CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 9 novembre 2011
558.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari esteri e comunitari (III)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

5-05485 Renato Farina: Sull'assassinio di due cristiani iracheni nella città di Kirkuk

TESTO DELLA RISPOSTA

L'Italia è fortemente impegnata a tutelare e migliorare le condizioni di vita della comunità irachena di fede cristiana, che conta sul nostro Paese per affrontare la grave situazione che sta attraversando. Di tale nostro ruolo hanno peraltro voluto rendere atto, in numerose occasioni, le gerarchie ecclesiastiche cristiane in Iraq, esprimendo un senso di profonda gratitudine nei confronti dell'Italia.
Da sempre, e con maggior vigore dopo gli episodi di inaudita violenza registratisi nello scorso anno, l'Italia ha ricordato alle Autorità di Baghdad l'esigenza di garantire ai suoi cittadini cristiani il diritto di vivere in pace e a non abbandonare le regioni di provenienza sotto la minaccia di persecuzioni. A beneficiare della sicurezza della comunità cristiana è l'intero Iraq, della cui storia essa è parte integrante, rappresentandone una delle componenti più dinamiche dal punto di vista sociale e professionale. Chi vuole marginalizzare ed indurre alla fuga i cristiani - è stato sottolineato dall'Italia - mira in realtà ad indebolire il tessuto sociale ed economico della Nazione irachena.
Tali messaggi sono stati ribaditi alle principali Autorità irachene (Presidente della Repubblica, Primo Ministro, Ministro degli Esteri) dal Ministro Frattini in occasione delle due visite effettuate a Baghdad nel dicembre 2010 e nel giugno 2011. In entrambe le occasioni, la sicurezza dei cittadini iracheni di fede cristiana è stata uno dei principali temi sollevati dal Ministro degli Affari Esteri, che in tali occasione ha voluto incontrare anche le principali autorità ecclesiastiche del Paese.
Data la nostra posizione geografica, riteniamo opportuno promuovere il dialogo tra il Cristianesimo e l'Islam quale strumento fondamentale, ed insostituibile, per rafforzare la reciproca comprensione tra le due sponde del Mediterraneo. Questa azione sul piano bilaterale si sposa con gli sforzi che l'Italia sta compiendo in campo multilaterale al fine di migliorare le condizioni delle minoranze cristiane in tutte quelle aree del mondo, che sono in prevalenza quelle del Vicino e Medio Oriente, dove subiscono gravi discriminazioni e sono vittime di efferate violenze.
In ambito europeo, come noto, già alla fine del 2009 l'Italia aveva promosso l'adozione da parte del Consiglio dell'Unione Europea di specifiche Conclusioni sulla libertà di religione. Nel giugno 2010 l'Italia aveva quindi sostenuto un «Piano d'Azione», elaborato a cura della «Task Force sulla Libertà di religione», che si riunisce periodicamente a Bruxelles per dare impulso a varie misure di tutela della libertà religiosa da parte dell'Unione Europea.
Inoltre è stato elaborato un documento di lavoro, ad uso soprattutto delle Delegazioni UE nei paesi terzi, per riassumere i punti essenziali caratterizzanti la posizione europea in materia di libertà di religione. La forte azione esercitata dal Ministro Frattini al Consiglio Affari Esteri del 21 febbraio scorso, dopo un dibattito non privo di difficoltà, ha stimolato l'Unione Europea a rinnovare la sua condanna

