CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 24 ottobre 2012
725.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Lavoro pubblico e privato (XI)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Legge di stabilità 2013 (C. 5534-bis Governo).

Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2013 e bilancio pluriennale per il triennio 2013-2015 (C. 5535 Governo).

Tabella n. 2: Stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (limitatamente alle parti di competenza).

EMENDAMENTI

ART. 3.

  Dopo il comma 48, inserire il seguente:
  48-bis. Al fine di conseguire immediati effetti in termini di risparmio di spesa e trasparenza nelle procedure assunzionali e di rendere maggiormente incisivi ed equi gli effetti derivanti dalle disposizioni di cui all'articolo 1, comma 3, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, e all'articolo 2 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, sul contenimento e sulla razionalizzazione dei costi attinenti il pubblico impiego, le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, nel rispetto dei vincoli finanziari previsti in materia di assunzioni a tempo indeterminato e di contenimento della spesa di personale, secondo i rispettivi regimi limitativi fissati dai documenti di finanza pubblica e ferme restando le disposizioni vigenti in materia di reclutamento speciale e di mobilità, utilizzano, limitatamente al triennio 2013-2015, le graduatorie vigenti dei vincitori ed idonei di concorsi pubblici, relativamente ai profili professionali richiesti, per il reclutamento di personale a tempo indeterminato, ovvero, limitatamente alle amministrazioni dello Stato, anche a ordinamento autonomo e agli enti pubblici non economici, all'assunzione di figure professionali ad esse equipollenti, avvalendosi ai fini del presente comma anche della facoltà di cui all'articolo 3, comma 61, terzo periodo, della legge 24 dicembre 2003, n. 350. L'efficacia delle graduatorie dei concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato, relative alle amministrazioni pubbliche soggette a limitazioni delle assunzioni, di cui all'articolo 17, comma 19, del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, è prorogata fino al 31 dicembre 2015. Fino all'esaurimento dei relativi elenchi dei vincitori e degli idonei risultanti dall'esito dei concorsi, le amministrazioni pubbliche non possono procedere all'indizione di nuovi concorsi relativamente alle qualifiche e alle mansioni di concorsi già indetti e per i quali non si è proceduto all'effettiva assunzione dei vincitori e degli idonei. Durante il triennio 2013-2015, la mobilità prevista dall'articolo 30, commi 1 e 2-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, è inderogabilmente limitata alle sole figure professionali che risultano in esubero presso le amministrazioni cedenti.
5534-bis/XI/3. 1. Cazzola, Fabbri, Antonino Foti, Santori.

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ART. 7.

  Dopo l'articolo 7, aggiungere il seguente:

Art. 7-bis.
(Modifiche all'articolo 17 del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, in materia di termini per la stabilizzazione di personale che ha prestato servizio presso pubbliche amministrazioni, e all'articolo 14 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, in materia di proroga dei rapporti di lavoro a tempo determinato stipulati dalle regioni a statuto speciale e dagli enti territoriali facenti parte delle medesime).

  1. Al decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) all'articolo 17, comma 10, le parole: «Nel triennio 2010-2012» sono sostituite dalle parole: «Nel quinquennio 2013-2018»;
   b) all'articolo 17, comma 11, le parole: «Nel triennio 2010-2012» sono sostituite dalle parole: «quinquennio 2013-2018»;
   c) all'articolo 17, comma 12, le parole: «Per il triennio 2010-2012» sono sostituite dalle parole: «Per il quinquennio 2012-2017» e le parole: «non oltre il 31 dicembre 2012» dalle parole: «non oltre il 31 dicembre 2018».

  2. Al decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 e successive modifiche ed integrazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) all'articolo 14, comma 24-ter, le parole: «al comma 9» sono sostituite dalle seguenti: «all'articolo 76, comma 7, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni, e di cui all'articolo 1, comma 557, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 e successive modificazioni,»;
   b) all'articolo 14, dopo il comma 24-ter è inserito il seguente: «24-quater. Le disposizioni di cui all'articolo 76, comma 7, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con legge 6 agosto 2008, n. 133 e successive modificazioni, non si applicano, altresì, ai procedimenti di assunzione effettuati dagli enti di cui al comma 24-bis secondo le procedure di cui ai commi 10, 11 e 12 dell'articolo 17 del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102 e successive modificazioni.».

  3. Le Regioni a statuto speciale e gli enti territoriali facenti parte delle medesime approvano, con provvedimento dell'organo esecutivo dell'ente, un programma di fuoriuscita quinquennale dei lavoratori precari assunti nelle pubbliche amministrazioni in oggetto. Il programma deve prevedere la stabilizzazione di tutti i soggetti utilizzati presso l'ente interessato con l'esplicita individuazione delle misure di fuoriuscita nel rispetto delle disposizioni di cui al precedente comma 1. Il programma di cui al presente comma deve pervenire alla Regione interessata entro e non oltre il 30 marzo 2013, pena la decadenza dell'ente utilizzatore da tutti i benefici previsti dalla normativa vigente in materia di lavori socialmente utili. In caso di inadempienza da parte delle amministrazioni, la Regione provvede in via sostitutiva mediante Commissari ad acta.
5534-bis/XI/7. 01. Muro, Briguglio.

ART. 12.

  Dopo il comma 17, inserire il seguente:
  17-bis. Ai fini del contenimento della spesa pubblica, a decorrere dall'anno 2013 la spesa annua per aspettative, distacchi e Pag. 206permessi sindacali nei confronti delle amministrazioni di cui agli articoli 1, comma 2, e 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in base ai contingenti fissati dagli accordi quadro di cui all'articolo 50 del medesimo decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e dai contratti collettivi di cui al citato comma 4 dell'articolo 70 del medesimo decreto legislativo, non può essere superiore, rispettivamente, al 30 per cento per i distacchi sindacali ed al 70 per cento per i permessi sindacali di quella sostenuta nell'anno 2011.
5534-bis/XI/12. 4. Fedriga, Caparini, Munerato, Bonino.

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ALLEGATO 2

Legge di stabilità 2013 (C. 5534-bis Governo).

Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2013 e bilancio pluriennale per il triennio 2013-2015 (C. 5535 Governo).

Tabella n. 4: Stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (limitatamente alle parti di competenza).

EMENDAMENTI

ART. 3.

  Dopo il comma 61, inserire il seguente:
  61-bis. Ferma restando la possibilità per i liberi professionisti o lavoratori esercenti attività autonome, iscritti alla gestione separata INPS in quanto lavoratori dipendenti o per altra parte di impegno lavorativo, di iscriversi ad altra forma di previdenza di cui ai decreti legislativi 30 giugno 1994, n. 509, e 10 febbraio 1996, n. 103, la sanzione per la mancata iscrizione alla citata gestione separata INPS da parte dei soggetti di cui al presente comma è limitata alla sola misura degli interessi legali, ai sensi dell'articolo 116, comma 15, lettera a), della legge 29 settembre 2000, n. 388.
5534-bis/XI/3. 2. Scandroglio.

ART. 4.

  Sopprimere il comma 1.

  Conseguentemente, all'articolo 12, comma 18, sostituire la cifra: 0,05 con la seguente: 0,07.
5534-bis/XI/4. 1. Poli.

ART. 7.

  Dopo l'articolo 7, inserire il seguente:

Art. 7-bis.

  1. All'articolo 1, comma 9, della legge 28 giugno 2012, n. 92, sono apportate le seguenti modifiche:
   1) alla lettera b), capoverso «1-bis», sostituire le parole: «dodici mesi» con le seguenti: «ventiquattro mesi».
   2) alla lettera b), capoverso «1-bis», sostituire la parola: «6 per cento» con la seguente: «9 per cento».
   3) alla lettera g), sostituire le parole: «sessanta giorni» con le seguenti: «venti giorni» e le parole: «novanta giorni» con le seguenti: «trenta giorni».

  Conseguentemente, all'articolo 12, dopo il comma 17, inserire i seguenti:
  17-bis. A decorrere dal 1o gennaio 2013, le pensioni erogati da gestioni previdenziale pubbliche e private, ovvero i vitalizi, in base al sistema retributivo, non possono superare i 6.000 euro netti mensili. Sono fatte salve le pensioni corrisposte esclusivamente in base al sistema contributivo. Qualora il predetto trattamento sia Pag. 208cumulato con altri trattamenti pensionistici erogati da gestioni previdenziali pubbliche in base al sistema retributivo, l'ammontare onnicomprensivo non può superare i 10.000 euro netti mensili.
  17-ter. All'articolo 38, comma 1, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, le parole: «di euro 14 per ciascuna dichiarazione elaborata e trasmessa e di euro 26 per l'elaborazione e la trasmissione delle dichiarazioni in forma congiunta» sono sostituite dalle seguenti: «di euro 8 per ciascuna dichiarazione elaborata e trasmessa e di euro 16 per l'elaborazione e la trasmissione delle dichiarazioni in forma congiunta». Per le attività svolte negli anni 2013, 2014 e 2015 non si procede all'adeguamento dei compensi previsto nell'articolo 38 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 38.
5534-bis/XI/7. 02. Fedriga, Caparini, Munerato, Bonino.

ART. 8.

