CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 2 febbraio 2010
277.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (VII e IX)
COMUNICATO
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ATTI DEL GOVERNO

Martedì 2 febbraio 2010. - Presidenza del presidente Valentina APREA. - Interviene il viceministro dello sviluppo economico, Paolo Romani.

La seduta comincia alle 14.10.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2007/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2007, che modifica la direttiva 89/552/CEE del Consiglio relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l'esercizio delle attività televisive.
Atto n. 169.

(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e rinvio).

Le Commissioni riunite proseguono l'esame dello schema all'ordine del giorno rinviato, da ultimo, nella seduta del 14 gennaio 2010.

Valentina APREA, presidente, ricorda che l'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, delle Commissioni riunite VII e IX ha stabilito di concludere l'esame del provvedimento odierno entro la giornata di domani, 3 febbraio 2010, avendo acquisito la disponibilità del rappresentante del Governo a proseguirne l'esame non oltre il 4 febbraio 2010. Le Commissioni hanno, altresì, svolto un ciclo di audizioni informali dei rappresentanti delle categorie interessate dall'applicazione del provvedimento in oggetto. Dà quindi la parola al rappresentante del Governo.

Il viceministro Paolo ROMANI chiede di intervenire come rappresentante del Governo prima della discussione generale sullo schema di decreto legislativo di recepimento della direttiva TV servizi e media, all'esame delle Commissioni parlamentari per il parere di competenza. Osserva che il proprio intervento potrebbe sembrare irrituale perché, nelle situazioni di normalità, nella fase di formazione di un parere, il Governo è solito esprimersi alle fine. Ma, sottolinea, come

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in questa vicenda tutto sia un po' irrituale. Concorda infatti con il deputato Paolo Gentiloni, quando, intervenendo sull'ordine dei lavori, ha dichiarato che un provvedimento come questo, destinato ad incidere sul nostro sistema radiotelevisivo, necessiti di una valutazione e di un esame più articolato rispetto all'iter di approvazione di uno schema di decreto legislativo. Per questo, pur nell'ambito di un recepimento di una direttiva che considera assolutamente conforme e coerente, ha ritenuto utile e opportuno concedere una proroga di una settimana per i termini del parere ed ha condiviso l'accoglimento della richiesta di audizioni da parte dei presidenti delle Commissioni. Rileva che, con il proprio intervento di oggi «prima» e non «dopo», non intende certo interferire con il Parlamento, fare invasioni di campo, anticipare giudizi, sminuire il ruolo delle Commissioni, dei relatori e dei colleghi parlamentari, specie dell'opposizione, chiamati ad esprimersi; ricorda di essere stato presidente di Commissione, quindi conosce le regole e le ha sempre rispettate, come crede possano riconoscerlo molti colleghi con cui ha lavorato in passato.
Intende quindi rispettare le procedure e i regolamenti: valuterà, come Governo, e si esprimerà sul merito al termine di una discussione che seguirà con attenzione e dopo l'emanazione del parere. Ma avendo scelto la linea del silenzio, non rispondendo alle tante dichiarazioni, alcune anche polemiche e strumentali, di questi giorni, una volta concluse le audizioni, vuole cogliere quest'occasione per fare chiarezza su alcune parti del decreto. Osserva che il proprio unico fine è quello di fornire alcune precisazioni e dare un segnale di disponibilità, sgombrando anticipatamente il campo da una serie di equivoci e malintesi, con il solo fine di stemperare i toni di una discussione che, altrimenti, potrebbe rilevarsi particolarmente complicata; l'obiettivo è invece quello di poterla indirizzare sugli aspetti più propriamente di merito che dovranno formare oggetto del parere. In questo primo intervento, intende quindi limitarsi ad analizzare solo su due aspetti del provvedimento, quelli che, anche a livello politico, hanno suscitato maggiore clamore: si riferisce alle norme sulla produzione audiovisiva e a quelle sull'applicabilità di una serie di regole minime ai contenuti di immagini in movimento diffusi sulle diverse piattaforme, compreso Internet. Ricorda che, nei giorni scorsi, ha incontrato le associazioni dell'audiovisivo e importanti soggetti che operano nel mondo Internet per comprendere, valutare insieme e ragionare su possibili modifiche al testo del decreto; e ciò anche a seguito delle osservazioni anche da altri formulate nel corso delle audizioni, i cui testi depositati sono stati messi a sua disposizione dalle Commissioni. Quanto al primo tema, quello dell'audiovisivo, tiene preliminarmente ad evidenziare che le regole introdotte sono assolutamente coerenti con i contenuti della direttiva comunitaria, che anzi contiene norme ben più restrittive rispetto a quelle previste dallo schema di decreto, lasciando alle emittenti la facoltà opzionale di scelta tra obblighi di investimento o di programmazione, non prevedendo alcuna sottoquota in favore della cinematografia nazionale e non contemplando in alcun modo ipotesi di attribuzione di diritti secondari. Ma è indubbio che il testo di decreto legislativo, pur non essendo in contrasto con le norme europee, ha finito per introdurre una serie di modifiche a norme successive, rispetto alle norme contenute nella prima direttiva del 1989, e vigenti, in particolare a quelle introdotte nella passata legislatura con le modifiche apportate al testo unico della radiotelevisione. Ribadisce quindi che, nei giorni scorsi, ha incontrato le rappresentanze degli autori e dei produttori cinematografici e televisivi e dei sindacati confederali. Ha avuto così modo di entrare in contatto con realtà professionali che si sono rapportate con il Governo in modo costruttivo, coerente e lineare. Una correttezza di comportamento che ha avuto modo di constatare anche dopo gli incontri, cui non sono più

