CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 24 aprile 2012
644.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari sociali (XII)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Schema di decreto del Presidente della Repubblica, recante regolamento di organizzazione degli uffici di diretta collaborazione del Ministro della salute e dell'organismo indipendente di valutazione della performance. Atto n. 457.

PROPOSTA DI RILIEVI DEL RELATORE

  La XII Commissione (Affari sociali),
   esaminato, ai sensi dell'articolo 96-ter, comma 4, del Regolamento, lo schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento di organizzazione degli uffici di diretta collaborazione del Ministero della salute e dell'organismo indipendente di valutazione della performance (Atto n. 457);
   rilevata la necessità di procedere ad un generale ridimensionamento degli assetti organizzativi del Ministero, in linea con i vincoli per il contenimento della spesa pubblica imposti dalle recenti manovre finanziarie a tutte le amministrazioni pubbliche, secondo quanto già evidenziato dal parere del Consiglio di Stato, espresso dalla Sezione consultiva per gli atti normativi nell'adunanza del 24 novembre 2011;
   considerato che l'articolo 14, comma 7, del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, prevede che l'Organismo indipendente di valutazione della performance sia costituito da un organo monocratico ovvero collegiale composto da tre componenti,
   delibera di esprimere i seguenti rilievi:
   a) valuti la Commissione di merito l'opportunità di prevedere che gli incarichi dirigenziali siano affidati preferibilmente a personalità interne al Ministero, in modo da ottenere un ridimensionamento del numero di consiglieri esterni;
   b) valuti la Commissione di merito l'opportunità di prevedere che sia lo stesso regolamento a stabilire – in attuazione della previsione di cui al suddetto decreto legislativo n. 150 del 2009 – se l'Organismo indipendente di valutazione della performance (OIV) debba essere costituito in forma monocratica o collegiale, superando così la previsione recata dall'articolo 10 dello schema di regolamento, che demanda tale scelta al decreto che deve essere adottato dal Ministro della salute per la costituzione dell'Organismo.

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ALLEGATO 2

Schema di decreto del Presidente della Repubblica, recante regolamento di organizzazione degli uffici di diretta collaborazione del Ministro della salute e dell'organismo indipendente di valutazione della performance. Atto n. 457.

RILIEVI DELIBERATI DALLA COMMISSIONE

  La XII Commissione (Affari sociali),
   esaminato, ai sensi dell'articolo 96-ter, comma 4, del Regolamento, lo schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento di organizzazione degli uffici di diretta collaborazione del Ministero della salute e dell'organismo indipendente di valutazione della performance (Atto n. 457);
   rilevata la necessità di procedere ad un generale ridimensionamento degli assetti organizzativi del Ministero, in linea con i vincoli per il contenimento della spesa pubblica imposti dalle recenti manovre finanziarie a tutte le amministrazioni pubbliche, secondo quanto già evidenziato dal parere del Consiglio di Stato, espresso dalla Sezione consultiva per gli atti normativi nell'adunanza del 24 novembre 2011;
   considerato che l'articolo 14, comma 7, del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, prevede che l'Organismo indipendente di valutazione della performance sia costituito da un organo monocratico ovvero collegiale composto da tre componenti,
   delibera di esprimere i seguenti rilievi:
   a) valuti la Commissione di merito l'opportunità di prevedere che gli incarichi dirigenziali siano affidati a personalità interne al Ministero, in modo da ottenere un ridimensionamento del numero di consiglieri esterni;
   b) valuti la Commissione di merito l'opportunità di prevedere che sia lo stesso regolamento a stabilire – in attuazione della previsione di cui al suddetto decreto legislativo n. 150 del 2009 – se l'Organismo indipendente di valutazione della performance (OIV) debba essere costituito in forma monocratica o collegiale, superando così la previsione recata dall'articolo 10 dello schema di regolamento, che demanda tale scelta al decreto che deve essere adottato dal Ministro della salute per la costituzione dell'Organismo.

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ALLEGATO 3

Documento di economia e finanza 2012. Doc. LVII, n. 5 e Allegati.

