CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 2 agosto 2011
520.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

Schema di decreto legislativo recante codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia. Atto n. 373.

PROPOSTA DI PARERE DEL RELATORE

La Commissione Giustizia,
esaminato lo schema di decreto legislativo in oggetto,
richiamato e condiviso in ogni suo punto il parere espresso dal Comitato per la legislazione;
condivisi i rilievi espressi dalla Commissione Affari Costituzionali;
osservato che:
1) lo schema di decreto legislativo in esame è volto a dare attuazione a due distinte deleghe contenute nella legge 13 agosto 2010, n. 146, recante il piano straordinario contro le mafie. La prima delega, prevista dall'articolo 1, ha per oggetto l'emanazione di un codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, stabilendo per queste numerosi e specifici principi e criteri, disponendo invece per il contrasto alla criminalità organizzata un'attività di ricognizione, armonizzazione e coordinamento. La seconda delega, contenuta nell'articolo 2, prevede l'aggiornamento e la semplificazione della normativa in materia di documentazione antimafia, sulla base di una serie di specifici criteri.
2) l'unificazione dell'intera normativa antimafia è finalizzata a rendere coerente un sistema di norme formatosi negli anni attraverso una stratificazione di interventi legislativi alla quale ha corrisposto una costante attività della giurisprudenza che nel tentativo di dare coerenza all'intero sistema ha dovuto, con i limiti della funzione giudiziaria, colmare alcuni vuoti normativi;
3) la necessità di riportare ad unità la normativa antimafia è sentita dagli operatori della materia con particolare riferimento alla disciplina delle misure di prevenzione in ragione ad una esigenza di adeguamento alle nuove tecniche di infiltrazione nel tessuto sociale attuate dalla criminalità organizzata;
4) i principi e criteri direttivi relativi al procedimento di prevenzione nonché alla materia penale consentono al legislatore delegato unicamente di porre in essere un'attività di ricognizione, armonizzazione e coordinamento che non consente di modificare sostanzialmente la normativa vigente;
5) con particolare riferimento alla materia penale, sia sostanziale che processuale, lo schema di decreto, anche in ragione di una portata innovativa limitata dei principi e criteri direttivi dettati dalla delega per tale materia, non appare essere esaustivo dell'intero sistema normativo antimafia;
6) i predetti principi e criteri direttivi hanno infatti una valenza di tipo ricognitivo/compilativa consistente: nella ricognizione ed armonizzazione della normativa penale, processuale e amministrativa vigente in materia di contrasto della criminalità organizzata, ivi compresa quella già contenuta nei codici penale e di procedura penale; nel coordinamento della normativa stessa con le ulteriori disposizioni

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della legge delega e con la normativa di cui al comma 3 della legge stessa; nell'adeguamento della normativa italiana alle disposizioni adottate dall'Unione europea;
7) nonostante i limiti di contenuto sostanziale dei principi e criteri direttivi, il legislatore delegato, specie con riferimento alla possibilità di adeguare la normativa nazionale vigente a quella dell'Unione europea, potrebbe innovare l'ordinamento in maniera maggiormente significativa rispetto a quanto risulta invece dallo schema di decreto, recependo, ad esempio, la decisione quadro n. 783 del 2006 del Consiglio Europeo che rende possibile la confisca di quei beni che i mafiosi detengono in un Paese comunitario attraverso il meccanismo del reciproco riconoscimento delle decisioni di confisca;
8) all'intrinseca difficoltà di realizzare un corpo normativo esaustivo dell'intera normativa di contrasto alla mafia è fatto implicitamente riferimento nella stessa relazione di accompagnamento allo schema di decreto laddove si afferma che nel Libro I, recante disposizioni sulla criminalità organizzata, sono contenute soltanto le norme essenziali alla disciplina del fenomeno criminoso di tipo mafioso, sia per ciò che concerne il diritto sostanziale che per quanto riguarda la normativa processuale, con esclusione di tutte quelle disposizioni ritenute compiutamente e inscindibilmente integrate nel tessuto normativo preesistente, onde evitare di alterare eccessivamente la vigente sistematica codicistica e di creare problemi e difficoltà nell'interpretazione delle norme;
9) pur dato atto dei limiti dei principi e criteri direttivi di delega, non si può non evidenziare come la soluzione adottata potrebbe comportare notevoli problemi interpretativi nell'applicazione delle norme sostanziali che sono estrapolate dal contesto codicistico di riferimento nonché delle norme relative alle misure patrimoniali penali (sequestro e confisca) contenute in diverse disposizioni (articoli 7 e 8 del codice, articolo 12 sexies del decreto-legge n.306 del 1992, convertito in legge dalla legge n. 356 del 1992);
10) in relazione al Libro I,
rilevato che:
11) per quanto diretto a contenere, secondo la sua intitolazione, le disposizioni relative ad una materia estremamente complessa come quella della criminalità organizzata di tipo mafioso, si compone di soli 10 articoli che riproducono: la formulazione dei tre reati tipici delle organizzazioni mafiose (associazioni per delinquere di tipo mafioso, anche straniere; scambio elettorale politico-mafioso; assistenza agli associati), le aggravanti e diminuenti di mafia; le misure di sicurezza e la confisca obbligatoria (sia degli strumenti e dei proventi dei reati mafiosi, sia dei beni di cui il mafioso non può giustificare la provenienza); le disposizioni in precedenza contenute nelle leggi speciali (decreto legge 306/92 e legge 55/90) sulle attività che la polizia giudiziaria svolge per la repressione dei reati di mafia (intercettazioni preventive, controlli, ispezioni e perquisizioni);
12) la scelta di tralasciare tutti gli altri delitti indicati nell'articolo 51 co. 3-bis c.p.p rischia di determinare una «stratificazione» normativa con la creazione di una ulteriore «specie» di nuovi istituti applicabili a particolari delitti indicati nel nuovo codice con la contestuale permanenza di quelli «originari» applicabili ad una più ampia platea di reati;
13) in ragione di tale scelta, comunque condizionata anche da carenze sul punto della delega, il codice antimafia da emanare difficilmente potrebbe definirsi tale rispetto alla normativa penale, essendo questa riportata solo in minima parte;
14) secondo una scelta che rischia di determinare gravi conseguenze applicative, non si è proceduto ad abrogare esplicitamente tutte le norme vigenti riprodotte nello schema di decreto ovvero incompatibili con esso, rimanendo così formalmente disciplinata da due disposizioni

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identiche, limitandosi l'articolo 128 dello schema ad affermare che dalla data di entrata in vigore del decreto, i richiami alle disposizioni di cui agli articoli 416-bis, 416-ter e 417 del codice penale, ovunque presenti, si intendono rispettivamente riferiti alle corrispondenti disposizioni di cui agli articoli 1, 2, 3 e 7 del decreto;
15) quanto sopra evidenziato potrebbe rendere opportuna la soppressione degli articoli da 1 a 10 limitando il decreto legislativo alle sole misure di prevenzione e rinviando ad un ulteriore decreto legislativo il riordino della materia di cui al Libro I. In tal caso apparirebbe opportuna non soltanto una proroga dei termini della delega, quanto piuttosto anche una integrazione dei principi e criteri direttivi di delega al fine di pervenire un intervento normativo che consenta di creare un testo coordinato con l'intero sistema normativo, esaustivo ed efficace;
16) l'articolo 2, relativo allo scambio elettorale politico-mafioso, pur riproducendo la fattispecie vigente (articolo 416-ter c.p.), prevede l'applicabilità della pena stabilita all'articolo 1, comma 2, del codice per i promotori dell'associazione (reclusione da 9 a 14 anni), laddove l'articolo 416-ter richiama la pena stabilita dall'articolo 416 comma 1, corrispondente all'articolo 1 comma 1 del codice (reclusione da 7 a 12 anni), determinandosi quindi un eccesso di delega non consentendo quest'ultima di modificare la pena di reati già previsti dalla normativa vigente;
17) l'articolo 5 riproduce nei primi due commi la circostanza aggravante ad effetto speciale di cui all'originario articolo 7 del decreto legge 152/91, mentre al terzo comma, invece, si riproduce il testo dell'articolo 7, comma 4, decreto legge 419/91, modificando il riferimento normativo: non prevedendolo più in relazione ai delitti di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a), numeri da 1) a 6) del codice di procedura penale, bensì ai delitti di cui all'articolo 1 (del decreto) e per quelli in relazione ai quali ricorra la circostanza aggravante di cui al comma 1 del presente articolo. Tutto ciò potrebbe determinare difficoltà interpretative a causa di una duplicazione della circostanza aggravante, in quanto, ai sensi dell'articolo 128, comma 1, dello schema di decreto «i richiami alle disposizioni di cui agli articoli 416-bis, 416-ter e 417 del codice penale, ovunque presenti, si intendono rispettivamente riferiti alle corrispondenti disposizioni di cui agli artt. 1, 2, 3 e 7 del codice». Il sopravvivente articolo 7, comma 4, decreto legge 419/91, quindi, continua a richiamare anche l'articolo 407, comma 2, lettera a), nn. 1 e 3), c.p.p. che a sua volta ora si riferirebbe all'articolo 1 del decreto;
18) l'articolo 8 estrapola dal testo dell'articolo 12-sexies del decreto legge 306/92, la confisca prevista dal medesimo articolo per i soggetti condannati per i delitti di cui all'articolo 416-bis e per i delitti commessi con le condizioni di cui all'articolo 7 della legge n. 152 del 1991, senza tuttavia precisare quale sia la normativa applicabile in materia di amministrazione e gestione dei beni sequestrati e confiscati, a differenza di quanto previsto dall'articolo 12-sexies della legge n. 356 del 1992 che al comma 4-bis richiama le disposizioni della legge n. 575 del 1965, per cui, al fine di evitare problemi applicativi, appare necessario integrare la disposizione con tale precisazione. Occorre, in ogni caso, prevedere testualmente quali norme in materia di amministrazione, gestione e destinazione dei beni previsti dal codice per la materia della prevenzione sono applicabili al sequestro e alla confisca ai sensi dell'articolo 12-sexies legge 356/92 e dell'articolo 8 del codice;
19) con riferimento alle operazioni di intercettazione (artt. 9 e 88 del codice, rispettivamente titolati «Intercettazioni preventive» e «Intercettazioni telefoniche»), le disposizioni in questione sostanzialmente riproducono gli artt. 25-ter del decreto-legge n. 306/92 (per quanto concerne l'articolo 9) e 16 della L. n. 646/82 (per quanto attiene l'articolo 88) determinando una discrasia con la disciplina vigente laddove all'articolo 9 viene fatto fermo quanto previsto dall'articolo 226

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delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271...», senza tenere conto che con l'articolo 9 del codice il citato articolo 226 Disp. Att. c.p.p. viene parzialmente «abrogato» con riferimento al solo delitto di associazione di tipo mafioso o altro delitto aggravato da finalità mafiose, mentre resta in vigore per quanto concerne gli ulteriori delitti previsti dall'articolo 51, co. 3-bis, c.p.p. nonché per quelli di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a), n. 4, c.p.p.. Il testo dell'articolo 25-ter del decreto-legge n. 306/92 - sostanzialmente riprodotto nell'articolo 9 del codice. - operava con riferimento ai delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis c.p.p. e non - come invece dispone l'articolo 9 - soltanto per quelli di cui all'articolo 1 o aggravati ai sensi dell'articolo 5 del codice;
20) alla previsione di una normativa sulle intercettazioni preventive non corrisponde una analoga previsione per le intercettazioni «probatorie», così come peraltro per una serie di disposizioni contenute nel codice di procedura penale relative alla criminalità organizzata, ritenendo che la legislazione antimafia ha creato una sorta di doppio binario che andrebbe preso tutto in blocco e riportato nel codice antimafia sia sotto l'aspetto sostanziale che processuale;
21) si registra l'assenza anche di disposizioni (o di rinvio alle norme esistenti) in materia di collaboratori e testimoni di giustizia, sia con riferimento alle misure di protezione che ai benefici penitenziari, nonché in materia di applicazione del regime carcerario previsto dall'articolo 41-bis O.P.. di colloqui a fini investigativi previsti dall'articolo 18-bis O.P. (finalizzati all'acquisizione di informazioni utili per la prevenzione e repressione dei delitti di criminalità organizzata) e di criminalità organizzata transnazionale di cui alla L. n. 146/2006;
22) sarebbe stato opportuno inserire nel codice anche le norme sulla tracciabilità dei flussi finanziari, sugli accessi ai cantieri, sulla rescissione dei contratti pubblici di appalto e sull'incapacità a contrattare con la pubblica amministrazione per tre anni in caso di omessa denunzia di estorsione, sui delitti di turbata libertà degli incanti e della procedura di scelta del contraente, sullo scioglimento dei consigli comunali e provinciali, sugli agenti sottocopertura, sui ritardati arresti e sequestri, sulle competenze dei Prefetti e delle autorità locali in materia amministrativa, sull'antiracket e antiusura e sulle vittime di mafia;
23) la parzialità del contenuto del codice appare anche in riferimento a disposizioni di altro tenore rispetto a quelle sopra richiamate. Appare parziale, ad esempio, anche la «raccolta» delle norme attinenti la Direzione nazionale antimafia, venendo riportati gli attuali articoli 70-bis, 76-bis, 76-ter, 110-bis, 110-ter dell'ordinamento giudiziario, mentre non si rinvengono quelli concernenti le attribuzioni e le competenze del Procuratore Nazionale Antimafia e della Direzione Nazionale Antimafia, di cui, ad esempio, agli articoli 371-bis del codice penale e 70, comma 6, dell'ordinamento giudiziario nonché quelle in materia di gratuito patrocinio, di operazioni sospette, di benefici penitenziari e misure alternative alla detenzione nonché di applicazione del regime carcerario previsto dall'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario, di operazioni sottocopertura, della facoltà di effettuazione dei colloqui a fini investigativi previsti dall'articolo 18-bis dell'ordinamento penitenziario;
in relazione al Libro II, rilevato che:
23) all'articolo 13, contenuto nel Libro II sulle misure di prevenzione, sarebbe opportuna una formulazione dei presupposti necessari per l'avviso orale in linea con i contributi della giurisprudenza consolidata sul punto, secondo la quale il provvedimento deve essere fondato su specifici e oggettivi elementi di fatto tali da indurre l'Autorità a ritenere sussistenti i presupposti della misura di prevenzione, in caso di persistenza delle condotte segnalate:

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sarebbe, pertanto, sufficiente espungere dal testo il termine «sospetto» e sostituire lo stesso con il termine «indizio»;
24) non appare condivisibile l'equiparazione di cui all'articolo 14 tra le diverse figure di pericolosità delineate, in quanto non tiene conto di una ontologica distinzione tra pericolosità di tipo mafioso (c.d. pericolosità qualificata) e di natura ordinaria (c.d. pericolosità semplice), desumibile nel codice solo nella previsione delle misure patrimoniali diverse dalla confisca (articolo 43 e 44);
25) la diversa natura della pericolosità richiede una disciplina più incisiva per gli appartenenti ad associazione di tipo mafioso, specificamente attraverso l'obbligatorietà dell'obbligo di soggiorno e dell'imposizione della cauzione come oggi previsto;
26) una conseguenza dell'equiparazione di tutte le diverse pericolosità è l'applicabilità anche agli indiziati di mafia del divieto di soggiorno, ipotesi esclusa dal testo vigente della legge 575/65 per le note ragioni sugli effetti negativi derivanti dalla previgente disciplina.
27) dalla lettura del testo (articoli 14, 15, 26 e 27) la titolarità del potere di proposta per le misure di prevenzione nei confronti delle «persone indiziate di aver agevolato gruppi o persone che hanno preso parte attiva, in più occasioni, alle manifestazioni di violenza di cui all'articolo 6 legge 401/89 (violenza sportiva)» sembra sia attribuita alla Procura distrettuale e non al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale nel cui circondario dimora la persona come per i soggetti previsti dall'articolo 14 comma 1 lettera c) (ex articolo 19 legge 152/75). La possibilità di applicare la misura di prevenzione nei confronti di tali soggetti è stata introdotta dalla legge 4 aprile 2007 n.41 che ha inserito nel corpo della legge 401/89 l'articolo 7-ter, nel quale è prevista anche la possibilità di applicare la confisca «relativamente ai beni, nella disponibilità dei medesimi soggetti, che possono agevolare in qualsiasi modo le attività di chi prende parte attiva ai fatti di violenza in occasione o a causa di manifestazioni sportive». L'attribuzione della titolarità di proposta al procuratore distrettuale per tali casi non trova giustificazione né pratica né giuridica, oltre all'inopportuno ulteriore aumento delle competenze distrettuali, la natura della misura e tipologia dei destinatari impone che sia il Procuratore territorialmente competente a valutare e formulare la proposta di prevenzione considerata la sua maggiore conoscenza dei soggetti potenzialmente destinatari poiché dimorano nel suo territorio. In ogni caso, sia l'inserimento di nuove categorie di destinatari di misure patrimoniali sia l'ampliamento della competenza distrettuale in materia di prevenzione sembrano fuori dalla delega legislativa;
28) nel codice non sono presenti norme che individuino la competenza del Tribunale in relazione all'applicazione delle misure di prevenzione, pur se in più di una norma si richiama «il tribunale competente all'applicazione della misura». All'articolo 22 si attribuisce la competenza alle autorizzazioni ad allontanarsi dal luogo di residenza al tribunale competente ai sensi dell'articolo 15, ma in tale articolo non è presente alcun riferimento all'attribuzione della competenza. In assenza di uno specifico criterio di delega che consenta una modifica dell'attuale competenza, deve essere inserita una disposizione che preveda la decisione del «tribunale avente sede nel capoluogo di provincia» (come previsto attualmente dall'articolo 4 della legge n. 1423 del 1956);
29) non è presente alcuna norma che consenta l'utilizzo della videoconferenza nei procedimenti di prevenzione, come invece consentito da specifica delega sul punto (articolo 1, comma 3, lettera a), n. 7);
30) non si rinviene nella normativa alcun richiamo all'applicabilità - per quanto non espressamente previsto - di norme relative ad altri procedimenti; l'attuale

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previsione dell'articolo 4, comma 6, della legge n. 1423 del 1956 che richiama, invece, le norme del rito dell'esecuzione, consente di colmare le evidenti lacune della disciplina di prevenzione, ad esempio con riferimento ai poteri istruttori del tribunale (acquisizione d'informazioni, documenti, ecc.). Sarebbe, pertanto, utile l'introduzione di analogo richiamo anche nella disciplina delle misure di prevenzione dettata dal codice antimafia;
31) l'articolo 18 sulla decisione non sembra pienamente coerente con i principi costituzionali essendo, inoltre, formulato utilizzando nozioni che dovrebbero essere aggiornate;
32) l'articolo 22 sull'autorizzazione ad allontanarsi dal luogo di residenza o di dimora abituale non sembra tener conto della interpretazione giurisprudenziale dei presupposti dell'autorizzazione;
33) l'articolo 28, in violazione della delega, prevede che le misure di prevenzione personali e patrimoniali possono essere richieste e applicate disgiuntamente e, per le misure di prevenzione patrimoniali, indipendentemente dalla pericolosità sociale del soggetto proposto per la loro applicazione, con omissione dell'inciso finale della disposizione delegante «al momento della richiesta della misura di prevenzione». Il testo consente di ritenere che l'applicazione della misura patrimoniale sia svincolata totalmente dall'esistenza (se pur non più esistente o tale da non consentire l'applicazione della misura personale) della pericolosità del soggetto, introducendo sostanzialmente un'ipotesi di espropriazione del bene fondata esclusivamente sui presupposti oggettivi del sequestro e della confisca che, naturalmente imporrebbe di rimettere la questione alla Corte costituzionale. Nessun equivoco interpretativo può essere fondato sul principio di delega che prevede che sia definita in maniera organica la categoria dei destinatari delle misure di prevenzione personali e patrimoniali, ancorandone la previsione a presupposti chiaramente definiti e riferiti in particolare all'esistenza di circostanze di fatto che giustificano l'applicazione delle suddette misure di prevenzione e, per le sole misure personali, anche alla sussistenza del requisito della pericolosità del soggetto;
34) all'articolo 30 sul sequestro appare opportuno sopprimere la disposizione secondo cui si revoca il sequestro quando è respinta la proposta di applicazione della misura di prevenzione, trattandosi di disposizione incompatibile col principio di applicazione disgiunta della misura patrimoniale; dovrebbe inoltre essere precisata l'adottabilità del decreto di sequestro prescindendo dalla (solo eventuale) contestuale fissazione dell'udienza per la successiva confisca; ciò al fine di evitare alcune incertezze della giurisprudenza; meriterebbe di essere disciplinata l'ipotesi di sequestro disposto dalla Corte d'Appello in riforma della decisione del Tribunale; ipotesi che ha comportato diverse soluzioni interpretative;
35) all'articolo 31 appare esservi un'evidente ripetizione al primo e al secondo comma sull'immissione in possesso con contrasto sull'assistenza della polizia giudiziaria, prima obbligatoria poi facoltativa;
36) all'articolo 33, in relazione all'udienza camerale, è violata la delega dove non è previsto che siano chiamati i titolari di diritti di proprietà, dovendo intendersi per tali i comproprietari (o partecipanti in comunione); tale categoria di soggetti è correttamente richiamata all'articolo 62, comma 7, in materia di riconoscimento dei diritti, per cui è necessario integrare la norma anche per consentire di valutare l'ipotesi di fittizia intestazione, presupposto per la disciplina prevista dal titolo IV in tema di tutela dei terzi;
37) all'articolo 34, comma 2, viene introdotta una limitazione temporale del primo grado di giudizio del procedimento di prevenzione, che non potrà superare comunque il termine di due anni e sei mesi; la fissazione di un termine perentorio, non superiore in nessun caso a due anni e sei mesi, potrebbe porsi in insanabile

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contrasto con le esigenze di approfondimento e di garanzia sottese al procedimento di prevenzione;
38) agli articoli 34, 37, 40 e 41 appaiono necessarie alcune modifiche volte ad eliminare questioni che potrebbero porsi in fase applicativa;
39) in assenza di delega si introduce all'articolo 43 un'ulteriore misura di prevenzione patrimoniale, quale l'amministrazione giudiziaria dei beni personali;
40) gli articoli da 45 a 54 vanno modificati per colmare anche con riferimento alle competenze dell'Agenzia Nazionale, andando meglio disciplinata la fase dell'esecuzione del sequestro e dell'amministrazione dei beni sequestrati al fine di consentire migliori e più utili risultati alle amministrazioni giudiziarie;
41) in particolare, in relazione al sequestro di azienda la normativa è ancora carente con riferimento al rapporto tra sequestro di quote sociali e sequestro dei beni aziendali dell'impresa esercitate dalla società (consentita anche dall'articolo 104 dis. att. c.p.p.). È noto che per prassi spesso si procede al sequestro non solo delle quote sociali ma anche dei beni aziendali strumentali all'esercizio dell'impresa (collettiva), con trascrizione sui beni immobili e mobili registrati di proprietà della società. Sarebbe opportuno precisare se tale sequestro è consentito solo nel caso in cui l'oggetto sia costituito dalla totalità delle quote ovvero almeno della maggioranza delle quote. In riferimento al rapporto tra amministratore giudiziario e amministratore della società (ovviamente nel solo caso di sequestro maggioritario di quote) nella prassi si è ritenuto che il coordinamento tra le norme codicistiche e quelle in materia di misure di prevenzione (specificamente del sequestro dei beni aziendali) comporta che l'amministratore eserciti uno stringente controllo sulle attività imprenditoriali (con obbligo di munirsi delle relative autorizzazioni del giudice delegato) a partire dal controllo delle attività di cassa e di pagamenti;
42) l'articolo 56 disciplina la restituzione per equivalente, prevedendo l'onere di pagamento a carico dell'amministrazione assegnataria del bene. La norma, che può causare rilevanti problemi di bilancio agli enti locali destinatari, non considera che il bene sia di proprietà dello Stato, ragion per cui appare iniquo porre a carico dell'ente locale l'onere finanziario, peraltro sulla base di una valutazione (sulla restituzione per equivalente) rimessa al tribunale;
43) la destinazione del bene (articolo 58) è sospesa fino all'ultimazione del procedimento relativo alla tutela dei creditori in buona fede, con l'inevitabile rischio di inaccettabili e lunghi differimenti. Il procedimento di destinazione dei beni è coordinato con la normativa del FUG, prevedendosi che le disposizioni sulla destinazione delle somme non si applicano ai beni aziendali, trattandosi di massa inscindibile. Si prevede la vendita delle partecipazioni societarie, con una scelta che desta grandissime perplessità nel caso di sequestri maggioritari o totalitari, con aziende operative. L'attuazione di questa norma comporta che in presenza di attività imprenditoriali gestite da società, le cui quote sono state confiscate, si procede sempre e comunque alla vendita (delle quote e, dunque, dei beni della società), vanificando la funzione sociale della confisca di prevenzione, che prevede per le aziende la vendita in alternativa all'affitto anche a titolo gratuito a cooperative. La norma va rivista prevedendo la vendita delle sole partecipazioni minoritarie (ovvero all'ipotesi scarsamente probabile di quote di società prive di aziende) con modalità tali da garantire i livelli occupazionali. Sarebbe opportuno prevedere la pubblicità della destinazione dei beni (come avviene in parte già oggi) tramite il sito dell'Agenzia nazionale, con onere degli enti destinatari di fare inserire tutti gli elementi relativi all'eventuale assegnazione e utilizzazione, con periodico aggiornamento. L'attuale forma di pubblicità (parziale) demandata agli enti locali non sempre è assicurata in modo idoneo;

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44) l'articolo 61 non prevede il soggetto (proprietario o amministrazione) tenuto al pagamento dell'ICI dei beni immobili sequestrati a persone fisiche;
45) appare meritevole di modifiche anche la parte relativa alla tutela dei terzi e ai rapporti con le procedure concorsuali (articoli da 62 a 75), essendo innegabile l'esigenza di tutela dei titolari di diritti reali e di garanzia sui beni confiscati e sequestrati, acquisiti precedentemente al provvedimento ablativo, ricordando che la legislazione più recente ha sancito la prevalenza del procedimento per l'applicazione delle misure di prevenzione rispetto alle iniziative giudiziarie che il terzo possa promuovere o avere promosso in sede civile, consentendo al terzo stesso di «convogliare» le sue pretese nel procedimento di prevenzione;
46) è necessario anche evitare appesantimenti del procedimento di prevenzione derivanti dalla esigenza di accertare la buona fede dei terzi ovvero di rallentare o bloccare il procedimento di destinazione dei beni confiscati definitivamente a causa di diritti di garanzia iscritti;
47) lo schema di decreto mira a elaborare una disciplina organica per la tutela dei terzi estranei al provvedimento di sequestro, da un lato attraverso le norme in tema di intervento in giudizio, dall'altro principalmente disciplinando i presupposti e le modalità della tutela;
48) la disciplina prevista dallo schema pur apparendo soddisfacente merita alcune modifiche: ad esempio, per i titolari di diritti in comunione va colmata la lacuna dell'omessa citazione in giudizio, per evitare che il relativo accertamento debba avvenire innanzi al giudice delegato nelle forme del titolo IV, creando disarmonia e problemi applicativi;
49) gli effetti della confisca definitiva sono opportunamente disciplinati prevedendo che i diritti reali o personali di godimento si estinguono e i contratti aventi ad oggetto i diritti personali di godimento si sciolgono attribuendo ai titolari, in prededuzione, un equo indennizzo. Per i partecipanti in comunione si prevede che se il bene è divisibile si procede a divisione secondo le disposizioni previste dal codice civile e dal codice di procedura civile; se il bene non è divisibile ai partecipanti è concesso diritto di prelazione per l'acquisto della quota confiscata al valore di mercato, salvo che sussista la possibilità che il bene, in ragione del livello di infiltrazione criminale, possa tornare anche per interposta persona nella disponibilità del sottoposto o di appartenenti ad associazioni di tipo mafioso i cui all'articolo 3, o dei suoi appartenenti. Se non è esercitato il diritto di prelazione ovvero non si può procedere alla vendita, il bene può essere acquisito per intero al patrimonio dello Stato al fine di soddisfare un concreto interesse pubblico e i partecipanti hanno diritto alla corresponsione di una somma equivalente al valore attuale della propria quota di proprietà, nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente. La disciplina prevista in questo ultimo caso è in evidente violazione della finalità della legge 109/96 che ha introdotto il fondamentale principio di riutilizzo del bene a fini sociali. Prevedere sempre la vendita delle quote del bene non divisibile, semmai anche in presenza di quote maggioritarie, appare un recupero del principio della ammissibilità della vendita dei beni confiscati, fortemente contrastato e ridimensionato nell'attuale disciplina. Andrebbe prevista la vendita, quanto mento, solo in presenza di quote minoritarie;
50) all'articolo 62 sono fissate le condizioni che consentono la tutela dei diritti di credito dei terzi, anche se garantiti da diritti reali di garanzia, escludendo che sia sufficiente un controllo estrinseco del diritto di credito, rendendo invece necessario l'accertamento dell'estraneità del terzo all'attività delittuosa del proprio debitore; opportunamente sono fissati dei criteri di giudizio che tengono conto anche della natura del creditore, volendo riferirsi alla necessità di una maggiore diligenza, ad esempio, da parte degli istituti di credito. Appare più

