CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 11 maggio 2010
321.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
COMUNICATO
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SEDE CONSULTIVA

Martedì 11 maggio 2010. - Presidenza del Presidente Gianfranco CONTE. - Interviene il Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Daniele Molgora.

La seduta comincia alle 12.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di stabilizzazione e di associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Bosnia-Erzegovina, dall'altra, con Allegati, Protocolli e Atto finale con dichiarazioni allegate.
C. 3446 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Silvana Andreina COMAROLI (LNP), relatore, rileva come la Commissione sia chiamata ad esprimere il parere alla III Commissione Affari esteri sul disegno di legge C. 3446, approvato dal Senato, recante Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di stabilizzazione e di associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Bosnia-Erzegovina, dall'altra, con Allegati, Protocolli e Atto finale, fatto a Lussemburgo il 16 giugno 2008.
Evidenzia innanzitutto come l'Accordo di cui si propone la ratifica sia finalizzato ad integrare la Bosnia nel contesto politico ed economico europeo, anche nella prospettiva di una futura candidatura all'ingresso nell'Unione europea.
L'Accordo è parte del processo di stabilizzazione e di associazione (PSA) previsto dalla comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo del 26 maggio 1999, che costituisce il quadro di riferimento delle relazioni esterne dell'Unione nei confronti dei Paesi dei Balcani occidentali (Albania, Bosnia-Erzegovina,

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Croazia, ex Repubblica jugoslava di Macedonia-ERJM, Serbia, Montenegro, così come Kosovo).
Passando ai contenuti dell'Accordo, esso si articola in 135 articoli, suddivisi in 10 Titoli, cui sono annessi 7 allegati, 7 protocolli ed un Atto finale.
Il titolo I (composto dagli articoli da 2 a 9) definisce gli obiettivi dell'Accordo, che sono quelli di: aiutare il Paese a consolidare la democrazia e lo Stato di diritto e contribuire alla sua stabilizzazione politica, economica ed istituzionale; favorire il dialogo per consentire lo sviluppo delle relazioni politiche tra le Parti; sostenere la Bosnia-Erzegovina nello sviluppo della cooperazione economica e internazionale e nel completamento della transizione verso un'economia di mercato; instaurare progressivamente una zona di libero scambio tra la Comunità europea e la Bosnia-Erzegovina; promuovere la cooperazione regionale.
Ai sensi degli articoli da 2 a 7 i principi generali cui le Parti si impegnano ad ispirare la politica interna ed estera sono: il rispetto dei princìpi democratici e dei diritti umani; il rispetto dei principi del diritto internazionale - con particolare riferimento alla piena collaborazione con il tribunale ONU per i crimini nella ex Jugoslavia - e dello Stato di diritto; il rispetto dei principi dell'economia di mercato; la lotta contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa; il rispetto dei principi relativi alla promozione della pace e della stabilità a livello internazionale e regionale; il rispetto e la tutela delle minoranze, individuati come elementi fondamentali del processo di stabilizzazione e associazione; lo sviluppo di relazioni di buon vicinato, da perseguire mediante progetti di comune interesse soprattutto nel campo della lotta al crimine organizzato, alla corruzione, al riciclaggio di denaro, all'immigrazione clandestina, ai traffici illegali di persone, di armi leggere e di stupefacenti. Tale sviluppo è definito come essenziale per l'incremento delle relazioni e della cooperazione tra l'Unione europea e la Bosnia-Erzegovina e contribuisce pertanto alla stabilità regionale.
L'articolo 9 afferma la piena compatibilità dell'Accordo con il quadro normativo dell'Organizzazione mondiale del commercio (WTO).
Il titolo II (composto dagli articoli da 10 a 13) riguarda lo sviluppo del dialogo politico a livello bilaterale, multilaterale e regionale, che è mirato a facilitare la progressiva convergenza di posizioni sulle questioni internazionali, la cooperazione regionale e lo sviluppo di relazioni di buon vicinato, e a favorire la comunanza di vedute sulla sicurezza e la stabilità in Europa.
Il dialogo politico avviene in seno al Consiglio di stabilizzazione e di associazione istituito a norma dell'articolo 121 dell'Accordo, ma anche, su richiesta delle Parti, a livello di alti funzionari o attraverso i canali diplomatici (articolo 11). L'Accordo prevede altresì il dialogo politico a livello parlamentare, nell'ambito di un apposito Comitato parlamentare di stabilizzazione e di associazione (articolo 12), quale foro di consultazione tra Parlamentari europei, da un lato, e bosniaci, dall'altro. Il dialogo politico può svolgersi a livello multilaterale e regionale, anche nell'ambito del Forum UE-Balcani occidentali (articolo 13).
Il titolo III (composto dagli articoli da 14 a 17) riguarda la cooperazione regionale e prevede in particolare che la Bosnia-Erzegovina promuova attivamente la cooperazione regionale, mentre l'Unione europea, per parte sua, sostiene progetti aventi dimensione regionale o transfrontaliera attraverso programmi di assistenza tecnica. La Bosnia-Erzegovina, entro due anni dall'entrata in vigore dell'Accordo, stipulerà convenzioni bilaterali sulla cooperazione regionale con i Paesi che hanno firmato un Accordo di stabilizzazione e associazione, sulla base dei seguenti elementi: il dialogo politico; l'instaurazione di una zona di libero scambio in conformità con le disposizioni dell'Organizzazione mondiale del commercio; concessioni reciproche in materia di circolazione dei lavoratori, stabilimento, prestazione di servizi, pagamenti correnti e circolazione dei capitali; disposizioni relative alla cooperazione

