CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 9 marzo 2011
450.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Ambiente, territorio e lavori pubblici (VIII)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

Indagine conoscitiva sulle politiche ambientali in relazione alla produzione di energia da fonti rinnovabili.

PROGRAMMA

L'esigenza di un approfondimento delle politiche inerenti l'impatto ambientale della produzione di energia da fonti rinnovabili nasce a seguito di alcuni recentissimi cambiamenti, nella normativa europea prima, e in quella nazionale dopo, che hanno interessato il settore e che richiedono ora una attenta ed accurata analisi, anche al fine di individuare eventuali lacune e anomalie nel sistema delineato per poi correggerle.
Com'è noto, infatti, il «pacchetto clima-energia» adottato dall'Unione europea contiene misure volte a combattere i cambiamenti climatici e a promuovere l'uso delle energie rinnovabili. Tra tali misure si colloca anche la direttiva 2009/28/CE sulla promozione delle energie rinnovabili, che fissa obiettivi vincolanti per ciascuno Stato membro, tali da incrementare l'attuale quota complessiva di energie rinnovabili sul consumo energetico finale della UE fino al 20 per cento nel 2020.
A seguito della delega per il recepimento della citata direttiva, contenuta nella legge comunitaria 2009 (legge 96/2010), il Governo ha emanato lo schema di decreto legislativo per la promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili - attualmente all'esame delle Commissioni parlamentari competenti - che recepisce e attua gli obiettivi vincolanti fissati dall'UE e traduce in misure concrete le strategie delineate nel Piano di Azione Nazionale per le energie rinnovabili dell'Italia (PAN) trasmesso, ai fini della valutazione della sua adeguatezza, alla Commissione europea, al fine del conseguimento entro il 2020 della quota del 17 per cento di energia da fonti rinnovabili sui consumi energetici nazionali.
Per il raggiungimento degli obiettivi nazionali sulle energie rinnovabili e per accedere ai previsti strumenti di sostegno, il Governo è altresì intervenuto sui criteri di sostenibilità ambientale per i biocarburanti (e i bioliquidi), dando attuazione alla direttiva 2009/30/CE con uno schema di decreto legislativo - anch'esso all'esame delle Commissioni parlamentari competenti - che prevede l'aggiornamento delle specifiche dei combustibili utilizzati nei trasporti (carburanti), fissate ai fini della riduzione delle emissioni inquinanti.
Inoltre, con il recente decreto del Ministero dello sviluppo economico del 10 settembre 2010, sono state emanate le «Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili», previste dal decreto legislativo n. 387 del 2003. Esse definiscono una cornice unitaria nazionale entro cui consentire alle regioni l'esercizio della propria potestà legislativa e amministrativa, superando la frammentazione normativa del settore delle fonti rinnovabili, con l'obiettivo di dare ordine allo sviluppo del settore e salvaguardare le aree più sensibili dal punto di vista naturalistico e ambientale.
In virtù di tali linee guida, la costruzione, l'esercizio e la modifica degli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili richiederà d'ora in poi un'autorizzazione unica rilasciata dalla regione o dalla provincia delegata, che dovrà essere conforme alle normative in materia di tutela dell'ambiente, del paesaggio e del patrimonio storico artistico, e dovrà essere