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opportuno delineare l'onere probatorio in capo al terzo utilizzando categorie già elaborate dalla giurisprudenza nella stessa materia: buona fede e inconsapevole affidamento in tema di creditore garantito da ipoteca. Per gli istituti di credito, costituenti la categoria più frequente di terzo, si potrebbero utilizzare criteri più facilmente accertabili, quali ad esempio l'onere di provare il rispetto delle norme e prassi bancarie in materia, oltre che del disposto del decreto legislativo 231/07 e della legge 197/1991 in (in materia di antiriciclaggio);
51) l'articolo 66 rischia di paralizzare l'esercizio dell'impresa nella fase che segue il sequestro, bloccando l'esecuzione di tutti i contratti pendenti, compresi quelli di lavoro, in attesa delle valutazioni sulla opportunità della loro risoluzione, per cui sarebbe sicuramente preferibile una disciplina che, senza introdurre alcuna sospensione, si limiti ad attribuire all'amministratore giudiziario, previa autorizzazione del giudice delegato, un potere di scioglimento dei contratti;
52) alcune disposizioni relative alla tutela dei terzi e all'espletamento della funzione di amministratore giudiziario (ad esempio gli articoli 69 e 70 che prevedono la formazione dello stato passivo e la liquidazione dei beni), appaiono ispirate dall'intento di favorire, piuttosto che la continuità e l'ulteriore sviluppo delle aziende sequestrate e confiscate, la loro futura liquidazione e vendita secondo una visione improntata piuttosto alla procedura di un giudizio fallimentare che a quella di un procedimento di prevenzione;
53) assume un valore intrinseco da tutelare in sé il riutilizzo per fini sociali dei beni confiscati alle mafie, per cui la vendita dei beni immobili dovrebbe essere consentita solo se assolutamente indispensabile, mentre la disciplina dell'articolo 70 consentirebbe la vendita del bene in ogni caso di insufficienza delle somme disponibili;
54) la possibilità di vendita dovrebbe essere limitata alle ipotesi in cui vi siano crediti da soddisfare pari a un importo rilevante rispetto al valore del bene immobile (ad esempio, almeno pari al 50 per cento) al fine di non procedere alla vendita per somme esigue che ben possono essere prelevate da un fondo appositamente costituito;
55) dal punto di vista economico-sociale è importante sottolineare che le aziende ed i compendi patrimoniali oggetto di misure di prevenzione - ancorché riconducibili alla criminalità o ad ambienti contigui - sono di per sé una risorsa, talvolta assai significativa, per il tessuto imprenditoriale locale specie nelle zone economicamente depresse del Paese in cui i fenomeni di criminalità associativa con risvolti economici assumono notevole incidenza;
56) gli articoli 73, 74 e 75, in attuazione della delega, disciplinano i rapporti tra il procedimento di applicazione delle misure di prevenzione e le procedure concorsuali, al fine di garantire i creditori dalle possibili interferenze illecite nel procedimento di liquidazione dell'attivo fallimentare prevedendo la prevalenza del sequestro sul fallimento ed introducendo la possibilità dei creditori di rivalersi sul valore dei beni confiscati;
57) nell'ambito delle misure di prevenzione vi sarebbero delle particolari questioni che sarebbe opportuno affrontare nel momento in cui si pone mano ad un codice antimafia, quali, ad esempio: quanto al procedimento: a) l'estensione ai procedimenti di prevenzione patrimoniali della disciplina sulla trattazione prioritaria dei processi (penali) di cui all'articolo 132-bis disp. att. c.p.p.; b) la trattazione dei procedimenti previsti dalla legge n. 575 del 1965 da parte di sezioni o collegi specializzati; c) sulle aziende sequestrate: 1) la collaborazione delle organizzazioni sindacali, dei lavoratori e dei datori di lavoro, del settore, con evidente competenza specifica e interesse alla prosecuzione dell'attività; 2) la stipula di convenzioni con associazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro per acquisire specifiche competenze; 3) il potenziamento della

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cassa integrazione previste dall'articolo 2 della L. 109/96 a tutela dei lavoratori; 4) l'introduzione di agevolazioni fiscali almeno nella fase di regolarizzazione ed emersione del lavoro nero; 5) la creazione di un fondo di garanzia, eventualmente gestito dall'Agenzia Nazionale, alimentato da piccole percentuali del Fug; d) sul sequestro dei beni ubicati all'estero: lo schema di decreto non dà alcuna attuazione all'articolo 1, comma 3, lettera b) n. 2) della legge delega che prevede di disciplinare l'ipotesi in cui «la confisca possa essere eseguita anche nei confronti di beni localizzati in territorio estero»;
58) in relazione al libro IV sulle Attività informative e investigative nella lotta contro la criminalità organizzata, quanto all'Agenzia Nazionale, occorre ribadire l'esigenza di procedere in maniera esaustiva nel momento in cui si sceglie di inserire nel Codice la predetta materia, senza fare quindi omissioni in ordine alla complessa normativa di riferimento;
in relazione al libro V, recante modifiche alla legislazione vigente, disposizioni transitorie e di coordinamento, osservato che:
59) si tratta di una normativa complessa e delicata, in quanto, qualora inadeguata, potrebbe comportare delle gravissime conseguenze per i procedimenti e processi pendenti;
60) non può essere assolutamente condivisa la scelta di non effettuare abrogazioni espresse;
61) in relazione alla disciplina transitoria, suscita perplessità l'articolo 129 i cui primi sette commi contengono le medesime disposizioni già previste dalla legge n. 50 del 2010 in relazione all'Agenzia nazionale, mentre il comma 8 stabilisce che i termini d'efficacia del sequestro (artt. 34 comma 2 e 37 comma 6) si applicano solo ai procedimenti per i quali la proposta sia stata avanzata successivamente all'entrata in vigore del decreto delegato;
62) l'assenza di un'organica disciplina transitoria e la presenza dell'articolo 129 che prevede il differimento esplicito per due norme, induce a concludere per l'immediata applicabilità di tutte le norme innovative o modificative introdotte dal codice, anche in applicazione del principio generale tempus regit actum e di retroattività delle leggi in materia di misure di prevenzione;
63) lo schema di decreto risulta, invece, gravemente carente sia sotto il profilo delle abrogazioni che per la disciplina transitoria. Una corretta tecnica legislativa richiede l'espressa abrogazione delle disposizioni recepite o modificate dal nuovo intervento, in particolare in presenza di testi unici che si inseriscono in modo massiccio sul tessuto normativo;
64) l'assenza di un'organica disciplina transitoria e la presenza dell'articolo 129 che prevede il differimento esplicito per due norme, induce a concludere per l'immediata applicabilità di tutte le (numerosissime) norme innovative o modificative introdotte dal codice, anche in applicazione del principio generale tempus regit actum e di retroattività delle leggi in materia di misure di prevenzione;
65) gli effetti dell'immediata applicabilità dell'intero codice delle misure di prevenzione emergono in tutta la loro evidenza con riferimento alla tutela dei terzi e al relativo procedimento che dovrebbe essere attivato in tutti i casi in cui il procedimento di prevenzione non si è ancora concluso con la confisca definitiva, con un notevole e non sostenibile aggravio,
esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni:
in relazione al Libro I:
1) siano tenute in debito conto tutte le conseguenze negative applicative derivanti dalla incompletezza delle norme di cui al Libro I, valutando se non sia il caso di sopprimere gli articoli da 1 a 10, rinviando ad un intervento normativo successivo,

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previa proroga del termine di delega ed integrazione dei principi e criteri direttivi di delega;
2) all'articolo 2 la pena ivi prevista sia riportata a quella stabilita dall'articolo 416-ter del codice penale;
3) il comma 3 dell'articolo 5 sia coordinato con l'articolo 7, comma 4, decreto legge 419/91;
4) sia soppresso, per evitare i problemi applicativi di cui in premessa, l'articolo 8, con contestuale modifica degli articoli 120, in tema di competenza dell'Agenzia nazionale, e 125, con l'eliminazione di ogni riferimento all'articolo 416 bis del codice penale e all'aggravante di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 12-sexies della legge n. 356 del 1992 ovvero siano elencate le norme in materia di amministrazione, gestione e destinazione dei beni previsti dal codice per la materia della prevenzione applicabili al sequestro e alla confisca ex articolo 12-sexies della legge n. 356 del 1992;
5) sia coordinata la disciplina dell'articolo 9 con la normativa vigente in materia di intercettazioni preventive;

in relazione al Libro II:
6) all'articolo 13 sia sostituita la parola: «sospetto» con la seguente: «indiziato».
7) all'articolo 14 sui soggetti destinatari delle misure di prevenzione personale applicate dall'autorità giudiziaria siano distinte le tipologie di soggetti pericolosi anche attraverso la suddivisione in due diversi articoli ovvero in due commi del medesimo articolo, riportando in uno i soggetti di cui alle lettere a) e b) dell'articolo 14, nell'altro tutti gli altri;
8) all'articolo 15 sia valutato se l'ampliamento dei titolari del potere di proposta sia conforme, come non sembrerebbe, alla delega;
9) all'articolo 16 sulle tipologie delle misure e loro presupposti sia prevista l'obbligatoria imposizione ai soggetti pericolosi di cui all'attuale articolo 14 lettera a) e b) dell'obbligo di soggiorno, con esclusione del divieto di soggiorno, prevedendo all'articolo 41 solo per tali soggetti l'obbligo di imporre la cauzione;
10) all'articolo 17 sul procedimento applicativo: sia esplicitata la competenza del tribunale (in composizione collegiale) del capoluogo di provincia (che può ricomprendere più circondari); sia prevista l'applicabilità al procedimento di prevenzione dell'articolo 666 c.p.p. (procedimento di esecuzione); sia prevista l'applicabilità delle norme sulla videoconferenza (come imposto dalla legge delega) per l'audizione dell'interessato o dei testimoni ai sensi degli articoli 146-bis e 147-bis disp. att. c.p.p.; sia diversamente disciplinata la partecipazione dell'interessato detenuto, garantendo la sua traduzione (ovvero la videoconferenza nei casi previsti) qualora chieda espressamente di partecipare all'udienza;
11) all'articolo 18 si proceda al coordinamento con i principi costituzionali delle prescrizioni imposte col decreto applicativo della misura personale, il termine sospetto sia sostituito con il seguente: indizi; siano aggiornate le seguenti parole: «ozioso e vagabondo» e «di non trattenersi abitualmente nelle osterie o bettole»; sia coordinata con i principi della Costituzione la prescrizione di non partecipare a pubbliche riunioni; sia coordinato, per evitare inutili ripetizioni, l'articolo 18, comma 8, con l'articolo 20, comma 1; siano previsti i termini di deposito del decreto camerale decisorio (che per la giurisprudenza ha natura di sentenza) attraverso il richiamo all'applicabilità del disposto dell'articolo 544 c.p.p. in tema di sentenza, con gli opportuni adattamenti (in mancanza di lettura di dispositivo il tribunale potrebbe indicare il diverso termine di deposito al termine dell'udienza camerale quando riserva la decisione) ovvero fissando un termine congruo (30 o 60 giorni); siano coordinate le norme in materia di termini per impugnare;
12) all'articolo 22 siano aggiornati i presupposti dell'autorizzazione oggi relativi

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ai soli motivi di salute, ma estesi dalla giurisprudenza in via analogica a tutti i casi di allontanamento reso necessario da gravi e comprovati motivi di famiglia o lato sensu affettivi tutelati da prevalenti principi costituzionali;
13) all'articolo 28, comma 1, siano inserite infine le seguenti parole; «al momento della richiesta della misura di prevenzione». Sia riformulato il comma 2, che disciplina le due diverse ipotesi oggi previste di morte del proposto e del soggetto deceduto prima della proposta, prevedendo due autonome disposizioni: una prima che, secondo quanto oggi previsto dall'articolo 2-bis comma 6-bis, seconda parte, della legge n. 575 del 1965, disciplina l'ipotesi in cui il procedimento (iniziato ritualmente) prosegue, nel caso di morte del proposto, nei confronti degli eredi o comunque degli aventi causa; una seconda che, secondo quanto oggi previsto dal comma 11 dell'articolo 2-ter della legge n. 575 del 1965, disciplina l'ipotesi di proposta di misura patrimoniale (sequestro e successiva confisca) avanzata nel caso di morte della persona all'epoca pericolosa, nei cinque anni dal decesso, nei confronti dei successori a titolo universale o particolare;
14) all'articolo 30 sia modificato o soppresso l'articolo 30, comma 2, che, riproducendo il vigente articolo 2-ter, comma 4, della legge n. 575 del 1965, prevede la revoca del sequestro quando è respinta la proposta di applicazione della misura di prevenzione; sia prevista l'adottabilità del decreto di sequestro prescindendo dalla (solo eventuale) contestuale fissazione dell'udienza per la successiva confisca; sia disciplinata l'ipotesi di sequestro disposto dalla Corte d'Appello in riforma della decisione del Tribunale;
15) all'articolo 31 sia eliminata la ripetizione tra il primo e il secondo comma sull'assistenza della polizia giudiziaria, prima obbligatoria poi facoltativa;
16) all'articolo 33 siano inseriti tra i soggetti da chiamare in giudizio i titolari di diritti di proprietà (comproprietari o partecipanti in comunione) e sia prevista la pubblicità dell'udienza (combinato disposto degli articoli 33, comma 1, e 17 comma 1) anche se richiesta solo da uno dei soggetti aventi diritto (proposto, terzi, titolari di diritti reali o personali di godimento, partecipanti in comunione);
17) all'articolo 34 sia modificata la disposizione sul termine massimo di efficacia del sequestro, prevedendo comunque la sua applicabilità anche nei casi di morte del proposto nonché sia modificato il comma 3, (attuale articolo 2 ter comma 6 L. 575/65), relativo alla possibilità di applicare la misura patrimoniale anche dopo l'irrogazione della misura personale, prevedendo la competenza del medesimo tribunale che ha disposto la misura di prevenzione personale;
18) all'articolo 35 sia espressamente prevista l'applicabilità della disposizione anche nei confronti degli eredi del proposto (nei casi di applicazione disgiunta previsti dall'articolo 28, comma 2) e sia consentita inequivocabilmente la confisca per equivalente (al proposto e agli eredi o aventi causa) in ogni caso e non solo se il trasferimento del bene è avvenuto al fine di eludere l'esecuzione dei provvedimenti di sequestro o di confisca;
19) all'articolo 37 sia espressamente prevista l'esecutività del provvedimento di revoca del sequestro decorso il solo termine di impugnazione per il PM ovvero qualora l'impugnazione sia proposta ma non sia richiesta la sospensione ed il decorso del termine sia ancorato alla ricezione degli atti da parte della Corte d'appello anziché alla proposizione del ricorso;
20) all'articolo 40 al comma 1, ultima parte, sia aggiunta l'ipotesi del sequestro penale ex articolo 12-sexies del decreto-legge n. 306 del 1992, convertito con legge n. 356 del 1992; al comma 1, ultima parte, sia attribuita al tribunale (e non al giudice delegato) la competenza a sostituire l'amministratore nominato dal giudice penale; nel caso di sequestro penale successivo al sequestro di prevenzione

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(sospeso per il concomitante sequestro) sia prevista, nelle ipotesi di sequestri ex articolo 104-bis disp. att. c.p.p. e 12 sexies del decreto-legge n. 306 del 1992, convertito con legge n. 356 del 1992, la naturale conferma dell' amministratore nominato dal tribunale di prevenzione, salva diversa valutazione del giudice penale;
21) all'articolo 41 sia prevista la facoltatività dell'imposizione della cauzione, salva l'ipotesi di pericolosità ricollegabili a inserimenti in associazioni mafiose di cui all'articolo 14 lettera a) e b);
22) all'articolo 44 si meglio disciplinata o soppressa la disciplina dell' amministrazione giudiziaria dei beni personali;
23) all'articolo 46 nel contenuto (obbligatorio) della relazione dell'amministratore siano vanno inseriti: l'indicazione dei terzi che siano parte del giudizio avente a oggetto domande giudiziali precedentemente trascritte relative al diritto di proprietà ovvero diritti reali o personali di godimento sul bene sequestrato (articolo 65, comma 3); l'esistenza di eventuali azioni esecutive al fine di consentirne la comunicazione al giudice dell'esecuzione civile per i provvedimenti da adottare ai sensi dell'articolo 65.
24) all'articolo 47 al comma 1, sia prevista una contabilità separata per ciascun soggetto titolare di beni sequestrati (terzo intestatario); al comma 3, sia previsto che non siano versate al Fondo Unico Giudiziario le somme riscosse a qualunque titolo da beni immobili non riferibili a complessi aziendali;
25) all'articolo 48 al comma 2, sia prevista la possibilità di porre a carico dell'amministratore giudiziario la comunicazione per via telematica dei provvedimenti;
26) all'articolo 50 sia prevista la possibilità di fare pagare un'indennità al proposto; sia prevista l'applicabilità della norma in esame anche in favore dei formali titolari del bene immobile; sia prevista la possibilità di fare pagare un'indennità (oltre che le spese) ai beni occupati a titolo gratuito da stretti parenti del proposto (figli, etc.), spesso titolari di comodato gratuito e, perciò, rientranti nella categoria dei titolari di diritti personali di godimento; sia prevista l'applicabilità dell'articolo 560, comma 2, c.p.c. ai contratti di locazione stipulati con l'autorizzazione del giudice delegato;
27) all'articolo 51 sia disciplinato il rapporto tra sequestro di quote sociali e sequestro dei beni aziendali della impresa esercitate dalla società (consentita anche dall'articolo 104 disp. att. c.p.p.), prevedendone il sequestro dei beni aziendali nel caso di sequestro della totalità delle quote ovvero almeno della maggioranza delle quote; sia regolato il rapporto tra amministratore giudiziario e amministratore della società (nel solo caso di sequestro maggioritario di quote) prevedendo che l'amministratore eserciti uno stringente controllo sulle attività imprenditoriali (con obbligo di munirsi delle relative autorizzazioni del giudice delegato) a partire dal controllo delle attività di cassa e di pagamenti; siano disciplinati agli effetti che derivano dal sequestro di quote di società di persone; sia precisato che il provvedimento di prosecuzione dell'impresa adottato dal tribunale consente il prosieguo anche delle aziende che richiedono autorizzazioni e provvedimenti abilitativi di natura personale;
28) all'articolo 52 al comma 1, pur se si conferma la vigente disciplina (articolo 2-octies, comma 1, legge 575/65) introdotta dalla legge 94/09 nella parte in cui prevede il prelievo dalle somme comunque nella disponibilità del procedimento, sia soppresso l'inciso che contrasta con la disciplina dell'articolo 47 comma 5 sulla contabilità separata tenuta dall'amministratore con riferimento ai diversi soggetti proposti e con le esigenze derivanti dalla possibile pluralità di titolari formali dei beni (terzi intestatari); al comma 2 sia precisato che nel caso di recupero di spese anticipate dallo Stato l'esecuzione della revoca del sequestro è subordinata al rimborso di tali spese da

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parte dell'interessato, all'esito del rendiconto; al comma 5 sia precisato che gli eventuali acconti concessi all'amministratore sono posti a carico dello Stato;
29) all'articolo 53 sia coordinata la disciplina concernente la presentazione del rendiconto da parte dell'amministratore dopo la confisca di primo grado, quando subentra l'Agenzia; sia precisato che l'Agenzia deve presentare il rendiconto della propria amministrazione; sia precisato che nel caso di confisca definitiva non vi è necessità alcuna di dare comunicazione dell'udienza di rendiconto al prevenuto o ai formali intestatari, essendo il bene divenuto di proprietà dello Stato;
30) all'articolo 54 sia previsto che la disposizione si riferisce all'amministrazione dei beni da parte dell'Agenzia dopo la confisca definitiva conseguentemente inserendo l'articolo, nel capo III relativo alla destinazione dei beni; sia corretto il refuso del richiamo al medesimo articolo 54, riferibile all'attuale articolo 50; sia inserita dopo il comma 3 dell'articolo 48 la richiesta al giudice delegato del nulla osta al compimento degli atti di straordinaria amministrazione (di cui all'articolo 54 comma 2);
31) all'articolo 55 i commi 1 e 2 siano riformulati come segue: «1. A seguito della confisca definitiva di prevenzione i beni sono acquisiti al patrimonio dello Stato liberi da oneri e pesi. 2. La tutela dei terzi è disciplinata dal titolo IV del presente decreto.»;
32) all'articolo 56 sia previsto che la restituzione per equivalente rappresenta la regola per i beni confiscati in via definitiva, salvo che il bene non sia stato ancora destinato a fini sociali e che l'Agenzia non ritenga opportuno trattenerlo al patrimonio dello Stato; l'onere relativo sia posto esclusivamente a carico del FUG;
33) all'articolo 57 sia prevista la sospensione del procedimento di destinazione del bene immobile con provvedimento motivato dell'Agenzia solo se è prevedibile che debba procedersi a vendita per tutelare i creditori in buona fede;
34) all'articolo 58 sia modificato il comma 1, lettera b), limitando la vendita delle partecipazioni societarie alle sole partecipazioni minoritarie (o ampiamente minoritarie), comunque con modalità tali da garantire i livelli occupazionali; al comma 3, lettera b), sia previsto che sia residuale l'utilizzo per finalità economiche; al comma 3, lettera c), sia aggiornato l'elenco delle associazioni assegnatarie dei beni immobili confiscati con le nuove leggi relative ad esempio alle Onlus e alle Associazioni di promozione sociale; al comma, 3 lettera c), sia previsto che sia residuale la previsione che i beni non assegnati possono essere riutilizzati dagli enti territoriali per finalità di lucro; al comma 3, lettera c), sia prevista anche la pubblicità della destinazione dei beni (come avviene in parte già oggi) tramite il sito dell'Agenzia nazionale, con onere degli enti destinatari di fare inserire tutti gli elementi concernenti le fasi di assegnazione (bandi etc.) l'eventuale assegnazione (con indicazione dell'associazione beneficiaria), la concreta utilizzazione, con aggiornamento periodico e inserimento ogni anno di una relazione sulla concreta utilizzazione del bene a fini sociali; al comma 8 sia prevista altra tipologia contrattuale in luogo dell'imprecisato affitto a titolo gratuito espungendo il termine «senza oneri a carico dello Stato»; al comma 8 siano inserite tra i possibili affittuari delle aziende anche le cooperative sociali di cui alla legge 381 del 1991; il comma 12 sia inserito nella disposizione sulla gestione dei beni sequestrati (articolo 50); sia prevista la competenza ad adottare il provvedimento in capo anziché genericamente all'Autorità giudiziaria al giudice delegato;
35) all'articolo 61 sia previsto il soggetto (proprietario o amministrazione) tenuto al pagamento dell'ICI dei beni immobili sequestrati a persone fisiche;
36) all'articolo 62 sia modificato il comma 1, lettera b), prevedendo per il

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riconoscimento dei diritti dei terzi l'onere di dimostrare la buona fede e l'inconsapevole affidamento, utilizzando categorie già elaborate efficacemente dalla giurisprudenza; sia introdotta al comma 3, una puntuale descrizione dell'onere probatorio da assolvere da parte degli istituti di credito; in applicazione dell'articolo 9 del D. L.vo 231/07, sia prevista la comunicazione alla Banca d'Italia del decreto con cui viene respinta la domanda di riconoscimento della buona fede; sia modificato il comma 7, prevedendo che solo nel caso di quote confiscate largamente minoritarie è consentita la vendita dell'immobile o la concessione del diritto di prelazione ai comproprietari; sia precisato quale sia l'organo competente all'adozione dei provvedimenti previsti dall'articolo 62, commi da 5 a 8, per i partecipanti in comunione, i commi 7 e 8 dell'articolo 62 che richiamano l'articolo 58 comma 5, consentono di individuare la competenza dell'Agenzia nazionale e per i titolari di diritti di godimento, pur se l'accertamento della buona fede è avvenuto nel corso del procedimento,;
37) all'articolo 63 sia previsto il soddisfacimento dei diritti terzi nel limite del 70 per cento del valore dei beni sequestrati al netto delle spese del procedimento;
38) all'articolo 64 va precisato quale sia l'organo competente al pagamento dei crediti prededucibili nel caso di confisca definitiva;
39) all'articolo 66 sia modificato il comma 4, prevedendo l'esecuzione del contratto previa autorizzazione del giudice delegato; sia riconosciuta la possibilità di insinuare il credito nel passivo con riferimento al diritto alla restituzione delle somme corrisposte dal promissario acquirente nel caso di scioglimento di contratto non trascritto:
40) all'articolo 70 siano previsti prevista un'opportuna scansione temporale delle attività di ammissione dei crediti dei terzi, sulla base dell'avanzamento del procedimento, per ridurre le attività svolte inutilmente nel caso di revoca del sequestro; l'eventuale vendita di beni solo dopo la confisca definitiva; la previa vendita dei beni mobili e mobili registrati; l'eccezionalità della vendita dei beni immobili, peraltro nel solo caso di crediti da soddisfare di entità corrispondente alla quasi totalità del valore del bene; gli specifici compiti attribuiti all'amministratore (in carica fino alla confisca di primo grado) e all'Agenzia (che subentra dalla confisca di primo grado, eventualmente tramite il coadiutore nominato che può anche coincidere con l'amministratore).
41) all'articolo 91 sia previsto l'obbligo di segnalazione al Procuratore Distrettuale fin dal momento in cui i diversi organi proponenti iniziano l'attività investigativa e che all'esito delle citate comunicazioni il Procuratore distrettuale se opportuno provvede al coordinamento;
42) sia integrata la normativa sulle misure di prevenzioni inserita nello schema di decreto da quelle disposizioni inerenti alla materie richiamate in premessa e per le quali è stato evidenziato un omesso inserimento nel codice;
in relazione al Libro V,
43) siano espressamente abrogate le disposizioni recepite o modificate; sia introdotta un'articolata disciplina transitoria relativa alle misure di prevenzione che, tra l'altro preveda: a) l'immediata applicabilità dell'articolo 55 del codice secondo cui «A seguito della confisca definitiva di prevenzione i beni sono acquisiti al patrimonio dello Stato liberi da oneri e pesi»; b) l'applicabilità della nuova disciplina sulla tutela dei terzi titolari di diritti di credito solo a per i sequestri eseguiti successivamente all'entrata in vigore del decreto legislativo; c) una specifica disposizione per i titolari di diritti reali di garanzia che intendono dimostrare la buona fede e l'inconsapevole affidamento (per poi ottenere la restituzione per equivalente) secondo cui: 1) per i procedimenti pendenti all'atto dell'entrata in vigore del decreto, si preveda la prosecuzione del procedimento (iniziato innanzi al

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tribunale quale giudice dell'esecuzione) sulla base delle disposizioni previgenti (richiamando espressamente il procedimento ex articolo 666 c.p.p.); 2) per i beni confiscati definitivamente all'atto dell'entrata in vigore del decreto, si preveda che i titolari di ipoteca siano tenuti ad attivare il procedimento di riconoscimento della buona fede sulla base della nuova disciplina con istanza da proporre in un termine espressamente fissato a pena di decadenza decorrente dall'entrata in vigore del decreto (ovvero dalla messa in mora da parte dell'Agenzia) ai sensi dell'articolo 666 c.p.p. al Tribunale quale giudice dell'esecuzione; in applicazione dell'articolo 9 del D. L.vo 231/07, sia prevista la comunicazione alla Banca d'Italia del decreto con cui viene respinta la domanda di riconoscimento della buona fede;
44) siano comunque espressamente elencate le norme del codice antimafia in materia di amministrazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati applicabili al sequestro penale di cui all'art. 12-sexies del decreto-legge 306/92, conv. dalla legge 346/92, richiamando oggi il comma 4-bis gli articoli 2-quater e da 2-sexies a 2-duodecies della legge 575/65;
45) sia prevista una adeguata normativa transitoria.

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ALLEGATO 2

Schema di decreto legislativo recante codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia. Atto n. 373.

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE DEL PD

La II Commissione,
riunita in sede consultiva per l'espressione del parere sullo schema di decreto legislativo recante codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia (373).
Considerato che:
lo scorso 7 settembre è entrato in vigore il «Piano straordinario contro le mafie, nonché delega al Governo in materia di normativa antimafia», varato con la legge 13 agosto 2010, n. 136.
la legge in questione, conteneva, tra l'altro, due importanti deleghe per: l'emanazione di un codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione (articolo 1), e l'emanazione di nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia (articolo 2): l'esigenza di un miglioramento del sistema e di un «corpus normativo» riguardante la disciplina della complessa e delicata materia delle misure di prevenzione nasce dall'esigenza dovuta alle nuove tecniche di infiltrazione nel tessuto sociale attuate dalla criminalità organizzata e soprattutto dai continui interventi di modifica legislativa succedutisi nel tempo che hanno prodotto disorganicità e frammentarietà delle norme, costringendo spesso l'interprete ad una costante opera di ricerca e raccordo;

In realtà la legge 136/2010 prevedeva due differenti modalità di intervento sulla normativa esistente:
1. un'attività di tipo ricognitivo/compilativa consistente:
nella ricognizione ed armonizzazione della normativa penale, processuale e amministrativa vigente in materia di contrasto della criminalità organizzata, ivi compresa quella già contenuta nei codici penale e di procedura penale, rispondenti ad una delega peraltro priva, per questa parte, dei necessari principi e criteri direttivi;
nel coordinamento della normativa stessa con le ulteriori disposizioni della legge delega e con la normativa di cui al comma 31 della legge stessa;
nell'adeguamento della normativa italiana alle disposizioni adottate dall'Unione europea: a tal proposito si osserva che non vi è stato alcun intervento in tal senso: si è persa addirittura l'occasione per l'adeguamento della normativa nazionale alla decisione quadro n. 783 del 2006 del Consiglio Europeo che rende possibile la confisca di quei beni che i mafiosi detengono in un Paese comunitario attraverso il meccanismo del reciproco riconoscimento delle decisioni di confisca.
2. un'attività in materia di misure di prevenzione, previa ricognizione, diretta a coordinare e armonizzare in modo organico

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la normativa esistente anche con riferimento alle norme concernenti l'istituzione dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, compresa la possibilità di procedere ad aggiornamenti e modificazioni secondo specifici principi e criteri direttivi indicati dalla legge medesima.

