CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 21 marzo 2012
626.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Ambiente, territorio e lavori pubblici (VIII)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

Modifica all'articolo 15 della legge 23 marzo 2001, n. 93, concernente il Parco museo delle miniere di zolfo delle Marche e dell'Emilia Romagna (C. 4258 Brandolini e C. 4467 Vannucci).

TESTO UNIFICATO ADOTTATO COME TESTO BASE

Art. 1.

1. Dopo il comma 2 dell'articolo 15 della legge 23 marzo 2001, n. 93, è aggiunto il seguente:
«2-bis. Il Parco museo minerario delle miniere di zolfo delle Marche, di cui al comma 2, istituito con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 20 aprile 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 156 del 7 luglio 2005, assume la denominazione di "Parco museo delle miniere di zolfo delle Marche e dell'Emilia-Romagna". Il Parco comprende anche le miniere di zolfo dei comuni di Cesena e di Urbino».

2. Entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali e di intesa con le regioni Marche e Emilia-Romagna e con gli enti interessati, provvede ad apportare le necessarie modifiche al decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 20 aprile 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 156 del 7 luglio 2005, prevedendo in particolare la modifica della denominazione del Parco museo, la modifica della composizione del consorzio, l'adeguamento dell'elenco dei siti includendo la rappresentanza dei nuovi enti e territori, l'aggiornamento degli strumenti di gestione.

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ALLEGATO 2

5-06462 Dussin ed altri: Iniziative per chiarire la portata e l'ambito di applicazione delle norme relative alle attività di recupero ambientale dei vuoti minerari.

TESTO DELLA RISPOSTA

Con riferimento all'interrogazione presentata dall'onorevole Dussin ed altri, con la quale si richiedono chiarimenti in merito al blocco da parte di numerose province delle attività di recupero ambientale di vuoti di cave e di miniera, si rappresenta quanto segue.
L'emanazione del decreto legislativo 30 maggio 2008 n. 117 di recepimento della Direttiva comunitaria 2006/21/CE relativa alla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive ha determinato l'introduzione di una disciplina rigorosa nel settore dell'attività estrattiva, volta alla salvaguardia della salute umana e dell'ambiente dal rischio di incidenti e di inquinamento derivanti dalla gestione dei rifiuti di estrazione.
In particolare, l'articolo 10 comma 3 del citato decreto legislativo, che recepisce l'articolo 10 paragrafo 2 della direttiva 2006/21, stabilisce che «il riempimento dei vuoti e delle volumetrie prodotti dall'attività estrattiva con rifiuti diversi dai rifiuti di estrazione di cui al presente decreto è sottoposto alle disposizioni di cui al decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, relativo alle discariche di rifiuti».
L'applicazione del citato articolo, che si riferisce tanto all'attività mineraria quanto a quella di cava, incide sulle modalità con le quali vengono effettuate le operazioni di ripristino ambientale delle attività estrattive di seconda categoria (cave) in quanto il materiale utilizzato è costituito spesso da rifiuti di costruzione e demolizione, oppure da rifiuti degli impianti di lavorazione dei minerali stessi; l'operazione, debitamente autorizzata, o, qualora ne ricorrano i presupposti, effettuata in procedura semplificata, si configura, quindi, come recupero dei rifiuti ai sensi della vigente normativa.
Occorre tuttavia evidenziare che allo stato attuale coesistono sia la disciplina sopra esposta che sembrerebbe limitare l'applicabilità della norma generale relativa alle operazioni di recupero dei rifiuti, sia una norma specifica contenuta nel decreto ministeriale 5 febbraio 1998 («Individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai sensi degli articoli 31 e 33 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22»), non espressamente abrogata, dedicata ai recuperi ambientali di determinate tipologie di rifiuti diverse dai rifiuti estrattivi, determinandosi così una sovrapposizione con quanto disciplinato negli articoli 208, 214 e 216 del decreto legislativo n. 152 del 2006.
L'incertezza interpretativa di tale articolo ha indotto molte regioni a bloccare le autorizzazioni per le operazioni di recupero ambientale, già rilasciate. Sono stati presentati numerosi quesiti e richieste di parere, formali e informali, circa la corretta interpretazione del suddetto articolo, in relazione alle procedure del decreto ministeriale 5 febbraio 1998, ed è stato rilevata tra le regioni notevole disomogeneità nella sua applicazione. La regione Piemonte, ad esempio, ha ritenuto possibile continuare ad applicare le disposizioni relative alle procedure semplificate, la Toscana invece ha ritenuto corretto applicare il dettato dell'articolo 10, comma 3, in maniera letterale, vietando, pertanto, le operazioni di recupero con rifiuti diversi da quelli di estrazione nelle attività estrattive.