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garantito il coinvolgimento dei cittadini nel processo di comunicazione e informazione preliminare all'autorizzazione e realizzazione degli impianti.
Dopo diversi anni di assenza di riferimenti nazionali a cui le regioni hanno risposto con provvedimenti che sono stati dichiarati incostituzionali proprio per l'assenza dell'intervento statale previsto del decreto legislativo n. 387 del 2003, si apre, a seguito dei richiamati interventi normativi, una fase attuativa di fondamentale importanza anche al fine di favorire lo sviluppo economico di settori innovativi, quali le energie rinnovabili, la lotta ai cambiamenti climatici, il monitoraggio ambientale, la bioedilizia, nell'ambito dei quali si possono creare nuovi posti di lavoro e favorire la competitività dell'economia nazionale attraverso l'utilizzo ecologicamente orientato delle risorse naturali.
In tale contesto diventa d'obbligo un approfondimento a largo spettro sull'adeguatezza del nuovo quadro normativo e della relativa fase di attuazione ai fini del conseguimento degli obiettivi europei e dei relativi impegni dell'Italia in ordine alla percentuale di energia prodotta da fonti rinnovabili. Tale approfondimento è altresì necessario per comprendere la capacità delle misure messe in campo a riorientare l'economia verso nuove produzioni, nuove tecnologie e competenze, e quindi verso nuovi scenari di compatibilità ambientale e di risparmio energetico.
A tal fine la Commissione reputa opportuno avviare un'indagine conoscitiva che si svolga su un duplice presupposto: le politiche ambientali non possono che essere politiche di sviluppo e non di mera conservazione; la difficile congiuntura economica che il nostro Paese - come tutti i suoi partner internazionali - sta attraversando non può rappresentare un alibi per una strategia di basso profilo.
Da questo punto di vista, l'indagine intende porsi come un contributo per rafforzare azioni che devono muovere dal Ministero dell'ambiente, ma devono coinvolgere scelte del Governo nel suo complesso, indirizzando tutte le iniziative di crescita verso progetti che puntano a ridurre l'inquinamento, migliorare l'efficienza energetica, produrre energia da fonti sempre più pulite, costruire attorno alle attività sostenibili filiere economiche in grado di dispiegare un nuovo modello di sviluppo per il nostro Paese.
Da questo dipende il conseguimento degli obiettivi internazionali assunti dall'Italia in campo ambientale: verso questo nuovo modello di sviluppo - la green economy - si sta muovendo l'intera comunità internazionale e verso di esso dovrà muoversi l'Italia, per raggiungere posizioni competitive nei settori dell'energia pulita e a basso costo e nell'innovazione.
L'indagine conoscitiva vuole essere quindi un'occasione, a partire dall'analisi delle problematiche ambientali in tema di politiche per la promozione della produzione di energia da fonti rinnovabili nell'ambito della lotta ai cambiamenti climatici, per promuovere una più approfondita conoscenza e disamina, in ambito parlamentare, delle questioni e delle proposte in campo, allo scopo di sostenere lo sforzo del Paese verso un modello economico (green economy) più avanzato e più rispondente alle nuove esigenze.
In particolare, l'indagine dovrebbe consentire anche di confrontarsi con i nuovi strumenti, finanziari, tecnologici ed economici, che siano in grado di permettere uno sviluppo sostenibile degli impianti di produzione di energia rinnovabile.
Pertanto, obiettivi dell'indagine sono:
la verifica del livello di contributo effettivo alla lotta ai cambiamenti climatici ed alla realizzazione degli obiettivi del pacchetto clima-energia da parte degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili;
la verifica del grado del necessario contemperamento tra l'obiettivo strategico di contenimento delle emissioni inquinanti con quello concreto di tutela ambientale dei territori interessati dalla realizzazione degli impianti, e quindi l'impatto paesaggistico e ambientale degli impianti medesimi, anche con riguardo agli effetti sull'assetto idrogeologico del suolo, sull'occupazione

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del territorio, sulla tutela della biodiversità, nonché sulle vocazioni turistiche delle zone interessate;
la verifica delle procedure autorizzative soprattutto con riferimento alle nuove norme di semplificazione in materia di conferenza di servizi, DIA e SCIA;
la valutazione dei criteri di buona progettazione, minor consumo di territorio e riutilizzo di aree degradate, quali elementi utili alla valutazione favorevole del progetto di impianto di produzione di energia elettrica;
la verifica delle politiche regionali messe in atto per garantire il raggiungimento degli impegni assunti dall'Italia sul tema clima-energia, a partire dall'analisi delle normative regionali e del processo di recepimento delle misure adottate in ambito europeo e nazionale;
la verifica del grado di partecipazione e di informazione delle popolazioni interessate dagli impianti, a partire dall'analisi della disciplina riguardante l'introduzione, in favore delle comunità locali, di misure compensative per il mancato uso alternativo del territorio.

In tale ambito la Commissione potrebbe prevedere l'audizione dei seguenti soggetti:
Ministro dell'ambiente, Ministro dei beni culturali, Ministro dei trasporti, Ministro dello sviluppo economico, Ministro dell'istruzione, Ministro dell'agricoltura, Ministro delle politiche comunitarie e il Ministro degli affari esteri, sugli orientamenti dei rispettivi dicasteri in merito alle politiche riguardanti i cambiamenti climatici, l'energia e lo sviluppo, a partire dalla realizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili;
Commissario europeo per l'ambiente;
rappresentanti della Conferenza delle regioni e delle province autonome;
rappresentanti dell'Upi, dell'Anci e dell'Uncem;
i centri studi e di ricerca specializzati;
le parti sociali e le associazioni di categoria;
operatori del mercato;
associazioni e istituti, anche universitari;
altri soggetti specializzati in materia.

