CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 22 settembre 2010
371.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Ambiente, territorio e lavori pubblici (VIII)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

Interrogazione n. 5-03433 Guido Dussin: Sulle attività di rigenerazione delle cartucce di toner per stampanti.

TESTO DELLA RISPOSTA

In relazione al quesito posto nell'interrogazione a risposta immediata n. 5-03433 presentata dagli onorevoli Dussin e Alessandri, dove vengono sollevate questioni problematiche relative alla rigenerazione di cartucce esauste, si rappresenta quanto segue.
Va in premessa specificato che, sotto il profilo giuridico di carattere generale, la qualifica delle cartucce esauste quale sottoprodotto, e non come rifiuto, si pone in contrasto con la normativa italiana e comunitaria e metterebbe l'Italia a rischio di apertura di una procedura di infrazione da parte della Commissione europea.
L'articolo 5, comma 1, della direttiva 2008/98/CE, attualmente in corso di recepimento, contiene le condizioni - peraltro da soddisfarsi cumulativamente - affinché una sostanza o una materia sia da considerarsi sottoprodotto. Detto articolo richiede, tra l'altro, che «la sostanza o l'oggetto possa essere utilizzata/o direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale».
Orbene, una cartuccia esausta non soddisfa la predetta condizione in quanto richiede lo svolgimento di un'operazione che presenta tutte le caratteristiche di una tipica operazione di riciclaggio/recupero soggetta alla normativa sui rifiuti. Una sostanza o un oggetto che, come nel caso di specie le cartucce esauste, è stata oggetto di un'azione di disfacimento da parte dell'originario detentore è da considerarsi a tutti gli effetti come rifiuto e non come sottoprodotto. Ai sensi della normativa vigente, infatti, si qualifica come «rifiuto» qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l'intenzione o abbia l'obbligo di disfarsi.
Infatti, il Catalogo Europeo dei Rifiuti attribuisce ai toner esausti degli specifici codici CER, ossia il codice 08 03 17 per toner per stampa esauriti, contenenti sostanze pericolose e il codice CER 08 03 18 per toner per stampa esauriti, diversi da quelli di cui alla voce 08 03 17.
La qualifica delle cartucce esauste quale rifiuto trova anche conferma nello stesso regolamento (CE) n. 2150/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 novembre 2002, relativo alle statistiche sui rifiuti che include, all'allegato III, punto 02.13, anche i toner per stampa esaurito (comprese le cartucce) e nelle linee guida reperibili sul sito della Commissione europea relative ai trasporti transfrontalieri di rifiuti:
(http://ec.europa.eu/environment/waste/shipments/pdf/correspondents_guidelines8 en.pdf), che indicano, infatti, i codici da attribuire alle cartucce ai fini del trasporto transfrontaliero di rifiuti.

Pur tuttavia, passando dalla problematica generale al caso specifico posto nell'interrogazione, può essere richiamato un parere reso dalla Direzione Generale competente su una questione analoga in occasione di una richiesta formulata dal CESPA (Consiglio Economico e Sociale per le Politiche Ambientali).
In tale occasione è stato rilevato, ed oggi si ribadisce, che, in linea teorica, può ritenersi configurabile un rapporto contrattuale tra enti e imprese che abbia ad

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oggetto la cessione in conto lavorazione delle proprie cartucce esauste per il loro successivo riempimento, purché tale contratto preveda anche la restituzione all'ente cedente di un pari numero di cartucce toner rigenerate.
Alle predette condizioni, da verificare anche alla luce delle indicazioni della nuova Direttiva sui rifiuti 2008/98/CE, si potrebbe anche analizzare nel dettaglio se l'operazione di ricarica possa avvenire al di fuori della normativa sui rifiuti, ove l'ente cedente non intenda disfarsi delle proprie cartucce toner esauste, ma miri unicamente a sottoporle ad un processo di ricarica per poterle nuovamente utilizzare.
Si sottolinea che, in tale ipotesi, le cartucce esauste avviate in conto lavorazione potrebbero essere solo quelle utilizzate nell'ambito delle attività dell'ente cedente e non potranno in alcun caso provenire da un'attività di raccolta presso terzi.
La questione esposta si connota dunque come «eccezione» e non come regola generale, in quanto andrebbero specificate e disciplinate in modo puntuale le singole fasi di tale «ciclo produttivo».
È evidente, dunque, che la fattispecie sopra esposta non può assolutamente implicare che si rientri nella nozione generale di «sottoprodotto», piuttosto si ritiene la questione interessante tale da richiedere opportuni approfondimenti affinché si possa tracciare un percorso, ove necessario anche normativo, alla luce delle indicazioni della nuova Direttiva sui rifiuti 2008/98/CE, per individuare una specifica casistica.

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ALLEGATO 2

Interrogazione n. 5-03434 Libè: Verifica nel rispetto delle normative ambientali comunitarie e rilevamento di eventuali fenomeni di inquinamento elettromagnetico nell'area di Monte Canate.