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Anche a seguito di tali richieste il Ministero ha ritenuto di dover investire del caso i competenti uffici dell'Unione europea e, nell'ambito dei lavori a Bruxelles del Comitato Tecnico per l'adattamento della normativa comunitaria al progresso scientifico e tecnologico (TAC), ha avuto modo di chiarire con la Commissione e con gli altri Stati membri quale fosse la corretta interpretazione dell'articolo 10 paragrafo 2 della direttiva.
A seguito, pertanto, dei nuovi elementi acquisiti in sede Europea, il Ministero al fine di fornire le risposte ai quesiti trasmessi ha istituito insieme al Ministero dello sviluppo economico un «Tavolo Tecnico per le problematiche derivanti dall'applicazione del decreto legislativo n. 117/2008». Dopo approfondita analisi relativa all'interpretazione del citato articolo 10, comma 3, si è redatto un parere propedeutico alla preparazione di una circolare interpretativa.
In tale parere, alla luce degli elementi acquisiti, la conclusione a cui si è pervenuti è che la disciplina di cui all'articolo 10 paragrafo 2 della direttiva comunitaria si applica alle sole operazioni di smaltimento dei rifiuti e non a quelle di recupero, cosicché l'attività di riempimento di cave effettuata a fin di ripristino, con rifiuti diversi da quelli di estrazione, potrà essere autorizzata dalla competente autorità mineraria in sede di rilascio dell'autorizzazione all'attività estrattiva.
Le attività in essere che abbiano già ottenuto l'autorizzazione/concessione dovranno adeguarsi integrando la documentazione presentata con le informazioni relative alle eventuali operazioni necessarie di riempimento e/o ripristino.
Tali indicazioni saranno trasfuse nella circolare di prossima emanazione che sarà diramata non appena conclusa la procedura di consultazione con le regioni.

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ALLEGATO 3

5-06463 Piffari e Di Pietro: Impatto ambientale derivante dall'eventuale utilizzo di «Cdr» nel cementificio di Tavernola Bergamasca.

TESTO DELLA RISPOSTA

In relazione all'interrogazione a risposta immediata presentata dagli onorevoli Piffari e Di Pietro, concernente l'utilizzo nella cementeria SACCI di Tavemola Bergamasca (Bergamo) del CDR (combustibile derivato da rifiuti) e pneumatici tritati, si rappresenta quanto segue.
In data 12 agosto 2005 la regione Lombardia ha rilasciato l'Autorizzazione Integrata Ambientale alla Società Lafarge Adriasebina S.r.l., stabilimento di produzione di cemento sito nel comune di Tavernola Bergamasca.
La predetta Autorizzazione prevedeva l'utilizzo di un quantitativo massimo di 96 tonnellate di rifiuti al giorno, tra i quali, in via sperimentale, anche il combustibile derivato da rifiuti (CDR) e gli pneumatici triturati quali combustibili alternativi nel forno di cottura del clinker. L'impianto è stato valutato dalla regione nel 2005 come impianto esistente ai sensi del decreto legislativo n. 133 del 2005.
Per l'utilizzo di CDR e pneumatici triturati la Ditta avrebbe dovuto effettuare un periodo di sperimentazione, della durata di un anno, a partire dal dicembre 2005, e presentare alla fine della sperimentazione alla regione, alla provincia e al comune una relazione con la valutazione sull'efficacia dell'utilizzo di tali combustibili alternativi rispetto al coke, unitamente ad un bilancio dei costi/benefici ambientali. La sperimentazione non è stata poi avviata nei termini temporali previsti dall'AIA.
Successivamente, la Sacci S.p.A., nuovo gestore del cementificio di Tavernola Bergamasca, ha presentato l'istanza per il rinnovo dell'AIA, richiedendo, tra l'altro, di adeguare la previsione riferita alle tempistiche della fase delle prove di pratico impiego (sperimentazione) dei combustibili sulla base del permanere dei presupposti tecnici e normativi che hanno condotto alle prescrizioni e previsioni contenute nell'A.I.A. in vigore.
Per il rinnovo dell'AIA, la provincia di Bergamo, autorità competente al rilascio dal 1o gennaio 2008, ha convocato la predetta Conferenza di servizi, ai sensi degli articoli 14 e seguenti della legge n. 241 del 1990 e successive modificazioni e integrazioni, nella quale il comune di Tavernola Bergamasca, anche a seguito della consultazione popolare del giugno 2007, ha espresso il parere negativo, prima con Deliberazione del Consiglio Comunale n. 2 del 18 febbraio 2010, poi con Deliberazione della Giunta comunale n. 84 del 9 dicembre 2010.
A margine della predetta Conferenza, la provincia di Bergamo ha rimesso alla Presidenza del Consiglio dei ministri, per il pronunciamento di cui all'articoli 14-quater, comma 3, della legge n. 241 del 1990 e successive modificazioni e integrazioni, la decisione in merito alla possibilità o meno da parte della SACCI S.p.A. di attivare la sperimentazione dell'uso di CDR e pneumatici triturati quali combustibili alternativi da utilizzare nei tomi di produzione del clinker nello stabilimento di Tavernola Bergamasca.
Per tale motivo, presso il Dipartimento per il Coordinamento Amministrativo della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 3 novembre 2011, è stata indetta una riunione di coordinamento istruttorio (in videoconferenza) tra le Amministrazioni