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in altri settori, segnatamente in materia di giustizia e affari interni (articolo 15).
La Bosnia-Erzegovina si impegna inoltre ad avviare la cooperazione regionale con gli altri Paesi coinvolti nel processo di stabilizzazione e di associazione, nei settori contemplati dall'Accordo (articolo 16), nonché con qualsiasi Paese candidato all'adesione all'Unione europea, concludendo apposite convenzioni. Con la Turchia, che ha instaurato un'unione doganale con l'Unione europea, la Bosnia-Erzegovina dovrà concludere un accordo per l'istituzione di una zona di libero scambio al fine di realizzare un'analoga area e liberalizzare lo stabilimento e la prestazione di servizi in misura equivalente all'Accordo (articolo 17).
Il titolo IV (composto dagli articoli da 18 a 46) reca le disposizioni commerciali, prevedendo che le Parti instaurino progressivamente una zona di libero scambio nel corso di un periodo transitorio della durata massima di cinque anni dall'entrata in vigore dell'Accordo (articolo 18).
In tale contesto segnala, in quanto rilevanti per gli ambiti di competenza della Commissione Finanze, le previsioni degli articoli da 20 a 23, relative ai dazi doganali.
L'articolo 20 prevede che, all'entrata in vigore dell'Accordo, saranno aboliti i dazi doganali, le restrizioni quantitative e le misure d'effetto equivalente relativi alle importazioni nella Comunità di prodotti industriali originari della Bosnia-Erzegovina.
Ai sensi dell'articolo 21 i dazi doganali applicabili alle importazioni in Bosnia-Erzegovina di prodotti industriali provenienti da Paesi della Comunità sono aboliti dalla data di entrata in vigore dell'Accordo ovvero, per le merci di cui all'Allegato I, progressivamente ridotti secondo un calendario prestabilito. Sono inoltre abolite, sempre a far data dall'entrata in vigore dell'Accordo, le restrizioni quantitative sulle importazioni in Bosnia-Erzegovina di prodotti industriali originari della Comunità, i dazi doganali all'importazione e gli oneri di effetto equivalente, nonché tutte le restrizioni quantitative all'importazione e le misure ad esse equivalenti.
In base all'articolo 22, dall'entrata in vigore dell'Accordo la Comunità e la Bosnia-Erzegovina aboliscono nei loro scambi i dazi doganali all'esportazione e gli oneri ad effetto equivalente, nonché le restrizioni quantitative e le misure di effetto equivalente, sempre con riferimento ai prodotti industriali. Secondo l'articolo 23 la Bosnia-Erzegovina si dichiara inoltre disponibile, ove le condizioni economiche generali e la situazione dello specifico settore lo consentano, a ridurre i suoi dazi doganali in tempi più rapidi di quelli sopra indicati.
Specifiche disposizioni, contenute negli articoli da 24 a 31, riguardano i prodotti agricoli e della pesca.
Sempre per quanto riguarda gli aspetti rilevanti per gli ambiti di competenza della Commissione Finanze, segnala gli articoli 35 e 36, i quali vietano, a partire dall'entrata in vigore dell'Accordo, la reintroduzione di dazi o misure ad effetto equivalente, come anche di restrizioni quantitative e di discriminazioni fiscali, e sanciscono l'abolizione dei dazi doganali di carattere fiscale.
Ai sensi dell'articolo 37 l'Accordo è compatibile con altri accordi di libero scambio o la partecipazione a unioni doganali della Bosnia-Erzegovina, qualora ciò non alteri le condizioni commerciali dell'Accordo stesso. È altresì prevista la facoltà di ciascuna Parte di adottare eventuali misure antidumping, sia in base alla clausola generale di salvaguardia di cui all'articolo 39, sia qualora sia posta a rischio la disponibilità di beni essenziali nel territorio della Parte esportatrice (articolo 40). Inoltre, ciascuna delle Parti mantiene il diritto di imporre divieti o restrizioni sulle importazioni, le esportazioni o il transito di merci contemplate nell'Accordo per diversi motivi, tra i quali la pubblica sicurezza, la tutela della salute di persone o animali, nonché del patrimonio vegetale, artistico, storico, e anche la tutela della proprietà intellettuale (articolo 43).

