CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 3 febbraio 2010
278.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

5-02426 Bragantini: Modalità di trasmissione delle certificazioni di regolarità delle dichiarazioni modello 770 trasmesse dagli amministratori di condominio.

TESTO DELLA RISPOSTA

In relazione a quanto rappresentato dalla S.V. Onorevole con l'interrogazione di cui trattasi, si fa presente quanto segue.
La legge 27 dicembre 1997, n. 449, recante «Misure di razionalizzazione della finanza pubblica», ha indicato il condominio fra i soggetti che rivestono la qualifica di sostituto d'imposta, ma, data la diversa terminologia utilizzata dal legislatore nell'ambito delle disposizioni concernenti i condomini e la circostanza che il testo definitivo della norma individua il condominio quale sostituto di imposta e non l'amministratore di condominio, come originariamente proposto, sono opportuni alcuni chiarimenti.
Soggetto obbligato ad effettuare le ritenute d'acconto del Titolo III del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 è il condominio in quanto tale. Infatti, avendo assunto la qualifica di sostituto d'imposta, sarà tenuto ad effettuare le ritenute di acconto ogniqualvolta corrisponda compensi in denaro o in natura soggetti alle ritenute stesse.
Una precisazione si impone con riferimento al soggetto che in concreto sarà tenuto ad assolvere gli adempimenti connessi, considerato che il legislatore, nelle varie previsioni, ha identificato il soggetto obbligato talvolta nel condominio talaltra nell'amministratore stesso.
Al riguardo, si ricorda che il condominio negli edifici, disciplinato dagli articoli da 1117 e 1139 del codice civile, costituisce una particolare forma di comunione in cui coesiste una proprietà individuale dei singoli condomini, costituita dall'appartamento e da una comproprietà.
Sui beni comuni dell'immobile (ad esempio, il suolo su cui l'edificio sorge, le fondazioni, i muri maestri, i tetti, i portoni di ingresso ed i cortili eccetera).
Si tratta di una comunione forzosa, non soggetta a scioglimento, in cui il condomino non può, rinunziando al diritto sulle cose comuni, sottrarsi al contributo nelle spese per la loro conservazione e sarà comunque tenuto a parteciparvi in proporzione ai millesimi di proprietà.
Inoltre, l'articolo 1129 del codice civile stabilisce che quando i condomini sono più di quattro, si deve nominare un amministratore (in mancanza di delibera provvede, su ricorso di un condomino, l'autorità giudiziaria), che dura in carica un anno e che, in forza dell'articolo 1131 del codice civile, ha la rappresentanza del condominio, può agire in giudizio contro i condomini e i terzi, e può essere convenuto in giudizio per ogni azione concernente le parti comuni dell'edificio.
Ciò posto, per i condomini con non più di quattro condomini, qualora non si è nominato l'amministratore, le ritenute dovranno essere effettuate da uno qualunque dei condomini che, utilizzando il codice fiscale del condominio medesimo, provvederà ad applicare le ritenute alla fonte, ad effettuarne i relativi versamenti e a presentare la dichiarazione dei sostituti d'imposta per le ritenute, i contributi e i premi assicurativi. Con riferimento

