CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 17 novembre 2010
400.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

5-03814 Pagano e Marinello: Indeducibilità delle minusvalenze non comunicate all'Agenzia delle entrate.

TESTO DELLA RISPOSTA

Con il documento in esame, concernente il regime sanzionatorio dell'omessa comunicazione delle minusvalenze e delle differenze negative su strumenti finanziari, gli interroganti chiedono se non si ritenga opportuno assumere le necessarie iniziative per addivenire alla sostituzione dell'attuale sanzione «impropria» dell'indeducibilità delle minusvalenze (e differenze negative su strumenti finanziari) con la sanzione amministrativa prevista dal comma 3-bis, dell'articolo 8, del decreto 18 dicembre 1997, n. 471, per l'omessa o incompleta indicazione delle spese e degli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse con soggetti localizzati in paesi a fiscalità privilegiata (articolo 110, comma 11 del testo unico delle imposte sui redditi).
Al riguardo, è opportuno far presente che in data 6 ottobre 2010 è stata presentata una proposta di legge (A.C. 3743) d'iniziativa dell'onorevole Marinello, dell'onorevole Pagano e dell'onorevole Gioacchino Alfano, di contenuto analogo, assegnata in VI Commissione finanze, in sede referente, il 20 ottobre 2010.
Come rilevato nell'interrogazione, la vigente disposizione dell'articolo 5-quinquies del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 (convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248) dispone l'obbligo di comunicare le minusvalenze e le differenze negative di ammontare superiore a 50.000 euro derivanti da operazioni su azioni o altri titoli negoziati in mercato regolamentati. In caso di comunicazione omessa, incompleta o infedele, è prevista l'indeducibilità di tali componenti negativi.
È una fattispecie di cosiddetta sanzione impropria che, in effetti, appare sproporzionata rispetto all'obiettivo da perseguire.
Più dettagliatamente, occorre rilevare che l'articolo 8, comma 3-bis, di cui si chiede l'applicazione, costituisce una norma sanzionatoria espressamente introdotta per la diversa, fattispecie di mancata o incompleta indicazione delle spese e degli altri componenti negativi, di cui all'articolo 110, comma 11, del TUIR, in sede dichiarativa, cui consegue l'applicazione di «una sanzione amministrativa pari al 10 per cento dell'importo complessivo delle spese e dei componenti negativi non indicati nella dichiarazione dei redditi, con un minimo di euro 500 ed un massimo di euro 50.000».
Al riguardo, gli Uffici dell'Amministrazione finanziaria esprimono dubbi sulla traslabilità della sanzione prevista dal predetto articolo 8 del decreto legislativo n. 471 del 1997, alla fattispecie in esame, posto che il trattamento sanzionatorio, di cui si propone l'applicazione, attiene ad un illecito commesso in sede dichiarativa e, in particolare, all'ipotesi di mancata, separata, indicazione in dichiarazione dei redditi delle spese e degli altri componenti negativi, derivanti da operazioni intercorse con Paesi e territori che non consentono un adeguato scambio di informazioni: Risulterebbe, pertanto, difficilmente applicabile, alla fattispecie di mancata comunicazione delle minusvalenze, la sanzione «pari al 10 per cento dell'importo complessivo delle spese e dei componenti negativi non indicati nella dichiarazione dei redditi».

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L'Agenzia delle Entrate rileva, altresì, che già in base ai principi generali in materia di sanzioni amministrative-tributarie, «se la legge in vigore al momento in cui è stata commessa la violazione e le leggi posteriori stabiliscono sanzioni di entità diversa, si applica la legge più favorevole, salvo che il provvedimento di irrogazione sia divenuto definitivo». Pertanto, già in applicazione dei richiamati principi, l'eventuale disposizione sanzionatoria di favore troverebbe applicazione alle violazioni già contestate ma per le quali l'accertamento non sia divenuto definitivo.
In altri termini, l'applicazione retroattiva delle nuove disposizioni di favore incontrerebbe il solo limite dei rapporti cosiddetti esauriti, intendendosi per tali quelli per i quali sia intervenuto un giudicato o un atto amministrativo definitivo o, comunque, siano decorsi i termini di prescrizione o decadenza stabiliti dalla legge per l'esercizio dei diritti ad essi relativi.
In proposito, si fa presente che la problematica segnalata è all'attenzione degli Uffici dell'Amministrazione finanziaria che stanno analizzando le misure più adeguate da adottare per addivenire a scelte più consone dal punto di vista sanzionatorio.