Libro I: La criminalità organizzata di tipo mafioso (articoli da 1 a 10).

Va rilevato che il libro I, composto, infatti, di soli 10 articoli ed intitolato «La criminalità organizzata di tipo mafioso», riproduce tre reati tipici delle organizzazioni mafiose (associazioni per delinquere di tipo mafioso, anche straniere; scambio elettorale politico-mafioso; assistenza agli associati), le aggravanti e diminuenti di mafia; le misure di sicurezza e la confisca obbligatoria (sia degli strumenti e dei proventi dei reati mafiosi, sia dei beni di cui il mafioso non può giustificare la provenienza). Raccoglie, inoltre, le disposizioni in precedenza contenute nelle leggi speciali (decreto legge 306/92 e legge 55/90) sulle attività che la polizia giudiziaria svolge per la repressione dei reati di mafia (intercettazioni preventive, controlli, ispezioni e perquisizioni).
La soluzione adottata, come è stato autorevolmente sostenuto in sede di audizioni, comporta notevoli problemi interpretativi sia per le norme sostanziali, estrapolate dal contesto codicistico di riferimento, che per le norme relative alle misure patrimoniali penali (sequestro e confisca) contenute in plurime disposizioni (artt. 7 e 8 del codice, articolo 12 sexies decreto legge 306/92 conv. nella legge 356/92).
Lo schema di decreto in esame prende invece le mosse dai «soli» articoli del codice penale (artt.416-bis ss) e da quelli comunque aggravati dalla «finalità mafiosa», tralasciando tutti gli altri delitti indicati nell'articolo 51 co.3-bis c.p.p. La conseguenza più evidente è una «stratificazione» normativa con la creazione di una ulteriore «specie» di nuovi istituti applicabili a particolari delitti indicati nel nuovo codice con la contestuale permanenza di quelli «originari» applicabili ad una più ampia platea di reati.
Ne consegue che un codice antimafia, stanti anche le carenze della delega di cui al precedente punto 1) con solo scarse norme in materia penale (sostanziale e processuale) non può certo definirsi tale, tanto è vero che sarebbe più rispondente alla realtà presentarlo, correttamente, come un codice delle misure di prevenzione e della documentazione antimafia.
Inoltre l'articolo 2 del T.U. rappresenta una riproduzione (imperfetta) dell'originario articolo 416-ter del codice penale in materia di «Scambio elettorale politico- mafioso».
«La pena stabilita dal primo comma dell'articolo 416 bis si applica anche a chi ottiene la promessa di voti prevista dal terzo comma del medesimo articolo 416-bis in cambio della erogazione di denaro».
«La pena stabilita dall'articolo 1, comma 2, si applica anche a chi ottiene la promessa di voti prevista dal comma 3 del medesimo articolo in cambio della erogazione di denaro».
Vi è violazione della delega perché l'articolo 2, pur riproducendo la fattispecie vigente (articolo 416-ter), prevede l'applicabilità della pena stabilita all'articolo 1 comma 2 per i promotori dell'associazione (reclusione da 9 a 14 anni), laddove l'articolo 416 ter richiama la pena stabilita dall'articolo 416 comma 1, corrispondente all'articolo 1 comma 1 del codice (reclusione da 7 a 12 anni).
Anche in questo caso ci troviamo, poi, di fronte alla mancata espressa abrogazione della norma contenuta nel codice penale.
Gli articoli 3 e 4 del T.U., il primo in materia di applicazione di misura di sicurezza ed il secondo in materia di «Assistenza agli associati» riproducono pedissequamente e rispettivamente il testo degli originari articolo 417 e 418 del codice penale.
L'articolo 5 del T.U. riproduce nei primi due commi la circostanza aggravante ad effetto speciale di cui all'originario articolo 7 del decreto legge 152/912.

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Al terzo comma è, invece, stata effettuata una singolare operazione di chirurgia normativa in quanto in presenza dell'originario testo dell'articolo 7, comma 4, decreto legge 419/913 del seguente tenore:
«Per i delitti di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a), numeri da 1) a 6) del codice di procedura penale le circostanze attenuanti, diverse da quella prevista dall'articolo 98 del codice penale, concorrenti con le aggravanti di cui agli articoli 111 e 112, comma primo, numeri 3) e 4), e comma secondo, del codice penale, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste se chi ha determinato altri a commettere il reato, o si è avvalso di altri nella commissione del delitto, ne è il genitore esercente la potestà ovvero il fratello o la sorella e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità di pena risultante dall'aumento conseguente alle predette aggravanti.»

si è ritenuto di varare il seguente testo:
«Per i delitti di cui all'articolo 1 e per quelli in relazione ai quali ricorra la circostanza aggravante di cui al comma 1 del presente articolo, le circostanze attenuanti, diverse da quella prevista dall'articolo 98 del codice penale, concorrenti con le aggravanti di cui agli articoli 111 e 112, comma primo, numeri 3) e 4), e comma secondo, del codice penale, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste se chi ha determinato altri a commettere il reato, o si è avvalso di altri nella commissione del delitto, ne è il genitore esercente la potestà ovvero il fratello o la sorella e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità di pena risultante dall'aumento conseguente alle predette aggravanti».

La nuova struttura normativa ingenera confusione e problematiche interpretative: la conseguenza che ne deriva è quindi quella di una (inutile) duplicazione della circostanza aggravante infatti, poiché ai sensi dell'articolo 128, comma 1, del T.U. «i richiami alle disposizioni di cui agli articoli 416-bis, 416-ter e 417 del codice penale, ovunque presenti, si intendono rispettivamente riferiti alle corrispondenti disposizioni di cui agli artt. 1, 2, 3 e 7 del codice», ne consegue che il sopravvivente articolo 7, comma 4, decreto legge 419/91 continua a richiamare anche l'articolo 407, comma 2, lett. a) nn. 1 e 3) c.p.p. che a sua volta ora si riferirebbe all'articolo 1 del T.U. e, quindi di fatto continua a mantenere in vita la circostanza aggravante de qua alla quale il Legislatore ha semplicemente aggiunto quella di cui all'articolo 5 del T.U.
L'articolo 6 del T.U. riproduce, ma non integralmente, la circostanza attenuante ad effetto speciale di cui all'articolo 8 del decreto legge 152/914[4].
Il testo della norma a quo, infatti così recita:
«1. Per i delitti di cui all'articolo 416-bis del codice penale e per quelli commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni di tipo mafioso, nei confronti dell'imputato che, dissociandosi dagli altri, si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori anche aiutando concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l'individuazione o la cattura degli autori dei reati, la pena dell'ergastolo è sostituita da quella della reclusione da dodici a venti anni e le altre pene sono diminuite da un terzo alla metà.
2. Nei casi previsti dal comma 1 non si applicano le disposizioni dell'articolo 7
».

Il testo dell'articolo 6 T.U. lascia, invece, sostanzialmente inalterato il comma 1 dell'articolo 8 del decreto legge 152/91 (salvo, ovviamente, il riferimento all'articolo 1 del T.U. in luogo di quello all'articolo 416-bis) ma al comma 2 testualmente recita:
«Nei casi previsti dal comma 1 non si applica la disposizione dell'articolo 5, comma 1».

In realtà la confusione e le problematiche interpretative che si vengono ad ingenerare sono ancora più ampie se si

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pensa che anche in questo caso non è stato espressamente (ma neppure implicitamente vista la non completa sovrapponibilità delle due disposizioni) abrogato l'articolo 8 del decreto legge 152/91 con la conseguenza che per gli effetti a cascata determinati dall'articolo 128 del T.U. si determina la sopravvivenza di entrambe le disposizioni con effetti relativi alle circostanze nei reati di mafia non contemplati nel T.U.
Da ultimo, al riguardo, proprio trattando delle problematiche relative alle circostanze attenuanti, non si può che stigmatizzare il mancato riferimento nel T.U. alla normativa sui collaboratori e sui testimoni di giustizia normativa che, con riguardo ai collaboratori presenta palesi effetti sul piano processuale e sanzionatorio anche con specifico riguardo ai reati di mafia oltretutto tenendo conto del fatto che in diverse norme in materia di collaboratori e testimoni viene fatto riferimento ai delitti indicati nell'articolo 51 comma 3-bis c.p.p. fra i quali si colloca anche quello di cui all'articolo 416-bis c.p.
L'articolo 8 del T. U. (di cui vi è solo un fugace richiamo nella relazione) ripercorre testualmente la confisca prevista dall'articolo 12-sexies del decreto legge 306/925, e dunque il relativo sequestro (preventivo ex articolo 321, comma 2, c.p.p, evidentemente riferibile anche all'articolo 8).
Con un'originale tecnica di chirurgia legislativa si sono estrapolatidal testo dell'articolo 12-sexies legge 356/92, l'articolo 416-bis (previsto al primo comma) e l'aggravante dell'articolo 7 legge 152/91 conv. in 203/91 (testualmente riprodotta nel comma due) - disposizioni oggi riprodotte rispettivamente negli artt. 1 e 5 del codice - e si è formulata un'ulteriore ipotesi particolare di confisca ripercorrendo testualmente i presupposti del citato art 12-sexies legge 356/92.
In pratica il nuovo articolo 8 T.U. costituisce una «specie» rispetto all'articolo 12-sexies decreto-legge n. 306/92 che resta, invece, in vigore per tutti gli altri delitti in esso contemplati nonché per quelli in materia di terrorismo.
L'opera di ricognizione, coordinamento e armonizzazione, deve produrre effetti positivi e non creare problemi interpretativi che possono sorgere proprio dalla scelta di estrapolare fattispecie, con ulteriore frammentazione delle misure patrimoniali antimafia, con una scelta che contrasta con la direzione di semplificazione e unificazione (della parte relativa all'amministrazione) seguita in questi anni, da ultimo con la legge 94/2009 che opportunamente estendeva le disposizioni in tema di amministrazione e destinazione dei beni sequestrati in sede di prevenzione al corrispondente sequestro penale ex articolo 12-sexies legge 356/92.
Lo schema di decreto invece di lasciare inalterato il quadro normativo ha operato una ulteriore frammentazione che, pur se la formula dell'articolo 8 ripercorre testualmente l'articolo 12-sexies legge 347/92, rischia di creare seri problemi interpretativi.
Occorre, in ogni caso, prevedere testualmente quali norme in materia di amministrazione, gestione e destinazione dei beni previsti dal codice per la materia della prevenzione sono applicabili al sequestro e alla confisca ex articolo 12-sexies legge 356/92 ed ex articolo 8 del T.U in quanto oggi l'articolo 12 sexies, comma 4-bis, legge 356/92 richiama espressamente gli articoli 2-quater e da 2-sexies a 2-duodecies della legge 31 maggio 1965, n. 575 che, però, non trovano una chiara e diretta corrispondenza nelle norme del codice antimafia.
L'articolo 9 del T.U. introdotto nel capo IV del Libro I intitolato «Le indagini per i delitti di criminalità organizzata di tipo mafioso» - titolo sulla carta ambizioso ma, di fatto, costituito da due soli articoli - riproduce testualmente la disciplina delle intercettazioni preventive di cui all'articolo 25-ter del decreto legge 306/92.
Deve però essere ricordato che con l'articolo 5 del decreto legge 374/20016[9] da un lato (comma 1) si è dettato il nuovo testo dell'articolo 226 (Intercettazione e controlli preventivi sulle comunicazioni) delle norme di coordinamento del codice di procedura penale e, dall'altro (comma 2), si è «abrogata ogni altra disposizione concernente le intercettazioni preventive».

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Ne consegue che in forza dell'articolo 5 decreto legge n. 374/2001, devono ritenersi abrogate le disposizioni di cui all'articolo 25-ter decreto legge 306/92 (così come anche quelle di cui all'articolo 16 legge 646/82).
In particolare, l'articolo 9 qui in esame che, fra l'altro, «apre» con «Fermo quanto previsto dall'articolo 226 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271...» finisce per introdurre (rectius: re-introdurre ex novo) nel sistema una disciplina non più vigente, così apparentemente violando i limiti imposti dalla legge delega con i conseguenti potenziali aspetti di incostituzionalità.
Al di là di quanto si è detto, è appena il caso di sottolineare in questa sede la grave carenza nel T.U. di ogni riferimento alla normativa in materia di intercettazioni «probatorie».
Infatti, non solo non vi è alcun riferimento alle operazioni di intercettazioni ordinarie (ex artt. 266 e segg. c.p.p.) ma neppure a quelle per la ricerca di latitanti la cui disciplina fa espresso riferimento per l'intercettazione di comunicazioni tra presenti all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di rito e, quindi, per l'effetto a cascata delle norme anche alle intercettazioni per reati «di mafia» di cui all'articolo 416-bis c.p. ora articolo 1 del T.U.
Va considerata inoltre la grave carenza derivante dal mancato richiamo (o comunque del mancato riferimento) nel T.U. ad una norma cardine in materia di intercettazioni per delitti di criminalità organizzata (e quindi anche di mafia) quale quella di cui all'articolo 13 del decreto legge 152/1991.
L'articolo 10, commi 1 e 2, del T.U. estrapola innanzitutto la normativa speciale in tema di controlli, ispezioni e perquisizioni di cui all'articolo 27, commi 1 e 2, della legge 55/90 con riferimento all'articolo 416-bis e alle aggravanti di mafia.
Si è così creata anche in questo caso un'inutile stratificazione normativa a seguito della quale alcuni «nuovi» istituti vanno a costituire una «specie» rispetto a quelli da cui originano (i quali ultimi rimangono in vigore per talune ipotesi di delitto) e, pertanto, ad essi si affiancano: in definitiva, si è correttamente osservato in dottrina, un medesimo istituto (es. controllo e ispezione dei mezzi di trasporto) sarà disciplinato da diverse disposizioni a seconda del delitto di riferimento (in materia di stupefacenti dal T.U.L.P.S.; in materia di associazioni mafiose dal nuovo articolo 10 codice antimafia; in materia di riciclaggio dall'articolo 27 L. n. 55/90).
l'articolo 10 T.U. in materia di controlli e di perquisizioni va a costituire una specie rispetto agli artt. 27 della L. n. 55/90 (che opera con riferimento ai delitti di cui agli artt. 416-bis c.p. ed a quelli commessi in relazione ad esso nonché agli artt. 648-bis e 648-ter c.p.) e 25-bis decreto-legge n. 306/92 (che opera con riferimento ai delitti di cui all'articolo 51 comma 3-bis c.p.p. ed a quelli commessi per finalità di terrorismo): entrambe tali disposizioni rimarrebbero in vigore limitatamente a tutti i delitti ad esclusione di quelli previsti dall'articolo 1 T.U. e di quelli aggravati ex articolo 5 T.U. (questi ultimi citati nell'articolo 10 T.U.).
A fronte di simili situazioni appare assai lontano dall'essere realizzato il proposito di armonizzazione contenuto nella legge delega.
Solo a titolo esemplificativo si osserva che va rimarcata l'assenza di una serie di disposizioni contenute nel c.p.p. e relative alla criminalità organizzata (es. in materia di competenza distrettuale del pm e del Giudice: articolo 51 comma 3-bis e 328; di contrasti tra pm: artt. 54-ter e 54-quater; di notificazioni: articolo 148 ss con riferimento all'articolo 17 comma 6 decreto-legge n. 144/2005; di inversione dell'onere della prova: articolo 190-bis; di criteri di scelta delle misure cautelari: articolo 275; di intercettazioni anche ambientali per la ricerca del latitante: articolo 295; di proroga dei termini di durata delle indagini: articolo 406; di esclusione del c.d. patteggiamento: articolo 444; di rogatorie: artt. 724 e 727; di particolari modalità di svolgimento del dibattimento: 145-bis disp. att. per le aule di udienza protette, 146-bis e

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147-bis disp. att. per la videoconferenza), così come l'assenza di ogni riferimento ai colloqui a fini investigativi previsti dall'articolo 18-bis O.P. (finalizzati all'acquisizione di informazioni utili per la prevenzione e repressione dei delitti di criminalità organizzata), oltre, infine alla mancanza di ogni riferimento in materia di criminalità organizzata transnazionale di cui alla legge n. 146/2006.
Non ci sono, inoltre, riferimenti alla recente normativa sulla tracciabilità dei flussi finanziari, gli accessi ai cantieri, la rescissione dei contratti pubblici di appalto e l'incapacità a contrattare con la pubblica amministrazione per tre anni in caso di omessa denunzia di estorsione, i delitti di turbata libertà degli incanti e della procedura di scelta del contraente, lo scioglimento dei consigli comunali e provinciali, la modifica delle norme sugli agenti sottocopertura, i ritardati arresti e sequestri, le competenze dei Prefetti e delle autorità locali in materia amministrativa, la legge antiracket e anti usura, la legge in favore delle vittime di mafia, i delitti corrispondenti alle attività criminali tipiche delle associazioni di tipo mafioso. In conclusione sarebbe stato più utile una sorta di testo unico che raccogliesse tutta la legislazione antimafia con indicazione delle norme di riferimento, senza ulteriori problemi di applicazione e di interpretazione, completata e perfezionata con nuovi strumenti legislativi volti ad agevolare un'attività di bonifica della pubblica amministrazione e dei circuiti imprenditoriali.
In ogni caso, indipendentemente dalla mancanza di principi e criteri direttivi tali da consentire un intervento del legislatore delegato, le indagini recenti infatti sempre di più pongono in luce che il consenso elettorale ed il rapporto imprenditore-politico-mafioso sono alla base di «comitati d'affari», di «cricche», di un sistema criminale integrato e articolato. Oltre al settore dell'edilizia pubblica, negli ultimi anni, il raggio d'azione si è esteso dalle energie alternative alla grande distribuzione, dalla sanità privata ad alta tecnologia allo smaltimento dei rifiuti, e tutto si fonda su accordi, compromessi, privilegi e complicità che uniscono imprenditori spregiudicati, liberi professionisti a libro paga, amministratori corrotti, politici votati ad una «raccolta del consenso» a qualsiasi costo, senza regole. Gli alti burocrati e i politici gestiscono il flusso della spesa pubblica e le autorizzazioni amministrative; gli imprenditori si occupano dell'accesso al mercato; i mafiosi riciclano capitali e mettono a disposizione, quando serve, la violenza, l'intimidazione o la corruzione di volta in volta necessarie per rimuovere gli ostacoli che intralciano il loro sistema di potere. Ecco perché nell'ambito di una concreta strategia di contrasto gli operatori di giustizia chiedono a gran voce norme che consentano di perseguire l'autoriciclaggio, il voto di scambio elettorale-mafioso con altre utilità oltre al denaro, condotte di assistenza agli associati mafiosi che meglio sanzionino le più moderne forme di collusione o di agevolazione, la tempestiva conoscenza da parte dell'ufficio del Procuratore nazionale antimafia degli atti d'indagine delle direzioni distrettuali antimafia, nonché delle rogatorie anche in materia di procedimenti di prevenzione o di provvedimenti di sequestro o di confisca da eseguire all'estero, l'inserimento nel reato del 12-quinquies (trasferimento fraudolento di valori) anche della condotta di elusione dei provvedimenti di sequestro e confisca penali e non solo, secondo l'attuale previsione, delle misure di prevenzione antimafia, l'aumento del termine di 180 gg. per i collaboratori di giustizia di maggior rilievo criminale, tanto per citare alcuni esempi.

Libro II: Le misure di prevenzione (articoli da 11 a 91).

Il testo, relativo a materia altamente specialistica, presenta imprecisioni e omissioni che devono essere eliminate attraverso un'attenta opera suggerita anche nel dettaglio nel corso delle audizioni da operatori del settore che hanno presentato contributi scritti.

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Titolo I: le misure di prevenzione personali (articoli da 11 a 25).

Le misure di prevenzione applicate dal Questore (articoli 11, 12 e 13).

All'articolo 13, comma 1, ricorre il termine sospetto, poco compatibile coi principi costituzionali.

Le misure di prevenzione applicate dall'autorità giudiziaria (articoli da 14 a 25).

L'articolo 14 prevede una non condivisibile equiparazione tra le diverse figure di pericolosità delineate. Va ripristinata la tradizionale e ontologica distinzione tra pericolosità di tipo mafioso (c.d. pericolosità qualificata) e di natura ordinaria (c.d. pericolosità semplice), desumibile nel codice solo nella previsione delle misure patrimoniali diverse dalla confisca (articolo 43 e 44).
La diversa natura della pericolosità richiede una disciplina non coincidente, e, soprattutto, più incisiva per gli appartenenti ad associazione di tipo mafioso (specificamente attraverso l'obbligatorietà dell'obbligo di soggiorno e dell'imposizione della cauzione come oggi previsto).
Gli articoli da 16 a 18 prevedono le misure di prevenzione con una ricognizione delle vigenti disposizioni di cui agli artt. 3 e 5 della legge n. 1423/56. Manca, tuttavia, il coordinamento delle prescrizioni con i principi costituzionali. All'articolo 18, si utilizzano ancora i termini di «ozioso e vagabondo» (comma terzo) e di «sospetto» (comma quarto) che per la loro indeterminatezza e atipicità appaiono incompatibili con un procedimento giurisdizionalizzato che sia anche in sintonia con la giurisprudenza della Corte europea per i diritti dell'uomo.
Per quanto riguarda l'audizione dell'interessato al procedimento di prevenzione (o dei testi) in videoconferenza prevista nella legge delega è stata omessa nello schema di decreto. In caso di inserimento di detta previsione (la cui opportunità è da valutare in quanto le esperienze giudiziaria fanno ritenere il metodo della cross-examination di gran lunga preferibile al «diaframma» del sistema della videoconferenza) occorrerebbe coordinare il testo definitivo (da inserire nell'articolo 17 - procedimento applicativo) con l'articolo 146 bis c.p.p. att. che prevede la partecipazione a distanza solo in presenza di specifiche condizioni oggettive e cioè che si proceda per taluno dei delitti indicati dall'articolo 51 c. 3 bis c.p.p. e sempreché sussista anche uno dei presupposti alternativamente previsti (gravi ragioni di sicurezza o di ordine pubblico, dibattimento di particolare complessità, con necessità di evitare ritardi nello svolgimento).
Manca tra l'altro nel testo del decreto una norma che disciplini la competenza del tribunale con gravi incertezze applicative.
Non si regolamenta in modo conforme alla giurisprudenza e ai diritti dell'interessato la partecipazione del proposto detenuto.
Manca un'opportuna disciplina sui termini di deposito del provvedimento.

Libro II, titolo II: le misure di prevenzione patrimoniali (articoli da 26 a 44).

All'articolo 26 - va verificata l'opportunità di inserire tra i destinatari anche «coloro che per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l'integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica» (previsti dal combinato disposto dell'articolo 14 lettera c) e 11 lettera c), oggi (soggetti di cui all'articolo 1, n. 3, legge 1423/56) esclusi dall'applicabilità delle misure di prevenzione patrimoniale.
Articolo 28 - Ai sensi della normativa vigente (articolo 2 ter, comma 2, 3 e 6 bis legge 575/65), in presenza dei relativi presupposti, le misure di prevenzione patrimoniali (sequestro e confisca) possono applicarsi indipendentemente dall' applicazione della misura personale e per le misure di prevenzione patrimoniale, indipendentemente dalla pericolosità sociale

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del soggetto proposto per la loro applicazione al momento della richiesta della misura di prevenzione. L'articolo 28 del codice antimafia al primo comma, in violazione della legge delega, con omissione dell'inciso finale della disposizione delegante («...al momento della richiesta della misura di prevenzione...») fa ritenere che la misura di prevenzione patrimoniale sia svincolata totalmente dall'esistenza dalla pericolosità del soggetto.
La predetta omissione in sede di redazione definitiva del testo dovrà essere colmata per evitare interpretazioni alternative fuorvianti e questioni di illegittimità costituzionali per eccesso di delega.
Va riformulato l'articolo 28, comma 2, che disciplina in modo confuso le due diverse ipotesi oggi previste (in testi che, a loro volta, non brillano per chiarezza) di morte del proposto e del soggetto deceduto prima della proposta, prevedendo due autonome disposizioni:
All'articolo 30 vanno eliminate o riformulate disposizioni incompatibili col principio di applicazione disgiunta della misura e meglio regolato il sequestro ordinario adottato dal Tribunale.
All'articolo 31 vanno eliminate evidenti ripetizione al primo e al secondo comma sull'immissione in possesso con contrasto sull'assistenza della polizia giudiziaria, prima obbligatoria poi facoltativa:
All'articolo 33 vanno colmate delle lacune in tema di citazioni.
All'articolo 34, estremamente problematico appare poi il disposto dell'articolo 34, comma 2, che stabilisce che «il decreto di confisca può essere emanato entro un anno e sei mesi dalla data di immissione in possesso dei beni da parte dell'amministratore giudiziario», e che «nel caso di indagini complesse o compendi patrimoniali rilevanti, tale termine può essere prorogato con decreto motivato del tribunale per periodi di sei mesi e per non più di due volte». Una analoga disciplina è contenuta nell'articolo 37.comma 6, a proposito del giudizio di appello.
Si tratta, all'evidenza, di una logica corrispondente a quella che ha ispirato i ben noti progetti di legge in materia di «processo breve». Una logica che si fonda su un palese fraintendimento delle indicazioni offerte dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, le quali comportano l'impegno dello Stato di completare il processo penale entro un termine non fisso ma elastico e ragionevolmente commisurato alla sua complessità e alla natura degli interessi in gioco, senza che comunque dalla inosservanza di tale termine possa derivare alcun pregiudizio per la tutela degli interessi della collettività e delle vittime dei reati, rimanendo soltanto da garantire il rimedio del risarcimento dei danni in favore delle parti processuali.
La fissazione di un termine perentorio, non superiore in nessun caso a due anni e sei mesi, potrebbe porsi in insanabile contrasto con le esigenze di approfondimento e di garanzia sottese al procedimento di prevenzione: è sufficiente passare in rassegna le più note confische di prevenzione realizzate nell'ultimo decennio, per rendersi conto che in tutti i casi nei quali si trattava di ingenti patrimoni, stratificatisi nel tempo, il suddetto termine è stato abbondantemente superato, pur in presenza di una conduzione delle attività processuali secondo ritmi assai sostenuti. Non è possibile contenere in limiti cronologici predeterminati astrattamente accertamenti approfonditi e complessi, che si snodano attraverso indagini bancarie, perizie contabili, rogatorie internazionali, audizioni di decine di collaboratori di giustizia in località protette.
Innovazioni come quella sopra descritta rischiano, da un lato, di indurre il giudice ad una istruzione e una decisione con caratteri di sommarietà per evitare il decorso del termine perentorio (con i gravissimi effetti negativi che ne deriverebbero); e, dall'altro, di indurre il proposto a sperimentare tutti gli strumenti dilatori a sua disposizione, con un conseguente prolungamento della durata media dei procedimenti di prevenzione.
Se alla «prioritaria esigenza di rendere rapido ed effettivo l'utilizzo dei patrimoni per finalità istituzionali e sociali» si è cercato di venire incontro proprio con la

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costituzione di un nuovo ente finalizzato ad assicurare l'unitarietà degli interventi e a programmare, già durante la fase dell'amministrazione giudiziaria, la destinazione finale dei beni sequestrati, non si comprendono le ragioni della scelta di introdurre nel procedimento di prevenzione un termine perentorio di efficacia del sequestro, in controtendenza rispetto alla regolamentazione vigente per tutte le altre tipologie di misure cautelari reali.
La strada maestra sarebbe quella di una eliminazione delle previsioni contenute negli artt. 34 comma 2 e 37 comma 6.
Va rivisto il comma 3 ,incompatibile col principio dell'applicazione disgiunta
Gli articoli da 35 a 37 richiedono opportune integrazioni e modifiche
L'art 38, attraverso il richiamo dell'articolo 56, non può prevedere di norma la restituzione del bene definitivamente confiscato perché in contrasto con gli attuali orientamenti giurisprudenziali e con l'intervenuta destinazione del bene a fini sociali.
Gli articoli 40, 41 e 44 richiedono alcuni interventi, in particolare con riferimento all'amministrazione di beni di cui all'articolo 44.

Libro II, titolo III: l'amministrazione, la gestione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati (articoli da 45 a 61).

