CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 23 ottobre 2008
82.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (II e VI)
COMUNICATO
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ATTI DEL GOVERNO

Giovedì 23 ottobre 2008. - Presidenza del presidente della VI Commissione Gianfranco CONTE. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Daniele Molgora.

La seduta comincia alle 12.

Schema di decreto legislativo recante norme in materia di controlli sul denaro contante in entrata o in uscita dalla Comunità.
Atto n. 22.

(Esame e rinvio).

Le Commissioni iniziano l'esame dello schema di decreto in oggetto.

Roberto CASSINELLI (PdL), relatore per la II Commissione, rileva come il provvedimento in esame contiene talune disposizioni rientranti negli ambiti di competenza della Commissione Giustizia e, segnatamente, gli articoli 6, 7, 8 e 9.
L'articolo 6 disciplina il sequestro delle somme di denaro che si trasferiscono o che si tentano di trasferire in violazione dell'articolo 3. Quest'ultima disposizione determina infatti le modalità di attuazione dell'obbligo di dichiarazione di movimenti transfrontalieri di denaro contante per un importo pari o superiore a 10.000 euro, individuando nell'Agenzia delle dogane l'autorità deputata alla ricezione della dichiarazione.
Il comma 1 prevede che, in caso di violazione delle norme sull'obbligo di dichiarazione, il denaro contante trasferito o che si tenta di trasferire, di importo pari o superiore a 10.000 euro, venga sequestrato dall'Agenzia delle dogane o dalla Guardia di finanza. Nell'effettuare il sequestro, si deve dare priorità alle banconote e alle monete aventi corso legale; nei casi di mancanza o incapienza di queste, la priorità deve essere data agli strumenti negoziabili al portatore di facile e pronto realizzo.
In base al comma 2, il sequestro è eseguito nel limite del 40 per cento dell'importo in eccedenza rispetto al limite dei 10.000 euro. Il denaro contante sequestrato serve a garantire - con preferenza su ogni altro credito - il pagamento delle sanzioni amministrative pecuniarie connesse alla violazione degli obblighi di comunicazione.
Il comma 3 prevede la disapplicazione del limite del 40 per cento della parte eccedente i 10.000 euro qualora: a) l'oggetto

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del sequestro sia indivisibile; b) l'autore dei fatti accertati non sia conosciuto; c) per la natura e l'entità del denaro contante trasferito o che si tenta di trasferire, il relativo valore in euro non risulti agevolmente determinabile all'atto del sequestro medesimo.
Secondo il comma 4, nei casi di cui alle lettere b) e c), del comma 3, qualora l'autore dei fatti venga ad essere identificato ovvero quando sia determinato il valore in euro del denaro sequestrato, le somme eccedenti il limite del 40 per cento sono restituite agli aventi diritto.
Il comma 5 prevede che contro il sequestro gli interessati possano proporre opposizione al Ministero dell'economia e delle finanze entro dieci giorni dalla data di esecuzione del sequestro. Il Ministero dell'economia e delle finanze decide sull'opposizione, con ordinanza motivata, entro sessanta giorni dalla data di ricevimento dell'opposizione e del relativo atto di contestazione.
In base al comma 6, l'interessato può ottenere dal Ministero dell'economia e delle finanze la restituzione del denaro contante sequestrato, previo deposito presso la Tesoreria provinciale dello Stato di una cauzione ovvero previa costituzione di una fideiussione bancaria o assicurativa o rilasciata dagli intermediari finanziari abilitati al rilascio di garanzie nei confronti della pubblica amministrazione. A garanzia del pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria, la cauzione o la fideiussione devono essere di importo pari all'ammontare massimo della sanzione, comprensivo delle spese.
Il comma 7 prevede che il denaro contante sequestrato ai sensi del presente articolo affluisca al fondo di cui all'articolo 61, comma 23, del decreto-legge n. 112 del 2008.
L'articolo 7 introduce la possibilità di ricorrere all'oblazione immediatamente o entro dieci giorni dalla contestazione del mancato rispetto dell'obbligo di dichiarazione.
In base al comma 1, il soggetto cui è stata contestata una violazione può chiederne l'estinzione, effettuando un pagamento in misura ridotta, pari al 5 per cento del denaro contante eccedente la soglia dei 10.000 euro, e comunque, non inferiore a 200 euro. Il pagamento può essere effettuato - al momento della contestazione - all'Agenzia delle dogane o alla Guardia di finanza. In alternativa, il pagamento può essere effettuato al Ministero dell'economia e delle finanze - entro dieci giorni dalla contestazione - con le modalità di cui al comma 4 del presente articolo. Le richieste di pagamento in misura ridotta ricevute dalla Guardia di finanza, con eventuale prova dell'avvenuto pagamento, sono trasmesse all'Agenzia delle dogane.
Ai sensi del comma 2, l'Agenzia delle dogane e la Guardia di finanza devono inviare al Ministero dell'economia e delle finanze, insieme alla copia dell'atto di contestazione, la richiesta di effettuare il pagamento in misura ridotta o, in caso di pagamento contestuale, la prova dell'avvenuto versamento.
Il comma 3 prevede che il pagamento in misura ridotta estingue l'illecito. Nel caso di pagamento contestuale non si procede al sequestro. Invece, qualora il pagamento avvenga entro dieci giorni dalla contestazione, il Ministero dell'economia e delle finanze dispone la restituzione delle somme sequestrate entro dieci giorni dal ricevimento della prova dell'avvenuto pagamento.
Il comma 4 rimette la determinazione delle modalità di versamento delle somme di cui al comma 1 ad un apposito decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanarsi entro 180 giorni dalla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del presente decreto e previo parere dell'Agenzia delle dogane e della Guardia di finanza. Fino alla data di entrata in vigore del predetto decreto ministeriale, si applicano le modalità vigenti. Sarebbe opportuno specificare le vigenti modalità di versamento.
Il comma 5 esclude il pagamento in misura ridotta qualora: a) l'importo del denaro contante eccedente la soglia dei 10.000 euro superi i 250.000 euro; b) il soggetto cui è stata contestata la violazione

