso che la legge n. 1147 del 1966 risulta già integralmente abrogata (ad eccezione degli articoli da 1 a 5, 7 e 8) dal citato decreto legislativo e, pertanto, le modifiche recate dalle lettere a) e b) del citato comma 3 si riferiscono a disposizioni per le quali interverrà l'abrogazione

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il prossimo 16 dicembre, mentre la lettera c) abroga - tra gli altri - gli articoli 2, 7, comma 2 ed 8 della medesima legge n. 1147 fatti salvi, come accennato, dal decreto legislativo n. 179, che verrebbe così ulteriormente modificato in maniera non testuale;
analogamente, all'articolo 4 dell'allegato 4 - che reca norme di coordinamento e abrogazioni, disponendo che «a decorrere dall'entrata in vigore del presente decreto legislativo sono o restano abrogati» una serie di atti normativi - si verifichi il coordinamento con il già citato decreto legislativo 1o dicembre 2009, n. 179, atteso che la disposizione in esame abroga l'articolo 8 della legge 21 aprile 1962, n. 161 (erroneamente indicata come legge in data 21 novembre), fatto salvo dal n. 1780 dell'allegato 1 al citato decreto legislativo n. 179 del 2009 e l'articolo 11 della legge 21 novembre 1967, n. 1185, fatto salvo dal n. 2200 del citato allegato 1;

sotto il profilo della chiarezza e della proprietà della formulazione:
all'articolo 25, si verifichi se, per un refuso, non sia stato riprodotto erroneamente il concetto secondo cui nei giudizi davanti ai tribunali amministrativi regionali, la parte si intende domiciliata, ad ogni effetto, presso la segreteria del tribunale amministrativo regionale o della sezione staccata, solo se non elegge domicilio nel comune sede del tribunale amministrativo regionale o della sezione staccata dove pende il ricorso;
all'articolo 63, comma 3 - secondo cui «Su istanza di parte il giudice può ammettere la prova testimoniale, che è sempre assunta in forma scritta ai sensi del codice di procedura civile» - si chiarisca il richiamo al codice di procedura civile al fine di precisare che l'assunzione della prova testimoniale scritta non è sottoposta agli stessi limiti di cui all'articolo 257-bis c.p.c. (introdotto dall'articolo 46 della citata legge delega n. 69 del 2009) in ordine al necessario accordo delle parti e che il giudice non può poi disporre che il testimone sia comunque chiamato a deporre davanti a lui;
all'articolo 135, comma 1, lett. d) - che fissa la competenza inderogabile del TAR Lazio - sia sostituito l'erroneo riferimento all'articolo 136 con quello corretto all'articolo 133.

Il Comitato osserva altresì:

sotto il profilo dell'efficacia del testo per la semplificazione e il riordinamento della legislazione vigente:
all'articolo 2 del decreto legislativo - che fissa il termine di entrata in vigore del provvedimento al 16 settembre 2010 - dovrebbe valutarsi la congruità del termine in relazione all'esigenza degli operatori di acquisire i necessari elementi di conoscenza e approfondimento della procedura; ciò anche in relazione ai previsti effetti di perenzione semi-automatica per le controversie incardinate da più di cinque anni (allegato 3);

sotto il profilo della chiarezza e della proprietà della formulazione:
agli articoli 2 e 3 - che costituiscono disposizioni volte a fissare i principi della giurisdizione amministrativa in ordine al "giusto processo" ed all'obbligo di motivazione dei provvedimenti - dovrebbe verificarsi l'esigenza di effettuare un espresso richiamo all'articolo 111 della Costituzione ed eventualmente adottare una locuzione assolutamente coincidente con l'articolo 111, sesto comma, della Costituzione che riferisce l'obbligo di motivazione ad ogni provvedimento giurisdizionale, mentre l'articolo 3 si riferisce al provvedimento decisorio del giudice;
all'articolo 11, commi 2, 3, 4 e 5 - che prevede, in materia di translatio iudicii, le modalità di riproposizione del giudizio - dovrebbe procedersi a sostituire il riferimento alla riproposizione del giudizio con quello alla «riassunzione» del medesimo, in ossequio alla disciplina della norma di delega che prevede la

