CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 21 ottobre 2009
235.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

5-01919 Milo e Zeller: Organizzazione di lotterie con premi consistenti nel trasferimento di immobili.

TESTO DELLA RISPOSTA

Con il question-time in esame si chiede se attualmente la normativa consenta di indire una lotteria avente come premio un immobile sito in Italia, con vendita dei relativi biglietti al di fuori del territorio italiano.
Al riguardo, l'Amministrazione autonoma del Monopoli di Stato ha evidenziato che:
l'operazione prospettata non può essere equiparata ai concorsi a premio sia perché priva del carattere promozionale, sia perché è configurata la vendita diretta di biglietti per partecipare all'estrazione del premio, cioè l'immobile in palio;
la manifestazione proposta, invece, si configura come una vera e propria lotteria, in quanto le modalità di cui intende avvalersi (vendita di biglietti ed estrazione finale) sono tipiche delle lotterie ad estrazione differita.

Premesso quanto sopra, attualmente, a parere dell'A.A.M.S., tali attività non risultano autorizzabili alla luce della normativa vigente, che è modellata sulla previsione di lotterie con premi in denaro, riservate allo Stato, né possono rientrare nelle tipologie autorizzabili ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 2001, n.430.
È evidente, peraltro, che ogni considerazione sulla opportunità o meno di prevedere una regolamentazione delle suddette attività attiene a valutazioni di tipo non gestionale; tuttavia l'A.A.M.S., ha rilevato le criticità connesse alla eventuale scelta di inglobare tali «lotterie immobiliari» nel comparto dei giochi pubblici.
Infatti, in tale ipotesi, occorrerebbe innanzitutto prevedere una regolamentazione della materia, atteso che la normativa esistente nel settore delle lotterie non si presta ad una estensione alla fattispecie in esame. Tale regolamentazione non potrebbe, tra l'altro, essere limitata a beni immobili potendosi in tal caso estendere una tale possibilità a qualunque bene si volesse porre ad oggetto di una lotteria.
La normativa dovrebbe poi specificare non soltanto le modalità per la realizzazione, ma dovrebbe indicare anche quali soggetti siano legittimati a porre in essere tali iniziative, tenuto conto che i beni non sarebbero di proprietà dello Stato ma di soggetti privati.
Inoltre sarebbe necessario prevedere sia adempimenti necessari per tutelare la fede pubblica rispetto a tali beni, sia le modalità per recuperare eventuali spese per l'erario.
Infine, ma non da ultimo, non si può sottacere il prevedibile impatto e le ripercussioni che tale forma di gioco potrebbe avere sia sul mercato dei giochi, ponendosi tali nuove forme come succedanee rispetto ad altri prodotti di gioco attualmente esistenti nel portafoglio, sia sul mercato immobiliare. Infatti, la possibilità di adire tale forma inusuale di «vendita» di un immobile, con i prevedibili vantaggi economici per i proprietari, convoglierebbe un alto numero di immobili su tale canale

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con il rischio di una contrazione dell'offerta nei canali usuali ed una lievitazione dei prezzi immobiliari.
Per le argomentazioni sopra esposte l'A.A.M.S. non ritiene autorizzabile una lotteria avente per oggetto un bene immobile.
Per quanto poi concerne specificatamente la fattispecie prospettata, ferma restando l'impossibilità di valutare l'impatto di tale proposta sull'ordinamento di altri paesi, si evidenzia la non autorizzabilità della proposta in quanto l'articolo 4 della legge 13 dicembre 1989, n. 401 prevede espressamente sanzioni applicabili non solo a chiunque venda sul territorio nazionale, senza autorizzazione dell'A.A.M.S., biglietti di lotterie o di analoghe manifestazioni di stati esteri, ma anche a chiunque promuova o diffonda con qualunque mezzo tali manifestazioni. Ed ancora, ed è questa la fattispecie in argomento, lo stesso articolo come integrato dall'articolo 24, comma 23, della legge 7 luglio 2009 n. 88 (legge comunitaria 2008) prevede la reclusione da sei mesi a tre anni per chiunque organizzi, eserciti o raccolga a distanza, senza la prevista autorizzazione, qualsiasi gioco istituito e disciplinato dalla scrivente amministrazione.

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ALLEGATO 2

5-01970 Conte: Problematiche concernenti l'applicazione alle aziende pubbliche per i servizi alla persona dell'esenzione dall'IRAP.