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si sia già avvalso della stessa facoltà oblatoria, relativa alla violazione dell'obbligo di dichiarazione di cui all'articolo 3, nei trecentosessantacinque giorni antecedenti la ricezione dell'atto di contestazione concernente l'illecito per cui si procede.
In base al comma 6, in mancanza dei requisiti richiesti, l'oblazione non è valida, ancorché il pagamento sia stato accettato dall'autorità che ha effettuato la contestazione. In questo caso, le somme incamerate sono trattenute a titolo di garanzia e - in caso di irrogazione della sanzione amministrativa - sono imputate a titolo di sanzione.
L'articolo 8 disciplina l'attività istruttoria del procedimento attivabile qualora il soggetto a cui è stata contestata la violazione non si sia avvalso della facoltà oblatoria.
Come rilevato dalla relazione illustrativa, la disposizione in commento riproduce il procedimento amministrativo vigente, con significative modifiche, tra le quali si segnala la soppressione della fase istruttoria già svolta dall'Ufficio italiano dei cambi (UIC) e la conseguente concentrazione di tali attività dinanzi al Ministero dell'economia e delle finanze.
Ai sensi del comma 1, chi non si avvale della facoltà di oblazione prevista dall'articolo 7 può presentare scritti difensivi e documenti al Ministero dell'economia e delle finanze, nonché chiedere di essere sentito dalla stessa amministrazione, entro il termine di trenta giorni dalla data di ricezione dell'atto di contestazione.
Il comma 2 prevede che il Ministero dell'economia e delle finanze, udito il parere della Commissione consultiva per le infrazioni valutarie ed antiriciclaggio, determina, con decreto motivato, la somma dovuta per la violazione e ne ingiunge il pagamento.
Secondo il comma 3, il predetto decreto deve essere emanato dal Ministero dell'economia e delle finanze nel termine perentorio di 180 giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 1 (ossia entro 180 giorni decorrenti dal trentesimo giorno successivo alla data di ricezione dell'atto di contestazione). L'amministrazione ha facoltà di chiedere valutazioni tecniche di organi od enti appositi, che devono provvedere entro 45 giorni dal ricevimento della richiesta (comma 4).
In base al comma 5, in caso di richiesta di audizione o in caso di richiesta di valutazioni tecniche il termine di cui al comma 3 è prorogato di 60 giorni. La mancata emanazione nel termine indicato del decreto ministeriale di fissazione della somma dovuta e di ingiunzione del pagamento, comporta l'estinzione dell'obbligazione al pagamento delle somme dovute per le violazioni contestate (comma 6).
Il comma 7 prevede che contro il decreto possa essere proposta opposizione davanti al Tribunale del luogo in cui è stata commessa la violazione, ai sensi ed entro i termini previsti dall'articolo 22 e seguenti della legge 24 novembre 1981, n. 689.
Il comma 8 prevede che il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze che infligge la sanzione pecuniaria ha efficacia di titolo esecutivo.
L'articolo 9 prevede l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria per la violazione degli obblighi di comunicazione.
In base al comma 1, la violazione degli obblighi di comunicazione di cui all'articolo 3 è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria fino al 40 per cento dell'importo trasferito o che si tenta di trasferire, eccedente la soglia di 10.000 euro. In ogni caso, la sanzione amministrativa pecuniaria non può essere inferiore a 300 euro.
Evidenzia quindi, come, per quanto attiene alla competenza della Commissione Giustizia, il provvedimento appaia condivisibile e non vi siano particolare rilievi da sollevare.

Gianluca FORCOLIN (LNP), relatore per la VI Commissione, rileva come rientrino negli ambiti di competenza della Commissione Finanze gli articoli da 1 a 5 e da 10 a 16.
L'articolo 1, comma 1, dello schema di decreto legislativo reca una serie di definizioni tecnico-giuridiche, al fine di circoscriverne l'ambito applicativo.

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La lettera a) definisce come autorità competenti: l'Agenzia delle dogane; il Ministero dell'economia e delle finanze; l'Unità di informazione finanziaria; la Guardia di finanza.
La lettera b) qualifica come dati identificativi: il nome e il cognome; il luogo e la data di nascita; la cittadinanza, lo Stato e il comune di residenza, nonché il codice fiscale o, nel caso di soggetti diversi da persona fisica, la denominazione, la sede legale, il codice fiscale o la partita IVA.
La lettera c) - che offre la definizione di denaro contante - riprende pressoché testualmente il dettato dell'articolo 2, paragrafo 2, del Regolamento CE n. 1889/2005.
Pertanto, per denaro contante, si intende:
1) le banconote e le monete metalliche aventi corso legale;
2) gli strumenti negoziabili al portatore, compresi gli strumenti monetari emessi al portatore quali traveller's cheque; gli strumenti negoziabili, (compresi assegni, effetti all'ordine e mandati di pagamento) emessi al portatore, girati senza restrizioni, a favore di un beneficiario fittizio o emessi altrimenti in forma tale che il relativo titolo passi alla consegna; gli strumenti incompleti (compresi assegni, effetti all'ordine e mandati di pagamento) firmati, ma privi del nome del beneficiario.