La Commissione potrebbe altresì procedere allo svolgimento di missioni di studio nei Paesi europei all'avanguardia nello sviluppo di impianti da fonti rinnovabili.
Il termine per la conclusione dell'indagine è fissato per il 30 giugno 2011.

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ALLEGATO 2

5-04351 Guido Dussin: Iniziative di competenza statale per far fronte ai danni provocati dagli orsi in alcune zone del Trentino Alto Adige.

TESTO DELLA RISPOSTA

Per quanto indicato nell'interrogazione a risposta immediata presentata dall'On. Dussin, riguardante la presenza di orsi in Trentino Alto Adige, si riferisce quanto segue.
Al momento, la popolazione di orsi nella Regione predetta risulta essere composta da circa trenta individui e tale numero è dovuto, in gran parte, al successo ottenuto con il Progetto «Ursus - azioni di tutela della popolazione di orsi del Brenta», meglio noto come Life Ursus, promosso dal Parco naturale Adamello Brenta, in collaborazione con la Provincia Autonoma di Trento e con il contributo scientifico dell'INFS (ora ISPRA).
A seguito di apposito studio di fattibilità, sono stati immessi in Trentino nove individui di orso, sei femmine e tre maschi, catturati in Slovenia, ai quali, al momento del rilascio, sono stati applicati radiocollari e marche auricolari trasmittenti, al fine di monitorarne gli spostamenti.
I risultati positivi sull'incremento degli orsi, sono dovuti anche alla capacità tecnica ed organizzativa della Provincia Autonoma di Trento e all'elevata sensibilità ambientale dimostrata dalla popolazione trentina, come si evince dai periodici rapporti redatti dalla Provincia di Trento.
Per contro è necessario ricordare che gli attuali livelli di conflittualità con le attività antropiche (danni e percezione negativa da parte della popolazione) rientrano allo stato entro quanto previsto prima dell'avvio del progetto e sono stati accettati dall'amministrazione competente.
Si ricorda che, per gestire eventuali situazioni di conflitto e pericolo, è stato redatto e condiviso con tutte le amministrazioni interessate un protocollo denominato «orsi problematici», che indica dettagliatamente le azioni da intraprendere in funzione dei comportamenti registrati da parte degli orsi. Tale protocollo è alla base delle attività messe in atto in relazione alle precedenti ed attuali situazione di conflitto.
Malgrado gli impegni profusi dalle amministrazioni e dagli enti interessati tendenti a garantire la tutela degli orsi e, nel contempo, prevenire eventuali danni cagionati da questi plantigradi agli apiari o al bestiame, si sono verificati casi di predazione o altro danno a carico delle popolazioni locali.
In particolare, si evidenziano i casi dei due esemplari che hanno cagionato i maggiori problemi. Il primo, Jurka, a seguito di incursioni in aree antropizzate e predazione di bestiame, è stata catturata e allocata presso una struttura detentiva in Trentino. Il secondo, DJ3, figlia di Jurka, si è recentemente resa responsabile, sempre in provincia di Trento, di danni al bestiame e, per tale motivo, la Provincia Autonoma di Trento ha richiesto al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare l'autorizzazione alla rimozione dell'orsa, ai sensi dell'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 357/97.
A seguito di specifico parere reso dall'ISPRA, il Ministero dell'ambiente, in data 21 dicembre 2010, ha autorizzato la rimozione dell'orsa DJ3, a condizione che l'esemplare prelevato venisse rimpiazzato con un altro. Ciò, in quanto, secondo la vigente normativa internazionale e nazionale,

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la rimozione di soggetti di orso bruno è possibile solo quando tale azione non pregiudichi lo status di conservazione della popolazione oggetto di intervento e qualora non risultino applicabili misure alternative.
Si evidenzia, infine, che secondo il Piano d'azione per la conservazione dell'orso bruno sulle alpi centro orientali (PACOBACE), formalmente approvato da tutte le amministrazioni dell'arco alpino centro orientale e dall'ISPRA, è necessario attivare strategie integrate di azioni che comprendano interventi di attento monitoraggio dell'animale, misure di prevenzione dei danni, attivazione di misure di dissuasione quando opportuno, ed una trasparente e corretta informazione degli abitanti e dei fruitori delle aree frequentate dagli orsi.