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seguite dichiarazioni polemiche. Le ragioni di registi, attori, sceneggiatori e lavoratori del settore insistono sull'importanza delle misure di sostegno per un settore fondamentale per la cultura del Paese, per i suoi occupati, per l'immagine dell'Italia e per il contenuto fornito, attraverso la diffusione televisiva, a grandi fasce di utenti.
Rileva che non vuole anticipare nulla per non interferire con il lavoro delle Commissioni, ma segnala che, se nel corso della discussione, si dovesse registrare un consenso verso il ripristino della precedente normativa, anche con riferimento agli obblighi di programmazione per tutti gli operatori - compresa la pay tv -, alle quote di programmazione e investimento previsti per la concessionaria pubblica, all'accorciamento dei tempi per l'emanazione del regolamento nel cui ambito dovranno essere fissate le sottoquote in favore della cinematografia nazionale, non solo per quanto attiene agli obblighi di investimento, ma anche eventualmente di programmazione, non potrà che accogliere con favore tali richieste. Si impegna personalmente, ad approvare un regolamento, in tempi rapidi, alla fine di un confronto civile e costruttivo con tutte le parti interessate, da considerare come un'occasione per costruire un sistema di sostegno all'audiovisivo non assistenziale e tale da contribuire alla crescita effettiva della cinematografia italiana. Segnala anche la disponibilità a rivedere alcune incomprensibili esclusioni di offerte a pagamento tra i ricavi che potrebbero portare rilevanti benefici in termini di maggiore incidenza sugli investimenti da destinare alla produzione audiovisiva, facendo riferimento a diverse centinaia di milioni di euro. Quanto al tema dei cosiddetti diritti residuali, ricorda innanzitutto che, a differenza di quanto sembra voler sostenere sul punto il Presidente dell'Autorità, un regime di dettaglio per tali diritti, meglio definibili come «secondari», rappresenta una chiara eccezione nel panorama europeo. In Paesi come il Regno Unito, portato da molti come esempio, esiste una disciplina molto flessibile e comunque applicabile ai soli broadcaster di servizio pubblico. Tiene pertanto a sottolineare come la normativa comunitaria non preveda affatto che ai produttori indipendenti debbano essere attribuite quote di diritti secondari, ma soltanto che l'attribuzione di tali quote sia uno degli elementi rilevanti ai fini dell'accertamento della qualifica, appunto, di produttore indipendente. Ciò posto, considerando anche in questo caso le richieste dei produttori televisivi, anticipa che, se richiesto, vi è disponibilità a rivedere la normativa in materia, attribuendo nuovamente una potestà regolamentare in capo all'Autorità, attraverso un riconoscimento del diritto che non può però prescindere da una proporzionalità con la partecipazione finanziaria alle fasi di sviluppo e realizzazione dell'opera da parte dei produttori indipendenti beneficiari.
Un altro tema su cui ritiene opportuno soffermarsi è, come detto, quello della disciplina prefigurata per i servizi audiovisivi, lineari e non lineari, compresi quelli veicolati su Internet. Svolge al riguardo un'osservazione preliminare: su tutta la vicenda, esprime rammarico per quanto dichiarato in audizione del Presidente dell'Autorità. Ritiene che le sue affermazioni e i toni usati, spesso accesi, siano discutibili sotto vari aspetti; in generale, si risolvono in un'invocazione di maggiori poteri regolamentari ed applicativi per l'Autorità, fondata sulle virtù dell'indipendenza. Osserva che il Governo ha sempre rispettato l'Autorità, il suo compito di organismo di garanzia indipendente e la sua competenza. In questo anno e mezzo, ha lavorato con spirito collaborativo e costruttivo, nel rispetto delle rispettive competenze e, anche in questa vicenda, se avesse prevalso questo spirito di collaborazione, si sarebbero potuti evitare molti dei rilievi formulati. Ritiene infatti non solo auspicabile, ma in molti casi doverosa, un'interlocuzione preventiva con il Governo, prima di prendere una posizione ufficiale. Tralascia poi in questa sede le affermazioni dell'Autorità

