CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 14 aprile 2010
309.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (III e VIII)
COMUNICATO
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ATTI COMUNITARI

Mercoledì 14 aprile 2010. - Presidenza del presidente dell'VIII Commissione Angelo ALESSANDRI.

La seduta comincia alle 14.10.

La politica internazionale sul clima dopo Copenaghen: intervenire subito per dare nuovo impulso all'azione globale sui cambiamenti climatici.
COM(2010) 86 definitivo.

(Esame e rinvio).

Le Commissioni iniziano l'esame.

Stefano STEFANI, presidente della III Commissione e relatore per la III Commissione, ricorda che l'esame della comunicazione della Commissione europea dedicata al «dopo Copenaghen» rappresenta un'occasione importante per riflettere sulla linea assunta dalle istituzioni comunitarie di fronte ad una delle più impegnative sfide globali del nostro tempo, valutandone con realismo, senza retorica, l'adeguatezza e la coerenza con gli interessi del nostro Paese.
Ricorda, quindi, che il lavoro delle Commissioni si collega in un certo senso a quello che stanno compiendo i Parlamenti di altri grandi Stati europei, come la Camera dei comuni britannica e l'Assemblea nazionale francese.
Segnala inoltre che oggi stesso verranno discusse presso il Senato alcune mozioni sulle politiche ambientali.
È proprio partendo da questa punto visuale - la dimensione internazionale delle scelte di politica ambientale dell'Unione europea - che vorrebbe inquadrare il documento all'esame delle Commissioni, lasciando al relatore per la VIII Commissione la valutazione delle scelte di politica ambientale delineate dalla Commissione europea.
Ricorda che l'ultima riunione del Consiglio europeo, tenutasi il 25 e 26 marzo scorso - su cui ha riferito il ministro Frattini l'8 aprile scorso alle Camere -, ha confermato - nel bene e nel male, aggiunge - larga parte degli indirizzi contenuti nel documento all'esame delle Commissioni: è stata infatti raffermata la centralità di un accordo giuridico globale e completo quale unico strumento efficace per conseguire l'obiettivo concertato di mantenere l'aumento delle temperature su scala mondiale al di sotto dei 2oC.

