CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 10 marzo 2010
295.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
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UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

Mercoledì 10 marzo 2010.

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 8.55 alle 9.05.

SEDE REFERENTE

Mercoledì 10 marzo 2010. - Presidenza del presidente Donato BRUNO. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'interno Michelino Davico.

La seduta comincia alle 9.05.

DL 29/2010: Interpretazione autentica di disposizioni del procedimento elettorale e relativa disciplina di attuazione.
C. 3273 Governo.

(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Giuseppe CALDERISI (PdL), relatore, introducendo l'esame del provvedimento, ritiene innanzitutto doveroso richiamare, dal preambolo del decreto-legge, le circostanze straordinarie di necessità e di urgenza che il Presidente della Repubblica ha posto a giustificazione dell'adozione del decreto-legge: si tratta infatti di indicazioni fondamentali. Il Presidente della Repubblica fa riferimento alla

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straordinaria necessità e urgenza di consentire il corretto svolgimento delle consultazioni elettorali per il rinnovo degli organi delle regioni a statuto ordinario fissate per il 28 e 29 marzo 2010 tramite l'interpretazione autentica degli articoli 9 e 10 della legge 17 febbraio 1968, n. 108, e dell'articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, in modo da assicurare il favor electionis secondo i princìpi di cui agli articoli 1 e 48 della Costituzione. Si specifica che tale interpretazione autentica è finalizzata a favorire la più ampia corrispondenza delle norme alla volontà del cittadino elettore, per rendere effettivo l'esercizio del diritto politico di elettorato attivo e passivo, nel rispetto costituzionalmente dovuto per il favore nei confronti della espressione della volontà popolare. Viene inoltre sottolineata l'esigenza di assicurare l'esercizio dei diritti di elettorato attivo e passivo costituzionalmente tutelati a garanzia dei fondamentali valori di coesione sociale, presupposto di un sereno e pieno svolgimento delle competizioni elettorali.
Sottolinea quindi come il fondamento del decreto-legge debba essere rinvenuto in questo preambolo posto dal Presidente della Repubblica, in particolare nell'esigenza di assicurare il favor electionis secondo i principi di cui agli articoli 1 e 48 della Costituzione.
Ciò premesso, passa ad illustrare l'articolato. L'articolo 1 reca l'interpretazione autentica degli articoli 9 e 10 della legge 17 febbraio 1968, n. 108, che disciplinano la presentazione delle liste nelle elezioni regionali. Ai sensi dell'articolo 9, primo comma, della legge citata, le liste dei candidati per ogni collegio devono essere presentate alla cancelleria del tribunale nella cui giurisdizione è il comune capoluogo della provincia «dalle ore 8 del trentesimo giorno alle ore 12 del ventinovesimo giorno antecedenti quelli della votazione; a tale scopo, per il periodo suddetto, la cancelleria del tribunale rimane aperta quotidianamente, compresi i giorni festivi, dalle ore 8 alle ore 20».
L'articolo 1, comma 1, in applicazione del principio del favor electionis, prevede che tale disposizione «si interpreta nel senso che il rispetto dei termini orari di presentazione delle lista si considera assolto quando, entro gli stessi, i delegati incaricati della presentazione delle liste, muniti della prescritta documentazione, abbiano fatto ingresso nei locali del tribunale. La presenza entro il termine di legge nei locali del tribunale può essere provata con ogni mezzo idoneo.»
Al riguardo ricorda che le istruzioni per la presentazione e l'ammissione delle candidature per le elezioni 2010 predisposte dal Ministero dell'interno stabiliscono che «il cancelliere non può rifiutarsi di ricevere le liste dei candidati, i relativi allegati e il contrassegno o i contrassegni di lista neppure se li ritenga irregolari o se siano presentati tardivamente.» Tali istruzioni sono ovviamente dettate «per le regioni che ancora non abbiano adottato una propria disciplina secondo quanto prevede l'articolo 5 della legge costituzionale n. 1 del 1999». Tuttavia, esse trovano applicazione anche in altre regioni, come si desume dalle istruzioni adottate dalla regione Lazio, nelle quali si afferma che «per quanto non espressamente previsto nelle presenti istruzioni si rinvia all'analoga pubblicazione predisposta dal Ministero dell'interno».
Il ricevimento della documentazione e la redazione del relativo verbale, da parte dell'ufficio elettorale competente, anche nel caso in cui questo ritenga tale documentazione non regolare o tardiva, è pertanto un elemento essenziale per la verifica della presentazione della «documentazione prescritta» e per le conseguenti decisioni di ammissibilità o meno delle liste e delle candidature. Si tratta di un compito che non può essere svolto dai carabinieri. Se l'ufficio competente non ha provveduto in tal senso e se i delegati sono in grado di provare la loro presenza entro i termini di legge nei locali del tribunale ai sensi del comma 1, non si può far altro che procedere ai sensi del comma 4 dell'articolo 1 del decreto in esame.

