CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 6 aprile 2011
464.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

5-03423 Schirru: Collocazione degli uffici dell'amministrazione finanziaria a Cagliari.

TESTO DELLA RISPOSTA

In riferimento all'interrogazione in esame si riportano gli elementi trasmessi dall'Agenzia del territorio.

TRASFERIMENTO UFFICIO PROVINCIALE DI CAGLIARI

Con il trasferimento dell'Ufficio provinciale di Cagliari in un nuovo immobile, l'Agenzia del Territorio intende ottenere un consistente risparmio, sanando un'annosa situazione di esubero di spazi, ottenendo nel contempo ambienti di lavoro e a disposizione del pubblico più funzionali e moderni, senza degrado del servizio all'utenza.

Sinergie tra uffici delle Entrate e uffici del Territorio e accessibilità dei servizi.

L'idea di costituire, in parecchie città, poli immobiliari in cui ubicare l'insieme degli uffici territoriali del Ministero delle Finanze, con il compito di agevolare la collaborazione tra queste strutture e facilitare i cittadini nel loro rapporto con l'amministrazione, risale agli anni '80.
All'epoca le attività degli uffici finanziari erano distribuite su numerosi uffici indipendenti, quali Registro, Imposte Dirette, IVA, Catasto, Conservatoria, Intendenza di Finanza, con una forte interazione tra di loro e, frequentemente, si registrava, per i cittadini, la necessità di presentare in doppio atti e dichiarazioni.
In questo lungo arco temporale, in relazioni a interventi normativi e allo snellimento e razionalizzazione dei processi operativi, con un importante supporto dell'informatica, il quadro si è sensibilmente modificato, con l'accorpamento delle attività correlate in strutture unificate, in particolare l'Agenzia delle Entrate e l'Agenzia del Territorio, con compiti ben distinti tra loro e procedure progressivamente separate. Ad oggi, in sostanza, le tipologie di utenti delle due Amministrazioni e le ragioni del loro accesso ai relativi uffici sono assai diverse e i legami operativi tra le due Agenzie sono praticamente inesistenti e residuali. Di fatto, le sovrapposizioni sono limitate alle successioni, che devono essere presentate prima alle Entrate e successivamente al Territorio: anche per questa tipologia, che rappresenta comunque una quota molto piccola dell'attività dell'Agenzia del Territorio, si sta lavorando per consentire una presentazione unica.
Per questo si può affermare che la coesistenza, negli stessi immobili, degli uffici di entrambe le Agenzie non presenta significativi vantaggi per l'utenza. In effetti, a livello nazionale, questa situazione si presenta solo in 25 uffici su 106, in genere in immobili demaniali e frutto di scelte, come a Cagliari, risalenti agli anni 80-90. Nessuna di queste situazioni risale ad anni recenti, in cui anzi, in parecchie casi, si è verificata la «separazione» e nessun nuovo ufficio nello scorso decennio è stato attivato con la compresenza delle due Agenzie. Cioè, in sostanza, il modello della «Cittadella finanziaria» è stato di fatto abbandonato, senza che questo abbia comportato particolari problemi.
Va inoltre rilevato che, negli ultimi anni, si è grandemente sviluppata la possibilità di consultare gli archivi e presentare

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atti catastali e di pubblicità immobiliare per via telematica. Tale modalità, per l'Ufficio di Cagliari, è attualmente utilizzata dai professionisti per oltre il 50 per cento, per la generalità degli atti di aggiornamento del catasto, e con punte di oltre il 60 per cento, per alcune tipologie di atti. Queste percentuali registrano una significativa crescita ogni anno. Per le misure catastali e le ispezioni ipotecarie l'utilizzo del canale telematico supera il 70 per cento. Recentemente è stata avviata la richiesta e ricezione per via telematica delle planimetrie e, a breve, sarà avviata la trasmissione telematica dei titoli da parte dei notai. Questa evoluzione rende evidentemente sempre meno necessario accedere fisicamente agli uffici.
Anche nel campo della Pubblicità Immobiliare, le note redatte dai notai sono presentabili in via informatica e, con la firma digitale, di prossima applicazione, anche il titolo, oggi ancora in forma cartacea, verrà trasmesso telematicamente, rendendo superfluo l'accesso in ufficio.

L'attuale situazione logistica e i costi connessi.