  Sostituire il comma 11 con i seguenti:
  11. Al fine di finanziare interventi di salvaguardia previdenziale in favore delle categorie di lavoratori che negli anni 2013 e 2014 maturino i relativi requisiti ai sensi degli articoli 24, commi 14 e 15, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni, 6, comma 2-ter, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, convertito con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14, e 22 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, come modificati dai commi da 11-bis a 11-sexies del presente articolo, è istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali un apposito fondo denominato «Fondo per la salvaguardia del diritto di accesso al regime previdenziale previgente al decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201», nel quale confluiscono 100 milioni di euro per l'anno 2013, nonché le risorse derivanti dall'applicazione del comma 11-octies e le risorse stanziate a copertura degli oneri di cui ai predetti articoli 24, commi 14 e 15, del decreto-legge n. 201 del 2011, 6, comma 2-ter, del decreto-legge n. 216 del 2011, e 22 del decreto-legge n. 95 del 2012. Le eventuali risorse che dovessero risultare non utilizzate in applicazione delle disposizioni di cui ai suddetti articoli 24, commi 14 e 15, del decreto-legge n. 201 del 2011, 6, comma 2-ter, del decreto-legge n. 216 del 2011, e 22 del decreto-legge n. 95 del 2012, prima delle modificazioni introdotte dai commi da 11-bis a 11-sexies del presente articolo, rimangono comunque nella disponibilità del Fondo. Le modalità di utilizzo delle risorse del Fondo sono stabilite con decreto del presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro dell'economia e delle finanze, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, da esprimere entro venti giorni dalla data di assegnazione del relativo schema.
  11-bis. All'articolo 24, comma 14, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) le parole: «4 dicembre 2011», ovunque ricorrono, sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2011»;
   b) all'alinea, dopo le parole: «in vigore del presente decreto» sono inserite le seguenti: «, escludendo in ogni caso l'applicazione della disciplina delle decorrenze di cui all'articolo 12, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e di cui all'articolo 18, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e successive modificazioni,» e dopo le parole: «che maturano i requisiti entro il 31 dicembre Pag. 2092011,» sono inserite le seguenti: «ai soggetti di cui all'articolo 1, comma 8, della legge 23 agosto 2004, n. 243, e successive modificazioni, e»;
   c) all'alinea, dopo le parole: «continuano ad applicarsi» sono aggiunte le seguenti: «al personale della scuola che abbia maturato i requisiti entro l'anno scolastico 2011-2012, ai sensi dell'articolo 59, comma 9, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni e»;
   d) alla lettera a), le parole: «entro il periodo di fruizione dell'indennità di mobilità di cui all'articolo 7, commi 1 e 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223» sono sostituite dalle seguenti: «entro ventiquattro mesi dalla fine del periodo di fruizione dell'indennità di mobilità di cui all'articolo 7, commi 1 e 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223, a prescindere dalla data di conclusione della procedura di mobilità avviata sulla base dei citati accordi sindacali e della data di effettivo collocamento in mobilità, eventualmente preceduto da un periodo di fruizione di cassa integrazione guadagni»;
   e) alla lettera b) sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, a prescindere dall'effettivo collocamento in mobilità entro tale data»;
   f) alla lettera c) apportare le seguenti modifiche:
    1) dopo le parole: «23 dicembre 1996, n. 662,» sono inserite le seguenti: «o per i quali non siano trascorsi 24 mesi dal termine del periodo di fruizione della predetta prestazione straordinaria»;
    2) sono sostituite le parole da: «in tale secondo caso» fino a: «in vigore dal presente decreto» con i seguenti periodi: «I lavoratori titolari di assegno straordinario alla data del 4 dicembre 2011, che conseguano il trattamento pensionistico oltre il limite massimo di permanenza nel fondo previsto dai singoli regolamenti di settore, rimangono a carico dei medesimi fondi sino al conseguimento del trattamento medesimo. I lavoratori per i quali sia stato previsto da accordi collettivi stipulati entro il 4 dicembre 2011, il diritto di accesso ai fondi di solidarietà anche successivamente a tale data, restano a carico dei medesimi sino al compimento dei 62 anni di età.»;
   g) la lettera d) è sostituita dalla seguente:
   «d) ai lavoratori che siano stati autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione e che abbiano compiuto 60 anni di età o maturato 40 anni di anzianità contributiva entro la data del 31 dicembre 2012 o 61 anni di età o 40 anni di anzianità contributiva entro il 31 dicembre 2013. Ai fini della fruizione dei benefìci di cui alla presente lettera non rilevano l'eventuale prestazione lavorativa successiva all'autorizzazione alla prosecuzione volontaria della contribuzione né l'eventuale mancato versamento, alla data di entrata in vigore del presente decreto, di almeno un contributo volontario accreditato o accreditabile».

  11-ter. Il secondo periodo del comma 18 dell'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente: «Fermo restando quanto indicato al comma 3, primo periodo, le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche ai lavoratori iscritti al Fondo speciale istituito presso l'INPS ai sensi dell'articolo 43 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, nonché ai lavoratori del settore di macchina e agli addetti del settore di coperta e di camera della categoria dei marittimi, ai quali è riconosciuto il carattere usurante della relativa attività».
  11-quater. Al comma 2-ter dell'articolo 6 del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) le parole: «il cui rapporto di lavoro si sia risolto entro il 31 dicembre Pag. 2102011, in ragione di accordi individuali sottoscritti anche ai sensi degli articoli 410, 411 e 412-ter del codice di procedura civile, o in applicazione di accordi collettivi di incentivo all'esodo stipulati» sono sostituite dalle seguenti: «il cui rapporto di lavoro si risolva unilateralmente o in conseguenza di fallimento dell'impresa o in ragione di accordi individuali sottoscritti entro il 31 dicembre 2011 o in applicazione di accordi collettivi di incentivo all'esodo stipulati, entro la medesima data del 31 dicembre 2011,»;
   b) le parole: «la decorrenza del trattamento medesimo» sono sostituite dalle seguenti: «la maturazione del diritto al trattamento pensionistico»;
   c) è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Ai fini della concessione dei benefìci di cui al presente comma non rileva l'eventuale prestazione di un'altra attività lavorativa di natura temporanea dopo la sottoscrizione degli accordi individuali o la stipulazione degli accordi collettivi di incentivo all'esodo ai sensi del periodo precedente».

  11-quinquies. Al comma 2-quater dell'articolo 6 del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, nonché i periodi di fruizione dei permessi di cui all'articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni, e i periodi di cui all'articolo 80, commi 2 e 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388».
  11-sexies. Ai fini dell'accesso al regime previdenziale vigente prima della data di entrata in vigore del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, è riconosciuta piena validità agli accordi per la gestione delle eccedenze occupazionali con utilizzo di ammortizzatori sociali stipulati dalle imprese, entro il 31 dicembre 2011, anche in sede non governativa.
  11-septies. Ai fini di una puntuale verifica degli effetti previdenziali e finanziari determinatisi a seguito delle modifiche della disciplina del sistema pensionistico di cui all'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, come da ultimo modificato dai commi da 11-bis a 11-sexies del presente articolo, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sulla base dei dati elaborati dall'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), presenta semestralmente alle competenti Commissioni parlamentari una relazione relativa al numero complessivo dei lavoratori che periodicamente hanno avuto accesso al trattamento pensionistico, al numero di lavoratori che hanno usufruito delle deroghe previste dall'ordinamento e ai relativi effetti finanziari.
  11-octies. Ai fini di cui al comma 11, a decorrere dal 1o gennaio 2013 e fino al 31 dicembre 2014 sul reddito complessivo di cui all'articolo 8 del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, di importo superiore a 150.000 euro lordi annui, è dovuto un contributo di solidarietà del 3 per cento sulla parte eccedente il predetto importo. Ai fini della verifica del superamento del limite di 150.000 euro rilevano anche e i trattamenti pensionistici di cui all'articolo 18, comma 22-bis, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, al lordo del contributo di perequazione ivi previsto. Il contributo di solidarietà non si applica sui redditi di cui all'articolo 18, comma 22-bis, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111. Il contributo di solidarietà è deducibile dal reddito complessivo. Per l'accertamento, la riscossione e il contenzioso riguardante il contributo di solidarietà, si applicano le disposizioni vigenti per le imposte sui redditi. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono determinate le modalità tecniche di attuazione Pag. 211delle disposizioni di cui al presente comma, garantendo l'assenza di oneri per il bilancio dello Stato e assicurando il coordinamento tra le disposizioni contenute nel presente comma e quelle contenute nell'articolo 2, comma 2 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148. Qualora le risorse di cui al presente comma non risultassero sufficienti a coprire i relativi oneri, si attivano le disposizioni di cui all'articolo 6, comma 2-quinquies, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, convertito con modificazioni dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14.
5534-bis/XI/8. 9. Moffa, Damiano, Antonino Foti, Fedriga, Fabbri, Muro, Poli, Paladini.
(Approvato)

  Sostituire il comma 11 con i seguenti:
  11. All'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) al comma 7, primo periodo, sono premesse le parole: «Fermo restando il requisito minimo di quindici anni di contribuzione per coloro che lo avessero maturato alla data del 30 dicembre 1992»;
   b) al comma 14:
    1) all'alinea, le parole: «nei limiti delle risorse stabilite ai sensi del comma 15 e sulla base della procedura ivi disciplinata» sono soppresse;
    2) le parole: «4 dicembre 2011», ovunque ricorrono, sono sostituite dalle seguenti: «31 gennaio 2012»;
    3) la lettera d) è sostituita dalla seguente: «d) ai lavoratori che siano stati autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione e che abbiano presentato la relativa domanda alla data del 31 gennaio 2012»;
    4) è aggiunta, in fine, la seguente lettera: «f) ai lavoratori che alla data del 31 dicembre 2011 si (rovino in mobilità o in cassa integrazione guadagni e che maturino requisiti di accesso alla pensione secondo il sistema previgente prima della data di entrata in vigore del presente decreto nel periodo di percezione del trattamento di sostegno al reddito ovvero entro quarantotto mesi successivi al termine del trattamento medesimo”.»
   c) al comma 15, il terzo periodo è soppresso.

