Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

Cerca nel sito

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Per visualizzare il contenuto multimediale è necessario installare il Flash Player Adobe e abilitare il javascript

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute >>

XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 737 di giovedì 20 dicembre 2012

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

La seduta comincia alle 10.

SILVANA MURA, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

Sul processo verbale (ore 10,05).

MAURIZIO TURCO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, intervengo non per rettificare quanto risulta a verbale, nel senso che ciò che è scritto è fedele, ma per approfondire e specificare il mio pensiero.
Quello che ci è arrivato ieri, quello che ieri è arrivato allo Stato italiano dalla Commissione europea è qualcosa a nostro avviso di molto grave. Ha detto ieri il Vicepresidente della Commissione europea e commissario per la concorrenza che gli enti senza scopo di lucro svolgono un ruolo sociale importante, di cui il regime italiano di imposte sugli immobili tiene conto. Tuttavia, quando gli enti operano sugli stessi mercati degli operatori commerciali, dobbiamo assicurarci che non beneficino di vantaggi indebiti. La nuova normativa italiana sulla tassazione dei beni immobili garantisce che ciò non avvenga.
Io credo, signora Presidente, che la stessa Commissione europea, nel 2006, sosteneva che la normativa di allora - quella che parlava di attività di natura non esclusivamente commerciale, il famoso decreto Bersani sulle liberalizzazioni - andava bene. Oggi, dopo sette anni, ci ha spiegato che è contraria alle direttive europee, così come da nostra denuncia, la quale teneva ben conto come gli enti senza scopo di lucro svolgano un ruolo sociale non importante, importantissimo.
Questo vuol dire anche intanto che posso preannunciare - in modo che i servizi competenti si possano attrezzare - che noi faremo ricorso presso la Corte europea contro questa decisione della Commissione europea, denunceremo la Commissione europea al mediatore europeo per cattiva amministrazione, avendoci impiegato sette anni, la più lunga indagine nella storia dell'Unione europea, ma soprattutto riapriremo una vertenza sulla normativa appena recepita sull'IMU.
Noi crediamo, signora Presidente, che questa sia una pagina vergognosa in termini di incapacità legislativa. Noi chiediamo al Presidente del Consiglio di fare un'inchiesta approfondita all'interno del Ministero dell'economia e delle finanze per capire chi sono i responsabili che nel corso di questi sette anni hanno indotto la Commissione europea a non poter prendere una decisione in tempi rapidi e con soluzioni non solo credibili, ma anche efficaci. Oggi, infatti, la Commissione europea ci dice che questo Paese non è nemmeno in grado di sapere a chi fa i regali - regali! - contro quelle che sono le direttive europee. Questa è una pagina Pag. 2che non finisce qui, non finisce con un comunicato stampa della Commissione europea e non finisce in Europa.

PRESIDENTE. Onorevole Turco, mi consenta di dirle, per la sua riconosciuta conoscenza del Regolamento, che questo suo intervento poteva essere svolto non invocando l'articolo 32, ma invocando un intervento sull'ordine dei lavori, magari addirittura preparando un atto di sindacato ispettivo nei confronti del Governo. Comunque, prendiamo atto del contenuto del suo intervento.
Se non vi sono ulteriori osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alessandri, Antonione, Bocci, Dussin, Tommaso Foti, Galletti, Mussolini e Palagiano sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantacinque, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 18 dicembre 2012, n. 223, recante disposizioni urgenti per lo svolgimento delle elezioni politiche nell'anno 2013 (A.C. 5657) (ore 10,08).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 18 dicembre 2012, n. 223, recante disposizioni urgenti per lo svolgimento delle elezioni politiche nell'anno 2013.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 5657)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Italia dei Valori e Lega Nord Padania ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Bressa, ha facoltà di svolgere la relazione.

GIANCLAUDIO BRESSA, Relatore. Signor Presidente, preliminarmente, prima di entrare nel merito della relazione sulle disposizioni urgenti per lo svolgimento delle elezioni politiche nell'anno 2013, mi corre l'obbligo di informare l'Assemblea che i lavori della I Commissione, di fatto, non hanno prodotto alcuna modifica del testo. La discussione è stata approfondita, ma non c'è stata la possibilità di arrivare a dei punti condivisi per cui, allo stato dei fatti, il mandato che come relatori abbiamo ricevuto è quello di illustrare il testo del decreto così come presentato dal Governo, e le forze politiche - è loro facoltà e possibilità - presenteranno gli emendamenti che riterranno più propri.
Il provvedimento in esame è volto a garantire per le elezioni politiche che avranno luogo nel 2013 l'adeguamento di alcune fasi del procedimento elettorale, come già avvenuto anche in occasione delle elezioni politiche del 2006 e del 2008. Il decreto-legge è composto di 6 articoli.
L'articolo 1 dispone la riduzione del numero delle sottoscrizioni per la presentazione delle liste e dei candidati, limitatamente alle elezioni politiche del 2013, in ragione - come evidenziato nella relazione di accompagnamento - della prospettata conclusione anticipata della legislatura che comprime notevolmente i tempi per la raccolta delle sottoscrizioni richieste dalla legge per presentare le liste in tutte le Pag. 3circoscrizioni e regioni del territorio nazionale.
In particolare, è disposta la riduzione alla metà del numero delle sottoscrizioni qualora lo scioglimento della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica anticipi di oltre 30 giorni la scadenza naturale della legislatura. La riduzione delle sottoscrizioni è pari al sessanta per cento per i partiti o movimenti politici che, alla data di entrata in vigore del decreto-legge, siano costituiti in un gruppo parlamentare in almeno una delle Camere.
Si chiarisce, inoltre, che le disposizioni sull'esonero delle sottoscrizioni si applicano anche in caso di componenti politiche all'interno di gruppi parlamentari, costituite all'inizio della legislatura in corso al momento della convocazione dei comizi. Ed è esattamente questo il punto su cui la Commissione si è maggiormente soffermata, senza trovare una posizione concorde e unanime e sarà quindi questo probabilmente anche il punto che dovrà trovare i maggiori approfondimenti e chiarimenti nell'esame da parte dell'Aula.
Si stabilisce, infine, che le cause di ineleggibilità previste dall'articolo 7 del testo unico per le elezioni della Camera relative, tra l'altro, a deputati regionali o consiglieri regionali, ai presidenti delle giunte provinciali e ai sindaci dei comuni con popolazione superiore ai 20.000 abitanti, non hanno effetto se le funzioni esercitate siano cessate entro i sette giorni successivi alla data del decreto di scioglimento.
L'articolo 2, come già in occasione di precedenti consultazioni elettorali, disciplina, esclusivamente per le elezioni politiche del 2013, l'esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani temporaneamente all'estero per motivi di servizio o per missioni internazionali, prevedendo per tali elettori la possibilità di votare per corrispondenza, all'estero, per le circoscrizioni del territorio nazionale in cui è compreso il comune di Roma Capitale.
La necessità di tale intervento deriva dal fatto che l'ordinamento vigente non accorda modalità agevolate di partecipazione al voto dei cittadini italiani temporaneamente all'estero, obbligandoli a recarsi direttamente presso la sezione elettorale di assegnazione nel territorio nazionale. Considerato il fatto che tali elettori devono assolvere a doveri di ufficio svolti all'estero in coincidenza con le consultazioni elettorali, la conseguenza è che verrebbero sostanzialmente privati del diritto di voto.
I soggetti destinatari di tale disposizione, indicati al comma 1, sono i seguenti: personale delle Forze armate e delle Forze di polizia impegnato temporaneamente all'estero in missioni internazionali; dipendenti di amministrazioni dello Stato, di regioni o di province autonome che per ragioni di servizio si trovino all'estero in via transitoria, purché la durata prevista del soggiorno, attestata dall'amministrazione di appartenenza, sia superiore a tre mesi ed inferiore a 12 mesi, ovvero non siano comunque tenuti ad iscriversi all'anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE), e i loro familiari conviventi qualora non iscritti alle anagrafi dei cittadini italiani residenti all'estero; professori e ricercatori universitari in servizio presso istituti universitari e di ricerca all'estero per almeno sei mesi e non più di dodici, purché, alla data di indizione delle elezioni, si trovino all'estero da almeno tre mesi nonché i familiari conviventi, purché non iscritti all'AIRE.
I commi 2 e seguenti dell'articolo 2 disciplinano le modalità e le procedure per l'ammissione al voto delle predette categorie di elettori, le modalità di espressione del voto e le specifiche procedure di scrutinio delle schede provenienti dall'estero.
L'articolo 3 modifica la disciplina dell'iscrizione all'AIRE, inserendo, all'articolo 6, comma 4, della legge n. 470 del 1988, la previsione che la dichiarazione presentata dai cittadini italiani all'estero agli uffici consolari sia corredata da documentazione probatoria dell'effettiva residenza all'estero dei richiedenti.
La finalità della disposizione è quella di impedire, nei limiti del possibile, casi di stabilimento di residenza fittizia all'estero, anche per ragioni elettorali, considerato che in molti Paesi non è possibile avvalersi Pag. 4della collaborazione delle autorità locali ai fini dell'accertamento dei recapiti dei connazionali.
L'articolo 4 ammette la presenza, presso gli uffici elettorali di sezione, degli osservatori dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE). Gli osservatori sono accreditati dal Ministero degli affari esteri, che ne trasmette al Ministero dell'interno, almeno venti giorni prima della data delle elezioni, l'elenco nominativo. Tale elenco viene successivamente inviato ai prefetti di ciascuna provincia e ai sindaci. È preclusa agli osservatori internazionali qualsiasi interferenza nello svolgimento delle operazioni dell'ufficio elettorale e di sezione.
È necessaria, a tal proposito, una espressa previsione normativa per permettere l'accesso al seggio elettorale degli osservatori internazionali che altrimenti non ne avrebbero diritto, in quanto stranieri e privi del requisito di «elettore».
L'articolo 5 reca le disposizioni relative alla copertura finanziaria del provvedimento, mentre l'articolo 6 prevede l'entrata in vigore del decreto-legge lo stesso giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

PRESIDENTE. Il relatore, onorevole Calderisi, ha facoltà di svolgere la relazione.