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L'articolo 44 sancisce altresì uno specifico impegno delle Parti a collaborare per ridurre il potenziale di frode nell'applicazione delle disposizioni commerciali, con la possibilità di sanzioni commerciali per la Parte corresponsabile di irregolarità amministrative e commerciali. La validità delle misure di sospensione è limitata a sei mesi, rinnovabili.
Il titolo V (composto dagli articoli da 47 a 69), riguarda la circolazione dei lavoratori, stabilendo che i lavoratori cittadini di una Parte legalmente occupati nel territorio dell'altra Parte, nonché i loro familiari, non siano soggetti ad alcuna discriminazione basata sulla nazionalità, per quanto riguarda le condizioni di lavoro, di retribuzione e di licenziamento (articolo 47).
Si prevede inoltre il mantenimento nonché la possibilità di ampliamento delle agevolazioni all'ingresso dei lavoratori della Bosnia-Erzegovina concesse dagli Stati membri attraverso Accordi bilaterali, stabilendosi che il Consiglio di stabilizzazione e di associazione dopo tre anni valuta l'opportunità di concedere ulteriori facilitazioni, ivi compresa la possibilità di accesso alla formazione professionale (articolo 48). È previsto altresì che vengano stabilite delle norme per coordinare i sistemi di previdenza sociale per i lavoratori della Bosnia-Erzegovina ed i loro familiari, con riferimento a periodi lavorativi effettuati in Paesi membri dell'Unione europea, mentre la Bosnia-Erzegovina, per parte sua, concede ai lavoratori comunitari e ai loro congiunti la trasferibilità dei trattamenti previdenziali e il versamento degli assegni familiari (articolo 49).
L'Accordo prevede che ciascuna delle due Parti conceda, per lo stabilimento delle società, nonché per le attività delle filiali e delle consociate dell'altra Parte, un trattamento non meno favorevole di quello nazionale o della nazione più favorita (articoli 50 e 51). Le norme sullo stabilimento non si applicano ai servizi di trasporto aereo, fluviale e di cabotaggio marittimo, con salvaguardia, tuttavia, dell'Accordo sullo spazio aereo comune europeo (articolo 53).
Con riferimento agli ambiti di competenza della Commissione Finanze, ritiene rilevante, anche alla luce dell'attuale congiuntura economico-finanziaria internazionale, l'articolo 52, ai sensi del quale le Parti potranno adottare, per quanto riguarda i servizi finanziari, misure cautelari per garantire gli investitori, i risparmiatori e gli assicurati, o per garantire la stabilità del sistema finanziario; tali misure non saranno utilizzate per eludere gli obblighi assunti a norma dell'Accordo.
L'Accordo promuove anche, a partire dal quarto anno successivo alla sua entrata in vigore, la graduale liberalizzazione della prestazione di servizi da parte di società o di persone legalmente residenti nell'altra Parte contraente, consentendo allo scopo la temporanea circolazione dei prestatori di servizi (articolo 57).
Nel campo dei trasporti marittimi le Parti si impegnano ad applicare la più ampia liberalizzazione commerciale, contestualmente all'adeguamento della normativa della Bosnia-Erzegovina a quella comunitaria nei settori del trasporto aereo, marittimo, fluviale e terrestre (articolo 59).
Ancora con riferimento agli ambiti di competenza della Commissione Finanze, segnala gli articoli da 60 a 62, in materia di pagamenti correnti e circolazione dei capitali.
In particolare, l'articolo 60 prevede che qualsiasi pagamento e bonifico sul conto corrente della bilancia dei pagamenti tra la Comunità e la Bosnia-Erzegovina verranno autorizzati in moneta liberamente convertibile.
L'articolo 61 stabilisce la libera circolazione dei capitali relativi agli investimenti diretti (nonché la liquidazione e il rimpatrio di tali investimenti e dei profitti che ne derivano) e dei capitali relativi ai crediti per transazioni commerciali o alla prestazione di servizi è garantita a partire dalla data di entrata in vigore dell'Accordo; dalla stessa data le Parti garantiscono la libera circolazione dei capitali relativi a prestiti e crediti finanziari con scadenza superiore a un anno. Sempre a far data dall'entrata in vigore dell'Accordo,

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la Bosnia-Erzegovina autorizza i cittadini comunitari ad acquistare beni immobili sul suo territorio e, al fine di garantire loro parità di trattamento con i cittadini bosniaci, si impegna ad adeguare, nei sei anni successivi all'entrata in vigore dell'Accordo stesso, la propria legislazione in materia. Infine, le Parti garantiscono la libera circolazione dei capitali relativi agli investimenti di portafoglio e a prestiti e crediti finanziari con scadenza inferiore a un anno dal quinto anno dall'entrata in vigore dell'Accordo le Parti hanno inoltre facoltà di adottare, per un periodo non superiore ai sei mesi, eventuali misure di salvaguardia sui movimenti di capitale, nel caso in cui possano causare difficoltà al funzionamento della politica di cambio o monetaria di una delle Parti.
L'articolo 62 stabilisce che durante il quinquennio successivo all'entrata in vigore dell'Accordo le Parti adottano le misure necessarie per favorire l'applicazione graduale dell'acquis communautaire alla Bosnia-Erzegovina in materia di libera circolazione di capitali.
Le disposizioni generali dell'Accordo in materia di circolazione dei lavoratori, stabilimento, prestazione di servizi, capitali sono soggette ad alcune limitazioni, in quanto non si applicano alle attività svolte sul territorio di una o l'altra delle Parti se connesse all'esercizio dei poteri pubblici, né trovano attuazione in caso di allarme per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di pubblica sanità (articolo 63). Le disposizioni dell'Accordo, inoltre, saranno progressivamente adeguate a quelle dell'Accordo generale (GATS) sullo scambio dei servizi nell'ambito dell'Organizzazione mondiale del commercio (articolo 68).
Ai sensi degli articoli 64 e 69, nessuna disposizione dell'Accordo impedisce alle Parti di applicare le leggi nazionali in materia di ingresso e soggiorno, lavoro, stabilimento delle persone fisiche, prestazione di servizi (rilascio, rinnovo, rifiuto di un permesso di residenza), elusione delle disposizioni relative all'accesso di Paesi terzi ai rispettivi mercati.
Per quanto attiene agli ambiti di competenza della Commissione Finanze, segnala gli articoli 66 e 67.
Ai sensi dell'articolo 66 il trattamento di nazione più favorita concesso a norma dell'Accordo non si applica alle agevolazioni fiscali già concesse o che saranno concesse in futuro e nessuna disposizione dell'Accordo può impedire alle Parti di adottare o applicare misure per prevenire l'evasione fiscale, ovvero di fare distinzioni rispetto al regime tributario applicabile a contribuenti la cui situazione non sia identica.
L'articolo 67 stabilisce che, in caso di gravi difficoltà della bilancia dei pagamenti di uno o più Stati membri della Comunità o della Bosnia-Erzegovina, una delle Parti può adottare misure restrittive in base alle condizioni stabilite nel quadro dell'Organizzazione mondiale del commercio, informandone l'altra Parte; tali misure restrittive non si applicano ai trasferimenti relativi agli investimenti né ai redditi da essi derivanti.
Il titolo VI (composto dagli articoli da 70 a 77) riguarda le norme in materia di disciplina della concorrenza, prevedendo che il graduale ravvicinamento della legislazione bosniaca a quella comunitaria abbia inizio con la firma dell'Accordo e si estenda progressivamente a tutti gli elementi dell'acquis ivi contemplati entro sei anni, concentrandosi, nella prima fase, su alcuni elementi fondamentali relativi al mercato interno e gli altri aspetti connessi al commercio e, successivamente, sulle rimanenti parti. A tal fine, tra Commissione europea e Bosnia-Erzegovina sarà concordato un programma che riguarderà anche le modalità per il controllo del ravvicinamento delle legislazioni e per l'adozione di misure di applicazione delle leggi (articolo 70).
Ai sensi dell'articolo 71 la Bosnia-Erzegovina compila un elenco completo dei regimi di aiuti istituiti prima della creazione dell'autorità indipendente e li allinea con i criteri previsti dall'acquis comunitario entro e non oltre quattro anni dalla data di entrata in vigore dell'Accordo. L'Accordo reca inoltre disposizioni