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ALLEGATO 2

5-03815 Fluvi e Sanga: Esenzione dall'IVA delle prestazioni di servizi fornite agli Enti locali da società in house providing.

TESTO DELLA RISPOSTA

Con il documento in esame, l'Onorevole interrogante, dopo aver premesso che le società «in house providing» sono disciplinate nel nostro ordinamento dall'articolo 113, comma 5, lettera c), del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 che prevede che l'erogazione dei servizi pubblici locali possa avvenire anche a mezzo di società «in house» e che l'Agenzia delle Entrate, con le risoluzioni n. 129/E del 9 novembre 2006 e n. 37/E dell'8 marzo 2007, non ha ritenuto applicabile alle suddette società il regime agevolativo di esenzione fiscale dall'imposta di valore aggiunto (IVA) previsto per le operazioni rese dagli altri organismi di diritto pubblico, chiede un intervento a livello normativo in modo da estendere l'ambito di esenzione ai fini IVA anche alle prestazioni di servizi fornite agli enti locali da società operanti «in house providing».
Al riguardo, l'Agenzia delle entrate ha fatto presente che la risoluzione n. 129/E del 9 novembre 2006, ha ad oggetto l'applicabilità ad una società «in house providing» del regime di esenzione dall'IVA di cui all'articolo 10, n. 21-ter) del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, previsto per i servizi socio-sanitari resi, fra l'altro, da organismi di diritto pubblico.
In tale sede è stato precisato che l'orientamento giurisprudenziale e le disposizioni normative sopra richiamate, che qualificano le società «in house» come organismi di diritto pubblico, «esplicano i loro effetti (...) ai fini dell'applicazione delle disposizioni in materia di appalti pubblici di lavori forniture e servizi, senza assumere (...) valenza generale».
Il citato documento di prassi ha, quindi, chiarito che la definizione di organismo di diritto pubblico dettata dall'articolo 3, comma 26, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice in materia di appalti pubblici) non può ritenersi immediatamente applicabile ai fini fiscali, con la conseguenza che la suddetta esenzione dall'IVA prevista per le operazioni rese da organismi di diritto pubblico non è suscettibile di estensione anche a quelle effettuate dalle società «in house».
La successiva risoluzione n. 37/E del 2007 ha fornito chiarimenti in merito al regime IVA applicabile alle operazioni effettuate dalle società «in house» nei confronti degli enti pubblici affidanti.
Detto documento di prassi, richiamando la citata risoluzione n. 129/E del 2006, ha precisato che le società «in house» sono soggetti giuridicamente distinti dagli enti pubblici che le controllano e, peraltro, che le stesse, essendo costituite nella forma giuridica delle società di capitali, si configurano in ogni caso quali soggetti passivi ai fini IVA ai sensi dell'articolo 4, secondo comma, n. 1), del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 per tutte le operazioni dalle medesime rese.
Da ciò consegue che non può essere estesa alle società «in house» la disposizione dell'articolo 4, quarto comma, primo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, il quale «esclude dall'applicazione dell'IVA gli enti non commerciali relativamente allo svolgimento di alcune attività per il peculiare «status giuridico» da essi posseduto, che