TESTO DELLA RISPOSTA

In merito a quanto richiesto nell'interrogazione a risposta immediata n. 5-03434 presentata dall'onorevole Libè, ove si denuncia un'annosa situazione di inquinamento elettromagnetico nella zona del Monte Canate, nel Comune di Pellegrino, in provincia di Parma, dovuta alla presenza di antenne radiotelevisive ed elettrodotti, si rappresenta quanto segue.
È utile premettere che la normativa italiana a tutela della protezione della popolazione dai rischi per la salute derivanti dai campi elettromagnetici, costituita fondamentalmente dalla legge 22 febbraio 2001, n. 36, recante: «Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici», e dai seguenti decreti applicativi:
1) il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 luglio 2003, recante: «Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni ai campi elettrici e magnetici alla frequenza di rete (50 Hz) generati dagli elettrodotti»;
2) il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 luglio 2003, recante: «Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici generati a frequenze comprese tra 100 kHz e 300GHz»;
pone la competenza in materia in capo agli Enti Locali.

In particolare, l'articolo 14 della legge quadro attribuisce espressamente alle amministrazioni provinciali e comunali l'esercizio delle funzioni di controllo e vigilanza sanitaria e ambientale mediante l'utilizzo delle strutture delle Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente. Tali azioni di controllo e vigilanza hanno anche il compito di verificare, sia preventivamente in sede di autorizzazione degli impianti, che successivamente all'installazione degli stessi, il rispetto dei limiti di esposizione e valori di attenzione prescritti dal suddetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 luglio 2003.
La legge quadro, inoltre, definisce chiaramente le funzioni dello Stato (articolo 4) e le competenze di regioni, province e comuni (articolo 8).
Secondo l'articolo 8, rientra nella competenza regionale l'esercizio delle funzioni relative all'individuazione dei siti di trasmissione e degli impianti di radiodiffusione, radioelettrici e di telefonia mobile; inoltre, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della stessa legge 36/2001 «I Comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici».
Dal canto suo la Regione Emilia-Romagna ha emanato le norme di propria competenza in materia di inquinamento elettromagnetico, in particolare per quanto riguarda la localizzazione degli impianti secondo appositi Piani, nonché per il loro risanamento ed eventuale delocalizzazione.

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Ciò detto, sulla scorta di quanto comunicato dalla Prefettura di Parma che, a sua volta, si è avvalsa delle notizie fornite dal Comando Provinciale Carabinieri, dalla Provincia di Parma, dall'Arpa e dal Comune di Pellegrino Parmense, si fa presente che la problematica relativa alla presenza di numerose antenne radiotelevisive e di tralicci per il trasporto dell'energia elettrica sul Monte Canate, prima propaggine dell'Appennino Parmense ai confini con quello piacentino, è da anni all'attenzione dei competenti uffici.
Nell'anno 2005 la Provincia di Parma aveva approvato il Piano Provinciale per la localizzazione delle emittenti radiotelevisive, con il quale, pur essendo stata consentita la permanenza degli impianti preesistenti, veniva imposto il divieto di installarne dei nuovi.
Avverso tale piano era stato inoltrato ricorso al TAR da parte della Società Rai Way, respinto nell'anno 2009, avendo ritenuto l'organo di giustizia amministrativa che fosse legittima la scelta della provincia, in considerazione dell'elevatissimo numero di impianti già presenti sul Monte Canate.
Sempre la Provincia ha ritenuto tuttavia necessario proseguire l'azione di monitoraggio degli impianti esistenti, tramite le centraline di rilevazione dell'Arpa che non hanno evidenziato non solo superamenti, ma neppure avvicinamenti ai limiti di esposizione all'inquinamento elettromagnetico.
L'Arpa, con cui la Provincia ha rinnovato nel settembre 2009 la convenzione per il monitoraggio dell'inquinamento elettromagnetico, ha confermato, infatti, che, dall'11 ottobre 2007, data di inizio dell'attività di monitoraggio, ad oggi, i dati di rilevazione indicano valori di volt/m mediamente pari a 1,74 e valori massimi pari a 2,61 rispetto ai limiti di legge previsti in 6,0.
L'attività svolta dalla predetta Agenzia consiste in particolare nel rilevamento di frequenze con automezzo attrezzato e nel censimento dei gestori delle antenne che sono stati contattati per la definizione delle specifiche degli impianti.
La pianificazione delle campagne di misurazione avviene con centraline mobili, concordate con il Comune, poste presso abitazioni a distanze ragionevolmente utili per la valutazione dell'esposizione della popolazione.
L'effettuazione di misure è collegata col sistema informatico predisposto presso l'Arpa di Parma. Tali misure sono validate quotidianamente dal tecnico incaricato ed i rapporti relativi sono trasmessi al Comune di Pellegrino Parmense via mail e pubblicati sul sito web dell'Arpa Emilia Romagna, con adeguate informazioni per la comprensione del dato. I valori rilevati vengono confrontati con la soglia di legge di 6 V/m che è l'obiettivo di qualità determinato dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 luglio 2003 che riguarda le radiofrequenze.
Secondo quanto riportato dal Servizio Igiene Pubblica dell'Azienda USL - Distretto di Borgovalditaro, i casi di decesso per tumore nelle aree circostanti Monte Canate rientrano nella media registrata a livello provinciale.
Il Comune di Pellegrino Parmense ha, infine, comunicato che, dopo l'approvazione del piano provinciale per la localizzazione dell'emittenza radiotelevisiva, non sono state più autorizzate installazioni di impianti sul sito del Monte Canate.
In applicazione della convenzione tra la Provincia e l'Arpa è prevista, in ogni caso, la prosecuzione dell'attività di controllo per la massima tutela della salute pubblica.