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per il crescente numero di atti di intolleranza compiuti ai danni di cristiani ed altre comunità religiose, e dei loro luoghi di culto.
L'Unione Europea, con l'attivo concorso del nostro Paese, ha quindi avviato un esercizio di monitoraggio finalizzato all'elaborazione periodica di un rapporto sullo stato della libertà religiosa nel mondo. Questo risultato contempera le posizioni di tutti i Ventisette su una questione, per noi di massima priorità, che richiede equilibrio tra diverse sensibilità, senza però attenuare la gravità né la natura dei fatti che hanno colpito diverse minoranze religiose nel mondo, in modo particolare quelle cristiane.
Si tratta della base di partenza che dovrà portare l'UE ad un ancor più efficace coinvolgimento in materia di protezione dei diritti delle minoranze religiose nel mondo.
In ambito Nazioni Unite va sottolineata la risoluzione contro ogni forma di intolleranza e discriminazione religiosa, promossa dall'Unione Europea ed adottata dall'Assemblea Generale ONU nel dicembre 2010, che contiene, grazie anche all'azione dell'Italia, elementi specifici che richiamano l'aumento degli episodi di violenza contro gli appartenenti a minoranze religiose e il dovere ogni Stato di esercitare la massima vigilanza per prevenirli e punirne i responsabili. Analoga iniziativa è stata recentemente adottata dal Consiglio Diritti Umani, a seguito del rapporto presentato dal Relatore Speciale ONU sulla libertà di religione. Nei negoziati attualmente in corso a New York, il nostro Paese è in prima linea impegnato ai fini dell'adozione di una nuova risoluzione che tenga conto dei più recenti sviluppi del fenomeno, compresi quelli relativi all'Iraq e all'intera area del Vicino e Medio Oriente.
All'impegno politico, il Governo italiano ha affiancato la realizzazione di specifici interventi della nostra Cooperazione, che stanno contribuendo a migliorare la situazione delle comunità cristiane in Iraq. Si ricordano in particolare:
1) l'intervento straordinario a favore di 51 vittime del vile attentato alla Cattedrale di Baghdad verificatosi il 31 ottobre 2010; l'intervento si è da poco positivamente concluso, con la partenza degli ultimi iracheni a suo tempo evacuati ed ora curati;
2) la realizzazione di un progetto edilizio per la costruzione di appartamenti e servizi sociali ad Erbil. Sono infatti state avviate le prime procedure operative per la realizzazione di un ambulatorio nel quartiere cristiano di Ankawa, che costituirà uno dei servizi essenziali a favore degli sfollati e della comunità locale;
3) la costruzione di un centro sanitario a Qaraqosh (Ninive), che sarà avviata attraverso la realizzazione di un poliambulatorio specializzato per curare in particolare la talassemia, malattia che colpisce in forma acuta l'Iraq e per la quale l'Italia ha competenze estremamente qualificate.

Si sta inoltre esplorando, in diretto contatto con le Autorità irachene, la possibilità che il Governo di Baghdad decida di destinare ad interventi a favore delle comunità cristiane una parte del credito di aiuto che l'Italia ha messo a disposizione del Governo iracheno. È infatti emerso che tali fondi potrebbero essere indirizzati verso un progetto edilizio a favore degli sfollati di Karemles (Ninive) e per la costruzione di un'Università nella regione autonoma del Kurdistan. Si tratterebbe di interventi specifici, mirati a migliorare la qualità dei servizi e delle condizioni di vita nelle aree del Paese dove più forte è la concentrazione dei cittadini di fede cristiana, innescando una dinamica di rafforzamento del tessuto e della coesione sociale della quale l'intera popolazione irachena trarrebbe beneficio.