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non può essere trasferito in capo a soggetti diversi, quali le società commerciali, aventi una personalità giuridica distinta dall'ente da cui promanano».
Al riguardo, si segnala, peraltro, che le suesposte posizioni interpretative appaiono conformi a quelle assunte dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee, la quale, in merito al regime IVA applicabile alle operazioni svolte dagli enti pubblici, ha precisato che allorché un ente pubblico territoriale deleghi ad un terzo, in posizione di autonomia, le funzioni di pubblica autorità, l'esclusione dall'IVA prevista dall'articolo 13, paragrafo 1, della Direttiva CE 112/2006 (già articolo 4, paragrafo 5, della Direttiva 77/388/CEE) non trova applicazione in relazione alle attività od operazioni poste in essere dal terzo (al riguardo, tra l'altro, si ricordano le sentenze 26 marzo 1987, causa C. 235/1985, 25 luglio 1991, causa C. 202/90, nonché 12 settembre 2000, causa C. 276/97).
Tale ultima disposizione deve essere, infatti, interpretata «nel senso che la sua applicazione è esclusa, qualora le funzioni di una pubblica autorità non siano esercitate direttamente, bensì vengano affidate ad un terzo che operi in posizione di autonomia».
Quanto, infine, alla richiesta formulata dall'onorevole interrogante circa un eventuale intervento normativo in materia finalizzato ad estendere l'ambito di esenzione Iva anche alle prestazioni di servizi fornite agli enti locali dalle società «in house providing», il Dipartimento delle finanze ha rappresentato che, allo stato, non essendo ancora disponibili i dati dichiarativi necessari per effettuare la stima del numero delle società in questione, non risulta di facile quantificazione la perdita di gettito derivante da un eventuale intervento normativo in materia.
In ogni caso, alla luce di tutte le considerazioni che precedono, anche relative a profili di carattere comunitario, non si può ignorare allo stato l'oggettivo grado di problematicità sotteso all'auspicio formulato con l'interrogazione.

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ALLEGATO 3

5-03816 Comaroli: Gettito dell'addizionale IRES sulle società operanti nel settore energetico.

TESTO DELLA RISPOSTA

Con il question time in esame l'onorevole interrogante chiede di conoscere il gettito per l'anno 2009 e la stima di gettito per l'anno 2010 derivante dall'incremento di un punto percentuale, dal 5,5 per cento al 6,5 per cento (articolo 56 della legge 23 luglio 2009, n. 99, che ne ha destinato il maggior gettito al finanziamento dell'editoria), dell'addizionale all'imposta sul reddito delle società che operano nel settore energetico, introdotta dall'articolo 81, comma 16, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112.
Al riguardo, gli Uffici dell'amministrazione hanno riferito che dai dati di versamento tramite il modello F24 il gettito relativo all'addizionale IRES per il periodo di imposta 2009 è pari a 684 milioni di euro ed in particolare:
264 milioni di euro relativi al 1o acconto 2009,
283 milioni di euro relativi al 2o acconto 2009,
137 milioni di euro relativi al saldo 2009.

Relativamente alla stima di gettito per l'anno 2010, gli Uffici, nel rappresentare che la prima rata di acconto ammonta a 167 milioni di euro, in attesa di conoscere i versamenti relativi al secondo acconto per la stessa annualità, confermano il dato relativo al gettito del 2009.

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ALLEGATO 4

5-03817 Barbato: Trasferimento del tenente colonnello della Guardia di Finanza Pino Falvelli.

TESTO DELLA RISPOSTA

In relazione alla interrogazione in esame concernente la posizione d'impiego del Ten.Col. Pino FALVELLI, il Comando Generale della Guardia di Finanza ha rappresentato quanto segue.
Preliminarmente è stato evidenziato che, nell'ambito della manovra «direttivi» 2010, si è disposto (tra gli altri), il trasferimento del Ten.Col. FALVELLI (già Comandante della 1a Sezione Aerea Logistica del II Gruppo Aereo Logistico del Centro di Aviazione) alla Sezione Aerea di Manovra di Grottaglie, quale Comandante del Nucleo Efficienza, con decorrenza 21 giugno 2010.
L'ufficiale ha già dato corso al movimento, giungendo al reparto di destinazione l'11 luglio 2010.
Al riguardo, il Comando Generale rileva che, a seguito dell'esternazione del provvedimento di impiego in argomento:
il COBAR del Comando Logistico Aeronavale ha espresso parere contrario all'effettuazione del movimento, senza esplicitare alcuna «motivazione giustificativa»;
l'ufficiale ha chiesto la revoca del proprio trasferimento evidenziando:
la delicata situazione familiare connessa alla conflittuale separazione dal coniuge, che implicava;
la sua presenza in numerose udienze (2/3 al mese);
problemi economici conseguenti alla corresponsione di somme alla moglie e ai figli, a cui si aggiungevano le ingenti spese per le azioni legali;
l'inadeguatezza della previsione organica dell'incarico (all'epoca, al rango «Ten/S.Ten») cui era stato preposto, nonostante avesse ripetutamente richiesto negli anni di svolgere mansioni attinenti al grado rivestito;
che è stato sempre impiegato in mansioni di ufficio, spesso non gradite ad altri, precludendogli la possibilità di migliorarsi con corsi di aggiornamento e di qualificazione;