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ALLEGATO 3

5-04353 Di Biagio: Misure di politica ambientale a sostegno della produzione di energia da solare fotovoltaico.

TESTO DELLA RISPOSTA

Lo sviluppo delle fonti rinnovabili rappresenta un preciso impegno del Governo alla luce dei trattati internazionali sottoscritti, che impongono all'Italia di raggiungere il 17 per cento di energia prodotta da rinnovabili entro il 2020, ma anche nella considerazione che è importante sviluppare nel nostro paese la filiera dell'energia pulita, assecondando tecnologie che guideranno lo sviluppo energetico dei futuro.
In questa direzione si muove il decreto che è stato recentemente emanato dal Governo.
Io in questa sede intendo rassicurare gli operatori del settore e quanti hanno a cuore lo sviluppo delle rinnovabili nel nostro paese rispetto ad allarmismi che hanno preceduto e oggi accompagnano il decreto.
In primo luogo non vi è alcuna soglia vincolante di 8000 megawatt da realizzare in Italia col solare. Quella cifra rappresenta la stima di sviluppo dei settore che era stata fatta all'indomani della firma del pacchetto «20-20-20» quando ci venne chiesto dall'Europa di parametrare le ipotesi di crescita delle diverse fonti rinnovabili. Tale stima, anche a causa di un forte rallentamento delle installazioni di eolico e della lenta crescita delle biomasse, andrà certamente rivista.
Il decreto interministeriale, che fisserà i nuovi incentivi che partiranno dal prossimo giugno, ridefinirà le quote di produzione incentivate per consentire a tutte le filiere delle rinnovabili, fra cui naturalmente il solare, adeguata crescita e sostegno.
Analogamente saranno ridefiniti gli incentivi, che oggi in Italia sono i più alti d'Europa, ed hanno attratto anche investimenti speculativi, con l'obiettivo di consentire lo sviluppo del fotovoltaico, scoraggiando al contempo speculazioni e truffe, contro le quali peraltro avvieremo controlli molto più stringenti e mirati.
I nuovi incentivi saranno tarati su tre parametri fondamentali:
l'esigenza di raggiungere l'obiettivo del 17 per cento al 2020;
il sensibile calo dei costi dei materiali per l'installazione delle rinnovabili;
la compatibilità con il livello degli incentivi in vigore negli altri paesi europei.

Credo che queste linee di intervento siano assolutamente razionali e pienamente condivisibili anche in considerazione del fatto che gli incentivi sono pagati da tutti gli italiani in bolletta e che sono quindi da evitare costi esorbitanti per i cittadini che già sostengono generosamente il settore.
L'Italia ha bisogno ed avrà sempre più bisogno in futuro di rinnovabili e di nucleare e non potrà fare a meno ancora per molti decenni delle fonti fossili. Sono prive di logica quindi le congetture che inventano antagonismi inesistenti e palesemente strumentali.
Ritengo altresì pienamente giustificata e condivisibile invece l'esigenza di dare stabilità alle prospettive del settore definendo in tempi brevissimi l'entità degli incentivi che scatteranno da giugno. In tal senso esiste una piena intesa con il Ministro Romani per giungere nell'arco di un paio di settimane - sentiti gli operatori del settore e le istituzioni bancarie - ad una decisione che consenta di programmare gli investimenti futuri del settore con assoluta certezza dei termini economici.

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ALLEGATO 4

5-04349 Ghiglia: Circolazione e destinazione dei materiali derivanti da attività di trattamento e recupero dei rifiuti.