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

  La XII Commissione,
   esaminato, per le parti di competenza, il documento di economia e finanza 2012 (Doc. LVII, n. 5),
   esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti condizioni:
   a) il mancato adeguamento del Fondo sanitario nazionale non pregiudichi l'esigenza di garantire i livelli essenziali di assistenza (LEA) in modo omogeneo sull'intero territorio nazionale;
   b) nell'ambito delle politiche sociali, le misure di contrasto alla povertà non siano solo di natura monetaria, dovendo piuttosto essere fondate su di una diffusa rete di servizi, ciò che comporta l'esigenza di rifinanziare il Fondo per le politiche sociali e il Fondo per le non autosufficienze.

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ALLEGATO 4

Documento di economia e finanza 2012. Doc. LVII, n. 5 e Allegati.

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE PRESENTATA DAL DEPUTATO PALAGIANO

  La XII Commissione,
   esaminato, per le parti di competenza, il Documento di economia e finanza 2012 (Doc. LVII, n. 5),
   premesso che:
    secondo il giudizio del Fondo monetario internazionale (FMI) racchiuso nei documenti del Word outlook e del Fiscal monitor illustrati a Washington, le misure di risanamento adottate dall'Italia non bastano a pareggiare il bilancio entro il 2013 perché deficit e debito pubblico crescono mentre ciò che manca è la crescita;
    infatti, a causa dell'aumento del debito e nonostante le misure di austerità adottate, il pareggio di bilancio verrà rinviato al 2017. In particolare, il deficit sarà quest'anno del 2,4 per cento, ben oltre il previsto 1,6 per cento e il debito pubblico arriverà a toccare il 123,4 per cento del PIL, rispetto al 120,1 per cento del 2011, confermandosi il più alto dell'eurozona dopo quello della Grecia;
    l'Italia è il fanalino di coda dell'eurozona che a sua volta resta il maggior freno alla crescita globale. Infatti, per il FMI il PIL globale nel 2012 crescerà del 3,5 per cento e quello degli Stati Uniti del 2,1 per cento mentre l'eurozona si indebolirà dello 0,3 per cento soprattutto a causa dell'arretramento dell'Italia dell'1,9 per cento e della Spagna dell'1,8 per cento;
    ad avvalorare lo scenario di incertezza per l'Italia ci sono le previsioni di una ripresa assai precaria nel prossimo anno;
    nel quarto trimestre del 2013 il Pil crescerà dello 0,7 per cento, difficile in tale prospettiva una riduzione della disoccupazione che nel 2012 sarà del 9,5 per cento arrivando al 9,7 nel 2013 raggiungendo così il dato peggiore nell'eurozona subito dopo la Spagna;
    poiché la sovrapposizione fra recessione e indebitamento porta ad una spirale negativa sui conti pubblici, ciò che affiora dai documenti del FMI è la necessità da parte del governo italiano di un decisivo taglio della spesa pubblica di dimensioni tali da scongiurare la ripetizione della crisi greca;
    gli indicatori economici congiunturali riportati dal bollettino economico di Bankitalia appena pubblicato segnalano la prosecuzione della fase di debolezza della domanda interna: il PIL italiano ha frenato dello 0,7 per cento nell'ultimo trimestre del 2011 e probabilmente chiuderà il primo trimestre del 2012 con un risultato analogo;
    secondo la Banca d'Italia ciò che pesa maggiormente in questa fase di incertezza è la disoccupazione, soprattutto tra i giovani: quasi 18 su 100 non hanno lavoro. La situazione delle famiglie non lascia sperare bene: il reddito a loro disposizione si è contratto di mezzo punto percentuale nel 2011, così che a fare i conti dal 2008 – anno di inizio della crisi – la loro capacità di spesa è crollata del 5 per cento. Di conseguenza si restringono i consumi con ripercussioni facili da immaginare per chi produce o commercia. Diminuisce di pari passo anche la propensione Pag. 263al risparmio. In tale quadro urge far ripartire il credito alle famiglie e alle imprese poiché l'economia reale ne ha un bisogno impellente per poter sostenere una crescita praticamente azzerata;