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ALLEGATO 3

Interrogazione n. 5-03435 Piffari: Rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale per un impianto industriale nell'ILVA di Taranto.

TESTO DELLA RISPOSTA

Per quanto indicato nell'interrogazione a risposta immediata n. 5-03435 presentata dall'onorevole Piffari e riguardante le problematiche ambientali di Taranto, soprattutto in ordine alle emissioni di Benzo(a)Pirene, si rappresenta quanto segue.
Il decreto ministeriale del 25 novembre 1994 prevedeva che per le aree urbane a maggior rischio di inquinamento ed elencate all'allegato III, in cui rientra anche il Comune di Taranto, le autorità competenti, enti locali e Regione, dovessero «predisporre sistemi permanenti di monitoraggio delle concentrazioni» di benzene, idrocarburi policiclici aromatici (IPA) e polveri sottili PM10 «entro il 30 settembre 1995», secondo i criteri definiti nel medesimo decreto. Il decreto ministeriale fissava, per gli stessi inquinanti, gli obiettivi di qualità, in termini di concentrazione in aria ambiente, da raggiungere e rispettare a partire da una determinata data. In particolare, per il benzo(a)pirene, che è tra gli IPA uno dei composti più pericolosi ed a cui si fa generalmente riferimento come indice di esposizione, fissava all'allegato IV un obiettivo di qualità pari a 1 ng/m3 come valore medio annuale da rispettare a partire dal 1o gennaio 1999.
Il successivo decreto legislativo 3 agosto 2007, n. 152, facendo salvo il suddetto obiettivo di qualità per i livelli di Benzo(a)Pirene nelle medesime aree urbane, stabilisce che le regioni e le province autonome «individuano [...] le zone e gli agglomerati in cui i livelli degli inquinanti [...] superano il rispettivo valore obiettivo, evidenziando le aree di superamento e le fonti che contribuiscono al superamento» (articolo 3, comma 3) e che nelle zone e negli agglomerati così individuati «adottano [...] le misure che non comportano costi sproporzionati necessarie a perseguire il raggiungimento del valore obiettivo entro il 31 dicembre 2012, con priorità per le misure che intervengono sulle principali fonti di emissione» (articolo 3, comma 4).
Il decreto legislativo 152/07, inoltre, facendo salve le disposizioni tecniche del decreto ministeriale 25 novembre 1994, prevede che le campagne di misura finalizzate al rilevamento delle concentrazioni degli inquinanti rispettino dei requisiti minimi (periodo minimo di copertura pari ad almeno 120 giorni nell'anno civile, misurazioni ripartite in modo uniforme nell'anno e calcolo del valore misurato come media su un anno civile).
In base alle due disposizioni sopra citate, nell'area di Taranto gli Enti locali e la Regione erano tenuti a verificare che le concentrazioni di Benzo(a)Pirene rispettassero fin dal 1999 il valore obiettivo di 1 ng/m3, effettuando le misure secondo i criteri stabiliti, ed adottando in caso di superamento le suddette misure per il raggiungimento, entro il 2012 dello stesso valore.
La complessa realtà industriale dello stabilimento siderurgico ILVA di Taranto è da anni oggetto di una serie di attività svolte dal Ministero dell'ambiente in coordinamento con le Amministrazioni locali, finalizzate a favorire l'attuazione di interventi di miglioramento ambientale da parte dell'azienda.
Data la particolare condizione dell'area tarantina, dichiarata ad elevato rischio di crisi ambientale con Deliberazione del Consiglio dei ministri del 30 novembre