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Ricorda, al riguardo, nell'ambito della giurisprudenza in materia elettorale relativa a questioni analoghe a quelle affrontate dal provvedimento, la sentenza del Consiglio di Stato, V Sezione, dell'11 febbraio 1999, n. 165, che afferma la legittimità della decisione dell'organo deputato alla decisione di ammissione il quale, in caso di difficoltà interpretative, si attiene al principio del favor electionis. Ricorda altresì la sentenza del Consiglio di Stato, V sezione, del 4 marzo 2002, n. 1271, secondo la quale un minimo scostamento di orario, nella presentazione della lista, giustificato da validi motivi, non è di per sé motivo sufficiente a giustificarne l'esclusione, tenuto anche conto del principio di favore per la più ampia partecipazione delle liste alla competizione elettorale.
Osserva, poi, che la disposizione di cui all'ultimo periodo del primo comma, ai sensi della quale «La presenza entro il termine di legge nei locali del tribunale può essere provata con ogni mezzo idoneo» incide evidentemente sulla materia della giustizia amministrativa, sulla quale lo Stato ha potestà legislativa esclusiva.
Con riferimento al comma 2 dell'articolo 1 del decreto in esame, ricorda innanzitutto che l'articolo 9, secondo comma, della citata legge n. 108 del 1968 dispone che le liste devono essere presentate da un numero di elettori iscritti nelle liste elettorali di comuni compresi nelle circoscrizioni che varia a seconda del numero degli abitanti delle circoscrizioni medesime. Ai sensi dell'articolo 9, terzo comma, della medesima legge n. 108, «la firma degli elettori deve avvenire su apposito modulo recante il contrassegno di lista, il nome e cognome, il luogo e la data di nascita dei candidati, nonché il nome, cognome, luogo e data di nascita del sottoscrittore e deve essere autenticata da uno dei soggetti di cui all'articolo 14 della legge 21 marzo 1990, n. 53; deve essere indicato il comune nelle cui lite l'elettore dichiara di essere iscritto.» Ricorda altresì che l'articolo 21, comma 2, ultima parte, del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000 prevede che l'autenticazione sia redatta di seguito alla sottoscrizione e che il pubblico ufficiale che autentica attesti che la sottoscrizione è stata apposta in sua presenza, previo accertamento dell'identità del dichiarante, indicando le modalità di identificazione, la data ed il luogo di autenticazione, il proprio nome, cognome e la qualifica rivestita, nonché apponendo la propria firma e il timbro dell'ufficio.
L'articolo 1, comma 2, del decreto-legge prevede dunque che il citato articolo 9, terzo comma, si interpreta nel senso che le firme si considerano valide anche se l'autenticazione non risulta corredata da tutti gli elementi richiesti dal citato articolo 21, comma 2, ultima parte, del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, purché tali dati siano comunque desumibili in modo univoco da altri elementi presenti nella documentazione prodotta. In particolare - secondo quanto precisa il comma in esame - la regolarità della autenticazione delle firme non è comunque inficiata dalla presenza di una irregolarità meramente formale quale la mancanza o la non leggibilità del timbro della autorità autenticante, dell'indicazione del luogo di autenticazione, nonché dell'indicazione della qualificazione dell'autorità autenticante, purché autorizzata.
Al riguardo fa presente che l'esigenza di una norma interpretativa su questo punto risulta anche dall'ampia difformità dei criteri di valutazione utilizzati dai diversi uffici elettorali circoscrizionali e regionali - e talora, addirittura, da parte dello stesso ufficio nei confronti delle diverse liste - riguardo alle irregolarità da considerare meramente formali, attinenti ad aspetti non essenziali e tali da non inficiare la regolarità dell'autenticazione.
Sottolinea, altresì, come la disposizione interpretativa intervenga nella materia della potestà pubblicistica di attestazione e certificazione, la quale fa parte dell'ordinamento civile e, come tale, compete alla potestà legislativa esclusiva statale.