L'Ufficio Provinciale dell'Agenzia del Territorio di Cagliari, che raggruppa tutti servizi catastali e di pubblicità immobiliare della provincia, è attualmente situato in 2 edifici del complesso edilizio di proprietà della Nuova Italcostruzioni, situato in località San Nicolau, noto come «Cittadella finanziaria». Nello stesso complesso hanno sede anche 2 dei quattro uffici territoriali dell'Agenzia delle Entrate della provincia di Cagliari (gli altri sono a Igelsias e Sanluri) e uno sportello di Equitalia.
La struttura degli immobili, realizzati oltre 15 anni fa, presenta alcune rilevanti criticità strutturali, in relazione all'uso a cui sono destinati, in quanto, per la eccessiva vastità dei locali ad ufficio, la grande dimensione dei disimpegni e la presenza di numerosi locali di sgombero non utilizzabili non consente un razionale e moderno utilizzo degli spazi, con evidenti sprechi. Inoltre, non dispongono, al momento, di adeguati spazi attrezzati ad archivio, normalmente posti nei sotterranei, che devono quindi essere dislocati in spazi progettati per ospitare uffici operativi.
Complessivamente, gli spazi occupati risultano assolutamente sovrabbondanti rispetto alle esigenze ed ai riferimenti standard, anche in relazione alla consistente riduzione del personale che nel 1994, al momento dell'occupazione iniziale del complesso, era dell'ordine delle 200 unità, mentre ora si è ridotto a 120. Questa riduzione è connessa sia al distacco della componente attribuita all'Agenzia del Demanio, successivamente traslocata, che al protratto blocco del turn over, peraltro compensato dal significativo sviluppo delle procedure informatizzate, che coinvolgono l'utenza professionale nelle fasi di predisposizione dei documenti.
Il costo attuale è di circa 2 milioni di euro all'anno, al netto di IVA, a cui si aggiungono circa 250.000 euro/anno per spese di conduzione (energia, pulizie, Tarsu, ordinaria manutenzione).
Attualmente, la superficie media adibita ad uffici ed archivi ha un valore di 77 metri quadrati pro capite, a fronte di una media nazionale per l'intera Agenzia di 45. Il costo di affitto pro capite risulta, a fronte di una media nazionale di 7.200 euro/anno, di circa 18.500 euro/anno cioè il 260 per cento della media.
Questa situazione, evidentemente insostenibile, è stata affrontata ripetutamente nel corso degli anni, individuando diverse soluzioni logistiche e contrattuali, che non hanno mai trovato una compiuta soluzione.
Senza inoltrarsi, in questa sede, sugli specifici aspetti legali connessi al contratto, che vedono l'Agenzia, supportata dall'avvocatura dello Stato, su posizioni contrapposte alla proprietà, basti ricordare che nel 2003 venne sottoscritto un contratto di locazione relativo alla sistemazione dell'Ufficio Provinciale di Cagliari in un solo fabbricato, con riduzione del canone, mai perfezionato per l'atteggiamento dilatorio della proprietà. Infatti, la proprietà si era impegnata ad effettuare, a proprie cure e spese, i lavori di adeguamento funzionale e ad ottenere il cambio

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di destinazione d'uso dei locali sotterranei da autorimessa coperta a deposito cartaceo, per consentire all'Ufficio del Territorio di rilasciare gli spazi eccedenti. Queste circostanze non si sono mai verificate.

La scelta del nuovo immobile: percorso, motivazioni e risparmi.

Il nuovo immobile è stato scelto attraverso un preciso e lungo iter formale, i cui atti sono disponibili, secondo quanto previsto dalle norme, culminato nel prescritto nulla osta alla spesa da parte dell'Agenzia del Demanio.
Infatti, in relazione alla critica situazione illustrata, si è avviata, a giugno 2008, una procedura pubblica per la ricerca di nuovi locali, preceduta dalla richiesta, con esito negativo, agli enti locali territoriali di disponibilità di immobili da destinare a sede dell'ufficio provinciale.
L'apposita commissione, formalmente costituita, ha poi valutato, a fronte del capitolato pubblicato, gli aspetti logistici, tecnici ed economici delle 9 offerte pervenute, tra cui quella della stessa Nuova Italcostruzioni per la «Cittadella finanziaria», in una configurazione logistica non rispondente alle richieste dell'Agenzia. L'offerta ritenuta maggiormente valida, sotto l'aspetto funzionale ed economico, è quella avanzata dalla Antonio Puddu Costruzioni, relativa a un immobile ubicato in via Jenner, allora in avanzato stato di costruzione.
In parallelo alla ricerca di una nuova localizzazione dell'ufficio provinciale, sono comunque proseguiti i contatti con la Nuova Italcostruzioni, al fine di ricercare una soluzione concordata che consentisse, a condizioni accettabili e garantite, la permanenza nel complesso San Nicolau. Tali contatti e le proposte formulate dall'Agenzia, a fine 2009, non hanno portato ad altro risultato che alla sostanziale riproposizione, da parte della proprietà, del mai attuato accordo del 2003. La proposta prevedeva l'accorpamento di tutti gli uffici in una sola palazzina, quella attualmente ospitante i servizi catastali, a fronte di un costo di un canone di 1.100.000 euro/anno.
L'Agenzia ha pertanto ritenuto necessario procedere, dopo avere ottenuto la congruità da parte dell'Agenzia del Demanio, alla formalizzazione del rapporto contrattuale per il nuovo immobile di via Jenner, con il quale si può ottenere, oltre ad una situazione logistica e funzionale più idonea, un consistente risparmio, conseguibile in tempi certi.
Il canone annuo è infatti di 846.000 euro/anno, al netto di IVA, con un risparmio annuo di circa 1.150.000 (oltre all'IVA) rispetto alla situazione attuale. La nuova localizzazione in via Jenner risulta più conveniente anche rispetto alla eventuale permanenza a San Nicolau con l'utilizzo di una sola palazzina, come proposto dalla Nuova Italcostruzioni, comportando un risparmio annuo di circa 250.000 euro (sempre oltre IVA).
Inoltre, è possibile conseguire una riduzione delle spese di gestione, soprattutto per il consistente risparmio per riscaldamento e raffrescamento (valutabile intorno al 30 per cento), reso possibile dalle innovative soluzioni tecnologiche e dalla maggiore razionalità degli spazi. Questo risparmio è valutabile in circa 100.000-150.000 euro/anno.

Il nuovo immobile: localizzazione, accesso caratteristiche e servizi.