TESTO DELLA RISPOSTA

La S.V. onorevole evidenzia che l'articolo 1, comma 299, della legge 23 dicembre 2005, n.266 (finanziaria per l'anno 2006), ha previsto che le Regioni avvalsesi della possibilità di esentare le ONLUS dall'IRAP, ai sensi dell'articolo 21 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n.460, possono estendere tale esenzione anche alle Aziende pubbliche di servizi alla persona (ASP), succedute alle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza (IPAB). Tuttavia, tale disciplina avrebbe fatto sorgere dubbi interpretativi circa la possibilità di estendere tale esenzione non soltanto alle ASP succedute alle IPAB, ma altresì a quelle istituite ex novo dalle Regioni.
Ciò premesso, chiede all'Amministrazione finanziaria, in considerazione anche del numero limitato di ASP di nuova costituzione e della trascurabile riduzione di gettito che deriverebbe dall'applicazione a tutte le ASP dell'agevolazione IRAP in commento, «quali iniziative intenda assumere per eliminare le incertezze normative sulla questione, auspicabilmente chiarendo che l'esenzione dall'IRAP prevista dall'articolo 1, comma 299, della legge n. 266 del 2005 è applicabile a tutte le ASP, indipendentemente dal fatto che esse siano state costituite ex novo ovvero derivino dalla trasformazione di IPAB».
Al riguardo, l'Agenzia delle entrate osserva che il citato articolo 1, comma 299, della legge n. 266 del 2005 dispone che le Regioni che si sono avvalse della facoltà di cui all'articolo 21 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, prevedendo la riduzione o l'esenzione dal pagamento dell'IRAP dovuta dalle ONLUS, possono estendere tale regime agevolato «anche alle Aziende pubbliche di servizi alla persona (ASP), succedute alle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza».
Le Regioni possono prevedere, in sostanza, l'applicazione dell'agevolazione deliberata ai fini IRAP in favore delle ONLUS anche in favore delle ASP «succedute» alle IPAB.
Dal tenore letterale della predetta disposizione, secondo l'Agenzia delle Entrate, emerge, pertanto, che possono beneficiare dell'estensione del regime agevolativo IRAP, proprio delle ONLUS, solo le ASP risultanti dal procedimento di riordino delle pre-esistenti IPAB, ossia quelle Aziende che derivino dalla trasformazione delle stesse Istituzioni.
L'Agenzia evidenzia, peraltro, che l'articolo 1, comma 299, della legge n. 266 del 2005, in quanto norma di carattere agevolativo, non è suscettibile di interpretazione analogica o estensiva.
Ne consegue che la disposizione in commento, nella sua formulazione attuale, non consente di estendere l'applicazione del regime agevolativo dalla stessa recato in favore di ASP di nuova costituzione o derivanti dalla trasformazione di soggetti diversi dalle IPAB.

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ALLEGATO 3

5-01971 Fluvi ed altri: Estensione degli effetti preclusivi dello scudo fiscale alle attività di accertamento relative all'IVA.

TESTO DELLA RISPOSTA

Il question-time in esame attiene la materia dell'emersione delle attività detenute all'estero ai sensi dell'articolo 13-bis del decreto-legge 10 luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, e successive modificazioni.
In particolare, viene chiesto di conoscere se la precisazione contenuta nella circolare dell'Agenzia delle entrate n. 43 del 10 ottobre 2009 «Gli accertamenti sono preclusi anche con riferimento a tributi diversi dalle imposte sui redditi, sempreché si tratti di accertamenti relativi ad «imponibili» che siano riferibili alle attività oggetto di emersione», sia riferita anche all'imposta sul valore aggiunto.
In caso di risposta affermativa, l'interrogante - richiamando anche la sentenza della Corte di Giustizia C-1 32/06 del 17 luglio 2008 in base alla quale una rinuncia generale ed indiscriminata all'accertamento di operazioni imponibili in materia di IVA è incompatibile con il diritto comunitario - chiede se ciò non comporti una violazione del diritto comunitario che tutela il principio della libera concorrenza precludendo la normale attività di accertamento ai fini dell'IVA.
Al riguardo, l'Agenzia delle entrate ha fatto presente che occorre, invia preliminare, mettere in evidenza che, ai fini del conseguimento degli effetti delle operazioni di emersione delle attività detenute all'estero, il contribuente è tenuto a corrispondere un'imposta straordinaria, che tiene conto anche degli interessi e delle sanzioni, pari al 50 per cento del rendimento presunto delle attività rimpatriate o regolarizzate.
Il rendimento si presume maturato nella misura del 2 per cento annuo per i cinque anni precedenti l'operazione di emersione.
Tale imposta, essendo calcolata in modo forfetario, non sostituisce puntualmente le singole imposte e, quindi, neanche l'IVA.
Inoltre, come accennato, la predetta imposta straordinaria è determinata sulla base dei rendimenti (in genere finanziari) presunti delle attività rimpatriate o regolarizzate, elementi reddituali che normalmente sono esenti dall'IVA o sono fuori dal suo campo di applicazione.
In ogni caso è importante dare rilievo al fatto che non sussiste una preclusione generalizzata e automatica degli accertamenti, in quanto l'attività di controllo viene comunque effettuata al fine di verificare la riconducibilità dei maggiori imponibili accertati alle attività regolarizzate.
Qualora i maggiori imponibili accertati siano di importo superiore a quello delle attività regolarizzate, l'organo accertatore procede all'ordinaria attività di recupero delle imposte evase sull'eccedenza, compresa l'IVA.
Per le considerazioni sopra esposte, l'Agenzia rileva che è del tutto da escludere

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l'equiparabilità della disciplina dello scudo fiscale in questione con la normativa presa in esame in passato dalla Corte di Giustizia europea con la sentenza C-132/06 del 17 luglio 2008, riguardante le misure condonistiche adottate con la legge 27 dicembre 2002, n.289.
In sintesi, sulla base delle osservazioni sopra esposte, non si ritiene che la fattispecie possa rappresentare una rinuncia generale ed indiscriminata all'accertamento di operazioni imponibili in materia di IVA e che si verifichi, quindi, una violazione del diritto comunitario.