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Con riferimento poi al comma 3 dell'articolo 1 ricorda che l'articolo 10 della legge n. 108 del 1968 reca la disciplina sull'esame e l'ammissione delle liste presentate alle elezioni regionali e sui ricorsi avverso le decisioni di eliminazione di liste o di candidati. Si prevede che l'ufficio centrale circoscrizionale, entro 24 ore dalla scadenza del termine per la presentazione delle liste, procede alle verifiche indicate dalla legge (comma primo). Alle 9 del giorno successivo al termine di presentazione, l'ufficio centrale circoscrizionale torna a radunarsi per l'eventuale contraddittorio con i delegati delle liste contestate o modificate e per l'eventuale ammissione di nuovi documenti o di un nuovo contrassegno, e delibera seduta stante (commi secondo e terzo). Le decisioni dell'ufficio centrale circoscrizionale sono comunicate, nella stessa giornata, ai delegati di lista (comma quarto). Contro le decisioni di eliminazione di liste o di candidati, i delegati di lista possono, entro 24 ore dalla comunicazione, ricorrere all'ufficio centrale regionale. L'ufficio centrale regionale decide nei due giorni successivi. Le decisioni dell'ufficio centrale regionale sono comunicate nelle 24 ore ai ricorrenti ed agli uffici centrali circoscrizionali (commi ottavo e nono).
Fa presente che bisogna peraltro considerare che la disciplina della legge 108, che prevedeva un sistema elettorale proporzionale basato su liste circoscrizionali, deve essere integrata con quella della legge 43 del 1995, che, introducendo un correttivo in senso maggioritario del predetto sistema, ha previsto l'elezione con sistema maggioritario di un quinto dei consiglieri regionali, sulla base di liste regionali. Alle liste regionali e ai relativi candidati si applicano sempre gli articoli 9, 10 e 11 della legge 108 del 1968, intendendosi però sostituito l'ufficio centrale regionale all'ufficio centrale circoscrizionale.
L'articolo 1, comma 3, detta una norma di interpretazione autentica dell'articolo 10, quinto comma, della legge n. 108, in base alla quale le decisioni di ammissione di liste di candidati o di singoli candidati da parte dell'ufficio centrale regionale sono definitive, non revocabili o modificabili dallo stesso ufficio. La norma chiarisce ciò che in realtà era già abbastanza chiaro, cioè che sono esclusi i ricorsi «in opposizione» avanti il suddetto ufficio per le decisioni di ammissione delle liste regionali. Contro le decisioni di ammissione può essere proposto esclusivamente ricorso al giudice amministrativo soltanto da chi vi abbia interesse. Ciò, come si è visto, era già chiaro al Tar della Lombardia, ma evidentemente non all'Ufficio centrale regionale presso la Corte d'Appello di Milano.
La norma di interpretazione autentica stabilisce altresì che contro le decisioni di eliminazione di liste di candidati oppure di singoli candidati è ammesso ricorso all'ufficio centrale regionale, che può essere presentato, entro ventiquattro ore dalla comunicazione, soltanto dai delegati della lista cui la decisione si riferisce. Avverso la decisione dell'ufficio centrale regionale è ammesso immediatamente ricorso al giudice amministrativo.
Sottolinea che il terzo comma dell'articolo 1, da una parte, attiene alle procedure giurisdizionali da seguire di fronte ai giudici amministrativi, e quindi è sicuramente di competenza statale; dall'altra, attiene agli strumenti di ricorso a organi soggettivamente giurisdizionali chiamati a tutelare in prima battuta, in maniera uniforme sul territorio nazionale, la regolarità delle operazioni elettorali e i diritti fondamentali di elettorato attivo e passivo garantiti dalla Costituzione, i quali costituiscono materia anch'essa sicuramente di competenza statale.
Venendo quindi all'articolo 1, comma 4, questo prevede che le disposizioni dell'articolo si applicano alle operazioni e ad ogni attività relativa alle elezioni regionali in corso alla data di entrata in vigore del decreto. Per le medesime elezioni regionali i delegati che si sono trovati nelle condizioni di cui al comma 1 - ossia che possono provare con ogni mezzo idoneo la loro presenza nei locali del Tribunale, nel termine previsto per la presentazione delle