Nel definire il finanziamento del terrorismo, la lettera d) riprende l'articolo 1, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 109 del 2007, in base alla quale, per finanziamento del terrorismo si intende: «qualsiasi attività diretta, con qualsiasi mezzo, alla raccolta, alla provvista, all'intermediazione, al deposito, alla custodia o all'erogazione di fondi o di risorse economiche, in qualunque modo realizzati, destinati ad essere, in tutto o in parte, utilizzati al fine di compiere uno o più delitti con finalità di terrorismo o in ogni caso diretti a favorire il compimento di uno o più delitti con finalità di terrorismo previsti dal codice penale, e ciò indipendentemente dall'effettivo utilizzo dei fondi e delle risorse economiche per la commissione dei delitti anzidetti».
Per qualificare il riciclaggio, la lettera e) riprende le definizioni contenute nell'articolo 2, commi da 1 a 3, del già menzionato decreto legislativo n. 231 del 2007.
L'articolo 2, comma 1, del decreto n. 231, stabilisce che - ai soli fini del medesimo decreto - costituiscono riciclaggio:
a) la conversione o il trasferimento di beni, effettuati essendo a conoscenza che essi provengono da un'attività criminosa o da una partecipazione a tale attività, allo scopo di occultare o dissimulare l'origine illecita dei beni medesimi o di aiutare chiunque sia coinvolto in tale attività a sottrarsi alle conseguenze giuridiche delle proprie azioni;
b) l'occultamento o la dissimulazione della reale natura, provenienza, ubicazione, disposizione, movimento, proprietà dei beni o dei diritti sugli stessi, effettuati essendo a conoscenza che tali beni provengono da un'attività criminosa o da una partecipazione a tale attività;
c) l'acquisto, la detenzione o l'utilizzazione di beni essendo a conoscenza, al momento della loro ricezione, che tali beni provengono da un'attività criminosa o da una partecipazione a tale attività;
d) la partecipazione ad uno degli atti di cui alle lettere precedenti, l'associazione per commettere tale atto, il tentativo di perpetrarlo, il fatto di aiutare, istigare o consigliare qualcuno a commetterlo o il fatto di agevolarne l'esecuzione.

Secondo il comma 2 il riciclaggio è considerato tale anche se le attività che hanno generato i beni da riciclare si sono svolte nel territorio di un altro Stato comunitario o di un Paese terzo.
In base al comma 3 la conoscenza, l'intenzione o la finalità, che debbono costituire un elemento degli atti di cui al comma. 1, possono essere dedotte da circostanze di fatto obiettive.
Il comma 2 rimette ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze la

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modifica o l'integrazione della definizione di denaro contante di cui alla lettera c).
L'articolo 2 enuncia le finalità dello schema di decreto, specificando, al comma 1, specifica che le misure in esso contenute - attuative del Regolamento CE n. 1889 del 2005 - sono finalizzate:
a contrastare l'introduzione dei proventi di attività illecite nel sistema economico e finanziario;
a protezione dello sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile delle attività economiche e del corretto funzionamento del mercato interno;
a coordinare la disciplina recata dal predetto regolamento comunitario con la normativa di cui al decreto legislativo n. 231 del 2007, al fine di istituire un adeguato sistema di sorveglianza sui movimenti transfrontalieri di denaro contante.

Ricorda che il Regolamento CE n. 1889/2005 intende integrare le disposizioni della direttiva 2005/60/CE, che ha sostituito ed abrogato la direttiva 91/308/CE, modificata, a sua volta, dalla direttiva 2001/97/CE. La direttiva 2005/60/CE ha perfezionato il meccanismo comunitario volto a prevenire il riciclaggio di capitali ed il finanziamento del terrorismo, controllando le operazioni effettuate attraverso enti creditizi e finanziari ed attraverso taluni tipi di professioni.
Poiché si è prospettato il rischio che tale meccanismo incentivasse l'aumento dei movimenti di denaro contante al seguito per fini illeciti, a livello comunitario si è ritenuto opportuno realizzare un sistema di sorveglianza sul denaro contante in entrata e in uscita dalla Comunità europea.
In base al comma 2, le misure contenute nello schema di decreto sono dirette a individuare, attraverso l'obbligo della dichiarazione, movimenti di denaro contante in entrata nella Comunità europea o in uscita da essa e sono inoltre estese ai movimenti di denaro contante tra l'Italia e gli altri Paesi comunitari.
Il comma 3 specifica che il sistema di sorveglianza si realizza anche attraverso l'adozione di forme di coordinamento e di scambio di informazioni tra le autorità competenti, da realizzarsi tramite l'utilizzo di supporti informatici.
Secondo il comma 4, le informazioni possono essere raccolte e utilizzate anche per finalità statistiche nell'ambito delle competenze e secondo le modalità stabilite dallo schema di decreto.
L'articolo 3, comma 1, impone a chiunque entri nel territorio nazionale o ne esca e trasporti denaro contante di importo pari o superiore a 10.000 euro l'obbligo di dichiarare tale somma all'Agenzia delle dogane.
L'obbligo di dichiarazione non è soddisfatto, in caso di inesattezza o incompletezza delle informazioni fornite.
Tale obbligo di dichiarazione è già previsto nell'ordinamento interno. Infatti, con il decreto ministeriale 15 giugno 2007 la soglia dell'importo da dichiarare per i trasferimenti da e per l'estero, inizialmente pari a 12.500 euro, è stata abbassata a 10.000 euro.
In base al comma 2, la dichiarazione, redatta in conformità al modello allegato al presente decreto può essere, in alternativa:
a) trasmessa telematicamente, prima dell'attraversamento della frontiera, secondo le modalità e le specifiche tecniche pubblicate nel sito internet dell'Agenzia delle dogane. Il dichiarante deve recare al seguito copia della dichiarazione e il numero di registrazione attribuito dal sistema telematico doganale;
b) consegnata in forma scritta, al momento del passaggio, presso gli uffici doganali di confine o limitrofi, che ne rilasciano copia con attestazione del ricevimento da parte dell'ufficio. Il dichiarante deve recare al seguito copia della dichiarazione con attestazione del ricevimento.
Come riportato nella relazione illustrativa, rispetto alla normativa vigente (contenuta nell'articolo 3, comma 4, lettera b), del decreto-legge n. 167 del 1990, abrogato dall'articolo 13 dello schema di decreto),