  11-bis. All'articolo 6, comma 2-ter, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) le parole: «nei limiti delle risorse e» sono soppresse;
   b) le parole: «il cui rapporto di lavoro si sia risolto entro il 31 dicembre 2011, in ragione di accordi individuali sottoscritti» sono sostituite dalle seguenti: «il cui rapporto di lavoro si risolva in ragione di accordi individuali sottoscritti entro il 31 gennaio 2012»;
   c) le parole: «la decorrenza del trattamento medesimo» sono sostituite dalle seguenti: «la maturazione del diritto al trattamento pensionistico»;

  11-ter. Al fine di finanziare interventi di salvaguardia dalla riforma previdenziale di cui all'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni ed integrazioni, in favore delle categorie di lavoratori che negli anni 2013, 2014 e 2015 maturino i relativi requisiti ai sensi del citato articolo 24, commi 14, del decreto-legge n. 201 del 2011, come modificato dall'articolo articolo 6, comma 2-ter del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14, come integrato dall'articolo 22 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, e come modificato da ultimo dai commi 1 ed Pag. 21211-bis del presente articolo, è istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali un apposito fondo denominato «Fondo per la salvaguardia dei lavoratori dall'incremento dei requisiti di accesso al sistema pensionistico ex decreto-legge n. 201 del 2011» nel quale confluiscono 2.000 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015, nonché le risorse stanziate a copertura degli oneri di cui agli articoli 14 e 15 del predetto decreto-legge n.201 del 2011, 6, comma 2-ter, del predetto decreto legge n.216 del 2011, e 22 del predetto decreto legge n.95 del 2012. Con decreto del Presidente del consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le modalità di utilizzo delle risorse del Fondo.
  11-quater. L'INPS provvede al monitoraggio delle domande che saranno presentate a seguito dell'emanazione dei decreto di cui al comma 11-ter. Qualora dal predetto monitoraggio le domande risultino eccedere le disponibilità del Fondo, il Governo provvede al rifinanziamento del Fondo medesimo.

  Conseguentemente, all'articolo 12, dopo il comma 17, inserire i seguenti:
  17-bis. A decorrere dal 1o gennaio 2013, le pensioni erogati da gestioni previdenziale pubbliche e private, ovvero i vitalizi, in base al sistema retributivo, non possono superare i 6.000 euro netti mensili. Sono fatti salvi le pensioni corrisposti esclusivamente in base al sistema contributivo. Qualora il predetto trattamento sia cumulato con altri trattamenti pensionistici erogati da gestioni previdenziali pubbliche in base al sistema retributivo, l'ammontare onnicomprensivo non può superare i 10.000 euro netti mensili.
  17-ter All'articolo 38, comma 1, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, le parole: «di euro 14 per ciascuna dichiarazione elaborata e trasmessa e di euro 26 per l'elaborazione e la trasmissione delle dichiarazioni in forma congiunta» sono sostituite dalle seguenti: «di euro 8 per ciascuna dichiarazione elaborata e trasmessa e di euro 16 per l'elaborazione e la trasmissione delle dichiarazioni in forma congiunta». Per le attività svolte negli anni 2013, 2014 e 2015 non si procede all'adeguamento dei compensi previsto nell'articolo 38 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 38.
5534-bis/XI/8. 4. Fedriga, Caparini, Munerato, Bonino.

  Al comma 11, sopprimere le parole: di natura assistenziale.
5534-bis/XI/8. 5. Fedriga, Caparini, Munerato, Bonino.

  Al comma 11, sostituire le parole da: in favore delle categorie sino alla fine del comma con le seguenti: e previdenziale in favore delle diverse categorie di lavoratori interessati, la destinazione delle risorse, ulteriormente incrementate di 100 milioni di euro per l'anno 2013, di cui all'articolo 24, comma 15, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni, e all'articolo 22 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, come parzialmente finanziato ai sensi dell'articolo 24 del citato decreto-legge n. 95 del 2012, è vincolata, oltre che alle finalità già previste dagli articoli 24, commi 14 e 15, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni, 6, comma 2-ter, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14, e 22 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, anche alla realizzazione di nuovi interventi di salvaguardia e deroga in favore dei lavoratori Pag. 213che maturino, negli anni 2013 e 2014, i relativi requisiti di cui alle citate disposizioni, secondo modalità stabilite con decreto di natura non regolamentare del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro dell'economia e delle finanze, adottato al fine di individuare, senza alcun ordine di priorità interna, la seguente platea aggiuntiva di lavoratori salvaguardati:
   a) lavoratori che maturino il diritto alla pensione entro i 24 mesi dalla fine del periodo di fruizione dell'indennità di mobilità di cui all'articolo 7, commi 1 e 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223, a prescindere dalla data di conclusione della procedura di mobilità avviata sulla base dei citati accordi sindacali e della data di effettivo collocamento in mobilità, eventualmente preceduto da un periodo di fruizione di cassa integrazione guadagni;
   b) lavoratori inclusi in accordi per la gestione delle eccedenze occupazionali, con utilizzo di ammortizzatori sociali, stipulati dalle imprese, entro il 4 dicembre 2011, in sede pubblica anche non governativa;
   c) lavoratori che siano stati autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione e che compiano 60 anni di età o maturino 40 anni di anzianità contributiva entro la data del 31 dicembre 2012, prevedendo, con il decreto di cui all'alinea del presente comma, specifici criteri diretti a valutare l'incidenza dell'eventuale prestazione di altra attività lavorativa di natura temporanea dopo la sottoscrizione degli accordi individuali o la stipulazione degli accordi collettivi di incentivo all'esodo;
   d) lavoratori licenziati, entro il 31 dicembre 2011, anche in conseguenza di fallimento o di altra procedura concorsuale nonché di cessazione dell'attività dell'impresa, purché maturino il diritto a pensione sulla base delle previgenti regole entro i successivi 24 mesi;
   e) personale della scuola che abbia maturato i requisiti entro l'anno scolastico 2011-2012, ai sensi dell'articolo 59, comma 9, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni;
   f) lavoratori ai quali, ai sensi del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, e successive modificazioni, è riconosciuto il diritto di far valere, ai fini del conseguimento della pensione di vecchiaia, un'anzianità contributiva pari o superiore a 15 anni, fermi restando i nuovi limiti anagrafici di cui all'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni.
5534-bis/XII/8. 2. Cazzola, Fabbri, Antonino Foti, Santori, Scandroglio.

  Dopo il comma 11, inserire il seguente:
  11-bis. L'avvio del procedimento di accertamento da parte dell'Inail per l'erogazione dei benefici previdenziali ai lavoratori marittimi esposti all'amianto è subordinato esclusivamente al rilascio dell'estratto matricolare da parte delle Capitanerie di porto o delle competenti Direzioni provinciali del lavoro.
5534-bis/XII/8. 3. Saltamartini, Pelino.

  Dopo il comma 11, inserire il seguente:
  11-bis. I commi 12-sexies, 12-septies, 12-octies, 12-novies, 12-decies e 12-undecies dell'articolo 12 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, sono abrogati. È dovuta da parte dell'Inps la restituzione agli interessati delle somme versate per le finalità di cui ai commi da 12-sexies a 12-undecies dell'articolo 12 del decreto-legge n. 78 del 2010 nel periodo intercorrente dal 30 luglio 2010 alla data di entrata in vigore della presente legge.

  Conseguentemente:
   a) al medesimo articolo 8, sopprimere il comma 20;Pag. 214
   b) all'articolo 12, dopo il comma 17, inserire i seguenti:
  17-bis. A decorrere dal 1o gennaio 2013, le pensioni erogate da gestioni previdenziali pubbliche o private, ovvero i vitalizi, in base al sistema retributivo, non possono superare i 6.000 euro netti mensili. Sono fatte salve le pensioni corrisposte esclusivamente in base al sistema contributivo. Qualora il predetto trattamento sia cumulato con altri trattamenti pensionistici erogati da gestioni previdenziali pubbliche in base al sistema retributivo, l'ammontare onnicomprensivo non può superare i 10.000 euro netti mensili.
  17-ter. All'articolo 38, comma 1, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, le parole: «di euro 14 per ciascuna dichiarazione elaborata e trasmessa e di euro 26 per l'elaborazione e la trasmissione delle dichiarazioni in forma congiunta» sono sostituite dalle seguenti: «di euro 8 per ciascuna dichiarazione elaborata e trasmessa e di euro 16 per l'elaborazione e la trasmissione delle dichiarazioni in forma congiunta». Per le attività svolte negli anni 2013, 2014 e 2015 non si procede all'adeguamento dei compensi previsto nell'articolo 38 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 38.
5534-bis/XI/8. 6. Fedriga, Caparini, Munerato, Bonino.

  Dopo il comma 16, inserire il seguente:
  16-bis. Il comma 28 dell'articolo 2 della legge 28 giugno 2012, n. 92, è abrogato.

  Conseguentemente, all'articolo 12, dopo il comma 17, inserire i seguenti:
  17-bis. A decorrere dal 1o gennaio 2013, le pensioni erogate da gestioni previdenziale pubbliche e private, ovvero i vitalizi, in base al sistema retributivo, non possono superare i 6.000 euro netti mensili. Sono fatte salve le pensioni corrisposte esclusivamente in base al sistema contributivo. Qualora il predetto trattamento sia cumulato con altri trattamenti pensionistici erogati da gestioni previdenziali pubbliche in base al sistema retributivo, l'ammontare onnicomprensivo non può superare i 10.000 euro netti mensili.
  17-ter. All'articolo 38, comma 1, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, le parole: «di euro 14 per ciascuna dichiarazione elaborata e trasmessa e di euro 26 per l'elaborazione e la trasmissione delle dichiarazioni in forma congiunta» sono sostituite dalle seguenti: «di euro 8 per ciascuna dichiarazione elaborata e trasmessa e di euro 16 per l'elaborazione e la trasmissione delle dichiarazioni in forma congiunta». Per le attività svolte negli anni 2013, 2014 e 2015 non si procede all'adeguamento dei compensi previsto nell'articolo 38 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 38.
5534-bis/XI/8. 7. Fedriga, Caparini, Munerato, Bonino.

  Dopo il comma 16, inserire il seguente:
  16-bis. Il comma 57 dell'articolo 2 della legge 28 giugno 2012, n. 92, è abrogato.