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coinvolte nel procedimento, dove sono state rappresentate le varie posizioni e ciascuno degli intervenuti ha confermato il parere espresso in conferenza di servizi. La riunione si è conclusa con l'invito alle Amministrazioni, da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri, a ricercare un possibile accordo, alla luce delle prescrizioni indicate dal comune di Tavernola Bergamasca.
In data 23 novembre 2011 la provincia di Bergamo ha inoltrato il documento di sintesi finale, da cui sono emerse, in modo chiaro, da una parte la posizione contraria del Sindaco di Tavernola Bergamasca e dall'altra la posizione favorevole della provincia di Bergamo, della regione Lombardia e dell'ARPA.
Al fine di completare l'istruttoria per la prevista delibera al Consiglio dei Ministri, in data 21 dicembre 2011 la Presidenza del Consiglio dei ministri, ha ritenuto di coinvolgere il Ministero dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare ed il Ministero della salute al fine di conoscere il proprio avviso, ciascuno per la parte di propria competenza, sulla possibile esistenza di pregiudizio per l'interesse sulla salute pubblica e sull'eventuale condivisione circa le affermazioni di provincia e regione sulla questione.
Con nota in data 2 marzo 2012, il Ministero dell'ambiente ha ritenuto «condivisibili le affermazioni della provincia e della regione circa il fatto che la procedura di VIA e la procedura di verifica di assoggettabilità a VIA siano procedure propedeutiche e si applicano a progetti di nuovi impianti o modifiche sostanziali di impianti esistenti e non a rinnovi tal quali di autorizzazioni ad impianti esistenti».
Nella stessa data, il Ministero della salute ha ritenuto: «di concordare con l'attivazione di una fase di sperimentazione dei suddetti combustibili alternativi», pur riscontrando «una possibile criticità a carico dell'altezza dei camini e dell'orografia dell'area». Lo stesso Ministero concorda con le indicazioni fomite dalle Autorità locali circa la richiesta, preventiva al rilascio dell'autorizzazione, di «una verifica dell'efficienza della dispersione dei contaminanti aerei nelle condizioni meteo e orografiche della specifica area».
Tanto premesso, il Consiglio dei Ministri in data 16 marzo u.s. ha deliberato positivamente in merito alla realizzazione del progetto di sperimentazione dell'uso di CDR (Combustibile Derivato da Rifiuti) e pneumatici triturati quali combustibili alternativi nello stabilimento di Tavernola Bergamasca (Bergamo), le cui modalità applicative dovranno essere condivise da un apposito protocollo, che prevederà l'impiego delle migliori tecnologie oggi a disposizione per verificare che in qualsiasi situazione non si abbiano aggravi emissivi di sostanze inquinanti o impatti negativi per la salute pubblica.

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ALLEGATO 4

5-06464 Mariani ed altri: Iniziative relative al progetto di localizzazione di un deposito sottomarino di gas nel comune di Rivara.