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viene soppressa la possibilità di effettuare la dichiarazione entro le quarantotto ore successive o antecedenti al passaggio transfrontaliero tra Paesi membri della Comunità europea. La soppressione è motivata dalla necessità di «impedire a soggetti comunitari di rendersi irreperibili, dopo essersi appellati a tale facoltà».
Il comma 3 estende l'ambito applicativo del comma 1 a tutti i trasferimenti di denaro contante, da e verso l'estero, effettuati mediante plico postale o equivalente. In questo caso la dichiarazione deve essere redatta in conformità al modello allegato allo schema di decreto e deve essere consegnata a Poste Italiane Spa o ai fornitori di servizi postali, ai sensi del decreto legislativo n. 261 del 1999, all'atto della spedizione o nelle 48 ore successive al ricevimento. Nel computo dei termini non si tiene conto dei giorni festivi.
Il comma 4 prevede che gli uffici postali e i fornitori di servizi postali che ricevono la dichiarazione ne rilascino ricevuta al dichiarante e provvedano alla trasmissione della dichiarazione per via telematica all'Agenzia delle dogane entro sette giorni.
Il comma 5 esclude dall'ambito applicativo del decreto i trasferimenti di vaglia postali o cambiari, ovvero di assegni postali, bancari o circolari, tratti su o emessi da banche o Poste Italiane Spa, che rechino l'indicazione del nome del beneficiario e la clausola di non trasferibilità.
È fatta altresì salva l'applicazione dell'articolo 49 del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, il quale prevede (al comma 1) il divieto di trasferimento di denaro contante o libretti di deposito bancari o postali al portatore o di titoli al portatore in euro o in valuta estera, effettuato a qualsiasi titolo tra soggetti diversi, quando il valore dell'operazione, anche frazionata, sia complessivamente pari o superiore a 12.500 euro. Tuttavia, tale trasferimento può essere eseguito per il tramite di banche, istituti di moneta elettronica e Poste Italiane Spa.
Il predetto articolo 49 prevede altresì (al comma 4) che i moduli di assegni bancari e postali siano rilasciati dalle banche e da Poste Italiane Spa muniti della clausola di non trasferibilità. Il cliente può richiedere, per iscritto, il rilascio di moduli di assegni bancari e postali in forma libera; tuttavia, per ciascun modulo di assegno bancario o postale richiesto in forma libera ovvero per ciascun assegno circolare o vaglia postale o cambiario rilasciato in forma libera, il richiedente deve pagare, a titolo di imposta di bollo, la somma di 1,50 euro (comma 10).
È stabilito che il saldo dei libretti di deposito bancari o postali al portatore non possa essere pari o superiore a 12.500 euro (comma 12). I libretti di deposito bancari o postali al portatore con saldo pari o superiore a 12.500 euro, esistenti alla data di entrata in vigore del decreto (29 dicembre 2007), devono essere estinti dal portatore; in alternativa, il loro saldo deve essere ridotto a una somma non eccedente il predetto importo entro il 30 giugno 2009. Le banche e Poste Italiane Spa sono tenute a dare ampia diffusione e informazione a tale disposizione (comma 13).
Il comma 6 autorizza il Ministero dell'economia e delle finanze a modificare, con proprio decreto, il modello di dichiarazione allegato allo schema di decreto legislativo.
L'articolo 4 disciplina i poteri di accertamento e di contestazione in capo all'Agenzia delle dogane e alla Guardia di finanza.
In base al comma 1, i funzionari dell'Agenzia delle dogane accertano le violazioni al presente decreto esercitando i poteri e le facoltà loro attribuiti:
dal regolamento CE n. 450/2008 del 23 aprile 2008, recante il Codice doganale comunitario;
dal decreto del Presidente della Repubblica n. 43 del 1973, recante il Testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale;
dall'articolo 32, comma 6, del decreto-legge n. 331 del 1993, in base al quale, oltre alle visite, alle ispezioni ai controlli

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ed alle perquisizioni previsti dagli articoli 19 e 20 del Testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale di cui al predetto decreto del Presidente della Repubblica n. 43, i funzionari doganali possono svolgere le predette attività anche nei luoghi previsti dall'articolo 20-bis del medesimo decreto (ovvero anche al di fuori degli spazi doganali, nei confronti delle persone, dei loro bagagli e dei mezzi di trasporto che attraversano il confine terrestre della Repubblica nonché nei confronti dei natanti ed aeromobili, dei relativi equipaggi e passeggeri e dei loro bagagli quando risulti o sussista motivo di ritenere che detti natanti ed aeromobili siano in partenza per l'estero ovvero in arrivo dall'estero);
dall'articolo 28, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica n. 148 del 1988, la quale prevede la possibilità di richiedere l'esibizione di libri contabili, documenti e corrispondenza ed estrarne copia.

In merito ai rinvii al regolamento CE n. 450/2008 ed al Testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale contenuti nel comma 1, segnala l'opportunità di indicare espressamente le singole disposizioni oggetto di rinvio, al fine di evitare ogni incertezza applicativa.
Il comma 2 dispone che i militari della Guardia di finanza accertino le violazioni al decreto esercitando i poteri e le facoltà attribuiti:
dal decreto legislativo 19 marzo 2001, n. 68, relativo all'adeguamento dei compiti del Corpo della Guardia di finanza;
dall'articolo 28, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica n. 148 del 1988, che prevede la possibilità di richiedere l'esibizione di libri contabili, documenti e corrispondenza ed estrarne copia.
dalla legge 7 gennaio 1929, n. 4.
dalle leggi tributarie, laddove applicabili.