  Conseguentemente:
   a) al medesimo articolo 8, sopprimere il comma 20;
   b) all'articolo 12, dopo il comma 17, inserire i seguenti:
  17-bis. A decorrere dal 1o gennaio 2013, le pensioni erogate da gestioni previdenziale pubbliche e private, ovvero i vitalizi, in base al sistema retributivo, non possono superare i 6.000 euro netti mensili. Sono fatte salve le pensioni corrisposte esclusivamente in base al sistema contributivo. Qualora il predetto trattamento sia cumulato con altri trattamenti pensionistici erogati da gestioni previdenziali pubbliche Pag. 215in base al sistema retributivo, l'ammontare onnicomprensivo non può superare i 10.000 euro netti mensili.
  17-ter. All'articolo 38, comma 1, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, le parole: «di euro 14 per ciascuna dichiarazione elaborata e trasmessa e di euro 26 per l'elaborazione e la trasmissione delle dichiarazioni in forma congiunta» sono sostituite dalle seguenti: «di euro 8 per ciascuna dichiarazione elaborata e trasmessa e di euro 16 per l'elaborazione e fa trasmissione delle dichiarazioni in forma congiunta». Per le attività svolte negli anni 2013, 2014 e 2015 non si procede all'adeguamento dei compensi previsto nell'articolo 38 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 38.
5534-bis/XI/8. 8. Fedriga, Caparini, Munerato, Bonino.

ART. 12.

  Dopo il comma 3, inserire il seguente:
  3-bis. In coerenza con quanto previsto dall'articolo 4, commi 62 e 63, della legge 28 giugno 2012, n. 92, per l'anno 2013 viene data priorità, nella destinazione delle risorse stanziate per incentivare, attraverso le appropriate modalità di detassazione, la produttività, alle forme di partecipazione dei lavoratori dipendenti agli utili e al capitale dell'impresa.
5534-bis/XI/12. 3. Saltamartini, Pelino, Cazzola.

  Sopprimere il comma 11.

  Conseguentemente, al comma 18, sostituire la cifra: 0,05 con la seguente: 0,06.
5534-bis/XI/12. 1. Poli.

  Sopprimere il comma 11.

  Conseguentemente:
   a) all'articolo 8, sopprimere il comma 20;
   b) all'articolo 12, dopo il comma 17, inserire i seguenti:
  17-bis. A decorrere dal 1o gennaio 2013, le pensioni erogati da gestioni previdenziale pubbliche e private, ovvero i vitalizi, in base al sistema retributivo, non possono superare i 6.000 euro netti mensili. Sono fatti salvi le pensioni corrisposti esclusivamente in base al sistema contributivo. Qualora il predetto trattamento sia cumulato con altri trattamenti pensionistici erogati da gestioni previdenziali pubbliche in base al sistema retributivo, l'ammontare onnicomprensivo non può superare i 10.000 euro netti mensili
  17-ter. All'articolo 38, comma 1, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, le parole: «di euro 14 per ciascuna dichiarazione elaborato e trasmessa e di euro 26 per l'elaborazione e la trasmissione delle dichiarazioni in forma congiunta» sono sostituite dalle seguenti: «di euro 8 per ciascuna dichiarazione elaborata e trasmessa e di euro 16 per l'elaborazione e la trasmissione delle dichiarazioni in forma congiunta». Per le attività svolte negli anni 2013, 2014 e 2015 non si procede all'adeguamento dei compensi previsto nell'articolo 38 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 38.
5534-bis/XI/12. 5. Fedriga, Caparini, Munerato, Bonino.

  Sopprimere il comma 17.

  Conseguentemente, al comma 18, sostituire la cifra: 0,05 con la seguente: 0,06.
5534-bis/XI/12. 2. Schirru, Ghizzoni, Motta, Muro, Paladini, Santori, Pelino, Bobba, Gnecchi, Bellanova, Damiano, Rampi, Gatti, Miglioli, Mattesini, Codurelli, Madia, Fabbri.
(Approvato)

Pag. 216

  Sopprimere il comma 17.

  Conseguentemente:
   a) all'articolo 8, sopprimere il comma 20;
   b) all'articolo 12, dopo il comma 17, inserire i seguenti:
  17-bis. A decorrere dal 1o gennaio 2013, le pensioni erogati da gestioni previdenziale pubbliche e private, ovvero i vitalizi, in base al sistema retributivo, non possono superare i 6.000 euro netti mensili. Sono fatti salvi le pensioni corrisposti esclusivamente in base al sistema contributivo. Qualora il predetto trattamento sia cumulato con altri trattamenti pensionistici erogati da gestioni previdenziali pubbliche in base al sistema retributivo, l'ammontare onnicomprensivo non può superare i 10.000 euro netti mensili.
  17-ter. All'articolo 38, comma 1, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, le parole: «di euro 14 per ciascuna dichiarazione elaborata e trasmessa e di euro 26 per l'elaborazione e la trasmissione delle dichiarazioni in forma congiunta» sono sostituite dalle seguenti: «di euro 8 per ciascuna dichiarazione elaborata e trasmessa e di euro 16 per l'elaborazione e la trasmissione delle dichiarazioni in forma congiunta». Per le attività svolte negli anni 2013, 2014 e 2015 non si procede all'adeguamento dei compensi previsto nell'articolo 38 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 38.
5534-bis/XI/12. 6. Fedriga, Caparini, Munerato, Bonino.

TAB. A.

  Alla Tabella A, voce Ministero del lavoro e delle politiche sociali, apportare le seguenti variazioni:
   2013: – 1604;
   2014: – 2399;
   2015: – 2307.

  Conseguentemente, alla Tabella E, Missione Soccorso civile, Programma Protezione civile voce Ministero economia e finanze Decreto Legge n. 132 del 1999: Interventi urgenti in materia di protezione civile – articolo 7: contributi a favore delle regioni Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Liguria e Toscana colpiti da eventi calamitosi, apportare le seguenti variazioni:
Rifinanziamento
   2013:
    CP: + 1604;
    CS: + 1604.
   2014:
    CP: + 2399;
    CS: + 2399.
   2015:
    CP: + 2307;
    CS: + 2307.
5534-bis/XI/Tab. A. 1. Fedriga.

TAB. B.

  Alla Tabella B, voce Ministero del lavoro e delle politiche sociali, apportare le seguenti variazioni:
   2013: – 38.177;
   2014: – 41.529;
   2015: – 36.334.

  Conseguentemente, alla Tabella E, Missione Soccorso civile, Programma Protezione civile voce Ministero economia e finanze Decreto Legge n. 132 del 1999: Interventi urgenti in materia di protezione civile – articolo 7: contributi a favore delle regioni Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Liguria e Toscana Pag. 217colpiti da eventi calamitosi, apportare le seguenti variazioni:
Rifinanziamento
   2013:
    CP: + 38.177;
    CS: + 38.177.
   2014:
    CP: + 41.530;
    CS: + 41.530.
   2015:
    CP: + 36.334;
    CS: + 36.334.
5534-bis/XI/Tab. B. 1. Fedriga.

Pag. 218

ALLEGATO 3

Legge di stabilità 2013 (C. 5534-bis Governo).

Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2013 e bilancio pluriennale per il triennio 2013-2015 (C. 5535 Governo).

Tabella n. 2: Stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (limitatamente alle parti di competenza).

RELAZIONE APPROVATA DALLA COMMISSIONE

  La XI Commissione,
   esaminato, limitatamente alle parti di competenza, lo stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (Tabella n. 2) del bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2013 e del bilancio pluriennale per il triennio 2013-2015 (C. 5535), nonché le connesse parti del disegno di legge di stabilità 2013 (C. 5534-bis);
   premesso che la manovra finanziaria rispecchia gli obiettivi programmatici resi necessari dall'aggravarsi della crisi finanziaria interna ed internazionale;
   rilevato che in taluni passaggi del disegno di legge di stabilità vi sono misure fiscali di impatto negativo e che riduzioni degli stanziamenti di bilancio interessano, in particolare, la Missione n. 24, riguardante Diritti sociali, politiche sociali e famiglia;
   ritenuto necessario un profondo mutamento dell'impostazione dei documenti di bilancio sotto i profili indicati,

DELIBERA DI RIFERIRE FAVOREVOLMENTE

  con la seguente condizione:
   sia realizzato ogni possibile sforzo per ridurre l'impatto delle misure, anche di natura fiscale, che riguardano i diritti sociali dei lavoratori e delle loro famiglie, al fine di favorire la complessiva tenuta del sistema di protezione sociale dell'ordinamento.

Pag. 219

ALLEGATO 4

Legge di stabilità 2013 (C. 5534-bis Governo).

Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2013 e bilancio pluriennale per il triennio 2013-2015 (C. 5535 Governo).

Tabella n. 4: Stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (limitatamente alle parti di competenza).