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Il Consiglio europeo ha anche sottolineato la necessità di imprimere un nuovo impulso al processo di negoziato internazionale.
È stato ribadito l'obiettivo di ridurre le emissioni di gas a effetto serra almeno del 20 per cento rispetto ai livelli del 1990 e di passare entro il 2020 a una riduzione del 30 per cento rispetto ai livelli del 1990 come offerta condizionale, nel quadro di un accordo globale e completo per il periodo successivo al 2012, a condizione appunto che altri Paesi sviluppati si impegnino ad analoghe riduzioni.
Il Consiglio ha ribadito l'accordo politico sul «Pacchetto clima energia» del dicembre 2008, che aveva visto un tenace impegno del nostro Governo. Il Pacchetto prevede una serie di misure di flessibilità, introdotte dopo un lungo negoziato condotto dal Ministro dell'ambiente Prestigiacomo e dallo stesso Presidente Berlusconi, che - da sole - consentiranno all'Italia di adempiere ad oltre metà degli impegni di riduzione tramite il Meccanismo di sviluppo pulito.
Proprio per raggiungere nel modo economicamente più efficace gli obiettivi del Pacchetto, ritiene opportuno sollecitare da parte delle istituzioni comunitarie una valutazione complessiva circa il suo impatto sulla competitività dell'industria europea e sugli altri settori della vita produttiva, così com'è stato deciso - anche questa volta per impulso del Governo italiano - nella riunione del Consiglio europeo tenutasi a Bruxelles l'11 e 12 dicembre 2008.
Ciò nella consapevolezza che la fase della legislazione ambientale fatta soltanto di comandi e di controlli sia esaurita e che, soprattutto nel ciclo economico attuale, siano necessarie soluzioni che sappiano contemperare le esigenze di mitigazione del riscaldamento globale, con quelle dell'efficienza energetica e della crescita occupazionale.
In primo luogo crede che sia mancata un'analisi degli errori commessi nel negoziato di Copenaghen: in quella sede Bruxelles non è riuscita a svolgere alcun ruolo incisivo perché la sua posizione oltranzista - taglio del 20 per cento delle emissioni ed eventuale ulteriore riduzione del 30 per cento come offerta condizionale - l'ha condannata all'irrilevanza ed all'isolamento.
Sul perché di questa scelta occorre cercare di essere realistici e concreti: alcuni grandi Paesi dell'Unione hanno sistemi produttivi molto diversi dal nostro e tendono quindi a sostenere in sede comunitaria soluzioni incentivanti per il loro assetto produttivo e fortemente penalizzanti per il nostro. Basti pensare alla Francia, leader nella produzione dell'energia nucleare ed alla Germania, a sua volta leader nella produzione di tecnologia solare ed eolica, che ha quindi tutto l'interesse ad implementarla.
In sede comunitaria sono chiaramente prevalsi questi interessi, che si sono saldati con le correnti dell'estremismo ambientalista operanti a livello internazionale che tendono a dettare le loro agende agli organi comunitari, spesso prevaricando le posizione espresse dai legittimi rappresentanti degli Stati.
In realtà ritiene che la kermesse di Copenaghen ha evidenziato tutti i limiti del cd. «modello europeo» di contenimento dei cambiamenti climatici, facendo emergere che esso non è automaticamente proponibile ed esportabile in tutti i paesi.
In altri termini - e qui le posizioni del documento appaiono condivisibili - emerge la necessità di un approccio veramente globale al problema climatico che punti a superare l'attuale modello di governance coinvolgendo tutti i paesi del mondo e riducendone così molti degli effetti distorsivi.
Volendo però mantenersi sul piano del realismo - che è quanto si richiede ad una classe politica responsabile - sono assai scarse le possibilità che nei prossimi mesi si arrivi ad un nuovo accordo internazionale.
I maggiori paesi inquinanti sono infatti profondamente divisi: l'UE, i paesi africani e sudamericani sono gli unici sostenitori dell'approccio multilaterale proprio del Protocollo di Kyoto, ma sembrano incapaci

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di fare sistema e cercare soluzioni pragmatiche da proporre ai principali interlocutori.
È intanto chiara la preferenza americana e indiana per la firma di accordi bilaterali o trilaterali o il disimpegno di Pechino di fronte all'adozione di obblighi internazionale in materia di politica ambientale.
Occorre allora un nuovo approccio: puntare sulle risorse che ci mette a disposizione l'economia di mercato: è questa l'indicazione di fondo di maggior rilievo che emerge dalla comunicazione che fornisce molte ulteriore spunti operativi a tale riguardo.
Sviluppare il mercato internazionale del carbonio consentirebbe infatti ai singoli Stati di distribuire i permessi di inquinamento ottenuti a tutti i settori produttivi secondo le specifiche esigenze nazionali. Essi potrebbero dunque scegliere liberamente le modalità di suddivisione dei permessi d'inquinamento all'interno del proprio sistema produttivo.
Nel complesso il mercato globale dei permessi permetterebbe inoltre di far emergere un unico prezzo mondiale dell'inquinamento che contribuirebbe alla riduzione di molti degli effetti distorsivi.
Concludendo, a partire da tale possibilità, crede che si potrà proseguire il dibattito e formulare indicazioni innovative per il post - Copenaghen in sede europea.