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1990, e rientrante all'interno di un Sito di Interesse Nazionale (SIN), già in data 15 novembre 2005 è stata istituita, con provvedimento del Ministro pro tempore, un'apposita Segreteria Tecnica per l'esame delle azioni intraprese dall'ILVA per l'adeguamento degli impianti alle migliori tecniche disponibili (B.A.T. - Best Available Techniques) in adempimento agli impegni assunti in precedenti Atti di intesa sottoscritti con le Amministrazioni locali. I lavori della Segreteria Tecnica erano anche finalizzati ad indirizzare la società alla presentazione della domanda di Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA).
In particolare la problematica legata alle misurazioni del Benzo(a)Pirene era stata tra l'altro segnalata anche nel corso dei lavori di tale Segreteria Tecnica, la quale nel Rapporto conclusivo del 5 dicembre 2006 ribadiva la necessità che, ai sensi del citato decreto ministeriale 25/11/94, l'ARPA Puglia procedesse «alla pianificazione di campagne di misura per l'individuazione delle criticità della qualità dell'aria anche per gli inquinanti attualmente non monitorati, quali ad esempio Benzo(a)Pirene (IPA), PM2,5, e alla caratterizzazione del PM10».
Successivamente, nell'ambito delle attività del citato Accordo e del procedimento di AIA in corso, tale problematica è stata trattata ed approfondita con particolare attenzione.
In sintesi, successivamente alle campagne di misura di Benzo(a)Pirene effettuate nel 2005 e 2006, peraltro con modalità non conformi alla normativa di riferimento, da cui si segnalavano alcuni superamenti del valore obiettivo, è stata avviata dall'ARPA una sistematica rilevazione di tale inquinante dal maggio 2008, con modalità che pertanto possono considerarsi conformi alla citata normativa solo dall'anno 2009.
I risultati forniti nell'aprile 2010 confermano che il valore medio della concentrazione di Benzo(a)Pirene nell'anno 2009, misurato nel sito di monitoraggio di via Machiavelli (rione Tamburi di Taranto), con modalità conformi con la citata normativa, è pari a 1,3 ng/m3 e che pertanto ha superato il valore obiettivo pari a 1 ng/m3, con i conseguenti obblighi previsti dal citato articolo 3 del decreto legislativo 152/07 per «perseguire il raggiungimento del valore obiettivo entro il 31 dicembre 2012, con priorità per le misure che intervengono sulle principali fonti di emissione».
All'esito della predetta campagna di monitoraggio, con relazione tecnica preliminare in data 4 giugno 2010, l'Arpa ha operato una prima valutazione sulle sorgenti di emissione del Benzo(a)Pirene rilevato in relazione all'area del rione Tamburi, rinviando alla conclusione degli studi e delle verifiche ancora in corso una «più completa ed esaustiva identificazione di tutte le sorgenti emissive presenti nel territorio pugliese». La relazione preliminare redatta da Arpa ha individuato nella fonte industriale il principale contributo al raggiungimento di tale valore.
La Regione ha tempestivamente attivato, con gli Enti territorialmente competenti e con l'Arpa, un tavolo di lavoro finalizzato a individuare le misure da porre in atto a fronte delle risultanze rivenienti dalla relazione preliminare di cui sopra e a dare attuazione a quanto previsto dal citato decreto legislativo 152/07. Il decreto legislativo 152/2007 «Attuazione della direttiva 2004/107/CE concernente l'arsenico, il cadmio, il mercurio, il nichel e gli idrocarburi policiclici aromatici nell'aria ambiente», indica come «valore obiettivo», per la concentrazione del benzo(a)pirene nell'aria, il valore di 1,0 ng/m3. Lo stesso decreto legislativo 152/07, articolo 3 comma 5, prevede che «per i livelli del benzo(a)pirene nelle aree urbane elencate nel decreto del Ministro dell'ambiente in data 25 novembre 1994, i commi 2 e 3 si applicano con riferimento all'obiettivo di qualità definito e individuato dagli allegati II e IV di tale decreto. In tali aree urbane, le regioni e le province autonome adottano, in caso di superamento dell'obiettivo di qualità, un piano di risanamento, al quale si applicano le disposizioni contenute nel decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 1o ottobre 2002, n. 261, e, in caso di