GIUSEPPE CALDERISI, Relatore. Signor Presidente, a quanto riferito dal collega Bressa aggiungerò soltanto alcune osservazioni volte a per far comprendere i problemi tecnici e politici di questo provvedimento. Si tratta di un decreto-legge in materia elettorale, che riguarda alcune procedure del meccanismo elettorale e, quindi, è una materia molto delicata. Ci sono precedenti di interventi con decreto-legge su questa materia, ma sono sempre stati adottati avendo verificato che vi fosse un consenso pressoché unanime. Questa è la condizione sine qua non finora sono stati emanati decreti-legge in questa materia.
Purtroppo, non è il caso del decreto-legge in questione, perché l'ipotesi avanzata riguardava, in relazione all'anticipazione dello scioglimento rispetto alla scadenza naturale, una riduzione del numero delle firme che i soggetti non esentati in base alla legge dovessero raccogliere per presentare le liste dei candidati. Tuttavia, il decreto non si è limitato a questo, ma ha introdotto - senza quella verifica di un consenso di carattere ampio o quasi unanime - delle esenzioni totali dalla raccolta delle firme per taluni soggetti.
Questo pone dei problemi: come è stato ricordato dal collega Bressa, la questione riguarda, in particolare, la lettera c) del comma 1 dell'articolo 1. Lo stesso collega Bressa in Commissione ha avuto modo di precisare che questa formulazione, se non specificata ulteriormente in sede applicativa, dà luogo ad evidenti problemi interpretativi, considerato che il Regolamento della Camera vi fa riferimento all'articolo 14, comma 5, solo con riguardo al gruppo Misto, mentre il Regolamento del Senato non contempla in nessun caso le componenti politiche all'interno dei gruppi parlamentari.
Quindi si tratta di una disposizione oscura, difficilmente applicabile o applicabile solo con un criterio discrezionale e con delle forzature interpretative. Ciò è evidentemente inaccettabile, perché si interviene con un «provvedimento fotografia» e si fotografano soltanto alcuni soggetti e non si trova invece un equilibrio e una condivisione su una norma che modifica questo aspetto estremamente importante del procedimento elettorale.
Quindi questa è la questione che dobbiamo risolvere, spero che sia risolta e che con un consenso ampio e largo si arrivi ad una modifica che possa prevedere anche un aumento della quota di riduzione delle firme per chi deve raccogliere le sottoscrizioni, oltre anche il 60 per cento - questo è un mio invito ad una riflessione attorno a questa ipotesi -, e che per quanto riguarda l'esenzione, oltre a quelle già previste dalla legge, preveda un'ipotesi che trovi un consenso più ampio.
Mi auguro che si possa trovare questa soluzione, il decreto-legge presenta poi qualche aspetto tecnico che va corretto - Pag. 5il Governo e la Commissione bilancio ci hanno già dato delle informazioni che vanno comunque previste -, e c'è poi una questione, che comunque voglio lasciare agli atti, che riguarda l'articolo 2 sul voto dei cittadini italiani che si trovano temporaneamente all'estero, perché la soluzione individuata dal decreto-legge è quella che è stata anche applicata nel 2008, ma non quella applicata nel 2006; mi riferisco al fatto di far votare i cittadini temporaneamente all'estero, nella circoscrizione italiana del comune di Roma anziché nelle circoscrizioni consolari della circoscrizione Estero.
Qui si tratta anche di valutare dal punto di vista tecnico la procedura migliore; io voglio lasciare agli atti anche questa questione da approfondire ulteriormente nel corso della discussione, perché ci sono emendamenti che fanno riferimento anche a questo aspetto, ma evidentemente la questione di fondo è l'altra che prima ho richiamato e sulla quale io mi auguro si possa trovare un'intesa, signor Presidente, perché tra l'altro noi abbiamo un provvedimento che deve andare in entrambe le Camere, deve trovare il consenso di entrambe le Camere ed è evidente che dobbiamo, nella fase conclusiva della legislatura, credo trovare un'intesa che poi sia accolta anche nell'altro ramo del Parlamento senza neanche ipotizzare possibilità di navette e di ritorno del provvedimento in questo ramo del Parlamento.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