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liste, muniti della documentazione da sottoporre alla verifica dell'ufficio elettorale - possono effettuare la presentazione delle liste dalle ore 8 alle ore 20 del primo giorno non festivo successivo a quello di entrata in vigore del decreto, ossia di lunedì 8 marzo 2010.
Fa presente che in relazione all'eventuale riconoscimento del diritto acquisito con idoneo mezzo di prova ai sensi del comma 1, è evidentemente indispensabile una disposizione applicativa, valida anche per le regioni che, avendo già esercitato la loro competenza in materia elettorale, non hanno evidentemente potuto ancora introdurre una apposita regolamentazione.
Ricorda poi che l'articolo 2 prevede che, limitatamente alle consultazioni elettorali regionali fissate per il 28 e 29 marzo 2010, l'affissione del manifesto recante le liste e le candidature ammesse deve avvenire, a cura dei sindaci, non oltre il sesto giorno antecedente la data della votazione, anziché entro il quindicesimo giorno antecedente quello della votazione (come attualmente previsto dall'articolo 11, primo comma, n. 4, della legge n. 108 del 1968).
L'articolo 3 prevede che il decreto-legge entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale, avvenuta sabato 6 marzo 2010.
Nel precisare, poi, che tralascerà, per motivi di tempo, la citazione dei precedenti decreti legge sulla stessa materia, anche perché il tema è ampiamente trattato nella documentazione predisposta dagli uffici della Camera, sottolinea la natura prettamente interpretativa del decreto-legge in esame, la quale differenzia questo decreto anche dal decreto-legge n. 90 del 1995, che, invece, posticipava i termini per la presentazione delle liste per le elezioni regionali.
Per quanto riguarda il rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, osserva che l'articolo 122, primo comma, della Costituzione prevede indubbiamente che il sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale nonché dei consiglieri regionali sono disciplinati con legge della regione nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica, che stabilisce anche la durata degli organi elettivi: in materia, l'assetto delle competenze è stato precisato da diverse pronunce della Corte costituzionale.
Per quanto riguarda le leggi regionali, occorre però osservare come alcune di esse dettano una normativa del tutto autonoma, mentre altre assumono a riferimento le leggi statali. In particolare, le leggi elettorali delle regioni Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Marche, Puglia e Toscana talora modificano, talora recepiscono espressamente, talora richiamano, facendovi rinvio, la legge statale n. 108 del 1968, e successive integrazioni e modificazioni, per quanto le rispettive leggi regionali non dispongono diversamente.
La tecnica legislativa seguita da alcune leggi regionali (Abruzzo e Calabria) è stata valutata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 196 del 2003. In particolare, la Corte ha affermato che «non si può omettere di notare la improprietà di una tecnica legislativa che, operando il "recepimento" e poi la parziale sostituzione delle disposizioni della legge statale (fra l'altro, a quanto sembra, della sola legge n. 108 del 1968, con le modifiche apportate successivamente al suo testo, in particolare da vari articoli della legge n. 43 del 1995, e non delle autonome disposizioni dettate successivamente dalla stessa legge n. 43 del 1995), dà vita ad una singolare legge regionale, dal testo corrispondente a quello della legge statale, i cui contenuti, peraltro, non risultano sempre legittimamente assumibili dalla legge regionale, in quanto estranei alla sua competenza: così quelli che riguardano ad esempio, oltre che la durata in carica del consiglio, i ricorsi giurisdizionali o le norme sullo svolgimento contemporaneo delle elezioni regionali, provinciali e comunali.»
In conclusione, ribadisce che il principio fondamentale immanente a tutta la disciplina contenuta nel decreto-legge è il