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rischio di superamento dell'obiettivo di qualità, un piano di azione ai sensi dell'articolo 7 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351. Se tali aree urbane coincidono anche in parte con le zone e gli agglomerati individuati ai sensi degli articoli 7, 8 e 9 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, le regioni e le province autonome possono adottare piani integrati». La Regione pertanto, quale Autorità competente, deve procedere al fine di dare attuazione a quanto disposto dall'articolo 3, comma 5, del decreto legislativo 152/07.
L'Arpa ha evidenziato la necessità di implementare un sistema di monitoraggio per approfondire dal punto di vista diagnostico quali siano le principali fonti di emissione di benzo(a)pirene nell'area industriale tarantina e a tal fine ha presentato la propria proposta di progetto di potenziamento della rete di monitoraggio e il relativo cronoprogramma di campionamento, analisi ed elaborazione dei dati, in cui è previsto il monitoraggio giornaliero di benzo(a)pierene ed IPA totali per un periodo di sei mesi al fine di correlare le concentrazioni di benzo(a)pirene in atmosfera a fattori quali le condizioni meteoclimatiche e le attività industriali svolte negli impianti.
I gestori ENI e Cementir hanno accordato la disponibilità all'installazione a proprie spese della strumentazione di monitoraggio secondo le specifiche tecniche individuate dall'Arpa, con la tempistica atta a permettere la rilevazione giornaliera dei dati necessari a partire dal mese di settembre 2010. Diversamente con il gestore ILVA non si è raggiunto un accordo in tal senso.
I dati rivenienti dal monitoraggio proposto dall'Arpa si configurano come elemento costitutivo del piano di risanamento ai sensi di quanto disposto dall'Allegato 3 del decreto ministeriale 261/2002 e che risultano necessari al fine di definire i possibili scenari di riduzione delle emissioni a partire dallo scenario di riferimento e individuare le azioni del piano.
Nello specifico sono previste le seguenti fasi:
potenziamento del sistema di monitoraggio dell'aria ambiente di Taranto, rilevazione e analisi dei dati emergenti;
definizione dello scenario di riferimento della qualità dell'aria con individuazione della correlazione fra condizioni meteoclimatiche e diffusione di idrocarburi policiclici aromatici (IPA) ed in particolare di benzo(a)pirene in atmosfera, derivanti dalle fonti emissive presenti;
individuazione degli scenari di riduzione delle emissioni a partire dallo scenario di riferimento;
individuazione e attuazione delle azioni di piano finalizzate alla riduzione delle emissioni ai sensi di legge.

Quanto sopra esposto è stato oggetto di approvazione da parte della Giunta Regionale che, con DGR 1976 del 9 settembre 2010, ha preso atto e approvato le attività svolte dall'Assessorato Qualità dell'ambiente, in attuazione del decreto legislativo 152/2007, e ha approvato lo schema di Protocollo di Intesa Integrativo tra Regione Puglia e Arpa Puglia per il potenziamento della rete di monitoraggio della qualità dell'aria, impegnando a tal fine 318.000 euro.
Il protocollo Integrativo tra Regione e Arpa è stato sottoscritto in data 10 settembre 2010 e, pertanto, le attività di competenza della Regione sono ad oggi in fase di sviluppo secondo il cronoprogramma previsto.
Tenuto conto delle criticità dell'intera area industriale, il Ministero dell'ambiente e la Regione Puglia hanno ritenuto necessario procedere alla definizione di un Accordo di Programma ai sensi dell'articolo 5, comma 20, del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, per il rilascio delle autorizzazioni integrate ambientali agli impianti coinsediati nella zona industriale di Taranto e Statte (ILVA SpA, EDISON SpA, ENIPOWER SpA, ENI SpA, Cementir Italia s.r.l., SANAC SpA e AMIU).

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In data 11 aprile 2008 è stato, quindi, sottoscritto a Bari, presso la Regione Puglia, un Accordo di programma tra il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Presidente della Regione Puglia, previsto ai sensi del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, articolo 5, comma 20 «in considerazione del particolare e rilevante impatto ambientale, della complessità e del preminente interesse nazionale» degli impianti coinsediati nell'area industriale di Taranto e Statte, «al fine di garantire, in conformità con gli interessi fondamentali della collettività, l'armonizzazione tra lo sviluppo del sistema produttivo nazionale, le politiche del territorio e le strategie aziendali».
L'Accordo è stato anche sottoscritto dal Ministero dell'interno, dal Ministero dello sviluppo economico, dal Ministero della salute, dalla Provincia di Taranto, dal Comune di Taranto, dal Comune di Statte, dall'APAT (ora ISPRA), dall'ARPA Puglia, e dai diversi gestori coinsediati nell'area industriale di Taranto e Statte sottoposti alla procedura di Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) di competenza statale e regionale (ILVA SpA, EDISON SpA, ENIPOWER SpA, ENI SpA, Cementir Italia s.r.l., SANAC SpA e AMIU Taranto SpA), al fine di garantire una valutazione unitaria ed integrata per il rilascio delle relative Autorizzazioni.
Tra le attività svolte nell'ambito e con le finalità dell'Accordo, con scadenza nel marzo 2009, ai sensi della vigente normativa sopra citata, sono state discusse tra le Amministrazioni firmatarie le principali problematiche e criticità presenti nell'area interessata, sono stati raccolti, presentati e discussi i numerosi documenti, forniti dai diversi soggetti pubblici firmatari dell'Accordo, di carattere sia ambientale che epidemiologico, è stato assicurato l'accesso informatizzato da parte dei firmatari dell'accordo e del pubblico interessato alle informazioni ambientali acquisite, sono stati approfonditi gli aspetti riguardanti le emissioni inquinanti e le relative modalità di riduzione, in particolare per lo stabilimento ILVA.
Per il caso specifico dello stato di qualità dell'aria il relazione in particolare al benzo(a)pirene sono stati effettuati in tale ambito particolari approfondimenti ed avviate iniziative da parte delle amministrazioni ed enti competenti.
Lo stabilimento siderurgico ILVA di Taranto rientra nel campo di applicazione del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, recante attuazione integrale della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento (IPPC).
In particolare, lo stabilimento, in quanto rientrante nella categoria di impianti di cui al punto 3 dell'Allegato V al decreto legislativo n. 59/05, risulta soggetto ad AIA di competenza statale, da rilasciarsi con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, a seguito di istruttoria tecnica condotta dalla Commissione istruttoria per l'autorizzazione integrata ambientale - IPPC e all'esito della Conferenza dei servizi di cui all'articolo 5, comma 10, del citato decreto.
La domanda di AIA è stata presentata al Ministero nel rispetto dei termini di cui al calendario adottato con decreto ministeriale del 19 aprile 2006 e l'avvio del procedimento è stato comunicato al gestore con nota del 20 giugno 2007.
La Commissione IPPC, con nota del 29 ottobre 2009, ha provveduto a trasmettere il parere istruttorio di competenza relativo allo stabilimento.
Data la complessità dell'impianto industriale, la Direzione Generale competente ha inoltrato il suddetto parere istruttorio alle Amministrazioni partecipanti alla Conferenza ed al gestore per acquisirne le osservazioni; a seguito delle richieste di differimento del termine per la trasmissione delle osservazioni, pervenute sia dall'azienda che dalle associazioni ambientaliste, con nota del 12 gennaio 2010 la Direzione ha rimesso in istruttoria alla Commissione IPPC il parere istruttorio per il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale, trasmettendo di volta in volta i successivi documenti pervenuti per gli approfondimenti