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"riassunzione" del processo e dei relativi termini (articolo 44, comma 2, lett. e);
all'articolo 29, in materia di azione di annullamento, dovrebbe esplicitarsi l'oggetto dell'azione di annullamento (ovvero il provvedimento amministrativo) e il termine dal quale decorrono i 60 giorni per il relativo esercizio;
all'articolo 30, comma 1 - che disciplina la proposizione dell'azione di condanna prevedendo che essa «può essere proposta contestualmente ad altra azione o, nei soli casi di giurisdizione esclusiva e nei casi di cui al presente articolo, anche in via autonoma - dovrebbe chiarirsi se l'espressione «nei casi di cui al presente articolo» debba intendersi nel senso che la proposizione in via autonoma dell'azione di condanna in sede di giurisdizione esclusiva può avvenire solo alle condizioni indicate nel medesimo articolo 30;
all'articolo 54, comma 1 - che consente al collegio giudicante di autorizzare la presentazione tardiva di memorie o documenti "quando la produzione nel termine di legge risulta estremamente difficile" - dovrebbe verificarsi se la formulazione della norma sia congrua in relazione alla necessità di delimitare con certezza una fattispecie suscettibile di incidere significativamente sulla posizione processuale delle parti;
all'articolo 56, comma 2 - che prevede la possibilità di adottare misure cautelari monocratiche, affidando al presidente il potere di provvedere anche qualora l'esigenza cautelare non consenta l'accertamento del perfezionamento delle notificazioni per cause non imputabili al ricorrente e di sentire, "fuori udienza e senza formalità", anche separatamente, le parti che si siano rese disponibili prima dell'emanazione del decreto - dovrebbe verificarsi l'esigenza, da un lato, di precisare le modalità di esercizio di tale ultimo potere di sentire le parti fuori udienza e senza formalità e, dall'altro lato, di chiarire altresì se tale attività competa esclusivamente al presidente o anche ad un suo delegato, cui si riferisce il primo periodo del comma in esame;
al medesimo articolo 56, comma 3, dovrebbe esplicitarsi che il provvedimento che dispone la prestazione di una cauzione indica specificamente l'oggetto, le modalità della prestazione nonché il termine di adempimento, così come viene espressamente previsto in materia di misure cautelari collegiali (articolo 55, comma 2, ultimo periodo);
all'articolo 61 - che disciplina la tutela ante causam "in caso di eccezionale gravità e urgenza, tale da non consentire neppure la previa notificazione del ricorso e la domanda di misure cautelari provvisorie" - dovrebbero chiarirsi le modalità di attivazione della tutela cautelare ante causam, in particolare, con riferimento al contenuto (minimo e necessario) della relativa istanza ed alla possibilità che essa sia proposta anche senza l'assistenza del patrocinante (atteso l'utilizzo dell'espressione "soggetto legittimato");
all'articolo 84, comma 4 - secondo cui "il giudice può desumere dall'intervento di fatti o atti univoci dopo la proposizione del ricorso ed altresì dal comportamento delle parti argomenti di prova della sopravvenuta carenza d'interesse alla decisione della causa" - dovrebbe verificarsi l'esigenza di definire con maggiore precisione quali elementi il giudice debba prendere in considerazione al fine di desumere la carenza di interesse alla decisione della causa pur in assenza di una formale rinunzia;
all'articolo 87, comma 2 - che elenca i casi di trattazione in camera di consiglio della controversia "oltre agli altri casi espressamente previsti" - dovrebbero esplicitarsi a quali "altri casi" di trattazione in camera di consiglio si intenda fare riferimento, essendo il testo in esame qualificato come un codice, alle cui disposizioni dovrebbe dunque attribuirsi carattere di esaustività della disciplina generale;
all'articolo 130, comma 1, lett. b) - che legittima al ricorso in materia elettorale per le elezioni dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia, "qualsiasi cittadino elettore", come peraltro già

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stabilito dalla normativa attualmente vigente - dovrebbe verificarsi la necessita di modificare la locuzione "cittadino elettore", atteso che essa esclude la legittimazione a ricorrere per i candidati alle elezioni europee che non siano cittadini italiani;
all'articolo 133 - che reca un ampio elenco dei casi di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, "salvo ulteriori previsioni di legge" - dovrebbe procedersi ad esplicitare quali sono le "ulteriori previsioni di legge" cui si effettua il rimando, atteso che l'emanando codice dovrebbe comportare l'abrogazione di tutte le disposizioni preesistenti in tale ambito che non abbiano carattere di disciplina speciale o eccezionale;
all'Allegato 2, articolo 14, dovrebbe verificarsi se la disposizione sia pienamente coordinata con gli articoli 124 e 126 del decreto legislativo 113 del 2002 che disciplinano, nell'ambito del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, l'istanza di ammissione al patrocinio;
all'Allegato 2, articolo 15 dovrebbe verificarsi se il riferimento alle "pene" (rectius sanzioni) debba essere esteso, oltre che all'articolo 123, comma 1, anche all'articolo 18, comma 7, che pure prevede una pena pecuniaria."