RELAZIONE APPROVATA DALLA COMMISSIONE

  La XI Commissione,
   esaminato, limitatamente alle parti di competenza, lo stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (Tabella n. 4) del bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2013 e del bilancio pluriennale per il triennio 2013-2015 (C. 5535), nonché le connesse parti del disegno di legge di stabilità 2013 (C. 5534-bis);
   premesso che la manovra finanziaria rispecchia gli obiettivi programmatici resi necessari dall'aggravarsi della crisi finanziaria interna ed internazionale;
   preso atto degli accantonamenti relativi alle Tabelle A e B preordinati alla copertura degli oneri previsti da progetti di legge già all'esame della Commissione;
   rilevato che ai fini del perseguimento degli obiettivi di riduzione delle spese rimodulabili del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il disegno di legge di stabilità prevede una significativa riduzione degli stanziamenti per il finanziamento degli istituti di patronato e assistenza sociale, con un taglio a regime (e non più limitato, quindi, come accaduto in occasione delle precedenti manovre, a specifiche annualità nell'ambito del bilancio triennale) di 30 milioni annui a decorrere dal 2014; valutato, altresì, che tale misura configurerebbe un'appropriazione da parte dello Stato di una quota dei contributi previdenziali dei lavoratori, trasformando di fatto, ancorché in modo improprio, parte delle contribuzioni provenienti dai redditi da lavoro in imposta sul reddito;
   osservato che numerose riduzioni degli stanziamenti di bilancio interessano voci significative della spesa sociale legata al funzionamento del mercato del lavoro e, in particolare, il Fondo per il diritto al lavoro dei disabili (cap. 3892), il Fondo per il finanziamento di interventi a favore dell'incremento dell'occupazione giovanile e delle donne (cap. 2180) e il Finanziamento degli istituti di patronato e di assistenza sociale (cap. 4331);
   rilevato, in particolare, che la riduzione degli stanziamenti relativi al Programma 26.10, concernente Servizi e sistemi informativi per il lavoro, nonché delle risorse relative alla formazione professionale, appaiono poco coerenti con le finalità perseguite dalla recente riforma del mercato del lavoro adottata con la legge n. 92 del 2012 e con l'esigenza di promuovere l'occupabilità, le politiche attive e l'incontro tra domanda e offerta di lavoro;
   rilevato che la prevista abrogazione dell'esenzione dall'IRPEF per le pensioni di guerra e per gli altri redditi assimilati di titolari di reddito complessivo superiore Pag. 220a 15.000 euro, si traduce in una riduzione dei trattamenti che appare incongrua rispetto al carattere prettamente risarcitorio di tali benefici, con il rischio di creare situazioni di disagio in particolari contesti familiari, a fronte peraltro di una platea di soggetti destinatari non ben definita;
   segnalata – anche in ragione dell'assenza di una procedura di infrazione comunitaria al riguardo – l'assoluta irragionevolezza della disposizione che porta dal 4 al 10 per cento l'IVA per le cooperative sociali, che rischia di produrre negativi effetti sotto il profilo occupazionale e dei servizi resi alla collettività;
   considerati gli effetti negativi che l'abrogazione della clausola di salvaguardia relativa ai trattamenti di fine rapporto potrebbe avere sul reddito di molti lavoratori nel momento in cui accedono al pensionamento;
   rilevata l'esiguità dello stanziamento aggiuntivo in favore dei cosiddetti «esodati»;
   ritenuto necessario un profondo mutamento dell'impostazione dei documenti di bilancio sotto i profili indicati,

DELIBERA DI RIFERIRE FAVOREVOLMENTE

  con le seguenti condizioni:
   1) si operi al fine di evitare che alla riduzione di spesa degli enti previdenziali di cui all'articolo 4, comma 1, del disegno di legge di stabilità si provveda anche a valere sulle risorse destinate alla corresponsione, al personale e ai dirigenti dell'INPS, di compensi incentivanti di produttività legati a specifici progetti, considerando che essi risultano finalizzati anche all'accertamento dell'evasione contributiva e al perseguimento delle frodi;
   2) con riferimento alle misure che riguardano istituti di patronato e assistenza sociale, si provveda al reintegro, almeno parziale, delle risorse di cui si prevede la riduzione, al fine di assicurare piena capacità operativa a soggetti che svolgono un ruolo fondamentale per il buon funzionamento dello Stato sociale in un'ottica di sussidiarietà;
   3) si provveda a circoscrivere l'ambito applicativo delle misure riguardanti l'esenzione dall'IRPEF per le pensioni di guerra, di cui all'articolo 12, comma 17, del disegno di legge di stabilità, abrogando tale comma ovvero introducendo la possibilità di escludere l'applicazione della norma in casi meritevoli di tutela, non limitandosi quindi al semplice criterio reddituale, ma tenendo conto di altri aspetti legati alla complessiva situazione familiare del titolare;
   4) si intervenga in modo risolutivo sulla questione dei cosiddetti «esodati», trattata al comma 11 dell'articolo 8 del disegno di legge di stabilità, facendosi carico, in linea con le indicazioni fatte proprie dalla Commissione attraverso l'elaborazione di un testo di legge ampiamente condiviso, di individuare risorse finanziarie adeguate a fornire garanzie a tutti i lavoratori che rischiano, anche negli anni a venire, di trovarsi senza pensione, senza reddito e senza la copertura di ammortizzatori sociali;
   5) si provveda ad assicurare, anche intervenendo sull'articolo 12, comma 11, del disegno di legge di stabilità, l'applicabilità della clausola di salvaguardia relativa ai trattamenti di fine rapporto a favore di lavoratori a basso reddito o in particolari situazioni di disagio;
   6) si provveda a reperire le risorse necessarie all'implementazione della riforma del mercato del lavoro adottata con la legge n. 92 del 2012 al fine di promuovere l'occupabilità dei lavoratori e di consentire lo sviluppo di più moderne ed efficaci politiche attive del lavoro; a tale proposito appare in particolare opportuno provvedere al ripristino, almeno parziale, delle risorse sottratte alla formazione professionale per effetto dei tagli disposti dal decreto-legge n. 95 del 2012 (cosiddetto spending review).

Pag. 221

ALLEGATO 5

Legge di stabilità 2013 (C. 5534-bis Governo).

Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2013 e bilancio pluriennale per il triennio 2013-2015 (C. 5535 Governo).

Tabella n. 4: Stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (limitatamente alle parti di competenza).