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favor electionis e la tutela della genuina espressione della sovranità popolare nel momento culminante della democrazia, che è quello delle elezioni. Si tratta di un principio immanente che, insieme alle sue indispensabili applicazioni, non può che far premio sulle eventuale esercizio residuale di competenze da parte di alcune singole regioni: esercizio residuale perché il decreto-legge interviene - come ampiamente sottolineato - in modo assolutamente prevalente su materie che attengono alla competenza dello Stato.
Ritiene che la vicenda della liste elettorali sia davvero preoccupante per lo stato della democrazia italiana. Un'informazione distorta è riuscita a ribaltare completamente la realtà dei fatti, con gravissimo danno per l'opinione pubblica. Come ha scritto il Presidente della Repubblica rispondendo a due cittadini su un organo di stampa, il decreto è finalizzato a favorire la più ampia corrispondenza delle norme alla volontà del cittadino elettore, per rendere effettivo l'esercizio del diritto politico di elettorato attivo e passivo, nel rispetto costituzionalmente dovuto per il favore nei confronti della espressione della volontà popolare; esso è volto ad assicurare l'esercizio dei diritti di elettorato attivo e passivo costituzionalmente tutelati a garanzia dei fondamentali valori di coesione sociale, presupposto di un sereno e pieno svolgimento delle competizioni elettorali.
Osserva che, sia a Milano sia a Roma, gli uffici elettorali hanno compiuto due diverse violazioni della legge e delle regole elettorali, rispettivamente a danno della lista Formigoni e di quella del Popolo della libertà. Il decreto legge si è reso necessario proprio per ripristinare la legalità; esso è sostanzialmente volto a ribadire cosa già dicono le regole vigenti, non a mutarle. È un decreto pienamente legittimo, esattamente il contrario di quanto certa propaganda e certa stampa hanno rappresentato.
A Milano, in particolare, la lista Formigoni era stata ammessa dall'ufficio elettorale. Poi i radicali hanno presentato un ricorso contro la sua ammissione, laddove la legge prevede solo ricorsi contro l'esclusione di una lista o di un candidato. Ammettendo il ricorso, l'ufficio elettorale ha pertanto violato la legge. Non solo, ma nel merito ha accolto - singolarmente solo contro la lista Formigoni e non contro altre liste con le medesime caratteristiche - alcune contestazioni attinenti ad elementi non essenziali per l'autenticazione delle firme. L'applicazione non uniforme dei criteri di valutazione della validità delle autenticazioni da parte degli uffici elettorali ha reso quindi necessario il decreto interpretativo, volto a dettare una volte per tutte criteri certi e univoci.
A Roma, invece, è stata compiuta una violazione delle regole vigenti particolarmente grave: la mancata verbalizzazione della presentazione della lista del Popolo della libertà, laddove le istruzioni per la presentazione e l'ammissione delle candidature del Ministero dell'interno prescrivono da sempre - come già detto - che «il cancelliere non può rifiutarsi di ricevere le liste dei candidati, neppure se ritenga irregolare la documentazione o presentata tardivamente». I delegati della lista del Popolo della libertà erano entrati nel Tribunale tempestivamente, giungendo davanti alla stanza dove avveniva il deposito delle liste mezz'ora prima della scadenza. Solo la carenza di personale dell'ufficio elettorale li ha costretti a fare la fila, solo la grave e colpevole negligenza da parte dei responsabili dell'ufficio li ha lasciati fuori dalla stanza, senza che li si identificasse come delegati e si attribuisse loro un preciso numero d'ordine, nel caos di un corridoio dove sostavano persone del tutto estranee al deposito delle liste. Il delegato della lista del Popolo della libertà aveva anche alzato la mano, insieme al altri tre, quando un componente dell'ufficio si è affacciato nel corridoio per chiedere quanti altri delegati dovevano ancora depositare le liste. Allora, non può essere qualche metro di distanza dalla porta della stanza a determinare, addirittura, la mancata verbalizzazione della lista del Popolo della libertà. Altro che applicazione delle regole, qui si è di fronte alla loro patente violazione.

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Certamente la forma è sostanza, sbaglia chi lo nega. Ma la forma non può divenire formalismo irragionevole che nega la sostanza e la finalità della legge, ossia in questo caso le sottoscrizioni come requisito minimo di rappresentatività di una forza politica; meno che mai può divenire cavillo e pretesto per compiere operazioni politiche di tutt'altra natura.
Rispetto della legge e democrazia non sono in contrapposizione. Sono in gioco entrambi in questa incredibile vicenda.

Donato BRUNO, presidente, essendo imminente l'inizio dei lavori dell'Assemblea, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 9.25.

SEDE REFERENTE

Mercoledì 10 marzo 2010. - Presidenza del presidente Donato BRUNO. - Intervengono il ministro per la semplificazione normativa Roberto Calderoli e il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio Aldo Brancher.

La seduta comincia alle 14.05.

DL 29/2010: Interpretazione autentica di disposizioni del procedimento elettorale e relativa disciplina di attuazione.
C. 3273 Governo.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella odierna seduta antimeridiana.