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ALLEGATO 2

5-05522 Renato Farina: Sulla persecuzione di una bambina cristiana in Pakistan

TESTO DELLA RISPOSTA

Episodi di abuso, quale quello portato all'attenzione dall'onorevole Farina, sono purtroppo frequenti in Pakistan e coinvolgono bambine e ragazze di fede cristiana, indù o di altre minoranze religiose. Sebbene la legislazione pakistana affermi il principio di uguaglianza dei cittadini davanti alla legge «senza distinzione di razza o credo» ed i principali partiti politici (fatta eccezione per la Lega Musulmana) proclamino l'importanza dell'equidistanza religiosa, la stessa applicazione di strumenti normativi vigenti, quali le leggi sulla blasfemia, dà spesso luogo a episodi di discriminazione religiosa.
Il caso della bambina di Shahdra - rapita, torturata e costretta al matrimonio a soli 12 anni - segnala una situazione di diffusa violenza e intolleranza, di cui le fasce più vulnerabili della popolazione sono le prime vittime. A queste appartengono i gruppi minoritari - per credo e per genere - che, data la loro condizione di diversità e disagio materiale, non godono spesso neanche di un'adeguata tutela da parte delle forze di polizia e delle autorità giudiziarie. La pratica delle conversioni forzate, non nuova nel Paese, conosce una fase di particolare reviviscenza. Va, altresì, ricordato che le Nazioni Unite annoverano il Pakistan al terzo posto per disagio della condizione femminile, dopo Afghanistan e Congo.
Dopo l'escalation estremista culminata con gli assassinii del Governatore del Punjab Taseer e dell'allora Ministro per le Minoranze Shabhaz Bhatti, una lunga serie di atti di violenza e di discriminazione ha continuato ad interessare il Paese negli ultimi mesi, evidenziando un'esponenziale crescita del fondamentalismo. Il Paese attraversa una fase delicata segnata da instabilità interna e fluidità dei rapporti con i partner internazionali, che stanno condizionando sempre più rigorosamente l'assistenza a Islamabad al raggiungimento di risultati concreti sul terreno del consolidamento della democrazia, delle riforme per lo sviluppo, del rispetto dei diritti umani. Tale situazione di incertezza internazionale e immobilismo interno, rende ancor più profonda la spaccatura tra le forze pakistane moderate e gli estremisti, la cui visibilità registra un aumento. Ne sono un esempio le manifestazioni fondamentaliste tenutesi a Islamabad ed in altre città del Paese a seguito della recente condanna a morte di Mumtaz Qadri, assassino del Governatore Taseer. La condanna di Qadri - ferma restando l'inaccettabilità della pena capitale, su cui peraltro vige nel Paese una moratoria di fatto - è stata, invece, accolta come un segnale positivo da larga parte della società civile, in reazione ai sempre più frequenti atti di violenza.
Con l'istituzione di un nuovo Ministero per l'Armonia Interreligiosa e la conferma dei mandato di Paul Bhatti quale Consigliere del Primo Ministro per le Minoranze Religiose, anche il Governo pakistano ha lanciato un segnale di buona volontà e rinnovata attenzione verso questi temi. In particolare, Paul Bhatti, che ha avuto colloqui con i Ministri degli Esteri europei in occasione della sua visita a Bordeaux dei primi di ottobre, sta acquisendo gradualmente quel profilo di interlocutore

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della comunità internazionale, grazie al quale già suo fratello Shahbaz aveva potuto guadagnare il sostegno e il consenso, in patria e al di fuori, necessari per introdurre le prime riforme a favore delle minoranze.
L'impegno dell'Italia è teso ad incoraggiare il Pakistan ad uscire dalla spirale della povertà e dell'estremismo, avviando un processo di profondo rinnovamento. Solo grazie al rafforzamento della democrazia e all'attuazione di riforme strutturali e fiscali a vantaggio di tutta la popolazione, sarà, infatti, possibile sradicare in profondità le piaghe che affliggono il Paese e ne impediscono lo sviluppo. Il rispetto dei diritti umani e delle libertà civili, e in particolare della tutela delle minoranze, è, in tal senso, essenziale ed è un tema regolarmente sollevato durante colloqui politici con le autorità di Islamabad, da ultimo durante l'incontro del Ministro Frattini con l'omologa Hina Rabbani Khar, a margine dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite dello scorso settembre, e nei numerosi colloqui del Ministro con il Consigliere Paul Bhatti.
Tra le iniziative intraprese dall'Italia sul piano multilaterale, in ambito Nazioni Unite vorrei ricordare la risoluzione contro ogni forma di intolleranza e discriminazione religiosa, promossa dall'Unione Europea ed adottata dall'Assemblea Generale ONU nel dicembre 2010, che contiene, grazie anche all'azione dell'Italia, elementi specifici che richiamano l'aumento degli episodi di violenza contro gli appartenenti a minoranze religiose e il dovere ogni Stato di esercitare la massima vigilanza per prevenirli e punirne i responsabili. Analoga iniziativa è stata recentemente adottata dal Consiglio Diritti Umani, a seguito del rapporto presentato dal Relatore Speciale ONU sulla libertà di religione. Nei negoziati attualmente in corso a New York, il nostro Paese è in prima linea impegnato ai fini dell'adozione di una nuova risoluzione che tenga conto dei più recenti sviluppi del fenomeno, compresi quelli relativi al Pakistan.
In sede UE l'Italia sostiene la prosecuzione di un dialogo serrato con il Pakistan in materia di diritti umani e consolidamento delle istituzioni democratiche. Libertà religiosa e tutela delle minoranze sono state inserite, grazie all'azione italiana, tra le priorità della strategia europea sui diritti umani in Pakistan. L'Unione e gli Stati membri monitorano attentamente la situazione dei gruppi minoritari e conducono una costante opera di sensibilizzazione e promozione del dialogo interreligioso presso le istanze istituzionali e civili pakistane. L'Italia concorre, altresì, attivamente alla formulazione di un messaggio coerente e condiviso a livello europeo, che inviti Islamabad al rispetto degli standard internazionali in materia di diritti umani, stato di diritto e tutela giudiziaria, e che incoraggi l'avvio di quelle riforme di sviluppo divenute ormai improrogabili.