Salvatore MARGIOTTA (PD), relatore per la VIII Commissione, fa presente che la Commissione è oggi convocata per avviare l'esame della comunicazione «La politica internazionale sul clima dopo Copenaghen: intervenire subito per dare nuovo impulso all'azione globale sui cambiamenti climatici (COM(2010)86), presentata dalla Commissione europea il 9 marzo scorso.
Si tratta di un documento di rilevantissima importanza che non si limita a fare il punto dello stato dei negoziati a livello internazionale sul tema in quanto indica con molta chiarezza quali sono le priorità che nell'ambito di quei negoziati intende perseguire l'UE.
Occorre in proposito ricordare che l'Accordo di Copenhagen, raggiunto il 19 dicembre 2009 a conclusione della Conferenza della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC), ha suscitato reazioni fortemente critiche da parte dell'UE.
In effetti, a Copenaghen si è verificato un vero e proprio paradosso: l'UE, unico soggetto a presentarsi al summit con un pacchetto legislativo già approvato (il c.d. «pacchetto clima-energia») che impegnava gli Stati membri a rispettare impegni precisi e puntuali per la riduzione delle emissioni inquinanti, è stata costretta a svolgere un ruolo marginale nelle trattative che hanno visto protagonisti altri soggetti, a partire dagli USA e la Cina, che pure avevano manifestato una disponibilità di gran lunga inferiore.
L'esito delle trattative conferma chiaramente il ruolo prevalente che hanno giocato soggetti meno sensibili dell'UE a impegnarsi con coerenza e serietà nella lotta ai cambiamenti climatici. L'accordo, infatti, è stato riconosciuto con una decisione nell'ambito della Convenzione delle parti che «prende nota» della sua esistenza, ma non lo adotta formalmente. Si tratta, quindi, di una sorta di lettera di intenti aperta alla sottoscrizione dei singoli Paesi. L'accordo non ha, in sostanza, natura vincolante.
Ciononostante, è comunque confortante che, secondo i dati resi disponibili dal Segretariato dell'UNFCCC, sarebbero ben 117 i paesi (l'83.25 per cento delle emissioni globali) che hanno comunicato l'intenzione di aderire all'accordo notificando i loro impegni per il 2020. Tra questi, l'Unione Europea e i suoi Stati Membri, gli Stati Uniti, il Giappone, il Canada, il gruppo dei quattro Paesi ad economia emergente «BASIC» - Brasile, Sud Africa, India e Cina - oltre a Messico e Russia.
Il risultato relativamente deludente di Copenaghen in ogni caso nulla toglie alla serietà del lavoro svolto dall'UE: il pacchetto clima-energia è stato, infatti, il

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risultato di non facili negoziati alla ricerca di un punto di equilibrio sostenibile tra l'obiettivo di concorrere alla riduzione delle emissioni inquinanti e il contenimento dei costi che ciò può comportare, sia in termini di impegno finanziario degli Stati membri sia con riferimento alle ricadute sui sistemi produttivi europei.
Sul tema della lotta ai cambiamenti climatici l'Europa non ha rinunciato a svolgere un ruolo pionieristico nella consapevolezza che si tratta di una questione che investe le prospettive future del nostro pianeta e dell'intera umanità.
D'altra parte, i dati ufficiali a disposizione, di cui la documentazione predisposta dagli uffici dà conto, confermano che, in linea generale, i maggiori paesi membri dell'UE non si sono limitati a manifestare una disponibilità astratta ma hanno saputo dimostrare tenacia e coerenza nel tradurre concretamente gli impegni assunti in relazione agli obiettivi di Kyoto riducendo gradualmente, di anno in anno, il volume di emissioni.
Tuttavia, l'Europa, nonostante il pacchetto clima-energia, non ha definito una politica industriale o misure fiscali e finanziare di supporto al cambiamento: oggi l'ottica prevalente è che bisogna affrontare costi nel presente per evitare i rischi futuri, ma in tal modo ognuno cerca di pagare il meno possibile e tutto si blocca.
Occorre quindi ripensare le strategie per affrontare la sfida posta dal cambiamento climatico. Come la nostra Commissione ha già ribadito più volte, da ultimo nel documento sul riesame della politica ambientale, si tratta di individuare soluzioni che siano soddisfacenti per la lotta ai cambiamenti climatici ma anche per la sicurezza energetica e l'occupazione e che non penalizzino il nostro paese in termini economici.
L'Europa dovrebbe dedicarsi alla promozione di una nuova economia in grado di sostenere la crescita e ridurre le emissioni attraverso i suoi punti di forza: efficienza energetica, energie rinnovabili, ma anche gestione delle foreste, accompagnati da proposte concrete sulle misure finanziarie e sulle regole internazionali necessarie per sostenerle.
Tali azioni devono essere fortemente incentrate sulle politiche volte ad accelerare l'innovazione e la diffusione tempestiva di nuove tecnologie e infrastrutture, che permettano di creare un margine competitivo per le imprese italiane nei settori chiave del futuro.
Venendo ai contenuti della comunicazione, occorre considerare che l"obiettivo principale che vede impegnata l'UE è confermare gli impegni già assunti unilateralmente. A questo scopo, l'UE e gli Stati membri hanno confermato, con una lettera congiunta al Segretariato della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, i propri impegni di riduzione di CO2 per il 2020 stabiliti con il pacchetto energia-clima. In particolare, l'UE conferma l'impegno a ridurre unilateralmente le emissioni del 20 per cento, mantenendo tuttavia l'offerta di una riduzione del 30 per cento condizionata ad impegni comparabili e adeguati da parte dei paesi sviluppati.
Dal punto di vista dei negoziati, la Commissione individua l'obiettivo primario dell'UE nella conclusione di un accordo solido e giuridicamente vincolante nell'ambito della Convenzione ONU sui cambiamenti climatici (UNFCCC).
In tale contesto, la Commissione ribadisce l'intenzione dell'UE di lavorare per dare attuazione al meccanismo di finanziamento rapido per i paesi in via si sviluppo concordato a Copenaghen e a promuovere lo sviluppo del mercato internazionale del carbonio.
Le indicazioni della Commissione hanno trovato puntale riscontro da parte del Consiglio europeo del 25-26 marzo 2010.
Questo è molto importante perché dimostra che vi è una coerenza di fondo negli orientamenti della Commissione e nelle valutazioni degli Stati membri.
Alla luce di questa coerenza, appare necessario acquisire elementi precisi e aggiornati