Gli articoli da 45 a 54 vanno rivisti e modificati per colmare lacune ed errori, anche con riferimento alle competenze dell'Agenzia Nazionale (in particolare all'articolo 54 particolarmente impreciso).
Vanno previste numerose ulteriori disposizioni, consentite dalla legge delega, per meglio disciplinare la delicata fase dell'esecuzione del sequestro e dell'amministrazione dei beni sequestrati al fine di consentire migliori e più utili risultati alle amministrazioni giudiziarie.
L'articolo 55 va modificato per rendere più chiara l'acquisizione del bene allo Stato senza vincolo alcuno.
L'articolo 56 va completamente rivisto prevedendo che di norma si provveda alla restituzione per equivalente (essendo il bene destinato ormai a fini sociali) ponendo in ogni caso l'onere a carico del FUG e non degli enti destinatari che non sarebbero in grado di farvi fronte, peraltro per un bene loro solo destinato ma di proprietà dello Stato.
Articolo 58. Va modificato il comma 1, lettera b), ove si prevede in ogni caso la vendita delle partecipazioni societarie, limitandola alle sole partecipazioni minoritarie (o ampiamente minoritarie) con modalità tali da garantire i livelli occupazionali. La mancata modifica imporrebbe la vendita di quote sociali maggioritarie di società titolari di attività imprenditoriali (e, dunque, dell'azienda o delle aziende relative), vanificando la funzione sociale della confisca di prevenzione, che prevede per le aziende la vendita in alternativa all'affitto anche a titolo gratuito a cooperative. Non è idoneo a limitare la vendita l'articolo 58, comma 2 ,che regola solo le somme di denaro e ai proventi derivanti o comunque connessi ai beni aziendali confiscati.
È opportuno prevedere la pubblicità della destinazione dei beni (come avviene in parte già oggi) tramite il sito dell'Agenzia nazionale, con onere degli enti destinatari di fare inserire tutti gli elementi concernenti l'eventuale assegnazione e utilizzazione, con periodico aggiornamento. L'attuale forma di pubblicità (parziale) demandata agli enti locali non sempre è assicurata in modo idoneo. La trasparenza dell'assegnazione e utilizzazione dei beni è elemento essenziale per consentire il raggiungimento delle finalità sociali previste dalla legge.
Vanno operate altre modifiche di dettaglio.

Il Libro II, titolo IV: la tutela dei terzi e i rapporti con le procedure concorsuali (articoli da 62 a 75).

Una delle problematiche di maggior rilievo della disciplina delle misure patrimoniali riguarda la tutela dei terzi in buona fede, titolari di diritti reali e di

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garanzia sui beni confiscati e sequestrati, acquisiti precedentemente al provvedimento ablativo.
A questo riguardo sorgeva il problema di raccordare gli effetti del procedimento di applicazione della misura ablativa col processo esecutivo eventualmente in corso dinanzi al giudice civile dell'esecuzione. Analoghe esigenze di disciplina e di protezione erano sorte con riferimento ai terzi titolari di diritti personali di godimento sui beni sottoposti a misure di prevenzione, e dei terzi titolari di diritti di credito, anche non garantiti, nei riguardi del titolare di beni soggetti a sequestro o confisca.
La legislazione più recente ha sancito la prevalenza del procedimento per l'applicazione delle misure di prevenzione rispetto alle iniziative giudiziarie che il terzo possa promuovere o avere promosso in sede civile, consentendo al terzo stesso di «convogliare» le sue pretese nel procedimento di prevenzione.
L'articolo 62 disciplina la «rilevanza» dei diritti dei terzi e le condizioni affinché questi ultimi conseguano il diritto alla corresponsione di un equo indennizzo.
In particolare, si prevede l'obbligo della preventiva escussione del restante patrimonio del proposto (salvo che il credito sia assistito da cause legittime di prelazione), e che il credito non sia strumentale all'attività illecita, a meno che il creditore non dimostri di avere ignorato in buone fede il nesso di strumentalità. Appare opportuno precisare che la buona fede del terzo creditore (di cui al comma 1, lett. b), dell'articolo), consistente nel fatto che esso non sia strumentale all'attività illecita o a quella che ne costituisce il frutto o il reimpiego, debba essere acclarata nel giudizio di accertamento di cui agli artt. 67-69, potendosi altrimenti dubitare se siffatto accertamento debba essere compiuto nel giudizio di applicazione della misura di prevenzione patrimoniale di cui all'articolo 33 (che ha, per contro, ad oggetto la ricorrenza dei presupposti della misura).
La finalità della norma è quella di garantire l'effettività della misura reale, escludendo che sia sufficiente un controllo estrinseco del diritto di credito, rendendo invece necessario l'accertamento dell'estraneità del terzo all'attività delittuosa del proprio debitore nonché l'accertamento della non strumentalità del credito all'attività illecita o a quella che ne costituisce il frutto o il reimpiego, a meno che il creditore dimostri di avere ignorato in buona fede il nesso di strumentalità, ciò potrebbe essere realizzato tenendo conto del tipo di attività svolta dal creditore, anche con riferimento al ramo di attività, alla sussistenza di particolari obblighi di diligenza nella fase precontrattuale nonché, in caso di enti, alle dimensioni degli stessi.
Sebbene la legge delega opportunamente fissi dei criteri di giudizio che tengono conto anche della natura del creditore, volendo riferirsi alla necessità di una maggiore diligenza, ad esempio, da parte degli istituti di credito, sarebbe, comunque, più opportuno delineare l'onere probatorio in capo al terzo utilizzando categorie già elaborate dalla giurisprudenza nella stessa materia: buona fede e inconsapevole affidamento in tema di creditore garantito da ipoteca.
Per gli istituti di credito, costituenti la categoria più frequente di terzo, si potrebbero utilizzare criteri più facilmente accertabili, quali ad esempio l'onere di provare il rispetto delle norme e prassi bancarie in materia, oltre che del disposto del D. L.vo 231/07 e della L. 197/1991 in (in materia di antiriciclaggio). Inoltre, in applicazione dell'articolo 9 del D. L.vo 231/07, va prevista la comunicazione alla Banca d'Italia del decreto con cui viene respinta la domanda di riconoscimento della buona fede al fine di consentire le opportune valutazioni da parte dell'istituto di vigilanza ai sensi della citata normativa antiriciclaggio;
All'articolo 63 vi è la previsione, secondo la quale, in caso di confisca definitiva, i creditori per titolo anteriore al sequestro sono soddisfatti dallo Stato nei limiti del valore dei beni risultante dalla stima dell'amministratore giudiziario.

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La norma, cui la relazione illustrativa non dedica alcuno spazio nonostante la sua rilevanza, favorisce i creditori, spesso rappresentati da istituti di credito, non prevedendo neanche il recupero delle somme corrisposte all'amministratore o comunque anticipate dall'Erario nel corso del procedimento, con conseguente perdita netta dello Stato.
In ogni caso la norma è in evidente eccesso di delega, prevedendo opportunamente l'articolo 1, comma 3, lettera f) n. 3.3 legge 136/10 il principio del limite di soddisfazione della garanzia patrimoniale, costituito dal 70 per cento del valore dei beni sequestrati, al netto delle spese del procedimento.
Tale circostanza è stata segnalata dal Procuratore Nazionale Antimafia nel corso dell'audizione del 6 luglio 2011 dinanzi alla Commissione Giustizia della Camera, riprendendo contributi scientifici tempestivamente pubblicati.
L'articolo 66, oltre a necessitare di alcune integrazioni, regolando i rapporti pendenti durante ilo sequestro rischia di paralizzare l'esercizio dell'impresa nella delicatissima fase che segue il sequestro, bloccando l'esecuzione di tutti i contratti pendenti, compresi - sembrerebbe - quelli di lavoro, in attesa delle complesse valutazioni sulla opportunità della loro risoluzione. Sarebbe sicuramente preferibile una disciplina che, senza introdurre alcuna sospensione, si limiti ad attribuire all'amministratore giudiziario, previa autorizzazione del giudice delegato, un potere di scioglimento dei contratti.
La necessità di tali modifiche è quella di contemperare le esigenze di mantenere vivo e produttivo il tessuto imprenditoriale sequestrato con la necessità di tutelare i terzi creditori, sicché sarà l'Agenzia, che ha «il polso» della situazione economica aziendale, a individuare la percentuale di pagamento, che potrebbe essere anche del 100 per cento, in favore dei creditori, molti dei quali tra l'altro continuano ad avere rapporti con la azienda sottoposta a misura di prevenzione, non imponendo il pagamento dell'intero con la vendita degli immobili o dei beni strumentali del patrimonio confiscato.
Articoli da 67 a 62 - È stato sottolineato in sede di audizione che alcune disposizioni relative alla tutela dei terzi e all'espletamento della funzione di amministratore giudiziario (ad esempio cfr. gli articoli 69 e 70 che prevedono la formazione dello stato passivo e la liquidazione dei beni), si prestano a essere lette come ispirate dall'intento di favorire, piuttosto che la continuità e l'ulteriore sviluppo delle aziende sequestrate e confiscate, la loro futura liquidazione e vendita. Una simile scelta di politica del diritto della prevenzione finisce col contrastare con le più qualificanti e innovative direttrici di intervento emerse negli ultimi anni in questo settore.
La disciplina del procedimento regolato dagli artt. 67 ss., sembra come è stato sopra detto (particolarmente da magistrati impegnati in questo delicato settore che hanno anche pubblicato ampi commenti scientifici del testo) improntata alla procedura di un giudizio fallimentare e non di un procedimento di prevenzione: il legislatore sembra avere dimenticato che i sequestri nella maggior parte dei casi hanno ad oggetto aziende attive, con un progetto imprenditoriale da portare avanti, con decine di dipendenti, un indotto e con una enorme quantità di problemi quotidiani con cui confrontarsi.
Quanto al contenuto dell'articolo 70, si evidenzia che esso pare muoversi in senso parzialmente dissonante con quanto previsto dall'articolo 2-undecies della legge n. 375/1965, che prevede che i beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata siano innanzi tutto: a) mantenuti al patrimonio dello Stato per finalità di giustizia, di ordine pubblico e di protezione civile e, ove idonei, anche per altri usi governativi o pubblici connessi allo svolgimento delle attività istituzionali di amministrazioni statali, agenzie fiscali, università statali, enti pubblici e istituzioni culturali di rilevante interesse, salvo che si debba procedere alla vendita degli stessi finalizzata al risarcimento delle vittime dei

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reati di tipo mafioso; e b) trasferiti per finalità istituzionali o sociali, in via prioritaria, al patrimonio del comune ove l'immobile è sito, ovvero al patrimonio della provincia o della regione.
Se, poi, non è possibile effettuare la destinazione o il trasferimento dei beni per le dette finalità di pubblico interesse, i beni medesimi sono destinati alle vendita con provvedimento dell'Agenzia. Ai fini della procedura da seguirsi per la vendita, la norma della legge n. 375/1965 fa rinvio alle disposizioni del codice di procedura civile, in quanto compatibili. La vendita è effettuata in favore degli enti pubblici aventi tra le altre finalità istituzionali anche quella dell'investimento nel settore immobiliare, alle associazioni di categoria che assicurano maggiori garanzie e utilità per il perseguimento dell'interesse pubblico e alle fondazioni bancarie. I beni immobili acquistati non possono essere alienati, nemmeno parzialmente, per cinque anni dalla data di trascrizione del contratto di vendita.
In realtà si è delineato un giudice della prevenzione, specie in materia patrimoniale, molto più simile ad un giudice della materia fallimentare, ponendosi un forte accento sulla necessità della soddisfazione dei diritti dei terzi sui beni sequestrati o confiscati che prescinde dalla profonda diversità delle due materie: da una parte si disciplina l'apprensione di beni frutto di un'illecita condotta criminale, dell'altra si statuisce del patrimonio di un soggetto che non ha potuto o saputo gestire la propria azienda. Tutto questo dimenticando quanto la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione ha delibato in questo campo, con sentenze sempre più aderenti alla materia ed i tempi, ponendo la confisca di prevenzione al di sopra e al di là dei crediti gravanti sul bene. Bene che, una volta entrato nella patrimonio dello Stato, non vede, se non in casi eccezionali, alcuna possibilità di essere restituito o intaccato nel suo valore, ciò in ragione anche del suo futuro utilizzo per motivi sociali e di pubblica utilità. Si è creato così uno procedimento «collaterale» al procedimento principale per la confisca, probabilmente un procedimento incidentale, che peraltro può sancire il diritto alla restituzione, all'indennizzo e/o risarcimento prima ancora che il bene sia definitivamente confiscato, con conseguenze disastrose che è facile immaginare in caso, non estremamente raro, di restituzione dello stesso all'esito del procedimento di prevenzione.
Dal punto di vista economico-sociale è importante sottolineare che le aziende ed i compendi patrimoniali oggetto di misure di prevenzione - ancorché riconducibili alla criminalità o ad ambienti contigui - sono di per se una risorsa, talvolta assai significativa, per il tessuto imprenditoriale locale specie nelle zone economicamente depresse del Paese in cui i fenomeni di criminalità associativa con risvolti economici assumono notevole incidenza.
A tal fine è necessario un intervento mirante a meglio contemperare le indispensabili esigenze di giustizia penale, volte ad ottenere la sostanziale ed irreversibile sottrazione del patrimonio illecito, con la necessaria libertà di movimento contrattuale ed imprenditoriale dell'amministratore giudiziario.
L'unica soluzione prospettabile appare quella di procrastinare i tempi della verifica dei crediti all'esito della confisca in primo grado, coinvolgendo con un più fattivo intervento la Agenzia nazionale. Il legislatore applica la procedura fallimentare ad un istituto, quale il sequestro in prevenzione, che presuppone una gestione attiva e continuativa della azienda. Ove si liquidassero immediatamente i beni in sequestro, nulla rimarrebbe per portare avanti la attività imprenditoriale, che sarebbe destinata al fallimento. In buona sostanza, l'amministratore giudiziario non sarebbe più tale, ma diverrebbe il liquidatore della società sequestrata, in violazione della ratio e dei principi fondamentali che informano la disciplina delle misure di prevenzione, in virtù dei quali l'amministratore deve gestire il patrimonio sequestrato, aumentandone ove possibile la produttività: è impensabile che le banche possano finanziare l'amministratore pur nella ragionevole consapevolezza di

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non poter contare su alcuna garanzia patrimoniale, posto che i beni dell'impresa verrebbero «spesi» per il soddisfacimento dei debiti preesistenti, la necessità di liquidare il patrimonio per pagare i creditori pregressi imporrebbe anche la vendita dei beni strumentali con conseguente impossibilità di continuazione dell'attività d'impresa;
Gli articoli 73 e 74, recependo la facoltà attribuita al Governo dal delegante, prevedono che - in tutti i casi in cui si apre il fallimento (sia anteriormente che successivamente al sequestro di prevenzione) - alla verifica dei crediti debba procedere il giudice delegato al fallimento (e non il giudice delegato dal tribunale che ha disposto la misura di prevenzione) secondo il procedimento di verifica del passivo disciplinato dalla legge fallimentare, ma facendo applicazione delle regole di verifica dei crediti dettate dalla normativa speciale di cui all'articolo 62 (ad esempio, le regole sull'accertamento della buona fede del terzo).
Dovendosi, però, tenere conto, in sede di verifica del passivo, dei criteri di cui all'articolo 62, non v'è dubbio che i due organi, curatore e amministratore giudiziario, debbano procedere in stretta collaborazione. In proposito, non può non rimarcarsi il rilievo già espresso in ordine ai problemi e alle criticità conseguenti alla frammentarietà delle disposizioni e all'assenza di una chiara, organica ed unitaria disciplina transitoria.
Inoltre ci sono delle materie chiave che non vengono regolate, in particolare nel settore delle misure di prevenzione, dove sarebbe invece, opportuno prevedere:
1) L'estensione ai procedimenti di prevenzione patrimoniali della disciplina sulla trattazione prioritaria dei processi (penali) di cui all'articolo 132 bis disp. att. c.p.p.;
«1. È assicurata la priorità assoluta nella trattazione e nella formazione dei ruoli di udienza:
a) dei procedimenti previsti dalla presente legge;
b) dei procedimenti previsti dalla legge 22 maggio 1975, n. 152;
c) dei procedimenti aventi ad oggetto le proposte di applicazione di misure patrimoniali ai sensi degli artt. 19 della legge 22 maggio 1975 e 1, numeri 1) e 2) della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, n. 152;

2. I dirigenti dei tribunali avente sede nel capoluogo di provincia e delle Corti d'appello adottano i provvedimenti organizzativi necessari per assicurare la trattazione e definizione prioritaria dei procedimenti previsti dal primo comma e il rispetto dei termini previsti. I provvedimenti sono tempestivamente comunicati al Consiglio Giudiziario e al Consiglio superiore della magistratura. Il Consiglio superiore della magistratura e il Ministro della giustizia valutano gli effetti dei provvedimenti adottati dai dirigenti degli uffici' sulla trattazione prioritaria, sulla durata e sul rispetto dei termini dei procedimenti di cui alla presente legge. In sede di comunicazioni sull'amministrazione della giustizia, ai sensi dell'articolo 86 dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, il Ministro della giustizia riferisce alle Camere le valutazioni effettuate ai sensi del presente comma;
2) La trattazione dei procedimenti previsti dalla legge n. 575 del 1965 da parte di sezioni o collegi specializzati.

«Anche al fine di dare attuazione a quanto disposto dai commi precedenti, presso gli uffici giudicanti indicati al comma 2 sono individuati, osservato il procedimento dell'articolo 7 bis commi 1 e 2 del Regio Decreto 30 gennaio 1941 n. 12, i collegi giudicanti o le sezioni che trattano in via esclusiva o prevalente i procedimenti previsti dalla presente legge, dalla legge 22 maggio 1975 n. 152 e dalla legge 27 dicembre 1956, n. 1423.».
3) Sulle aziende sequestrate:
a) la collaborazione delle organizzazioni sindacali, dei lavoratori e dei datori

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di lavoro, del settore, con evidente competenza specifica e interesse alla prosecuzione dell'attività;
b) la stipula di convenzioni con associazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro per acquisire specifiche competenze;
c) il potenziamento della cassa integrazione previste dall'articolo 2 della L. 109/96 a tutela dei lavoratori;
d) l'introduzione di agevolazioni fiscali almeno nella fase di regolarizzazione ed emersione del lavoro nero;
e) la creazione di un fondo di garanzia, eventualmente gestito dall'Agenzia Nazionale, alimentato da piccole percentuali del Fug.
4) Sul sequestro dei beni ubicati all'estero: lo schema di decreto non dà alcuna attuazione all'articolo 1, comma 3, lett. b) n. 2) della legge delega che prevede di disciplinare l'ipotesi in cui «la confisca possa essere eseguita anche nei confronti di beni localizzati in territorio estero».

Pur in presenza di un quadro problematico sarebbe opportuno provvedere lanciando un segnale positivo in una materia che richiede soluzioni adeguate anche all'evolversi dei tempi e della legislazione internazionale di riferimento.

Libro II, titolo V: effetti, sanzioni e disposizioni finali (artt. da 76 a 91).

Nel testo si riscontra l'assenza di disposizioni di rinvio a norme esistenti ed in particolare agli effetti amministrativi derivanti dal decreto di applicazione della misura di prevenzione che appaiono essenziali in testo di legge che si propone di riordinare le disposizioni antimafia esaustivo dell'intera materia:
a) all'articolo 120 c.d.s. ai sensi del quale la patente automobilistica è revocata dal prefetto a coloro che sono stati sottoposti alle misure di prevenzione personali o patrimoniali;
b) all'articolo 26 del D.P.R 9 ottobre 1997 n. 431 (che rinvia all'articolo 6 della predetta disposizione di legge) ai sensi del quale la patente nautica è revocata a coloro che, tra l'altro, sono stati sottoposti a misure di prevenzione personale e patrimoniali;
c) all'articolo 3, lett. e) della L. 21 novembre 1967 n. 1185 ai sensi del quale non possono ottenere il passaporto coloro che sono sottoposti ad una misura di sicurezza detentiva ovvero ad una misura di prevenzione nel qual caso viene ritirato ai sensi dell'articolo 12 della predetta disposizione di legge;
d) all'articolo 9, ultimo cpv., della L. 18 aprile 1975, n. 110 ai sensi del quale, ferme restando le disposizioni contenute nell'articolo 8 della L. 31 maggio 1965, n. 575, le autorizzazioni di polizia in materia di armi (di cui al primo comma del medesimo articolo) non possono essere rilasciate a coloro che siano sottoposti ad una misura di prevenzione prescritte dalla L. 27 dicembre 1956, n. 1423;
e) al primo comma, lett. b, dell'articolo 5 del d.m. 18.3.1998, n. 161 che, nel regolamentare i requisiti di onorabilità e professionalità degli esponenti aziendali delle banche, dispone che le cariche, comunque denominate, di amministratore, sindaco e direttore generale non possono essere ricoperte, e se già in carica decadono (articolo 6), da coloro che sono stati sottoposti a misure di prevenzione ai sensi della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, o della legge 31 maggio 1965, n. 575, salvi gli effetti della riabilitazione;
f) all'articolo 28, primo, secondo e terzo comma, della L. 19 marzo 1990, n. 55 ai sensi del quale, alle persone, tra l'altro, sottoposte a misure di prevenzione, sono precluse le cariche di amministrazione nelle società fiduciarie e di revisione, e comportano il divieto di ottenere autorizzazioni, che eventualmente decadono se già rilasciate, per lo svolgimento delle attività delle predette società, fermo restando il disposto del quarto comma dell'articolo 10 della L. 31 maggio 1965,

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n. 575 che estende la decadenza nei confronti di chiunque conviva con la persona sottoposta alla misura di prevenzione e nei confronti di quelle società ed imprese di cui la persona sottoposta a misura di prevenzione determini in qualsiasi momento scelte e indirizzi; in tal caso i divieti sono efficaci per un periodo di cinque anni;
g) all'articolo 120 c.p.p., lettera b), ai sensi del quale non possono intervenire come testimoni ad atti del procedimento (artt. 214, 245, 249, 250 e 259 c.p.p.), tra l'altro, le persone sottoposte a misure di prevenzione;
h) all'articolo 144, lett. c), c.p.p., ai sensi del quale non può prestare ufficio di interprete, tra l' altro, chi è sottoposto a misure di prevenzione;
i) all'articolo 222, lett. c), c.p.p., ai sensi del quale non può prestare ufficio di perito, tra l'altro, chi è sottoposto a misure di prevenzione;
l) all'articolo 225, terzo comma, c.p.p., ai sensi del quale non può essere nominato consulente tecnico, tra l' altro, chi si trova nelle condizioni indicate dalla lettera c) dell'articolo 222 c.p.p.

Articolo 91 - Deve essere potenziato il coordinamento investigativo per la pluralità di organi titolari del potere di proposta:
personale, Procuratore nazionale antimafia, Direttore della Direzione investigativa antimafia, Questore, Procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo di distretto, Procuratore delle Repubblica del circondario)
e patrimoniale tutti quelli citati, a eccezione del Procuratore nazionale antimafia.

La facoltà da parte di ciascun titolare di proporre autonomamente la misura comporta dispiego di energie investigative, in particolare nel settore patrimoniale. Non è rara l'ipotesi in cui al Tribunale pervengono proposte da diversi organi nei confronti del medesimo soggetto, oggetto di minute e attente indagini anche patrimoniali.
L'articolo 91, con un'opera ricognitiva dell'articolo 34 della legge 55/90, conferma l'istituzione di registri delle misure di prevenzione presso ogni procura ed ogni tribunale competente e i previsti obblighi di comunicazione a Procuratore della Repubblica competente da parte degli altri titolari della proposta; tale disposizione è stata di recente modificata (legge 94/09) al fine di facilitare il coordinamento tra le diverse autorità proponenti, imponendo l'obbligo d'immediata comunicazione da parte del Questore e del direttore della DIA al Procuratore Distrettuale della proposta da presentare al Tribunale competente.
Pur se la formulazione della norma (si adoperano i termini proposta da presentare) e la sua finalità (auspicabile coordinamento) consentono di ritenere che la comunicazione vada trasmessa fin dal momento in cui tali organi iniziano l'attività investigativa, è opportuna una precisazione.
In ogni caso va esplicitato il potere di coordinamento in capo al Procuratore Distrettuale che, essendo anche il titolare dell'azione penale, è in condizione di meglio organizzare l'attività investigativa, tenendo anche conto dello stato, delle necessità e delle emergenze del procedimento penale.

Libro IV - Attività informative e investigative nella lotta contro la criminalità organizzata. L'Agenzia Nazionale (articoli da 112 a 124).

Relativamente al titolo primo, si osserva che non sembra opportuno, in considerazione del limite complessivo evidenziato del testo unico, trasferire nel codice (non esaustivo) disposizioni che più puntualmente devono essere contenute nell'ordinamento giudiziario, o che, con specifico riferimento all'articolo 118, vanno ad incidere in senso restrittivo sugli assetti e sui poteri della Direzione Investigativa Antimafia.

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Libro V - Modifiche alla legislazione vigente, disposizioni transitorie e di coordinamento (articoli da 125 a 131).

In questa parte il codice presenta seri limiti, dedicando solo 6 articoli a una materia che rischia di creare rilevanti problemi all'interprete con gravi danni all'azione di contrasto alle organizzazioni criminali.
La legge delega prevede che il decreto delegato contenga una disciplina transitoria per i procedimenti di prevenzione in ordine ai quali sia stata avanzata proposta o applicata una misura alla data di entrata in vigore del decreto legislativo (Art. 1, comma 3, lett. i) legge 136/10) oltre che l'abrogazione espressa della normativa incompatibile con le disposizioni del decreto legislativo Art. 1, comma 3, lett. l) legge 136/10.
Lo schema di decreto risulta, invece, carente sotto il profilo delle abrogazioni, l'unico riferimento è all'abrogazione implicita è contenuto nell'articolo 128 secondo cui i richiami alle disposizioni di alcune norme, tra cui quelle contenute nella legge 27 dicembre 1956, n. 1423 e nella legge 31 maggio 1965, n. 575, ovunque presenti, si intendono riferiti alle corrispondenti disposizioni contenute nel decreto (commi 2 e 3).
In ogni caso l'articolo 128 prevede, al più, un'abrogazione implicita solo delle disposizioni delle leggi ivi citate ma non consente di desumere le ulteriori e significative abrogazioni implicite che dovranno essere individuate dall'interprete, con gravi rischi.
Lo schema di decreto è carente anche per l'assenza di norme transitorie.
Solo l'articolo 129 prevede una disciplina transitoria, ai primi 7 commi riproducendo le medesime disposizioni contenute nella legge 50/10 per l'Agenzia nazionale, e al comma 8 stabilendo che i termine d'efficacia del sequestro (artt. 34 comma 2 e 37 comma 6) si applicano solo ai procedimenti per i quali la proposta sia stata avanzata successivamente all'entrata in vigore del decreto delegato.
L'assenza di un'organica disciplina transitoria e la presenza dell'articolo 129 che prevede il differimento esplicito per due norme, induce a concludere per l'immediata applicabilità di tutte le (numerosissime) norme innovative o modificative introdotte dal codice, anche in applicazione del principio generale tempus regit actum e di retroattività delle leggi in materia di misure di prevenzione.
Appare problematica l'immediata applicabilità dell'intero codice delle misure di prevenzione con specifico riferimento alla tutela dei terzi e al relativo procedimento che dovrebbe essere attivato in tutti i casi in cui il procedimento di prevenzione non si è ancora concluso con la confisca definitiva, con un notevole e non sostenibile aggravio. Occorre, pertanto una norma che preveda l'applicabilità della nuova disciplina sulla tutela dei terzi titolari di diritti di credito almeno per i procedimenti per i quali il sequestro è eseguito successivamente all'entrata in vigore del decreto.
È opportuna anche una specifica disposizione transitoria per la disciplina dei titolari di diritti reali di garanzia in quanto la più rilevante criticità rilevata per la destinazione dei beni confiscati è rappresentata dall'esistenza di ipoteche. Al 31.12.2010 vi sono 2.944 beni immobili da destinare, di cui 1.457 con ipoteche (991 volontarie e 335 giudiziarie).
È opportuno affrontare il problema delle ipoteche gravanti sui beni sequestrati e su quelli confiscati in via definitiva, attraverso norme transitorie (legittimate dalla delega e suggerite nel corso delle audizioni da magistrati esperti della materia ) dirette a disciplinare i procedimenti pendenti all'atto dell'entrata in vigore del decreto già promossi e incentivare la risoluzione per i beni confiscati definitivamente all'atto dell'entrata in vigore del decreto, al fine di indurre gli istituti di credito, che oggi tendono a non attivare alcun procedimento per contabilizzare il credito (seppur in sofferenza, laddove il rigetto dell'istanza comporta il passaggio del credito concesso a perdita) a decidere se attivare o meno il procedimento,

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esprime

PARERE FAVOREVOLE

alle seguenti condizioni:
Libro I: La criminalità organizzata di tipo mafioso (articoli da 1 a 10).
Sopprimere, per le motivazioni di cui in premessa, gli articoli da 1 a 10;
Sopprimere, in ogni caso, l'articolo 8, con contestuale modifica degli artt. 120 (in tema di competenza dell'Agenzia nazionale) e 125 (eliminazione di ogni riferimento all'articolo 416 bis c.p. e all'aggravante di mafia nei commi 1 e 2 dell'articolo 12 sexies legge 356/92).
Elencare le norme in materia di amministrazione, gestione e destinazione dei beni previsti dal codice per la materia della prevenzione applicabili al sequestro e alla confisca ex articolo 12 sexies, legge 356/92.

Libro II: Le misure di prevenzione (articoli da 11 a 91).

Articolo 13 - sostituire la parola «sospetti» con la parola «indizi».

Articolo 14 - (Soggetti destinatari) Va ripristinata la tradizionale e ontologica distinzione tra pericolosità di tipo mafioso (cosiddetta pericolosità qualificata) e di natura ordinaria (c.d. pericolosità semplice) desumibile nel codice solo nella previsione delle misure patrimoniali diverse dalla confisca, e suddividere i destinatari delle misure di prevenzione personali in due diversi articoli ovvero in due commi del medesimo articolo, riportando in uno i soggetti di cui alle lett. a) e b) dell'articolo 14, nell'altro tutti gli altri.
Occorre:
a) prevedere (più opportunamente all'articolo 16 tipologie delle misure e loro presupposti) l'obbligatoria imposizione nei casi ora ricordati (soggetti pericolosi di cui all'attuale articolo 14 lett. a) e b) dell'obbligo di soggiorno, con esclusione del divieto di soggiorno;
b) prevedere (più opportunamente all'articolo 41) solo per tali soggetti l'obbligo di imporre la cauzione (cfr. sub articolo 41).