La posizione dell'immobile scelto come nuova sede dell'Ufficio provinciale dell'Agenzia del Territorio risponde alle esigenze di accesso da parte dei cittadini e professionisti, che non è imitato alla città di Cagliari, ma esteso all'intera provincia.
Infatti la localizzazione in via Jenner, non certo una remota zona periferica, è tale da assicurare un collegamento viario ottimale sia con il centro cittadino, garantito dall'«Asse Mediano», che con le principali strade che collegano Cagliari a tutto il territorio provinciale, senza interferenze con il traffico urbano. La zona è servita da

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diverse linee di trasporto pubblico che garantiscono il collegamento con il centro città e con i paesi dell'hinterland.
D'altra parte, proprio la presenza delle maggiori strutture ospedaliere, a carattere regionale, e di strutture direzionali, dimostra l'adeguatezza della zona a svolgere compiti di servizio per un ampio territorio, come evidentemente previsto dal piano regolatore.
In ogni caso, l'edificio di via Jenner è un «fabbricato destinato a uffici pubblici o di interesse collettivo», al momento vuoto ma che verrebbe comunque occupato. Il Piano Regolatore Comunale prevede degli standard urbanistici per verde, parcheggi e viabilità, tutti aspetti che l'edificio rispetta, come certificato dal rilascio della concessione edilizia.
L'edificio ha caratteristiche strutturali particolarmente idonee ad ospitare i grandi archivi cartacei che caratterizzano gli uffici dell'Agenzia del Territorio, la cui mancanza ha, di fatto, bloccato il possibile compattamento nella «Cittadella finanziaria». Oltre a rispondere pienamente a tutte le più recenti disposizioni in materia di sicurezza e igiene dei luoghi di lavoro, l'edificio scelto offre soluzioni tecnologiche avanzate, che consentono un significativo contenimento dei consumi energetici, con conseguente risparmio nei costi di gestione. Inoltre, la razionalità degli spazi interni, con una ridotta superficie inutilizzata per corridoi e disimpegni, consente un flessibile utilizzo dello spazio, in funzione delle specifiche esigenze dell'Agenzia. Queste condizioni non si riscontrano nell'immobile della «Cittadella finanziaria», risalente a 20 anni fa. Solo nel nuovo ufficio sarà quindi possibile realizzare pienamente i recenti standard adottati dall'Agenzia per il front office, che consentono una razionale e confortevole accoglienza per il pubblico. In questo ambito i servizi catastali e di pubblicità immobiliare saranno maggiormente integrati a vantaggio dell'utenza.
A tutti i dipendenti è assicurato un posto macchina, complessivamente 120, di cui 45 al coperto, mentre per l'utenza dell'ufficio vi sarà la possibilità di utilizzare un'ampia area a parcheggio, con accesso dall'interno del complesso di via Jenner. La presenza, nello stesso stabile, di un punto di ristoro con accesso autonomo completa le caratteristiche della nuova sede. Le dotazioni disponibili nel nuovo ufficio, a vantaggio dei dipendenti e dell'utenza, risultano, quindi, certamente non inferiori a quelle presenti nella «Cittadella finanziaria».

Disagi e disservizi transitori per l'utenza e il personale.

Si registreranno inevitabili disagi per l'utenza nella fase di trasloco degli archivi nella nuova sede, che potrebbe comportare, per un periodo limitato, qualche interruzione di servizio. Per contro, tutti i lavori di adeguamento e attrezzaggio degli uffici e del front office saranno svolti a edificio non funzionante, senza comportare alcun disagio per i dipendenti.
Peraltro, i disagi sarebbero stati ben più consistenti nel caso di permanenza nella «Cittadella finanziaria», poiché questa soluzione avrebbe necessariamente comportato l'accorpamento dei servizi in un solo edificio, con lavori di adeguamento svolti in continuità di servizio. In tale caso, si sarebbero sicuramente avute situazioni di disagio per il pubblico e i dipendenti, per un periodo stimabile in 6 mesi, a causa della coesistenza tra cantiere e front office, oltre al comunque inevitabile trasloco dell'archivio cartaceo della Conservatoria.

Conclusioni.

Per le considerazioni svolte la soluzione scelta dall'Agenzia del Territorio appare dunque pienamente idonea a garantire un elevato standard dei servizi catastali e di pubblicità immobiliare, in un ambiente confortevole, in una località agevolmente raggiungibile, senza disservizi a carico dell'utenza. Questa soluzione, nel contempo, garantisce un significativo risparmio, in linea con le disposizioni di contenimento dei costi della pubblica amministrazione.

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ALLEGATO 2

5-04301 Mattesini: Utilizzo della graduatoria degli idonei in un concorso per il reclutamento di funzionari presso l'Agenzia delle entrate.