TESTO DELLA RISPOSTA

In merito all'interrogazione a risposta immediata presentata dall'onorevole Mariani ed altri, afferente il progetto relativo all'impianto finalizzato allo stoccaggio di gas naturale a Rivara, si rappresenta quanto segue.
Si tratta della prima iniziativa del genere in Italia in quanto, finora, lo stoccaggio di gas è stato operato all'interno di giacimenti di gas esauriti. La normativa in vigore (decreto legislativo n. 164/2000 - cosiddetto decreto «Letta»), prevede che l'attività di stoccaggio del gas naturale possa essere realizzata anche in unità geologiche profonde. La tecnica dello stoccaggio in acquifero è ben nota all'estero e si applica in numerosi paesi, in particolare quelli in cui i giacimenti di gas naturale non sono presenti.
In generale, si sottolinea come le infrastrutture di stoccaggio di gas naturale svolgano una funzione indispensabile per la modulazione dell'offerta di gas nel sistema italiano, vista la rigidità del profilo delle importazioni e la grande differenza tra domanda estiva e quella invernale nel settore civile; le infrastrutture di stoccaggio svolgono inoltre un ruolo strategico nel garantire la sicurezza delle forniture sia nel caso di eventi climatici eccezionali sia nel caso di rischi di interruzioni o riduzioni delle importazioni.
L'attuale sistema nazionale degli stoccaggi dispone di una capacità totale di circa 14 miliardi di metri cubi, di cui 5 miliardi per riserva strategica. Tale capacità, come hanno dimostrato con tutta evidenza le molteplici crisi degli ultimi anni, deve essere incrementata per aumentare la sicurezza del sistema ed a tal fine è stato emanato un apposito decreto-legge, n. 130 del 2010 e sono in corso 10 procedimenti per il rilascio di nuove concessioni, tutte in giacimenti esauriti ad eccezione del progetto RIVARA, per una capacità complessiva di circa 5.800 milioni di metri cubi. La potenzialità del progetto di Rivara è pari, secondo i proponenti, a 3.186 milioni di metri cubi di capacità, ma è necessario verificarne l'effettiva consistenza attraverso una fase di verifica in situ.
Sotto l'aspetto amministrativo e procedurale, l'istanza di rilascio della concessione di stoccaggio RIVARA è stata presentata nell'anno 2002 ed è stata valutata positivamente nel giugno 2005 dal Comitato Tecnico per gli Idrocarburi e la Geotermia, organo tecnico istituito presso il Ministero dello sviluppo economico, mentre, con decreto del 17 febbraio 2012 del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, è stata conclusa la prima fase del procedimento di compatibilità ambientale.
Tale pronuncia di compatibilità ambientale, favorevole con prescrizioni, è limitata alle sole operazioni previste per la fase di accertamento sulla fattibilità dei programmi di stoccaggio, fase necessaria per la conferma e l'acquisizione di tutti i parametri progettuali indispensabili per poter sancire la fattibilità tecnico-economica e la piena sicurezza relativa all'esercizio dell'impianto di stoccaggio del gas, ed al solo fine dell'eventuale rilascio da parte del Ministero dello sviluppo economico, d'intesa con la regione interessata, dell'autorizzazione ai sensi del Titolo II, Articolo 3, comma 7, del decreto ministeriale del

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21 gennaio 2011 e del successivo decreto attuativo n. 50918 del 4 febbraio 2011.
Diversamente da quanto riferito nell'interrogazione, secondo cui l'articolo 3, comma 7, del decreto ministeriale 21 gennaio 2011 farebbe riferimento «all'accertamento della fattibilità del programma di stoccaggio» e non «all'accertamento della fattibilità dello stoccaggio», come sarebbe indicato nel dispositivo del summenzionato decreto di compatibilità ambientale, si ritiene invece che dal dispositivo finale del citato decreto di compatibilità ambientale si evinca chiaramente che la fase di accertamento oggetto di VIA riguarda la fattibilità dei programmi di stoccaggio di cui all'articolo 3, comma 7, del decreto ministeriale 21 gennaio 2011.
Del resto, al successivo punto II del summenzionato dispositivo finale, viene disposto che «nel caso in cui la fase di accertamento dia esito positivo confermando la fattibilità dei proposti programmi di stoccaggio di gas in unità geologiche profonde, la Società, ai fini del rilascio della Concessione di coltivazione (...), dovrà richiedere preventivamente al Ministero dell'Ambiente la riattivazione dell'istanza di VIA aggiornata sulla base degli esiti della citata fase di accertamento, in relazione alle fasi di realizzazione e di esercizio dell'impianto di stoccaggio».
In relazione alle osservazioni che l'ISPRA avrebbe fatto in merito alla fase di accertamento, si evidenzia che lo stesso istituto ha supportato con proprie valutazioni l'istruttoria tecnica condotta dalla Commissione Tecnica VIA-VAS, valutazioni che sono state tenute in debita considerazione dalla Commissione nell'emanazione del proprio parere di compatibilità ambientale alla base del sopracitato decreto VIA.
L'iter per l'autorizzazione del programma di ricerca potrà quindi proseguire con l'indizione della conferenza di servizi, a cui sono chiamati a partecipare, per l'espressione dei relativi pareri, la regione e le amministrazioni locali interessate (Province e Comuni). L'istruttoria per il rilascio dell'autorizzazione, anche se limitata alla sola fase di ricerca, sarà completata solo a seguito dell'espressione dell'intesa da parte della regione Emilia Romagna.