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specifiche relative alle imprese pubbliche o alle imprese cui sono stati riconosciuti diritti speciali o esclusivi; alla tutela e alla applicazione dei diritti di proprietà intellettuale, industriale e commerciale (articolo 73); all'aggiudicazione di appalti pubblici; alla standardizzazione, metrologia, certificazione e valutazione della conformità (articoli 74 e 75).
Il titolo VII (composto dagli articoli da 78 a 85) disciplina la cooperazione nel settore della giustizia, libertà e sicurezza.
Le Parti riconoscono l'importanza del rafforzamento delle istituzioni amministrative e giudiziarie, dell'indipendenza del sistema giudiziario e del miglioramento della sua efficienza, della riorganizzazione delle Forze di polizia e dell'amministrazione doganale, della lotta alla corruzione ed alla criminalità organizzata (articolo 78). La Bosnia-Erzegovina si impegna ad assicurare l'adeguamento della propria legislazione a quella comunitaria per quanto concerne la protezione dei dati personali, istituendo uno o più organi di controllo indipendenti (articolo 79). È prevista l'istituzione di un ambito di cooperazione, bilaterale e regionale, in materia di visti, controlli alle frontiere, asilo e immigrazione nonché controllo dell'immigrazione illegale (articolo 80).
Con riferimento agli ambiti di competenza della Commissione Finanze, segnala gli articoli 82 e 84, ai sensi dei quali le Parti si impegnano, tra l'altro, a collaborare nella lotta al riciclaggio di denaro, alla criminalità e finanziamento del terrorismo, nonché nella lotta alle frodi fiscali.
Il titolo VIII (composto dagli articoli da 86 a 111) riguarda le politiche di cooperazione e stabilisce che le Parti si impegnano a rafforzare i legami economici esistenti per contribuire allo sviluppo e alla crescita della Bosnia-Erzegovina, attraverso politiche ed altre misure che favoriscano lo sviluppo economico e sociale del Paese nel rispetto dell'ambiente. L'Accordo prevede inoltre che vengano promosse misure atte a favorire la cooperazione fra la Bosnia-Erzegovina ed i Paesi limitrofi, compresi gli Stati membri dell'Unione europea. Il Comitato di stabilizzazione stabilisce le priorità tra le diverse politiche di cooperazione contemplate dall'Accordo, in linea con il partenariato europeo (articolo 86). La Comunità si impegna in particolare a fornire assistenza tecnica, su richiesta della Bosnia-Erzegovina, per aiutare il Paese nel ravvicinamento delle sue politiche a quelle dell'Unione economica e monetaria e del mercato unico europeo. La cooperazione mira a consolidare lo Stato di diritto nel settore delle imprese attraverso un quadro legislativo stabile e non discriminatorio riferito all'attività commerciale (articolo 87).
In tale contesto segnala, per quanto attiene agli ambiti di competenza della Commissione Finanze, l'articolo 89, ai sensi del quale le Parti cooperano tra loro per favorire un adeguato sviluppo dei servizi bancari, assicurativi e finanziari.
Le Parti, inoltre, collaborano nel settore statistico (articolo 88), nel controllo gestionale interno ed esterno delle finanze pubbliche (articolo 90) e nella promozione e tutela degli investimenti privati nazionali ed esteri (articolo 91). La cooperazione riguarda inoltre l'ammodernamento e la ristrutturazione dell'industria bosniaca (articolo 92) ed è mirata, in particolare, allo sviluppo delle piccole e medie imprese (articolo 93), alla promozione del settore turistico (articolo 94), alla modernizzazione del comparto agro-industriale bosniaco, favorendo il progressivo avvicinamento della legislazione locale alle norme ed agli standard comunitari (articoli 95 e 96).
Per quanto riguarda gli ambiti di competenza della Commissione Finanze, segnala gli articoli 97 e 98.
Il primo riguarda il settore delle dogane, e prevede che le Parti cooperino per riavvicinare il sistema doganale della Bosnia-Erzegovina a quello comunitario secondo procedure di assistenza amministrativa reciproca regolate dal Protocollo n. 5. Il secondo riguarda invece la cooperazione nel settore della fiscalità, prevedendo che le Parti cooperino per riformare il sistema fiscale e ristrutturare