Michele BORDO (PD) intende chiedere preliminarmente al Governo se abbia intenzione di proseguire con l'esame del decreto-legge in titolo o se abbia, nel frattempo, maturato l'idea di farlo decadere, atteso che non potrà svolgere le funzioni per cui è stato adottato, alla luce delle decisioni assunte dal TAR, a prescindere dal testo del decreto-legge, e di quanto disposto ieri dall'Ufficio elettorale.
Essendo a tutti note le ragioni che erano alla base del provvedimento in esame ed essendo ormai chiaro che lo stesso non possa più essere di ausilio per risolvere le questioni in corso, ci si attende che esso venga ritirato.
Pur apprezzando gli sforzi del relatore nel svolgere il proprio intervento illustrativo sul provvedimento in esame, ritiene che il risultato finale sia comunque negativo attesa la difficoltà di trovare argomentazioni sufficienti a giustificarne la conversione.
Fa presente che si sarebbe aspettato delle scuse da parte della maggioranza: quanto avvenuto nel Lazio e in Lombardia è infatti esclusivamente riconducibile alla responsabilità di chi, per conto del gruppo del Popolo delle libertà, avrebbe dovuto presentare le liste nei termini previsti dalla legge, ma questo non è avvenuto. Di certo, comunque, non vi è alcuna responsabilità del suo gruppo o di altri soggetti.
Considera preoccupante per la democrazia che il Governo abbia potuto decidere di modificare le regole con la campagna elettorale in corso. Sarebbe utile conoscere chi è stato il suggeritore del provvedimento in titolo; rileva inoltre che nella relazione illustrativa del collega Calderisi si effettua nel dettaglio una ricostruzione di quanto sarebbe accaduto a Roma al momento della presentazione delle liste, come se il relatore fosse stato presente in quel luogo e in quel momento.
Ritiene che con il decreto-legge in discussione sia stato fatto un «pasticcio», oltretutto formulato male, provando a far ammettere una lista attraverso la legge ma senza neanche riuscire nell'obiettivo.
Rileva come sia noto che in materia elettorale il Governo non possa intervenire con lo strumento del decreto-legge e soprattutto che non può farlo nelle materie che sono di competenza delle regioni, tanto più dopo la riforma della parte seconda del titolo V della Costituzione.
Sottolinea come il decreto-legge in esame costituisca una forzatura giuridica senza precedenti, considerato che esistono

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già organi di garanzia per la verifica del rispetto delle regole. Peraltro, si è ormai abituati all'arroganza del Governo in carica, che approva leggi ad personam solo per riammettere la lista del Popolo delle libertà nonostante gli errori siano stati commessi dagli stessi responsabili del partito.
Emerge, a suo avviso, la volontà di dare il messaggio chiaro che vi sono persone poste al di sopra di tutto e della stessa legge. Si chiede, oltretutto, come si pensi di intervenire nei confronti di quelle liste che in passato non sono state ammesse per errori nella presentazione. Al contempo, ritiene eccessivamente generica la formulazione dell'articolo 1, comma 1, che considera sufficiente che i delegati incaricati della presentazione delle liste, muniti della prescritta documentazione, abbiano fatto ingresso nei locali del tribunale.Rileva che, non precisando che si fa riferimento ai locali della cancelleria, si consente di considerare presente anche chi era entrato nel Tribunale per svolgere altre funzioni. Ricorda, in proposito, che il Consiglio di Stato, nell'udienza del 21 maggio 2002 della V sezione, ha fatto riferimento alla presenza effettiva all'interno dell'ufficio adibito alla ricezione delle candidature con la documentazione necessaria.
Rileva, in merito al principio del favor electionis, richiamato più volte nella seduta odierna dal relatore, che in base alla consolidata giurisprudenza, lo spostamento dell'orario è in ogni modo suscettibile di giustificazione se il presentatore della lista è nella condizione di dimostrare i validi motivi che sono stati causa del ritardo. Nel caso della regione Lazio, come si evince chiaramente dagli organi di stampa, l'unico motivo alla base del ritardo è stato quello di dover fare delle sostituzioni dell'ultimo minuto nell'elenco dei nominativi della lista. Anche per tali ragioni, dunque, il decreto-legge in esame non è applicabile al caso di specie.
Sottolinea inoltre che la Costituzione non consente di intervenire con lo strumento del decreto-legge sulla materia elettorale. Ricorda, al riguardo, che il disegno di legge di conversione del decreto-legge 29 marzo 1995, n. 90, che posticipava il termine per la presentazione delle liste per le elezioni regionali e amministrative del 23 aprile 1995, fu respinto quasi all'unanimità dalla Camera che non ha riconosciuto la sussistenza dei presupposti di costituzionalità. Gli effetti prodotti da tale decreto-legge sono stati poi fatti salvi dalla legge 5 aprile 1995, n. 102, a riprova del fatto che si tratta di una materia in cui occorre intervenire con legge ordinaria.
Evidenzia poi che il decreto-legge in esame interviene su una materia attribuita alla regioni ai sensi dell'articolo 122 della Costituzione e che, nel caso nella regione Lazio, questa è intervenuta a disciplinare la materia con propria legge regionale.
Sottolinea pertanto i seri profili di incostituzionalità del decreto-legge in discussione. Ribadisce quindi come sarebbe molto più opportuno ed elegante ammettere l'errore commesso e ritirare il provvedimento, fermo restando quanto deciderà il Consiglio di Stato, così da considerare il regolare svolgimento della campagna elettorale e delle elezioni già previste. Diversamente, come già preannunciato, l'opposizione del suo gruppo - in Parlamento e nella manifestazione prevista per sabato 12 marzo - sarà molto dura perché non è ammissibile un intervento che cambi le regole quando la campagna elettorale è in atto.