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che inopinatamente accostano l'intervento del Governo a regimi autoritari, che nulla hanno a che vedere con la disciplina di cui si discute, e sui cui si auspica un chiarimento da parte dell'amministrazione audita. Ciò detto, e venendo al merito del decreto, osserva che due chiarimenti sono doverosi. In primo luogo, il legislatore comunitario, proprio per evitare discriminazioni, ed in linea con il principio di neutralità tecnologica, ha inteso assoggettare i servizi di media audiovisivi ad una disciplina coerente; e ciò indipendentemente dalla piattaforma o dall'infrastruttura su cui tali servizi vengono veicolati. In particolare, in linea con questo approccio, la direttiva precisa che alcuni servizi come la web TV e il live streaming sono ricompresi fra i «servizi lineari» e, quindi, fra i servizi televisivi cosiddetti «classici» (cfr. il considerando n. 20) della direttiva 2007/65/CE. Il Considerando n. 20 recita: «La radiodiffusione televisiva attualmente comprende, in particolare, la televisione analogica e digitale, la trasmissione continua in diretta (live streaming), la trasmissione televisiva su Internet (webcasting) e il video quasi su domanda (near-video-on-demand), mentre il video su domanda (video-on-demand), ad esempio, è un servizio di media audiovisivi a richiesta». In secondo luogo, la direttiva afferma il principio secondo cui chi offre servizi di media audiovisivi su richiesta, organizzando un apposito catalogo di contenuti, in concorrenza con quelli televisivi, sfruttati a fini commerciali, è soggetto in certa misura alla disciplina dettata dalla direttiva: e ciò indipendentemente dalla modalità o dalla piattaforma trasmissiva (considerando n. 20). Naturalmente, ciò vale qualora si tratta di servizi di tipo audiovisivo, su cui il fornitore esercita un controllo editoriale. Le nozioni di «servizio di media audiovisivo» e di «responsabilità editoriale» sono puntualmente definite dalla direttiva e recepiti dal decreto, articolo 1, lettera a) e lettera c) dello 65/2007. In definitiva, il decreto non intende in alcun modo disciplinare il web, i blog, i motori di ricerca o altre attività tipiche del mondo Internet; ma limitarsi ad una applicazione puntuale e coerente della direttiva qualora si tratti di servizi audiovisivi. Se dalle Commissioni dovessero venire richieste al fine di individuare più esplicitamente a chi debba e chi non debba applicarsi la disciplina prevista per i servizi non lineari, dichiara da subito la disponibilità del Governo ad introdurre opportune precisazioni. In particolare, allo scopo di evitare polemiche strumentali, anche a livello comunitario, non esclude di poter inserire, se richiesta dalle Commissioni, una norma che chiarisca in modo esplicito la piena coerenza con il quadro giuridico dell'e-commerce. Parimenti, in una prospettiva di ulteriore semplificazione, potrebbero essere meglio precisate le disposizioni amministrative in materia di dichiarazione di inizio attività, disposizioni che, comunque, non incidono in alcun modo sui contenuti diffusi dal fornitore di servizi.
A questo riguardo, tiene comunque a ribadire che la dichiarazione di inizio attività prefigurata dal decreto è uno strumento estremamente flessibile, non pervasivo, che si consegue anche con il semplice silenzio assenso. L'Autorità è competente per la relativa regolamentazione. Nessun «attacco alla rete», quindi, nessuna possibilità di controllo preventivo - in particolare sui contenuti - da parte dell'amministrazione, ma un semplice regime di trasparenza, e ben più «leggero» rispetto a quelli già esistenti e tipicamente utilizzati per i servizi televisivi «tradizionali», un regime analogo a quello impiegato, ad esempio, nella disciplina comunitaria delle comunicazioni elettroniche.