Anche con riferimento a tali rinvii contenuti nel comma 2 segnala l'opportunità di indicare espressamente le singole disposizioni oggetto di rinvio, al fine di evitare ogni incertezza applicativa.
Il comma 3 dispone che i militari appartenenti al Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza esercitino, altresì, i poteri attribuiti dall'articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica n. 158 del 1988, in base al quale l'Ufficio italiano dei cambi vigila sull'osservanza delle norme valutarie e, al fine di prevenire e accertare violazioni delle norme stesse, provvede ad effettuare a mezzo di propri funzionari:
a) controlli successivi per campione sui dati e sulle attestazioni forniti dagli operatori alle banche abilitate;
b) verifiche dei dati concernenti la gestione valutaria delle banche abilitate e di quelli relativi ad operazioni delle altre imprese autorizzate;
c) ispezioni presso aziende di credito e istituti di credito speciali, nonché presso altri soggetti, presso i quali si abbia ragione di ritenere che esista documentazione rilevante, in luoghi diversi dalle dimore private. Nei riguardi dei soggetti sottoposti alla vigilanza della Banca d'Italia, l'Ufficio italiano dei cambi può procedere ad ispezioni direttamente o per mezzo del servizio vigilanza della Banca d'Italia.

Informazioni e dati relativi a infrazioni valutarie anche in via di accertamento, raggruppati per operatore, possono essere inseriti nel sistema informativo valutario dell'Ufficio italiano dei cambi nei limiti stabiliti dall'Ufficio medesimo. Tali dati, se non riguardano reati valutari, non devono essere conservati per più di cinque anni e possono essere forniti su richiesta, oltre che all'autorità giudiziaria, al Ministero dell'economia e delle finanze e al Ministero del commercio con l'estero.
L'Ufficio italiano dei cambi, nell'esercizio delle funzioni di sua competenza, può richiedere la collaborazione della

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Guardia di finanza, e può avvalersi della collaborazione dell'Istituto nazionale per il commercio estero.
A tale ultimo riguardo ricorda che l'articolo 62 del decreto legislativo n. 231 del 2007 ha disposto - con effetto dal 1o gennaio 2008 - la soppressione dell'Ufficio italiano dei cambi (UIC) e il trasferimento alla Banca d'Italia delle competenze e dei poteri (comprese le prerogative da esercitarsi quale Unità di informazione finanziaria per l'Italia), con le relative risorse strumentali, umane e finanziarie.
In base al comma 4, ai fini della contestazione delle violazioni alle norme del decreto, si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 dell'articolo 29 del decreto del Presidente della Repubblica n. 148 del 1988, in forza delle quali:
a) i pubblici ufficiali addetti all'accertamento delle violazioni di norme valutarie redigono processo verbale dei fatti accertati, dei sequestri eseguiti e delle dichiarazioni rese dagli interessati, i quali sono invitati a firmare il processo verbale e hanno diritto di averne copia (comma 1);
b) con il processo verbale di cui al comma 1, ovvero con separato atto, vengono contestate le violazioni delle norme valutarie punibili con sanzioni amministrative. Nel medesimo atto vengono indicati per ogni singolo illecito la somma da versare allo Stato, le modalità e i termini per il suo versamento, nonché gli altri eventuali adempimenti per la definizione del procedimento sanzionatorio (comma 2);
c) l'atto di contestazione delle violazioni di norme valutarie punibili con sanzioni amministrative deve essere consegnato immediatamente all'interessato; quando la consegna immediata non è possibile, l'atto di contestazione deve essere notificato secondo quanto previsto dall'articolo 14 della legge n. 689 del 1981 (comma 3);
d) l'obbligazione di pagare la somma dovuta per la violazione si estingue per i soggetti nei cui confronti è stata omessa la notificazione nei termini prescritti dall'articolo 14 della legge n. 689 del 1981 (comma 4).

Il comma 5 prevede la trasmissione all'Agenzia delle dogane di copia dei verbali di contestazione elevati dagli appartenenti alla Guardia di finanza.
Il comma 6 stabilisce che i verbali di contestazione siano conservati in forma nominativa, per la durata di dieci anni, e vengano trasmessi al Ministero dell'economia e delle finanze, tramite supporti informatici, entro sette giorni dalla data di contestazione ai fini del procedimento sanzionatorio di cui al presente decreto.
Secondo il comma 7, qualora nel corso degli accertamenti previsti dall'articolo emergano fatti e situazioni che potrebbero essere correlati al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo - ancorché le somme di denaro contante al seguito siano inferiori alla soglia di 10.000 euro fissata all'articolo 3 dello schema di decreto - l'Agenzia delle dogane conserva dette informazioni, nonché i dati identificativi della persona fisica e i dati relativi al mezzo di trasporto utilizzato, fornendo tali informazioni e dati all'Unità di informazione finanziaria (UIF) per l'adempimento delle proprie funzioni istituzionali.
L'articolo 5 dà attuazione agli articoli 6 e 7 del regolamento CE n. 1889/2005, relativo ai controlli sul denaro contante in entrata nella Comunità o in uscita dalla stessa, disponendo la necessaria collaborazione e lo scambio di informazioni con le corrispondenti autorità di altri Stati membri, nonché con la Comunità europea.
Secondo quanto previsto dal comma 1, l'Agenzia delle dogane e la Guardia di finanza sono tenute a scambiare le informazioni raccolte ai sensi del presente decreto con le omologhe autorità di altri Stati membri, qualora emergano fatti e situazioni da cui si evinca che somme di denaro contante sono connesse ad attività di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo.
Il comma 2 prevede che, qualora emergano fatti e situazioni da cui si evinca che somme di denaro contante sono connesse