Articolo 16 - Tipologie delle misure e loro presupposti: si rinvia a quanto suggerito all'articolo 14 (specificamente proposta sub b).

Articolo 17 - Procedimento applicativo:
a) va esplicitata la competenza del tribunale (in composizione collegiale) del capoluogo di provincia (che può ricomprendere più circondari);
b) va prevista l'applicabilità al procedimento di prevenzione dell' articolo 666 c.p.p. (procedimento di esecuzione);
c) va prevista l'applicabilità delle norme sulla videoconferenza (come imposto dalla legge delega) per l'audizione dell'interessato o dei testimoni ai sensi degli articoli 146-bis e 147-bis disp. att. c.p.p.;
d) va diversamente disciplinata la partecipazione dell'interessato detenuto, garantendo la sua traduzione (ovvero la videoconferenza nei casi previsti) qualora chieda espressamente di partecipare all'udienza;

Articolo 18 - Decisione
Deve procedersi al coordinamento con i principi costituzionali delle prescrizioni imposte col decreto applicativo della misura personale:
a) il termine sospetto (di vivere col provento di reati -articolo 18 comma 3- ovvero di non darvi ragione -articolo 18, comma 4) va sostituito con indizi;
b) vanno aggiornati i termini ozioso e vagabondo (articolo 18 comma 3) e di non trattenersi abitualmente nelle osterie o bettole;
c) va coordinata con i principi della Costituzione la prescrizione di non partecipare a pubbliche riunioni (articolo 18, comma 4);

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d) va coordinato, per evitare inutili ripetizioni, l'articolo 18, u.c. 8 (Il provvedimento è comunicato al procuratore della Repubblica, al procuratore generale presso la Corte di appello ed all'interessato, i quali hanno facoltà di proporre ricorso alla Corte d'appello, anche per il merito) con l'articolo 20, comma 1 (Il procuratore della Repubblica, il procuratore generale presso la Corte di appello e l'interessato hanno facoltà di proporre ricorso alla Corte d'appello, anche per il merito);
e) è opportuno prevedere i termini di deposito del decreto camerale decisorio (che per la giurisprudenza ha natura di sentenza): o attraverso il richiamo all'applicabilità del disposto dell'articolo 544 c.p.p. in tema di sentenza, con gli opportuni adattamenti (in mancanza di lettura di dispositivo il tribunale potrebbe indicare il diverso termine di deposito al termine dell'udienza camerale quando riserva la decisione) ovvero fissando un termine congruo (30 o 60 giorni). Vanno conseguentemente coordinate le norme in materia di termini per impugnare.

Articolo 20 - Impugnazioni:
Si rinvia a quanto suggerito all'articolo 18 (specificamente proposta sub d).

Articolo 22 - Autorizzazione ad allontanarsi dal luogo di residenza o di dimora abituale).
Vanno aggiornati i presupposti dell'autorizzazione oggi relativi ai soli motivi di salute, ma estesi dalla giurisprudenza in via analogica a tutti i casi di allontanamento reso necessario da gravi e comprovati motivi di famiglia o lato sensu affettivi tutelati da prevalenti principi costituzionali.

Articolo 26 - I destinatari.
Non appare opportuno inserire tra i destinatari delle misure patrimoniali «coloro che per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l'integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica» (previsti dal combinato disposto dell'articolo 14 lett. c) e 11 lett. c).

Articolo 28 - Applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali. Morte del proposto - L'applicazione disgiunta della misura.
a) va necessariamente integrato l'articolo 28, comma 1, che in palese violazione della delega prevede: Le misure di prevenzione personali e patrimoniali possono essere richieste e applicate disgiuntamente e, per le misure di prevenzione patrimoniali, indipendentemente dalla pericolosità sociale del soggetto proposto per la loro applicazione, con omissione dell'inciso finale della disposizione delegante (coincidente con la norma vigente) «al momento della richiesta della misura di prevenzione».
b) va riformulato l'articolo 28, comma 2, che disciplina in modo confuso le due diverse ipotesi oggi previste di morte del proposto e del soggetto deceduto prima della proposta, prevedendo due autonome disposizioni:
i. una prima che, secondo quanto oggi previsto (in modo impreciso) dall'articolo 2 bis comma 6 bis seconda parte legge 575/65, disciplina l'ipotesi in cui il procedimento (iniziato ritualmente) prosegue, nel caso di morte del proposto, nei confronti degli eredi o comunque degli aventi causa;
ii. una seconda che, secondo quanto oggi previsto (in modo impreciso) dal comma 11 dell'articolo 2-ter legge 575/65, disciplina l'ipotesi di proposta di misura patrimoniale (sequestro e successiva confisca) avanzata nel caso di morte della persona all'epoca pericolosa, nei cinque anni dal decesso, nei confronti dei successori a titolo universale o particolare.

Articolo 29 - Le indagini patrimoniali.
Si potrebbero prevedere altre modalità e attività investigative oltre a quelle meramente documentali già disciplinate.

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Articolo 30 - Sequestro.
a) va modificato o eliminato l'articolo 30 comma 2 che, riproducendo il vigente articolo 2 ter comma 4 legge 575/65, prevede la revoca del sequestro quando è respinta la proposta di applicazione della misura di prevenzione. Si tratta, di disposizione incompatibile col principio di applicazione disgiunta della misura patrimoniale;
b) va precisata nell'articolo 20, che disciplina il sequestro ordinario del Tribunale (oggi articolo 2 ter comma 2 primo periodo legge 575/65) l'adottabilità del decreto di sequestro prescindendo dalla (solo eventuale) contestuale fissazione dell'udienza per la successiva confisca. Ciò al fine di evitare alcune incertezze della giurisprudenza;
c) va disciplinata l'ipotesi (non frequente ma verificatasi) di sequestro disposto dalla Corte d'Appello in riforma della decisione del Tribunale; ipotesi che ha comportato diverse soluzioni interpretative.

Articolo 31 - L'esecuzione del sequestro.
Va eliminata un'evidente ripetizione al primo e al secondo comma sull'immissione in possesso con contrasto sull'assistenza della polizia giudiziaria, prima obbligatoria poi facoltativa:
«1. Il sequestro è eseguito con le modalità previste dall'articolo 104 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271. L'ufficiale giudiziario, eseguite le formalità ivi previste, procede all'apprensione materiale dei beni e all'immissione dell'amministratore giudiziario nel possesso degli stessi, anche se gravati da diritti reali o personali di godimento, con l'assistenza obbligatoria della polizia giudiziaria.
2. L'amministratore giudiziario è immesso nel possesso dei beni sequestrati, ove occorre, per mezzo della polizia giudiziaria».

Articolo 33 - Procedimento applicativo.
a) vanno inseriti tra i soggetti da chiamare in giudizio i titolari di diritti di proprietà (comproprietari o partecipanti in comunione), omessi in evidente violazione della delega;
b) va prevista la pubblicità dell'udienza (combinato disposto degli artt. 33, comma 1, e 17 comma 1) anche se richiesta solo da uno dei soggetti aventi diritto (proposto, terzi, titolari di diritti reali o personali di godimento, partecipanti in comunione);

Articolo 34 - Confisca.
a) Va eliminata la disposizione sul termine massimo di efficacia del sequestro o, in subordine, limitandone l'operatività all'ipotesi in cui la misura patrimoniale sia applicata disgiuntamente rispetto alla misura personale.
b) va rivisto l'articolo 34, comma 3, (attuale articolo 2 ter comma 6 L. 575/65), relativo alla possibilità di applicare la misura patrimoniale anche dopo l'irrogazione della misura personale. È sufficiente prevedere (inserendo la disposizione correttamente all'articolo 28 la competenza del medesimo Tribunale che ha disposto la misura di prevenzione personale.

Articolo 35 - Confisca per equivalente.
a) va espressamente prevista l'applicabilità della disposizione anche nei confronti degli eredi del proposto (nei casi di applicazione disgiunta previsti dall'articolo 28, comma 2);
b) va rivisitata la norma (che, peraltro, ripercorre l'attuale articolo 2 ter, comma 10, L. 575/65) consentendo inequivocabilmente la confisca per equivalente (al proposto e agli eredi o aventi causa) non solo se il trasferimento del bene è avvenuto al fine di eludere l'esecuzione dei provvedimenti di sequestro o di confisca ma in ogni caso.

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Articolo 36 - Intestazione fittizia.
La declaratoria di nullità degli atti di intestazione fittizia, prevista dall'articolo 35 comma 1 (che ripercorre l'articolo 2, ter, comma 13, della L. 576/65 come introdotto dal DL 98/08 conv. dalla L. 125/08) non appare necessaria in quanto il Tribunale ordina la confisca del bene nella disponibilità indiretta del proposto e nella formale titolarità del bene.

Articolo 37 - Comunicazioni e impugnazioni.
a) richiamato in tema di comunicazioni del provvedimento quanto previsto all'articolo 18 (specificamente alla lett. e), va espressamente prevista l'esecutività del provvedimento di revoca del sequestro decorso il solo termine di impugnazione per il PM (ovvero qualora l'impugnazione sia proposta ma non sia richiesta la sospensione);
b) richiamato per il termine d'efficacia quanto esposto all'articolo 34 (specificamente alla lett. a), il decorso del termine va ancorato alla ricezione degli atti da parte della Corte d'appello (e non alla proposizione del ricorso).

Articolo 38 - Revocazione della confisca.
La norma esprime la filosofia in contrasto con la disciplina vigente, secondo cui i beni confiscati vanno tendenzialmente restituiti, nel caso di revocazione, o liquidati per evitare aggravi alla finanza pubblica:. Tale orientamento contrasta con la finalità della confisca e non tiene conto del valore aggiunto derivante dal riutilizzo a fini sociali del bene e del saldo ampiamente positivo della confisca di denaro e titoli che consentono di fare luogo se necessario a restituzioni per equivalente: il combinato disposto degli artt. 38 comma 4 e 56, prevede che l'esito naturale della revocazione sia la restituzione del bene, in limitate

Articolo 40 - Rapporti con sequestro e confisca disposti in seno a procedimenti penali.
a) all'articolo 40, comma 1, ultima parte va aggiunta l'ipotesi del sequestro penale ex articolo 12 sexies DL 306/92 conv. in L. 356/92;
b) all'articolo 40, 1 comma, ultima parte, va attribuita al Tribunale (e non al giudice delegato) la competenza a sostituire l'amministratore nominato dal giudice penale;
c) nel caso di sequestro penale successivo al sequestro di prevenzione (sospeso per il concomitante sequestro) deve prevedersi, nelle ipotesi di sequestri ex 104 bis disp. att. c.p.p. e 12-sexies DL 306/92 conv. in L. 356/92, la naturale conferma dell' amministratore nominato dal Tribunale di prevenzione, salva diversa valutazione del giudice penale.

Articolo 41 - Cauzione. Garanzie reali (pagine da 64 a 66 dell'articolo pubblicato).
Va prevista la facoltatività dell'imposizione della cauzione, salva l'ipotesi di pericolosità ricollegabili a inserimenti in associazioni mafiose di cui all'articolo 14 lettera a) e b) (cfr. supra articolo 14).

Articolo 44 - L'amministrazione giudiziaria dei beni personali.
Sopprimere, in quanto disciplinata in maniera imprecisa e incompleta.

Articolo 46 - Relazione dell'amministratore giudiziario.
Nel contenuto (obbligatorio) della relazione dell'amministratore vanno inseriti:
a) i terzi che siano parte del giudizio avente a oggetto domande giudiziali precedentemente trascritte relative al diritto di proprietà ovvero diritti reali o personali di godimento sul bene sequestrato (articolo 65, comma 3);
b) l'esistenza di eventuali azioni esecutive al fine di consentirne la comunicazione al giudice dell'esecuzione civile per i provvedimenti da adottare ai sensi dell'articolo 65.

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Articolo 47- Compiti dell'amministratore giudiziario.
a) 'articolo 47, comma 1, va prevista una contabilità separata per ciascun soggetto titolare di beni sequestrati (terzo intestatari)(cfr. anche sub. Art. 52);
b) all'articolo 47, comma 3, va previsto che non siano versate al FUG le somme riscosse a qualunque titolo da beni immobili non riferibili a complessi aziendali.

Articolo 48 - Compiti dell'Agenzia.
All'articolo 48 comma 2, prevedere la possibilità di porre a carico dell'amministratore giudiziario la comunicazione per via telematica dei provvedimenti.

Articolo 50 - Gestione dei beni sequestrati.
Vanno previste:
a) la possibilità di fare pagare un'indennità al proposto;
b) l'applicabilità della norma in esame anche in favore dei formali titolari del bene immobile;
c) la possibilità di fare pagare un'indennità (oltre che le spese) ai beni occupati a titolo gratuito da stretti parenti del proposto (figli, etc.), spesso titolari di comodato gratuito e, perciò, rientranti nella categoria dei titolari di diritti personali di godimento.
d) l'applicabilità dell'articolo 560, comma 2, c.p.c. ai contratti di locazione stipulati con l'autorizzazione del giudice delegato.

Articolo 51 - Gestione delle aziende sequestrate.
a) va disciplinato il rapporto tra sequestro di quote sociali e sequestro dei beni aziendali della/e impresa/e esercitate dalla società (consentita anche dall'articolo 104 disp. att. c.p.p.), prevedendone il sequestro dei beni aziendali nel caso di sequestro della totalità delle quote ovvero almeno della maggioranza delle quote;
b) va regolato il rapporto tra amministratore giudiziario e amministratore della società (ovviamente nel solo caso di sequestro maggioritario di quote) prevedendo che l'amministratore eserciti uno stringente controllo sulle attività imprenditoriali (con obbligo di munirsi delle relative autorizzazioni del giudice delegato) a partire dal controllo delle attività di cassa e di pagamenti;
c) vanno disciplinati agli effetti che derivano dal sequestro di quote di società di persone;
d) va precisato che il provvedimento di prosecuzione dell'impresa adottato dal Tribunale consente il prosieguo anche delle aziende che richiedono autorizzazioni e provvedimenti abilitativi di natura personale.

Articolo 52 - Disciplina delle liquidazioni delle spese e dei compensi.
a) all'articolo 52 comma 1, pur se si conferma la vigente disciplina (articolo 2 octies, comma 1, L. 575/65) introdotta dalla legge 94/09 nella parte in cui prevede il prelievo dalle somme comunque nella disponibilità del procedimento va soppresso l'inciso che contrasta con la disciplina dell'articolo 47 comma 5 sulla contabilità separata tenuta dall'amministratore con riferimento ai diversi soggetti proposti e con le esigenze derivanti dalla possibile pluralità di titolari formali dei beni (terzi intestatari);
b) all'articolo 52 comma 2 è opportuno va precisato che nel caso di recupero di spese anticipate dallo Stato l'esecuzione della revoca del sequestro è subordinata al rimborso di tali spese da parte dell'interessato, all'esito del rendiconto;;
c) all'articolo 52 comma 5 va precisato che gli eventuali acconti concessi all'amministratore sono posti a carico dello Stato.

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Articolo 53 - Rendiconto di gestione.
a) va coordinata la disciplina concernente la presentazione del rendiconto da parte dell'amministratore dopo la confisca di primo grado, quando subentra l'Agenzia: l'articolo 48 comma 4 (conformemente all'articolo 2 sexies comma 7 legge 575/65) prevede il deposito del rendiconto solo nel caso di mancata conferma dell'amministratore, l'articolo 53 comma 1 anche nell'ipotesi di conferma;
b) va precisato che l'Agenzia deve presentare il rendiconto della propria amministrazione;
c) va precisato che nel caso di confisca definitiva non vi è necessità alcuna di dare comunicazione dell'udienza di rendiconto al prevenuto o ai formali intestatari, essendo il bene divenuto di proprietà dello Stato.

Articolo 54 - Gestione dei beni confiscati.
a) va previsto che la disposizione si riferisce all'amministrazione dei beni da parte dell'Agenzia dopo la confisca definitiva;
b) conseguentemente l'articolo 54 va inserito, più correttamente, nel capo III relativo alla destinazione dei beni,
c) va corretto il refuso del richiamo al medesimo articolo 54, riferibile all'attuale articolo 50;
d) la richiesta al giudice delegato del nulla osta al compimento degli atti di straordinaria amministrazione (di cui all'articolo 54 comma 2) va inserita dopo il comma 3 dell'articolo 48.

Articolo 55 - Confisca definitiva. Devoluzione allo Stato.
Riformulare rispetto all'inciso fatta salva la tutela dei terzi disciplinata dal titolo IV del presente decreto, col seguente testo:
«1. A seguito della confisca definitiva di prevenzione i beni sono acquisiti al patrimonio dello Stato liberi da oneri e pesi.
2. La tutela dei terzi è disciplinata dal titolo IV del presente decreto.»

Articolo 56 - Restituzione per equivalente.
a) prevedere che la restituzione per equivalente rappresenta la regola per i beni confiscati in via definitiva, salvo che il bene non sia stato ancora destinato a fini sociali e che l'Agenzia non ritenga opportuno trattenerlo al patrimonio dello Stato;
b) onere relativo va posto esclusivamente a carico del FUG.

Articolo 57 - Procedimento di destinazione.
Va prevista la sospensione del procedimento di destinazione del bene immobile con provvedimento motivato dell'Agenzia solo se è prevedibile che debba precedersi a vendita per tutelare i creditori in buona fede.

Articolo 58 - Destinazione dei beni e delle somme.
a) va modificato l'articolo 58 comma 1, lett. b), limitando la vendita delle partecipazioni societarie alle sole partecipazioni minoritarie (o ampiamente minoritarie), comunque con modalità tali da garantire i livelli occupazionali;
b) all'articolo 58 comma 3 lettera b) va previsto che sia residuale l'utilizzo per finalità economiche;
c) all'articolo 58 comma 3 lettera c) va aggiornare l'elenco delle associazioni assegnatarie dei beni immobili confiscati con le nuove leggi relative ad es. alle Onlus e alle Associazioni di promozione sociale;
d) all'articolo 58 comma 3 lettera c) deve essere previsto che sia residuale la

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previsione che i beni non assegnati possono essere riutilizzati dagli enti territoriali per finalità di lucro;
e) all'articolo 58 comma 3 lettera c) va prevista anche la pubblicità della destinazione dei beni (come avviene in parte già oggi) tramite il sito dell'Agenzia nazionale, con onere degli enti destinatari di fare inserire tutti gli elementi concernenti le fasi di assegnazione (bandi etc.) l'eventuale assegnazione (con indicazione dell'associazione beneficiaria), la concreta utilizzazione, con aggiornamento periodico e inserimento ogni anno di una relazione sulla concreta utilizzazione del bene a fini sociali;
f) l'articolo 58 comma 8 va modificato prevedendo altra tipologia contrattuale al posto dell'affitto a titolo gratuito (che giuridicamente non esiste) espungendo il termine «senza oneri a carico dello Stato»;
g) l'articolo 58 comma 8 va modificato inserendo tra i possibili affittuari delle aziende anche le cooperative sociali di cui alla legge 381 del 1991;
h) il comma 12 dell'articolo 58 va inserito nella disposizione sulla gestione dei beni sequestrati (articolo 50).
Va prevista la competenza ad adottare il provvedimento in capo (non all'Autorità giudiziaria) al giudice delegato.

Articolo 60 - Procedure esecutive dei concessionari di riscossione pubblica.
La norma va coordinata con le disposizioni di carattere generale in tema di sospensione delle azioni esecutive (articolo 65).

Articolo 61 - Regime fiscale. Va previsto il soggetto (proprietario o amministrazione) tenuto al pagamento dell'ICI dei beni immobili sequestrati a persone fisiche.

Articolo 62 - Diritti dei terzi.
a) a modificato l'articolo 62, comma 1, lett. b), prevedendo per il riconoscimento dei diritti dei terzi l'onere di dimostrare la buona fede e l'inconsapevole affidamento, utilizzando categorie già elaborate efficacemente dalla giurisprudenza;
b) va introdotta all'articolo 62, comma 3, una puntuale descrizione dell'onere probatorio da assolvere da parte degli istituti di credito: il rispetto delle norme e prassi bancarie in materia, oltre che del disposto del D. L.vo 231/07 e della L. 197/1991 in (in materia di antiriciclaggio). In applicazione dell'articolo 9 del D. L.vo 231/07, va prevista la comunicazione alla Banca d'Italia del decreto con cui viene respinta la domanda di riconoscimento della buona fede;
c) Va modificato l'articolo 62, comma 7, prevedendo che solo nel caso di quote confiscate largamente minoritarie è consentita la vendita dell'immobile o la concessione del diritto di prelazione ai comproprietari;
d) va precisato quale sia l'organo competente all'adozione dei provvedimenti previsti dall'articolo 62, commi da 5 a 8;
per i partecipanti in comunione, i commi 7 e 8 dell'articolo 62 che richiamano l'articolo 58 comma 5, consentono di individuare la competenza dell'Agenzia nazionale;
per i titolari di diritti di godimento, pur se l'accertamento della buona fede è avvenuto nel corso del procedimento, l'articolo 62 comma 5 fa riferimento al diritto a un indennizzo in prededuzione, con conseguente competenza del giudice delegato ai sensi degli artt. 67 e ss.

Articolo 63 - Limiti alla garanzia patrimoniale.
Va eliminata l'evidente violazione della delega 7 prevedendo il soddisfacimento dei diritti terzi nel limite del 70 per cento del valore dei beni sequestrati al netto delle spese del procedimento.

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Articolo 64 - Crediti prededucibili.
a) va precisato quale sia l'organo competente al pagamento dei crediti prededucibili nel caso di confisca definitiva;
b) vanno correttamente numerati i commi, attualmente 1, 2 e 4.
c) a fini di chiarezza sistematica, parrebbe opportuno anticipare la previsione di cui al terzo comma dell'articolo 71 (definizione dei crediti prededucibili) nell'articolo 64 (ove potrebbe essere collocato come comma 2).
d) la seconda parte dell'attuale comma 2 dell'articolo 64 necessita di maggiore esplicitazione e potrebbe essere così riformulata: «Inoltre, se la confisca ha ad oggetto beni organizzati in azienda e il tribunale ha autorizzato la prosecuzione dell'attività, il pagamento dei crediti prededucibili avviene anche mediante prelievo delle somme disponibili rivenienti dalla gestione, compatibilmente con la prosecuzione dell'attività, secondo i criteri della graduazione e della proporzionalità, conformemente all'ordine assegnato dalla legge».

Articolo 65 - Sospensione dell'esecuzione.
Con riferimento al comma 2, al fine di evitare complesse problematiche di coordinamento sistematico con la disciplina della sospensione del processo esecutivo (artt. 624 ss. c.p.c.), parrebbe preferibile una previsione del tipo: «Le esecuzioni già iniziate si estinguono».
Con riferimento ai commi 3 e 4, la sedes materiae parrebbe essere l'articolo 33; a fini di chiarezza, nel comma 3, potrebbe essere aggiunto il seguente periodo: «Il giudizio civile è sospeso».
Sarebbe opportuno ampliare lo spettro semantico della rubrica dell'articolo (ad es: «Azioni esecutive e sospensione del processo civile»).

Articolo 66 - Rapporti pendenti
a) È preferibile una disciplina che, senza introdurre alcuna sospensione, si limiti ad attribuire all'amministratore giudiziario, previa autorizzazione del giudice delegato, un potere di scioglimento dei contratti.nel comma 2, appare doveroso sostituire la parola «facendosi» con la parola «facendogli» (nel senso che il termine deve essere fissato all'amministratore giudiziario e non al creditore), in conformità a quanto disposto dal comma 2 dell'articolo 72 legge fall., al quale la previsione è ispirati;
in subordine prevedere che la sospensione dell'efficacia dei contratti sia limitata a quelli per i quali non ha avuto inizio l'esecuzione (ciò per una particolare tutela dei rapporti di lavoro);
b) l'articolo 66 va collocato nel titolo III, capo II, (gestione dei beni sequestrati e confiscati);
c) va modificato l'articolo 66 comma 4 prevedendo l'esecuzione del contratto previa autorizzazione del giudice delegato;
d) va prevista la possibilità di insinuare il credito nel passivo con riferimento al diritto alla restituzione delle somme corrisposte dal promissario acquirente nel caso di scioglimento di contratto non trascritto;

Articolo 67 - Da modificare come segue: il comma 2 andrebbe sostituito dal seguente: «2. il giudice delegato, dopo la confisca definitiva, assegna ai creditori un termine non superiore a novanta giorni per il deposito delle istanze di accertamento dei rispettivi diritti e fissa la data della udienza di verifica dei crediti entro i trenta giorni successivi. Il decreto è immediatamente notificato agli interessati a cura dell'Agenzia.».

Articolo 70 - Liquidazione dei beni. Vanno previsti:
a) un'opportuna scansione temporale delle attività di ammissione dei crediti dei terzi, sulla base dell'avanzamento del procedimento, per ridurre le attività svolte inutilmente nel caso di revoca del sequestro;

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b) l'eventuale vendita di beni solo dopo la confisca definitiva;
c) la previa vendita dei beni mobili e mobili registrati;
d) l'eccezionalità della vendita dei beni immobili, peraltro nel solo caso di crediti da soddisfare di entità corrispondente alla quasi totalità del valore del bene;
e) gli specifici compiti attribuiti all'amministratore (in carica fino alla confisca di primo grado) e all'Agenzia (che subentra dalla confisca di primo grado, eventualmente tramite il coadiutore nominato che può anche coincidere con l'amministratore).

Articolo 71 - Potrebbe essere modificato nel seguente modo: al comma 1: Nei sessanta giorni successivi alla formazione dello stato passivo, la agenzia redige un progetto di pagamento dei crediti tenendo conto della situazione economica aziendale e senza pregiudizio della produttività dell'impresa confiscata, indicando la percentuale degli importi da corrispondere a ciascun creditore.

Articolo 73 - Potrebbe essere necessario inserire (dopo il primo periodo dell'articolo 73, comma 5, e dell'articolo 74, comma 2) una previsione del tipo: «A tal fine l'amministratore giudiziario comunica al curatore, anche su richiesta di quest'ultimo, i dati e le notizie utili di cui dispone, e partecipa all'udienza di verifica», nonché prevedere che, in ipotesi di insussistenza e/o di insufficienza dell'attivo fallimentare, il compenso degli organi della procedura fallimentare (e dei professionisti che hanno per essa prestato la propria opera) siano inseriti, nella misura liquidata dal giudice delegato al fallimento, tra i crediti prededucibili del piano di riparto predisposto dall'amministratore giudiziario ai sensi dell'articolo 71.

Articolo 91 - Registro delle misure di prevenzione.
Occorre prevedere:
a) l'obbligo di segnalazione al Procuratore Distrettuale fin dal momento in cui i diversi organi proponenti iniziano l'attività investigativa;
b) che all'esito delle citate comunicazioni il Procuratore distrettuale se opportuno provvede al coordinamento.

Inoltre occorre inserire le seguenti disposizioni:
1) L'estensione ai procedimenti di prevenzione patrimoniali della disciplina sulla trattazione prioritaria dei processi (penali) di cui all'articolo 132 bis disp. att. c.p.p.;
«1. È assicurata la priorità assoluta nella trattazione e nella formazione dei ruoli di udienza:
a) dei procedimenti previsti dalla presente legge;
b) dei procedimenti previsti dalla legge 22 maggio 1975, n. 152;
c) dei procedimenti aventi ad oggetto le proposte di applicazione di misure patrimoniali ai sensi degli artt. 19 della legge 22 maggio 1975 e 1, numeri 1) e 2) della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, n. 152;

2. I dirigenti dei tribunali avente sede nel capoluogo di provincia e delle Corti d'appello adottano i provvedimenti organizzativi necessari per assicurare la trattazione e definizione prioritaria dei procedimenti previsti dal primo comma e il rispetto dei termini previsti. I provvedimenti sono tempestivamente comunicati al Consiglio Giudiziario e al Consiglio superiore della magistratura. Il Consiglio superiore della magistratura e il Ministro della giustizia valutano gli effetti dei provvedimenti adottati dai dirigenti degli uffici' sulla trattazione prioritaria, sulla durata e sul rispetto dei termini dei procedimenti di cui alla presente legge. In sede di comunicazioni sull'amministrazione della giustizia, ai sensi dell'articolo 86 dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, il Ministro della giustizia

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riferisce alle Camere le valutazioni effettuate ai sensi del presente comma;
2) La trattazione dei procedimenti previsti dalla legge n. 575 del 1965 da parte di sezioni o collegi specializzati.

«Anche al fine di dare attuazione a quanto disposto dai commi precedenti, presso gli uffici giudicanti indicati al comma 2 sono individuati, osservato il procedimento dell'articolo 7 bis commi 1 e 2 del Regio Decreto 30 gennaio 1941 n. 12, i collegi giudicanti o le sezioni che trattano in via esclusiva o prevalente i procedimenti previsti dalla presente legge, dalla legge 22 maggio 1975 n. 152 e dalla legge 27 dicembre 1956, n. 1423.».
3) Sulle aziende sequestrate:
a) la collaborazione delle organizzazioni sindacali, dei lavoratori e dei datori di lavoro, del settore, con evidente competenza specifica e interesse alla prosecuzione dell'attività;
b) la stipula di convenzioni con associazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro per acquisire specifiche competenze;
c) il potenziamento della cassa integrazione previste dall'articolo 2 della L. 109/96 a tutela dei lavoratori;
d) l'introduzione di agevolazioni fiscali almeno nella fase di regolarizzazione ed emersione del lavoro nero;
e) la creazione di un fondo di garanzia, eventualmente gestito dall'Agenzia Nazionale, alimentato da piccole percentuali del Fug.
4) Sul sequestro dei beni ubicati all'estero:
un'opportuna disciplina.