Giuseppe GIULIETTI (Misto) osserva che si esprimerà con uguale franchezza del viceministro. Ricorda di essere tra quelli che più volte si è trovato in contrasto con l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Sottolinea anzi di aver trovato moderata la relazione dell'Autorità stessa in quanto estrapolata da un contesto su cui grava la presenza di un noto conflitto di interessi. Rileva come

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affermato dallo stesso viceministro che si è in presenza di un contrasto con l'Autorità, si sta quindi parlando di un incidente grave in una situazione già affetta da un vulnus e che sarà foriera di contenziosi anche con l'Unione europea. Coglie le aperture esposte nell'intervento del viceministro, aperture che non trova banali o rituali, ma ritiene che non si possa fare finta di non aver ascoltato quello che il presidente dell'Autorità è venuto a dire alle Commissioni riunite. Ribadisce che trova il provvedimento in oggetto ancor più grave del «legittimo impedimento» che si sta discutendo in Aula. Auspica che i Presidenti delle Camere siano informati di quanto sta accadendo e che per esaminare un provvedimento di tale natura non basta certo il rinvio di una settimana. Osserva come tutte le parti che sono intervenute nelle audizioni informali presso le Commissioni riunite siano parti con interessi di parte in conflitto: ma l'Autorità no, non può essere annoverata tra le parti in causa. Non crede quindi che vi sia nelle dichiarazioni fatte dall'Autorità un «impazzimento» improvviso dell'Autorità stessa, quando dice di non essere stata consultata. Ritiene opportuno leggere alcune parti della direttiva in modo che quanto detto risulti agli atti: «la direttiva (Considerando 65 e Considerando 66) afferma il principio che gli Stati membri dovrebbero affidare compiti di autorizzazione a autorità competenti. Indipendenza dell'Autorità a cui vengono affidati compiti di regolazione, si pone infatti come un caposaldo della tutela del pluralismo e della concorrenza dell'ordinamento interno degli Stati membri. È bene come ho detto al Senato, lo schema di recepimento, come espliciterò meglio in seguito non appare corrispondere adeguatamente a queste indicazioni comunitarie.»
Sottolinea come l'Autorità dica che non vi sia nel provvedimento in oggetto una corrispondenza alle direttive comunitarie; tale assunto sarebbe grave in tutti gli altri Paesi d'Europa ma in Italia lo è ancora di più per la presenza degli interessi del Presidente del Consiglio. Rileva inoltre come l'Autorità lamenti la mancata consultazione in riferimento all'emanazione del provvedimento. Rileva come più volte insista nel ribadire che le norme di propria competenza ai fini dell'espletamento della sua attività di vigilanza e sanzionatoria. L'Autorità inoltre di fronte a un provvedimento che investe la piccola e media impresa e i consumatori chiede di poter monitorare. Ricorda come lo stesso ministro Bondi abbia posto il tema del diritto di autore insieme ad altri parlamentari del centrodestra. Osserva come quindi non si stia parlando di destra o sinistra ma si sta parlando di interessi di mercato in conflitto. Sottolinea come a lui non piaccia una politica dove i «tre forni» si accordano e pesano in maniera preponderante sulla produzione, non tenendo conto degli interessi delle piccole e medie imprese del settore e di altri interessi coinvolti. Ritiene importante sollevare il conflitto che si sta determinando con l'articolo 16 del provvedimento, e ricorda come tale articolo non sia richiesto dalla direttiva stessa. Ritiene quindi che per tali aspetti non si possano apportare modifiche ma si debba stralciare. Ricorda come non si è di fronte a un normale dibattito ma a un passaggio di rilevanza eccezionale che inciderà profondamente sull'intero sistema dei media e degli audiovisivi. Osserva come qui non si tratta solo dei «tre forni» ma si parla anche di telepromozioni e televendite che quindi riguardano la piccola e media impresa e che sarebbe opportuno il mantenimento, sul punto, dell'attuale testo unico della radiotelevisione. Aggiunge, per quanto concerne Internet che anche su tale punto l'Autorità è chiara, stigmatizzando la materia con queste parole: «la norma dell'articolo 17 della lett. cc, dello schema di decreto pone quindi il nostro Paese in una situazione unica nel mondo occidentale. Una cosa è chiudere alcuni servizi per questione di privacy con interventi ex post, altro è stabilire un condizionamento