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di competenza, e si è in attesa delle conclusioni istruttorie da parte della competente Commissione.
Si rammenta che nell'ambito del provvedimento di AIA sono fissati, tra l'altro, i limiti di emissione per i diversi inquinanti in base alle valutazioni effettuate, in fase istruttoria, dalla Commissione IPPC. Tali valutazioni tengono conto dei valori, associati alle migliori tecniche disponibili (MTD), riportati nei documenti di riferimento nazionali e comunitari, oltre che delle particolari esigenze derivanti dall'accertamento di specifiche criticità ambientali dell'area, nel rispetto delle vigenti normative.
Si evidenzia che le Migliori Tecniche Disponibili sono finalizzate ad ottenere un elevato livello di protezione dell'ambiente nel suo complesso, tra quelle economicamente applicabili nelle specifiche condizioni del settore produttivo, sotto i profili impiantistico, gestionale, territoriale e ambientale.
Riguardo alle domande di autorizzazione degli altri impianti coinsediati, sono state concluse le procedure IPPC di competenza statale con il rilascio delle relative AIA in data 29 marzo 2010 per la centrale Edison, e 24 maggio 2010 per la raffineria Eni e la centrale EniPower.
In considerazione di quanto previsto in particolare dall'Accordo, tutte le autorizzazioni rilasciate per tali impianti sono tra l'altro comunque soggette «a riesame a seguito del rilascio di tutte le autorizzazioni integrate ambientali per l'esercizio degli (stessi) impianti coinsediati nell'area industriale... anche alla luce dei risultati discendenti dall'attuazione dei relativi piani di monitoraggio e controllo»; inoltre «il riesame valuterà tutte le possibili interconnessioni esistenti tra gli impianti coinsediati nell'area industriale introducendo eventuali più restrittive prescrizioni alla luce di quanto emerga dai suddetti accertamenti ed allineerà le disposizioni comuni a più impianti e contenute nei rispettivi piani di monitoraggio e controllo».
In conclusione si ritiene che sulla base degli approfondimenti in corso da parte della Commissione IPPC, delle osservazioni pervenute dal pubblico interessato, nonché delle iniziative avviate dalla Regione e dai competenti organismi di controllo, il rilevato superamento dell'obiettivo di qualità dell'aria relativo al Benzo(a)Pirene dovrà essere tempestivamente ricondotto nei limiti fissati dalla normativa comunque entro il 2012, attraverso sia la realizzazione del previsto piano di risanamento e di azione da parte della Regione, sia con l'adozione delle più opportune modalità di riduzione dell'inquinamento dalle principali sorgenti industriali in linea con le migliori tecnologie disponibili.

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ALLEGATO 4

Interrogazione n. 5-03436 Mariani: Utilizzazione delle risorse del Fondo rotativo per Kyoto.