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circa le intenzioni del Governo italiano, con riferimento a diverse questioni.
Va anzi tutto chiarito se il Governo ritiene definitivamente risolte le questioni su cui, nella fase di definizione del pacchetto clima-energia, aveva manifestato forti riserve in relazione al timore che il sistema produttivo nazionale potesse essere gravato di oneri eccessivi. Ricorda in proposito che nel dicembre scorso la VIII Commissione ha approvato un documento sulle politiche ambientali comunitarie mettendo in risalto la necessità che le politiche di preservazione dell'ambiente vengano finalizzate allo sviluppo del territorio e del sistema produttivo italiano.
Un secondo profilo attiene all'impegno assunto dall'UE nei confronti dei paesi in via di sviluppo; tale impegno dovrebbe tradursi nella corresponsione di un aiuto finanziario nell'ordine di 2,4 miliardi di euro per il periodo 2010-2012, di cui 600 milioni a carico dell'Italia. Occorre allora capire in che termini il nostro Governo intenda far fronte a tale impegno, certo non irrilevante.
Da ultimo, ritiene opportuno chiarire in che modo e in quali sedi il Governo ritenga di dover tradurre sul piano concreto gli impegni derivanti dal pacchetto clima-energia per quanto concerne in particolare la riduzione delle emissioni. In tal senso ricorda che è all'esame del Parlamento il decreto-legge sugli incentivi, che già contiene alcune misure finalizzate ad obiettivi di efficienza energetica e rappresenta un'importante occasione da cogliere per incoraggiare le produzioni a minore impatto ambientale. Ritiene, infatti, che ulteriori misure potrebbero essere inserite nel provvedimento, come l'introduzione di strumenti normativi per rendere obbligatorie le tecniche dell'efficienza energetica ai fini dell'attribuzione di aiuti statali o regionali; l'introduzione di incentivi per l'applicazione delle migliori tecnologie disponibili nell'impiantistica, la domotica, il risparmio nelle fonti energetiche, la certificazione energetica degli edifici; l'incremento degli incentivi per gli appalti pubblici verdi; lo sviluppo di reti «intelligenti» per convogliare il traffico su modalità di trasporto meno congestionate ed inquinanti.
Auspica quindi un lavoro di tutti i membri della Commissione volto a portare avanti le istanze citate e che già più volte la Commissione ha accolto in documenti destinati al governo e all'Unione europea.

Angelo ALESSANDRI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia ad altra seduta il seguito dell'esame del documento in oggetto.

La seduta termina alle 14.20.