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ALLEGATO 4

5-01972 Fugatti e Negro: Attuazione della sentenza della Corte costituzionale n. 238 del 2009 relativamente all'inapplicabilità dell'IVA alla tariffa di igiene ambientale.

TESTO DELLA RISPOSTA

Gli onorevoli interroganti pongono la questione dell'assoggettamento ad IVA della Tariffa di igiene ambientale (TIA), alla luce delle considerazioni sulla natura tributaria della medesima, svolte dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 238 del 24 luglio 2009.
In particolare, chiedono quali misure intenda assumere il Governo per dare risposta alle preoccupazioni degli amministratori locali ed alle aspettative dei cittadini, evitando di adottare soluzioni penalizzanti per gli utenti, per le aziende del settore e per gli enti locali.
È opportuno rappresentare che analoga interrogazione a risposta immediata è stata presentata dagli onorevoli Fluvi e Causi (5-01807) e svolta in Commissione VI Finanze della Camera dei Deputati in data 23 settembre 2009.
All'esito dell'esame di detta interrogazione presso la Commissione Finanze, l'onorevole Causi, cooproponente, nell'auspicare che la problematica di cui trattasi venisse maggiormente approfondita dal Governo, ha evidenziato ulteriori aspetti connessi; in particolare, ha rilevato la necessità di verificare: «gli effetti che l'eventuale esclusione dall'IVA potrebbe avere sui numerosi comuni che non hanno ancora introdotto la tariffa e che ancora applicano la TARSU, in particolare per quanto riguarda la sottoposizione all'imposta sul valore aggiunto della quota della TARSU concernente la remunerazione dei contratti di servizi stipulati per l'effettuazione della raccolta dei rifiuti».
Ovviamente, tali ulteriori quesiti necessitano una compiuta valutazione della problematica in esame; infatti, l'Amministrazione sta effettuando specifici approfondimenti, anche attraverso diretti contatti con gli Enti locali interessati, al fine di pervenire il più rapidamente possibile ad una definizione della stessa, tenendo conto degli effetti economici che potrebbero derivare dalla esclusione del pagamento dell'IVA sulla TIA, impregiudicate ovviamente le valutazioni di carattere politico.
In termini generali, per la maggiore comprensione dei quesiti posti, è opportuno osservare, come già riferito durante l'esame del question-time 5-01807 (degli onorevoli Fluvi e Causi), di cui si è fatto cenno innanzi, che la Corte costituzionale con la sentenza n. 238 del 2009, giudicando sulla costituzionalità dell'articolo 2, comma 2, secondo periodo, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, che assegna alla giurisdizione tributaria le controversie relative alla debenza del canone per lo smaltimento di rifiuti urbani, dopo un'attenta analisi delle relative considerazioni di diritto, ha espresso l'opinione che la tariffa di igiene ambientale (TIA), che non va confusa con la tariffa integrata ambientale (TIA), di cui all'articolo 238 del decreto legislativo n. 152 del 2006 (tariffa che non ha ancora trovato applicazione in mancanza del decreto ministeriale

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di attuazione), presenta tutte le caratteristiche del tributo, vale a dire: a) la doverosità del prelievo; b) la mancanza di un rapporto sinallagmatico tra le parti; c) il collegamento del prelievo stesso alla spesa pubblica in relazione ad un presupposto economicamente rilevante.
La Corte costituzionale, rileva, altresì, che la medesima tariffa è estranea all'ambito di applicazione dell'IVA, in quanto «l'inesistenza di un nesso diretto tra il servizio e l'entità del prelievo (...) porta ad escludere la Sussistenza del rapporto sinallagmatico posto alla base dell'assoggettamento ad IVA ai sensi degli articoli 3 e 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 e caratterizzato dal pagamento di un "corrispettivo" per la prestazione di servizi».
In questo contesto, come rileva anche il Dipartimento delle finanze, notevoli sono le problematiche che emergono laddove si realizzasse il principio appena enunciato; dette tematiche attengono in particolare:
ad una ridefinizione dei rapporti degli enti locali con le aziende di gestione dei rifiuti, alla luce del fatto che la potestà impositiva in ogni caso spetta all'ente locale;
alla copertura finanziaria dei mancati introiti erariali derivanti dal non assoggettamento ad IVA della TIA stessa;
alla disciplina fiscale della (nuova) TIA, regolata dall'articolo 238 del citato decreto legislativo n. 152 del 2006, che deve essere coerente con i principi espressi dalla Corte costituzionale;
infine, alla definizione di una procedura che semplifichi le procedure di rimborso agli utenti dell'imposta addebitata illegittimamente.