TESTO DELLA RISPOSTA

Con il documento di sindacato ispettivo in esame, l'Onorevole interrogante esprime preoccupazione in merito alla sorte dei candidati risultati idonei ai concorso dell'Agenzia delle Entrate per l'assunzione di 825 funzionari.
Al riguardo, l'Agenzia delle entrate rileva che nel nostro ordinamento gli idonei di un concorso non hanno un diritto soggettivo all'assunzione.
Infatti, conformemente alla giurisprudenza costante del giudice amministrativo (Cfr. da ultimo Consiglio di Stato, sez. IV - sentenza 12 settembre 2006, n. 5320 e Consiglio di Stato, sez. V sentenza 1.0 gennaio 2007, n. 53), la regola ordinaria per l'accesso al pubblico impiego è quella di risultare vincitori in un concorso, mentre l'eccezione è costituita dallo scorrimento delle graduatorie concorsuali.
Pertanto, le pubbliche amministrazioni, qualora intendano procedere all'assunzione di personale, non sono obbligate a procedere allo scorrimento di una graduatoria concorsuale ancora efficace ma, nell'esercizio del proprio potere discrezionale, possono decidere di bandire un nuovo concorso.
Tutto ciò premesso, l'Agenzia ha fatto presente che intende assumere a tempo indeterminato anche gli idonei in considerazione dell'importante investimento effettuato nella suddetta procedura concorsuale, che ha consentito di selezionare e formare persone di elevata preparazione professionale in grado di svolgere i compiti tecnicamente molto complessi dell'Agenzia.
Al momento, tuttavia, non è dato conoscere se e quando vi sarà una reintegra della dotazione finanziaria dell'Agenzia, che è stata fortemente decurtata, poiché da tale reintegra dipende l'assunzione degli stessi.
L'Agenzia ha evidenziato, infine, che la questione dell'assunzione degli idonei non ha nulla a che vedere con l'autorizzazione a bandire un nuovo concorso per 310 funzionari decretata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, cui fa riferimento l'Onorevole interrogante.
Tale autorizzazione, infatti, riguarda la programmazione delle assunzioni per il triennio 2011-2013 ed è finalizzata a coprire il normale turnover, nei limiti assunzionali previsti dal legislatore, impegnando fondi che si renderanno disponibili solo successivamente al momento delle reali cessazioni del personale.

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ALLEGATO 3

5-04130 Ventucci: Interpretazione della normativa in materia di depositi fiscali a fini IVA.

TESTO DELLA RISPOSTA

Con l'interrogazione in esame gli Onorevoli proponenti intendono impegnare il Governo ad adottare tutte le opportune iniziative per assicurare una corretta interpretazione delle previsioni di cui all'articolo 50-bis del decreto-legge n. 331 del 1993, nel senso di chiarire che:
i beni non comunitari possono essere introdotti in un deposito fiscale ai fini IVA anche attraverso la sola annotazione della relativa operazione nel registro di cui al comma 3 del medesimo articolo 50-bis;
l'imposta sul valore aggiunto su tali operazioni non è comunque ulteriormente dovuta qualora la stessa sia stata integralmente assolta, seppur irregolarmente, attraverso il meccanismo dell'inversione contabile al momento dell'estrazione dei beni stessi dal deposito IVA, ai sensi del comma 6 del medesimo articolo 50-bis e dell'articolo 17, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, e che alle predette irregolarità si applica la sanzione amministrativa di cui all'articolo 6, comma 9-bis, terzo periodo, del decreto legislativo n. 471 del 1997.

In particolare, viene lamentata una non corretta applicazione, da parte dell'Amministrazione finanziaria, delle norme relative ai depositi IVA di cui al citato articolo 50-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, e viene censurato l'orientamento di recente assunto dall'Amministrazione fiscale, la quale ha contestato l'utilizzo virtuale, esclusivamente contabile, del deposito IVA, ritenendo che le disposizioni in materia presuppongano la materiale introduzione dei beni nel deposito, ed ha proceduto al recupero della relativa imposta non assolta in dogana. Viene altresì evidenziato come il pagamento dell'imposta in dogana comporti una duplicazione nell'applicazione del tributo peraltro già assolto dal contribuente all'atto dell'estrazione dei beni dal deposito a norma del comma 6 del sopra citato articolo 50-bis.
Ciò posto, per assicurare una corretta interpretazione della norma di cui trattasi, con l'interrogazione in oggetto si intende impegnare il Governo ad adottare iniziative atte a chiarire che i beni provenienti da Stati extraUE possano essere considerati come introdotti nei depositi anche attraverso la sola annotazione dei beni nei registri del depositano e che l'IVA su tali operazioni non sia dovuta se è stata già assolta, sia pure irregolarmente, mediante il meccanismo dell'inversione contabile al momento dell'estrazione dei beni dal deposito.
Al riguardo, in primo luogo occorre far presente che l'articolo 50-bis, comma 4, lettera b), del citato decreto-legge n. 331/1993 prevede l'effettuazione senza pagamento dell'IVA delle «operazioni di immissione in libera pratica di beni non comunitari destinati ad essere introdotti in un deposito IVA».
Tale disposizione costituisce una deroga alla regola generale secondo la quale le merci importate devono assolvere l'IVA all'atto della presentazione della dichiarazione doganale; essa è finalizzata a sospendere il pagamento dell'imposta sulla base di un'attestazione, sottoscritta dal