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l'amministrazione fiscale della Bosnia, al fine di assicurare un'efficace riscossione delle imposte e potenziare la lotta alle frodi o alle evasioni fiscali.
La cooperazione prevista dall'Accordo si estende inoltre al settore del sociale, con particolare riferimento alla politica occupazionale, al regime previdenziale, alle pari opportunità, alla protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori (articolo 99), all'istruzione e alla formazione (articolo 100).
L'Accordo promuove altresì la cooperazione culturale e nei settori dell'informazione e della comunicazione, dell'audiovisivo, cinematografico e televisivo, della comunicazione e delle infrastrutture di comunicazione elettronica, nonché dei trasporti (articoli 101-106) È quindi prevista la cooperazione nel settore dell'energia, compresa la sicurezza nucleare (articolo 107); nel settore dell'ambiente e dello sviluppo sostenibile, con particolare attenzione alla ratifica ed attuazione del Protocollo di Kyoto (articolo 108); della ricerca scientifica civile e dello sviluppo tecnologico (articolo 109); dello sviluppo regionale e locale, con riguardo alla cooperazione transfrontaliera, transnazionale e interregionale (articolo 110); della pubblica amministrazione a tutti i livelli, in particolare per il consolidamento delle istituzioni e la sostenibilità fiscale, in linea con le priorità del partenariato europeo (articolo 111).
Il titolo IX (composto dagli articoli da 112 a 134) regola la cooperazione finanziaria, stabilendo norme per consentire alla Bosnia-Erzegovina di beneficiare di assistenza finanziaria da parte della Comunità sotto forma di sovvenzioni e di prestiti, compresi quelli concessi dalla Banca europea per gli investimenti. L'erogazione degli aiuti comunitari è subordinata al compimento di ulteriori progressi in conformità con i criteri politici di Copenaghen e con le priorità del partenariato europeo. L'assistenza finanziaria, sotto forma di sovvenzioni, può riguardare qualsiasi settore della cooperazione - segnatamente giustizia e affari interni, ravvicinamento delle legislazioni e sviluppo economico - ed è disciplinata dalle misure operative previste dal pertinente regolamento del Consiglio nell'ambito di un quadro indicativo pluriennale ed in base a programmi di azione annuali, definiti dalla Comunità in seguito a consultazioni con la Bosnia-Erzegovina (articolo 113). L'Accordo prevede inoltre l'impegno delle Parti ad adoperarsi per favorire uno stretto coordinamento tra i contributi comunitari e quelli provenienti da altre fonti (articolo 114).
Il titolo X (composto dagli articoli da 115 a 135) reca le disposizioni di natura istituzionale e prevede in particolare l'istituzione di un Consiglio di stabilizzazione e di associazione (CSA) composto, da un lato, da membri del Consiglio dell'Unione europea e della Commissione europea e, dall'altro, da membri del Governo bosniaco (articoli 115 e 116).
Il Consiglio, che adotta decisioni vincolanti in merito all'attuazione dell'Accordo, ma può anche formulare raccomandazioni (articolo 117), è assistito nel suo lavoro dal Comitato di stabilizzazione e di associazione (ComSA), composto da membri del Consiglio UE e della Commissione e da rappresentanti del Governo bosniaco.
L'Accordo dispone che le Parti adottino tutti i provvedimenti necessari per l'adempimento degli obblighi previsti dall'Accordo stesso e per la realizzazione degli obiettivi da questo fissati e stabilisce che possano essere adottate, dopo l'esame da parte del Consiglio di stabilizzazione, opportune misure in caso di inottemperanza. Ulteriori clausole generali riguardano la garanzia della tutela giuridica e amministrativa dei diritti individuali e di proprietà delle persone fisiche e giuridiche delle Parti (articolo 122); nonché la possibilità di adottare eventuali misure restrittive per ragioni di sicurezza interna e internazionale (articolo 123). In caso di controversie sull'interpretazione o applicazione dell'Accordo, competente a decidere è il Consiglio, salvo che per le controversie per le quali sia possibile il ricorso alla procedura di arbitrato regolata dal Protocollo n. 6 (articoli 125 e 126).

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A norma dell'articolo 129, la durata dell'Accordo è illimitata, salva la facoltà delle Parti di denunciarlo, con effetto sei mesi dopo la notifica, ovvero di sospenderne l'applicazione con effetto immediato, in caso di non applicazione di uno degli elementi essenziali di esso. Sono inoltre disciplinati l'ambito territoriale di applicazione (articolo 131), le versioni linguistiche (articolo 133) l'entrata in vigore dell'Accordo (articolo 134), e prevedono la possibilità della conclusione di un Accordo interinale (articolo 135).
Come accennato in precedenza, all'Accordo sono annessi sette allegati e sette protocolli.
L'Allegato I elenca le concessioni tariffarie accordate dalla Bosnia-Erzegovina ai prodotti industriali della Comunità europea.
L'Allegato II reca la definizione di alcuni prodotti agricoli ai quali si applica uno speciale regime di dazi doganali.
L'Allegato III elenca le concessioni tariffarie accordate dalla Bosnia-Erzegovina ai prodotti agricoli di base originari della Comunità europea.
L'Allegato IV stabilisce i dazi doganali applicabili alle merci importate dalla Bosnia-Erzegovina nella Comunità europea per le quali permanga il prelievo doganale.
L'Allegato VI reca la definizione dei servizi finanziari, ai fini dell'applicazione delle norme del titolo V dell'Accordo in materia di stabilimento di società che prestino tali servizi.
L'Allegato VII elenca le Convenzioni multilaterali sui diritti di proprietà intellettuale, industriale e commerciale di cui sono Parti gli Stati membri dell'Unione europea, alle quali la Bosnia-Erzegovina si impegna ad aderire.
Il Protocollo n. 1 disciplina gli scambi tra la Comunità europea e la Bosnia-Erzegovina di prodotti agricoli trasformati.
Il Protocollo n. 2 reca la definizione di prodotti originari ai fini della disciplina degli scambi tra la Comunità europea e la Bosnia-Erzegovina.
Il Protocollo 3 n. riguarda i trasporti terrestri.
Il Protocollo n. 4 reca la disciplina sugli aiuti di Stato all'industria siderurgica.
Il Protocollo n. 5, già ricordato in precedenza, regola l'assistenza reciproca in materia doganale prevista dall'articolo 97 dell'Accordo. Il Protocollo prevede che l'assistenza possa avvenire su richiesta oppure spontaneamente; essa si sostanzia nella comunicazione, da parte dell'Autorità amministrativa interpellata, di tutte le informazioni che consentono all'Autorità dell'altra Parte di garantire la corretta applicazione della normativa doganale. Ciò può comportare anche l'adozione, da parte dell'Autorità interpellata, di misure per controllare persone, luoghi, merci o mezzi di trasporto, nonché di misure per consegnare documenti o notificare decisioni provenienti dall'Autorità richiedente. Il Protocollo stabilisce inoltre i casi nei quali è possibile derogare all'obbligo di prestare assistenza, prevede la tutela della riservatezza negli scambi di informazioni tra le Autorità e disciplina le ipotesi nelle quali funzionari dell'Autorità interpellata possono comparire, in qualità di esperti o testimoni, in procedimenti riguardanti le materie oggetto del Protocollo stesso, ovvero produrre in tale sede oggetti e documenti.
Il Protocollo n. 6 disciplina le modalità di composizione in via arbitrale delle controversie tra le Parti, relative all'interpretazione di talune disposizioni dell'Accordo.
Il Protocollo n. 7 elenca le concessioni commerciali che le Parti reciprocamente si riconoscono relativamente a taluni vini, e disciplina il riconoscimento, la protezione e il controllo delle denominazioni di taluni prodotti vinicoli.
Dal momento che il provvedimento non presenta profili problematici per quanto attiene agli ambiti di competenza della Commissione, propone di esprimere su di esso parere favorevole.