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a questo tipo di condominio, in mancanza di nomina dell'amministratore, non troveranno applicazione l'articolo 32, primo comma n. 8-ter), del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, disciplinante il potere degli uffici delle entrate di richiedere agli amministratori di condominio dati, notizie e documenti relativi alla gestione condominiale, né l'articolo 7, nono comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 605 del 1973 concernente l'obbligo dell'amministratore di condominio di comunicare gli acquisti effettuati nell'anno solare e i dati dei relativi fornitori.
Diversamente, per i condomini con più di quattro condomini, per i quali l'articolo 1129 del codice civile prevede l'obbligo di nominare l'amministratore, nonché per quelli con non più di quattro condomini che, pur in assenza dell'obbligo di legge, abbiano provveduto a nominare un amministratore, e da ritenere che il soggetto normalmente incaricato dal condominio a porre in essere gli adempimenti correlati alle funzioni di sostituto d'imposta sia l'amministratore, già tenuto in forza di altre disposizioni di legge all'esecuzione degli adempimenti previsti in materia contributiva nei confronti degli istituti previdenziali.
Si deve quindi affermare, quanto alla natura giuridica del condominio, che si tratta di un ente di gestione collegiale di interessi individuali sfornito di autonomia patrimoniale e di personalità giuridica che non gode nemmeno di una autonomia patrimoniale perfetta distinta da quella dei suoi partecipanti e che agisce, in campo sostanziale e processuale, attraverso l'amministratore (presso il domicilio dello stesso) il quale è l'organo esecutivo cui spetta, quale mandatario dei condomini, la rappresentanza degli stessi in tutti i rapporti esterni del condominio relativi alle parti comuni.
Tale assunto lo si desume dal combinato disposto dell'articolo 46 del codice civile il quale stabilisce che «quando la legge fa dipendere determinati effetti dalla residenza o dal domicilio, per le persone giuridiche si ha riguardo al luogo in cui è stabilita la loro sede» e dall'articolo 145 del codice di procedura civile il quale afferma che «la notificazione alle persone giuridiche si esegue nella loro sede, mediante consegna di copia dell'atto al rappresentante o alla persona incaricata di ricevere le notificazioni o in mancanza, ad altra persona addetta alla sede stessa ovvero al portiere dello stabile in cui è la sede. La notificazione può anche essere eseguita, a norma degli articoli 138, 139 e 141, alla persona fisica che rappresenta l'ente qualora nell'atto da notificare ne sia indicata la qualità e risultino specificati residenza, domicilio e dimora abituale. La notificazione alle società non aventi personalità giuridica, alle associazioni non riconosciute e ai comitati di cui agli articoli 36 codice civile e seguenti si fa a norma del comma precedente nella sede indicata nell'articolo 19 secondo comma, ovvero alla persona fisica che rappresenta l'ente qualora nell'atto da notificare ne sia indicata la qualità e risultino specificati residenza, domicilio e dimora abituale».
Al riguardo, la Cassazione con sentenza n. 976 del 28 gennaio 2000 ha affermato che «il condominio di edifici, non è una persona giuridica, ma un ente di gestione e non ha, pertanto, una sede in senso tecnico, ove non abbia designato nell'ambito dell'edificio un luogo espressamente destinato e di fatto utilizzato per l'organizzazione e lo svolgimento della gestione condominiale, ha il domicilio coincidente con quello privato dell'amministratore che lo rappresenta».
Il condominio, quindi, come ha avuto modo di precisare ulteriormente la Suprema Corte, non ha una sede in senso tecnico per cui, ove non abbia designato nell'ambito dell'edificio condominiale un luogo espressamente destinato e di fatto utilizzato per l'organizzazione e lo svolgimento della gestione condominiale, ha il domicilio coincidente con quello privato dell'amministratore che lo rappresenta (Cass. civ. Sez. II, 11-12-1993, n. 12208; Cass. civ. Sez. II, 02-08-2005, n. 16141; Cass. civ. Sez. II, 16-05-2007, n. 11303).

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Per i motivi esposti, si può affermare, senza alcun intervento normativo al riguardo, che le comunicazioni e le notificazioni indirizzate al condominio devono essere effettuate, le prime, presso il domicilio privato dell'amministratore pro tempore dell'ente, le seconde, con la consegna «a mani proprie» allo stesso amministratore pro tempore oppure in appositi locali condominiali - ma solo ed esclusivamente - se nell'edificio condominiale vi sono locali adibiti specificamente all'attività commerciale in modo tale da poter essere intesi ex articolo 139 del codice di procedura civile come «ufficio» dell'amministratore p.t. del condominio.

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ALLEGATO 2

5-02427 Milo e Zeller: Cumulabilità delle detrazioni fiscali per interventi di risparmio energetico con le detrazioni per interventi di ristrutturazione edilizia su immobili soggetti al vincolo della tutela del patrimonio culturale.