    in controtendenza rispetto ai dati forniti dal FMI, il governo Monti, con il suo primo Documento di economia e finanza (DEF), si dimostra più ottimista sostenendo che la contrazione dell'economia italiana sarà dell'1,2 per cento quest'anno (contro l'1,9 per cento valutato dal FMI) in peggioramento di 0,8 punti rispetto alle ultime stime di dicembre. Inoltre le stime del Governo sull'impatto della recessione sono leggermente migliori rispetto alle indicazioni arrivate dalla Commissione europea (–1,3 per cento) e anche rispetto al valore più alto della «forbice» di Banca d'Italia, che fissava un calo del PIL in termini reali dell'1,5 per cento;
    secondo il DEF, per effetto delle manovre correttive varate nel corso del 2011, il miglioramento del deficit proseguirà, toccando quest'anno l'1,7 per cento del PIL per arrivare al «quasi pareggio» nel 2013 quando, con un prodotto in ripresa di mezzo punto, dovrebbe attestarsi attorno al –0,5 per cento. Il pareggio di bilancio è previsto solo tra il 2014 e il 2015;
    a un giorno di distanza dall'approvazione definitiva da parte del Senato del ddl costituzionale sul pareggio di bilancio, il DEF annuncia un peggioramento sostanzioso del debito pubblico che quest'anno sarà ancora in forte salita (+3,9 per cento) per attestarsi a quota 123,4 per cento sul PIL. Ed è proprio sull'aggregato del debito pubblico che arriva la notizia più negativa del DEF, infatti il 2012 anziché essere l'anno dell'inversione di tendenza, registra un ulteriore dato negativo. A spiegare questa rilevante differenza, secondo il governo sono sostanzialmente tre fattori: i sostegni ai Paesi dell'area euro, l'andamento previsto dal fabbisogno e il diverso quadro economico. Il rapporto debito/PIL torna a scendere nel 2013 (121,6 per cento) mantenendosi tuttavia su una soglia di oltre 5 punti superiore alle vecchie previsioni proprio per effetto degli interventi di salvataggio adottati in Europa;
    l'effetto più intenso della crisi sull'economia reale è previsto per il mercato del lavoro, infatti, secondo il governo quest'anno l'occupazione misurata in unità standard, si ridurrà dello 0,6 per cento con un tasso di disoccupazione atteso al 9,3 per cento. L'inversione di tendenza non arriverà prima del prossimo anno ma, nel frattempo, il costo del lavoro per unità di prodotto, indicatore chiave per la misura della produttività, risulterà ancora in crescita dell'1,7 per cento. In crescita anche i prezzi al consumo, con un indice armonizzato al 3 per cento nella media d'anno, in aumento rispetto al 2011;
    ma la vera debolezza dell'economia italiana si misura con l'elevatissimo livello della pressione fiscale e con la continua crescita della spesa pubblica. Infatti, la pressione fiscale, dopo il picco toccato l'anno scorso (42,5 per cento del PIL) è prevista in ulteriore crescita al 45,1 per cento. Un vero record negativo che supera anche il 43,7 per cento toccato nel 1997 con l'introduzione dell'Eurotassa. Ma l'innalzamento della pressione fiscale non si ferma fino al 2014 quando toccherà il 45,3 per cento del PIL;
    per quanto riguarda la spesa pubblica, si deve registrare un continuo aumento, nonostante il concentrarsi proprio quest'anno della coda dei tagli lineari disposti nella prima parte della legislatura in corso. In rapporto al PIL, la spesa totale delle amministrazioni crescerà quest'anno di 0,4 punti toccando quota 50,4 per cento, mentre dal 2013 è prevista un'inversione di 0,8 punti destinata a stabilizzarsi nel biennio successivo, con un calo al 49,1 per cento nel 2014 e al 48,7 per cento nel 2015, anno in cui comincerà a produrre effetti la riforma delle pensioni varata con il decreto-legge 102 del 2011 cd. Salva Italia;
    dopo il taglio delle pensioni, l'aumento delle accise e dell'Iva (tutte tasse indirette che colpiscono proporzionalmente Pag. 264in misura maggiore i ceti popolari), l'IMU sulla casa, la liberalizzazione del mercato del lavoro che toglie diritti ai lavoratori senza ottenere un solo posto di lavoro in più, siamo arrivati ai risultati descritti dal FMI, risultati a dire poco preoccupanti;