PROPOSTA DI RELAZIONE ALTERNATIVA PRESENTATA DAL DEPUTATO PALADINI

  La XI Commissione,
   esaminate, per le parti di competenza, la Tabella n. 4, stato di previsione per l'anno finanziario 2013, del disegno di legge C. 5535, recante «Bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2013 e per il triennio 2013-2015», e le connesse parti del disegno di legge C. 5534-bis, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2013)»;
   evidenziato come il disegno di legge stabilità per il 2013:
    si aggiunge a sei precedenti manovre correttive che a diverso titolo hanno aumentato le entrate e ridotto la spesa (DL n. 98/2011; DL n. 138/2011; la legge di Stabilità 2012; DL n. 201/2011; DL n. 95/ 2012, meglio noto come «spending review»). L'ampiezza delle 6 manovre, cioè il reperimento (complessivo) delle risorse, è pari a poco meno di 5 punti di Pil nel 2012, poco sopra i 6,5 punti di Pil nel 2013 e oltre 7 punti di Pil nel 2014. Complessivamente, il governo Berlusconi e il governo Monti hanno predisposto delle misure correttive, per il triennio 2012-2013-2014, che sfiorano i 130 miliardi di euro;
    l'effetto delle manovre è stato quello di una diminuzione del Pil per il 2012 pari al 2,4 per cento. Il Governo spera per il 2013 in un calo contenuto e pari allo 0,2 per cento, mentre il Fondo Monetario Internazionale dà per scontato almeno un meno 0,7 per cento, ma avverte che se non verranno segnali di controtendenza nell'economia globale e nella dinamica interna italiana, si potrebbe superare facilmente l'1 per cento;
    utilizzando un modello prudenziale relativo all'impatto dei provvedimenti adottati dal governo sulle previsioni economiche, alcuni economisti prevedono invece che le stime di crescita del Pil per il 2013 saranno pari a circa meno 2,5-3 per cento del Pil;
    come indicato dalla Nota di aggiornamento al DEF 2012, il tasso di disoccupazione raggiungerebbe in Italia il 10,8 per cento nel 2012, per poi aumentare all'11,4 per cento nel 2013;
    nei fatti, la recessione in atto ha fatto sì che – secondo quanto emerge dai dati della Confindustria – tra il secondo trimestre 2012 e lo stesso periodo del 2011, in Italia i disoccupati siano 758mila in più. A fine 2013, la forza lavoro non utilizzata (valutando sia i disoccupati che i fruitori di cassa integrazione) salirà al 13,9 per cento, dal 12,8 per cento di fine 2012. Cifre a cui bisogna aggiungere il dato sui lavoratori ormai scoraggiati che non cercano neanche più lavoro, uscendo di fatto dalle statistiche, stimati dall'Istat in Pag. 222circa 2,897 milioni nel 2011, in aumento su base annua di circa il 5 per cento;
    una grossa fetta della popolazione femminile è tagliata fuori dal mercato del lavoro e la disoccupazione riguarda un terzo dei giovani italiani. Dal 2007 al 2011 il tasso di disoccupazione giovanile in Italia è passato, infatti, dal 24 al 32 per cento, con un ulteriore balzo al 39,3 per cento nel primo trimestre 2012. La crisi incide in misura maggiore sui più giovani, perché sono loro i principali utilizzatori dei contratti di lavoro temporaneo ed i primi ad essere licenziati;
    il nostro Paese sta tragicamente vivendo una vera e propria emergenza occupazionale, che si aggraverà nei prossimi mesi;
    i consumi delle famiglie si stanno notevolmente riducendo, infatti secondo la Nota di aggiornamento del Def, nel 2012 la spesa delle famiglie diminuirà del 3,3 per cento e l'anno prossimo dello 0,5 per cento. I consumi risaliranno solo nel 2014, con un +0,6 per cento, mentre nel 2015 ci sarà ancora un debole +0,8 per cento. Quest'anno, afferma il governo, la domanda interna sarà «particolarmente debole. Sulle decisioni di spesa delle famiglie inciderebbero l'andamento del mercato del lavoro e quello del reddito disponibile, in un contesto di fiducia attualmente ai minimi storici. Nel medio termine – aggiunge il Def – la spesa delle famiglie ritornerebbe a crescere a ritmi moderati»;
    dopo il taglio delle pensioni, l'aumento delle accise e dell'Iva (tutte tasse indirette che colpiscono proporzionalmente in misura maggiore i ceti popolari), l'IMU sulla casa, la liberalizzazione del mercato del lavoro, che toglie diritti ai lavoratori senza ottenere un solo posto di lavoro in più, siamo arrivati a questi risultati a dire poco preoccupanti;
    né il drastico prolungamento dell'età pensionabile, né le così dette liberalizzazioni, né il tentativo di abolire l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, hanno nulla a che vedere con la riduzione del debito pubblico italiano. Anzi, il rapporto debito/prodotto interno lordo è ancora cresciuto per via della recessione incalzante;
    dunque, sacrifici – a senso unico a carico dei ceti popolari – mentre il debito cresce, la disoccupazione aumenta, le tasse aumentano e calano i consumi. In definitiva, i problemi sono stati solo rinviati, e il peggio potrebbe ancora arrivare;
    nel nostro paese ed a livello europeo si è instaurata, infatti, una spirale perversa di politiche di austerità che incidono negativamente sulla crescita, deprimendo il PIL, che a sua volta diminuisce le entrate dello Stato e ne aumenta le spese per fare fronte alla disoccupazione crescente;
    siamo dunque, dentro un meccanismo che non funziona, in cui si rincorrono recessione e manovre, manovre e recessione. L'austerità rende impossibile il raggiungimento di due obiettivi: l'azzeramento del deficit e la riduzione del debito;
    è sostanzialmente l'analisi delle cause profonde della crisi ad essere sbagliata. Essa viene fatta risalire alla «crisi dei debiti sovrani», mentre i debiti sovrani sono peggiorati a seguito della crisi e non viceversa;
    nel rapporto di un gruppo di lavoro guidato dal governatore finlandese Erkki Liikanen, si stima che il sostegno pubblico al sistema finanziario, tra il 2007 e il 2010, è stato di 1.600 miliardi di euro, pari al 13 per cento del Pil dell'Unione;
    la crisi dell'euro è spiegabile solo in parte con il deterioramento dei conti pubblici. In realtà, nel biennio della grande recessione l'aumento del rapporto tra debito pubblico e PIL è stato nei Paesi periferici solo leggermente superiore alla media della Zona euro;
    la sfiducia dei mercati finanziari è stata innescata dai crescenti squilibri macroeconomici tra i sistemi produttivi più forti (Germania in primis), molto competitivi e in forte avanzo commerciale, e i Paesi periferici considerati – a causa di debolezze strutturali che sono andate aggravandosi Pag. 223negli anni duemila – meno capaci in prospettiva di onorare i propri debiti pubblici;
    la sfiducia dei mercati verso l'euro è stata esacerbata dagli evidenti limiti della governance dell'Unione monetaria, che dal 1999 si è data un'unica Banca centrale, ma non ancora una politica fiscale coordinata. Solo recentemente, superando i veti e le incertezze dei Paesi più forti, sono stati messi in campo strumenti (il programma OMT – Outright Monetary Transactions della BCE e il fondo salva-stati ESM – European Stability Mechanism) all'altezza di una crisi senza precedenti, anche se il cammino verso un'effettiva integrazione politica dell'Europa è ancora molto lungo;
    l'Europa ha risposto alla crescente instabilità dei mercati finanziari imboccando la strada dell'austerità. A partire dalla primavera 2010 sono stati così varati programmi di riequilibrio dei conti pubblici ambiziosi, simultanei e concentrati in un lasso di tempo relativamente breve. A tre anni di distanza, i numeri evidenziano i limiti di questa politica di aggiustamento asimmetrico;
    nei Paesi periferici il riequilibrio dei conti pubblici è avvenuto al prezzo di pesanti ricadute economiche e sociali (catastrofiche, nel caso greco), ed è stato parzialmente vanificato dalla recessione indotta dalle politiche di austerità;
    la Germania ha proseguito la propria politica neo-mercantilista, beneficiando di un enorme afflusso di capitali in fuga dalle economie più fragili. Ne è uscito indebolito lo stesso progetto di integrazione europea, logorato dalla divaricazione tra i Paesi più forti, assai poco disponibili ad aiutare popoli bollati come lassisti e corrotti, e Paesi periferici che per anni hanno vissuto al di sopra dei propri mezzi, diventando però un grande mercato per i prodotti tedeschi;
    il danno grave di questa deriva riguarda proprio il rischio elevato di caduta dei consumi prodotta dall'austerità nei Paesi più deboli, con inevitabili conseguenze dannose per le esportazioni tedesche. Ciò che può accadere, quindi, è che proprio le scelte di rigore imposte dalla Germania diventino causa di un prossimo, ulteriore, rallentamento anche dell'economia tedesca e, di conseguenza, di un avvitamento perverso della crisi europea;
    i risultati delle politiche di austerità sono paradossali. Malgrado tagli alla spesa e aumenti delle tasse, il debito in molti paesi è aumentato drammaticamente;
    l'andamento dei debiti pubblici sta mettendo a dura prova la strategia europea. Alcune cifre sono particolarmente significative. Dal 2007 ad oggi, il debito pubblico in alcuni dei paesi più fragili della zona euro ha subito un forte aumento: del 368 per cento in Irlanda, del 123 per cento in Spagna, del 74 per cento in Portogallo, del 58 per cento in Grecia. In molti paesi l'indebitamento ha ormai superato di slancio il 100 per cento del prodotto interno lordo;
    l'aumento del debito è dovuto alla presenza di un circolo vizioso: in un contesto economico debole, il risanamento dei conti pubblici pesa sulla ripresa a breve termine, riducendo le entrate fiscali e aumentando di converso il disavanzo pubblico. «Senza crescita l'economia globale è in pericolo», ha recentemente sostenuto la Signora Lagarde, Direttrice generale del FMI;
   valutato altresì che:
    gli obiettivi generali della Legge di Stabilità (2013-2015) sono il pareggio di bilancio strutturale per il 2013, assieme alla crescita dell'avanzo primario, ma il deficit vero nel 2013 sarà pari al 2,6 per cento del Pil, lontano dal pareggio di bilancio promesso dal Governo, che infatti chiede ai mercati di guardare al dato del cd. «deficit strutturale»;
    sono cinque gli assi delineati nella Legge di stabilità: 1) dimezzamento dell'aumento dell'Iva e modifiche all'Irpef; 2) incentivi alla produttività (territoriale) pari a 1,6 mld di euro; 3) contrazione della spesa dei ministeri programmati con la Pag. 224spending review; 4) garantire alcune spese indifferibili; 5) «garantire» (si fa per dire) le risorse per gli «esodati» cd. «salvaguardati»;
    gli strumenti per recuperare le risorse finanziarie necessarie per raggiungere gli obiettivi indicati fanno capo alla spending review, alle banche, alle assicurazioni ed alla Tobin tax. Al netto della Tobin tax e delle misure relative alle assicurazioni e alle banche, le misure previste nella legge di stabilità sono legate principalmente alla spending review;
    l'attuazione della spending review doveva servire a non aumentare le aliquote dell'Iva di due punti: essendo stata attuata, l'Iva non doveva crescere. Invece, il governo ha deciso comunque di aumentarla di un punto. Il contemporaneo intervento sull'Irpef ha un chiaro sapore propagandistico; inoltre è confuso e contraddittorio;
    nei fatti, per i cittadini, l'effetto netto della manovra determina un aumento di imposte non una diminuzione. I tagli delle deduzioni e delle detrazioni colpiscono mediamente i redditi più bassi, mentre la riduzione delle aliquote irpef, cioè dal 23 per cento al 22 per cento per i reddito da zero a 15.000 euro e dal 27 per cento al 26 per cento per i redditi da 15.000 a 28.000 euro, non sarà in nessun modo equivalente;
    l'aumento dell'Iva di un punto coinciderà con la riduzione delle aliquote fiscali Irpef. La riforma delle deduzioni farà capo ai redditi superiori a 15.000 euro, con una franchigia di 250 euro per alcune deduzioni e detrazioni, con un massimo di 3.000 euro solo per le detrazioni, e oltretutto con applicazione retroattiva a partire dall'anno fiscale 2012;
    l'introduzione di una franchigia di 250 euro sulle deduzioni e detrazioni Irpef, riconosciute ai contribuenti con un reddito superiore ai 15mila euro vale circa 1,7 miliardi sul 2013 e, grazie all'effetto retroattivo di cassa, sul 2012. Che diventano più di 2 se al conto si aggiungono i 300 milioni attesi dalla previsione del tetto di 3mila euro per le spese «scaricabili» dagli stessi soggetti;
    a pagare il conto della legge di stabilità saranno dunque ancora una volta i contribuenti onesti. Stando alla relazione tecnica della legge di stabilità, le nuove e maggiori entrate costituiscono il 51,8 per cento delle risorse necessarie a fare quadrare i conti. Dei 12,9 miliardi di «mezzi di copertura» conteggiati per il 2013 oltre 6,7 arriveranno infatti da «nuove o maggiori entrate». A fronte dei 6,2 miliardi di minori spese. Ma nel 2014 e nel 2015 la forbice è destinata ad allargarsi perché il peso delle imposte arriverà al 60 per cento del totale;
    le tabelle allegate al Disegno di legge di stabilità confermano che le tre voci più pesanti da coprire sono: la riduzione delle prime due aliquote Irpef, che da sola vale 4,2 miliardi l'anno prossimo e 6,6 nel 2014; la sterilizzazione di un punto d'Iva, che ne richiede 3,2; la detassazione da 1,6 miliardi del salario di produttività. A cui vanno aggiunti i circa 4 miliardi di maggiori spese, di cui 2,2 di parte corrente. E tra questi spiccano i 500 milioni per il nuovo fondo sul fitto degli immobili delle Pubbliche amministrazioni, i 464 per il trasporto locale e i 900 del nuovo «contenitore» creato a Palazzo Chigi per alcuni interventi settoriali (università statali, social card, terremoto dell'Aquila);
    sul fronte delle maggiori entrate, va poi segnalata la stabilizzazione dell'incremento delle accise sui carburanti per il sisma in Emilia. Che vale 1,1 miliardi dal 2013 in avanti. Su livelli analoghi dovrebbe attestarsi la Tobin tax. Dall'imposta di bollo dello 0,05 per cento sulle transazioni finanziarie sono attesi infatti 1.088 milioni di nuovi introiti, oltre che un calo del 30 per cento delle compravendite azionarie e dell'80 per cento di quelle dei prodotti derivati. Ci sono, inoltre, i 623 milioni che arriveranno dall'aumento (da 0,35 a 0,5 per cento) dell'acconto sulle riserve tecniche delle imprese di assicurazioni e i 412 provenienti dal giro di vite sulla deducibilità delle auto aziendali;Pag. 225
    poche misure dispongono minori uscite. I 3,8 miliardi attesi con effetto sul deficit (che in termini di saldo netto da finanziare diventano 6,2) arriveranno soprattutto dal taglio alle autonomie. Regioni ed enti locali subiranno riduzioni pari a 2,2 miliardi nel 2013, nel 2014 e nel 2015. Per le Regioni il taglio sarà ancora più sensibile visto che il fabbisogno sanitario nazionale dovrà essere ridotto di 600 milioni l'anno prossimo e di 1 miliardo nel biennio successivo. Completano il conto delle minori spese correnti i 631,7 milioni di riduzioni imposte al cosiddetto «Fondo Letta», i 300 milioni di taglio ai fondi per i progetti speciali degli enti previdenziali, i 19,8 milioni prelevati dall'Agea;
    l'elenco delle minori spese in conto capitale può contare solo sui 5 milioni di risparmi sull'acquisto di mobili e arredi nella Pubblica amministrazione e i 25 milioni «rimodulati» nel bilancio della Difesa;