David FAVIA (IdV), dopo aver definito «imbarazzante» la relazione introduttiva svolta questa mattina dal relatore, in quanto vi si è in sostanza ammesso che il decreto in esame tende soltanto a risolvere il problema venutosi a creare per il Popolo della libertà nel Lazio, esprime l'auspicio che il provvedimento sia ritirato. Non è infatti possibile cambiare le regole del gioco a gioco iniziato soltanto per trovare soluzione ad un problema interno di un partito dovuto a faide intestine. Non c'era, d'altra parte, alcuno bisogno del decreto: i listini in Lombardia e nel Lazio sono stati ammessi con provvedimento degli stessi uffici elettorali, quindi sulla base di un'autotutela

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amministrativa. Ma se anche i meccanismi di garanzia già esistenti non avessero funzionato, si sarebbe comunque dovuto affrontare il problema dopo le elezioni, non nell'imminenza delle stesse e nel pieno della campagna elettorale.
Al di là di queste considerazioni di opportunità politica, ritiene che il provvedimento sia incostituzionale per più ragioni: in primo luogo perché non sussistono i presupposti di necessità e urgenza richiesti dall'articolo 77 della Costituzione per l'adozione di un decreto-legge; in secondo luogo perché la materia elettorale è sottratta alla decretazione d'urgenza e riservata alla legge formale del Parlamento, come si ricava dall'articolo 72, quarto comma, della Costituzione; in terzo luogo perché, trattandosi di elezioni regionali, la materia su cui incide il decreto è riservata alla legislazione regionale, ai sensi dell'articolo 122 della Costituzione; da ultimo, perché, com'è di per sé evidente, vengono violati gli articoli 2, 3, 48, 49 e 51 della Costituzione.
Quanto al cosiddetto favor electionis, cui si è richiamato il Governo, ritiene si tratti di un principio importante, ma che certamente non può prevalere sul rispetto delle regole. Non si può rimediare all'errore di singoli prevaricando le regole generali.
Venendo al dettaglio dell'articolato, giudica insensato il comma 1 dell'articolo 1 del decreto, in base al quale la presenza nei locali del tribunale dovrebbe equivalere alla presentazione effettiva della lista. È evidente a tutti, infatti, che, soprattutto nelle grandi città, i tribunali hanno sedi così ampie che non è possibile accertare chi sia presente al loro interno ad una data ora. Non è possibile, dal punto di vista pratico, considerare presentata una lista se non sia stata materialmente consegnata in cancelleria.
Parimenti, ritiene che stravolga l'ordinamento il principio stabilito dal comma 2 dell'articolo 1, secondo cui, in particolare, la regolarità della autenticazione delle firme non sarebbe inficiata dalla presenza di una irregolarità meramente formale quale la mancanza o la non leggibilità del timbro della autorità autenticante: sarebbe come dire che un rogito notarile deve ritenersi valido anche se mancante della firma del notaio.
In conclusione, nel ribadire l'auspicio che il decreto-legge sia ritirato, si dice convinto che, in ogni caso, la sua emanazione rappresenti una delle peggiori pagine politiche della legislatura fino a questo momento, come ben hanno capito anche tanti elettori del centrodestra.

Donato BRUNO, presidente, avverte che, essendo convocato alle 14.30 il comitato dei nove costituito nell'ambito delle Commissioni riunite I e II per l'esame degli emendamenti presentati al decreto-legge n. 4 del 2010 (C. 3175 Governo), il seguito della discussione dovrà essere rinviato a domani.