    né il drastico prolungamento dell'età pensionabile, né le cosiddette liberalizzazioni, né il tentativo di abolire l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, hanno nulla a che vedere con la riduzione del debito pubblico italiano. Anzi, il rapporto debito/prodotto interno lordo è ancora cresciuto per via della recessione incalzante;
    il Governo ascrive a suo merito l'avere ridotto lo spread dei nostri BTP con i bund tedeschi. Occorre in proposito fare un'operazione di verità. Non c’è dubbio che nel primo mese del Governo Monti lo spread tra i BTP italiani ed i bund tedeschi è sceso. Ma nelle ultime settimane ha ripreso ad attestarsi poco sotto i 400 punti;
    infatti, ciò che ha veramente salvato l'Italia e l'euro dal default è stata la decisione presa dalla Banca centrale europea due mesi fa di immettere liquidità, con il programma long term refinancing operation, nelle banche europee, sia per comprare i titoli di Stato dei rispettivi Paesi, sia per compensare le perdite subite. Oltre 1.000 miliardi di euro sono stati immessi ad un tasso dell'1 per cento nelle banche europee, circa 200 miliardi di euro in quelle italiane, salvandole dal fallimento e permettendole di acquistare una parte rilevante dei titoli di Stato in scadenza. Lo stesso entusiasmo delle borse di inizio anno ha una sola vera ragione d'essere: è l'oceano di liquidità, determinato anche dal «quantitative easing» promosso dalla Federal reserve, in cui galleggia l'economia mondiale;
    nel frattempo l'economia reale, quella delle famiglie e delle imprese non ha visto un euro, il credito è praticamente bloccato o a costi esosi;
    dunque, sacrifici – a senso unico a carico dei ceti popolari – mentre il debito rimane inchiodato, anzi cresce, la disoccupazione aumenta, le tasse aumentano e calano i consumi. In definitiva, i problemi sono stati solo rinviati, e il peggio potrebbe ancora arrivare;
    si è, infatti, instaurata nel nostro paese ed a livello europeo una spirale perversa di politiche di austerità che incidono negativamente sulla crescita deprimendo il PIL, che a sua volta diminuisce le entrate dello Stato e ne aumenta le spese per fare fronte alla disoccupazione crescente;
    le semplificazioni e le cosiddette liberalizzazioni – per lo più a carico delle lobby meno forti, perché pace banche, assicurazioni e professioni garantite sono rimaste sostanzialmente immuni dalle misure di riforma – e l'attacco ai diritti dei lavoratori, secondo gli stessi dati riprodotti dal Documento di economia e finanza, avranno effetti (sempre che li abbiano, cosa di cui si può fortemente dubitare) molto ridimensionati rispetto a quelli indicati in un primo momento dal professore Monti che pronosticava una crescita indotta da questi provvedimenti da qui al 2020 del 10 per cento del PIL;
    in riferimento alle riforme varate da gennaio in poi, ovvero i due decreti legge in materia di liberalizzazioni e semplificazioni, dal DEF emergono stime molto più prudenziali rispetto a quelle circolate nelle scorse settimane. Infatti, le due riforme dovrebbero produrre un effetto cumulato sulla crescita del 2,4 per cento nell'arco di nove anni (2012-2020) con un impatto medio annuo dello 0,3 per cento ipotizzato sulla base di una simulazione che, per quest'anno, le riforme siano operative a partire dal terzo trimestre;
    nell'ambito del descritto quadro congiunturale non è pensabile una nuova manovra economica pesantemente recessiva, al contrario servono scelte coraggiose che permettano al nostro paese, in tempi brevi, di ridare slancio alla crescita e di alleggerire la pressione fiscale sul lavoro. Pag. 265In una fase economica di crescita praticamente nulla come quella attuale, l'unico modo per diminuire la pressione fiscale è riuscire a ridurre la spesa pubblica corrente improduttiva in modo da annientare gli sprechi e individuare i possibili risparmi senza dover necessariamente ridurre la qualità dei servizi offerti ai cittadini;

