CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 8 settembre 2011
528.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
ALLEGATO
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ALLEGATO

DL 138/11: Misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo. Delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari (C. 4612 Governo, approvato dal Senato).

PARERE APPROVATO

La I Commissione,
esaminato il testo del disegno di legge C. 4612 Governo, come modificato nel corso dell'esame presso il Senato,
preso atto che - come già in occasione dell'esame parlamentare alla Camera del disegno di legge di conversione del disegno di legge C. 4509, recante la conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 - la particolare congiuntura economica internazionale di queste settimane impone un esame estremamente rapido del provvedimento, con conseguente forte compressione dei tempi disponibili per l'approfondimento delle questioni poste dall'articolato, spesso assai delicate e complesse;
rilevato che:
le misure del decreto appaiono riconducibili in via prevalente alla materia «armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario», che, in base al terzo comma dell'articolo 117, rientrano tra le materie di potestà legislativa concorrente, nelle quali è riservata allo Stato la sola determinazione dei princìpi fondamentali;
tale ambito di competenze è richiamato dalla stessa Costituzione all'articolo 119, secondo comma, dove si prevede che comuni, province, città metropolitane e regioni stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri secondo i princìpi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario;
specifiche misure di carattere tributario sono riconducibili alla materia «sistema tributario e contabile dello Stato», che è demandata alla potestà legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera e) della Costituzione;
singole disposizioni del provvedimento sono, a loro volta, riconducibili alle seguenti materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi del secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione: «tutela della concorrenza» (lettera e); «tutela del risparmio e mercati finanziari» (lettera e) della Costituzione; «organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo» (lettera f); «ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali» (lettera g); «giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa» (lettera l); «previdenza sociale» (lettera o); «legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane» (lettera p);
sempre con riferimento a singole disposizioni, può altresì rilevare, tra le materie di legislazione concorrente tra lo Stato e le regioni, ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, la materia delle «professioni;

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rilevato altresì che all'articolo 01, comma 4, viene previsto, a partire dal 2012, l'avvio di un ciclo di «spending review», al fine di definire i costi standard dei programmi di spesa delle amministrazioni centrali dello Stato; per quanto concerne invece le amministrazioni periferiche dello Stato sono proposte specifiche metodologie di quantificazione dei costi, anche ai fini della allocazione delle risorse nell'ambito della loro dotazione complessiva,
evidenziata, al riguardo, l'esigenza di un coordinamento con le disposizioni, di tenore analogo, che sono state introdotte dall'articolo 9 del decreto legge n. 98 del 2011, che ha già disposto, a decorrere dall'anno 2012, l'avvio di un ciclo di analisi e valutazione della spesa diretto alla definizione dei fabbisogni standard dei programmi di spesa delle amministrazioni centrali dello Stato,
segnalato, all'articolo 1, comma 02, con riguardo alla gerarchia delle fonti del diritto, che le disposizioni in esame consentono di variare con atto amministrativo, e dunque con fonte di rango secondario, autorizzazioni di spesa disposte in via legislativa, modificando in tal modo decisioni in materia di bilancio e di leggi di spesa assunte, in conformità al vigente ordinamento contabile, dal Parlamento,
ricordato, in proposito, che la possibilità di disporre variazioni con atto amministrativo di autorizzazioni di spesa derivanti da fattori legislativi, prevista dall'articolo 14 del decreto-legge n. 98 del 2011, è stata assoggettata ad un vaglio sia preventivo da parte del Parlamento - in quanto i relativi decreti devono essere adottati previo parere favorevole delle competenti commissioni parlamentari - sia ad una ratifica successiva, dal momento che qualora il Parlamento non approvi le variazioni in sede di assestamento i relativi decreti perdono efficacia ex tunc;
ricordato che il comma 33 dell'articolo 1 precisa l'ambito di applicazione dell'articolo 1, comma 2, del decreto-legge n. 98 del 2011 - ai sensi del quale il trattamento economico di titolari di cariche elettive e i vertici di enti e istituzioni non può superare la media, ponderata rispetto al PIL, degli analoghi trattamenti economici percepiti dai titolari di omologhe cariche negli altri sei principali Stati dell'area euro - che riguarda anche i dirigenti di prima fascia e i direttori generali degli enti e i titolari degli uffici equiparati delle amministrazioni centrali dello Stato,
segnalato peraltro come, alla luce della novella introdotta, non sembra definita con precisione la categoria degli enti e delle amministrazioni ai cui titolari di incarichi direttivi si applica il tetto retributivo e non appare del tutto chiaro il significato del riferimento, introdotto con la novella, alle amministrazioni centrali dello Stato, che avrebbe l'effetto di diversificare la posizione dei titolari di uffici statali a seconda dell'ubicazione, centrale ovvero periferica, dell'amministrazione di appartenenza,
rilevato che il comma 2 dell'articolo 2 introduce un contributo di solidarietà a carico di tutti i contribuenti il cui reddito complessivo ai fini IRPEF sia superiore a 300.000 euro lordi annui, per il periodo 1o gennaio 2011 - 31 dicembre 2013, salvo ulteriore proroga - da disporre con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, per gli anni successivi fino al raggiungimento del pareggio di bilancio,
evidenziato peraltro che in tale modo si demanda ad un decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, la possibilità di incidere sull'efficacia di una disposizione di rango primario, in una materia peraltro riservata alla legge ai sensi dell'articolo 23 della Costituzione e ricordato che la costante giurisprudenza costituzionale (a partire dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 122/1957) ritiene che le leggi che impongono prestazioni di carattere patrimoniale debbano