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depositario, dell'avvenuta presa in carico delle merci nel registro di cui al comma 3 dell'articolo 50-bis.
La destinazione finale dei beni comporterà, successivamente, un assoggettamento ad IVA nel caso in cui avvenga un'immissione in consumo nel territorio dello Stato, ovvero una non imponibilità se i beni sono destinati ad essere spediti in un paese terzo (cessione all'esportazione) o in un altro Stato membro dell'Unione europea (cessione intracomunitaria).
Nella prima ipotesi l'IVA sarà assolta, ai sensi dell'articolo 50-bis, comma 6, mediante il meccanismo del reverse charge, in base al quale il relativo ammontare è iscritto a debito nel registro delle vendite, nonché, ai fini della detrazione, se spettante, nel registro degli acquisti.
Più in particolare, per quanto concerne il primo rilievo, si fa presente che la questione è stata oggetto, da parte dell'Agenzia delle dogane, di vari interventi amministrativi, finalizzati a delineare le procedure per beneficiare del non assoggettamento dell'IVA in dogana.
Al riguardo, la circolare n. 16 del 28 aprile 2006 ha, tra l'altro, precisato che «i beni devono essere materialmente introdotti nel deposito (...) non essendo sufficiente la mera presa in carico documentale degli stessi nell'apposito registro di cui al citato comma terzo dell'articolo 50-bis».
Con successiva nota n. 7521 del 28 dicembre 2006 l'Agenzia delle dogane richiama e fa proprie talune considerazioni espresse dall'Agenzia delle entrate nella nota n. 2006/127886 del 30 agosto 2006, in base alle quali, «le merci devono essere materialmente introdotte nel deposito in quanto devono, comunque, essere assolte le funzioni di stoccaggio e custodia dei beni...».
L'Agenzia delle dogane ha tenuto una posizione sostanzialmente coerente, anche dopo l'intervento di interpretazione autentica di cui all'articolo 16, comma 5-bis, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, secondo il quale «la lettera h) del comma 4 dell'articolo 50-bis del decreto- legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, si interpreta nel senso che le prestazioni di servizi ivi indicate, relative a beni consegnati al depositano, costituiscono ad ogni effetto introduzione del deposito IVA.».
Invero, con nota n. 22321 del 24 febbraio 2009, l'Agenzia delle dogane, commentando la nuova disposizione, ribadisce «resta fermo quanto in precedenza precisato da questa Agenzia in merito all'inapplicabilità dell'articolo 50-bis in esame in caso di inesistenza giuridica o simulazione del contratto di deposito, presupposto imprescindibile per l'applicazione dell'istituto».
Per quanto riguarda il secondo rilievo, occorre evidenziare che in materia risultano in corso procedimenti penali, ancora in fase istruttoria, a seguito di accertamenti svolti dalla Guardia di Finanza, nel corso dei quali sono emersi a carico di società nazionali indizi di un possibile uso improprio del deposito fiscale; in alcuni casi, ad esempio, è stato accertato che la documentazione doganale di importazione recava la stessa data dei documenti attestanti l'ingresso e l'uscita dei beni dal deposito; in altri, è emerso che gli automezzi utilizzati per il trasporto, contrariamente a quanto risultante dai documenti predisposti, di fatto non hanno mai raggiunto il deposito.
Anche in merito a tale specifica questione l'Agenzia delle dogane è intervenuta, con la circolare n. 23 del 27 luglio 2007, ed ha chiarito quale sia il trattamento sanzionatorio applicabile nel caso in cui alla dichiarazione in dogana circa la destinazione dei beni non è seguita la loro effettiva introduzione nel deposito IVA, con conseguente sottrazione dei beni al pagamento dell'imposta all'importazione, anche nell'ipotesi in cui siano stati materialmente posti in essere gli adempimenti previsti dal comma 6 dell'articolo 50-bis del decreto-legge 331 del 1993, per attestare l'estrazione dei beni dal deposito stesso.
Occorre sottolineare, infine, che la Corte di Cassazione, con una serie di

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sentenze depositate tra il 19 ed il 21 maggio 2010 (nn. 12262, 12275, 12579, 12580, 12581), ha affermato che la norma in questione «si riferisce a beni consegnati al depositario, ove il termine consegna non può ritenersi diverso da quello di introduzione nel deposito». Pertanto, se un'introduzione materiale è sempre necessaria per beneficiare dei vantaggi connessi all'istituto del deposito IVA, la Cassazione conclude che, in assenza di un effettivo immagazzinamento, manca il presupposto per l'esenzione dall'IVA all'importazione, che dunque legittimamente viene recuperata dall'Agenzia delle dogane. Peraltro, sempre secondo la Corte, all'Ufficio non può essere opposto il pagamento già effettuato mediante l'emissione dell'autofattura all'atto dell'estrazione dei beni dal deposito giacché «il sistema di accertamento dei due tributi è diverso, in quanto l'IVA all'importazione è diritto di confine che deve essere accertato e riscosso nel momento in cui si verifica il presupposto impositivo, e di cui una quota parte deve essere riversata alla comunità europea, mentre l'IVA nazionale viene autoliquidata e versata in relazione alla massa di operazioni attive e passive poste in essere dal contribuente e inserite nella dichiarazione periodica. Quanto all'autofatturazione delle merci in uscita da un deposito IVA, trattasi di un'operazione neutra di compensazione dell'IVA nazionale a debito con quella a credito e non, quindi, di un vero e proprio pagamento del tributo».
In conclusione, l'operato dell'Amministrazione appare corretto e conforme al disposto normativo. Va altresì tenuto conto che le disposizioni in questione si pongono nel più ampio contesto della disciplina comunitaria in materia doganale e pertanto anche l'eventualità che si ponga allo studio una ipotesi di modifica normativa, questa deve comunque tener conto dei limiti imposti per il rispetto dell'ordinamento comunitario.

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ALLEGATO 4

5-04536 Lo Monte e Zeller: Applicazione dell'imposta sostitutiva sui finanziamenti destinati alla riqualificazione di finanziamenti già in essere.