   valutato inoltre, per le parti di competenza, che:
    i pesantissimi tagli al servizio sanitario nazionale e alle politiche sociali effettuati dal Governo Berlusconi, vengono dati per acquisiti e sostanzialmente confermati dall'attuale governo;
    peraltro il trend di (de)crescita del nostro Paese si è tradotto in un ulteriore aggravamento delle condizioni sociali delle famiglie italiane, e in un pesante aumento delle sacche di povertà soprattutto nelle regioni meridionali, dove si conferma la forte associazione tra povertà, bassi livelli di istruzione, bassi profili professionali ed esclusione dal mercato del lavoro;
    a fronte di tale situazione, il documento di economia e finanza non indica però interventi concreti e credibili, né soprattutto risorse, per la riduzione del tasso di povertà e di sostegno al reddito delle fasce più povere della popolazione. In questo senso, il Documento non modifica infatti in nulla l'attuale situazione di grave deterioramento delle politiche sociali e sanitarie;
    la conferma dei tagli alla sanità e soprattutto alle politiche sociali, rendono ancora più evidente che l'Italia non sarà in condizione di raggiungere uno degli obiettivi dell'agenda Europa 2020, cioè la riduzione del numero dei poveri;
    tra le otto azioni che vengono programmate dal Governo per il raggiungimento degli obiettivi nazionali previsti dalla strategia Europa 2020, troviamo infatti quella del «contrasto alla povertà». Il Governo quantifica in 2,2 milioni di persone il suo ambizioso obiettivo di riduzione di povertà nell'arco dei prossimi dieci anni. Ma l'assenza di risorse per tali finalità rendono poco credibile il raggiungimento di detto obiettivo;
    inoltre la tendenza al rapido invecchiamento della popolazione del nostro Paese, porta con sé inevitabili ricadute dal punto di vista socio-economico. Le componenti di spesa socio-assistenziali per assistenza agli anziani presentano infatti un profilo crescente per l'intero periodo di previsione attestandosi all'1,7 per cento del PIL nel 2060;
    il tema dell'invecchiamento della popolazione, viene però affrontato dal DEF senza tenere in adeguata considerazione i problemi connessi alla estrema debolezza, se non assenza, di politiche e di risorse specifiche;
    nulla si dice circa la necessità di rifinanziare il Fondo per la non autosufficienza, istituito dalla Legge finanziaria 2007, e che ha avuto nel 2010 il suo ultimo finanziamento. Così come non è previsto alcun impegno programmatico per il rifinanziamento del Fondo per le politiche sociali, praticamente azzerato in questi ultimi anni, e più in generale nulla si dice sulla necessità di reintegrare i tagli alle risorse per le politiche socio-assistenziali e di sostegno alla famiglia;
    nel frattempo viene confermata la riforma dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), a cui verranno condizionati dal 2013, tutti i benefici sociali e assistenziali. Questo comporterà tra l'altro, che la stessa indennità di accompagnamento – che rappresenta una provvidenza in favore degli invalidi civili totalmente inabili a causa di minorazioni fisiche o psichiche, e che viene erogata indipendentemente dal reddito posseduto dall'invalido e dalla sua età – sarà erogata solo per i redditi inferiori a una certa soglia;
    il Documento di economia e finanza inoltre, non fornisce indicazioni credibili per il superamento della disomogeneità quali/quantitativa sul territorio nazionale Pag. 266dei servizi sanitari pubblici. In particolare, praticamente nulla si dice sui tanti margini di riduzione della spesa connessa alle interazioni tra pubblico e privato; alla razionalizzazione della spesa sanitaria anche intervenendo sul diffuso malcostume della elargizione di posti di lavoro e concessioni in maniera clientelare; alla necessità di ridurre lo strapotere dei manager privati della sanità,
   esprime

PARERE CONTRARIO