SAVERIO RUPERTO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, il Governo auspica che sul provvedimento vi sia ampia condivisione che possa portare alla sua approvazione.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Favia. Ne ha facoltà.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, questa discussione generale è un po' strana, perché la stiamo vivendo con un convitato di pietra rappresentato dal dubbio sul raggiungimento di un eventuale accordo su emendamenti modificativi.
Quindi, pur avendo ciò presente, in presenza, peraltro, di numerosissimi emendamenti che sono stati mandati direttamente all'Aula dalla Commissione, ci troviamo a commentare il testo attuale che - ne prendiamo atto - il sottosegretario auspica che venga approvato così com'è, e mi si consenta incidentalmente di dire che su un provvedimento di questo tipo, riguardante la materia elettorale, sarebbe disdicevole l'ennesima posizione della questione di fiducia, che allo stato, però, sembra non sia in vista e ci auguriamo che così sia, affinché la Camera possa discutere ampiamente.
Mi sia consentito di dire - visto che siamo in materia - che andremo a votare con la vigenza del decreto legislativo sull'incandidabilità, che ha ricevuto ieri l'ultimo parere favorevole da parte delle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e II (Giustizia) di questa Camera. È noto che noi non siamo contentissimi di questo provvedimento, soprattutto perché non riguarda coloro che siano condannati anche per reati gravi contro la pubblica amministrazione, come per esempio la corruzione, entro i due anni. Pur tuttavia crediamo che vada salutato con favore, perché finalmente chi è stato colpito da sentenza passata in giudicato per reati di una certa rilevanza, pur oltre i due anni, non verrà candidato e, qualora in carica, decadrà, e così sarà anche per i consiglieri regionali e per gli amministratori degli enti locali. Quindi, pur nell'incertezza di questa normativa che stiamo trattando, questa è una buona notizia.
Questo provvedimento modifica leggermente la normativa generale, anzi acquisisce, accorciando i termini e, quindi, applicandoli alla fattispecie che andremo a vivere, la normativa generale. Non dovranno raccogliere le firme i gruppi e le componenti dei gruppi vigenti ad inizio legislatura. Qui alla Camera la normativa riguarda esclusivamente la componente del gruppo Misto: Movimento per le Autonomie-Alleati Pag. 6per il Sud (MpA-Sud). Mi sia consentito di dire che questa norma andrebbe aggiustata per quanto riguarda la possibile interpretazione al Senato, che potrebbe portare all'impossibilità di utilizzare questa norma; mi si dice che, dal punto di vista interpretativo, questo rischio non c'è, ma io lo voglio segnalare: potrebbe esserci un'interpretazione estensiva che, nell'applicazione di questa norma, consentirebbe vastamente la non raccolta delle firme. Questo, se, da una parte, potrebbe anche essere un concetto positivo, in quanto allarga la partecipazione, ed il «favor partecipationis» è sicuramente un istituto importante, dall'altra parte, potrebbe essere criticato in quanto un minimo di sostegno in firme da parte degli elettori e dei cittadini potrebbe essere ritenuto positivo.
Questa normativa riduce al 50 per cento il numero delle firme necessarie per chi non abbia, fin dall'inizio della legislatura, i gruppi - come prevede la legge - in entrambe le Camere (sia alla Camera che al Senato), ed opera questa riduzione del 60 per cento per chi ha il gruppo in almeno una Camera. Crediamo che sia un criterio equilibrato. Ricordo che la norma dimezza già le firme nel caso in cui lo scioglimento anticipi la scadenza naturale delle Camere di oltre centoventi giorni, quindi non è sicuramente una normativa negativa, né ci scandalizzerebbe un eventuale emendamento che riducesse ancora questo numero di firme, perché siamo in presenza di un anticipato scioglimento delle Camere, di una ristrettezza dei tempi per l'eventuale raccolta delle firme e chiaramente tutto ciò andrebbe - come dicevo prima - incontro al favore che si deve alla più ampia partecipazione dei cittadini associati all'elezione.
Sostanzialmente, il provvedimento vive unicamente di ciò. Sappiamo che il Governo ieri aveva preannunciato e poi ritirato un emendamento che consentiva di non raccogliere le firme anche a chi abbia almeno un gruppo. Sappiamo che vi sono pressioni perché ciò venga allargato quanto più possibile. Vedremo poi, nel Comitato dei nove e nel corso del dibattito, dove arriveremo, ma credo che la stella polare debba essere un equilibrio significativo, che favorisca la partecipazione, ma che la favorisca in modo ragionato.
Le altre norme riguardano il voto all'estero per particolari categorie. Mi permetto di fare soltanto un'osservazione. Forse, sarebbe opportuno che queste categorie, che risiedono temporaneamente all'estero, e il cui voto viene previsto su Roma, potessero esprimere il proprio voto o presso la propria circoscrizione d'appartenenza o nella circoscrizione estero, perché si rischia di falsare il risultato della circoscrizione Lazio 1.
Le altre norme riguardano la partecipazione degli osservatori dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa OSCE, l'Anagrafe degli Italiani residenti all'estero AIRE, ma non sono normative straordinariamente significative. Mi sia consentito, da ultimo, di «lamentare» la dichiarazione di inammissibilità, sulla quale ho qualche perplessità, del nostro emendamento in Commissione, che pur partendo dal presupposto che i referendum non possono svolgersi nell'anno in cui vi sono elezioni politiche, mirava a rendere possibile il deposito delle firme dei referendum già richiesti ed ammessi, cosa che per un buco legislativo, per una vacatio legis, non è possibile, vanificando così tutta una dinamica e un tragitto. Crediamo che sarebbe opportuno trovare una soluzione anche a questo problema (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, farò, come ho già detto ad alcuni autorevoli amici, un ragionamento molto breve in questa fase della nostra discussione. Io ritengo che già i relatori, gli onorevoli Bressa e Calderisi, abbiano rappresentato con puntualità quello che è lo stato dell'arte, quale sia stato lo svolgimento dell'attività e dell'impegno della I Commissione (Affari costituzionali), quali siano i nodi che dovrebbero essere sciolti e che Pag. 7sono stati tutti rinviati e rimessi ovviamente all'Aula, con un approfondimento, che ci sarà dopo la discussione sulle linee generali, da parte del Comitato dei nove.
Io voglio dire questo, signor Presidente. Lo sforzo che stiamo tentando di fare ci dovrebbe portare verso un'intesa. Tanto per fare una battuta di alleggerimento, in questi giorni, in Commissione in sede legislativa, noi abbiamo approvato le intese con alcune confessioni religiose. Dovremmo, ovviamente, avere da questo punto di vista il supporto e il contributo del bravo onorevole Zaccaria, che se ne è interessato moltissimo. Se vi sono state le intese - storiche per alcuni versi - con alcune confessioni religiose, non vi è dubbio che nella materia che stiamo trattando dovrebbe essere più agevole arrivare ad un approdo.
Però, questa materia non è agevole - lo voglio dire anche ai colleghi - perché questi problemi, che riguardano le elezioni politiche del 2013, risentono di situazioni del passato. Perché ci troviamo in questa situazione? In primo luogo, per la mancata approvazione di una legge di riforma elettorale. Questo è un dato. Non lo ha detto nessuno, ma voglio ovviamente richiamare l'attenzione dei colleghi su questo vulnus, su questo mancato adempimento da parte del Parlamento.
In secondo luogo, anche il riferimento alle normative che hanno regolato lo svolgimento delle elezioni del passato non ha dato ovviamente una rappresentazione ed una soluzione ad una serie di problemi. Io ricordo con estrema tranquillità il dibattito in quest'Aula nel 1994, quando abbiamo approvato la legge cosiddetta «Mattarellum». Si diceva che si andava verso una semplificazione e verso delle certezze rispetto alla geografia politica e alla presenza dei gruppi parlamentari in questa Aula. Questo non è avvenuto nel 1994, per le vicende che a tutti sono chiare e note, ma soprattutto per le lacune della legge e per la visione bipolare che nasceva anche da quella legge. Poi nel 2006 e nel 2008 abbiamo avuto una serie di continue modificazioni della geografia e del quadro del Parlamento e delle Aule parlamentari. Ci sono state le composizioni e le scomposizioni dei gruppi e dei sottogruppi. Vi è stata certamente, come in questo momento e in questa fase in cui discutiamo, un'alterazione di quello che era il Parlamento nel 2008. Non c'è dubbio che tutto questo presenta delle asperità o delle criticità, come è stato indicato da parte dei relatori, perché non c'è dubbio che chi nasce oggi come gruppo o come componente, cerca una legittimazione e anche un esonero. Pertanto, il malessere di oggi non è un fatto che troviamo in questa circostanza e in questa occasione, ma ha delle premesse e delle debolezze sul piano politico e - lo voglio dire - ovviamente questa discussione dichiara chiaramente il fallimento eclatante di un bipolarismo che non ha risposto a nessuna indicazione e a nessuna volontà e soprattutto a nessun sogno che qualcuno aveva avuto con molta forza anche nei momenti dell'approvazione.
Qual è la questione? Poi mi avvio tranquillamente alla conclusione, certamente dopo aver ringraziato anche il presidente della Commissione, il Ministro Cancellieri, che è stata presente in Commissione ieri sera, il sottosegretario Ruperto, che ci segue ormai da tempo con grande forza e soprattutto con grande impegno e con grande slancio. Qual è il problema? Nel 2008 c'era stata una liberalizzazione dell'esonero per quanto riguardava la presentazione delle liste, la presenza dei deputati e dei parlamentari europei. E oggi dal 2008 si è andati verso un altro tipo di approdo, quello che è contenuto nel provvedimento che oggi stiamo trattando, che prevede delle griglie, rappresentate ovviamente da una raccolta delle firme. Vi è stato detto chiaramente che se c'è un gruppo, nel testo originario, era prevista la riduzione del 60 per cento. Poi anche alla lettera c) dell'articolo 1, c'è il riferimento ai gruppi e alle componenti all'interno dei gruppi, e questo apre anche un problema. Per cui si va attraverso una concezione di liberalizzazione totale, quella rappresentata nel 2008, verso una regolamentazione determinata dalla raccolta delle firme attraverso questo tipo di provvedimento. Pag. 8
Io ritengo che il mio gruppo all'interno della I Commissione abbia dichiarato la sua disponibilità ad un accordo e ad un confronto, senza avere nessuna posizione pregiudiziale, perché ovviamente un mancato accoglimento e una mancata convergenza su un provvedimento di questo genere crea ovviamente confusione e subconfusione rispetto a un quadro politico già confuso, dove esistono delle debolezze anche di chi si ritiene fortissimo, perché in questo nostro Paese certamente dobbiamo acquisire una cultura delle istituzioni con grande forza, ma soprattutto con grande senso di responsabilità. Veniva ad essere indicato anche un altro provvedimento legato alla legge elettorale che stiamo discutendo, quello sull'incandidabilità. Certamente il decreto legislativo che è stato approvato risponde ad alcuni quesiti, anche se rimane in piedi, perché non c'è dubbio che non bisogna affidare tutto alle norme, quello che è stato un codice deontologico che abbiamo approvato in Commissione antimafia, che dà certamente ai partiti e a chi vi è oggi in questo momento, visto e considerato che rimane il «Porcellum», la responsabilità di indicare, con le primarie o quant'altro, comunque i candidati alla Camera e al Senato.
Vi sono delle norme non scritte che riguardano la coscienza e il comportamento, ma, soprattutto, riguardano il senso delle istituzioni, delle responsabilità e dell'amore, voglio dire anche, nei confronti delle istituzioni, rispetto a quello che ci chiede il Paese. Infatti, il Paese in questo momento, deve essere messo in condizione di saper scegliere e di scegliere, perché nel 1993, con il referendum che è stata la praefatio della riforma elettorale, ha scelto in termini non corretti rispetto al ruolo dei partiti politici.
Un altro dato che voglio anche qui sottolineare è che noi ci troviamo ancora con la vicenda delle liste elettorali all'estero, con i funzionari pubblici che si trovano all'estero temporaneamente, per non più di 12 mesi, per evitare che siano iscritti all'AIRE, che possono, ovviamente, votare anche per corrispondenza e quant'altro.
L'assenza di una riforma elettorale, ci pone ancora nella situazione di dover rispettare una norma per il voto dei nostri cittadini all'estero, che è sbagliatissima. Quante volte noi abbiamo auspicato che quella norma fosse modificata! Questo è anche un grande limite: forse ne parliamo in pochi, ma ritengo che questo fosse il dato forte che doveva essere rivisto e rivisitato, anche sul piano della legittimità e, soprattutto, delle certezze. Infatti, con quei voti dati all'estero in quel modo, con i nostri consolati che non hanno le strutture, certamente vi è un allontanamento da ogni certezza e da ogni lealtà nei confronti delle istituzioni.
Sugli altri temi e sugli altri problemi certamente andremo, come dicevo poc'anzi, ad aprire questo tipo di confronto all'interno della Commissione e mi auguro che vi sia una convergenza. Certo, un tema di questo genere, legato anche alla legge di stabilità, che dovrebbe ritornare tra oggi e domani in quest'Aula, crea ulteriore complicazione nel nostro percorso parlamentare, proprio alla fine di questa legislatura, però non credo che l'ottimismo debba mai abbandonarci, la speranza meno che mai.
Io ritengo che vi siano tutte le possibilità, visto e considerato che anche i presentatori degli emendamenti hanno dichiarato questa loro disponibilità, di trovare una soluzione, creando gli spazi perché vi sia sempre una grande partecipazione alla competizione elettorale, soprattutto nel rispetto di alcuni principi e di alcune regole.
Certamente ci troviamo di fronte il 2008, che ci ha dato una certa proiezione, anche sul piano metodologico e procedurale, e questa altra soluzione presentata dal disegno di legge. Il mio sogno è trovare sempre una via di mezzo, una conclusione che possa soddisfare i più e che possa determinare, anche attraverso questo provvedimento, un clima più vero in questa campagna elettorale, dove si dovrà discutere, finalmente, anche del dibattito politico e delle prospettive politiche, perché oggi abbiamo consumato questa legislatura in termini altalenanti e dobbiamo Pag. 9dare una parola e un'indicazione - questa è la responsabilità delle forze politiche - al nostro Paese e al nostro corpo elettorale.
Questo è un impegno delle formazioni politiche, perché, al di là dei gruppi e dei gruppuscoli che tendono a ottenere l'esonero, qui vi è un problema politico, di credibilità, e la credibilità non si ottiene con l'esonero oppure con la riduzione della raccolta delle firme. Ritengo che, invece, la credibilità e l'impegno che auspichiamo tutti quanti, si conquistino attraverso il confronto, attraverso le elezioni, attraverso una prospettiva e un progetto che noi dobbiamo affidare in questa campagna elettorale all'attenzione del corpo elettorale.
Signor Presidente, ho concluso. Rinnovo il mio ringraziamento e rinnovo l'auspicio e l'augurio perché la I Commissione (Affari costituzionali) e il Comitato dei nove, dopo questa discussione di carattere generale, possano trovare la dovuta e auspicata sintesi (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo e di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bragantini. Ne ha facoltà.

MATTEO BRAGANTINI. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, intanto mi rammarico che - senza nulla togliere al signor sottosegretario che è presente, così come lo era in Commissione, e spero che almeno lui mi ascolti, anche se è vero che siamo la minoranza, l'unico partito di opposizione - per la discussione di un tema così importante, come quello delle elezioni, non sia presente in Aula il Ministro, soprattutto in questo momento, visto che è da ieri che la maggioranza non trova un accordo. Si continua ad allungare i tempi sull'approvazione di un provvedimento così importante. Forse la presenza del Ministro avrebbe potuto rappresentare una garanzia o agevolare la conclusione del provvedimento in oggetto.
Annuncio che abbiamo ritirato tutti gli emendamenti e non li ripresenteremo in Aula, perché vogliamo esaminare il provvedimento in esame in fretta e che venga approvato, in modo che i cittadini possano andare a votare prima possibile. Vorrei che questo fosse chiaro: la «melina» non la stiamo facendo noi che stiamo all'opposizione.
Mi rammarico anche che su un tema così importante il Ministro non abbia fissato delle riunioni preventive, come è successo invece altre volte nella storia del Parlamento, con tutti i gruppi parlamentari per condividere un provvedimento tecnico con tutte le forze politiche. Poiché quando si legifera su argomenti così importanti, soprattutto quando riguardano il voto dei cittadini, vi sono sempre, giustamente o meno, delle tensioni e delle possibilità di incomprensioni o di giochi delle parti, sarebbe meglio vi fosse una condivisione.
Chiedo al sottosegretario di seguire l'intervento della minoranza di questo Parlamento. Ormai nessuno considera la Lega Nord, ma vedrete che dopo il voto dovrete prenderci in considerazione, perché i cittadini ci daranno ancora il voto. Anche se volete fare finta di niente o che noi non esistiamo, vedrete che con il voto dimostreremo di essere presenti e che, senza la Lega Nord al Governo, nelle nostre regioni del nord e, soprattutto, come opposizione-pungolo qui a Roma, non riuscirete ad andare avanti! Vedo che il sottosegretario proprio non ha voglia di ascoltare la Lega Nord, ma preferisce parlare con le colleghe e me ne dispiaccio.
Continuo a vedere che questa maggioranza e questo Governo vogliono parlare solo tra loro, non trovano l'accordo e, molte volte, su tematiche importanti è il Parlamento ad intervenire. Questo sia chiaro. È stato il Parlamento, ad esempio, che ieri, grazie alla legge delega voluta dal Parlamento stesso e dai parlamentari, finalmente ha approvato la normativa sull'incandidabilità dei condannati per gravi reati, ad esempio per mafia, ma ciò è avvenuto grazie a tutto il Parlamento, non al Governo! Vorrei che fosse chiaro! Finalmente, è stato un atto di orgoglio del Parlamento e anche dei deputati di maggioranza Pag. 10volere che in quest'Aula non vi siano condannati, perché siamo stufi di sentir dire dai giornalisti che nel Parlamento vi sono solo condannati, farabutti e ladri. Non è vero! Vi è qualcuno che si è comportato male, ma la maggior parte dei parlamentari è costituita da persone serie e competenti (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)! Finalmente tutti i parlamentari, di maggioranza e di minoranza, ieri hanno dato un segnale forte, ma questo non è stato chiaro sui giornali.
Mi raccomando, rivolgo ancora ai parlamentari di maggioranza, del PdL e del PD, l'appello di trovare un accordo in fretta, nei prossimi minuti, non nei prossimi giorni! Votiamo il provvedimento in oggetto e torniamo a dare la parola ai cittadini, perché sono loro i sovrani di questo Stato (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zaccaria. Ne ha facoltà.