TESTO DELLA RISPOSTA

Si chiede di conoscere se le detrazioni fiscali per interventi di risparmio energetico, di cui all'articolo 1, commi 344-349 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, siano cumulabili con le agevolazioni previste per interventi su immobili soggetti al vincolo della tutela del patrimonio culturale dalla legge 1o giugno 1939, n. 1089 (analogamente a quanto previsto dall'articolo 1, comma 1, della legge 27 dicembre 1997, n. 449).
L'articolo 1, comma 1, ultimo periodo, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, consente, infatti, espressamente la cumulabilità tra la detrazione del 36 per cento prevista per le spese di recupero edilizio e la detrazione del 19 per cento prevista per le spese di manutenzione, protezione o restauro degli immobili vincolati del patrimonio culturale, a condizione che quest'ultima detrazione sia ridotta nella misura del 50 per cento.
La legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria per il 2007), ai commi 344 e seguenti, ha introdotto una detrazione d'imposta nella misura del 55 per cento delle spese sostenute per gli interventi di riqualificazione energetica - attualmente applicabile fino al periodo d'imposta 2010 - secondo le modalità stabilite dal decreto di attuazione 19 febbraio 2007, e successive modificazioni, emanato dal Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico.
Ai sensi dell'articolo 10, comma 1, del suddetto decreto ministeriale 19 febbraio 2007, la detrazione del 55 per cento non è cumulabile con altre agevolazioni fiscali previste da altre disposizioni di legge nazionali per i medesimi interventi.
Con circolare n. 36 del 31 maggio 2007 è stato poi chiarito che l'articolo 10 del citato provvedimento va interpretato nel senso che non è consentita l'applicazione concorrente di altre detrazioni d'imposta, astrattamente riferibili ai medesimi interventi, quali quella del 36 per cento prevista per le ristrutturazioni edilizie.
Conseguentemente, il contribuente, in considerazione della sovrapposizione degli ambiti oggettivi delle due normative fiscali, potrà avvalersi, per le medesime spese, soltanto dell'una o dell'altra detrazione, rispettando gli adempimenti specificamente previsti in relazione a ciascuna di esse.
Si deve, pertanto, ritenere che, in assenza di una espressa previsione normativa, la non cumulabilità disposta dal richiamato articolo 10, comma 1, del decreto ministeriale 19 febbraio 2007 sia riferibile anche alla detrazione del 19 per cento prevista dall'articolo 15, lettera g) del TUIR per le spese relative alla manutenzione e al restauro dei beni vincolati.
Rispetto alla questione posta dall'Onorevole interrogante, non appare conferente il richiamo all'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115,

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di attuazione della direttiva comunitaria 2006/32/CE a norma del quale «gli strumenti di incentivazione di ogni natura attivati dallo Stato per la promozione dell'efficienza energetica, non sono cumulabili con ulteriori contributi comunitari, regionali o locali ...».
Tale disposizione riguarda, infatti, il diverso ambito oggettivo di cumulabilità tra incentivi statali concessi per la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio e contributi erogati a livello comunitario o locale destinati alla medesima finalità.

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ALLEGATO 3

5-02428 Barbato: Conseguenze delle iniziative di esternalizzazione all'estero assunte da alcuni gruppi bancari italiani.