TESTO DELLA RISPOSTA

Con l'interrogazione in esame, l'Onorevole interrogante fa presente che frequentemente gli istituti di credito concedono «... finanziamenti a società holding per la riqualificazione di precedenti indebitamenti, propri o di società controllate, finanziamenti che corrispondono nella sostanza a mutui di scopo per l'estinzione di affidamenti accordati in precedenza dalle banche».
L'interrogante rappresenta, inoltre, che «... nel caso in cui la destinazione sia l'estinzione di finanziamenti delle società controllate, le stesse intervengano di norma in atto come coobbligati in solido con la società holding, mentre è previsto che la disponibilità delle risorse finanziarie venga destinata, sulla base di un mandato delle società controllate, esclusivamente alla società holding».
Le pattuizioni negoziali dei contratti di finanziamento in esame, per i quali è prevista una durata superiore a 18 mesi, stabiliscono che l'erogazione della somma venga effettuata a favore della holding su mandato delle società controllate. Per effetto del finanziamento è, dunque, la holding che acquista l'effettiva disponibilità finanziaria delle somme erogate.
In base al vincolo di destinazione previsto dal contratto di mandato, le società holding provvedono a trasferire il finanziamento pro-quota alle società controllate, al fine di consentire alle stesse di far fronte alle proprie pregresse esposizioni debitorie.
Tutto quanto premesso, l'interrogante rappresenta che alcuni Uffici territoriali della Agenzia delle Entrate hanno negato l'applicazione dell'imposta sostitutiva sui finanziamenti a medio e lungo termine di cui agli articoli 15 e segg. del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, sulla base della considerazione che l'imposta sostituiva può essere applicata solo a finanziamenti destinati a scopi produttivi. Tale regime sostitutivo non può invece trovare applicazione per i «finanziamenti destinati alla riqualificazione di indebitamenti esistenti».
L'istante chiede, quindi, di conoscere se tale comportamento dell'amministrazione finanziaria sia in linea con la politica del Governo di sostegno alle imprese, considerato, peraltro, che le operazioni sopra descritte non rappresenterebbero forme dilatorie di finanziamenti esistenti ma nuovi finanziamenti idonei a costituire la provvista di disponibilità da impiegare per l'estinzione di debiti pregressi.
Con riferimento alla problematica rappresentata dall'onorevole interrogante, l'Agenzia delle Entrate fa presente che, in base agli articoli da 15 a 20 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, le operazioni di credito a medio e lungo termine (cioè con durata superiore a diciotto mesi), sono assoggettate al ricorrere di determinati requisiti, al pagamento di un'imposta sostitutiva.
L'applicazione di tale imposta tiene luogo dell'imposta di registro, di bollo, ipotecaria e catastale e della tassa sulle concessioni governative che risulterebbero dovute, in base al regime ordinario, in relazione a tali contratti.
Dal tenore letterale della norma di cui all'articolo 15 del decreto del Presidente

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della Repubblica n. 601 del 1973 non si desume con immediatezza la circostanza che il finanziamento deve essere destinato a finalità specifiche. Peraltro la Corte di Cassazione, in diverse sentenze, ha interpretato la disposizione normativa in discorso ritenendo che «... la ratio legis della norma di agevolazione prevista dal citato decreto del Presidente della Repubblica n. 601 del 1973, articolo 15, la quale come tutte le disposizioni che prevedono delle agevolazioni tributarie, è norma di stretta interpretazione, è indubbiamente da ricercare nel favore che il legislatore intende accordare agli investimenti produttivi, nella previsione che essi possano creare nuova ricchezza sulla quale potrà più adeguatamente applicarsi il prelievo fiscale» (Corte di Cassazione civile. Sez. tributaria del 5 marzo 2009, n. 5270).
La Suprema Corte ha, tra l'altro, precisato, con riferimento ad una ipotesi di finanziamento concesso a fronte di una pregressa scopertura di conto corrente bancario che «... laddove ci si trovi di fronte ad una situazione ... che presuppone già erogato il credito ed investita la somma corrispondente, mentre ciò che diviene oggetto di regolamento negoziale è il termine della sua restituzione, il negozio in questione non ha per oggetto un finanziamento ma piuttosto modalità e i tempi di recupero del credito».
In sostanza, la Cassazione afferma che il legislatore ha voluto premiare con un trattamento agevolato le operazioni di finanziamento che si traducono in investimenti produttivi che possono creare nuova ricchezza e sulla quale si potrà più adeguatamente applicare il prelievo fiscale.
Quanto sopra premesso, considerata la delicatezza della questione, che richiede approfondimenti non esperibili nell'immediato, l'Agenzia delle entrate si riserva di esprimere una compiuta opinione in tempi ragionevolmente brevi, previa effettuazione di una analisi dei contratti di finanziamento cui l'interrogazione si riferisce.

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ALLEGATO 5

5-04537 Fugatti: Legittimità della determinazione in misura fissa del canone di occupazione di spazi pubblici relativi ai passi carrabili.