TESTO DELLA RISPOSTA

In risposta all'interrogazione a risposta immediata presentata dagli On.li Ghiglia e Tortoli, nella quale si chiede al Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare l'emanazione di una specifica circolare che confermi il fatto che spetta al produttore del rifiuto, e quindi anche al produttore che genera il rifiuto da operazioni di trattamento, di pretrattamento, di miscelazione, o altre operazioni che hanno modificato la natura o la composizione del rifiuto, di poter decidere autonomamente la destinazione dei rifiuti prodotti in funzione di una serie di variabili, privilegiando il principio di prossimità, favorendo il recupero anziché lo smaltimento, indipendentemente da quanto deciso dal produttore iniziale del rifiuto, si rappresenta quanto segue.
Tale possibilità, seppure vantaggiosa da un punto di vista dell'interpretazione della gerarchia dei rifiuti (avviare a recupero un rifiuto prodotto da trattamenti preliminari anziché destinarlo allo smaltimento) incontra una serie di difficoltà legate sia alla responsabilità nella gestione del rifiuto che al cambio di destinazione del rifiuto stesso (ad esempio lo smaltimento in luogo del recupero).
In particolare, si ricorda che le predette operazioni preliminari di trattamento dei rifiuti richiamate dagli interroganti, previste dall'Allegato I della Direttiva 2008/98/CE e dall'Allegato B del D. Lgs. 152/06, come modificato dal D. Lgs. 205/2010, prevedono espressamente che le stesse siano preliminari ad una delle operazioni di smaltimento, escludendo così di fatto che i rifiuti prodotti da tali operazioni preliminari possano essere destinati ad una delle operazioni di recupero previste dall'Allegato II della Direttiva 2008/98/CE e dall'Allegato C del D. Lgs. 152/06, come modificato dal D. Lgs. 205/2010.
Oltre a ciò, va evidenziato che i rifiuti sono accompagnati, sino allo smaltimento o recupero finale, da un formulario di identificazione dei rifiuti, la cui quarta copia deve essere restituita al produttore del rifiuto all'atto del predetto smaltimento finale. Nel caso in cui tale rifiuto, a seguito di un trattamento preliminare, dovesse cambiare codice CER o semplicemente la destinazione, si verrebbero con tutta probabilità a creare delle complicazioni a livello di certificazione e tracciabilità del rifiuto.
Tutto ciò premesso, si ritiene che la materia in parola, anche in considerazione dei risvolti comunitari, debba essere approfondita anche con i competenti organismi della Commissione Europea, per non incorrere, tra l'altro, in procedure di infrazione comunitaria.
Sarà cura del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare portare all'attenzione generale, nelle forme di rito, i risultati degli approfondimenti che saranno condotti.

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ALLEGATO 5

5-04350 Mariani: Impiego ed erogazione delle risorse stanziate dalla legge finanziaria 2010 per interventi di difesa del suolo.

TESTO DELLA RISPOSTA

In risposta all'interrogazione a risposta immediata presentata dall'On. Mariani ed altri, riguardante l'utilizzo delle risorse per il dissesto idrogeologico, si rappresenta quanto segue.
L'articolo 2, comma 240, della legge finanziaria 2010 ha destinato 1.000 milioni di euro, successivamente ridotti a 900 milioni di euro per l'effetto dell'articolo 17, comma 2-bis, del decreto legge 195/2009 convertito, con modificazioni, in legge 26/2010, alla realizzazione di Piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a più alto rischio idrogeologico individuate dalla Direzione generale competente del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sentite le Autorità di Bacino e il Dipartimento della protezione civile nazionale.
La stessa norma ha altresì individuato, quale strumento privilegiato per l'utilizzo delle risorse, l'accordo di programma da sottoscrivere con le regioni interessate.
In tal modo, si è inteso procedere ad una programmazione degli interventi in materia di difesa del suolo in maniera congiunta e coordinata con la programmazione delle regioni, e in condivisione con le stesse, a differenza di quanto avveniva negli anni precedenti, nei quali venivano erogati finanziamenti direttamente dal Ministero a singoli enti locali, senza coinvolgere le Regioni e senza curarsi di quanto disposto da queste ultime.
Per rafforzare quest'impostazione, il Ministero dell'Ambiente ha incrementato la dotazione di 900 milioni di euro prevista dalla legge finanziaria con le risorse direttamente disponibili sul proprio bilancio per le finalità di difesa del suolo pari a circa 386 milioni di euro, destinando pertanto al finanziamento dei piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico un totale complessivo di 1.286 milioni di euro.
Ciò, con l'evidente obiettivo di programmare in maniera ancor più unitaria le risorse disponibili per il medesimo settore, realizzando un complesso di interventi quanto più possibile organico e coordinato, ed evitando al contempo duplicazioni di atti programmatori e procedure di spesa aventi la medesima finalità.
Già dai primi mesi del 2010 il Ministero dell'Ambiente ha avviato le procedure per dare attuazione alle citate disposizioni normative avviando una serie di consultazioni con tutte le regioni interessate, coinvolgendo le Autorità di bacino competenti nonché il Dipartimento nazionale della protezione civile, che si sono concluse con la sottoscrizione, ormai con tutte le regioni, di specifici accordi di programma che individuano e finanziano gli interventi prioritari diretti a rimuovere le situazioni a più alto rischio idrogeologico. In occasione di tali incontri si sono anche condivisi i criteri di ripartizione e di definizione congiunta, Regione per Regione, del quadro degli interventi.
Le risorse, pertanto, erano già state integralmente programmate e, per procedere al loro impegno, si aspettava soltanto che esse fossero rese effettivamente disponibili dal Ministero dell'Economia, sia in termini di competenza che di cassa, quando, del tutto inopinatamente, per effetto di un emendamento di origine parlamentare inserito in sede di conversione del decreto legge milleproroghe, è stata