ROBERTO ZACCARIA. Signora Presidente, non è facilissimo intervenire in sede di discussione sulle linee generali, sia pure con le caratteristiche che questa ha, su un tema di questo genere - parliamo di un decreto-legge in materia elettorale -, dopo quello che è stato detto dai relatori in ordine all'impossibilità di trovare un percorso condiviso durante i lavori della I Commissione.
Lo dico perché, in realtà, nessuno qui può semplicemente recitare delle parti, ma in qualche modo deve cercare di dare un contributo, perché questo è il compito che ci viene chiesto. Io ho ascoltato con grande attenzione quello che hanno detto i colleghi. Noi siamo consapevoli che in materia elettorale - tanto per dire prima di tutto una cosa - i decreti-legge vanno sempre un po' stretti, perché naturalmente la materia elettorale richiede il procedimento ordinario da parte dell'Aula per l'approvazione delle leggi.
Per la verità - sarebbe sciocco nasconderlo - ci sono dei precedenti, che già hanno ricordato i relatori, perché ormai si dà un'interpretazione per cui non si può intervenire con decreto-legge sul nucleo forte della materia elettorale (quindi, la trasformazione dei voti in seggi), ma si può intervenire sul suo perimetro esterno (ossia su ciò che attiene il procedimento elettorale). Questo è il caso del decreto-legge in esame e di numerosi altri decreti-legge che sono intervenuti sulla stessa materia.
La seconda osservazione che vorrei fare, che in qualche modo è anche un richiamo alla nostra memoria e un ammonimento a chi in futuro interverrà su queste cose - e lo ha detto molto bene il Comitato per la legislazione nel suo parere (sobrio, ma secondo me molto importante) -, è che si fanno spesso provvedimenti di urgenza, in materia di procedimento o di raccolta delle firme, che hanno sempre un carattere transitorio.
Ho qui ascoltato varie opinioni. Devo dire che non so se chi ascolta dall'esterno si possa orientare, perché c'è chi dice che bisogna rifarsi al modello del 2006 ed altri dicono che bisogna rifarsi al modello del 2008. Pensiamoci un po': interveniamo anche con decreto-legge, ma facciamo almeno delle novelle alla legislazione esistente correggendola e rendendola permanente. Infatti, c'è un doppio rischio: decretazione d'urgenza e transitorietà della normativa. Questo è veramente un aspetto molto delicato.
Il Comitato per la legislazione dice di fare in modo che, laddove possibile, queste norme, una volta giustificate dalla situazione presente, possano avere una vigenza che vada al di là del caso concreto. Altrimenti - e questo è successo in Commissione - ci dividiamo tra chi ritiene che sia migliore il modello del 2006 - siamo sempre in periodo pre-elettorale - chi ritiene migliore il modello del 2008 e chi, magari, ritiene migliore il modello di oggi. Questo non va bene e lo dico affinché, per quanto possa valere, almeno chi fa le leggi, sia il Parlamento o sia il Governo quando adotta un decreto, pensi a queste cose.
Il contenuto di questo decreto-legge per il 90 per cento non crea problemi, perché si riferisce alla riduzione delle sottoscrizioni Pag. 11per presentare le liste. Questo è logico, visto che siamo in un caso di scioglimento anticipato, di poco, ma anticipato. Ci sono nuove categorie di esenzioni e su questo aspetto parlerò tra un attimo.
Si parla dei termini per rimuovere le cause di ineleggibilità ed è sacrosanto perché, siccome le cause di ineleggibilità determinano l'impossibilità di partecipare alle elezioni, i termini devono essere rimodulati. Si parla di voto degli italiani temporaneamente all'estero. Si parla dell'iscrizione in questa anagrafe, che si chiama AIRE, che è particolarmente delicata, è tenuta sotto responsabilità del Ministero degli affari esteri e degli organi consolari, e si parla degli osservatori dell'OSCE. Sono tutte cose che non creano problemi, secondo me, anzi secondo tutti.
Però c'è una parte più delicata, che è l'articolo 1.
L'articolo 1 interviene - sinceramente basta guardarsi la tabella che ci ha fornito il Servizio studi per preparare l'esame di questo provvedimento - su una riduzione in percentuale della raccolta delle firme e interviene anche su un caso di esenzione dalla raccolta delle firme.
Prima di tutto diciamo una cosa, che deve essere chiara, perché altrimenti rischiamo di non intenderci: la richiesta della raccolta delle firme per le forze politiche che si presentano alle elezioni è un principio ormai consolidato nel nostro ordinamento. Si tratta cioè di vedere il quantum, ma è chiaro che una forza politica che si presenta alle elezioni deve avere nel Paese un minimo di consenso. Lo dicevano molto bene alcuni colleghi ieri della Lega, che sono intervenuti su questo argomento e che hanno un'esperienza in questa materia: se un soggetto si presenta alle elezioni, bisogna che possa dimostrare di avere nel Paese un minimo di consenso. Certo, questo poi va modulato con i tempi possibili per raccogliere concretamente queste firme e quindi è giusta la riduzione del numero, anche forte, quando c'è lo scioglimento anticipato, perché si deve dare a tutti la possibilità di organizzarsi.
Però, quello che non va bene è la lettura della tabella a pagina 6 del dossier del Servizio studi. Io ho provato a leggere questa tabella e a cercare di capirci qualcosa. Vi assicuro che, mescolando la normativa esistente (l'articolo 18-bis del testo unico delle leggi per l'elezione della Camera, con i suoi vari commi, che prevede le varie tipologie di raccolta delle firme) e sommando la normativa di questo decreto-legge, ne scaturisce un panorama estremamente complesso e di difficile interpretazione. Inoltre si inserisce - qui di nuovo cito il Comitato per la legislazione - la nozione delle «componenti». Però, quando si fa una legge, deve essere chiara, perché i cittadini da fuori la devono poter leggere. Allora, se si dice «componenti dei gruppi», si tratta di una nozione che, per esempio, alla Camera è chiara: riguarda il gruppo Misto e le componenti sono qualcosa che il Regolamento precisa. Al Senato, ad esempio, non è così. Quindi, mettiamo nella legge qualcosa che determina un'esenzione dalla raccolta delle firme collegata al termine «componenti», che è di dubbia portata.
Allora, se avessi dovuto scrivere questo testo, mi sarei preoccupato essenzialmente non degli equilibri e della geografia mutevole di quest'Aula, ma mi sarei preoccupato di fare una norma a favore di coloro che, fuori di qui, devono presentare delle liste e devono partecipare alle elezioni, perché c'è questo favore per la partecipazione alle elezioni, pur essendo necessaria una consistenza minima riconosciuta che le firme devono convalidare. Avrei fatto una norma molto semplice che dicesse che in caso di scioglimento anticipato - qui addirittura si passa da 120 a 30 giorni - a queste condizioni, coloro che si devono presentare alle elezioni sono indicati dalla legge vigente. Quindi, non avrei modificato di una virgola la legge vigente e avrei detto semplicemente che, in considerazione dello scioglimento anticipato, i nuovi soggetti entranti avrebbero dovuto avere una riduzione del 50, del 60 o anche del 70 per cento delle firme.
Questo sarebbe stato un segnale forte, significativo, semplice, un messaggio che Pag. 12avrebbe avuto senso dare alla vigilia delle elezioni. Su questo credo nessuno avrebbe potuto discutere. Invece, si è voluto in qualche modo aprire un dibattito, in assoluta buona fede da parte del Governo, che certamente voleva in qualche modo agire in questo spirito, ma si è aperta una porticina parlando delle componenti.
E, attraverso questa porticina, si è aperto un baratro, perché naturalmente è chiaro che ciascuno alla fine della legislatura cerca di farsi il vestito su misura. Allora, ciascuno dice se la componente deve essere attuale o costituita all'inizio della legislatura, se deve essere un gruppo, se deve essere un sottogruppo, se deve essere stata fatta ieri, l'altro ieri, oppure oggi, o addirittura domani.
Perché infatti in Commissione c'è stato un conflitto? È successo quello che è accaduto sulla legge elettorale: fare la legge elettorale quando si sa già quali sono i sondaggi delle forze politiche diventa quasi impossibile. Qui si intende fare una legge che non solo riduca le firme, ma che addirittura esenti dalla raccolta (e questa è una questione delicata, perché l'esenzione deve esserci per soggetti che sono molto consolidati e molto precisi, magari presenti in Parlamento con gruppi che esistono da tempo); se dunque si arriva a un meccanismo di esenzione, è chiaro che ciascuno cerca di tirare la coperta dalla sua parte e la coperta è sempre troppo corta.
Quindi, credo che o riprendiamo uno schema semplice ed elementare, quello cioè della riduzione delle firme per coloro che vogliono presentarsi, una riduzione anche molto forte (ma deve resistere il principio costituzionale della rappresentanza, perché quel soggetto non può essere inconsistente, se no si presentano tutti, ma deve avere una certa consistenza) ma si agevola la raccolta, oppure si corre il rischio che praticamente non ci mettiamo d'accordo.
Naturalmente è chiaro che, per quello che ho detto, se non ci fosse questo accordo, voterei il provvedimento del Governo - e credo che il mio gruppo lo voterebbe anche così com'è, perché naturalmente ci rendiamo conto che contiene norme che sono necessarie -, però, se dovessi fare un'opera di fantasia, la farei sulla base delle cose che ho appena detto.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo - A.C. 5657)

PRESIDENTE. Prendo atto che i relatori e il rappresentante del Governo rinunziano alle repliche.