Il Libro IV - Attività informative e investigative nella lotta contro la criminalità organizzata. L'Agenzia Nazionale (articoli da 112 a 124).

Relativamente al titolo primo, si osserva che non sembra opportuno, in considerazione del limite complessivo evidenziato del testo unico, trasferire nel codice (non esaustivo) disposizioni che più puntualmente devono essere contenute nell'ordinamento giudiziario, o che, con specifico riferimento all'articolo 118, vanno ad incidere in senso restrittivo sugli assetti e sui poteri della Direzione Investigativa Antimafia.

Libro V - Modifiche alla legislazione vigente, disposizioni transitorie e di coordinamento (articoli da 125 a 131).

In questa parte il codice presenta seri limiti, dedicando solo 6 articoli a una materia che rischia di creare rilevanti problemi all'interprete con gravi danni all'azione di contrasto alle organizzazioni criminali.
a) vanno espressamente abrogate le disposizioni recepite o modificate;
b) va introdotta un'articolata disciplina transitoria relativa alle misure di prevenzione che, tra l'altro preveda:
1) l'immediata applicabilità dell'articolo 55 del codice secondo cui «A seguito della confisca definitiva di prevenzione i beni sono acquisiti al patrimonio dello Stato liberi da oneri e pesi»;
2) l'applicabilità della nuova disciplina sulla tutela dei terzi titolari di diritti di credito solo per i sequestri eseguiti successivamente all'entrata in vigore del decreto legislativo;
3) una specifica disciplina per i titolari di diritti reali di garanzia che intendono dimostrare la buona fede e l'inconsapevole affidamento (per poi ottenere la restituzione per equivalente) secondo cui:
per i procedimenti pendenti all'atto dell'entrata in vigore del decreto, si preveda la prosecuzione del procedimento (iniziato innanzi al tribunale quale giudice dell'esecuzione) sulla base delle disposizioni

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previgenti (richiamando espressamente il procedimento ex articolo 666 c.p.p.)
per i beni confiscati definitivamente all'atto dell'entrata in vigore del decreto, si preveda che i titolari di ipoteca siano tenuti ad attivare il procedimento di riconoscimento della buona fede sulla base della nuova disciplina con istanza da proporre in un termine espressamente fissato a pena di decadenza decorrente dall'entrata in vigore del decreto (ovvero dalla messa in mora da parte dell'Agenzia) ai sensi dell'articolo 666 c.p.p. al Tribunale quale giudice dell'esecuzione.

In applicazione dell'articolo 9 del D. L.vo 231/07, va prevista la comunicazione alla Banca d'Italia del decreto con cui viene respinta la domanda di riconoscimento della buona fede.

Articolo 125 - Modifiche all'articolo 12 sexies decreto-legge 306/92, conv. dalla L. 346/92.
a) l'eliminazione dell'articolo 8 del codice (ipotesi particolare di confisca) comporta la soppressione di questo articolo (salvo prevedere, qualora non si eliminino le norma penali del codice antimafia, agli opportuni coordinamenti);
b) comunque, vanno espressamente elencate le norme del codice antimafia in materia di amministrazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati applicabili al sequestro penale di cui all'art,. 12 sexies del decreto-legge 306/92, conv. dalla L. 346/92, richiamando oggi il comma 4 bis gli articoli 2-quater e da 2-sexies a 2-duodecies della legge 575/65 (cfr. supra Libro I).

Articolo 127 - Modifiche all'articolo 27 della L. 55/90.
L'eventuale eliminazione dal codice antimafia delle norme penali (articoli da 1 a 10) comporta la soppressione dell'articolo 127 che si limita a espungere dall'articolo 27 della L. 55/10 l'articolo 416 bis, c.p;

Articolo 131 - Entrata in vigore.
Il testo è incompleto: Le disposizioni dei Capi I, II, III e IV del Libro III entrano in vigore decorsi 24 mesi dalla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del regolamento ovvero, quando più di uno, dell'ultimo dei regolamenti di cui all'articolo 109, comma 1.

On. Ferranti

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ALLEGATO 3

Schema di decreto legislativo recante codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia. Atto n. 373.

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE DELL'IDV

La Commissione Giustizia,
esaminato lo schema di decreto legislativo recante il codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia;
preso atto che:
con la Legge 13 agosto 2010, n. 136 - approvata all'unanimità in entrambi i rami del Parlamento - il Governo ha ricevuto due distinte deleghe legislative. Con la prima (articolo 1) è stato delegato ad effettuare una completa ricognizione delle norme antimafia di natura penale, processuale e amministrativa, nonché la loro armonizzazione e coordinamento anche con la nuova disciplina dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata recentemente istituita con il decreto-legge 4 febbraio 2010, n. 4. Con la seconda (articolo 2) è stato delegato alla redazione di un decreto legislativo per la modifica e l'integrazione della disciplina in materia di documentazione antimafia;
lo schema di decreto reca dunque il codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione ed è composto da 131 articoli, divisi in 5 libri che, anche ad una prima lettura, appaiono di assai problematica applicabilità a cagione delle numerose ripetizioni, imprecisioni, refusi, norme incomplete o in eccesso di delega ed omissioni che, senza la possibilità di ausilio da parte di una relazione introduttiva assai scarna, caratterizzano il testo trasmesso alle Camere per il prescritto parere. Al di là dei suddetti problemi di drafting normativo - che pure è indispensabile risolvere nell'esercizio della delega, onde evitare incertezze di carattere interpretativo oltre che riflessi negativi sui procedimenti in corso - si rileva un limite di carattere generale concernente la parte prima del «codice» recante norme in materia penale, sostanziale e processuale, che da un lato non appare esaustiva e dall'altro reca evidenti problemi di coordinamento interno e con la legislazione vigente e non interessata all'intervento proposto. Tale secondo aspetto, riguardando l'impianto generale di parte non secondaria del provvedimento, rilevato anche dal Procuratore Nazionale Antimafia in sede di audizione dinanzi alla Commissione Giustizia della Camera dei deputati, richiede una riflessione complessiva sull'Atto di Governo in oggetto;
considerato che:
lo schema di decreto legislativo contenente il codice antimafia si presenta strutturato in 5 capitoli: nell'ambito del Libro I risultano contenute, con i limiti sopra accennati, le sole norme essenziali alla disciplina del fenomeno criminoso di tipo mafioso, sia per ciò che concerne il diritto sostanziale che per quanto riguarda la normativa processuale (disposizioni già in vigore). Il Libro II disciplina la materia relativa alle misure di prevenzione, attraverso il coordinamento e l'armonizzazione della normativa vigente con l'introduzione delle norme attuative degli ulteriori principi e criteri specificamente individuati

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dalla legge delega. Nel Libro III è contenuta la disciplina in materia di documentazione antimafia. Il Libro IV disciplina le funzioni di Procura nazionale antimafia, Direzione distrettuale antimafia, Consiglio generale per la lotta alla criminalità organizzata, Direzione investigativa antimafia ed Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (disposizioni già in vigore). Il Libro V raccoglie le norme transitorie, di coordinamento e di modifica della legislazione vigente;
formulano le seguenti osservazioni:
sotto il profilo di carattere generale, occorre valutare preliminarmente il Libro I che sembra disporre il trasferimento dal codice penale al codice antimafia della normativa sostanziale già codificata, oggetto di ricognizione, nonché l'impatto della conseguente abrogazione (implicita od espressa) degli articoli 416-bis e seguenti, per quanto letteralmente riprodotti nella nuova collocazione codicistica. Si valuti infatti che, stando alla relazione illustrativa allegata allo schema di decreto (pag. 1), dal testo risultano essere state escluse numerose disposizioni «ritenute compiutamente ed inscindibilmente integrate nel tessuto normativo preesistente, onde evitare di alterare eccessivamente la vigente sistematica codicistica e di creare problemi e difficoltà nell'interpretazione delle norme» (non sono state, ad esempio, inserite le norme relative alle misure cautelari per delitti di mafia, che rimarranno, pertanto, nel codice di procedura penale). Tale opzione non sembra essere stata seguita per gli articoli 416-bis, 416-ter, 417 e 418 del codice penale, pur non potendo in alcun modo il permanere di soli tre articoli nella sede propria (il codice in luogo della normazione speciale) in alcun modo determinare problemi o confusioni agli operatori del diritto. Si valuti, in particolare, che l'articolo 416-bis, introdotto nel codice penale sin dal 1982 con la c.d. «legge Rognoni-La Torre» (Legge 13 settembre 1982, n. 646), risulta ora essere sdoppiato in due articoli del codice antimafia (articolo 1 e articolo 7, contenenti rispettivamente i commi da 1 a 6 e il comma 7). La scelta di estrapolare alcune norme dal contesto organico e sistematico del codice vigente, in taluni casi frammentando le norme in questione, può produrre effetti negativi nella fase applicativa ed interpretativa che, come ha rilevato anche il Procuratore Nazionale Antimafia, non sono al momento prevedibili;
occorre rilevare altresì che nello schema di decreto non si è ritenuto di procedere all'adeguamento della legislazione penale alle disposizioni adottate dall'Unione europea, (articolo 1, comma 2, lettera d)) laddove, non essendo previsti principi e criteri direttivi nella materia penale della legge delega, l'attività del legislatore delegato si sarebbe dovuta limitare a tale aspetto nell'ambito della ricognizione tipica del testo unico compilativo. Mancando, invece, una ricognizione esaustiva tale da prevenire problematiche interpretative appare opportuno riflettere sul mantenimento nel testo del Titolo I, così come attualmente formulato, evitando in tal modo l'estrapolazione dal codice penale e l'inserimento in un contesto non altrettanto organico e sistematico;
considerato, in particolare, che:
l'articolo 2 del codice di cui al presente schema di decreto eleva la pena della reclusione prevista per il reato di scambio elettorale politico-mafioso, prevedendo la reclusione da nove a quattordici anni anziché da sette a dodici anni. Tale modifica oltre a comportare, come detto, l'abrogazione implicita dell'articolo 416-ter, non sembra rispondere ai criteri di delega (di cui all'articolo 1, comma 2, L. 136/2010) che prevedono la completa ricognizione della normativa penale sul contrasto alla criminalità organizzata, l'armonizzazione della stessa, il coordinamento con le altre disposizioni della L. 136/2010 e l'adeguamento alle disposizioni dell'UE. Va a tal proposito segnalato che in occasione dell'approvazione della legge 13 agosto 2010, n. 136, è stato approvato (all'unanimità) un ordine del giorno che tra

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l'altro disponeva di «concepire il reato di scambio elettorale politico mafioso, previsto dall'articolo 416-ter del codice penale, con una controprestazione che non sia solo in denaro, visto, nei fatti, che gli «appoggi» mafiosi sono stati ricambiati anche con altri favori (appalti, posti di lavoro, agevolazioni)». Non si vede in base a quale criterio non sia stata normativamente recepita tale indicazione parlamentare e sia invece stata inserita una modifica che, per quanto possa risultare condivisibile, non è contemplata dalla legge delega. Si valuti, in ogni caso, che l'articolo 416-ter - che la analisi tecnico normativa (ATN) dichiara implicitamente abrogato - è presente nel codice penale sin dal 1992 (decreto-legge 306/1992, convertito nella Legge 356/1992);
l'articolo 3, abrogando implicitamente l'articolo 417 c.p. sembrerebbe disporre, per conseguenza, l'inapplicabilità della misura di sicurezza all'articolo 416 c.p., diversamente da quanto disposto dalla legge n. 646 che nel 1982 introdusse l'articolo 416-bis. Non appare opportuno lasciare alla sola Analisi Tecnico-Normativa e, per l'effetto, all'articolo 128 del codice recante le misure di coordinamento l'idoneità a produrre simili effetti, configurandosi necessaria, nel caso, una abrogazione espressa;
l'articolo 4 riproduce sostanzialmente l'articolo 418 del codice penale, il quale però - richiamando l'articolo 416 - non può essere né espressamente né implicitamente abrogato. Permarranno dunque vigenti due norme di contenuto pressoché identico che si differenzieranno esclusivamente per il riferimento alle associazioni di cui all'articolo 1 del codice (o all'articolo 416 c.p.) e all'avverbio «continuativamente» adottato dal codice antimafia in luogo del «continuatamente» utilizzato dal codice penale. Tale situazione, che certo non contribuisce alla chiarezza ed alla univocità della normativa - coinvolgendo anzi nell'incertezza quella già da tempo stabilmente codificata - deriva dalla scelta summenzionata di disporre, una volta effettuata la doverosa ricognizione, la soppressione dell'articolo 416-bis c.p. e degli articoli seguenti;
l'articolo 5 prevede l'abrogazione dell'articolo 7 del decreto-legge n. 152 del 1991, da ciò derivandone l'impossibilità di applicare quanto disposto dall'articolo 5 del codice di cui al presente schema di decreto ad una serie di delitti non ricompresi nella nuova formulazione. Appare dunque necessario non procedere all'abrogazione del suddetto articolo 7, provvedendo al contrario ad assicurarne l'indispensabile coordinamento con l'articolo 5 dello schema in esame. Analogamente, agli articoli 8, 9 e 10, si deve rilevare che la richiamata aggravante dell'articolo 5 comma 1 si applica ai soli delitti punibili con pena diversa dall'ergastolo, mentre gli articoli 407, comma 2 e 51, comma 3-bis hanno contenuto più ampio. Le incertezze circa l'ambito applicativo degli articoli contenuti nel Titolo I si riflettono necessariamente anche sulla portata dell'articolo 128 in materia di coordinamento;
l'articolo 6 estende l'attenuante della collaborazione con la giustizia anche alle ipotesi di aiuto concreto all'autorità di polizia o giudiziaria nella raccolta di elementi decisivi «per la sottrazione di risorse rilevanti». Anche in riferimento al presente articolo, tale modifica non appare del tutto in linea con i principi e criteri di delega di cui all'articolo 1, comma 2, L. 136/2010 ponendosi, al contrario, problemi di coordinamento con l'articolo 8 del Dl 152 del 1991 e conseguente incertezza sulla disciplina da applicare in materia tanto delicata;
analogo problema applicativo reca con sé la sovrapposizione delle disposizioni in materia di confisca - segnatamente l'articolo 8 - che non sembrano tener conto del consolidamento normativo operato in tale ambito da ultimo con la legge n.94 del 2009. Simili problemi, segnalati anche dalla Procura nazionale antimafia, ove non adeguatamente affrontati, potrebbero risolversi paradossalmente in una sottrazione di strumenti operativi univoci ai magistrati e alle forze dell'ordine.

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L'articolo dovrebbe quantomeno essere riformulato in maniera tale da incentrare la disciplina - opportunamente coordinata con quella vigente - sull'oggetto delle misure patrimoniali, rappresentato dai beni sottratti alla criminalità organizzata;
occorre, in definitiva, ribadire la necessità di riflettere sul mantenimento nel testo di un Titolo I così formulato, stante anche l'assenza di principi e criteri direttivi di natura penale processuale e sostanziale nella legge delega, dal momento che una trasposizione non ben coordinata delle norme del codice penale nel codice antimafia rischia di indebolire entrambi. Diversamente, le criticità della parte seconda, evidenziate anche dal Procuratore nazionale antimafia, possono essere - ed anzi devono essere - tempestivamente corrette nella stesura definitiva, onde evitare problemi applicativi che neppure la normativa vigente pone;
con riferimento alla parte seconda, e quindi all'articolo 15 e seguenti, appare necessario richiamare con chiarezza il tribunale territorialmente competente per l'applicazione delle misure di prevenzione di cui all'articolo 4, comma secondo della legge n. 1423 del 1956 e comunque evitare una lacuna foriera di incertezze applicative assai rilevanti, tali da riflettersi anche sull'articolo 22 del codice in oggetto;
sebbene l'articolo 1, comma 3, lettera a), n. 7), della legge 136 del 2010 preveda che «l'audizione dell'interessato o dei testimoni possa avvenire mediante videoconferenza ai sensi degli articoli 146-bis e 147-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, e successive modificazioni», l'articolo 17 dello schema di decreto (procedimento applicativo delle misure di prevenzione) non accoglie tale prescrizione normativa;
numerose carenze dell'articolato derivano da una problematica formulazione della legge delega, circostanza che non impedisce tuttavia allo schema di decreto di contenere disposizioni in conflitto con la stessa legge 136 del 2010. Tra esse è opportuno annoverare l'articolo 28, il cui contenuto potrebbe essere travolto dai profili costituzionali di un non ben calibrato rapporto tra misure personali di prevenzione, pericolosità del soggetto e presupposti oggettivi del sequestro e della confisca, con il rischio di veder successivamente affievolite misure che, per la loro importanza, dovrebbero essere formulate sempre con la dovuta attenzione;
all'articolo 29 (Indagini patrimoniali) occorre evidenziare che dal riferimento ai soggetti «nei cui confronti possa essere proposta la misura di prevenzione della sorveglianza speciale della pubblica sicurezza» deriva l'impossibilità di sottoporre alle indagini economiche i soggetti segnalati agli organismi internazionali competenti per il congelamento di fondi (di cui all'articolo 26, comma 1, lettera b)); tali soggetti infatti non possono più essere sottoposti, in base al codice di cui al presente schema, a misure di prevenzione personali;
l'articolo 32, comma 2, ultimo periodo introduce un'ulteriore forma di sequestro di urgenza (articolo 32), che deve essere valutato alla luce del richiamato principio di delega sulla chiara definizione dei presupposti delle misure di prevenzione. I presupposti per tale sequestro non risultano peraltro chiaramente definiti (la norma fa generico riferimento all'esistenza di altri beni che «potrebbero» formare oggetto di confisca). Si evidenzia, inoltre, che la norma di delega dispone che la previsione delle misure di prevenzione sia ancorata a «presupposti chiaramente definiti e riferiti in particolare all'esistenza di circostanze di fatto che giustificano l'applicazione delle suddette misure di prevenzione» (articolo 1, comma 3, lettera a), num. 5), L. 136/2010);
l'articolo 34, comma 2, prevede che il decreto di confisca può essere emanato entro un anno e sei mesi dalla data di immissione in possesso dei beni da parte dell'amministratore giudiziario. Esso deve essere valutato con attenzione alla luce

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della norma di delega che prevede che il sequestro «perda efficacia se non viene disposta la confisca entro un anno e sei mesi dalla data di immissione in possesso dei beni da parte dell'amministratore giudiziario» (articolo 1, comma 3, lettera a), num. 8.1). In altri termini, emerge in tal senso una palese incongruenza normativa tra le legge delega ed il presente articolo 34;
più in generale, la fissazione di un termine perentorio per il primo grado di giudizio del procedimento di prevenzione (due anni e sei mesi) è in contrasto con le esigenze di approfondimento delle fattispecie concrete, non compatibili con una astratta predeterminazione cronologica ope legis;
l'articolo 1, comma 3, lettera c) n. 4) della norma di delega prevede che in caso di accoglimento della domanda di revocazione, la restituzione dei beni confiscati, ad eccezione dei beni culturali di cui all'articolo 10, comma 3, del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, e degli immobili e delle aree dichiarati di notevole interesse pubblico ai sensi degli articoli 136 e seguenti del medesimo codice, e successive modificazioni, possa avvenire anche per equivalente, secondo criteri volti a determinarne il valore, quando i beni medesimi sono stati assegnati per finalità istituzionali e la restituzione possa pregiudicare l'interesse pubblico. L'articolo 56 dello schema di decreto prevede la restituzione per equivalente quando i beni sono stati assegnati per finalità istituzionali e la restituzione possa pregiudicare l'interesse pubblico nonché quando il bene sia stato venduto anche prima della confisca. Tale articolo, pertanto, deve valutarsi non normativamente compatibile con la disposizione di delega. Si deve rilevare altresì la necessità di integrare lo schema con misure di adeguamento alle disposizioni adottate in sede europea con particolare riferimento all'esecuzione della confisca di beni localizzati al di fuori del territorio nazionale, oggetto di numerose decisioni quadro del Consiglio dell'Unione;
l'articolo 58, rubricato «Destinazione dei beni e delle somme» concerne il Fondo unico giustizia, al quale si dispone anche l'assegnazione di risorse che in base alla normativa vigente sono attribuite in prima battuta all'ufficio del registro o destinate al finanziamento dell'informatizzazione del processo o dell'edilizia scolastica. Si rammenta, a tale proposito, che numerosi disegni di legge presentati dalle opposizioni, e segnatamente l'A.S. 2502, si propongono il fine di ripristinare la ratio dell'originaria istituzione del Fondo unico giustizia mediante l'assegnazione del 49 per cento della totalità delle somme - e non solo di una quota parte delle stesse - rispettivamente al Ministero della giustizia ed al Ministero dell'interno ed il rimanente 2 per cento al bilancio dello Stato, con l'obiettivo di centralizzare e rendere più efficiente la gestione delle somme recuperate dallo Stato, soprattutto a seguito di sequestri e confische disposte ai sensi della normativa antimafia;
l'articolo 62, comma 4, dispone che la confisca definitiva di un bene determina lo scioglimento dei contratti aventi ad oggetto un diritto personale di godimento, nonché l'estinzione dei diritti reali di godimento sui beni stessi. La disposizione del comma 4 non appare compatibile col criterio di delega che prevede tale estinzione, ma fa salvo il caso in cui dall'estinzione derivi un pregiudizio irreparabile (articolo 1, comma 3, lett. f), num. 3.1), L 136/2010);
l'articolo 63 prevede che, in caso di confisca definitiva, i creditori per titolo anteriore al sequestro sono soddisfatti dallo Stato nei limiti del valore dei beni risultante dalla stima redatta dall'amministratore. Il diritto dei terzi comproprietari in buona fede alla corresponsione di una somma equivalente al valore delle quota di proprietà viene soddisfatto solo «nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente». Da tale disposizione potrebbe derivare un pregiudizio del diritto di proprietà dei terzi comproprietari in buona fede, a fronte di un arricchimento dello Stato che acquisisce comunque il bene nel proprio patrimonio.Tale

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articolo va valutato alla luce del criterio di delega che pone il principio del limite della garanzia patrimoniale, costituito dal 70 per cento del valore dei beni sequestrati, al netto delle spese del procedimento (articolo 1, comma 3, lettera f), num. 3.3), L 136/2010);
l'articolo 1, comma 3, lettera f), n. 3.2 della legge 136/2010 prevede che i titolari di diritti di credito aventi data certa anteriore al sequestro debbano, a pena di decadenza, insinuare il proprio credito nel procedimento entro un termine da stabilire, comunque non inferiore a sessanta giorni dalla data in cui la confisca è divenuta definitiva, salva la possibilità di insinuazioni tardive in caso di ritardo incolpevole. In senso difforme, il comma 6 (recte: comma 5) prevede come termine di decadenza per la presentazione delle domande un termine di 90 giorni fissato dal giudice delegato anche prima della confisca (articolo 67, comma 2), stabilendo un termine di un anno dalla confisca definitiva solo in caso di ritardo incolpevole. Non appare conforme, pertanto, alla norma di delega;
la lettera f) dell'articolo 2, comma 1, della legge n. 136 delega il Governo ad individuare «attraverso un regolamento adottato con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della giustizia, con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro dello sviluppo economico, delle diverse tipologie di attività suscettibili di infiltrazione mafiosa nell'attività d'impresa per le quali, in relazione allo specifico settore d'impiego e alle situazioni ambientali che determinano un maggiore rischio di infiltrazione mafiosa, è sempre obbligatoria l'acquisizione della documentazione indipendentemente dal valore del contratto, subcontratto, concessione o erogazione». Occorre, a tal riguardo, stigmatizzare la mera duplicazione normativa di tale disposizione nel presente schema di decreto (articolo 101, comma 8), in luogo della effettiva adozione del Regolamento ministeriale summenzionato, oltre a rilevare violazione omissiva della legge delega in tal senso;
l'articolo 135, comma 1, lett. p), del codice del processo amministrativo prevede devoluzione alla competenza inderogabile del TAR del Lazio, sede di Roma, delle controversie derivanti dall'applicazione del DL 4/2010, relativo all'Istituzione dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Deve essere valutata pertanto l'eventuale portata innovativa dell'articolo 124, comma 1, soprattutto con riferimento alla rilevabilità delle questioni di competenza. La disposizione dovrebbe comunque essere coordinata con il codice del processo amministrativo (artt. 15 e 135). Non viene inoltre riprodotto l'articolo 8 del decreto-legge 4/2010, sulla rappresentanza in giudizio;
la norma di delega (articolo 1, comma 3, lettera i), L. 136/2010) richiede una disciplina transitoria per i procedimenti di prevenzione in ordine ai quali sia stata avanzata proposta o applicata una misura alla data di entrata in vigore del codice. In attuazione di tale criterio di delega, l'articolo 129, comma 8, prevede che le disposizioni relative ai termini per l'emanazione del decreto di confisca non si applicano ai procedimenti in relazione ai quali sia stata richiesta l'applicazione di una misura di prevenzione patrimoniale precedentemente all'entrata in vigore del decreto. Dal comma 8, sembrerebbe dunque potersi desumere, argomentando a contrario, l'applicabilità di tutte le restanti disposizioni del codice ai procedimenti in corso. Manca peraltro una disciplina transitoria che regoli l'impatto dei nuovi principi e delle nuove disposizioni su tali procedimenti;
valutato che:
con riferimento al Libro I, artt. 1, 2, 3 e 4 (ovvero la trasposizione nel Codice antimafia degli articoli 416-bis, 416-ter, 417 e 418 del codice penale) poiché anche tali norme appaiono «compiutamente ed inscindibilmente integrate nel tessuto normativo preesistente, onde evitare di alterare eccessivamente la vigente sistematica codicistica e di creare problemi e difficoltà

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nell'interpretazione delle norme» sarebbe preferibile - facendo menzione dell'avvenuta ricognizione e tenuto conto del fatto che gli articoli in oggetto sono da molto tempo stabilmente codificati e la loro attuale collocazione non pone in alcun modo problemi applicativi o interpretativi - non includerli nel Codice antimafia in esame;
considerato, sotto il profilo strettamente formale, che:
un criterio di delega prevede in ogni caso «l'abrogazione espressa della normativa incompatibile con il decreto legislativo» (articolo 1, comma 3, lett. l), L 136/2010)». Lo schema di decreto in esame non procede in tal senso, non abrogando espressamente tutte le disposizioni vigenti confluite nel codice antimafia. Ne consegue che nell'ordinamento verrebbero a permanere due disposizioni di contenuto identico o comunque sovrapponibile (l'una contenuta del codice antimafia, l'altra nelle leggi attualmente vigenti), con ricadute assolutamente negative sul piano della certezza del diritto, inficiando - di fatto - l'utilità della ricognizione codicistica, oltre che eludendo palesemente la legge delega. A titolo esemplificativo, giova ripeterlo, non viene espressamente abrogato l'articolo 416-bis del c.p., nonostante il delitto di associazione di tipo mafioso sia previsto, con identica formulazione, negli artt. 1 e, limitatamente al vigente comma che concerne la confisca, 7 del codice, limitandosi la relazione a ritenerlo implicitamente abrogato. Poiché l'effetto abrogativo non può esser fatto risalire ad una mera statuizione della analisi tecnico normativa (ATN) di accompagnamento, ai fini della certezza del diritto e in attuazione della norma di delega, deve quindi essere valutata l'opportunità di abrogare espressamente le disposizioni incompatibili con il codice, anche in conformità all'elenco citato nella stessa Analisi Tecnico-Normativa. Elenco che si intende in questa sede riproporre, escludendo tuttavia la possibilità di abrogare, come sopra esposto, l'articolo 7 del D.L. 152 del 1991:
a) legge 27 dicembre 1956, n. 1423;
b) legge 31 maggio 1965, n. 575;
c) decreto-legge 4 febbraio 2010, conv. in legge 31 marzo 2010, n. 50;
d) decreto del Presidente della Repubblica 3 giugno 1998, n. 252;
e) decreto del Presidente della Repubblica 2 agosto 2010, n. 150.
f) articoli da 18 a 24 della legge 22 maggio 1975, n. 152;
g) articolo 16 della legge 13 settembre 1982, n. 646;
h) articoli da 2 ad 11, 13 e 15 della legge 3 agosto 1988, n. 327;
i) articolo 7-ter della legge 13 dicembre 1989, n. 401;
j) articolo 34 della legge 19 marzo 1990, n. 55;
k) articolo 8 del decreto legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, nella legge 12 luglio 1991, n. 203;
l) articolo 1-septies del decreto legge 6 settembre 1982, n. 629, convertito, con modifiche, dalla legge 12 ottobre 1982, n. 726;
m) articoli 4 e 5-bis del decreto legislativo 8 agosto 1994, n. 490;
n) articolo 1-septies del decreto legge 6 settembre 1982, n. 629 convertito con modifiche dalla legge 12 ottobre 1982, n. 726;
o) articoli 4 e 5-bis del decreto legislativo 8 agosto 1994, n. 490;
p) decreto del Presidente della Repubblica 3 giugno 1998, n. 252;
q) decreto del Presidente della Repubblica 2 agosto 2010, n. 150.
considerato, infine, che:
il provvedimento in esame ha l'obiettivo di sistematizzare la normativa antimafia oltre che quella concernente le misure di prevenzione e che per una efficace e penetrante azione di contrasto

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alla criminalità organizzata di carattere mafioso e similare, la riorganizzazione normativa risulta intervento assolutamente necessario, ma non sufficiente. A tali riforme «a costo zero» vanno infatti affiancati, da subito, significativi investimenti volti al potenziamento organizzativo e funzionale delle strutture e degli operatori che contrastano direttamente il crimine organizzato;
appare, pertanto, assolutamente grave che in territori in cui insiste una elevata densità o attività di organizzazioni criminali i Tribunali e Procure della Repubblica operino in perdurante insufficienza di risorse, sia umane che strumentali. È dunque necessario ribadire la necessità di un significativo impegno del Governo volto:
a) ad assumere le opportune iniziative volte a conseguire l'obiettivo di incrementare significativamente la dotazione di personale dell'amministrazione della giustizia - sia giudicante che amministrativo - quale passaggio fondamentale per lo svolgimento dei processi penali, con priorità per le aree del Paese maggiormente interessate da fenomeni di criminalità organizzata e caratterizzate da una significativa incidenza di reati di grave allarme sociale;
b) a potenziare ulteriormente le dotazioni organiche e strumentali della Procura nazionale antimafia e della Direzione investigativa antimafia;
c) a rafforzare gli strumenti investigativi e di indagine vigenti, nell'ambito delle attività di contrasto e prevenzione dei reati connessi alla malavita organizzata;
d) a sostenere l'approvazione - dando in tal modo seguito all'impegno assunto con l'ordine del giorno n. G1 accolto dal Governo nella seduta del Senato del 3 agosto 2010 - dei seguenti disegni di legge: l'A.S. 1454 e l'A.S. 1445 in materia di «autoriciclaggio» e meccanismi di prevenzione applicabili agli strumenti finanziari: l'A.S. 2299 e l'A.S. 2301 in materia di collaboratori di giustizia; l'A.S. 2199 in materia di scambio elettorale politico-mafioso; l'A.S. 582 e 2512 in materia di assunzione nella pubblica amministrazione dei testimoni di giustizia,
esprime

PARERE CONTRARIO

salvo integrale accoglimento delle summenzionate condizioni.
Onn. Di Pietro, Palomba.