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disposta la destinazione ricordata dagli interroganti di una parte delle risorse stanziate dalla predetta disposizione della legge finanziaria in favore della Regione Liguria e del Veneto, oltre che - in misura sensibilmente minore - della Campania e della Provincia di Messina, per far fronte agli eccezionali eventi metereologici che hanno colpito tali parti del territorio nazionale.
L'utilizzo di tali risorse, per un importo pari a cento milioni di euro, non è stato affatto coordinato e gestito dal Ministero dell'ambiente, il quale invece, per effetto delle decurtazioni apportate dal suddetto emendamento parlamentare agli stanziamenti iniziali disposti dalla legge finanziaria per il programma straordinario di difesa del suolo, si vede ora costretto a rimodulare gli accordi di programma già conclusi con tutte le regioni e, in larghissima parte, già registrati dalla Corte dei Conti.
Nel procedere a tale rimodulazione si terrà presente il criterio di ripartizione territoriale, già precedentemente adottato, di cui all'articolo 18, comma 3, del decreto-legge n. 185/2008, convertito dalla legge n. 2/2009 (85 per cento alle Regioni del Mezzogiorno - 15 per cento alle restanti Regioni).
Si è infatti ritenuto di operare nel senso anzidetto al fine di tener comunque conto del fatto che le risorse assegnate con tale disposizione provenivano originariamente dai Fondi per le aree sottoutilizzate.
Anche in fase di rimodulazione si terrà ovviamente conto, come avvenuto nella programmazione consacrata negli Accordi di programma, dei fattori che rappresentano in maniera più significativa il rischio per il territorio, integrando - in ottemperanza alle raccomandazioni formulate dalla Corte dei Conti - i tradizionali coefficienti superficie-popolazione con appositi coefficienti relativi al rischio idrogeologico (rischio frane ed alluvioni) ed all'erosione delle coste calcolati sulla base di uno studio effettuato dagli Uffici del Ministero dell'Ambiente.

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ALLEGATO 6

5-04352 Dionisi: Smaltimento dei residui e dei sottoprodotti derivanti dalle attività dei frantoi oleari.