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al prodotto di una frode o di qualsiasi altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari della Comunità europea, le informazioni suddette devono essere trasmesse dall'Agenzia delle dogane e dalla Guardia di finanza alla Commissione europea.
In base al comma 3, l'Agenzia delle dogane e la Guardia di finanza devono scambiare le informazioni raccolte con le omologhe autorità di Paesi non appartenenti alle Comunità europee, nel quadro della mutua assistenza amministrativa. In tal caso, l'Agenzia delle dogane e la Guardia di finanza comunicano l'avvenuto scambio di informazioni con i Paesi terzi al Ministero dell'economia e delle finanze, che provvede a darne notizia alla Commissione europea, qualora ciò rivesta un interesse particolare per l'attuazione del regolamento CE 1889/2005. La valutazione sull'interesse particolare della notizia - tale da suggerirne la trasmissione alla Commissione europea - sembrerebbe essere rimessa alla discrezionalità politica del Ministero dell'economia e delle finanze.
Il comma 4 stabilisce che gli scambi di informazioni previsti dall'articolo debbano avvenire nel rispetto di quanto stabilito dalle norme nazionali e comunitarie in materia di protezione dei dati personali che disciplinano il trasferimento di dati all'estero e a condizioni di reciprocità, anche per quanto riguarda la riservatezza delle informazioni.
Resta fermo quanto previsto dall'articolo 9, commi 3 e 4, del decreto legislativo n. 231 del 2007, secondo i quali, in deroga all'obbligo del segreto d'ufficio, l'Unità di informazione finanziaria (UIF) - inserita presso la Banca d'Italia - può scambiare informazioni e collaborare con analoghe autorità di altri Stati che perseguono le medesime finalità, a condizioni di reciprocità anche per quanto riguarda la riservatezza delle informazioni, e, a tale fine, può stipulare protocolli d'intesa. In particolare, la UIF può scambiare dati e notizie in materia di operazioni sospette con analoghe autorità di altri Stati, utilizzando a tal fine anche le informazioni in possesso della Direzione investigativa antimafia (DIA) e del Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza, specificamente richieste. Le informazioni ricevute dalle autorità estere possono essere trasmesse dalla UIF alle autorità italiane competenti, salvo esplicito diniego dell'autorità dello Stato che ha fornito le informazioni (comma 3).
Inoltre, in base al comma 4 del predetto articolo 9, al fine di facilitare le attività comunque connesse all'approfondimento investigativo delle segnalazioni di operazioni sospette, la UIF stipula con la Guardia di finanza e la DIA protocolli d'intesa ove sono previste le condizioni e le procedure con cui queste scambiano, anche direttamente, dati ed informazioni di polizia con omologhi organismi esteri ed internazionali, a condizioni di reciprocità ed in deroga all'obbligo del segreto d'ufficio.
L'articolo 10, comma 1, stabilisce che la Guardia di finanza e l'Agenzia delle dogane debbano fornire al Comitato di sicurezza finanziaria (CSF), entro il 30 marzo di ogni anno, relazioni analitiche sulle attività rispettivamente svolte per prevenire e accertare le violazioni di cui al presente decreto.
Tali relazioni sono funzionali all'applicazione dell'articolo 5, comma 3, del decreto legislativo n. 231 del 2007, ai sensi del quale il Comitato di sicurezza finanziaria presenta al Ministro dell'economia e delle finanze, entro il 30 maggio di ogni anno, una relazione contenente la valutazione dell'attività di prevenzione del riciclaggio o del finanziamento del terrorismo e proposte dirette a renderla più efficace. A tale fine l'Unità di informazione finanziaria (UIF), le autorità di vigilanza di settore, le amministrazioni interessate, gli ordini professionali, la Guardia di finanza e la DIA forniscono, entro il 30 marzo di ogni anno, i dati statistici e le informazioni sulle attività rispettivamente svolte, nell'anno solare precedente, nell'ambito delle funzioni di vigilanza e controllo.
Il CSF - sempre secondo l'articolo 5, comma 3, del decreto legislativo n. 231 del 2007 - svolge funzioni di analisi e coordinamento

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in materia di prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario e di quello economico a scopo di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo; formula i pareri richiesti ai sensi del presente decreto; fornisce consulenza sulla materia oggetto del presente decreto al Ministro dell'economia e delle finanze.
Ai sensi del comma 2, le relazioni di cui sopra devono contenere, quantomeno: il numero delle violazioni dell'articolo 3; il totale degli atti di contestazione di cui all'articolo 4; l'importo del denaro contante sottoposto a sequestro di cui all'articolo 6; la quantità delle informazioni oggetto dello scambio di cui all'articolo 5; l'ammontare delle oblazioni di cui all'articolo 7.
In base al comma 3, il Comitato di sicurezza finanziaria utilizza le informazioni di cui ai precedenti commi, ai fini della predisposizione della relazione al Ministro dell'economia e delle finanze, prevista dal sopra illustrato articolo 5, comma 3, lettera b), del decreto legislativo n. 231 del 2007.
Il comma 4 prevede che la relazione di cui al comma 3 costituisca parte integrante della relazione che il Ministro dell'economia e delle finanze presenta al Parlamento, ai sensi dell'articolo 5, comma 1, del decreto legislativo n. 231 del 2007 sullo stato dell'azione di prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario e di quello economico per fini di riciclaggio dei proventi di attività criminose o di finanziamento del terrorismo.
L'articolo 11, comma 1, prevede che la Banca d'Italia compili e pubblichi le statistiche della bilancia dei pagamenti e della posizione patrimoniale verso l'estero dell'Italia e contribuisca alla compilazione della bilancia dei pagamenti e della posizione patrimoniale verso l'estero dell'Unione europea e dell'area dell'euro.
A tale riguardo, per finalità statistiche riguardanti la compilazione della bilancia dei pagamenti e degli altri indicatori monetari e finanziari per l'analisi economica, gli operatori residenti in Italia - come definiti dal regolamento CE n. 2533/1998 - sono tenuti a fornire i dati e le notizie necessari nei termini e con le modalità per la trasmissione stabiliti dalla Banca d'Italia con proprio provvedimento.
In base al comma 2, ferme restando le disposizioni contenute in leggi speciali, per le finalità statistiche di cui al comma 1, la Banca d'Italia può chiedere notizie e dati alle banche e agli altri intermediari finanziari relativi alla propria attività. I termini e le modalità per la trasmissione delle informazioni raccolte ai sensi del presente comma sono stabiliti con provvedimento della Banca d'Italia.
Il comma 3 prevede che i dati e le notizie di cui ai commi 1 e 2 possano essere acquisiti per le finalità statistiche di cui al comma 1, anche sulla base di apposite convenzioni, presso amministrazioni, enti e organismi pubblici.
Il comma 4 stabilisce che le informazioni e i dati di cui ai commi 1 e 2 siano trattati in conformità alle disposizioni comunitarie e nazionali in materia di segnalazioni statistiche di bilancia dei pagamenti e nel rispetto di quanto previsto dalla normativa a tutela dei dati personali. Le informazioni e i dati di cui ai commi 1 e 2 sono coperti, fino a quando non sono pubblicati, dal segreto di ufficio, che non tuttavia può essere opposto all'autorità giudiziaria quando le informazioni richieste sono necessarie per le indagini o i procedimenti relativi a violazioni sanzionate penalmente.
In base al comma 5, per le finalità statistiche di cui al comma 1, e nel rispetto della normativa a tutela del segreto statistico e delle normative comunitarie e nazionali in materia di protezione dei dati personali, informazioni, dati ed elaborati statistici possono essere forniti dalla Banca d'Italia agli enti del sistema statistico nazionale, alla Commissione europea, alla Banca centrale europea e alle Banche centrali nazionali del SEBC (Sistema europeo delle banche centrali), ad altri organismi pubblici nazionali e internazionali, nonché - verso rimborso di eventuali costi sostenuti - ad enti di ricerca e ad altri operatori.
Il comma 6 commina una sanzione amministrativa pecuniaria da euro cinquecento