Dovrebbe valutarsi infine l'opportunità di effettuare le seguenti correzioni al testo:
a) l'articolo 1 si riferisce ai principi del "diritto europeo", mentre sarebbe più opportuno richiamare i principi del diritto dell'Unione europea e del Consiglio d'Europa, nel cui ordinamento è incardinata la Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU);
b) all'articolo 7, comma 4,dovrebbe precisarsi che si fa riferimento alle controversie relative "alla tutela di interessi legittimi contro" atti, provvedimenti o omissioni delle pubbliche amministrazioni;
c) l'articolo 30, comma 3, disciplina l'azione di risarcimento mentre sarebbe più corretta la locuzione "domanda di risarcimento";
d) analogamente all'articolo 34 l'espressione "posizione giuridica" dovrebbe essere sostituita con "situazione giuridica";
e) all'articolo 40, comma 1, lett.d), occorrerebbe modificare "esso" con "essa";
f) all'articolo 55, il comma 13 reca un riferimento interno all'articolo 15, commi 5 e 6, che sembrerebbe più corretto riferire ai commi 5 e 7 del medesimo articolo 15;
g) all'articolo 87, i commi 3 e 4 non precisano che essi si riferiscono ai casi di trattazione in camera di consiglio di cui al comma 2 del medesimo articolo;
h) gli articoli 122 e 124 non precisano che il richiamo all'articolo 121 concerne il solo comma 1 del medesimo articolo 121;
i) all'articolo 133, la lettera j) richiama l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, nonché le "altre Autorità istituite ai sensi della legge 14 novembre 1995, n. 481", che sembra però prevedere soltanto l'istituzione delle due Autorità espressamente richiamate;
j) l'articolo 1 dell'Allegato 2 si riferisce genericamente a "ciascun ufficio giudiziario" piuttosto che a ciascun organo di giustizia amministrativa, come gli altri articoli del medesimo allegato;
k) l'articolo 3 dell'allegato 4, ai commi 9 e 10 sostituiscono in maniera identica l'articolo 53 - rispettivamente - del testo unico delle disposizioni legislative in materia di espropriazione per pubblica utilità di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 325 (erroneamente indicato come "decreto Presidente della Repubblica") e del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno

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2001, n. 327, peraltro senza ripetere, nella novella, numero e rubrica dell'articolo sostituito; si segnala in proposito che la circolare sulla formulazione tecnica dei testi legislativi (paragrafo 3, lettera m) ) dispone che "la modifica a norme dei testi unici "misti" previsti dall'articolo 7 della legge n. 50 del 1999 è fatta unicamente al decreto del Presidente della Repubblica (cosiddetto testo A) contenente sia le disposizioni legislative sia quelle regolamentari. In caso di sostituzione o aggiunta di articoli o commi è necessario precisare, apponendo la lettera L o R, il rango della disposizione oggetto di modifica; se la modifica sostituisca un intero articolo, o introduca un articolo aggiuntivo, la novella reca, dopo la parola "ART", la lettera (L o R) corrispondente alla fonte che pera la modifica"; inoltre il comma 11, ai sensi della citata circolare, modifica in due punti soltanto la disposizione del testo unico "misto" di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, intervenendo sull'articolo 13, comma 6-bis, già modificato, di recente, dal decreto legislativo n. 53 del 2010 (essendo la seconda modifica rubricata sotto la lettera b) la prima dovrebbe essere rubricata sotto la lettera a) anziché essere riportata di seguito all'alinea);
l) all'articolo 4 dell'Allegato 4, al n. 14) la legge n. 186 del 1982 è indicata con la data del 27 febbraio in luogo del 27 aprile 1982; il n. 44) abroga l'articolo 20, comma 8, del decreto-legge n. 185 del 2008, di cui è già disposta l'abrogazione dall'articolo 15, comma 1, del decreto legislativo n. 53 del 2010, il cui comma 4 reca però una disposizione transitoria che ne fa salva l'applicazione limitatamente agli interventi per i quali siano già stati nominati i relativi commissari o vengano nominati entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto n. 53;

Il Comitato formula infine la seguente raccomandazione:

sotto il profilo dell'efficacia del testo per la semplificazione e il riordinamento della legislazione vigente:
nei casi in cui si producano testi legislativi volti al riassetto di ampi settori normativi e che dunque presuppongono il superamento di stratificazioni normative e di discipline frammentarie formatesi nel tempo, abbia cura il legislatore di corredare i testi con un adeguato apparato di note e di documenti istruttori idonei a consentire la più approfondita istruttoria parlamentare possibile e un pieno discernimento di ciò che costituisce opera di mera compilazione di disposizioni preesistenti (da abrogare) e di ciò che rappresenta, invece, introduzione di contenuti del tutto nuovi che comportano, a loro volta, l'abrogazione della preesistente normativa incompatibile con la nuova disciplina."

Il Comitato approva la proposta di parere.

La seduta termina alle 13.15.