TESTO DELLA RISPOSTA

In merito all'interrogazione a risposta immediata presentata dall'On. Mondello ed altri, concernente lo scarico delle acque reflue dei frantoi oleari, si rappresenta quanto segue.
La questione oggetto dell'interrogazione è già nota al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e da ultimo, alla fine del mese di gennaio scorso, è stata anche oggetto di un approfondito confronto tra rappresentanti del Ministero, della Regione Liguria e dei frantoi oleari liguri che operano per conto terzi.
Questi ultimi hanno rappresentato le grandi difficoltà, anche in termini economici, della gestione dei propri reflui secondo la normativa vigente e la complessità della materia non ha trovato una immediata soluzione proprio in relazione alle caratteristiche chimico-fisiche dei reflui in questione e dei trattamenti depurativi presenti sul territorio, come di seguito specificato.
Innanzitutto, va evidenziato che la corretta gestione dei residui di lavorazione dei frantoi oleari non può prescindere dalla constatazione dell'elevato potenziale inquinante degli stessi. In particolare, le acque reflue derivanti dall'attività dei frantoi oleari sono ritenute uno degli effluenti più inquinanti dell'industria alimentare, che crea notevoli problemi nelle aree a vocazione olivicola in tutta Europa. Esse sono caratterizzate da elevatissimi valori di COD (richiesta chimica di ossigeno) e BOD (richiesta biochimica di ossigeno a 5 giorni), bassi valori di pH ed elevati valori di solidi sospesi totali. Inoltre, l'elevato contenuto di polifenoli rende molto difficile la degradazione batterica del refluo, conferendo allo stesso caratteristiche di fitotossicità.
Tanto premesso, entrando nel merito dell'interrogazione in questione e, in particolare per quanto riguarda la possibilità dello scarico in fognatura, va anche evidenziato che, considerate le richiamate caratteristiche chimico-fisiche delle acque di vegetazione, le usuali tecnologie utilizzate negli impianti di depurazione delle acque reflue urbane presenti nel territorio nazionale non sono idonee al trattamento delle stesse. Inoltre, il recapito di detti reflui agli impianti di trattamento delle acque reflue urbane metterebbe in crisi gli stessi processi depurativi, con conseguente mancato trattamento anche delle acque reflue urbane di altra natura, normalmente convogliate. Le conseguenze in termini sia di inquinamento dell'ambiente idrico, sia di costi per il ripristino della funzionalità degli impianti sarebbero notevoli.
In tale contesto, non va trascurato lo stato di inadeguatezza del sistema depurativo di gran parte del territorio nazionale, che ha comportato il deferimento dell'Italia in Corte di Giustizia per 159 agglomerati, di cui 14 proprio nel territorio della Regione Liguria.
In merito a quest'ultimo aspetto, nel corso delle attività di coordinamento svolto dal Ministero dell'ambiente nei confronti delle Regioni coinvolte, sono emerse notevoli difficoltà, anche in termini finanziari, per l'adeguamento dei depuratori a poter trattare le acque reflue ad oggi ammesse. Il conferimento dei residui di lavorazione dei frantoi oleari agli impianti di depurazione di acque reflue urbane

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vanificherebbe gli sforzi finora compiuti per l'adeguamento degli stessi impianti ai requisiti comunitari.
Dal punto di vista normativo, ad oggi, l'unica modalità di gestione normativa allo smaltimento, ai sensi della disciplina sui rifiuti, risulta essere l'utilizzazione in agricoltura, da effettuarsi nel rispetto delle disposizioni regionali di attuazione del decreto ministeriale 6 luglio 2005, recante: «Criteri e norme tecniche generali per la disciplina regionale dell'utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione e degli scarichi dei frantoi oleari, di cui all'articolo 38 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152».
Tuttavia, è noto al Ministero, e tra l'altro riportato nella stessa interrogazione, che l'utilizzazione in agricoltura dei reflui prodotti dai frantoi oleari è pressoché impraticabile nella Regione Liguria per le specificità territoriali, soprattutto di ordine orografico.
Stante tale situazione, in una prospettiva di contemperamento tra esigenze degli operatori interessati e salvaguardia dell'ambiente, il Ministero si riserva di affrontarla nell'ambito di una futura revisione della terza parte del decreto legislativo n. 152 del 2006.

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ALLEGATO 7

5-04354 Piffari: Smaltimento presso impianti pugliesi di rifiuti prodotti in Campania.