La Commissione approva la proposta di parere del relatore.

La seduta termina alle 12.15.

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DELIBERAZIONE DI RILIEVI SU ATTI DEL GOVERNO

Martedì 11 maggio 2010. - Presidenza del presidente Gianfranco CONTE. - Interviene il Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Daniele Molgora.

La seduta comincia alle 12.15.

Schema di decreto legislativo recante attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio.
Atto n. 196.

(Rilievi alla Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale).
(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 96-ter, comma 4, del regolamento, e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 6 maggio scorso.

Matteo BRAGANTINI (LNP), relatore, formula una proposta di rilievi (vedi allegato), rilevando innanzitutto come essa riprenda molte delle proposte di integrazione dello schema di decreto legislativo avanzate dalle Autonomie locali.
Passando a taluni aspetti specifici della propria proposta, evidenzia come la lettera t) sottolinei l'esigenza di specificare, che, relativamente ai beni appartenenti al patrimonio culturale, deve restare ferma la normativa vigente in materia, contenuta principalmente nel decreto legislativo n. 42 del 2004, anche per quanto riguarda le procedure di autorizzazione all'alienazione dei predetti beni.
La medesima lettera t) è inoltre volta a specificare meglio il contenuto del già citato comma 2 dell'articolo 5 dello schema di decreto, per quanto attiene i beni oggetto di accordi o intese di razionalizzazione o valorizzazione, che risultano esclusi dal trasferimento agli enti territoriali.
La lettera ll) interviene invece sulla problematica afferente alla riduzione dei trasferimenti agli enti locali conseguente al trasferimento a questi ultimi dei beni demaniali: a tale riguardo occorre tener conto che il predetto trasferimento porrà a carico degli enti gli oneri di gestione connessi alla titolarità dei beni trasferiti, i quali sono attualmente sostenuti dallo Stato.
La lettera nn) prospetta l'opportunità di stabilire vincoli all'utilizzo, da parte degli enti territoriali, dei proventi derivanti dai beni trasferiti: tale vincolo deve tuttavia riguardare, a suo giudizio, solo quei proventi che derivino dall'alienazione di beni apportati dagli stessi enti territoriali ai fondi immobiliari pubblici, i quali non debbono poter essere destinati a coperture di spese di natura corrente. A tale proposito, pur comprendendo le preoccupazioni espresse in merito dal Presidente nel corso della precedente seduta, non ritiene opportuno prevedere che le entrate degli enti locali derivanti dai canoni di concessione dei beni del demanio marittimo con finalità turistico-ricreative i quali saranno trasferiti agli enti territoriali, debbano essere esclusivamente vincolate alle spese di manutenzione dei beni medesimi, segnalando, al riguardo, come i compiti di manutenzione di tali beni siano già attualmente attribuiti alla competenza delle regioni.
Segnala quindi la lettera oo) della propria proposta di rilievi, con la quale si intende affrontare il problema relativo al regime applicabile alle procedure di vendita di beni del demanio, nelle more del completamento del processo di federalismo demaniale. Ritiene infatti, in merito, che, nel passaggio al nuovo sistema demaniale, non debbano poter essere avviate nuove procedure di vendita di beni oggetto delle norme del decreto legislativo.
Un'ulteriore sottolineatura relativa ad una tematica connessa è contenuta nella lettera cc) della proposta di rilievi, la quale chiede che le procedure di valorizzazione degli immobili militari affidate alla Società Difesa Servizi Spa dall'articolo 2, comma 27, della legge n. 191 del 2009, debbano essere concluse entro un termine certo, spirato il quale i beni devono rientrare nel processo di federalismo demaniale.

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Franco CECCUZZI (PD), con riferimento alle problematiche concernenti la valorizzazione ed alienazione dei beni del patrimonio culturale, ricorda come tale materia sia attribuita alla competenza legislativa concorrente delle regioni e dello Stato, sottolineando tuttavia come quest'ultimo molto spesso non assicuri un adeguato livello di tutela e conservazione dei predetti beni. In tale contesto ritiene opportuno richiamare, nella proposta di rilievi, la possibilità che, in caso di inerzia dello Stato centrale, i beni culturali che si trovino in una condizione di degrado possano essere trasferiti agli enti locali territorialmente competenti, dedicando particolare attenzione a quei beni, quali, ad esempio, le mura dei centri storici, che non possono essere oggetto di processi di valorizzazione.
Più in generale, evidenzia come lo schema di decreto legislativo interessi trasversalmente le competenze di molte Commissioni permanenti, le quali dovrebbero pertanto essere coinvolte nell'esame del provvedimento.