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Signor Presidente, noi ci auguriamo che il Comitato dei nove serva a sciogliere definitivamente uno o due punti che sono rimasti irrisolti, al fine di poter venire in Aula e avere più ampio consenso possibile. Credo, però, che la materia non sia solo tecnica, ma anche politica e ci sono i nostri capigruppo che stanno lavorando al fine di poter raggiungere un accordo.
Le avrei chiesto, Presidente, un'ora di tempo, però penso che forse mezzogiorno e mezzo sia un'ora abbastanza congrua per consentirci di concludere. Poi verremo in Aula e mi scuso sin d'ora con i colleghi, però è una riunione del Comitato un po' particolare.

PRESIDENTE. Sta bene. Sospendo la seduta, che riprenderà alle 12,30.

La seduta, sospesa alle 11,05, è ripresa alle 12,30.

Pag. 13

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

PRESIDENTE. Ricordo che prima della sospensione della seduta si è conclusa la discussione sulle linee generali e i relatori e il rappresentante del Governo hanno rinunciato a intervenire in sede di replica.
Ha chiesto di intervenire sull'ordine dei lavori il presidente della Commissione affari costituzionali, onorevole Bruno. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Signor Presidente, mi scuso, a nome di tutta la Commissione, con lei e con i colleghi dell'Assemblea, ma purtroppo i nodi politici non sono stati sciolti e sono in corso delle ulteriori trattative. Abbiamo convocato il Comitato dei nove alle ore 14 sul presupposto quasi sicuramente - questo è l'augurio e l'auspicio che mi faccio - che alle ore 15 noi possiamo essere in Aula per iniziare le votazioni del provvedimento. Quindi, le chiederei la cortesia di rinviarlo alle ore 15.

PRESIDENTE. Onorevole Bruno, come ho avuto di modo di dirle direttamente, e lo confermo a lei e all'Assemblea, la Presidenza non obietta alcunché sull'ipotesi di rinviare alle ore 15, ma fin d'ora la Presidenza si dichiara indisponibile ad accettare ulteriori differimenti (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

LUISA BOSSA. Bravo!

PRESIDENTE. Quindi, come lei ha detto, presidente Bruno, alle ore 15 si inizia a votare o meglio si inizia a votare alle ore 15,20 dopo aver dato i venti minuti di rituale preavviso.

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Signor Presidente, senza fare polemiche, vedo che ci sono dei colleghi che dicono «bravo». Noi abbiamo ricevuto il provvedimento ieri mattina; se lei ritiene che la Commissione debba istruire il provvedimento e l'Aula deve essere informata, continui a dire «bravo».

PRESIDENTE. Onorevole Bruno, credo che sia un clamoroso fraintendimento.

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Abbiate pazienza, capisco perfettamente il fastidio...

PRESIDENTE. Onorevole Bruno, non voglio interpretare la collega che, se vorrà, si esprimerà direttamente, ma credo che l'apprezzamento fosse unicamente per la decisione, sulla quale lei concorda perché l'ha anticipata, di procedere comunque alle ore 15 con la votazione. Quindi, non credo che ci fossero altri aspetti.

RAFFAELE VOLPI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RAFFAELE VOLPI. Signor Presidente, il presidente Bruno è sempre molto chiaro nell'esporre le cose. Vorrei ricordare che questo provvedimento - lo dico anche ai colleghi che magari hanno dei dubbi su alcuni passaggi - crea un piccolo problema fra le forze di maggioranza. Sappiatelo che non è un problema semplicemente di formula organizzativa, ma è un problema politico che voi avete, e, quindi, al posto di battere le mani, mettetevi d'accordo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

Sull'ordine dei lavori (ore 12,34).

ALESSANDRO BRATTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO BRATTI. Signor Presidente, il 13 dicembre 2012 si è svolto a Roma un incontro tra la società Lyondellbasell Pag. 14e le organizzazioni sindacali, nazionali e territoriali, in merito ad una vicenda che riguarda un progetto di riorganizzazione che questa importante multinazionale ha presentato riguardo alle attività di ricerca nel sito di Ferrara, che è uno dei siti più importanti al mondo riguardo la ricerca sulle poliolefine. La conseguenza dell'impostazione che quest'azienda si è data comporta una riduzione del budget del 25 per cento (circa 11 milioni di euro) e un esubero, purtroppo annunciato, di circa 105 posizioni di ricercatori molto qualificati.
Le organizzazioni sindacali hanno dichiarato una netta contrarietà rispetto a questa impostazione soprattutto perché l'azienda e il gruppo hanno una notevolissima solidità economica. È un gruppo che opera in 18 Paesi del mondo e che vede in Italia un insediamento produttivo a Brindisi con 130 dipendenti, la sede commerciale a Milano con 50 dipendenti e un sito, appunto, di produzione di poliolefine catalizzatore di attività e innovazione a Ferrara con 940 dipendenti di cui 450 in ricerca e sviluppo. Quindi non è giustificata, a parere non solo delle organizzazioni sindacali, ma anche delle istituzioni locali, tale decisione.
Quindi noi riteniamo, condividendo l'impostazione delle organizzazioni sindacali, che il Paese non possa permettersi un'ulteriore perdita di attività di ricerca e innovazione, perché ciò aggraverebbe ancora di più lo stato di crisi e di deindustrializzazione che sta attraversando l'Italia, anche nel settore della chimica, dove il centro di ricerche «Giulio Natta» costituisce un patrimonio scientifico di assoluto rilievo mondiale. La Lyondellbasell ha già contribuito nel 2010 a ridurre le capacità produttive di polipropilene nel nostro Paese, con la decisione della chiusura del sito di Terni.
Signor Presidente, concludo, chiedendo a lei di intervenire presso il Ministro Passera e presso il Governo affinché si attivi nei confronti dei vertici di questa importantissima azienda multinazionale, almeno per sospendere tale operazione, in attesa anche di vedere quali siano le politiche industriali del nuovo Esecutivo che uscirà dalle prossime consultazioni elettorali, soprattutto relativamente a un comparto, quello della chimica, che rimane un settore produttivo importantissimo per il nostro Paese.

PRESIDENTE. Grazie onorevole Bratti, la Presidenza trasmetterà al Governo il senso del suo intervento.

Modifica nella composizione di un gruppo parlamentare.

PRESIDENTE. Comunico che il deputato Francesco Paolo Lucchese, proclamato in data 19 dicembre 2012, ha dichiarato di aderire alla componente politica Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud, costituita all'interno del gruppo parlamentare Misto.

Sull'ordine dei lavori e per la risposta a strumenti del sindacato ispettivo (ore 12,38).

SOUAD SBAI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SOUAD SBAI. Signor Presidente, intervengo oggi per denunciare a gran voce un fatto orribile e di gravità assoluta. Nonostante i media - tranne qualcuno - abbiano chiuso gli occhi anche su questo, in Arabia Saudita il blogger e dissidente Raif Badawi sta per essere giustiziato - tra qualche giorno - dalla Suprema corte per apostasia. Accusa fittizia che copre quella vera: aver aperto solo un blog e aver, tramite questo blog, criticato la polizia religiosa, quella polizia che ogni giorno massacra anche per le strade le donne che vanno in giro senza velo.
Il solo portale AlMaghrebiya, in italiano e in arabo, ha denunciato questo dramma e questa clamorosa quanto nascosta violazione dei diritti umani. E poi noi ci lamentiamo che l'Europa ci sanziona perché non ci occupiamo dei diritti umani e Pag. 15non abbiamo neanche una commissione né un osservatorio per i diritti umani, anche se in Aula ne abbiamo parlato sempre!
Solo l'agenzia TMnews ha avuto il coraggio di seguire la notizia e di rilanciarla, ma per il resto il silenzio assoluto. Rimango inorridita da questa omertà e non so se sia più grave la condanna a morte o il silenzio di coloro che non ne vogliono parlare. Politica e media, nessuno escluso.
Faccio appello al Ministro degli esteri Terzi, da sempre sensibile ai temi dei diritti umani, affinché si faccia promotore di un'azione internazionale a favore di questo ragazzo, che ha 22 anni e si chiama Badawi, e del rispetto del diritto di critica. Ora capisco perché veniamo sanzionati, come ripeto, non solo dall'Europa ma da tutto il mondo (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Onorevole Sbai, la Presidenza trasmetterà al Ministro Terzi il suo intervento, pregandolo di adottare le misure che riterrà necessarie.

IVANO STRIZZOLO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

IVANO STRIZZOLO. Signor Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori e innanzitutto mi associo all'appello che testé la collega Sbai ha rivolto a lei, signor Presidente, per un intervento del nostro Governo su questa drammatica situazione.
Intervengo, inoltre, per sollecitare risposta a una serie di interrogazioni che, nel corso di quest'anno e dell'anno scorso ho presentato, per chiedere l'intervento del Governo sul gruppo Poste Italiane in relazione a una carenza di servizio che si registra già da tempo in Friuli Venezia Giulia.
Si stanno chiudendo diversi sportelli postali anche in zone di difficoltà, tipo zone di montagna, ma segnalo e concludo, signor Presidente, un fatto che ha dell'incredibile: in questi giorni, nel comune di Lestizza, in provincia di Udine, Poste Italiane ha deciso di chiudere uno sportello, nonostante che il comune, con un'intesa, tra maggioranza e opposizione, sia addirittura intervenuto dal punto di vista economico per superare un problema che era intervenuto tra Poste Italiane e il proprietario dei locali in cui si svolge il servizio. Ebbene, nonostante l'intervento del comune, Poste Italiane ha deciso di chiudere lo sportello. È un fatto molto grave perché va addirittura a negare la possibilità di un intervento, di un aiuto dei comuni che vogliono garantire un servizio alla propria popolazione.
Per questo, signor Presidente, la prego di sollecitare il Governo, anche se siamo in chiusura di legislatura, a dare risposta ad almeno qualcuna delle interrogazioni che ho presentato.