TESTO DELLA RISPOSTA

Con l'interrogazione a risposta immediata in Commissione, l'On. Barbato pone quesiti in ordine al presunto processo di esternalizzazione dei servizi bancari da parte di Unicredit ed Intesa Sanpaolo.
Al riguardo, la Segreteria del Comitato Interministeriale per il Credito ed il Risparmio, sentita la Banca d'Italia, ha comunicato quanto segue.
Con riferimento ad Intesa Sanpaolo, il progetto di conferire ad una società consortile le attività di servizio è volto ad ottimizzare la gestione dei servizi amministrativi e, in generale, ausiliari, svolti dal gruppo. A tal fine, Intesa Sanpaolo ha utilizzato una società già esistente, ridenominata «Intesa Sanpaolo Group Services», avente forma giuridica di società consortile.
Oggetto di conferimento alla società consortile sono i servizi informatici, operativi, immobiliari, organizzativi, nonché altri servizi di supporto svolti in precedenza dalla capogruppo.
Dal punto di vista organizzativo la società consortile risponde funzionalmente al Chief Operating Officer di Intesa Sanpaolo, che ne è contemporaneamente Direttore Generale. Dal punto di vista contrattuale, è stata mantenuta la preesistente struttura dei contratti di servizio tra la società e le diverse entità del gruppo.
Per quanto concerne la costituzione, da parte di Intesa Sanpaolo, di una nuova società strumentale, avente sede in Romania, la nuova entità - la cui costituzione è stata autorizzata dalla Banca d'Italia, ai sensi dell'articolo 53 del decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, in data 28 aprile 2009 - ha la natura di cosiddetto Payment Factory in quanto è destinata a rappresentare il polo di riferimento per le banche del gruppo, italiane ed estere, nelle attività di data entry, verifiche, spunte e processi operativi di back office dell'area pagamenti e, secondo quanto riferito, disporrà inizialmente di 60/80 addetti.
L'iniziativa è stata ricondotta all'esigenza di contrastare le spinte concorrenziali esercitate nel settore dei servizi di pagamento anche da intermediari di matrice non bancaria e di rispondere, al contempo, alle necessità di una clientela sempre più attiva in ambito internazionale.
Per quanto riguarda Unicredit, la Segreteria del Comitato Interministeriale per il Credito ed il Risparmio ha precisato che le vicende societarie che hanno interessato tale gruppo negli ultimi anni - tra cui l'accentuazione della vocazione internazionale delle attività svolte - hanno condotto ad una modifica dell'assetto organizzativo, attualmente basato sulla specializzazione dei poli.
In tale contesto, talune attività sono state delocalizzate all'estero, dal 2005 al 2008, al fine di ottimizzare la gestione dei servizi amministrativi svolti, a favore di società del gruppo sia italiane che estere.
Il Gruppo Unicredit, a seguito di specifici accordi sindacali in materia, si è, comunque, impegnato a non trasferire all'estero ulteriori attività sino alla fine del 2010.

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ALLEGATO 4

5-02429 Pugliese: Problematiche relative alla definizione dei carichi di ruolo pregressi.

TESTO DELLA RISPOSTA

Con il question time in esame, avente ad oggetto la definizione dei carichi di ruolo pregressi di cui all'articolo 12, comma 2-ter, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, l'Onorevole interrogante rileva che alcuni contribuenti hanno aderito alla definizione versando il 25 per cento della somma iscritta a ruolo sulla base di comunicazioni inviate dai concessionari prima dell'entrata in vigore della disposizione contenuta nel citato comma 2-ter (introdotto, in sede di conversione, dal decreto-legge 24 giugno 2003, n. 143 ed in vigore dal 12 agosto 2003). Dette definizioni sono state ritenute, per tale ragione, non perfezionate dagli uffici dell'Amministrazione.
In ossequio al principio di buona fede nei rapporti tra Amministrazione e contribuente, di cui all'articolo 10 dello Statuto dei diritti del contribuente, è stato chiesto di riconoscere validità ai versamenti effettuati sulla base di comunicazioni ritenute invalide per causa imputabile esclusivamente al concessionario.
Preliminarmente, è necessario rilevare che l'articolo 12 della legge n. 289 del 2002 ha consentito al contribuente di definire i rapporti sorti con l'Amministrazione per effetto della richiesta di pagamento di somme iscritte in ruoli emessi da uffici statali e affidati, entro i termini indicati dalla disposizione in commento, ai concessionari della riscossione. Ai fini del perfezionamento della definizione, che avviene mediante il pagamento di una somma pari al 25 per cento dell'importo iscritto a ruolo, il contribuente era tenuto a versare entro il 16 aprile 2003, almeno l'80 per cento degli importi suddetti, versando il residuo 20 per cento entro il 16 aprile 2004.
Con decreto-legge 24 giugno 2003, n. 143 (convertito con legge n. 212 del 1o agosto 2003), è stata disposta la proroga del termine per il primo versamento in favore di quei soggetti che, alla data di entrata in vigore dello stesso decreto (25 giugno 2003), ancora non avessero effettuato i versamenti utili per la definizione di cui all'articolo 12 della legge n. 289 del 2002, al 16 aprile 2004. La definizione è stata, inoltre, estesa anche ai ruoli emessi da uffici statali e affidati ai concessionari dal 1o gennaio al 30 giugno 2001. Conseguentemente, con decreto dell'8 aprile 2004, all'articolo 1, comma 2, lettera g), sono stati determinati i termini utili per il secondo versamento, disponendo che «... il termine di versamento del residuo importo dovuto ai sensi dell'articolo 12, commi 2, secondo periodo e 2-ter, della legge n. 289 del 2002, relativamente ai soggetti che alla data di entrata in vigore del citato decreto-legge n. 143 del 2003 (25 giugno 2003) ancora non avevano effettuato versamenti utili per la definizione degli adempimenti e degli obblighi tributari di cui al medesimo articolo 12 ...è quello del... 18 aprile 2005».
Inoltre, in base a quanto disposto dall'articolo 1, comma 2, della legge 1o agosto 2003 n. 212 (legge di conversione del decreto-legge n. 143 del 2003), sono considerati utili i versamenti effettuati tra il 17 aprile 2003 ed il 25 giugno 2003, ai fini della definizione di cui all'articolo 12 della legge n. 289 del 2002.