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ALLEGATO 3

5-05571 Gozi: Sulle spese per le cure ospedaliere dei cristiani iracheni feriti nella cattedrale di Baghdad

TESTO DELLA RISPOSTA

Il caso citato dall'onorevole Gozi risale al novembre del 2010, quando a seguito di un attacco terroristico contro la Cattedrale di Baghdad - in cui morivano 55 persone e 150 restavano ferite - il Segretario di Stato Vaticano, Cardinale Bertone, faceva appello al Ministro Frattini chiedendo di intervenire a favore delle vittime per fornire l'assistenza e le cure di cui non avrebbero potuto fruire in loco. Il 12 novembre 2010 veniva quindi organizzata dal Governo l'evacuazione di 45 iracheni, 26 dei quali feriti - tra cui anche una bambina di pochi mesi - e 19 familiari. Le vittime e gli accompagnatori arrivati a Roma venivano ricoverati presso il Policlinico Gemelli e la durata delle cure veniva inizialmente stimata in circa trenta giorni. Al primo gruppo di iracheni si aggiungevano il 7 dicembre altre 6 vittime, precedentemente non trasportabili, che venivano anche esse accolte presso le strutture del Gemelli.
Con l'approssimarsi della data di rientro in Iraq del primo gruppo, una parte delle vittime, ancora sotto choc, esprimeva la volontà di non rientrare in patria, temendo per la propria incolumità, e chiedeva di poter ricongiungersi con i parenti e familiari residenti in diversi paesi del mondo. Non potendo il Governo italiano soddisfare tale richiesta, essendo vincolato dalle convenzioni internazionali che consentono le richieste di asilo sul solo territorio di primo arrivo, veniva concordato con la Segreteria di Stato vaticana che la Santa Sede stessa si sarebbe fatta parte attiva nei confronti dei diversi stati terzi per cercare di ottenere i visti di ingresso per ricongiungimento familiare a favore degli iracheni.
Il 15 dicembre 2010, 32 iracheni ricoverati al Gemelli venivano dimessi e accolti presso strutture alberghiere messe a disposizione del Comune di Roma. Per altri veniva avanzata dai medici la richiesta di ulteriori trattamenti sanitari, per cui venivano mantenuti ospedalizzati. Un gruppo di 13 venivano invece rimpatriati in Iraq. Nei giorni seguenti, altri 4 iracheni rientravano in Iraq, 6 partivano per il Canada e 13 decidevano di procedere autonomamente presso diverse destinazioni in Europa. A metà gennaio del 2011, si trovavano in Italia ancora 15 iracheni, parte presso il Gemelli dove proseguivano le cure, e parte che veniva accolta presso due strutture religiose della Capitale: il Rettorato siriaco e i Padri Rogazionisti. Una coppia diretta in Libano restava per terminare le cure, rinviando la propria partenza a marzo, mentre altri iracheni restavano in attesa dei visti per le rispettive destinazioni (Stati Uniti, Australia, Nuova Zelanda).
In vista della scadenza dei visti di ingresso per cure, rilasciati dall'Ambasciata d'Italia a Baghdad, veniva concordata con il Ministero degli Interni la proroga dei visti per il periodo necessario al completamento delle pratiche di immigrazione nei paesi terzi. In contemporanea, in considerazione dei tempi lunghi preannunciati per il rilascio dei visti, veniva convenuto con la Segreteria di Stato vaticana che mentre il Ministero degli Esteri avrebbe garantito l'assistenza sanitaria