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avere un contenuto minimo, tale da delimitare la discrezionalità dell'amministrazione e dell'ente impositore,
considerato che sarebbe peraltro necessario verificare la compatibilità della nuova disciplina introdotta dall'articolo 4, con riferimento specifico alle società in house e ai settori esclusi, con gli esiti dei referendum del 12/13 giugno 2011, relativi, rispettivamente, alle modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica e alla determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all'adeguata remunerazione del capitale investito: con l'articolo 4 viene infatti sostanzialmente ridefinita la disciplina dell'affidamento dei servizi locali di rilevanza economica, privilegiando la loro liberalizzazione e lasciando uno spazio ridotto all'affidamento diretto «in house», possibile solo per servizi di valore economico pari o inferiori a 900.000 euro annui. La regola generale per i servizi «in esclusiva» è invece, conformemente alle norme comunitarie, l'affidamento tramite gara pubblica anche nel caso di conferimento a società a capitale misto pubblico-privato (con almeno il 40 per cento della società in mano privata);
ricordato, con riferimento all'articolo 14, che la giurisprudenza costituzionale, in relazione all'articolo 123 della Costituzione, ha rilevato che la determinazione del numero dei membri del Consiglio regionale rientra tra le materie riservate alla fonte statutaria, in quanto la composizione dell'organo legislativo regionale rappresenta una fondamentale «scelta politica sottesa alla determinazione della «forma di governo» della Regione» (sentenza n. 3 del 2006); quanto alle regioni a statuto speciale, le medesime disposizioni andrebbero valutate alla luce dell'autonomia ad esse costituzionalmente garantita; inoltre appare opportuno tenere anche conto dei tempi di svolgimento del procedimento costituzionale, necessario, per tali regioni, per l'adeguamento ai suddetti parametri per la valutazione della congruità dei termini stabiliti per l'adeguamento stesso;
evidenziato - con riguardo all'articolo 16, che prevede lo svolgimento di funzioni comunali in forma associata con lo strumento delle unioni - che occorrerebbe tenere presente che costante giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 237 del 2009, da ultimo richiamata dalla sentenza 27 del 2009, entrambe in tema di comunità montane) riconosce la legittimità di disposizioni statali in materie di competenza residuale regionale in quanto «effettivamente espressione di princípi fondamentali della materia del coordinamento della finanza pubblica», con lo scopo «di contribuire, su un piano generale, al contenimento della spesa pubblica corrente nella finanza pubblica allargata e nell'ambito di misure congiunturali dirette a questo scopo nel quadro della manovra finanziaria»;
rilevato, inoltre, in merito alle disposizioni che delineano l'ambito di intervento riservato alla regione in tema di istituzione di unioni di comuni, che, qualora tale intervento sia ritenuto solo ricognitivo di quanto altrove deliberato, senza possibilità di autonomo intervento, potrebbe essere valutato alla luce dell'autonomia regionale sancita in Costituzione;
osservato, infine, che, quanto alla disciplina stabilita per il potere sostitutivo della regione, la giurisprudenza costituzionale (sentenze 397/2006, 167/2005; 236/2004 e 69/2004) ha chiarito che l'articolo 120, secondo comma, della Costituzione non può essere inteso nel senso che esaurisca, concentrandole tutte in capo allo Stato, le possibilità di esercizio di poteri sostitutivi, richiedendo - alle condizioni e nei termini previsti - un procedimento nel quale l'ente sostituito (anche il Comune sostituito dalla Regione) sia comunque messo in grado di evitare la sostituzione attraverso l'autonomo adempimento, e di interloquire nello stesso procedimento,
esprime

PARERE FAVOREVOLE