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ALLEGATO 4

Schema di decreto legislativo recante codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia. Atto n. 373.

NUOVA PROPOSTA DI PARERE APPROVATA

La Commissione Giustizia,
esaminato lo schema di decreto legislativo in oggetto,
richiamato e condiviso in ogni suo punto il parere espresso dal Comitato per la legislazione;
condivisi i rilievi espressi dalla Commissione Affari Costituzionali;
osservato che:
1) lo schema di decreto legislativo in esame è volto a dare attuazione a due distinte deleghe contenute nella legge 13 agosto 2010, n. 146, recante il piano straordinario contro le mafie. La prima delega, prevista dall'articolo 1, ha per oggetto l'emanazione di un codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, stabilendo per queste numerosi e specifici principi e criteri, disponendo invece per il contrasto alla criminalità organizzata un'attività di ricognizione, armonizzazione e coordinamento. La seconda delega, contenuta nell'articolo 2, prevede l'aggiornamento e la semplificazione della normativa in materia di documentazione antimafia, sulla base di una serie di specifici criteri.
2) l'unificazione dell'intera normativa antimafia è finalizzata a rendere coerente un sistema di norme formatosi negli anni attraverso una stratificazione di interventi legislativi alla quale ha corrisposto una costante attività della giurisprudenza che nel tentativo di dare coerenza all'intero sistema ha dovuto, con i limiti della funzione giudiziaria, colmare alcuni vuoti normativi;
3) la necessità di riportare ad unità la normativa antimafia è sentita dagli operatori della materia con particolare riferimento alla disciplina delle misure di prevenzione in ragione ad una esigenza di adeguamento alle nuove tecniche di infiltrazione nel tessuto sociale attuate dalla criminalità organizzata;
4) i principi e criteri direttivi relativi al procedimento di prevenzione nonché alla materia penale consentono al legislatore delegato unicamente di porre in essere un'attività di ricognizione, armonizzazione e coordinamento che non consente di modificare sostanzialmente la normativa vigente;
5) con particolare riferimento alla materia penale, sia sostanziale che processuale, lo schema di decreto, anche in ragione di una portata innovativa limitata dei principi e criteri direttivi dettati dalla delega per tale materia, non appare essere esaustivo dell'intero sistema normativo antimafia;
6) i predetti principi e criteri direttivi hanno infatti una valenza di tipo ricognitivo/compilativa consistente: nella ricognizione ed armonizzazione della normativa penale, processuale e amministrativa vigente in materia di contrasto della criminalità organizzata, ivi compresa quella già contenuta nei codici penale e di procedura penale; nel coordinamento della normativa

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stessa con le ulteriori disposizioni della legge delega e con la normativa di cui al comma 3 della legge stessa; nell'adeguamento della normativa italiana alle disposizioni adottate dall'Unione europea;
7) nonostante i limiti di contenuto sostanziale dei principi e criteri direttivi, il legislatore delegato, specie con riferimento alla possibilità di adeguare la normativa nazionale vigente a quella dell'Unione europea, potrebbe innovare l'ordinamento in maniera maggiormente significativa rispetto a quanto risulta invece dallo schema di decreto, recependo, ad esempio, la decisione quadro n. 783 del 2006 del Consiglio Europeo che rende possibile la confisca di quei beni che i mafiosi detengono in un Paese comunitario attraverso il meccanismo del reciproco riconoscimento delle decisioni di confisca;
8) all'intrinseca difficoltà di realizzare un corpo normativo esaustivo dell'intera normativa di contrasto alla mafia è fatto implicitamente riferimento nella stessa relazione di accompagnamento allo schema di decreto laddove si afferma che nel Libro I, recante disposizioni sulla criminalità organizzata, sono contenute soltanto le norme essenziali alla disciplina del fenomeno criminoso di tipo mafioso, sia per ciò che concerne il diritto sostanziale che per quanto riguarda la normativa processuale, con esclusione di tutte quelle disposizioni ritenute compiutamente e inscindibilmente integrate nel tessuto normativo preesistente, onde evitare di alterare eccessivamente la vigente sistematica codicistica e di creare problemi e difficoltà nell'interpretazione delle norme;
9) pur dato atto dei limiti dei principi e criteri direttivi di delega, non si può non evidenziare come la soluzione adottata potrebbe comportare notevoli problemi interpretativi nell'applicazione delle norme sostanziali che sono estrapolate dal contesto codicistico di riferimento nonché delle norme relative alle misure patrimoniali penali (sequestro e confisca) contenute in diverse disposizioni (articoli 7 e 8 del codice, articolo 12-sexies del decreto-legge n.306 del 1992, convertito in legge dalla legge n. 356 del 1992);
in relazione al Libro I, rilevato che:
10) per quanto diretto a contenere, secondo la sua intitolazione, le disposizioni relative ad una materia estremamente complessa come quella della criminalità organizzata di tipo mafioso, si compone di soli 10 articoli che riproducono: la formulazione dei tre reati tipici delle organizzazioni mafiose (associazioni per delinquere di tipo mafioso, anche straniere; scambio elettorale politico-mafioso; assistenza agli associati), le aggravanti e diminuenti di mafia; le misure di sicurezza e la confisca obbligatoria (sia degli strumenti e dei proventi dei reati mafiosi, sia dei beni di cui il mafioso non può giustificare la provenienza); le disposizioni in precedenza contenute nelle leggi speciali (decreto legge 306/92 e legge 55/90) sulle attività che la polizia giudiziaria svolge per la repressione dei reati di mafia (intercettazioni preventive, controlli, ispezioni e perquisizioni);
11) la scelta di tralasciare tutti gli altri delitti indicati nell'articolo 51 comma 3-bis del codice di procedura penale rischia di determinare una «stratificazione» normativa con la creazione di una ulteriore «specie» di nuovi istituti applicabili a particolari delitti indicati nel nuovo codice con la contestuale permanenza di quelli «originari» applicabili ad una più ampia platea di reati;
12) in ragione di tale scelta, comunque condizionata anche da carenze sul punto della delega, il codice antimafia da emanare difficilmente potrebbe definirsi tale rispetto alla normativa penale, essendo questa riportata solo in minima parte;
13) secondo una scelta che rischia di determinare gravi conseguenze applicative, non si è proceduto ad abrogare esplicitamente tutte le norme vigenti riprodotte nello schema di decreto ovvero incompatibili con esso, rimanendo così formalmente disciplinata da due disposizioni identiche, limitandosi l'articolo 128 dello schema ad affermare che dalla data di entrata in vigore

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del decreto, i richiami alle disposizioni di cui agli articoli 416-bis, 416-ter e 417 del codice penale, ovunque presenti, si intendono rispettivamente riferiti alle corrispondenti disposizioni di cui agli artt. 1, 2, 3 e 7 del decreto;
14) quanto sopra evidenziato potrebbe rendere opportuna la soppressione degli articoli da 1 a 10 limitando il decreto legislativo alle sole misure di prevenzione e rinviando ad un ulteriore decreto legislativo il riordino della materia di cui al Libro I. In tal caso apparirebbe opportuna non soltanto una proroga dei termini della delega, quanto piuttosto anche una integrazione dei principi e criteri direttivi di delega al fine di pervenire un intervento normativo che consenta di creare un testo coordinato con l'intero sistema normativo, esaustivo ed efficace;
15) l'articolo 2, relativo allo scambio elettorale politico-mafioso, pur riproducendo la fattispecie vigente (articolo 416-ter c.p.), prevede l'applicabilità della pena stabilita all'articolo 1, comma 2, del codice per i promotori dell'associazione (reclusione da 9 a 14 anni), laddove l'articolo 416 ter richiama la pena stabilita dall'articolo 416 comma 1, corrispondente all'articolo 1 comma 1 del codice (reclusione da 7 a 12 anni), determinandosi quindi un eccesso di delega non consentendo quest'ultima di modificare la pena di reati già previsti dalla normativa vigente;
16) l'articolo 5 riproduce nei primi due commi la circostanza aggravante ad effetto speciale di cui all'originario articolo 7 del decreto legge 152/91, mentre al terzo comma, invece, si riproduce il testo dell'articolo 7, comma 4, decreto legge 419/91, modificando il riferimento normativo: non prevedendolo più in relazione ai delitti di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a), numeri da 1) a 6) del codice di procedura penale, bensì ai delitti di cui all'articolo 1 (del decreto) e per quelli in relazione ai quali ricorra la circostanza aggravante di cui al comma 1 del presente articolo. Tutto ciò potrebbe determinare difficoltà interpretative a causa di una duplicazione della circostanza aggravante, in quanto, ai sensi dell'articolo 128, comma 1, dello schema di decreto «i richiami alle disposizioni di cui agli articoli 416-bis, 416-ter e 417 del codice penale, ovunque presenti, si intendono rispettivamente riferiti alle corrispondenti disposizioni di cui agli artt. 1, 2, 3 e 7 del codice». Il sopravvivente articolo 7, comma 4, decreto legge 419/91, quindi, continua a richiamare anche l'articolo 407, comma 2, lettera a), nn. 1 e 3), del codice di procedura penale. che a sua volta ora si riferirebbe all'articolo 1 del decreto;
17) l'articolo 8 estrapola dal testo dell'articolo 12-sexies del dl 306/92, la confisca prevista dal medesimo articolo per i soggetti condannati per i delitti di cui all'articolo 416-bis e per i delitti commessi con le condizioni di cui all'articolo 7 della legge n. 152 del 1991, senza tuttavia precisare quale sia la normativa applicabile in materia di amministrazione e gestione dei beni sequestrati e confiscati, a differenza di quanto previsto dall'articolo 12-sexies della legge n. 356 del 1992 che al comma 4-bis richiama le disposizioni della legge n. 575 del 1965, per cui, al fine di evitare problemi applicativi, appare necessario integrare la disposizione con tale precisazione. Occorre, in ogni caso, prevedere testualmente quali norme in materia di amministrazione, gestione e destinazione dei beni previsti dal codice per la materia della prevenzione sono applicabili al sequestro e alla confisca ai sensi dell'articolo. 12-sexies legge 356/92 e dell'articolo 8 del codice;
18) con riferimento alle operazioni di intercettazione (artt. 9 e 88 del codice, rispettivamente titolati «Intercettazioni preventive» e «Intercettazioni telefoniche»), le disposizioni in questione sostanzialmente riproducono gli artt. 25-ter del decreto-legge n. 306/92 (per quanto concerne l'articolo 9) e 16 della L. n. 646/82 (per quanto attiene all'articolo 88) determinando una discrasia con la disciplina vigente laddove all'articolo 9 viene fatto fermo quanto previsto dall'articolo 226 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28

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luglio 1989, n. 271...», senza tenere conto che con l'articolo 9 del codice il citato articolo 226 Disp. Att. del codice di procedura penale. viene parzialmente «abrogato» con riferimento al solo delitto di associazione di tipo mafioso o altro delitto aggravato da finalità mafiose, mentre resta in vigore per quanto concerne gli ulteriori delitti previsti dall'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale. nonché per quelli di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a), n. 4, del codice di procedura penale.. Il testo dell'articolo 25-ter del decreto legge n. 306/92 - sostanzialmente riprodotto nell'articolo 9 del codice. - operava con riferimento ai delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis del codice di procedura penale. e non - come invece dispone l'articolo 9 - soltanto per quelli di cui all'articolo 1 o aggravati ai sensi dell'articolo 5 del codice;
19) alla previsione di una normativa sulle intercettazioni preventive non corrisponde una analoga previsione per le intercettazioni «probatorie», così come peraltro per una serie di disposizioni contenute nel codice di procedura penale relative alla criminalità organizzata, ritenendo che la legislazione antimafia ha creato una sorta di doppio binario che andrebbe preso tutto in blocco e riportato nel codice antimafia sia sotto l'aspetto sostanziale che processuale;
20) si registra l'assenza anche di disposizioni (o di rinvio alle norme esistenti) in materia di collaboratori e testimoni di giustizia, sia con riferimento alle misure di protezione che ai benefici penitenziari, nonché in materia di applicazione del regime carcerario previsto dall'articolo 41 bis O.P.. di colloqui a fini investigativi previsti dall'articolo 18-bis O.P. (finalizzati all'acquisizione di informazioni utili per la prevenzione e repressione dei delitti di criminalità organizzata) e di criminalità organizzata transnazionale di cui alla L. n. 146/2006;
21) sarebbe stato opportuno inserire nel codice anche le norme sulla tracciabilità dei flussi finanziari, sugli accessi ai cantieri, sulla rescissione dei contratti pubblici di appalto e sull'incapacità a contrattare con la pubblica amministrazione per tre anni in caso di omessa denunzia di estorsione, sui delitti di turbata libertà degli incanti e della procedura di scelta del contraente, sullo scioglimento dei consigli comunali e provinciali, sugli agenti sottocopertura, sui ritardati arresti e sequestri, sulle competenze dei Prefetti e delle autorità locali in materia amministrativa, sull'antiracket e antiusura e sulle vittime di mafia;
22) la parzialità del contenuto del codice appare anche in riferimento a disposizioni di altro tenore rispetto a quelle sopra richiamate. Appare parziale, ad esempio, anche la «raccolta» delle norme attinenti la Direzione nazionale antimafia, venendo riportati gli attuali articoli 70-bis, 76-bis, 76-ter, 110-bis, 110-ter dell'ordinamento giudiziario, mentre non si rinvengono quelli concernenti le attribuzioni e le competenze del Procuratore Nazionale Antimafia e della Direzione Nazionale Antimafia, di cui, ad esempio, agli articoli 371-bis del codice penale e 70, comma 6, dell'ordinamento giudiziario nonché quelle in materia di gratuito patrocinio, di operazioni sospette, di benefici penitenziari e misure alternative alla detenzione nonché di applicazione del regime carcerario previsto dall'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario, di operazioni sottocopertura, della facoltà di effettuazione dei colloqui a fini investigativi previsti dall'articolo 18-bis dell'ordinamento penitenziario;
in relazione al Libro II, rilevato che:
23) all'articolo 13, contenuto nel Libro II sulle misure di prevenzione, sarebbe opportuna una formulazione dei presupposti necessari per l'avviso orale in linea con i contributi della giurisprudenza consolidata sul punto, secondo la quale il provvedimento deve essere fondato su specifici e oggettivi elementi di fatto tali da indurre l'Autorità a ritenere sussistenti i presupposti della misura di prevenzione, in caso di persistenza delle condotte segnalate: sarebbe, pertanto, sufficiente espungere dal testo il termine «sospetto» e sostituire lo stesso con il termine «indizio»;

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24) non appare condivisibile l'equiparazione di cui all'articolo 14 tra le diverse figure di pericolosità delineate, in quanto non tiene conto di una ontologica distinzione tra pericolosità di tipo mafioso (c.d. pericolosità qualificata) e di natura ordinaria (c.d. pericolosità semplice), desumibile nel codice solo nella previsione delle misure patrimoniali diverse dalla confisca (articoli 43 e 44);
25) la diversa natura della pericolosità richiede una disciplina più incisiva per gli appartenenti ad associazione di tipo mafioso, specificamente attraverso l'obbligatorietà dell'obbligo di soggiorno e dell'imposizione della cauzione come oggi previsto;
26) una conseguenza dell'equiparazione di tutte le diverse pericolosità è l'applicabilità anche agli indiziati di mafia del divieto di soggiorno, ipotesi esclusa dal testo vigente della legge 575/65 per le note ragioni sugli effetti negativi derivanti dalla previgente disciplina.
27) dalla lettura del testo (articoli 14, 15, 26 e 27) la titolarità del potere di proposta per le misure di prevenzione nei confronti delle «persone indiziate di aver agevolato gruppi o persone che hanno preso parte attiva, in più occasioni, alle manifestazioni di violenza di cui all'articolo 6 L. 401/89 (violenza sportiva)» sembra sia attribuita alla Procura distrettuale e non al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale nel cui circondario dimora la persona come per i soggetti previsti dall'articolo 14 comma 1 lettera c) (ai sensi dell'articolo 19 L.152/75). La possibilità di applicare la misura di prevenzione nei confronti di tali soggetti è stata introdotta dalla L. 4 aprile 2007 n.41 che ha inserito nel corpo della L. 401/89 l'articolo 7-ter, nel quale è prevista anche la possibilità di applicare la confisca «relativamente ai beni, nella disponibilità dei medesimi soggetti, che possono agevolare in qualsiasi modo le attività di chi prende parte attiva ai fatti di violenza in occasione o a causa di manifestazioni sportive». L'attribuzione della titolarità di proposta al procuratore distrettuale per tali casi non trova giustificazione né pratica né giuridica, oltre all'inopportuno ulteriore aumento delle competenze distrettuali, la natura della misura e tipologia dei destinatari impone che sia il Procuratore territorialmente competente a valutare e formulare la proposta di prevenzione considerata la sua maggiore conoscenza dei soggetti potenzialmente destinatari poiché dimorano nel suo territorio. In ogni caso, sia l'inserimento di nuove categorie di destinatari di misure patrimoniali sia l'ampliamento della competenza distrettuale in materia di prevenzione sembrano fuori dalla delega legislativa;
28) nel codice non sono presenti norme che individuino la competenza del Tribunale in relazione all'applicazione delle misure di prevenzione, pur se in più di una norma si richiama «il tribunale competente all'applicazione della misura». All'articolo 22 si attribuisce la competenza alle autorizzazioni ad allontanarsi dal luogo di residenza al tribunale competente ai sensi dell'articolo 15, ma in tale articolo non è presente alcun riferimento all'attribuzione della competenza. In assenza di uno specifico criterio di delega che consenta una modifica dell'attuale competenza, deve essere inserita una disposizione che preveda la decisione del «tribunale avente sede nel capoluogo di provincia» (come previsto attualmente dall'articolo 4 della legge n. 1423 del 1956);
29) non è presente alcuna norma che consenta l'utilizzo della videoconferenza nei procedimenti di prevenzione, come invece consentito da specifica delega sul punto (articolo 1, comma 3, lettera a), n. 7);
30) non si rinviene nella normativa alcun richiamo all'applicabilità - per quanto non espressamente previsto - di norme relative ad altri procedimenti; l'attuale previsione dell'articolo 4, comma 6, della legge n. 1423 del 1956 che richiama, invece, le norme del rito dell'esecuzione, consente di colmare le evidenti lacune della disciplina di prevenzione, ad esempio con riferimento ai poteri istruttori del tribunale (acquisizione d'informazioni, documenti,

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ecc.). Sarebbe, pertanto, utile l'introduzione di analogo richiamo anche nella disciplina delle misure di prevenzione dettata dal codice antimafia;
31) l'articolo 18 sulla decisione non sembra pienamente coerente con i principi costituzionali essendo, inoltre, formulato utilizzando nozioni che dovrebbero essere aggiornate;
32) l'articolo 22 sull'autorizzazione ad allontanarsi dal luogo di residenza o di dimora abituale non sembra tener conto della interpretazione giurisprudenziale dei presupposti dell'autorizzazione;
33) l'articolo 28, in violazione della delega, prevede che le misure di prevenzione personali e patrimoniali possono essere richieste e applicate disgiuntamente e, per le misure di prevenzione patrimoniali, indipendentemente dalla pericolosità sociale del soggetto proposto per la loro applicazione, con omissione dell'inciso finale della disposizione delegante «al momento della richiesta della misura di prevenzione». Il testo consente di ritenere che l'applicazione della misura patrimoniale sia svincolata totalmente dall'esistenza (se pur non più esistente o tale da non consentire l'applicazione della misura personale) della pericolosità del soggetto, introducendo sostanzialmente un'ipotesi di espropriazione del bene fondata esclusivamente sui presupposti oggettivi del sequestro e della confisca che, naturalmente imporrebbe di rimettere la questione alla Corte costituzionale. Nessun equivoco interpretativo può essere fondato sul principio di delega che prevede che sia definita in maniera organica la categoria dei destinatari delle misure di prevenzione personali e patrimoniali, ancorandone la previsione a presupposti chiaramente definiti e riferiti in particolare all'esistenza di circostanze di fatto che giustificano l'applicazione delle suddette misure di prevenzione e, per le sole misure personali, anche alla sussistenza del requisito della pericolosità del soggetto;
34) all'articolo 30 sul sequestro appare opportuno sopprimere la disposizione secondo cui si revoca il sequestro quando è respinta la proposta di applicazione della misura di prevenzione, trattandosi di disposizione incompatibile col principio di applicazione disgiunta della misura patrimoniale; dovrebbe inoltre essere precisata l'adottabilità del decreto di sequestro prescindendo dalla (solo eventuale) contestuale fissazione dell'udienza per la successiva confisca; ciò al fine di evitare alcune incertezze della giurisprudenza; meriterebbe di essere disciplinata l'ipotesi di sequestro disposto dalla Corte d'Appello in riforma della decisione del Tribunale; ipotesi che ha comportato diverse soluzioni interpretative;
35) all'articolo 31 appare esservi un'evidente ripetizione al primo e al secondo comma sull'immissione in possesso con contrasto sull'assistenza della polizia giudiziaria, prima obbligatoria poi facoltativa;
36) all'articolo 33, in relazione all'udienza camerale, è violata la delega dove non è previsto che siano chiamati i titolari di diritti di proprietà, dovendo intendersi per tali i comproprietari (o partecipanti in comunione); tale categoria di soggetti è correttamente richiamata all'articolo 62, comma 7, in materia di riconoscimento dei diritti, per cui è necessario integrare la norma anche per consentire di valutare l'ipotesi di fittizia intestazione, presupposto per la disciplina prevista dal titolo IV in tema di tutela dei terzi;
37) all'articolo 34, comma 2, viene introdotta una limitazione temporale del primo grado di giudizio del procedimento di prevenzione, che non potrà superare comunque il termine di due anni e sei mesi; la fissazione di un termine perentorio, non superiore in nessun caso a due anni e sei mesi, potrebbe porsi in insanabile contrasto con le esigenze di approfondimento e di garanzia sottese al procedimento di prevenzione;
38) agli articoli 34, 37, 40 e 41 appaiono necessarie alcune modifiche volte ad eliminare questioni che potrebbero porsi in fase applicativa;

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39) in assenza di delega si introduce all'articolo 43 un'ulteriore misura di prevenzione patrimoniale, quale l'amministrazione giudiziaria dei beni personali;
40) gli articoli da 45 a 54 vanno modificati per colmare anche con riferimento alle competenze dell'Agenzia Nazionale, andando meglio disciplinata la fase dell'esecuzione del sequestro e dell'amministrazione dei beni sequestrati al fine di consentire migliori e più utili risultati alle amministrazioni giudiziarie;
41) in particolare, in relazione al sequestro di azienda la normativa è ancora carente con riferimento al rapporto tra sequestro di quote sociali e sequestro dei beni aziendali dell'impresa esercitate dalla società (consentita anche dall'articolo 104 dis. att. del codice di procedura penale.). È noto che per prassi spesso si procede al sequestro non solo delle quote sociali ma anche dei beni aziendali strumentali all'esercizio dell'impresa (collettiva), con trascrizione sui beni immobili e mobili registrati di proprietà della società. Sarebbe opportuno precisare se tale sequestro è consentito solo nel caso in cui l'oggetto sia costituito dalla totalità delle quote ovvero almeno della maggioranza delle quote. In riferimento al rapporto tra amministratore giudiziario e amministratore della società (ovviamente nel solo caso di sequestro maggioritario di quote) nella prassi si è ritenuto che il coordinamento tra le norme codicistiche e quelle in materia di misure di prevenzione (specificamente del sequestro dei beni aziendali) comporta che l'amministratore eserciti uno stringente controllo sulle attività imprenditoriali (con obbligo di munirsi delle relative autorizzazioni del giudice delegato) a partire dal controllo delle attività di cassa e di pagamenti;
42) l'articolo 56 disciplina la restituzione per equivalente, prevedendo l'onere di pagamento a carico dell'amministrazione assegnataria del bene. La norma, che può causare rilevanti problemi di bilancio agli enti locali destinatari, non considera che il bene sia di proprietà dello Stato, ragion per cui appare iniquo porre a carico dell'ente locale l'onere finanziario, peraltro sulla base di una valutazione (sulla restituzione per equivalente) rimessa al tribunale;
43) la destinazione del bene (articolo 58) è sospesa fino all'ultimazione del procedimento relativo alla tutela dei creditori in buona fede, con l'inevitabile rischio di inaccettabili e lunghi differimenti. Il procedimento di destinazione dei beni è coordinato con la normativa del FUG, prevedendosi che le disposizioni sulla destinazione delle somme non si applicano ai beni aziendali, trattandosi di massa inscindibile. Si prevede la vendita delle partecipazioni societarie, con una scelta che desta grandissime perplessità nel caso di sequestri maggioritari o totalitari, con aziende operative. L'attuazione di questa norma comporta che in presenza di attività imprenditoriali gestite da società, le cui quote sono state confiscate, si procede sempre e comunque alla vendita (delle quote e, dunque, dei beni della società), vanificando la funzione sociale della confisca di prevenzione, che prevede per le aziende la vendita in alternativa all'affitto anche a titolo gratuito a cooperative. La norma va rivista prevedendo la vendita delle sole partecipazioni minoritarie (ovvero all'ipotesi scarsamente probabile di quote di società prive di aziende) con modalità tali da garantire i livelli occupazionali. Sarebbe opportuno prevedere la pubblicità della destinazione dei beni (come avviene in parte già oggi) tramite il sito dell'Agenzia nazionale, con onere degli enti destinatari di fare inserire tutti gli elementi relativi all'eventuale assegnazione e utilizzazione, con periodico aggiornamento. L'attuale forma di pubblicità (parziale) demandata agli enti locali non sempre è assicurata in modo idoneo;
44) l'articolo 61 non prevede il soggetto (proprietario o amministrazione) tenuto al pagamento dell'ICI dei beni immobili sequestrati a persone fisiche;
45) appare meritevole di modifiche anche la parte relativa alla tutela dei terzi e ai rapporti con le procedure concorsuali (articoli da 62 a 75), essendo innegabile l'esigenza di tutela dei titolari di diritti reali