TESTO DELLA RISPOSTA

Per quanto indicato nell'interrogazione a risposta immediata presentata dall'onorevole Piffari, riguardante la situazione di crisi in cui versa la Regione Campania in materia di gestione dei rifiuti urbani e la convocazione di un incontro e di un tavolo tecnico tra Governo e Regioni, per trovare una soluzione a detta crisi mediante la disponibilità di altre Regioni ad accogliere i rifiuti campani, si rappresenta quanto segue.
Considerata la non autosufficienza del sistema di gestione dei rifiuti urbani non pericolosi prodotti in Campania, tale da non poter essere risolta con le strutture e dotazioni esistenti nella stessa Regione, in data 29 novembre 2010, il Governo ha convocato, su richiesta della Regione Campania, la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
In tale seduta, alla luce del quadro complessivo preliminare emerso in merito alle disponibilità assicurate dalle Regioni ivi presenti, veniva sancito l'Accordo interregionale per lo smaltimento dei rifiuti campani anche in altre regioni.
Nella medesima seduta l'individuazione delle condizioni e delle quantità di rifiuti della regione Campania che ogni Regione poteva accogliere negli impianti disponibili sul proprio territorio veniva demandata ad un successivo incontro tecnico che si è tenuto il 1o dicembre 2010 presso il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.
Al tale incontro hanno preso parte, oltre al Direttore della Direzione Generale tutela del territorio e delle risorse idriche del Ministero dell'ambiente, l'Assessore alla Qualità dell'Ambiente della Regione Puglia, il Direttore dell'Area Ambiente della Regione Puglia, l'Assessore all'Ambiente della Regione Campania e i rappresentanti delle Unità Operativa e Stralcio (istituite con il Decreto-Legge n. 195 del 30 dicembre 2009 convertito con Legge n. 26 del 26 febbraio 2010 per, favorire il passaggio di consegne e assicurare il rientro nella gestione ordinaria).
Nel merito, i rappresentanti della Regione Puglia, verificato lo stato della situazione impiantistica regionale, hanno segnalato la disponibilità da parte della regione medesima a ricevere in impianti situati nel proprio territorio i rifiuti aventi codici CER 19.12.12 e 19.05.01, derivanti dagli stabilimenti di tritovagliatura della Regione Campania per un quantitativo medio giornaliero, così come richiesto dalla Regione Campania per far fronte alla crisi in parola, di circa 500 tonnellate, distribuito su un periodo di circa tre mesi, ma non hanno indicato i siti presso cui i rifiuti provenienti dalla Campania sarebbero stati smaltiti.
Nella circostanza, il Direttore Generale della Direzione tutela del territorio e delle risorse idriche ha segnalato la necessità che le attività di verifica e monitoraggio delle operazioni di trasferimento dei rifiuti venissero assicurate da parte delle Arpa territorialmente competenti.
Inoltre, i rappresentanti della Regione Puglia, hanno segnalato la convocazione, per il giorno 3 dicembre 2010, di un tavolo tecnico nel quale discutere le modalità per l'attuazione dell'intesa tecnica, così da predisporre uno specifico protocollo operativo, a firma dei presidenti delle due

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Regioni interessate, per il trasferimento dei rifiuti a partire dal 4 dicembre 2010.
Tale riunione è effettivamente avvenuta presso la Presidenza della Giunta Regionale della Puglia a Bari e si è conclusa con la stesura del «Protocollo di intesa tra Regione Puglia e Regione Campania per il trasporto e lo smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi provenienti dagli impianti STIR della Regione Campania presso impianti di discarica della Regione Puglia».
Con riferimento ai contenuti di detto protocollo, esso disciplina, in particolare, le caratteristiche e la provenienza dei rifiuti, la modalità di controllo dei rifiuti prima del carico sui mezzi di trasporto, il programma dei conferimenti, il controllo delle attività di conferimento dei rifiuti presso gli impianti finali, il monitoraggio delle attività di trasporto e smaltimento, l'ammontare del ristoro ambientale che la Regione Campania verserà ai Comuni pugliesi presso i quali sono ubicati gli impianti finali di smaltimento di rifiuti, le modalità di applicazione dell'ecotassa sui conferimenti.
Nel merito dei quesiti posti dagli interroganti, risulta, inoltre, che:
i rifiuti oggetto del protocollo di intesa sono rifiuti speciali non pericolosi individuati dai codici CER 19.05.01 c/o CER 19.12.12 prodotti e stoccati negli Stabilimenti di Tritovagliatura e Imballaggio di Rifiuti Urbani (STIR) di Tufino (NA), Giugliano in Campania (NA), Santa Maria Capua Vetere (CE), Battipaglia (SA) e Caivano (NA);
gli impianti finali di smaltimento sono le discariche di rifiuti speciali non pericolosi Ecolevante S.p.A. di Grottaglie (TA), Italcave S.p.A. di Taranto e Vergine S.p.A. di Taranto, individuati dal Consorzio CITE quale aggiudicatario del servizio di smaltimento, incluso caricamento e trasporto, appaltato mediante gara dall'Unità Operativa costituita ai sensi dell'articolo 2 della Legge 26 febbraio 2010 n. 26, per favorire il passaggio di consegne e assicurare il rientro della Regione Campania nella gestione ordinaria.

Ad ogni buon fine, per tutti gli aspetti tecnici, è a disposizione degli interroganti il suddetto protocollo d'intesa.