Gianfranco CONTE, presidente, in relazione alla considerazione da ultimo svolta dal deputato Ceccuzzi, rileva come, proprio per venire incontro all'esigenza di coinvolgimento delle singole Commissioni di settore, l'articolo 96-ter, comma 4, del Regolamento, consenta alle Commissioni permanenti di chiedere di essere autorizzate a trasmettere propri rilievi alla Commissione cui è assegnato in sede primaria il provvedimento.
Per quanto riguarda invece le osservazioni relative alla gestione di beni del patrimonio culturale afflitti da una situazione di degrado, ricorda le difficoltà insorte alcuni anni or sono relativamente all'ipotesi di trasferire al Comune di Verona le mura cittadine. Ritiene quindi che tale problematica sia oggettivamente rilevante, ma che spesso i comuni non abbiano le risorse finanziarie necessarie per assumersi gli oneri di gestione di tali beni, e non abbiano pertanto interesse ad acquisirli, specie laddove si tratti di immobili non suscettibili di valorizzazione.

Matteo BRAGANTINI (LNP), relatore, evidenzia come lo schema di decreto legislativo in esame non escluda, in assoluto, la possibilità di trasferire beni del patrimonio culturale agli enti territoriali, laddove ciò sia consentito dalla normativa vigente in materia, rilevando, del resto, come le mura storiche di Verona cui faceva riferimento il Presidente, siano state attribuite in concessione al Comune di Verona.
Più in generale, ritiene, che il problema della scarsità di risorse a disposizione dei comuni per la gestione dei predetti beni, possa essere risolto trasferendo agli enti stessi interi compendi, comprendenti sia beni non valorizzabili dal punto di vista economico, sia beni produttivi di reddito, nonché coinvolgendo associazioni di volontariato, cui potrebbero essere affidati in gestione taluni beni, ad esempio per destinarli a sede di tali associazioni, con l'obbligo di provvedere alla manutenzione dei beni stessi.

Alberto FLUVI (PD) sottolinea l'opportunità di definire un regime transitorio, al fine di stabilire la disciplina applicabile alle procedure di valorizzazione e alienazione di beni demaniali già avviate o concluse. In particolare, suggerisce di stabilire una data, ad esempio a partire dall'entrata in vigore della legge n. 42 del 2009, recante la delega al Governo per l'attuazione del federalismo, a decorrere dalla quale i comuni possano decidere di portare avanti le procedure di alienazione dei beni sulla base della normativa già in vigore, ovvero ricorrere alle previsioni contenute nello schema di decreto legislativo in esame.

Gianfranco CONTE, presidente, con riferimento alle considerazioni svolte dal deputato Fluvi, ricorda che nei mesi scorsi si è proceduto ad uno scambio di immobili tra la Regione Lazio e l'Agenzia del demanio, rilevando, a tale proposito, come gli atti di trasferimento già conclusi prima dell'entrata in vigore del decreto legislativo devono considerarsi definitivi.

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Alberto FLUVI (PD) condivide l'idea del Presidente Conte, considerando necessario salvaguardare le permute di immobili già intervenute tra singoli comuni e l'Agenzia del demanio, ma ritiene al tempo stesso che occorra individuare una soluzione anche ai casi nei quali gli enti locali abbiano stipulato atti di alienazione di immobili, rendendosi successivamente conto che il nuovo sistema delineato dallo schema di decreto legislativo risulta più adeguato alle loro esigenze. Chiede quindi al relatore di approfondire la questione, individuando una soluzione in merito sulla falsa riga di quella prospettata dalla lettera oo) della sua proposta di rilievi.

Il Sottosegretario Daniele MOLGORA, in merito alle osservazioni del deputato Fluvi, ritiene che, qualora l'atto di trasferimento dei beni si sia già perfezionato, non sia possibile intervenire ulteriormente in merito.

Gianfranco CONTE, presidente, esprime talune perplessità sulla formulazione della lettera nn) della proposta di rilievi, ritenendo che l'obbligo di destinazione a riduzione del debito, ovvero a spese di conto capitale, non debba riguardare solo i proventi derivanti dall'alienazione di beni apportati dagli enti territoriali a fondi immobiliari pubblici, ma anche gli utili di gestione che i fondi stessi distribuiscano ai predetti enti.
Considera altresì fondamentale stabilire, alla luce del processo di trasferimento dei beni del demanio marittimo con finalità turistico-ricreative, a quale livello di governo debbano essere attribuiti i relativi canoni, e a quali finalità questi ultimi siano destinati. In particolare, qualora si ritenga che tali proventi debbano essere attribuiti alle regioni, occorre stabilire che essi sono prioritariamente destinati al mantenimento dei beni stessi, al fine di evitare che i comuni, i quali saranno chiamati a gestire concretamente i predetti beni, siano costretti a chiedere alla regioni risorse finanziarie per assicurarne la manutenzione. Tale esigenza appare ancor più fondata laddove si consideri che l'ammontare dei canoni rivenienti dalle concessioni demaniali marittime dovrebbe risultare in futuro più elevato di quello attuale, anche in considerazione del rinnovo delle relative concessioni, previsto per il 2015.

Cosimo VENTUCCI (PdL) sottolinea come il tema della destinazione dei canoni delle concessioni del demanio marittimo con finalità turistico-ricreative rivesta un rilievo fondamentale, concordando pertanto con l'esigenza che tali proventi siano destinati a finalità precisamente individuate.

Matteo BRAGANTINI (LNP), relatore, rileva come attualmente i canoni delle concessioni demaniali marittime affluiscano all'entrata del bilancio dello Stato senza alcun vincolo di destinazione: pertanto non ritiene opportuno introdurre in materia vincoli eccessivamente stringenti che eliminino ogni spazio di discrezionalità per gli enti territoriali.

Cosimo VENTUCCI (PdL), in merito alle considerazione da ultimo svolte dal relatore, rileva come la situazione attuale non sia certamente soddisfacente, e come occorra pertanto intervenire con previsioni specifiche al fine di porre rimedio agli sprechi che attualmente si registrano nel settore della gestione dei beni del demanio marittimo.