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a euro diecimila in caso di inosservanza della disposizione di cui al comma 1.
I criteri per l'applicazione delle sanzioni sono stabiliti con provvedimento motivato della Banca d'Italia. Si applicano, in quanto compatibili, le norme generali riguardanti l'irrogazione delle sanzioni amministrative e i relativi mezzi di gravame di cui alla legge n. 689 del 1981, mentre è esclusa la possibilità di ottenere una riduzione della sanzione, contemplata dall'articolo 16 della predetta legge.
Fatte salve le sanzioni applicabili ai sensi di leggi speciali, il comma 7 commina, per l'inosservanza delle norme di cui al comma 2, una sanzione amministrativa pecuniaria da euro cinquecento a euro diecimila.
Il comma 8 prevede che, per l'accertamento delle violazioni delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2, la Banca d'Italia possa chiedere la collaborazione di altre autorità.
A tale riguardo segnala l'opportunità di specificare a quali autorità la Banca d'Italia possa chiedere la collaborazione.
L'articolo 12, comma 1, modifica l'articolo 5, comma 4, della legge n. 7 del 2000, prevedendo che il limite di 12.500 euro il cui raggiungimento fa scattare l'obbligo di comunicare all'Ufficio italiano cambi (ora sostituito dall'Unità di informazione finanziaria-UIF) le operazioni di trasferimento transfrontaliero di oro possa essere modificato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze.
In base alla vigente disciplina, tale importo può essere modificato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dell'interno, della giustizia e dello sviluppo economico, del quale viene data comunicazione alle competenti Commissioni parlamentari: pertanto la modifica proposta elimina dal procedimento di emanazione del predetto decreto sia il concerto con gli altri ministri sia la comunicazione alle Commissioni parlamentari.
Il comma 2 espunge alcuni rinvii normativi contenuti nell'articolo 5 del decreto legislativo n. 125 del 1997, in quanto abrogati dall'articolo 13, lettera a), dello schema di decreto.
L'articolo 13 reca talune abrogazioni conseguenti all'introduzione delle disposizioni recate dallo schema di decreto.
In particolare, il comma 1, lettera a), dispone l'abrogazione degli articoli 3, 3-bis, 3-ter, 5, comma 3, e 5-ter, del decreto-legge n. 167 del 1990.
L'articolo 3 del decreto-legge n. 167 disciplina i trasferimenti al seguito ovvero mediante plico postale o equivalente da e verso l'estero, da parte di residenti e non residenti, di denaro, titoli e valori mobiliari in lire o valute estere, di importo superiore a 10.000 euro o al relativo controvalore.
L'abrogazione di tale articolo è giustificata dal fatto che la nuova disciplina è contenuta nell'articolo 3 dello schema di decreto.
In base all'articolo 3-bis del decreto-legge n. 167, le disposizioni previste dall'articolo 3 non si applicano ai trasferimenti di vaglia postali o cambiari, ovvero di assegni postali, bancari o circolari, tratti su o emessi da intermediari creditizi residenti o poste italiane, che rechino l'indicazione del nome del beneficiario e la clausola di non trasferibilità.
L'abrogazione di tale articolo è motivata dal fatto che la nuova disciplina è contenuta nell'articolo 3, comma 5, dello schema di decreto.
L'articolo 3-ter del decreto-legge n. 167 disciplina l'utilizzo e la comunicazione di dati all'Ufficio italiano cambi da parte di banche, uffici postali e doganali, Guardia di finanza, materia disciplinata dall'articolo 4 dello schema di decreto.
L'articolo 5, comma 3, del decreto-legge n. 167 - in materia di sanzioni - è sostanzialmente trasfuso nell'articolo 9 dello schema di decreto.
L'articolo 5-ter del decreto-legge n. 167, relativo all'accertamento delle violazioni e sul sequestro, è abrogato in quanto la nuova normativa di riferimento è contenuta nell'articolo 6 dello schema di decreto.