TESTO DELLA RISPOSTA

Con il documento in esame, l'onorevole interrogante chiede di conoscere se l'applicazione del canone di occupazione degli spazi ed aree pubbliche (TOSAP) di cui all'articolo 44 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, ai passi carrabili in misura fissa pari ad euro 100 per ogni accesso, al fine di destinare le relative entrate al finanziamento di un edificio scolastico, sia conforme alla legge.
Al riguardo, il Dipartimento delle finanze, rappresentando in via preliminare che le problematiche relative al canone di cui all'articolo 27 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, recante disposizioni in materia di codice della strada, esulano dalla propria competenza tecnica, ha precisato che non sembrano sussistere motivi ostativi alla possibilità di introdurre nel regolamento relativo al canone di cui al citato articolo 27 una definizione di passo carrabile mutuata dalla TOSAP, tanto è vero che l'articolo 63, comma 3, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, dispone che dalla misura complessiva della tassa «va detratto l'importo di altri canoni previsti da disposizioni di legge, riscossi dal comune e dalla provincia per la medesima occupazione, fatti salvi quelli connessi a prestazioni di servizi». Tale norma, come precisato nella Circolare n. 2/DF del 20 gennaio 2009, «risponde all'esigenza di evitare una duplicazione di oneri connessi alla stessa occupazione. Tra detti oneri deve essere sicuramente annoverato il canone previsto dai commi 7 e 8, dell'articolo 27 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, recante le disposizioni sul codice della strada, che disciplinano le formalità per ottenere il rilascio delle autorizzazioni e delle concessioni richieste per le occupazioni che interessano strade non statali, prevedendo il pagamento di una somma che, come affermato da costante giurisprudenza (Cfr. ex multis: Corte di Cassazione, sez. V, sentenze 27 ottobre 2006, n. 23244 e 31 luglio 2007, n. 16914), deve essere corrisposta anche nel caso in cui per la stessa occupazione viene pagata la TOSAP o il COSAP. Pertanto, la lettura coordinata delle norme innanzi richiamate comporta che, ferma restando la debenza del canone del codice della strada per l'intero ammontare, è solo dall'importo dovuto a titolo di TOSAP (ovvero di COSAP) che va detratto quello del canone del codice della strada».
Infine, il Dipartimento ha precisato che l'intento del comune di correlare il canone al finanziamento della realizzazione del nuovo polo scolastico potrebbe essere, invece, legittimamente perseguito mediante l'istituzione di un'imposta di scopo di cui all'articolo 1, commi 145 e seguenti, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, poiché tra le opere pubbliche individuate dal comma 149 della medesima legge, la lettera i), prevede proprio le «opere di realizzazione e manutenzione straordinaria dell'edilizia scolastica».

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ALLEGATO 6

5-04538 Fluvi: Applicazione della tassa di concessione governativa alle apparecchiature terminali per il servizio pubblico terrestre di telecomunicazioni.

TESTO DELLA RISPOSTA

Con il documento in esame, l'onorevole interrogante chiede chiarimenti in merito alla corretta applicazione dell'articolo 21 della Tariffa allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 641 (Disciplina delle tasse sulle concessioni governative) secondo cui la tassa trova applicazione sulla «Licenza o documento sostitutivo per l'impiego di apparecchiature terminali per il servizio radiomobile pubblico terrestre di comunicazione (articolo 318 del decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156, e articolo 3 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 151, convertito con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 202): per ogni mese di utenza ...».
Con riferimento a tale disposizione, l'interrogante fa presente che l'articolo 218 del decreto legislativo n. 259 del 2003, al comma 1, lettera s), ha previsto l'abrogazione dell'articolo 318 del decreto del Presidente della Repubblica n. 156 del 1973 che disciplina la licenza di esercizio per cui sarebbe venuto meno il presupposto oggettivo per l'applicazione della tassa sulle concessioni governative che è dato dalla licenza.
A sostegno della tesi sostenuta, l'onorevole interrogante richiama alcune pronunce delle Commissioni Tributarie Regionali con le quali non si è ritenuta dovuta la tassa sulle concessioni governative per l'impiego di apparecchiature terminali per il servizio pubblico terrestre di telecomunicazione.
Al riguardo, l'Agenzia delle entrate fa presente che l'articolo 3, comma 2, del decreto ministeriale 13 febbraio 1990, n. 33 recante il «Regolamento concernente il servizio radiomobile pubblico terrestre di comunicazione» prevede il «... rilascio all'utente del documento che attesta la sua condizione di abbonato al servizio; tale documento (...) sostituisce a tutti gli effetti la licenza di stazione radio ...».
A tale proposito, l'Agenzia osserva che il decreto legislativo n. 259 del 2003 non ha operato alcuna abrogazione del regolamento introdotto con il decreto ministeriale n. 33 del 1990 che, pertanto, deve ritenersi ancora in vigore. Il rilascio all'utente di tale documento, che sostituisce la licenza di stazione radio, realizza, quindi, il presupposto impositivo di applicazione della tassa sulle concessioni dovuta ai sensi del richiamato articolo 21 della tariffa allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 641 del 1972.
La tesi sostenuta dall'Onorevole interrogante, secondo cui con l'articolo 218 del decreto legislativo n. 259 del 2003 si sia di fatto inteso escludere l'applicazione della tassa sulle concessioni governative in relazione all'utilizzo di apparecchiature per la telefonia mobile non risulterebbe, peraltro, coerente con il disposto di cui al successivo articolo 219 del medesimo decreto. Tale disposizione stabilisce, infatti, che «Dall'attuazione del codice non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato». Tale condizione non sarebbe realizzata se si escludesse

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l'applicazione della tassa sulle concessioni governative sul rilascio delle suddette licenze.
In considerazione delle disposizioni vigenti in materia, l'Agenzia ritiene, pertanto, che la tassa sulle concessioni governative sia dovuta nelle ipotesi in cui venga rilasciato all'utente il documento attestante la sua condizione di abbonato.
Il presupposto oggettivo per l'applicazione del tributo è individuabile nel titolo giuridico che consente all'utente di utilizzare il sistema, e cioè, come chiarito dalla medesima Agenzia con la risoluzione 11 ottobre 2000, n. 154, la sussistenza di un documento che provi l'esistenza di un rapporto contrattuale tra il gestore e l'utente.