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e di garanzia sui beni confiscati e sequestrati, acquisiti precedentemente al provvedimento ablativo, ricordando che la legislazione più recente ha sancito la prevalenza del procedimento per l'applicazione delle misure di prevenzione rispetto alle iniziative giudiziarie che il terzo possa promuovere o avere promosso in sede civile, consentendo al terzo stesso di «convogliare» le sue pretese nel procedimento di prevenzione;
46) è necessario anche evitare appesantimenti del procedimento di prevenzione derivanti dalla esigenza di accertare la buona fede dei terzi ovvero di rallentare o bloccare il procedimento di destinazione dei beni confiscati definitivamente a causa di diritti di garanzia iscritti;
47) lo schema di decreto mira a elaborare una disciplina organica per la tutela dei terzi estranei al provvedimento di sequestro, da un lato attraverso le norme in tema di intervento in giudizio, dall'altro principalmente disciplinando i presupposti e le modalità della tutela;
48) la disciplina prevista dallo schema pur apparendo soddisfacente merita alcune modifiche: ad esempio, per i titolari di diritti in comunione va colmata la lacuna dell'omessa citazione in giudizio, per evitare che il relativo accertamento debba avvenire innanzi al giudice delegato nelle forme del titolo IV, creando disarmonia e problemi applicativi;
49) gli effetti della confisca definitiva sono opportunamente disciplinati prevedendo che i diritti reali o personali di godimento si estinguono e i contratti aventi ad oggetto i diritti personali di godimento si sciolgono attribuendo ai titolari, in prededuzione, un equo indennizzo. Per i partecipanti in comunione si prevede che se il bene è divisibile si procede a divisione secondo le disposizioni previste dal codice civile e dal codice di procedura civile; se il bene non è divisibile ai partecipanti è concesso diritto di prelazione per l'acquisto della quota confiscata al valore di mercato, salvo che sussista la possibilità che il bene, in ragione del livello di infiltrazione criminale, possa tornare anche per interposta persona nella disponibilità del sottoposto o di appartenenti ad associazioni di tipo mafioso i cui all'articolo 3, o dei suoi appartenenti. Se non è esercitato il diritto di prelazione ovvero non si può procedere alla vendita, il bene può essere acquisito per intero al patrimonio dello Stato al fine di soddisfare un concreto interesse pubblico e i partecipanti hanno diritto alla corresponsione di una somma equivalente al valore attuale della propria quota di proprietà, nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente. La disciplina prevista in questo ultimo caso è in evidente violazione della finalità della legge 109/96 che ha introdotto il fondamentale principio di riutilizzo del bene a fini sociali. Prevedere sempre la vendita delle quote del bene non divisibile, semmai anche in presenza di quote maggioritarie, appare un recupero del principio della ammissibilità della vendita dei beni confiscati, fortemente contrastato e ridimensionato nell'attuale disciplina. Andrebbe prevista la vendita, quanto mento, solo in presenza di quote minoritarie;
50) all'articolo 62 sono fissate le condizioni che consentono la tutela dei diritti di credito dei terzi, anche se garantiti da diritti reali di garanzia, escludendo che sia sufficiente un controllo estrinseco del diritto di credito, rendendo invece necessario l'accertamento dell'estraneità del terzo all'attività delittuosa del proprio debitore; opportunamente sono fissati dei criteri di giudizio che tengono conto anche della natura del creditore, volendo riferirsi alla necessità di una maggiore diligenza, ad esempio, da parte degli istituti di credito. Appare più opportuno delineare l'onere probatorio in capo al terzo utilizzando categorie già elaborate dalla giurisprudenza nella stessa materia: buona fede e inconsapevole affidamento in tema di creditore garantito da ipoteca. Per gli istituti di credito, costituenti la categoria più frequente di terzo, si potrebbero utilizzare criteri più facilmente accertabili, quali ad esempio l'onere di provare il rispetto delle norme e prassi bancarie in materia, oltre che del disposto del D. L.vo 231/07 e della L. 197/1991 in (in materia di antiriciclaggio);

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51) l'articolo 66 rischia di paralizzare l'esercizio dell'impresa nella fase che segue il sequestro, bloccando l'esecuzione di tutti i contratti pendenti, compresi quelli di lavoro, in attesa delle valutazioni sulla opportunità della loro risoluzione, per cui sarebbe sicuramente preferibile una disciplina che, senza introdurre alcuna sospensione, si limiti ad attribuire all'amministratore giudiziario, previa autorizzazione del giudice delegato, un potere di scioglimento dei contratti;
52) alcune disposizioni relative alla tutela dei terzi e all'espletamento della funzione di amministratore giudiziario (ad esempio gli articoli 69 e 70 che prevedono la formazione dello stato passivo e la liquidazione dei beni), appaiono ispirate dall'intento di favorire, piuttosto che la continuità e l'ulteriore sviluppo delle aziende sequestrate e confiscate, la loro futura liquidazione e vendita secondo una visione improntata piuttosto alla procedura di un giudizio fallimentare che a quella di un procedimento di prevenzione;
53) assume un valore intrinseco da tutelare in sé il riutilizzo per fini sociali dei beni confiscati alle mafie, per cui la vendita dei beni immobili dovrebbe essere consentita solo se assolutamente indispensabile, mentre la disciplina dell'articolo 70 consentirebbe la vendita del bene in ogni caso di insufficienza delle somme disponibili;
54) la possibilità di vendita dovrebbe essere limitata alle ipotesi in cui vi siano crediti da soddisfare pari a un importo rilevante rispetto al valore del bene immobile (ad esempio, almeno pari al 50 per cento) al fine di non procedere alla vendita per somme esigue che ben possono essere prelevate da un fondo appositamente costituito;
55) dal punto di vista economico-sociale è importante sottolineare che le aziende ed i compendi patrimoniali oggetto di misure di prevenzione - ancorché riconducibili alla criminalità o ad ambienti contigui - sono di per sé una risorsa, talvolta assai significativa, per il tessuto imprenditoriale locale specie nelle zone economicamente depresse del Paese in cui i fenomeni di criminalità associativa con risvolti economici assumono notevole incidenza;
56) gli artt. 73, 74 e 75, in attuazione della delega, disciplinano i rapporti tra il procedimento di applicazione delle misure di prevenzione e le procedure concorsuali, al fine di garantire i creditori dalle possibili interferenze illecite nel procedimento di liquidazione dell'attivo fallimentare prevedendo la prevalenza del sequestro sul fallimento ed introducendo la possibilità dei creditori di rivalersi sul valore dei beni confiscati;
57) nell'ambito delle misure di prevenzione vi sarebbero delle particolari questioni che sarebbe opportuno affrontare nel momento in cui si pone mano ad un codice antimafia, quali, ad esempio: quanto al procedimento: a) l'estensione ai procedimenti di prevenzione patrimoniali della disciplina sulla trattazione prioritaria dei processi (penali) di cui all'articolo 132 bis disp. att. del codice di procedura penale.; b) la trattazione dei procedimenti previsti dalla legge n. 575 del 1965 da parte di sezioni o collegi specializzati; c) sulle aziende sequestrate: 1) la collaborazione delle organizzazioni sindacali, dei lavoratori e dei datori di lavoro, del settore, con evidente competenza specifica e interesse alla prosecuzione dell'attività; 2) la stipula di convenzioni con associazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro per acquisire specifiche competenze; 3) il potenziamento della cassa integrazione previste dall'articolo 2 della L. 109/96 a tutela dei lavoratori; 4) l'introduzione di agevolazioni fiscali almeno nella fase di regolarizzazione ed emersione del lavoro nero; 5) la creazione di un fondo di garanzia, eventualmente gestito dall'Agenzia Nazionale, alimentato da piccole percentuali del Fug; d) sul sequestro dei beni ubicati all'estero: lo schema di decreto non dà alcuna attuazione all'articolo 1, comma 3, lett. b) n. 2) della legge delega che prevede di disciplinare l'ipotesi in cui «la confisca possa essere eseguita anche nei confronti di beni localizzati in territorio estero»;
58) in relazione al libro IV sulle Attività informative e investigative nella

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lotta contro la criminalità organizzata, quanto all'Agenzia Nazionale, occorre ribadire l'esigenza di procedere in maniera esaustiva nel momento in cui si sceglie di inserire nel Codice la predetta materia, senza fare quindi omissioni in ordine alla complessa normativa di riferimento;

in relazione al libro V, recante modifiche alla legislazione vigente, disposizioni transitorie e di coordinamento, osservato che:
59) si tratta di una normativa complessa e delicata, in quanto, qualora inadeguata, potrebbe comportare delle gravissime conseguenze per i procedimenti e processi pendenti;
60) non può essere assolutamente condivisa la scelta di non effettuare abrogazioni espresse;
61) in relazione alla disciplina transitoria, suscita perplessità l'articolo 129 i cui primi sette commi contengono le medesime disposizioni già previste dalla legge n. 50 del 2010 in relazione all'Agenzia nazionale, mentre il comma 8 stabilisce che i termini d'efficacia del sequestro (artt. 34 comma 2 e 37 comma 6) si applicano solo ai procedimenti per i quali la proposta sia stata avanzata successivamente all'entrata in vigore del decreto delegato;
62) l'assenza di un'organica disciplina transitoria e la presenza dell'articolo 129 che prevede il differimento esplicito per due norme, induce a concludere per l'immediata applicabilità di tutte le norme innovative o modificative introdotte dal codice, anche in applicazione del principio generale tempus regit actum e di retroattività delle leggi in materia di misure di prevenzione;
63) lo schema di decreto risulta, invece, gravemente carente sia sotto il profilo delle abrogazioni che per la disciplina transitoria. Una corretta tecnica legislativa richiede l'espressa abrogazione delle disposizioni recepite o modificate dal nuovo intervento, in particolare in presenza di testi unici che si inseriscono in modo massiccio sul tessuto normativo;
64) l'assenza di un'organica disciplina transitoria e la presenza dell'articolo 129 che prevede il differimento esplicito per due norme, induce a concludere per l'immediata applicabilità di tutte le (numerosissime) norme innovative o modificative introdotte dal codice, anche in applicazione del principio generale tempus regit actum e di retroattività delle leggi in materia di misure di prevenzione;
65) gli effetti dell'immediata applicabilità dell'intero codice delle misure di prevenzione emergono in tutta la loro evidenza con riferimento alla tutela dei terzi e al relativo procedimento che dovrebbe essere attivato in tutti i casi in cui il procedimento di prevenzione non si è ancora concluso con la confisca definitiva, con un notevole e non sostenibile aggravio,
esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni:
in relazione al Libro I:
1) siano tenute in debito tutte le conseguenze applicative derivanti dalle norme di cui al Libro I, valutando se sia o meno il caso di sopprimere gli articoli da 1 a 10, ovvero di adottare soluzioni migliorative;
2) all'articolo 2 la pena ivi prevista sia riportata a quella stabilita dall'articolo 416-ter del codice penale;
3) il comma 3 dell'articolo 5 sia coordinato con l'articolo 7, comma 4, decreto legge 419/91;
4) all'articolo 8 siano elencate le norme in materia di amministrazione, gestione e destinazione dei beni previsti dal codice per la materia della prevenzione applicabili al sequestro e alla confisca ex articolo 12-sexies della legge n. 356 del 1992;
5) sia coordinata la disciplina dell'articolo 9 con la normativa vigente in materia di intercettazioni preventive;

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in relazione al Libro II:
6) all'articolo 13 sia sostituita la parola: «sospetto» con la seguente: «indiziato».
7) all'articolo 14 sui soggetti destinatari delle misure di prevenzione personale applicate dall'autorità giudiziaria sia valutato se sia necessario distinguere le tipologie di soggetti pericolosi anche attraverso la suddivisione in due diversi articoli ovvero in due commi del medesimo articolo, riportando in uno i soggetti di cui alle lettere a) e b) dell'articolo 14, nell'altro tutti gli altri;
8) all'articolo 15 sia valutato se l'ampliamento dei titolari del potere di proposta sia conforme, come non sembrerebbe, alla delega;
9) all'articolo 16 sulle tipologie delle misure e loro presupposti sia prevista l'obbligatoria imposizione ai soggetti pericolosi di cui all'attuale articolo 14 lett. a) e b) dell'obbligo di soggiorno, con esclusione del divieto di soggiorno, prevedendo all'articolo 41 solo per tali soggetti l'obbligo di imporre la cauzione;
10) all'articolo 17 sul procedimento applicativo: sia esplicitata la competenza del tribunale (in composizione collegiale) del capoluogo di provincia (che può ricomprendere più circondari); sia prevista l'applicabilità al procedimento di prevenzione dell'articolo 666 del codice di procedura penale. (procedimento di esecuzione); sia prevista l'applicabilità delle norme sulla videoconferenza (come imposto dalla legge delega) per l'audizione dell'interessato o dei testimoni ai sensi degli articoli 146-bis e 147-bis disp. att. del codice di procedura penale.; sia diversamente disciplinata la partecipazione dell'interessato detenuto, garantendo la sua traduzione (ovvero la videoconferenza nei casi previsti) qualora chieda espressamente di partecipare all'udienza;
11) all'articolo 18 si proceda al coordinamento con i principi costituzionali delle prescrizioni imposte col decreto applicativo della misura personale, il termine sospetto sia sostituito con il seguente: indizi; siano aggiornate le seguenti parole: «ozioso e vagabondo» e «di non trattenersi abitualmente nelle osterie o bettole»; sia coordinata con i principi della Costituzione la prescrizione di non partecipare a pubbliche riunioni; sia coordinato, per evitare inutili ripetizioni, l'articolo 18, comma 8, con l'articolo 20, comma 1; siano previsti i termini di deposito del decreto camerale decisorio (che per la giurisprudenza ha natura di sentenza) attraverso il richiamo all'applicabilità del disposto dell'articolo 544 del codice di procedura penale. in tema di sentenza, con gli opportuni adattamenti (in mancanza di lettura di dispositivo il tribunale potrebbe indicare il diverso termine di deposito al termine dell'udienza camerale quando riserva la decisione) ovvero fissando un termine congruo (30 o 60 giorni); siano coordinate le norme in materia di termini per impugnare;
12) all'articolo 22 siano aggiornati i presupposti dell'autorizzazione oggi relativi ai soli motivi di salute, ma estesi dalla giurisprudenza in via analogica a tutti i casi di allontanamento reso necessario da gravi e comprovati motivi di famiglia o lato sensu affettivi tutelati da prevalenti principi costituzionali;
13) all'articolo 28, comma 1, siano inserite infine le seguenti parole; «al momento della richiesta della misura di prevenzione». Sia riformulato il comma 2, che disciplina le due diverse ipotesi oggi previste di morte del proposto e del soggetto deceduto prima della proposta, prevedendo due autonome disposizioni: una prima che, secondo quanto oggi previsto dall'articolo 2-bis comma 6-bis, seconda parte, della legge n. 575 del 1965, disciplina l'ipotesi in cui il procedimento (iniziato ritualmente) prosegue, nel caso di morte del proposto, nei confronti degli eredi o comunque degli aventi causa; una seconda che, secondo quanto oggi previsto dal comma 11 dell'articolo 2-ter della legge n. 575 del 1965, disciplina l'ipotesi di proposta di misura patrimoniale (sequestro e successiva confisca) avanzata nel caso di morte della persona

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all'epoca pericolosa, nei cinque anni dal decesso, nei confronti dei successori a titolo universale o particolare;
14) all'articolo 30 sia modificato o soppresso l'articolo 30, comma 2, che, riproducendo il vigente articolo 2-ter, comma 4, della legge n. 575 del 1965, prevede la revoca del sequestro quando è respinta la proposta di applicazione della misura di prevenzione; sia prevista l'adottabilità del decreto di sequestro prescindendo dalla (solo eventuale) contestuale fissazione dell'udienza per la successiva confisca; sia disciplinata l'ipotesi di sequestro disposto dalla Corte d'Appello in riforma della decisione del Tribunale;
15) all'articolo 31 sia eliminata la ripetizione tra il primo e il secondo comma sull'assistenza della polizia giudiziaria, prima obbligatoria poi facoltativa;
16) all'articolo 33 siano inseriti tra i soggetti da chiamare in giudizio i titolari di diritti di proprietà (comproprietari o partecipanti in comunione) e sia prevista la pubblicità dell'udienza (combinato disposto degli artt. 33, comma 1, e 17 comma 1) anche se richiesta solo da uno dei soggetti aventi diritto (proposto, terzi, titolari di diritti reali o personali di godimento, partecipanti in comunione);
17) all'articolo 34 sia modificata la disposizione sul termine massimo di efficacia del sequestro, prevedendo comunque la sua applicabilità anche nei casi di morte del proposto nonché sia modificato il comma 3, (attuale articolo 2 ter comma 6 L. 575/65), relativo alla possibilità di applicare la misura patrimoniale anche dopo l'irrogazione della misura personale, prevedendo la competenza del medesimo tribunale che ha disposto la misura di prevenzione personale;
18) all'articolo 35 sia espressamente prevista l'applicabilità della disposizione anche nei confronti degli eredi del proposto (nei casi di applicazione disgiunta previsti dall'articolo 28, comma 2) e sia consentita inequivocabilmente la confisca per equivalente (al proposto e agli eredi o aventi causa) in ogni caso e non solo se il trasferimento del bene è avvenuto al fine di eludere l'esecuzione dei provvedimenti di sequestro o di confisca;
19) all'articolo 37 sia espressamente prevista l'esecutività del provvedimento di revoca del sequestro decorso il solo termine di impugnazione per il PM ovvero qualora l'impugnazione sia proposta ma non sia richiesta la sospensione ed il decorso del termine sia ancorato alla ricezione degli atti da parte della Corte d'appello anziché alla proposizione del ricorso;
20) all'articolo 40 al comma 1, ultima parte, sia aggiunta l'ipotesi del sequestro penale ex articolo 12-sexies del decreto-legge n. 306 del 1992, convertito con legge n. 356 del 1992; al comma 1, ultima parte, sia attribuita al tribunale (e non al giudice delegato) la competenza a sostituire l'amministratore nominato dal giudice penale; nel caso di sequestro penale successivo al sequestro di prevenzione (sospeso per il concomitante sequestro) sia prevista, nelle ipotesi di sequestri ex articolo 104-bis disp. att. del codice di procedura penale. e 12 sexies del decreto-legge n. 306 del 1992, convertito con legge n. 356 del 1992, la naturale conferma dell' amministratore nominato dal tribunale di prevenzione, salva diversa valutazione del giudice penale;
21) all'articolo 41 sia prevista la facoltatività dell'imposizione della cauzione, salva l'ipotesi di pericolosità ricollegabili a inserimenti in associazioni mafiose di cui all'articolo 14 lettera a) e b);
22) all'articolo 44 si meglio disciplinata o soppressa la disciplina dell' amministrazione giudiziaria dei beni personali;
23) all'articolo 46 nel contenuto (obbligatorio) della relazione dell'amministratore siano vanno inseriti: l'indicazione dei terzi che siano parte del giudizio avente a oggetto domande giudiziali precedentemente trascritte relative al diritto di proprietà ovvero diritti reali o personali di godimento sul bene sequestrato (articolo 65, comma 3); l'esistenza di eventuali azioni esecutive al fine di consentirne la comunicazione

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al giudice dell'esecuzione civile per i provvedimenti da adottare ai sensi dell'articolo 65.
24) all'articolo 47 al comma 1, sia prevista una contabilità separata per ciascun soggetto titolare di beni sequestrati (terzo intestatario); al comma 3, sia previsto che non siano versate al Fondo Unico Giudiziario le somme riscosse a qualunque titolo da beni immobili non riferibili a complessi aziendali;
25) all'articolo 48 al comma 2, sia prevista la possibilità di porre a carico dell'amministratore giudiziario la comunicazione per via telematica dei provvedimenti;
26) all'articolo 50 sia prevista la possibilità di fare pagare un'indennità al proposto; sia prevista l'applicabilità della norma in esame anche in favore dei formali titolari del bene immobile; sia prevista la possibilità di fare pagare un'indennità (oltre che le spese) ai beni occupati a titolo gratuito da stretti parenti del proposto (figli, etc.), spesso titolari di comodato gratuito e, perciò, rientranti nella categoria dei titolari di diritti personali di godimento; sia prevista l'applicabilità dell'articolo 560, comma 2, c.p.c. ai contratti di locazione stipulati con l'autorizzazione del giudice delegato;
27) all'articolo 51 sia disciplinato il rapporto tra sequestro di quote sociali e sequestro dei beni aziendali della impresa esercitate dalla società (consentita anche dall'articolo 104 disp. att. del codice di procedura penale.), prevedendone il sequestro dei beni aziendali nel caso di sequestro della totalità delle quote ovvero almeno della maggioranza delle quote; sia regolato il rapporto tra amministratore giudiziario e amministratore della società (nel solo caso di sequestro maggioritario di quote) prevedendo che l'amministratore eserciti uno stringente controllo sulle attività imprenditoriali (con obbligo di munirsi delle relative autorizzazioni del giudice delegato) a partire dal controllo delle attività di cassa e di pagamenti; siano disciplinati agli effetti che derivano dal sequestro di quote di società di persone; sia precisato che il provvedimento di prosecuzione dell'impresa adottato dal tribunale consente il prosieguo anche delle aziende che richiedono autorizzazioni e provvedimenti abilitativi di natura personale;
28) all'articolo 52 al comma 1, pur se si conferma la vigente disciplina (articolo 2 octies, comma 1, L. 575/65) introdotta dalla legge 94/09 nella parte in cui prevede il prelievo dalle somme comunque nella disponibilità del procedimento, sia soppresso l'inciso che contrasta con la disciplina dell'articolo 47 comma 5 sulla contabilità separata tenuta dall'amministratore con riferimento ai diversi soggetti proposti e con le esigenze derivanti dalla possibile pluralità di titolari formali dei beni (terzi intestatari); al comma 2 sia precisato che nel caso di recupero di spese anticipate dallo Stato l'esecuzione della revoca del sequestro è subordinata al rimborso di tali spese da parte dell'interessato, all'esito del rendiconto; al comma 5 sia precisato che gli eventuali acconti concessi all'amministratore sono posti a carico dello Stato;
29) all'articolo 53 sia coordinata la disciplina concernente la presentazione del rendiconto da parte dell'amministratore dopo la confisca di primo grado, quando subentra l'Agenzia; sia precisato che l'Agenzia deve presentare il rendiconto della propria amministrazione; sia precisato che nel caso di confisca definitiva non vi è necessità alcuna di dare comunicazione dell'udienza di rendiconto al prevenuto o ai formali intestatari, essendo il bene divenuto di proprietà dello Stato;
30) all'articolo 54 sia previsto che la disposizione si riferisce all'amministrazione dei beni da parte dell'Agenzia dopo la confisca definitiva conseguentemente inserendo l'articolo, nel capo III relativo alla destinazione dei beni; sia corretto il refuso del richiamo al medesimo articolo 54, riferibile all'attuale articolo 50; sia inserita dopo il comma 3 dell'articolo 48 la richiesta al giudice delegato del nulla osta al compimento degli atti di straordinaria amministrazione (di cui all'articolo 54 comma 2);
31) all'articolo 55 i commi 1 e 2 siano riformulati come segue: «1 . A seguito della

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confisca definitiva di prevenzione i beni sono acquisiti al patrimonio dello Stato liberi da oneri e pesi. 2 . La tutela dei terzi è disciplinata dal titolo IV del presente decreto.»;
32) all'articolo 56 sia previsto che la restituzione per equivalente rappresenta la regola per i beni confiscati in via definitiva, salvo che il bene non sia stato ancora destinato a fini sociali e che l'Agenzia non ritenga opportuno trattenerlo al patrimonio dello Stato; l'onere relativo sia posto esclusivamente a carico del FUG;
33) all'articolo 57 sia prevista la sospensione del procedimento di destinazione del bene immobile con provvedimento motivato dell'Agenzia solo se è prevedibile che debba procedersi a vendita per tutelare i creditori in buona fede;
34) all'articolo 58 sia modificato il comma 1, lettera b), limitando la vendita delle partecipazioni societarie alle sole partecipazioni minoritarie (o ampiamente minoritarie), comunque con modalità tali da garantire i livelli occupazionali; al comma 3, lettera b), sia previsto che sia residuale l'utilizzo per finalità economiche; al comma 3, lettera c), sia aggiornato l'elenco delle associazioni assegnatarie dei beni immobili confiscati con le nuove leggi relative ad esempio alle Onlus e alle Associazioni di promozione sociale; al comma, 3 lettera c), sia previsto che sia residuale la previsione che i beni non assegnati possono essere riutilizzati dagli enti territoriali per finalità di lucro; al comma 3, lettera c), sia prevista anche la pubblicità della destinazione dei beni (come avviene in parte già oggi) tramite il sito dell'Agenzia nazionale, con onere degli enti destinatari di fare inserire tutti gli elementi concernenti le fasi di assegnazione (bandi etc.) l'eventuale assegnazione (con indicazione dell'associazione beneficiaria), la concreta utilizzazione, con aggiornamento periodico e inserimento ogni anno di una relazione sulla concreta utilizzazione del bene a fini sociali; al comma 8 sia prevista altra tipologia contrattuale in luogo dell'imprecisato affitto a titolo gratuito espungendo il termine «senza oneri a carico dello Stato»; al comma 8 siano inserite tra i possibili affittuari delle aziende anche le cooperative sociali di cui alla legge 381 del 1991; il comma 12 sia inserito nella disposizione sulla gestione dei beni sequestrati (articolo 50); sia prevista la competenza ad adottare il provvedimento in capo anziché genericamente all'Autorità giudiziaria al giudice delegato;
35) all'articolo 61 sia previsto il soggetto (proprietario o amministrazione) tenuto al pagamento dell'ICI dei beni immobili sequestrati a persone fisiche;
36) all'articolo 62 sia modificato il comma 1, lettera b), prevedendo per il riconoscimento dei diritti dei terzi l'onere di dimostrare la buona fede e l'inconsapevole affidamento, utilizzando categorie già elaborate efficacemente dalla giurisprudenza; sia introdotta al comma 3, una puntuale descrizione dell'onere probatorio da assolvere da parte degli istituti di credito; in applicazione dell'articolo 9 del D. L.vo 231/07, sia prevista la comunicazione alla Banca d'Italia del decreto con cui viene respinta la domanda di riconoscimento della buona fede; sia modificato il comma 7, prevedendo che solo nel caso di quote confiscate largamente minoritarie è consentita la vendita dell'immobile o la concessione del diritto di prelazione ai comproprietari; sia precisato quale sia l'organo competente all'adozione dei provvedimenti previsti dall'articolo 62, commi da 5 a 8, per i partecipanti in comunione, i commi 7 e 8 dell'articolo 62 che richiamano l'articolo 58 comma 5, consentono di individuare la competenza dell'Agenzia nazionale e per i titolari di diritti di godimento, pur se l'accertamento della buona fede è avvenuto nel corso del procedimento;
37) all'articolo 63 sia previsto il soddisfacimento dei diritti terzi nel limite del 70 per cento del valore dei beni sequestrati al netto delle spese del procedimento;
38) all'articolo 64 va precisato quale sia l'organo competente al pagamento dei crediti prededucibili nel caso di confisca definitiva;

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39) all'articolo 66 sia modificato il comma 4, prevedendo l'esecuzione del contratto previa autorizzazione del giudice delegato; sia riconosciuta la possibilità di insinuare il credito nel passivo con riferimento al diritto alla restituzione delle somme corrisposte dal promissario acquirente nel caso di scioglimento di contratto non trascritto:
40) all'articolo 70 siano previsti prevista un'opportuna scansione temporale delle attività di ammissione dei crediti dei terzi, sulla base dell'avanzamento del procedimento, per ridurre le attività svolte inutilmente nel caso di revoca del sequestro; l'eventuale vendita di beni solo dopo la confisca definitiva; la previa vendita dei beni mobili e mobili registrati; l'eccezionalità della vendita dei beni immobili, peraltro nel solo caso di crediti da soddisfare di entità corrispondente alla quasi totalità del valore del bene; gli specifici compiti attribuiti all'amministratore (in carica fino alla confisca di primo grado) e all'Agenzia (che subentra dalla confisca di primo grado, eventualmente tramite il coadiutore nominato che può anche coincidere con l'amministratore).
41) all'articolo 91 sia previsto l'obbligo di segnalazione al Procuratore Distrettuale fin dal momento in cui i diversi organi proponenti iniziano l'attività investigativa e che all'esito delle citate comunicazioni il Procuratore distrettuale se opportuno provvede al coordinamento;
42) sia integrata la normativa sulle misure di prevenzioni inserita nello schema di decreto da quelle disposizioni inerenti alla materie richiamate in premessa e per le quali è stato evidenziato un omesso inserimento nel codice;

in relazione al Libro V,
43) siano espressamente abrogate le disposizioni recepite o modificate; sia introdotta un'articolata disciplina transitoria relativa alle misure di prevenzione che, tra l'altro preveda: a) l'immediata applicabilità dell'articolo 55 del codice secondo cui «A seguito della confisca definitiva di prevenzione i beni sono acquisiti al patrimonio dello Stato liberi da oneri e pesi»; b) l'applicabilità della nuova disciplina sulla tutela dei terzi titolari di diritti di credito solo a per i sequestri eseguiti successivamente all'entrata in vigore del decreto legislativo; c) una specifica disposizione per i titolari di diritti reali di garanzia che intendono dimostrare la buona fede e l'inconsapevole affidamento (per poi ottenere la restituzione per equivalente) secondo cui: 1) per i procedimenti pendenti all'atto dell'entrata in vigore del decreto, si preveda la prosecuzione del procedimento (iniziato innanzi al tribunale quale giudice dell'esecuzione) sulla base delle disposizioni previgenti (richiamando espressamente il procedimento ex articolo 666 del codice di procedura penale.); 2) per i beni confiscati definitivamente all'atto dell'entrata in vigore del decreto, si preveda che i titolari di ipoteca siano tenuti ad attivare il procedimento di riconoscimento della buona fede sulla base della nuova disciplina con istanza da proporre in un termine espressamente fissato a pena di decadenza decorrente dall'entrata in vigore del decreto (ovvero dalla messa in mora da parte dell'Agenzia) ai sensi dell'articolo 666 del codice di procedura penale. al Tribunale quale giudice dell'esecuzione; in applicazione dell'articolo 9 del D. L.vo 231/07, sia prevista la comunicazione alla Banca d'Italia del decreto con cui viene respinta la domanda di riconoscimento della buona fede;
44) siano comunque espressamente elencate le norme del codice antimafia in materia di amministrazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati applicabili al sequestro penale di cui all'articolo 12-sexies del decreto-legge 306/92, conv. dalla legge 346/92, richiamando oggi il comma 4-bis gli articoli 2-quater e da 2-sexies a 2-duodecies della legge 575/65;
45) sia prevista una adeguata normativa transitoria.