CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 14 ottobre 2009
232.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

5-01917 Bernardo: Disciplina dell'imposizione sulla pubblicità e le pubbliche affissioni.

TESTO DELLA RISPOSTA

Con l'interrogazione a risposta immediata in esame si rilevano alcune perplessità relativamente alla mancata applicazione, da parte di alcuni comuni, delle disposizioni contenute nell'articolo 62, comma 2, lettera d) del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, che impone di determinare la tariffa relativa al canone per l'installazione di mezzi pubblicitari (CIMP), in modo da non eccedere di oltre il 25 per cento le tariffe stabilite per l'imposta comunale sulla pubblicità, deliberate nell'anno precedente all'adozione della delibera di sostituzione dell'imposta sulla pubblicità con il predetto canone.
Lo stringente vincolo nella determinazione del canone è stato introdotto, attraverso una modifica alla originaria formulazione del citato articolo 62, dall'articolo 10, comma 5, lettera b), della legge 28 dicembre 2001, n. 448, con la conseguenza che gli enti locali erano tenuti al rispetto del limite in discorso a partire dall'anno d'imposta 2002.
Né, a parere del Dipartimento delle finanze, la disposizione contenuta nell'articolo 7-octies del decreto legge 31 gennaio 2005, n. 7 (convertito dalla legge 31 marzo 2005, n. 43), può far concludere per la retroattività del nuovo sistema tariffario, poiché tale disposizione è meramente riproduttiva di una norma - il citato articolo 10, comma 5, lettera b), della legge n. 448 del 2001 - già esistente nell'ordinamento giuridico. Pertanto l'articolo 7-octies del decreto legge n. 7 del 2005, ribadisce, in sostanza, il medesimo limite già operante dall'annualità 2002 per la determinazione della tariffa, imponendo agli enti locali di rideterminare, ove occorra, la misura del canone per l'installazione di mezzi pubblicitari con effetto dall'esercizio 2005.
L'unica novità rispetto alla precedente disposizione è costituita dal fatto che, a decorrere dal 2006, per la determinazione della tariffa occorre tener conto della rivalutazione annuale sulla base dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai ed impiegati rilevato dall'ISTAT.
Il comportamento dei comuni che aumentano la tariffa oltre il limite stabilito dalla legge statale, agendo sui coefficienti di determinazione del canone, senza modificare la tariffa base, risulta illegittimo, poiché l'unica norma che deve guidare gli enti locali nella determinazione della tariffa in questione è proprio la lettera d), del comma 2, dell'articolo 62 del decreto legislativo n. 446 del 1997, che prevede esplicitamente di non superare di oltre un quarto le tariffe dell'imposta sulla pubblicità.
Proprio la chiarezza dell'articolo 62, comma 2, lettera d) del decreto legislativo n. 446 del 1997, non sembra implicare, quindi, come precisato dal Dipartimento delle finanze, la necessità di emanare ulteriori disposizioni di tipo interpretativo.
Al riguardo, va precisato che fino al pronunciamento della Corte Costituzionale, che con la sentenza n. 141 dell'8 maggio 2009 e con l'ordinanza n. 218 del 17 luglio 2009, ha inequivocabilmente statuito la natura tributaria del canone in questione, il Ministero dell'economia e delle finanze non aveva neanche la possibilità

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di proporre l'impugnativa dei regolamenti dinanzi agli organi di giustizia amministrativa per vizi di legittimità, ai sensi dell'articolo 52, comma 4, del decreto legislativo n. 446 del 1997. L'assenza di competenza del Ministero dell'economia e delle finanze sui regolamenti in materia di canone per l'installazione di mezzi pubblicitari, statuita dal comma 2 del medesimo articolo 52, che dispone l'obbligo di trasmettere i soli regolamenti sulle entrate tributarie, è stata ribadita anche dalla circolare n. 256/E del 3 novembre 1998 dell'allora Dipartimento delle entrate.
Ovviamente, alla luce delle citate decisioni della Corte costituzionale, il Dipartimento delle finanze concorda sull'opportunità di una rivisitazione generale del sistema della fiscalità locale che appare quanto mai opportuno ed indilazionabile, anche nell'ambito del processo di realizzazione del federalismo fiscale.

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ALLEGATO 2

5-01918 Fluvi ed altri: Responsabilità del Ministero dell'economia per l'esercizio di attività di direzione e coordinamento sulle società di cui è azionista.