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e la degenza presso il Gemelli per quanti ancora ospedalizzati, la Segreteria di Stato avrebbe curato i rapporti con gli istituti religiosi presso cui avevano trovato ospitalità gli iracheni dimessi. Gli ultimi tre iracheni evacuati, ospiti presso il Policlinico Gemelli, partivano infine il 30 settembre 2011 per la Nuova Zelanda.
Per assicurare l'assistenza agli iracheni presso il Gemelli, unica struttura in grado di fornire nell'urgenza dell'evacuazione ospitalità a tutti i feriti nonché ai familiari accompagnanti, veniva sottoscritta con l'Università Cattolica del Sacro Cuore, proprietaria della struttura, una apposita convenzione volta a coprire tutte le necessità previste per l'intervento: trasporto dei feriti in ambulanza all'arrivo, cure mediche, ospitalità ai familiari, assistenza di mediatori culturali e infine biglietti aerei per il ritorno e accompagnamento all'aeroporto. Veniva a tal fine stabilito il costo medio per l'assistenza sanitaria nelle diverse patologie e reparti e un costo base di ospitalità onnicomprensivo per i familiari ricoverati presso la struttura protetta dedicata all'ospitalità dei parenti presso il Gemelli.
Nel periodo in cui gli iracheni sono stati in cura in Italia hanno ricevuto costanti visite da parte di un sacerdote iracheno in Italia che forniva loro assistenza morale, accompagnato dalla Presidente dell'Associazione Salvaimonasteri, dottoressa Valgiusti. Quest'ultima propose nel dicembre 2011 alla Task Force Iraq del Ministero degli Esteri i suoi servizi per assistere gli iracheni. Le veniva in tale occasione chiarito che l'esecuzione del progetto era affidata al Policlinico Gemelli che avrebbe dovuto procedere a garantire tutti i servizi necessari e che pertanto non sarebbe stato possibile retribuirla. La dottoressa Valgiusti ha peraltro continuato ad accompagnare il sacerdote iracheno in molti dei suoi incontri agendo alla stregua di un portavoce del gruppo iracheno rappresentando presso la Task Force Iraq del Ministero degli Esteri e presso altre entità di volta in volta interessate (tra cui il Vaticano) le esigenze degli iracheni stessi.
Nel luglio 2011, con l'approssimarsi della chiusura dell'intervento di emergenza, la dottoressa Valgiusti avanzava nuovamente delle pretese di retribuzione per il suo impegno. Chiedeva inoltre che venissero rimborsate le due strutture religiose con cui aveva mantenuto contatti, il Rettorato Siriaco e i Padri Rogazionisti di Morlupo, per l'alloggio offerto agli iracheni.
Occorre rilevare che, non essendo stato instaurato alcun rapporto contrattuale tra il Ministero degli Esteri e l'Associazione Salvaimonasteri o la dottoressa Valgiusti, la richiesta della stessa non trova fondamento. Non possono altresì rivestire rilievo in tale quadro le eventuali attività svolte dalla stessa a titolo volontario o dalla sua Associazione per il buon esito dell'iniziativa umanitaria a favore delle vittime dell'attentato alla Cattedrale di Baghdad.
Per quanto concerne le due strutture religiose, Rettorato Siriaco e Padri Rogazionisti, queste, in linea con le intese raggiunte a suo tempo, hanno già ricevuto dal Vaticano un contributo per l'ospitalità. Circa il rendiconto dei Padri Rogazionisti, diversamente da quanto indicato dall'onorevole interrogante, il Ministero degli Esteri non l'ha trasmesso al Policlinico Gemelli, con indicazioni di ridurne l'ammontare, essendo stato invece direttamente indirizzato dai Padri Rogazionisti al Policlinico stesso. In relazione alle spese che sarebbero state sostenute dal Rettorato Siriaco e dall'Associazione Salvaimonasteri è stato segnalato ai predetti Enti l'impossibilità di prenderle in considerazione non sussistendo impegni o rapporti contrattuali. Oltre a non essere sorretto da alcuna obbligazione giuridicamente perfezionata, un «rimborso forfettario» quale quello preteso dall'Associazione Salvaimonasteri sarebbe comunque chiaramente inammissibile: la normativa vigente in materia di interventi di cooperazione allo sviluppo (e, in particolare, articolo 7, decreto del Presidente della Repubblica n. 177 del 1988) consente infatti unicamente il rimborso di spese documentate. In sintesi, quindi, il Ministero degli Affari