TESTO DELLA RISPOSTA

Per quanto indicato nell'interrogazione a risposta immediata presentata dall'onorevole Mariani, si rappresenta che il Fondo Rotativo per Kyoto, istituito con la Legge Finanziaria 2007, è uno strumento di politica economica attraverso il quale sono messe a disposizione risorse pubbliche per la concessione di credito agevolato a sostegno di investimenti in grado di contribuire alla riduzione delle emissioni clima-alteranti e, di conseguenza, al rispetto degli obblighi imposti dal Protocollo di Kyoto.
La dotazione del Fondo, nel triennio 2007-2009, è pari a 600 milioni di euro e le modalità di erogazione delle risorse stanziate per il primo ciclo di programmazione, pari a 200 milioni sono disciplinate nel decreto adottato il 25 novembre 2008 dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dal Ministro dello sviluppo economico, pubblicato nel Supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana» n. 92 del giorno 21 aprile 2009.
Come descritto nel decreto, possono essere agevolati esclusivamente nuovi investimenti e, nello specifico, interventi riguardanti le seguenti misure:
a) Misura microcogenerazione diffusa, che prevede l'installazione di impianti utilizzanti, quali fonti energetiche, il gas naturale, la biomassa vegetale solida, i biocombustibili liquidi di origine vegetale, il biogas e, in co-combustione il gas naturale-biomassa;
b) Misura rinnovabili, dedicata all'installazione di impianti di piccola taglia per l'utilizzo di singola fonte rinnovabile (eolico, idroelettrico, solare termico, biomassa, fotovoltaico);
c) Misura motori elettrici, per la sostituzione di motori con apparecchiature ad alta efficienza;
d) La «Misura usi finali» destinata ad investimenti sul risparmio energetico e l'incremento dell'efficienza negli usi finali dell'energia;
e) Misura protossido di azoto, che prevede investimenti sui cicli produttivi delle imprese per la ridurre della produzione di acido adipico;
f) Misura ricerca, destinata al finanziamento agevolato delle attività di ricerca precompetitiva per lo sviluppo di tecnologie innovative;
g) Misura gestione forestale sostenibile, volta al finanziamento agevolato di progetti regionali per l'identificazione di interventi diretti a ridurre il depauperamento dello stock di carbonio nei suoli forestali e nelle foreste.

Per il secondo e terzo ciclo di programmazione, le modalità di erogazione sono disciplinate con specifico decreto per il quale è stato ottenuto il concerto del Ministero dello sviluppo economico, oltre al parere favorevole della Conferenza Unificata, che, attualmente, è alla firma dei competenti Ministri concertanti.
Il Fondo è rivolto a soggetti, di natura pubblica e privata, diversamente combinati sulla base delle specifiche Misure di intervento a cui si fa riferimento, quali:
le imprese di tutti i settori, comprese le ESCo (Società di servizi energetici);

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le persone fisiche;
le persone giuridiche private, comprese fondazioni e associazioni;
i soggetti pubblici;
i condominii, comprendenti almeno 10 unità abitative,

che, attraverso il circuito bancario, potranno ottenere dei finanziamenti agevolati, quali prestiti di scopo, con una durata non inferiore a tre anni e non superiore a sei, da restituirsi a rate semestrali, costanti e posticipate, con l'applicazione di un tasso fisso estremamente vantaggioso determinato in 0.50 per cento con decreto del 17 novembre 2009 del Ministro dell'economia e delle finanze. Da qui, la natura «rotativa» del Fondo, derivante dalla capacità di alimentarsi attraverso le rate di rimborso dei finanziamenti agevolati concessi.
Le domande di ammissione all'agevolazione dovranno essere presentata a decorrere dal quindicesimo giorno successivo alla data di pubblicazione della Circolare applicativa sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana e fino al centotrentacinquesimo giorno, compreso dalla stessa data di pubblicazione. Tale circolare fornirà il necessario dettaglio in merito alle procedure da seguire ed alla documentazione da presentare per favorire la più ampia partecipazione da parte dei potenziali beneficiari delle agevolazioni.
La redazione del testo è stata curata dal Ministero dell'ambiente in collaborazione con la Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. e la definitiva stesura è risultata particolarmente complessa, soprattutto per le problematiche di carattere soggettivo ed oggettivo che si sono dovute affrontare al fine di facilitare il più possibile l'accesso da parte dei potenziali soggetti beneficiari al Fondo. Inoltre, insieme alla Circolare, il Ministero ha ritenuto necessario predispone delle Linee guida alla compilazione delle domande di agevolazione.
Il Ministero dell'ambiente, unitamente alla Cassa Depositi e Prestiti S.p.A e al sistema bancario, opereranno in stretta connessione per assicurare all'iniziativa una diffusione capillare sull'intero territorio nazionale attraverso la rete degli sportelli bancari. A tal proposito, sono stati avviati i necessari contatti con l'ABI per assicurare la partecipazione dell'intero sistema bancario italiano nell'attuazione delle finalità per cui è stato istituito il Fondo.
Inoltre, il Ministero dell'ambiente in collaborazione sempre con la Cassa Depositi e Prestiti ha appositamente progettato un programma (Applicativo web) per rendere lo strumento di finanziamento veloce e fruibile al maggior numero di potenziali soggetti beneficiari, assicurando, nel contempo, la necessaria trasparenza nella concessione dei benefici erariali.
L'Applicativo web consentirà, infatti, la gestione informatizzata delle fasi di raccolta delle domande, di istruttoria, di stipula, di erogazione e di rimborso. In particolare, attraverso il sito web della Cassa Depositi e Prestiti e del Ministero sarà possibile accedere a tale Applicativo per l'inserimento delle domande di ammissione all'agevolazione, accorciando i tempi di risposta e assicurando la più efficace e tempestiva circolazione delle informazioni fra i diversi attori dell'iniziativa.
Tale Applicativo web ha il compito di svolgere anche un'altra importante funzione, ossia consentirà ai Soggetti beneficiari di essere costantemente informati sullo stato della pratica di finanziamento, sulle eventuali problematiche sorte in fase di istruttoria e sui successivi passi per concludere ogni fase del processo.
Nello stesso tempo il Ministero dell'ambiente si è adoperato per avviare le necessarie collaborazioni istituzionali con l'Arma dei Carabinieri e con la Guardia di Finanza, atte a garantire i necessari controlli e verifiche sul corretto e sano utilizzo del finanziamento agevolato concesso.
La definizione della Circolare e dell'Applicativo web è stata condivisa con le