Con riferimento alla domanda di revoca il Comando Generale della Guardia di Finanza sottolinea che:
la gerarchia intermedia dell'ufficiale aveva espresso parere contrario al relativo accoglimento, in quanto non sostenuta da «sopraggiunte ed eccezionali esigenze di carattere personale/familiare» (a mente della specifica previsione di una circolare interna) rispetto al momento in cui fu prodotta la scheda di pianificazione (ovvero il documento che garantisce la partecipazione dell'interessato al procedimento amministrativo di impiego);
la stessa è stata rigettata dall'Autorità di Vertice, in relazione alla non conciliabilità delle esigenze personali/familiari con quelle di servizio, tenuto conto:
a) della lunga permanenza maturata dall'ufficiale alla sede di Pomezia - Pratica di Mare (dal 16 ottobre 1991, ovvero da quando è stato nominato ufficiale);
b) del richiamato parere contrario espresso dalla scala gerarchica dell'interessato;

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c) del parere tecnico espresso dall'Ufficio Aereo sia nell'ambito della pianificazione che in relazione alla sopravvenuta istanza di revoca. In particolare, tale articolazione, avuto riguardo al lamentato, presunto «demansionamento», ha evidenziato che, alla luce della complessità tecnico-logistico-manutentiva del reparto di volo alla sede di Grottaglie:
si era proceduto nel tempo, e per quanto possibile, ad assicurarvi la presenza di un ufficiale superiore quale figura di riferimento (il Ten.Col. FALVELLI, infatti, è stato designato quale sostituto del Magg. CORTESE Carmine);
si era ipotizzato, conseguentemente, di elevare il rango dell'incarico in argomento (a «Ten. Col./Magg.»);
d) che l'inadeguatezza della previsione dell'incarico attribuito all'ufficiale non avrebbe rilevato, in quanto, già all'epoca del disposto provvedimento, era in itinere la trattazione con cui recepire, in punto di ordinamento, l'elevazione a livello di «Magg./Ten.Col» dell'incarico di Comandante del Nucleo di efficienza alla sede di Grottaglie, sino a tale momento rilevato al rango di «Ten./Sten.». Al riguardo, si precisa che la variazione ordinativa in parola è stata formalizzata, nel complesso di un più articolato progetto di riforma del comparto aeronavale, il 3 agosto 2010;
e) che presso la nuova sede di servizio (peraltro in regione limitrofa a quella di gradimento - Basilicata - ove l'ufficiale, tra l'altro, ha casa di proprietà) avrebbe potuto disporre di alloggio di servizio, come, peraltro, richiesto dallo stesso nella scheda di pianificazione, allorché fosse stato trasferito. Ad ogni modo, il Ten.Col. FALVELLI è stato autorizzato ad occupare, a titolo gratuito, l'unità abitativa di servizio ubicata nel comune di Grottaglie, dal 20 luglio 2010;
f) che, a mente delle vigenti disposizioni, in caso di discordanza con il parere dell'Organismo di rappresentanza (peraltro non motivato), prevalgono comunque le «motivate necessità di impiego dell'Amministrazione»;

Il Comando Generale, infine, ha comunicato che il disposto trasferimento ha comportato e comporterà, a favore dell'ufficiale, la corresponsione delle indennità di trasferimento e di prima sistemazione normativamente previste.