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Esteri non può riconoscere a posteriori un pagamento a un'Associazione per un'attività configuratasi fin dall'inizio per le sue caratteristiche di volontariato.
Per quanto riguarda infine la convenzione con l'Università Cattolica del Sacro Cuore, questa prevedeva la fornitura delle cure necessarie per la salvaguardia delle 51 vittime irachene e (articolo 2) prevedeva a tal fine la responsabilità dell'Ente esecutore per il conseguimento di tale obiettivo e la possibilità di avvalersi delle seguenti strutture: Ospedale Policlinico Agostino Gemelli di Roma e Residenza Sanitaria di Ospitalità Protetta Agostino Gemelli, entrambe di sua proprietà.

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ALLEGATO 4

5-05636 Motta: Sul rapimento di una volontaria italiana nel campo profughi saharawi di Rabuni

TESTO DELLA RISPOSTA

La notizia del sequestro della connazionale Rossella Urru, rapita da uomini armati la notte tra il 22 ed il 23 ottobre nel campo saharawi di Rabuni, nel sud- ovest dell'Algeria, assieme a due cooperanti spagnoli, è stata appresa dall'Unità di Crisi della Farnesina ed dall'Ambasciata d'Italia in Algeri grazie ad una pronta segnalazione da parte dei responsabili del Comitato Italiano per lo Sviluppo dei Popoli (CISP), per cui Rossella Urru lavora da vari anni.
Il Ministero degli Esteri si è immediatamente attivato, avviando contatti con i Governi di Spagna ed Algeria per sollecitare la massima collaborazione ed ottenere ogni utile informazione sulla vicenda. L'Unità di Crisi ha inoltre provveduto a stabilire in tempi rapidi un contatto con la famiglia Urru, che continua ora con frequenza regolare.
Il Governo ha dato immediata disposizione a tutte le Ambasciate nell'area di avviare ogni iniziativa volta alla liberazione della connazionale, senza tuttavia comprometterne l'incolumità. Il Ministro Frattini ha inoltre rapidamente disposto la missione nella regione dell'onorevole Margherita Boniver, suo Inviato Speciale per le crisi, le emergenze umanitarie e le situazioni di vulnerabilità. L'onorevole Boniver si è recata in Mali e Burkina Faso il 27 e 28 ottobre scorso per chiedere concreto concorso ai rispettivi Governi nella soluzione della vicenda. È infatti probabile che, come per il passato, i gruppi attivi nella zona del rapimento degli stranieri si muovano a cavallo dei vari Paesi della fascia saheliana, rendendo necessaria una concertazione intergovernativa ad ogni livello. Il Primo Ministro del Mali, signora Cissè Mariani Kaidama Sidibè, ed il Capo di Stato del Burkina Faso, signor Blaise Compaoré, hanno da parte loro confermato la massima disponibilità a collaborare con il Governo italiano, così come già fatto per altri casi passati d'italiani rapiti nella zona, fortunatamente conclusi in maniera positiva.
Sono certa che la tutela dell'incolumità di Rossella Urru e degli altri due ostaggi spagnoli e la loro liberazione costituiscano un obiettivo che accomuna tutte le forze politiche e i singoli deputati del Parlamento. Ed è proprio su queste basi e per continuare a perseguire tale obiettivo che confido sul senso di responsabilità del Parlamento affinché la vicenda possa continuare ad essere seguita con la discrezione richiesta dalla delicatezza della situazione.
Il Governo, come peraltro ha sempre fatto nel caso di rapimenti di connazionali, continuerà a seguire la situazione con la più grande attenzione e sollecitudine, utilizzando con la massima determinazione tutti i canali politici, diplomatici e di intelligence di cui dispone.