TESTO DELLA RISPOSTA

Con l'interrogazione a risposta immediata in Commissione l'onorevole Fluvi ed altri chiedono quali siano i motivi che hanno indotto il Governo a fornire l'interpretazione autentica dell'articolo 2497, primo comma, del codice civile, con l'articolo 19, comma 6, del decreto-legge 10 luglio 2009, n. 78.
Al riguardo, premesso che l'attività di indirizzo politico e quella gestionale attengono ad ambiti diversi, si fa presente che il citato comma 6, dell'articolo 19, del decreto-legge n. 78 del 2009, convertito, con modificazioni, nella legge 3 agosto 2009, n. 102 riconosce a livello normativo un principio già desumibile dalle disposizioni generali in materia di diritto societario.
Per quanto riguarda il contenuto del documento parlamentare in questione e, in particolare, il riferimento al Ministero dell'Economia e delle Finanze, ribadita la portata generale della norma, si precisa che alla luce della riforma del diritto societario e tenuto conto dei principali indirizzi giurisprudenziali, nonché di autorevoli Istituzioni anche comunitarie, il Ministero dell'Economia e delle Finanze, in qualità di azionista, ha escluso l'esercizio dell'attività di «direzione e coordinamento» nei confronti di tutte le società partecipate, in quanto non ricorrono i requisiti soggettivi e oggettivi previsti dagli articolo 2497 e ss. del codice civile.
Il MEF, infatti, non può considerarsi «imprenditore» e, pertanto, non esercita direttamente alcuna forma di impresa, dovendo perseguire finalità di interesse pubblico generale; di conseguenza, non ha mai adottato atti di indirizzo incidenti in maniera diretta sulle scelte imprenditoriali delle società.
In proposito, giova richiamare, a conferma dell'inapplicabilità degli articoli 2497 e ss. del codice civile nei confronti del Ministero dell'Economia e delle Finanze, l'articolo 2497-bis del codice civile, che in materia di pubblicità prevede taluni adempimenti a carico degli amministratori delle società controllate: obbligo di esporre, in apposita sezione della nota integrativa del bilancio, un prospetto riepilogativo dei dati essenziali dell'ultimo bilancio dell'Ente controllante (nel caso del MEF si tratterebbe di predisporre un prospetto che riepiloghi il bilancio dello Stato).

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ALLEGATO 3

5-01920 Fugatti e Polledri: Applicazione del beneficio della sospensione dal pagamento dell'IVA per acquisti di beni e servizi per cessioni all'esportazione nel caso di affitto di azienda.

TESTO DELLA RISPOSTA

L'interrogazione a risposta immediata in esame riguarda l'interpretazione delle disposizioni contenute nell'articolo 8, quarto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 in materia di trasferimento del cosiddetto plafond, cioè del diritto, maturato in capo agli esportatori abituali, di effettuare acquisti di beni e servizi senza applicazione dell'IVA.
In particolare, gli Onorevoli interroganti chiedono quali siano le condizioni giuridiche a fronte delle quali, in caso di affitto di azienda, è ammesso il trasferimento del plafond medesimo.
In sostanza, si chiede se ai fini della trasferibilità del plafond sia sufficiente che il predetto trasferimento venga testualmente previsto dalle parti nel contratto di affitto di azienda e comunicato nei successivi trenta giorni al competente ufficio dell'Agenzia delle entrate o se, al contrario, come evidenziato in alcuni documenti di prassi dell'Amministrazione finanziaria, sia necessario l'ulteriore requisito del trasferimento dei rapporti con la clientela, cui, tuttavia, il citato articolo 8, quarto comma, non fa espresso riferimento.
Al riguardo, l'Agenzia delle entrate fa presente che, ai fini della risposta alla questione prospettata dagli Onorevoli interroganti, in considerazione della sua specificità e riferibilità a fattispecie concrete, oggetto di esame sia in sede di controllo sia in sede di risposta agli interpelli presentati dai contribuenti ai sensi dell'articolo 11 dello Statuto del Contribuente di cui alla legge n. 212 del 27 luglio 2000, si è reso necessario un confronto tra le diverse strutture che, all'interno dell'Agenzia, si occupano dell'argomento.
L'Agenzia delle entrate si riserva, pertanto di fornire una completa risposta ai quesiti posti dagli Onorevoli interroganti non appena saranno ultimati gli approfondimenti in corso.