IDA D'IPPOLITO VITALE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

IDA D'IPPOLITO VITALE. Signor Presidente, nella seduta del 7 dicembre scorso veniva annunziata, a mia prima firma, un'interrogazione a risposta orale indirizzata al Ministro della salute. L'imminente scioglimento delle Camere, naturalmente, lascia intendere che sarà difficile avere qui, a breve, una risposta del Ministro. Da ciò l'esigenza di sottolineare in quest'Aula, per le opportune considerazioni, la delicata questione che rappresenta il contenuto di quella interrogazione.
Mi riferisco alle difficoltà attraversate in questo momento dalla neuropsichiatria infantile. La proposta di regolamento, infatti, recante definizione degli standard qualitativi strutturali, tecnologici e qualitativi, relativi all'assistenza ospedaliera, in attuazione dell'articolo 1, comma 169 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e dell'articolo 15, comma 13, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, viene a peggiorare una situazione già drammatica, prevedendo un calo del 10 per cento dei posti attualmente disponibili.
Atteso che una stima ragionevole prevede almeno cinque posti letto di degenza Pag. 16ordinaria ogni 100 mila soggetti in fascia di età da zero a diciotto anni e che la platea dei soggetti interessati è di almeno 600 mila bambini e ragazzi, se si considerano soltanto i dati dei minori con disabilità e dei minori con disturbi specifici dell'apprendimento, forniti dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (MIUR) per l'età tre-diciotto anni, frequentanti le scuole della Repubblica, si comprende la grave e drammatica situazione in cui si getterebbe la neuropsichiatria infantile in Italia - che, peraltro, ha qui una tradizione pluridecennale di eccellenza - se venisse attuata quella riduzione del 10 per cento prevista dalla proposta di regolamento.
Da ciò, quindi, signor Presidente un appello sincero al Governo, di voler riconsiderare questa ipotesi, atteso che nella pratica sarebbe addirittura necessario un aumento del 15 per cento e non una soppressione di posti. Si tratta di questione rilevante, che attiene ad una fascia debole della nostra popolazione: i bambini con disabilità!

PRESIDENTE. Onorevole D'Ippolito Vitale, la invito a concludere.

IDA D'IPPOLITO VITALE. Credo che da quest'Aula debba levarsi forte l'appello per un'adeguata considerazione e soluzione del problema posto.

FIAMMA NIRENSTEIN. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FIAMMA NIRENSTEIN. Signor Presidente, mi sembra che quest'Assemblea non si possa esimere dal ricordare con grande senso di cordoglio l'uccisione, nel giro di due giorni, di ben 9 operatori sanitari che in Pakistan si occupavano della vaccinazione contro la poliomielite. Era stata un'azione efficace, essendo il Pakistan una delle nazioni in cui la polio è ancora diffusa, perché da 136 casi dell'anno precedente si era arrivati quest'anno a 46 casi solamente.
La follia omicida dei talebani ha ucciso soprattutto le giovani donne che, di porta in porta, vanno a portare queste iniezioni fondamentali per la vita di quelli che oggi sono i bambini e che domani dovranno essere gli adulti del Pakistan. Li si condanna, invece, con questo gesto folle e sconsiderato, alla poliomielite. È stata - come dire - «un'impresa» a favore della poliomielite quella fatta dai talebani, tant'è vero che l'Organizzazione mondiale della sanità e l'UNICEF si sono ritirati dal campo.
Questo è purtroppo quello che capita continuamente in questi Paesi dove vige questa follia estremista. Di pochissimo tempo fa è l'incendio di una scuola di Lahore, la Farooqi girls high school, con 8 mila iscritte, a cui è stato dato fuoco proprio per impedire l'educazione delle ragazze. Ci sono scuole in cui tutte le mattine l'insegnante va a verificare, tirando su l'acqua dai pozzi, che l'acqua non sia stata avvelenata durante la notte dai talebani, perché questo è quello che accade continuamente: l'acqua delle ragazze che vanno a scuola viene avvelenata per impedire loro di andare.
È una specie di onda di masochismo orripilante che investe questi Paesi in cui il peggiore estremismo ha ancora un grande potere di determinazione della vita degli individui e del loro futuro, sia nel campo della salute, sia nel campo dell'educazione e credo che tutti noi veramente - lo dico dal profondo del cuore - abbiamo il dovere assoluto di non fuggire, ma di restare e di aiutare con tutti i mezzi (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

FRANCESCO BARBATO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BARBATO. Signor deputato Presidente, intervengo per farle notare che, con l'ennesima fiducia che abbiamo sul provvedimento in oggetto, e con quella che si annuncia a seguire, ovvero sul disegno di legge di stabilità - dove tra Pag. 17l'altro non si rispettano più neanche i termini minimi ad esempio delle ventiquattr'ore che venivano consegnate ad un parlamentare per poter riflettere su come esprimere un voto di fiducia, oppure no - si ha veramente una forma di riduzione non solo della democrazia, ma soprattutto dei compiti parlamentari che ha ognuno di noi.
Ciò è vero soprattutto in merito ad un provvedimento, come quello che dovrà seguire, cioè quello sulla stabilità, dove certamente non mancano ulteriori tasse e tributi con cui infierire sui cittadini. Penso, già dal mese prossimo, alla Tares. Verrà modificata la Tarsu e si appesantirà ancora di più il carico fiscale nei confronti degli italiani, perché si chiede che vengano pagati anche i servizi quali l'illuminazione. Manca solo che si faccia pagare agli italiani l'aria che si respira.
Allora, signor Presidente, io ritengo davvero ingiusto, antidemocratico, anticostituzionale e soprattutto riduttivo o compressivo al massimo delle attività parlamentari il fatto che con un blitz, con un colpo di mano, si decida di approvare un provvedimento così importante, non solo quello di oggi, ma quello che verrà, in tempi brucianti. Sembra veramente che si stia facendo un colpo di Stato. Io non ritengo giusto muoversi con queste modalità e concludere in questo modo questa legislatura.
Anche perché non ritengo neanche che sia giusto che sia un oligopolio che decida di chiudere in questo modo la legislatura, di condurre in questo modo i lavori. In questo modo si inibisce davvero la nostra attività.
Io da parlamentare, per la verità, ho visto oggi la mia busta paga. Questa forse è una notizia che farà piacere agli italiani, perché ho visto nella mia busta paga che questo mese ho guadagnato 2.247,52 euro senza avere nessuna trattenuta per debiti, per impegni o altre cose. Anche alla luce dei 2.247 euro che mi sono stati pagati per il mio lavoro parlamentare, voglio farlo per bene.
Quindi, signor Presidente voglio stigmatizzare le modalità con le quali si sta andando avanti. I partiti sono responsabili di queste modalità perché pensano come al solito tre o quattro segretari di partito, che non solo devono nominare i parlamentari, non solo li nomineranno con questa legge scandalo...

PRESIDENTE. Onorevole Barbato, la prego di concludere.

FRANCESCO BARBATO. ...ma addirittura ci fanno «funzionare» fino alla fine così.

PRESIDENTE. Onorevole Barbato, le ricordo quello che già immagino lei sappia: porre la questione fiducia è una prerogativa che ogni Governo ha sempre avuto perché costituzionalmente prevista e la deroga alle ventiquattr'ore previste dall'apposizione della questione di fiducia all'inizio delle votazioni è ampiamente prevista dai nostri Regolamenti secondo modalità ben definite. Quindi, non c'è alcun sopruso o alcun atto che non sia rispettoso della Costituzione e dei Regolamenti.
La seduta è sospesa e riprenderà alle ore 15.

La seduta, sospesa alle 12,50, è ripresa alle 15,05.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Fallica, La Loggia, Lucà, Palumbo, Pescante e Vitali sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Pag. 18

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 15,06).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione.

(Esame dell'articolo unico - A.C. 5657)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (Vedi l'allegato A - A.C. 5657).
Avverto che le proposte emendative presentate sono riferite agli articoli del decreto-legge (Vedi l'allegato A - A.C. 5657).

GIANCLAUDIO BRESSA, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA, Relatore. Signor Presidente, questa mattina nella relazione avevo fatto presente come all'articolo 1 ci fosse un problema di una certa delicatezza politica che in qualche modo avrebbe condizionato il senso di questo decreto-legge.
Come l'Assemblea sa e come lei sa, signor Presidente, questo è un provvedimento che ha due relatori: io e il collega Calderisi. È accaduto, durante il Comitato dei nove, che su alcuni emendamenti, in particolare l'emendamento Abrignani 1.55, i pareri dei due relatori fossero contrastanti (il mio parere contrario e il parere del collega Calderisi favorevole). Poiché si tratta di una questione per noi - a questo punto parlo come Partito Democratico - politicamente dirimente, il fatto che la Commissione abbia dato parere favorevole - cosa perfettamente legittima, perché la libertà di espressione dei pareri da parte delle forze politiche è assolutamente fuori discussione - per noi diventa politicamente inaccettabile che i relatori siano entrati in rotta di collisione su una questione che avevamo segnalato essere decisiva politicamente.
La cosa poi è particolarmente grave perché, per la prima volta, in un decreto-legge che definisce le modalità con cui dovremmo andare al voto e le modalità con cui si raccolgono le firme, si cerca di modificare la possibilità della raccolta delle firme esonerando alcune forze politiche una volta che il decreto-legge è già stato pubblicato; quindi, a discussione in corso, si modificano le condizioni per cui il favore dell'esonero dalla raccolta delle firme viene garantito stabilendo, senza nessuna logica e senza nessun criterio, arbitrariamente alla data del 20 dicembre - cioè oggi - la possibilità che qualcuno possa essere escluso dalla raccolta delle firme.
Questa non è più nemmeno una norma fotografia, questa è una vera e propria cortesia politica fatta a qualcuno, è un vero e proprio regalo politico fatto a qualcuno. Siamo sotto Natale, ma i regali li porta Babbo Natale, non li deve fare questo Parlamento.
Poiché si è trattato di una cosa, dal nostro punto di vista, molto grave e assolutamente non accettabile, rassegno le dimissioni da relatore (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