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preventivo e generalizzato frapponendo il filtro - peraltro meramente burocratico - per l'organizzazione ex ante».
Sottolinea che non ha interessi a paragoni impropri che sono stati fatti con Paesi a regime autoritario, ritiene però che il provvedimento sia molto grave e che arriveranno lettere di varie associazioni e di cittadini al Capo dello Stato con la richiesta dello stralcio delle parti non inerenti alla direttiva. In particolare ritiene fondamentale lo stralcio dell'articolato concernente Internet, afferma che la sua posizione sarebbe stata la stessa in costanza di qualsiasi Governo e che inoltre riterrebbe opportuno un parere che accolga le osservazioni fatte dall'Autorità; in caso contrario riterrebbe preferibile non votare alcun parere per poi attivare ogni tipo di meccanismo tutelante in sede sia comunitaria che nazionale. Ricorda, infine, al viceministro come migliaia di ragazzi, di utenti del web, troverebbero il modo di sconfessare quanto disposto da questo provvedimento.

Paolo GENTILONI SILVERI (PD) ringrazia il rappresentante del Governo per aver anticipato la disponibilità ad introdurre modifiche del testo dello schema di decreto legislativo trasmesso alle due Camere. Ritiene tuttavia che le revisioni prospettate rispondano soltanto in misura molto limitata ai numerosi e rilevanti problemi emersi dal ciclo di audizioni informali svolto dalle Commissioni. Tali audizioni hanno permesso di verificare che soltanto due soggetti, vale a dire RAI e Mediaset, hanno manifestato soddisfazione per lo schema predisposto dal Governo. Gli altri soggetti, tra cui richiama in particolare gli operatori del settore delle telecomunicazioni, gli operatori di Internet e l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, hanno espresso critiche anche severe e in ogni caso puntualmente motivate. Segnala in proposito che, rispetto alle valutazioni formulate nella seduta odierna dal vice ministro Romani sull'intervento del Presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, tale intervento è stato sviluppato con toni assolutamente pacati, motivando in modo preciso e circostanziato i rilievi al testo dello schema in esame che, considerati nel loro complesso, equivalgono a una richiesta di revisione integrale, se non una vera e propria demolizione, dello schema medesimo. Ricorda in proposito che il Presidente dell'Autorità ha sollevato rilievi anche su temi che non sono stati oggetto di polemica sugli organi di stampa, come il product placement, riguardo al quale opportunamente l'Autorità richiede che la disciplina di dettaglio sia affidata, anche in considerazione della novità dell'istituto, alla regolamentazione dell'Autorità medesima, anziché all'autoregolamentazione dei soggetti interessati.
Passa quindi a esaminare le questioni di merito di maggior rilievo, osservando che l'intervento del vice ministro ha indicato soltanto due temi, vale a dire le misure di sostegno alla produzione audiovisiva europea e italiana e la disciplina per i servizi audiovisivi, lineari e non lineari, veicolati attraverso strumenti diversi da quelli tradizionali, tra cui, in particolare, Internet. Osserva che il rappresentante del Governo non ha invece preso in considerazione due questioni altrettanto importanti. In primo luogo segnala che lo schema in esame introduce una nuova definizione di programma televisivo, da cui è esclusa la trasmissione differita dello medesimo palinsesto. Una simile definizione comporta, per un verso, la facoltà per i soggetti dominanti di occupare ulteriore capacità trasmissiva. Per altro verso, interviene direttamente sull'oggetto di una procedura aperta dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni nei confronti di un editore, al fine di verificare che tale editore, anche per effetto della propria programmazione in pay per view, non abbia superato il limite del 20 per cento relativo al numero complessivo di programmi dell'editore rispetto al numero complessivo del numero dei programmi complessivi concessi o irradiati in ambito nazionale su frequenze terrestri in tecnica analogica o digitale. Con la definizione introdotta dallo schema la programmazione