    sulla sanità, si prevede un taglio non inferiore a 1,5 mld di euro, agendo sull'insieme della spesa aggredibile dei farmaci (11 mld di euro), dei dispositivi medici (7 mld di euro) e degli investimenti (32 mld di euro);
    l'aumento dell'IVA al 10 per cento – fino ad oggi fissata al 4 per cento – per le prestazioni erogate dalle cooperative sociali (parliamo di prestazioni socio-sanitarie, educative, di assistenza ambulatoriale, domiciliare o in comunità erogate per anziani ed inabili adulti, tossicodipendenti e malati di Aids, disabili psicofisici, ma anche minori coinvolti in situazioni di disadattamento e di devianza) sarà un duro colpo al welfare del nostro Paese e negherà, di fatto, un sostegno importantissimo a milioni di italiani, poiché gli enti locali saranno costretti a tagliare i servizi ai cittadini e il costo di tutto questo ricadrà sulle famiglie, che dovranno farsi carico di tutto, senza alcun sostegno da parte dello Stato;
    gli altri principali provvedimenti proposti nel DdL di stabilità per l'anno 2013 sono: il blocco dei contratti pubblici fino al 2014 ed il blocco dell'indennità di vacanza contrattuale che sarà ripristinata nel 2015; la previsione di 6 ore settimanali di lavoro in più per i professori a salario invariato, con il conseguente taglio di 35mila precari e di un miliardo di risorse alla scuola pubblica, mentre si erogano 223 milioni alle scuole non statali; l'aumento della tassazione sul TFR; l'istituzione di un fondo ad hoc di soli 100 milioni per gli «esodati» (ne servirebbero per coprire tutti i casi, anche quelli non ’salvaguardati’ circa 8 miliardi) fa passare il principio del diritto in funzione delle risorse disponibili;
    nel frattempo il costo degli aerei F35 è raddoppiato. L'acquisto dei nuovi cacciabombardieri F35 erano stati ridotti di numero dal governo «tecnico». L'esecutivo Monti aveva portato la commessa statale da 131 velivoli agli attuali 90. La riduzione, annunciata nel febbraio scorso dall'ammiraglio-ministro Giampaolo Di Paola, era stata decisa come contributo alla prima spending review. Si scopre ora però che il costo di ogni singolo aereo nel frattempo è lievitato: il costo medio dell'aereo «nudo», il cd. recurrent fly-away cost, sarà di 137,1 milioni di dollari nel 2015. Si tratta di un aggravio di circa 3,5 miliardi di euro rispetto alla spesa indicata al Parlamento. Quindi almeno 13-14 miliardi di euro, invece dei 10 pattuiti dal governo. E probabilmente la lievitazione dei costi in corso d'opera è solo agli inizi;
    è da ritenersi probabilmente eccessivo l'accantonamento per gli interessi. Il Centro Europa Ricerche (CER) ha calcolato che il calo di questi giorni degli spread libera circa 5 miliardi di euro;
    il Governo non ha previsto misure per fare fronte agli impegni del Fiscal compact, che comportano una riduzione annuale del debito del 3 per cento del Pil per i prossimi 20 anni a partire dall'anno 2013: circa 45 miliardi annui;
    si tratta, in sintesi, di una manovra insufficiente, iniqua e depressiva che, in ossequio alle politiche di austerity, continua ad impoverire il paese e a farlo Pag. 226sprofondare in una crisi economica. L'Italia avrebbe bisogno di altre politiche, quelle che il governo non sta facendo: politiche espansive e non recessive, redistributive e non di tagli lineari, di sviluppo e di intervento pubblico e non di gestione dell'esistente;
   considerato che, per quanto concerne le materie di competenza della Commissione:
    entro la fine del 2012 devono essere rinnovati una cinquantina di contratti collettivi di lavoro di settore – che riguardano 4 milioni di lavoratori –, compresi quelli di metalmeccanici, alimentaristi e chimici, tradizionalmente i più importanti;
    questa tappa importante cade in un momento molto particolare dell'economia e dell'occupazione nel nostro Paese. I sindacati per la prima volta si troveranno a dare applicazione all'Accordo interconfederale del 28 giugno 2011, sottoscritto tra Confindustria e CGIL, CISL e UIL e non sottoscritto, invece, dalla Confcommercio e da tutte le altre associazioni del terziario: ABI, ANIE, cooperative e rete dei piccoli artigiani e commercianti (Rete Impresa Italia);
    l'Accordo del 28 giugno – da tanti definito storico- ha ridisegnato il sistema della contrattazione collettiva nel nostro Paese, con l'ambizione di ridefinire regole fondamentali per i contratti collettivi (criteri condivisi di misurazione della rappresentatività sindacale; efficacia erga omnes dei contratti aziendali; possibilità di prevedere, per la contrattazione di secondo livello «clausole di uscita», con deroghe peggiorative al ccnl ecc.);
    purtroppo, poche settimane dopo l'Accordo del 28 giugno, il Governo Berlusconi ne ha stravolto i contenuti e la natura, introducendo nel nostro ordinamento l'articolo 8 del D.L 13 agosto 2011, n. 131 (c.d. «manovra di Ferragosto»), che rappresenta una vera e propria rivoluzione del diritto del lavoro. Esso interviene sia sui criteri di rappresentatività delle associazioni sindacali e sia sulla gerarchia delle fonti collettive, andando in senso contrario all'articolo 39 Costituzione e rischiando di lacerare le norme sulle relazioni dei contratti di lavoro e dei rapporti industriali;
    con l'articolo 8 della suindicata legge, il governo ha voluto stravolgere gli accordi già intercorsi tra le parti sociali, attribuendo alla contrattazione aziendale la possibilità di andare ad incidere su diritti individuali dei lavoratori, sino ad oggi tutelati dall'ordinamento;
    il governo Berlusconi aveva giustificato il suo interventismo sostenendo che un'ulteriore flessibilizzazione del mercato del lavoro era stata espressamente richiesta all'Italia dalla famosa lettera della BCE, mentre, al contrario, i contenuti dell'Accordo del 28 giugno 2011, corrispondevano a pieno alle richieste pervenute da questo organismo dell'Unione europea, dovendosi consentire che l'operazione di «adattamento» fosse del tutto endogena al sistema intersindacale e potesse riguardare il rapporto fra contratti collettivi di diverso livello e non certo quelli tra contratto aziendale e la legge, per cui, sotto questo profilo ed in piena coerenza con le richieste della BCE, sarebbe stato sufficiente recepire in legge i contenuti dell'intesa interconfederale;
    con il pretesto della lettera della BCE, il Governo ha colto l'occasione per consentire potenzialmente all'autonomia collettiva di derogare all'intero statuto giuridico del lavoro subordinato. L'Europa certamente non ci suggeriva né tantomeno imponeva di introdurre riforme che abilitassero le organizzazioni sindacali a peggiorare la disciplina legale della privacy e quella in materia di inquadramento, mansioni, orari di lavoro, contratti flessibili, modalità di assunzione e disciplina del rapporto di lavoro e così via;
    nel settembre 2012 – nel momento stesso in cui si deve procedere al rinnovo dei contratti già ricordato –, il governo dei tecnici, guidato da Mario Monti, ha avviato un tavolo con le parti sociali, dando loro Pag. 227un mese di tempo per raggiungere un accordo sul sistema contrattuale finalizzato ad aumentare la produttività;
    lo scopo del tavolo è quello di consentire il rinnovo dei contratti in scadenza, riportando al centro dell'attenzione l'applicazione dell'Accordo del 28 giugno, in modo da consentire una crescita di produttività delle imprese. Fin da subito, i rappresentanti del governo hanno fatto sapere che se l'accordo delle parti sociali portava ad un aumento della parte del salario legata alla contribuzione, il Governo avrebbe aumentato le risorse per la detassazione dei premi di produttività;
    queste dichiarazioni si sono concretizzate nello stanziamento nella legge di bilancio di 1 miliardo e 600 milioni di agevolazioni fiscali, in due anni, su una parte del salario di secondo livello, cioè quello generato in azienda;
    tuttavia tale stanziamento è vincolato ad un decreto del governo, da emanarsi entro il 15 gennaio 2012, in assenza del quale il governo destinerebbe le risorse ad altra finalità o al miglioramento dei saldi di finanza pubblica;
    il termine posto dal governo, senza obbligo per lo stesso di provvedere entro la stessa data, rappresenta un vero e proprio ricatto messo in atto da parte del governo nei confronti delle parti sociali. Infatti, il governo ha dichiarato, per bocca dei ministri Fornero e Passera, che i soldi stanziati nella legge di stabilità sono vincolati non solo all'esito del tavolo, ma al fatto che l'accordo sia «buono» o di «non basso profilo», «altrimenti per altre destinazioni non mancano occasioni, visto il momento di crisi»;
    il governo sembrerebbe volersi arroga l'autorità di ignorare gli eventuali accordi sindacali, se questi non corrispondono ai contenuti e alle scelte che il governo desidera;
    le ricordate affermazioni dei membri del governo sono forse in grado di spiegare le ragioni per le quali la CGIL ha attribuito al governo la responsabilità di aver fatto fallire l'accordo pressoché raggiunto tra Confindustria, CIGL, CISL e UIL il 18 ottobre scorso, e che ha visto l'opposizione dell'ABI, dell'ANIE, delle cooperative e della rete dei piccoli artigiani e commercianti (Rete Impresa Italia), che avanzano la richiesta di una maggiore destrutturazione del contratto nazionale, che permettano di demansionare i dipendenti, nel caso riducendo anche le retribuzioni, e controllarne a distanza le prestazioni con le nuove tecnologie telematiche e digitali;
    l'accordo –largamente ispirato all'Accordo del 28 giugno – attribuiva al contratto collettivo nazionale «la funzione di garantire la certezza dei trattamenti economici e normativi comuni» e la tutela del potere di acquisto delle retribuzioni, nonché la definizione de «la quota degli aumenti economici derivanti dai rinnovi contrattuali» da spostare sul secondo livello per collegarli alla produttività e beneficiare della detassazione. Inoltre, si prevedeva che tale quota tornasse al contratto nazionale per tutti i lavoratori che non usufruiscono del secondo livello di contrattazione. L'intesa prevedeva deroghe relative all'organizzazione del lavoro (orari, turni, mansioni, controllo a distanza ecc) a livello aziendale, in presenza di una «chiara delega» sulle materie nel contratto collettivo;
    il contenuto di tale accordo – evidentemente – non è quello che vorrebbe il governo, che non intende seriamente affidarsi all'accordo delle parti sociali per aumentare la produttività delle imprese, ma vuole imporre la propria ricetta. È infatti noto che il presidente del Consiglio dei ministri, Mario Monti, ritiene superato il metodo della concertazione tra le parti sociali;
    d'altra parte, il ministro Passera, è stato molto chiaro: i fondi stanziati dal governo per alleggerire il prelievo fiscale sugli aumenti salariali di produttività saranno concessi solo se l'intesa rispetterà i criteri stabiliti dall'esecutivo;
    tale metodo non è condivisibile e va rifiutato. Lo stanziamento di 1 miliardo e Pag. 228600 milioni destinato dalla legge di bilancio ai premi di produttività, deve essere destinato con certezza a favore del lavoro e non affidato alla scelta arbitraria del governo, come emerge dalla formulazione attuale del comma 3 dell'articolo 12;
    va evidenziato, inoltre, il rischio che nel giro di breve tempo il bonus concesso dal governo si risolva in sostanza in una sorta di cuneo fiscale mascherato, che non riuscirebbe a risolvere il problema della produttività. Il ministro Padoa Schioppa, nel 2006, sosteneva che «il problema dello stallo della produttività dipende dai comportamenti delle imprese e in particolare dalla dinamica insufficiente degli investimenti e dell'innovazione». Nel 2009, l'attuale sottosegretario al lavoro, Maria Cecilia Guerra, scrisse su lavoce.info un commento per criticare l'idea di rendere strutturali gli incentivi fiscali e contributivi nati per stimolare la produttività ma che, alla fine, si configurano come «incentivi all'elusione»;
    in questi anni sono del tutto scomparsi, peraltro, aiuti fiscali ideati proprio per la produttività come la Tremonti-bis per detassare gli utili reinvestiti, il progetto Industria 2015 per aiutare le imprese innovative e il credito d'imposta per la ricerca che da solo era arrivato a valere un miliardo di euro;
    è noto, peraltro, che le risorse stanziate lo scorso anno per detassare la produttività, bel 835 milioni di euro, non sono state utilizzate con la dovuta accortezza. Infatti, numerosi sarebbero stati i casi di imprese che, per incassare le agevolazioni, si sarebbero limitate a riscrivere gli stessi contenuti dei contratti già in vigore, nella nuova formula necessaria a incassare il finanziamento, senza in realtà inserire componenti autenticamente meritocratiche nei contenuti degli accordi. È stata applica, in pratica, la legge in maniera elusiva, e nulla esclude che ciò non possa continuare anche nei prossimi due anni con riferimento all'ulteriore stanziamento di 1 miliardo e 600 milioni;
     economisti-giuslavoristi stanno rilanciando in questi giorni un manifesto sottoscritto nel 2006 da un centinaio di esperti (primo firmatario Aris Accornero) per un «patto sociale per la produttività e la crescita» invitando le parti sociali e il governo a «vincolare il bonus alle imprese che rinnovano davvero gli ambienti di lavoro»;
    sarebbe quindi più opportuno destinare lo stanziamento di 1 miliardo e 600 milioni ad un ’Patto sociale per la produttività e la crescita’, che destini il bonus del governo alle imprese che effettivamente facciano investimenti sulla innovazione tecnologica, sull'innovazione organizzativa e nello sviluppo delle competenze, perché così si realizzerebbero, come pensa il premier Monti, «modi opportuni per aumentare la produttività delle aziende e la competitività del Paese, in un momento in cui la crisi per la prima volta sembra ad un giro di boa e la ripresa, quando arriverà, premierà di più i paesi che si sono preparati in tempo»;
    a tale proposito, il governo abbia la capacità e il coraggio di sbloccare i 40 miliardi di investimenti «chiusi nei cassetti per veti incrociati», come in settembre ha ricordato il vice presidente di Confindustria per lo sviluppo economico, Aurelio Regina;
    il governo non è stato ancora capace di trovare una soluzione al problema degli esodati. Il tavolo tecnico istituito presso il ministero del Lavoro dovrebbe finire la ricognizione sui lavoratori che potrebbero trovarsi a non avere più un lavoro e neppure una pensione, intorno alla metà di novembre. Anche lo stanziamento contenuto nella legge di bilancio appare del tutto insufficiente e incapace di risolvere i problemi creati dalla riforma Fornero delle pensioni;
    l'articolo 8, comma 11 del disegno di legge, infatti, autorizzata la spesa di ulteriori 100 milioni di euro per l'anno 2013 a favore di lavoratori c.d. esodati salvaguardati dai tre decreti:
     1) n. 201 del 2011, che contiene la riforma delle pensioni Fornero (articolo 24, commi 14 e 15);Pag. 229
     2) n. 216 del 2011, (articolo 6, comma 2-ter);
     3) n. 95 del 2012, (articolo 22).