Matteo BRAGANTINI (LNP), relatore, considera possibile prevedere che i canoni di concessione dei beni del demanio marittimo con finalità turistico-ricreative siano attribuiti alle regioni, riducendo conseguentemente i trasferimenti statali in favore di questi ultimi, ma ribadisce la sua contrarietà a stabilire troppi vincoli circa l'utilizzo di tali proventi, in quanto ciò determinerebbe il rischio che le regioni stesse non abbiano alcun interesse ad acquisire la titolarità di tali beni.

Gianfranco CONTE, presidente, non ritiene condivisibile l'idea di attribuire i canoni delle concessioni relative ai beni

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del demanio marittimo con finalità turistico-ricreative alle regioni, in quanto tale assetto determinerebbe il rischio di eliminare ogni legame tra tali proventi ed il finanziamento delle spese di manutenzione dei medesimi beni del demanio marittimo, affidando alle sole regioni le scelte di finanziamento di tali funzioni, senza alcuna connessione con le esigenze delle singole realtà comunali.

Matteo BRAGANTINI (LNP), relatore, considera preferibile attribuire alle regioni la scelta se mantenere a sé le entrate derivanti dai predetti canoni concessori ovvero attribuirli ai comuni.

Alberto FLUVI (PD), in merito al dibattito in corso, sottolinea come tali problematiche non sarebbero insorte qualora lo schema di decreto legislativo fosse stato predisposto successivamente all'approvazione del disegno di legge relativo alla Carta delle autonomie, attualmente all'esame della Commissione Affari costituzionali, il quale prevede un riordino delle funzioni attribuite a ciascun livello di governo.

Renzo CARELLA (PD) sottolinea come, a prescindere dalle decisioni in merito all'attribuzione dei canoni di concessione relativi ai beni del demanio marittimo con finalità turistico-ricreative, non si possa garantire alcuna corrispondenza tra tali entrate e ed il loro utilizzo, a meno che non si stabiliscano vincoli precisi in merito. Rileva, inoltre, come al momento i comuni non abbiano alcuna responsabilità rispetto alla manutenzione dei beni demaniali marittimi, e come sia pertanto opportuno, anche su tale profilo, introdurre specifiche previsioni in materia.
In tale contesto, condivide l'opinione del Presidente secondo la quale attribuire alle regioni i canoni delle concessioni demaniali significherebbe rinviare le decisioni in merito alla manutenzione delle singole aree demaniali ad un livello politico che rischia di non tener conto delle reali esigenze dei diversi territori.

Gianfranco CONTE, presidente, sottolinea come un problema analogo a quello evidenziato si porrebbe qualora si ritenesse di trasferire ai comuni l'intero compendio dei beni demaniali sussistenti nei rispettivi territori: in tal caso, infatti, in mancanza di precise regole in merito, si porrebbe il rischio che i comuni stessi alienino, per finalità di bilancio, i beni suscettibili di utilizzo economico, trascurando invece la manutenzione di quei beni che non possono essere valorizzati.

Matteo BRAGANTINI (LNP), relatore, ritiene che il tema in discussione debba essere affrontato partendo da un principio fondamentale, secondo cui i beni di cui si prevede il trasferimento appartenevano originariamente alle comunità locali, e sono stati solo successivamente acquisiti al demanio statale: in tale prospettiva, il trasferimento agli enti territoriali rappresenta la restituzione dei beni stessi alle medesime comunità locali. Pertanto, gli eventuali vincoli all'utilizzo dei proventi derivanti da tali beni dovrebbero consentirne l'utilizzo sia per la copertura di spese di conto capitale relative alla manutenzione dei beni stessi, sia per il finanziamento di spese di parte corrente volte alla valorizzazione turistica dei medesimi. Ricorda quindi, in tale contesto, che alla regione Sicilia è stata attribuita la titolarità dei beni del demanio marittimo senza prevedere alcun limite all'utilizzo dei relativi proventi.

Vincenzo Antonio FONTANA (PdL), in merito alle considerazioni del relatore circa l'attribuzione alla regione Sicilia dei beni del demanio marittimo ivi ubicati, rileva come quello siciliano non sia certamente un esempio da seguire in questa materia, atteso che la stessa regione ha attribuito i compiti di manutenzione dei predetti beni alle province, senza tuttavia attribuire loro adeguate risorse finanziarie, determinando conseguentemente notevoli conflitti in materia.

Renzo CARELLA (PD) rileva come un modello di regolazione che potrebbe essere

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utilmente ripreso è quello fornito dalla disciplina in materia di usi civici, la quale prevede che le entrate legate alla sdemanializzazione di tali beni devono essere utilizzate per finalità specifiche. Ritiene che un'analoga soluzione dovrebbe essere seguita rispetto al tema in discussione, prevedendo che i proventi derivanti dai beni demaniali marittimi siano destinati alla valorizzazione dei beni stessi.

Silvana Andreina COMAROLI (LNP) ritiene utile approfondire taluni ulteriori aspetti della legislazione regionale siciliana in materia di beni demaniali, in particolare per quanto riguarda l'attribuzione dei proventi derivanti dalle concessioni per l'istallazione di esercizi commerciali sui beni del demanio marittimo con finalità turistico-ricreative.

Vincenzo Antonio FONTANA (PdL), in merito al quesito posto dal deputato Comaroli, rileva come tali proventi siano attribuiti alla regione siciliana.

Matteo BRAGANTINI (LNP), relatore, nel contesto del dibattito sulla destinazione dei proventi dei beni del demanio marittimo, considera importante definire a quale livello di governo debbano essere attribuite le sanzioni irrogate per la violazione delle norme relative alle concessioni in materia, ritenendo a tale proposito opportuno che tali entrate siano assegnate al soggetto cui è riconosciuta la titolarità del bene.

Gianfranco CONTE, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame alla seduta già prevista per la giornata di domani, nella quale si concluderà l'esame del provvedimento.

La seduta termina alle 13.