GIUSEPPE CALDERISI, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CALDERISI, Relatore. Signor Presidente, nella relazione che ho svolto questa mattina ho già sottolineato che il Governo è intervenuto con un decreto-legge in materia elettorale, senza avere prima acquisito un consenso tendenzialmente unanime, come è sempre avvenuto in passato quando si è trattato, da parte del Governo, di emanare un decreto-legge in materia elettorale della stessa natura di quello oggi al nostro esame. Pag. 19
Non avere verificato prima il consenso significa, in qualche modo, rinviare alla sede parlamentare la ricerca di questo consenso, cosa molto difficile, non c'è ombra di dubbio. Ma voglio ricordare che il decreto-legge sarebbe dovuto essere solo un provvedimento per la riduzione del numero delle sottoscrizioni da raccogliere per i soggetti non esentati in base alla legge previgente, rispetto al decreto-legge, perché c'è uno scioglimento delle Camere anticipato di qualche mese rispetto alla scadenza naturale. Non si era affatto parlato di un'esenzione ulteriore rispetto ai soggetti già previsti dalla legge in vigore.
Per cui, se si deve introdurre questa fattispecie di una nuova esenzione, non può essere - questo sì - un regalo fatto solo a qualcuno - cosa che ha fatto il Governo -, ma deve essere qualcosa che evidentemente trovi un consenso più ampio: evidentemente, o questo consenso più ampio si trova, oppure siamo nella situazione in cui ci troviamo.
In Commissione, così come in Parlamento, si vota sui testi e, a maggioranza, è stato espresso parere favorevole su un emendamento. Quindi, è sorprendente che ci sia questa posizione da parte del collega Bressa, perché, se non c'era il consenso, bisognava fermarsi prima e ricercarlo. Noi siamo per ricercare il consenso, oppure - lo ripeto - il problema del decreto-legge è a monte, perché è il decreto-legge stesso che è intervenuto con una fotografia di parte, con un criterio assolutamente discrezionale e arbitrario e con una norma, quella della lettera c), che è assolutamente inapplicabile, se non attraverso delle applicazioni assolutamente forzate.
Questa è la situazione. Noi siamo comunque per andare avanti perché siamo in Parlamento, si vota e si procede con le votazioni, ma siamo disponibili a ricercare quell'intesa ampia: o si trova quest'intesa ampia, oppure - lo ripeto - siamo qui, ma come relatore non mi dimetto e credo che il Parlamento debba procedere.

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Signor Presidente, inviterei il collega Bressa a rivedere la sua posizione. Mi rendo conto che la sua è una posizione politica, non certamente tecnica, perché conosce meglio di tutti - credo - o quanto gli altri il Regolamento. C'è stato un voto, il voto era ponderato ed è passato questo emendamento.
Io credo che l'Assemblea sia sovrana. Noi dobbiamo finire di svolgere il nostro lavoro, che è un lavoro che ci ha appassionato, anche se in sole ventiquattro ore, perché l'argomento merita tutta l'attenzione.
Quindi, mi sento di chiedere al collega Bressa a nome mio - ma credo anche di interpretare il pensiero di tutta la Commissione - di rivedere questa sua posizione, di rimettersi al tavolo dei nove e di affrontare con molta serenità il voto dell'Aula. Abbiamo sempre detto - e forse ci siamo riempiti la bocca - che l'Aula è sovrana. Questo è il momento in cui tutti, sia se passerà l'emendamento, sia se non dovesse passare, dobbiamo chinare la testa rispetto alla volontà che quest'Assemblea andrà ad esprimere.
Quindi, veramente, in maniera accorata, invito il collega Bressa a rivedere questa sua personale posizione.
Detto questo, noi, come Commissione, siamo pronti ad esprimere i pareri che sono emersi dal voto della Commissione. Per cui, non ci sarà la dichiarazione fatta da un relatore o dall'altro, ma ci sarà, in questa sede, il voto che la Commissione ha espresso.

PRESIDENTE. Colleghi, ci sono alcune richieste di intervento su questo punto. Vi chiederei di farmi terminare, perché ci avviamo verso un dibattito extra ordinem, per la verità. È normale che venga data la parola ai relatori e al presidente, ma per proseguire con un eventuale dibattito su questo punto, vi chiederei di farmi completare la lettura dello speech. Poi darei la parola a tutti quelli che l'hanno chiesta sull'ordine dei lavori - perché è un po' anomalo -, altrimenti dovrei poi consentire che i colleghi parlino sul complesso Pag. 20degli emendamenti, ma ritengo che sia meglio dare la parola sull'ordine dei lavori, se mi consentite di terminare la lettura dello speech di apertura di questo provvedimento.
La V Commissione (Bilancio) ha espresso il prescritto parere, che è distribuito in fotocopia (Vedi l'allegato A - A.C. 5657). Tale parere reca una condizione, ai sensi dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione, che è contenuta nel fascicolo degli emendamenti e che sarà posta in votazione ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento.
Avverto che prima dell'inizio della seduta gli emendamenti Abrignani 1.54, Favia 1.13 e Beccalossi 1.41 sono stati ritirati dai presentatori.
Avverto, infine, che la Presidenza non ritiene ammissibili, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 7, del Regolamento, in quanto non strettamente attinenti alla materia del decreto-legge in esame, le seguenti proposte emendative, già dichiarate inammissibili in sede referente: Favia 1.35, che interviene sulla legge n. 352 del 1970 in materia di referendum abrogativi; Maurizio Turco 1.03, che apporta modifiche a regime alla disciplina generale sull'autenticazione delle sottoscrizioni delle liste elettorali (al riguardo si fa presente che il decreto in esame reca interventi limitati alle elezioni politiche del 2013); Narducci 3.01 e 3.02, nonché l'analogo Gianni Farina 3.050, che recano modifiche, sempre a regime, alla procedura ordinaria per l'esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all'estero.
A questo punto, darei la parola sull'ordine dei lavori a chi faccia richiesta di intervenire sull'argomento introdotto dalle dimissioni da relatore del collega Bressa.

IGNAZIO LA RUSSA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, mi unisco alla sollecitazione del presidente della Commissione per invitare il collega del Partito Democratico, Bressa, a rivedere la propria posizione, ma voglio, nel frattempo, tranquillizzarlo.
Io non so a chi si riferisse. Se immaginava che questa norma in questo decreto-legge potesse essere un «regalo», effettivamente il decreto-legge un regalo è! Effettivamente il decreto regala la possibilità, per tutti, del dimezzamento delle firme, anche ove lo scioglimento avvenisse solo trenta giorni prima. Effettivamente, il decreto fa un regalo a chi ha un gruppo alla Camera e non lo ha al Senato. Effettivamente, il decreto fa un ulteriore regalo a chi si è fidato, in buona fede - lo dico al sottosegretario presente - della parola del Governo - mai fidarsi dei tecnici... - che non sarebbe mai stato cambiato quel testo e che, quindi, era inutile costituire un gruppo due o tre giorni fa.
Invece, è arrivato un decreto-legge che modifica il testo originariamente previsto. Io ce l'ho, io ce l'ho! Me lo ha mandato cortesemente un componente del Governo. Su quel testo ho fatto affidamento. Poi, evidentemente, gente che aveva bisogno di regali ha fatto cambiare quel testo. Pertanto, la gente che si era fidata e non ha costituito il gruppo viene svantaggiata rispetto a quelli che hanno ricevuto il regalo nei giorni precedenti, sapendo che potevano fare una cosa piuttosto che un'altra. È vero che è un po' politichese, è vero che sto parlando per chi ha orecchie ed intenda, ma Bressa ha orecchie per intendere e può intendere!
Quindi, la prego, onorevole collega Bressa, di considerare con amicizia e cortesia - se posso permettermelo - queste parole, avvertendo che almeno chi parla (Commenti di deputati del gruppo Partito Democratico)... Qual è il problema, collega? Ripeti, non ho sentito! Se c'è qualcosa, il Presidente può autorizzarla, per me, anche ad interrompermi...
Pertanto, il problema, per quanto mi riguarda, non esiste, anche perché, se si vuole raccogliere le firme, purché vi sia il tempo, è anche un esercizio di propaganda e di militanza. Io ho sempre invitato a farlo e, in ogni caso, anche se la legge non lo rendesse obbligatorio, sarà fatto. Però, Pag. 21Presidente, la prego di credermi se le dico che questo decreto-legge, così come è, non può nascere.
È un'ingiustizia, è una truffa, è un venir meno di parola e - questo sì - un indebito regalo a qualcuno a danno di altri, e non solo a danno di chi è qui in Parlamento, ma a danno di altre formazioni politiche che hanno gruppi regionali cui era stato detto che bastava avere un gruppo regionale per essere esentati dalle firme. Parlo del gruppo di Grillo e parlo de La Destra. Non faccio finta di non sapere le cose. Al gruppo di Grillo e al gruppo de La Destra è stato detto ed è stata mandata una bozza di testo con l'esenzione se avessero avuto un gruppo regionale. Quelli, collega Bressa, sono i regali.
Allora, mi pare che il regalo sia rimasto solo per chi, in qualche regione d'Italia, è alleato con il Partito Democratico, mentre a chi non è alleato con il Partito Democratico non è stato fatto nessun atto di giustizia. Per quanto mi riguarda, cercherò di non far passare questo decreto-legge, qui e al Senato (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, penso che, al di là delle questioni di carattere regolamentare per cui il collega Bressa giustamente ha dovuto rassegnare le proprie dimissioni, siamo in presenza di un ulteriore strappo che è stato realizzato nel corso della discussione in Commissione e nel Comitato dei nove: cioè, il fatto che si sia ribaltata, non già una maggioranza coesa, ma certamente una maggioranza che, sino a oggi, anche in Commissione affari costituzionali, ha compiuto passi che sono stati concordati e mediati, frutto anche di compromessi.
Attorno ad una materia come questa, i compromessi si possono fare, ma non si possono rompere e calpestare i principi fondamentali sulla base dei quali questa Repubblica e questa democrazia devono vivere. Infatti, signor Presidente, qui non si tratta, come ha detto il collega La Russa, di un decreto-legge che fa regali. Qui c'è un decreto-legge per il quale il Governo ha dovuto prendere atto che non c'erano più le condizioni attraverso le quali si potessero realizzare le elezioni in uno stesso momento, per quanto riguarda le politiche nazionali e le regionali.
Voglio ricordare qui che c'era un impegno solenne, preso di fronte alle diverse alte istituzioni dello Stato, da parte di altri gruppi politici - una volta che si era realizzato lo strappo, qui, da parte del Popolo della Libertà, di mandare a casa un Governo tecnico -, per cui, rispetto al 10 marzo, che era già una data di voto anticipato, c'è stata un'ulteriore richiesta di anticipo e poi una richiesta di posticipo.
Siamo in presenza di un gruppo parlamentare che è fatto di tanti sottogruppi che si stanno preparando a diventare gruppi e partiti all'interno di una meteora, che si andrà a definire, ma attraverso che cosa? Si andrà a definire - credo, signor Presidente - attraverso delle regole che valgano per tutti. Per cui, se si devono raccogliere delle firme, queste devono essere raccolte da tutti. Se queste firme devono essere raccolte in breve tempo, è giusto che il Governo preveda il dimezzamento, è giusto che si preveda la riduzione, e così via. Ma non è possibile, signor Presidente, che si preveda, attraverso un golpe - che è quello che si sta per realizzare, che è peggio di una legge ad personam elevata all'ennesima potenza -, che entro stasera, se il decreto-legge venisse approvato, si possa costituire un gruppo di venti persone o altri gruppi di venti persone alla Camera dei deputati che non debbano raccogliere le firme nel corso di questo breve lasso di tempo che ci separa dall'inizio della campagna elettorale vera e propria e dall'indizione dei comizi.
Signor Presidente, qui non c'è solo un problema di Regolamento, qui c'è un problema di principio e di comportamento leale tra forze politiche che, seppure certamente agli opposti, hanno sinora, o fino Pag. 22a poco tempo fa, anche collaborato con il Governo. C'è un problema di lealtà delle forze politiche nei confronti dello stesso Governo. C'era e c'è la necessità di trovare una soluzione probabilmente assai diversa da quella che emerge.
Ora, signor Presidente, quando si ribaltano le condizioni perché i relatori vengono a trovarsi in una condizione esattamente opposta rispetto a quella iniziale, per la quale erano stati incaricati anche dalla Presidenza della Commissione - quindi, signor Presidente, siamo in presenza di una nuova situazione -, dovremmo prenderne atto attraverso il voto ponderato, si dice, senza nemmeno arrivare eventualmente ad una discussione in Aula, per capire quale possa essere questa ponderazione. Cosa hanno ponderato? Signor Presidente, nel PdL si stanno determinando le condizioni perché vi sia la nascita di quattro, cinque e non so quante altre forze politiche. Non so neanche quante andranno in coalizione tra loro. Allora, cosa volete ponderare? Ponderate La Russa, ponderate altri, ponderate Berlusconi, cosa ponderate? Siamo seri, diamo un esempio serio, un esempio di serietà, in questi ultimi giorni di lavoro, ai nostri cittadini!
Ecco perché oggi diciamo a tutti coloro che siedono in quest'Aula che vi sono ancora le possibilità di evitare ciò che si sta facendo. Lavoreremo fino in fondo perché la maggioranza, in questo Parlamento, respinga quell'emendamento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)!