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Ciò premesso l'Agenzia delle entrate osserva che, dall'interrogazione in esame, non emerge se i contribuenti destinatari delle predette comunicazioni abbiano effettuato i versamenti entro i termini richiesti dalla legge il cui rispetto, secondo quanto più volte chiarito dall'Amministrazione, deve ritenersi determinante ai fini del perfezionamento della definizione. Come già chiarito, infatti, con circolare n. 28/E del 12 maggio 2003, mancando nella definizione di cui all'articolo 12 una disposizione analoga a quelle contemplate nelle altre fattispecie definitorie (e, in particolare, negli articoli 7, comma 5; 8, comma 3; 9, comma 12; 15, comma 5 e 16, comma 2) che ne fa salvi gli effetti pur in presenza di pagamento parziale, il versamento soltanto parziale degli importi dovuti alle scadenze di legge determina per il contribuente la decadenza dai benefici della sanatoria in questione.
Né, diversamente, appare costitutiva, ai fini del perfezionamento della definizione, la comunicazione inviata dal concessionario della riscossione, come emerge implicitamente dalla circolare n. 7/E del 2003, punto 8.2., in cui è stato chiarito che, qualora il debitore moroso non riceva, entro il 31 gennaio 2003, l'invito del concessionario della riscossione, lo stesso può rivolgersi al concessionario, anche telefonicamente, per ottenere le informazioni necessarie ai fini dell'eventuale definizione del ruolo, in analogia a quanto chiarito nella circolare n. 3/E al punto 7.2.2. per i ruoli affidati anteriormente al 1o gennaio 1997.
Ciò premesso, si è dell'avviso che il mancato riconoscimento della definizione debba essere ricondotto, anziché all'invalidità della comunicazione del concessionario, all'erroneo versamento operato da parte di alcuni contribuenti per definire carichi inclusi in ruoli emessi da uffici statali e affidati ai concessionari del servizio nazionale della riscossione dal 1o gennaio 2001 al 30 giugno 2001.
Analoga questione è stata già affrontata dall'agenzia delle entrate con risoluzione n. 150/E del 2005, in cui è stato chiarito che la validità della richiesta di definizione è subordinata, tra l'altro, alla sussistenza di un preciso limite temporale entro il quale il ruolo oggetto di definizione doveva essere affidato al concessionario.
Più precisamente, nel caso in cui il contribuente abbia inteso definire un ruolo affidato al concessionario in periodi successivi a quelli indicati dalle norme applicabili in ragione della rispettiva vigenza, l'eventuale versamento effettuato dal debitore non potrà ritenersi valido agli effetti della definizione agevolata. Ciò per l'evidente motivo che, in tale ipotesi, si ravvisa la carenza di uno dei presupposti essenziali individuati dalla norma stessa.
Pertanto, il contribuente il quale abbia effettuato un versamento correttamente determinato nell'ammontare (pari al 25 per cento di quanto dovuto) e relativo di un carico incluso in ruoli affidati ai concessionari tra il 1o gennaio ed il 30 giugno 2001 ma in data anteriore al 12 agosto 2003 (data di entrata in vigore, nell'articolo 12, del comma 2-ter), il versamento non può ritenersi utile per la relativa definizione.
Tale versamento, da considerare come acconto di quanto dovuto, non pregiudicava, comunque, la possibilità per il contribuente di avvalersi correttamente della definizione del debito residuo (pari al 75 per cento dell'importo) a seguito dell'entrata in vigore del comma 2-ter nell'articolo 12, apportata dal decreto-legge n. 143 del 2003.