Mario TASSONE (UdC) richiama la necessità di riservare all'esame del decreto-legge in titolo tempi congrui in modo da permettere a tutti coloro che lo richiedano di intervenire.

Gianclaudio BRESSA (PD) nel ritenere pienamente condivisibile l'esigenza testé rappresentata dal collega Tassone chiede di poter proseguire la discussione sul provvedimento, oltre che nella seduta già prevista per domani al termine della seduta antimeridiana dell'Assemblea, anche nella mattina prima dell'inizio dei lavori dell'Assemblea.

Raffaele VOLPI (LNP) fa presente che le questioni relative all'organizzazione dei lavori della Commissione andrebbero più propriamente rappresentate nell'ambito dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi.

Donato BRUNO, presidente, alla luce delle richieste testé formulate da alcuni gruppi, rinvia il seguito dell'esame alla seduta che sarà convocata domani mattina, un'ora prima dell'inizio della seduta dell'Assemblea.

La seduta termina alle 14.30.

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INDAGINE CONOSCITIVA

Mercoledì 10 marzo 2010. - Presidenza del presidente Donato BRUNO.

La seduta comincia alle 15.10.

Indagine conoscitiva sulle Autorità amministrative indipendenti.
Audizione del Presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, Corrado Calabrò.
(Svolgimento e conclusione).

Donato BRUNO, presidente, avverte che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
Introduce, quindi, l'audizione.

Corrado CALABRÒ, presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, svolge una relazione sui temi oggetto dell'indagine.

Intervengono, per porre quesiti e formulare osservazioni, i deputati Luca Giorgio BARBARESCHI (PdL), Roberto ZACCARIA (PD) e Linda LANZILLOTTA (Misto-ApI).

Corrado CALABRÒ, presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, risponde ai quesiti posti e rende ulteriori precisazioni.

Donato BRUNO, presidente, dichiara conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16.05.

N.B.: Il resoconto stenografico della seduta è pubblicato in un fascicolo a parte.

AVVERTENZA

I seguenti punti all'ordine del giorno non sono stati trattati:

SEDE REFERENTE

Semplificazione dell'ordinamento regionale e degli enti locali, nonché delega al Governo in materia di trasferimento di funzioni amministrative e Carta delle autonomie locali.
C. 67 Stucchi, C. 68 Stucchi, C. 711 Urso, C. 736 Mogherini Rebesani, C. 846 Angela Napoli, C. 2062 Giovanelli, C. 2247 Borghesi, C. 2488 Ria, C. 2651 Mattesini, C. 2892 Reguzzoni e C. 3118 Governo.

Modifica all'articolo 5 della legge 22 maggio 1975, n. 152, concernente il divieto di indossare gli indumenti denominati burqa e niqab.
C. 627 Binetti, C. 2422 Sbai, C. 2769 Cota, C. 3018 Mantini, C. 3020 Amici e C. 3183 Lanzillotta.

ATTI DEL GOVERNO

Schema di regolamento di organizzazione del Ministero degli affari esteri.
Atto n. 192.

COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 3, recante misure urgenti per garantire la sicurezza di approvvigionamento di energia elettrica nelle isole maggiori.
C. 3243 Governo, approvato dal Senato.

Legge quadro per lo spettacolo dal vivo.
Testo unificato C. 136 Carlucci e abb.

Norme in favore dei lavoratori che assistono familiari gravemente disabili.
Nuovo testo unificato C. 82 Stucchi ed abb.

Pag. 42

Norme sul riconoscimento e sulla promozione del diritto alla formazione e allo sviluppo professionale.
Testo unificato C. 1079 Bobba e abb.

Interventi in materia di ammortizzatori sociali e tutela di determinate categorie di lavoratori.
C. 2100 Damiano ed abb.

Disposizioni per la valorizzazione del patrimonio archivistico, librario, artistico e culturale dell'Abbazia di Montecassino e per il recupero e il restauro del Monastero di San Benedetto in Subiaco, nonché per la valorizzazione storica, culturale, turistica e ambientale di Volandia - Museo dell'aeronautica in Zizzola Ticino.
Nuovo testo C. 2165 Anna Teresa Formisano e C. 2550 Reguzzoni.

Istituzione di un Fondo per il restauro, il recupero e la valorizzazione culturale, religiosa, turistica e sociale del complesso monastico di San Giovanni Battista del Monte Venda.
C. 2298 Goisis.