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La lettera b) del comma 1 abroga invece gli articoli 21 e 40 del decreto Presidente della Repubblica n. 148 del 1988, relativi, rispettivamente, alle informazioni valutarie per finalità conoscitive e statistiche, ed alle relazioni annuali della Guardia di finanza, della Banca d'Italia e dell'UIC sull'attività di prevenzione e accertamento di infrazioni valutarie.
L'abrogazione si giustifica con la sopravvenienza della nuova disciplina recata dagli articoli 10 e 11 dello schema di decreto.
La lettera c) abroga l'articolo 4, comma 5, del decreto legislativo n. 322 del 1989, relativa alle sanzioni amministrative comminate in seguito a violazioni di norme statistiche in materia valutaria, che sono disciplinate dai commi 6 e 7 dell'articolo 11 dello schema di decreto.
La lettera d) abroga gli articoli 4 e 6 del decreto legislativo n. 125 del 1997, in materia di modelli e di modalità relativi agli obblighi di dichiarazione sui trasferimenti di contante.
L'articolo 14 reca una serie di norme volte a coordinare la disciplina vigente con le innovazioni apportate dallo schema di decreto in esame.
In particolare il comma 1 interviene su alcuni rinvii recati dall'articolo 5, comma 8-bis, del decreto-legge n. 167 del 1990, in base al quale chiunque, nel rendere la dichiarazione prevista dall'articolo 3, omette di indicare le generalità del soggetto per conto del quale effettua il trasferimento da o verso l'estero di denaro, titoli o valori mobiliari, ovvero le indica false, è punito, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con la reclusione da sei mesi ad un anno e con la multa da lire un milione a lire dieci milioni.
Ai sensi del comma 1 dell'articolo, il riferimento all'articolo 3 contenuta nel predetto articolo 5 va inteso come rinvio all'articolo 3 dello schema di decreto, mentre per «denaro, titoli o valori mobiliari» deve intendersi il «denaro contante» come definito dall'articolo 1, comma 1, lettera c), del medesimo schema di decreto.
Il comma 2 specifica il significato di un riferimento recato dal comma 2 dell'articolo 29 del decreto Presidente della Repubblica n. 148 del 1988, in base al quale, con il processo verbale di accertamento di violazioni valutarie, ovvero con separato atto, vengono contestate le violazioni delle norme valutarie punibili con sanzioni amministrative, e sono indicati, per ogni singolo illecito, la somma da versare allo Stato, le modalità e i termini per il suo versamento, nonché gli altri eventuali adempimenti per la definizione del procedimento sanzionatorio secondo quanto previsto dall'articolo 30.
Ai sensi del comma 2 dell'articolo il riferimento all'articolo 30 va inteso come rinvio all'articolo 7 dello schema di decreto.
In merito alla redazione dei sopra illustrati commi 1 e 2, segnala l'opportunità di riformularli come novelle, rispettivamente, dell'articolo 5, comma 8-bis, del decreto-legge n. 167 del 1990, e dell'articolo 29, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 148 del 1988.
Il comma 3 reca una norma transitoria in base alla quale - per le violazioni delle disposizioni in materia di comunicazione di informazioni valutarie per finalità informative e statistiche, di cui all'articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica n. 148 del 1988, già accertate alla data di entrata in vigore del decreto, continueranno ad applicarsi le disposizioni del titolo II del predetto decreto del Presidente della Repubblica n. 148, il quale reca alcune disposizioni per l'accertamento delle violazioni valutarie e l'applicazione delle relative sanzioni amministrative.
Il comma 4 reca una norma transitoria secondo cui, per le violazioni della disciplina in materia di trasferimenti mediante plico postale da e verso l'estero, di denaro, titoli e valori mobiliari in lire o valute estere di importo superiore a 10.000 euro, recata dall'articolo 3 del decreto-legge n. 167 del 1990, già accertate alla data di entrata in vigore dello schema di decreto, continueranno ad applicarsi le disposizioni dell'articolo 5-ter del medesimo decreto-legge n. 167.

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Entrambi i suddetti articoli sono abrogati dall'articolo 13, comma 1, lettera a), dello schema di decreto.
L'articolo 15, comma 1, stabilisce che dall'attuazione dello schema di decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Ai sensi del comma 2, le amministrazioni pubbliche devono provvedere all'attuazione dei compiti derivanti dalle disposizioni del presente decreto con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
Nella relazione tecnica predisposta dal Governo si sottolinea come l'attribuzione, ai sensi dell'articolo 8 dello schema di decreto, della competenza istruttoria e di decretazione in materia di controlli di denaro al seguito esclusivamente al Ministero dell'economia e delle finanze, rispetto alla previgente normativa, non comporti né un aumento dei carichi di lavoro né la necessità di ricorrere a risorse umane, strumentali e finanziarie maggiori rispetto a quelle utilizzate a legislazione vigente.
Ciò in quanto la previsione dell'articolo 8 è speculare alla disciplina di cui all'articolo 11, che attribuisce in via esclusiva alla Banca d'Italia la competenza istruttoria e di decretazione in materia di comunicazioni valutarie statistiche.
Nella normativa vigente, infatti, in entrambe le materie, la competenza istruttoria è distinta da quella sanzionatoria, essendo attribuita la prima all'Ufficio italiano dei cambi, recentemente soppresso e confluito nella Banca d'Italia, e la seconda al Ministero dell'economia e delle finanze.
L'attribuzione di ambedue le fasi procedimentali ad una sola Autorità, secondo un criterio di competenza per materia, ha l'obiettivo di evitare la duplicazione dell'attività istruttoria determinata dal fatto che, attualmente, il Ministero dell'economia e delle finanze esamina la relazione predisposta dall'autorità di vigilanza prima di emettere il decreto sanzionatorio, ponendo in essere, di fatto, un'ulteriore fase istruttoria. Con l'innovazione recata dallo schema di decreto, si conseguirà, pertanto, anche una significativa riduzione dei termini procedimentali.
L'articolo 16 fissa infine al 1o gennaio 2009 la data di entrata in vigore del decreto.
Si riserva quindi di formulare, d'intesa con il relatore per la II Commissione, una compiuta proposta di parere.

Gianfranco CONTE, presidente, ricorda che il termine per l'espressione del parere sul provvedimento spirerà il 29 ottobre prossimo. Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi ad altra seduta il seguito dell'esame.

La seduta termina alle 12.10.