  Le modalità di utilizzo dei 100 milioni sono rimesse a un futuro decreto del governo;
   la stampa ha dato notizia, il 18 ottobre, di altri 9 lavoratori esodati che avrebbero le caratteristiche per rientrare nelle deroghe previste dal nuovo sistema pensionistiche. Si tratta di una stima non definitiva, che potrebbe crescere ancora nel corso della ricognizione. Per coprire il pensionamento con le vecchie regole di questi 9 mila lavoratori servirebbero altri 440 milioni di euro, mentre l'autorizzazione di spesa del ddl in esame è di solo 100 milioni;
   inoltre, il riferimento nella disposizione a ’interventi di natura assistenziale’ a favore dei predetti lavoratori fa sorgere il dubbio che il governo intensa utilizzare la somma stanziata non per aumentare il numero di coloro che potranno andare in pensione con le vecchie regole pensionistiche, ma per interventi di altra natura a favore di chi rimane senza lavoro e senza pensione; va ricordato che la Camera dei deputati sta esaminando le proposte di legge n. 5103 ed altre, volte a modificare in senso espansivo le deroghe alla nuova disciplina pensionistica. L'esame di questi provvedimenti, formalmente non interrotto, è di fatto sospeso a causa del costo degli interventi, stimati dalla ragioneria dello Stato in 8 miliardi di euro (copertura che manca);
   il Governo, già screditato sulla questione esodati, deve porsi come priorità assoluta l'individuazione della copertura necessaria a salvaguardare tutte le lavoratrici e i lavoratori che sono nella condizione di non avere più un lavoro e di non poter accedere subito alla pensione;
   lo stanziamento di 100 milioni di euro, oltre a non essere sufficiente a coprire il pensionamento delle lavoratrici e dei lavoratori cosiddetti ’salvaguardati’, è del tutto incongruo rispetto alla platea reale delle lavoratrici e dei lavoratori che sono stati pregiudicati dalla riforma Fornero delle pensioni; nella Relazione del Gruppo di lavoro dell'erosione fiscale risultano 720 «spese fiscali» o «tax expenditures», per un totale di mancate entrate per l'erario di 227-352 miliardi di euro;
   il Governo può reperire i miliardi necessari a salvaguardare chi è stato pregiudicato dalla riforma Fornero, essendo prossimo al pensionamento, riducendo, eliminando o riformando le spese fiscali che appaiono, in tutto o in parte, ingiustificate o superate alla luce delle mutate esigenze sociali o economiche ovvero che costituiscono una duplicazione, ferma restando la priorità di tutela dei redditi di lavoro dipendente e autonomo, dei redditi da imprese minori e dei redditi da pensione, della famiglia, della salute, delle persone economicamente o socialmente svantaggiate, della prima casa, del patrimonio artistico e culturale, della ricerca e dell'ambiente,

DELIBERA DI RIFERIRE IN SENSO CONTRARIO.

«Paladini»