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Regioni che hanno adottato la procedura «regionalizzata» di gestione del Fondo prevista dall'articolo 4, commi 7 e 8, del decreto del 25 novembre 2008.
La bozza di Circolare è stata trasmessa in data 4 agosto 2010 al Ministero per lo sviluppo economico per l'ottenimento del necessario concerto sul testo che, successivamente, sarà inviato alla Conferenza Unificata per l'acquisizione della necessaria intesa. Ciò, costituisce l'ultimo passaggio formale prima di poter procedere alla pubblicazione e quindi consentire la presentazione delle domande di finanziamento da parte dei potenziali beneficiari.
Con riferimento alla «Misura ricerca», si rappresenta che come dettato dal decreto del 25 novembre 2008 relativamente al primo ciclo di programmazione, saranno ammesse al finanziamento agevolato le attività di ricerca precompetitiva per lo sviluppo di tecnologie innovative per la produzione di energia da fonti rinnovabili, per la produzione e separazione e accumulo di idrogeno, per lo sviluppo di materiali, componenti e configurazioni innovative di celle a combustibile.
Pertanto, i potenziali beneficiari di tali finanziamenti sono:
gli Istituti superiori di ricerca, sia pubblici che privati;
le Università e loro consorzi;
i soggetti costituiti, anche in compartecipazione pubblico-privata, per la creazione di spin-off al fine di valorizzare i risultati della ricerca.

Il Fondo Rotativo per Kyoto destina a tale Misura complessivi euro 25 milioni, di cui: 5 milioni nel primo ciclo di programmazione e 20 nel secondo e terzo ciclo.
Tali soggetti, seguendo le disposizioni contenute nella Circolare, potranno presentare domanda di agevolazione usufruendo del suindicato Applicativo web, nonché della rete di sportelli del sistema bancario presente sul territorio nazionale.

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ALLEGATO 5

Interrogazione n. 5-03437 Ghiglia: Sui motivi del ritardo nella pubblicazione di un decreto ministeriale recante parziale revisione dei criteri di inammissibilità nei rifiuti in discarica.

TESTO DELLA RISPOSTA

Per quanto indicato nell'interrogazione a risposta immediata n. 5-03437 presentata dagli onorevoli Ghiglia e Stradella, dove si chiede di conoscere i tempi di pubblicazione e i motivi del ritardo nell'emanazione del decreto ministeriale sulla: «Definizione dei criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica», si rappresenta quanto segue.
Il decreto in questione si connota come decreto «interministeriale» coinvolgente il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministero dello sviluppo economico ed il Ministero della salute.
Il testo, che riprende esattamente quello esaminato dalla Conferenza Stato-Regioni nella seduta del 6 maggio 2010, attualmente risulta già firmato dal Ministro Prestigiacomo e dal Presidente Berlusconi, in qualità di Ministro dello sviluppo economico ad interim, ed è stato trasmesso al Ministro della salute per la firma relativa.
Con riferimento al presunto ritardo di cui parla l'interrogante, si rende noto che in fase conclusiva dell'istruttoria è pervenuta una richiesta di chiarimenti avanzata dal Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, Ispettorato Generale per i rapporti finanziari con l'Unione Europea, trasmessa in data 13 maggio 2010, che ha richiesto ulteriori approfondimenti.
Evasa la richiesta e forniti i dovuti chiarimenti, si è provveduto ad inoltrare il testo del Decreto per il suo perfezionamento e, pertanto, sarà di prossima pubblicazione.