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ALLEGATO 7

5-04539 Barbato: Iniziative a tutela dei piccoli azionisti delle società quotate e revisione dei meccanismi di remunerazione dei manager.

TESTO DELLA RISPOSTA

Con l'interrogazione a risposta immediata in commissione l'onorevole Barbato, in relazione alle notizie riportate dalla stampa sul gruppo Generali, chiede se si ritenga di assumere iniziative di carattere normativo, per assicurare ai piccoli azionisti di società quotate sul mercato un miglior quadro informativo e di tutela, al fine di scongiurare che possa essere pregiudicata la sana e prudente gestione delle imprese stesse, e se non si ritenga di promuovere, anche nelle sedi europee ed internazionali, una revisione della disciplina vigente relativamente ai meccanismi di remunerazione dei manager stessi.
Al riguardo, occorre premettere che presso questa stessa Commissione sono state già svolte interrogazioni a risposta immediata di analogo contenuto, in ordine alle quali si richiama la risposta fornita.
La Commissione Nazionale per le Società e la Borsa, interpellata nuovamente sulla questione, ha precisato che Assicurazioni Generali S.p.A., in ottemperanza a quanto richiesto dalla stessa Consob in data 25 marzo scorso, ai sensi dell'articolo 114, comma 5, del Testo unico delle disposizioni in materia d'intermediazione finanziaria, aveva emesso un articolato comunicato stampa col quale aveva chiarito la natura ed il contenuto degli accordi relativi a Generali Ppf Holding B.V., intercorsi tra Assicurazioni Generali S.p.A., da un lato, e Ppf Group N.V. e Ppf Col B.V., dall'altro.
In particolare con il comunicato stampa è stato chiarito che:
a) tali citati accordi «approvati con voto unanime dal Consiglio d'Amministrazione e dal Comitato Esecutivo di Generali, disciplinano una joint venture tra Generali e il Gruppo PPF, che Generali consolida nel proprio bilancio, in quanto ne detiene il controllo PPF BV detiene infatti in Holding una partecipazione minoritaria, rappresentativa del 49 per cento del suo capitale»;
b) «la costituzione di tale joint venture si è realizzata mediante il conferimento in Holding di una serie di partecipazioni societarie detenute dai partners nell'Europa centroorientale e il pagamento da Generali al Gruppo PPF di un conguaglio in denaro, a valori di mercato e senza contemplare alcun premio di maggioranza a carico di Generali».

La Consob, in data 31 marzo scorso, ha richiesto ad Assicurazioni Generali S.p.A., ai sensi dell'articolo 114, comma 5, del Testo unico delle disposizioni in materia d'intermediazione finanziaria, di integrare la relazione finanziaria annuale al 31 dicembre 2010 con le seguenti informazioni:
una descrizione delle principali clausole dei citati accordi indicando, con specifico riferimento ai diritti e opzioni attribuiti rispettivamente al Gruppo PPF ed al Gruppo Generali, le condizioni, i termini e le modalità di esercizio di tali diritti;
le considerazioni svolte da Generali ai fini del trattamento contabile adottato nel bilancio consolidato, con puntuale riferimento ai paragrafi dei principi contabili internazionali applicabili;

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la descrizione degli eventuali altri rapporti od operazioni posti in essere dal Gruppo Generali con le società facenti capo a Petr Kellner.

In ottemperanza a detta richiesta, in data 4 aprile scorso Assicurazioni Generali ha pubblicato l'ultima relazione finanziaria corredata dalle informazioni richieste dalla Consob.
Per quanto attiene ai compensi degli amministratori delle società quotate, allo scopo di garantire un adeguato livello trasparenza nei confronti del mercato su tali aspetti, la Consob ha ritenuto - ai sensi dell'articolo 114 del Testo unico delle disposizioni in materia d'intermediazione finanziaria - in via transitoria ed in attesa di una definizione più sistematica della disciplina sulla trasparenza delle remunerazioni, che sarà realizzata in occasione dell'attuazione del decreto legislativo n. 259 del 30 dicembre 2010 di diffondere la Comunicazione n. DEM/11012984 del 24 febbraio 2011 recante «Richiesta di informazioni ai sensi dell'articolo 114, comma 5, del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, in materia di indennità per scioglimento anticipato del rapporto - Raccomandazioni in materia di piani di successione nonché in merito all'informativa sui compensi prevista dall'articolo 78 del regolamento n. 11971 del 14 maggio 1999 e successive modificazioni».
La Consob ha, infine, rappresentato che è in corso un costante monitoraggio sull'andamento del titolo nei mercati regolamentati e che prosegue altresì una intensa attività di vigilanza sugli aspetti inerenti la governance delle società del Gruppo Generali.
Sulla questione il Ministero dello Sviluppo Economico ha comunicato che l'ISVAP relativamente al settore assicurativo, sta vagliando, al fine dell'adozione delle conseguenti determinazioni, le osservazioni ed i commenti pervenuti durante la fase di pubblica consultazione dell'emanando schema di Regolamento in materia di politiche di remunerazione delle imprese di assicurazione, tenuto conto dei più recenti orientamenti Europei e internazionali.