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in pay per view viene di fatto esclusa dalla determinazione del suddetto limite.
Il secondo tema non affrontato dal rappresentante del Governo è costituito dalla differenziazione, introdotta dallo schema di decreto legislativo, dei limiti relativi all'affollamento pubblicitario. Riconosce che la direttiva consente ai singoli Stati membri di stabilire limiti più restrittivi in materia di affollamento pubblicitario; evidenzia tuttavia che essa non prevede interventi mirati che riguardino un singolo editore. Sottolinea anzi come la normativa comunitaria ribadisca costantemente l'esigenza di garantire un mercato concorrenziale sulla base di condizioni di parità tra gli editori in esso operanti. Per questo ritiene che non si debba utilizzare lo strumento del recepimento della direttiva per stabilire limiti di affollamento differenziati.
Per quanto riguarda i due temi affrontati dal vice ministro, ricorda che dal suo intervento è emersa la disponibilità a ripristinare le quote di sostegno alla produzione audiovisiva europea e italiana relative alla diffusione. Il rappresentante del Governo si è dichiarato altresì pronto a ripristinare le competenze regolatorie dell'Autorità in materia di diritti residuali, a condizione che l'Autorità predisponga un nuovo regolamento più attento alle ragioni degli emittenti. Osserva in proposito che l'Autorità ha svolto un lungo e impegnativo lavoro, anche attraverso il confronto tra tutti i soggetti interessati, per pervenire alla definizione di un regolamento in materia di diritti residuali che è stato poi oggetto di ricorso all'autorità giurisdizionale da parte di RAI e Sky. Anche in considerazione di come si è svolta la vicenda, ritiene opportuno che il Governo eviti di modificare con il provvedimento in esame l'articolo 44 del testo unico della radiotelevisione e piuttosto inviti l'Autorità a predisporre un ulteriore regolamento sugli aspetti di dettaglio relativi al tema delle quote e sottoquote che meritano ulteriori precisazioni.
Ritiene quindi che le aperture delineate dal vice ministro in materia di sostegno della produzione audiovisiva europea e italiana siano apprezzabili, ma ancora insufficienti. Giudica invece molto meno convincenti le considerazioni svolte dal vice ministro sui soggetti che operano tramite Internet. Rileva infatti che, se non si vuole ritenere che tutti i soggetti del settore ascoltati nel corso delle audizioni informali abbiano frainteso il significato dello schema di decreto legislativo, le definizioni in esso adottate contrastano in modo evidente con il dettato della direttiva comunitaria. Ciò produce conseguenze assai gravi sia per le forme di controllo che sono imposte su tali operatori, sia per l'estensione di normative risalenti e palesemente inadeguate rispetto al fenomeno Internet, come quella relativa alla protezione del diritto d'autore. Sottolinea che, di fronte alla previsione contenuta nello schema in esame di affidare all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni il compito di definire la disciplina di applicazione dell'estensione anche agli operatori su Internet della normativa a tutela del diritto d'autore, lo stesso Presidente dell'Autorità ha segnalato di non essere in grado di predisporre un simile regolamento.
Altrettanto problematiche sono, a suo giudizio, le disposizioni dello schema di decreto legislativo che prevedono una autorizzazione per i fornitori di servizi di media audiovisivi anche attraverso Internet. Osserva che il vice ministro Romani ha precisato che, a differenza del tenore testuale della rubrica dell'articolo in questione, non si tratta di una vera e propria autorizzazione, quanto piuttosto di una dichiarazione di inizio attività. Si configurerebbe pertanto una disciplina analoga a quella attualmente vigente per i giornali. Rileva peraltro che una vigilanza sugli operatori Internet è un problema di dimensioni globali, connesso tra l'altro a questioni estremamente complesse e delicate attinenti ai profili di responsabilità e di privacy. La posizione assunta dal Presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni è quindi

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dettata semplicemente dalla constatazione che lo strumento scelto per intervenire risulta assolutamente inadeguato. In conclusione invita pertanto il Governo a espungere dallo schema in esame sia le disposizioni relative al diritto d'autore sia quelle relative alla previsione di una autorizzazione, dal momento la soppressione di tali disposizioni costituisce, a suo parere, dell'unica soluzione idonea.

Valentina APREA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame alla seduta già convocata per domani nel corso della quale potrà proseguire l'esame del provvedimento, per consentire ai relatori di predisporre una proposta di parere da sottoporre all'esame delle Commissioni.

La seduta termina alle 15.