RAFFAELE VOLPI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RAFFAELE VOLPI. Signor Presidente, per prima cosa vorrei chiedere al collega Bressa di tornare al tavolo del Comitato dei nove e riprendere il suo incarico di relatore.
Sarò molto breve. Al di fuori di qualsiasi ambiguità, voglio chiarire la posizione del nostro movimento e quella che sarà la sua espressione attraverso il suo gruppo parlamentare. Fuori dalla Commissione, e quindi nella sovranità dell'Aula, voteremo contro gli emendamenti volti a facilitare alcune situazioni, come quello licenziato dal Comitato dei nove. Voglio essere assolutamente chiaro su questo punto: con il nostro voto contrario a quell'emendamento rappresenteremo gli indirizzi della Lega Nord Padania (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PINO PISICCHIO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PINO PISICCHIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei fare una premessa metodologica. Quest'oggi siamo alle ultime battute, agli ultimi minuti, nella zona Cesarini, della legislatura, e stiamo esaminando un provvedimento che non è poca cosa, in quanto riguarda le regole del gioco. Allora dobbiamo costruire le pre-regole per affrontare questa questione fondamentale.
Credo che una prima regola debba essere quella secondo cui tutti dobbiamo accettare l'idea che su questo provvedimento non possa porsi una questione politica, perché si tratta di una questione che riguarda i principi sui quali non si transige e non può esservi un'edulcorazione, una modificazione, in ragione di orientamenti di partito.
Sulla base di una seconda considerazione, la ratio del provvedimento in oggetto è dettata, suggerita, indicata, accolta, in ragione di un impulso proveniente dalla più alta carica dello Stato, il Presidente Napolitano, che indicava la necessità di adoperarsi affinché questa partita elettorale fosse contendibile, ossia affinché possa partecipare a questa vicenda elettorale il maggior numero degli attori possibili.
Onorevoli colleghi, direi che vi è una cosa che dobbiamo evitare, ossia che la pubblica opinione immagini che questa partita si faccia per creare qualche ragione esimente, qualche esonero, per gli addetti ai lavori, per chi già c'è. Pag. 23
Credo che l'interpretazione più seria, più coerente, più pulita, possa essere quella legittimata dall'intervento iniziale - peraltro si era creata anche una forma di misunderstanding sul significato di questo decreto-legge -, ossia la riduzione del numero delle firme per tutti, tutti coloro che intendono partecipare alla partita elettorale.
Perché questo è il senso dell'intervento attraverso il decreto-legge, altrimenti diventa un decreto-legge non ad personam, ma diventa un decreto-legge «ad partitum,» e francamente non va bene, altrimenti diventa una operazione tutta interna alle nomenclature e non va bene manco questo. Giova ricordare - finisco, Presidente, ringraziandola per l'opportunità che mi ha dato - che a normativa vigente, rispetto al tetto di 120 mila firme necessarie per poter presentare, in caso di scadenza naturale, le liste in tutto il Paese, se si realizzano elezioni anticipate di centoventi giorni dalla scadenza naturale prevista, già c'è un taglio del 50 per cento. Allora è evidente che se un elemento innovativo debba essere considerato da parte di questo intervento, da parte di questo decreto-legge - altrimenti francamente non si capisce qual è la ragione per cui viene messo in campo - tale elemento deve riguardare questo aspetto: rendere ancora più contendibile il confronto e l'obiettivo della rappresentanza e del Governo del Paese.
Questo direi come premessa metodologica, altrimenti quest'oggi costruiremo una complessa e anche ingiusta, non accettabile, contesa intorno a risultati possibili che possano sgravare solo alcune posizioni, lasciando agli altri soltanto l'ipotesi di una contesa con tutti i rischi di una campagna elettorale che peraltro si svolgerà in un lasso di tempo brevissimo, inusitatamente molto, molto breve (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alleanza per l'Italia).

SILVANO MOFFA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SILVANO MOFFA. Signor Presidente, intervengo adesso perché è chiaro che stiamo discutendo sul primo emendamento e, avendo ascoltato anche il collega Pisicchio, credo che sia opportuno intervenire ora, perché non c'è dubbio che qui stiamo parlando di tecnica elettorale e di liste, e quindi di correlate firme per presentare tali liste, e non c'è dubbio che la questione (qui divergo un po' dalle considerazioni di Pisicchio) sia squisitamente politica, perché non possiamo nasconderci dietro un dito: è evidente che oggi aleggia qui la preoccupazione su quelle che sono le questioni politiche che sono sul tappeto. E voglio ricordare ai colleghi che questo decreto, che presenta molte incongruenze e che anche dal punto di vista tecnico non è assolutamente ben fatto, dà la stura anche ad altre analisi, ad altre sottolineature, e anche ad altre preoccupazioni, perché qui non c'è dubbio che noi ci troviamo di fronte anche a situazioni non meglio definite. C'è chi parla di candidature per procura e quindi anche di possibili discese in campo rispetto a liste che si devono ancora comporre. Allora il problema è squisitamente politico. Io mi ero permesso di avanzare all'interno della I Commissione (Affari costituzionali) una proposta che fosse di assoluto equilibrio rispetto a chi è fuori dal Parlamento e deve essere messo nelle condizioni migliori per poter partecipare ad una competizione (quindi con senso di grande liberalizzazione), e a chi invece, stando nel Parlamento, ha costituito nel corso del tempo anche dei gruppi in base a Regolamenti parlamentari, non in base a cose che non hanno una loro consistenza dal punto di vista giuridico-regolamentare.
E avevo suggerito ieri che il punto di equilibrio poteva essere, da un lato la fotografia dello status quo, di quello che oggi il Parlamento rappresenta, anche per quello che è accaduto nel corso di questa legislatura, come fotografia dei gruppi parlamentari che si sono regolarmente costituiti e, dall'altro lato, come elemento di riequilibrio, l'abbattimento, per il massimo possibile, del numero delle firme necessarie per presentarsi alle elezioni politiche. Pag. 24Mi sembrava che questo fosse un punto ragionevole sul quale incontrare il consenso dei colleghi. Vedo e constato che, in questo momento, ci si sta trincerando in una battaglia che rischia di mantenere in piedi quello che è un decreto-legge assolutamente non digeribile, che entra a gamba tesa, alterando le situazioni in una competizione elettorale, tra l'altro, molto delicata e molto particolare.
Allora io mi permetto di richiamare, soprattutto i partiti maggiori, alla loro capacità di trovare un punto di intesa, un equilibrio, per evitare che questo diventi uno scontro che alimenterà ancora di più la disaffezione nei confronti della politica. Noi oggi siamo di fronte ad un bivio; dobbiamo avere la forza e il coraggio di trovare un punto di intesa e credo che quegli elementi che sono stati prospettati possano esserne alla base.

PIERLUIGI MANTINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Chiedo scusa, onorevoli colleghi: a chi mi chiede intervenire, ricordo che se c'è già stato un intervento di un collega dello stesso gruppo, non è possibile. Ciò vale per i gruppi e per le componenti politiche del gruppo Misto. Prego, onorevole Mantini, ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, questo decreto-legge è delicato e sono un po' preoccupato anche per alcuni toni che, forse, non si addicono esattamente alla conclusione della legislatura. Noi dell'Unione di Centro abbiamo ricercato soluzioni che siano, non solo ragionevoli, ma anche condivise da una larga maggioranza. C'è poco da fare, questa è la sostanza del problema. In Commissione abbiamo svolto dei lavori un po' concitati. L'obiettivo di fondo è quello di trovare un giusto equilibrio tra la raccolta delle firme come segno di un accesso alla democrazia rappresentativa che non sia improvvisato, ma figlio di una certa solidità e di una certa presenza e, invece, l'evitare una soglia troppo alta che, tanto più in caso di elezioni anticipate e, quindi, di una procedura democratica necessariamente ristretta a pochi giorni, comporterebbe una soglia di esclusione per una serie di soggetti. Tra questi due estremi dobbiamo trovare un punto di equilibrio. Ci siamo riusciti o non ci siamo riusciti nei lavori di Commissione, mi sembra che sin qui vi siano state troppe posizioni parziali, anche un po' troppo puntigliose, e sia mancato uno sguardo di insieme. Veniamo in Aula, quindi, con alcuni voti fatti, però anche con un serio desiderio da parte nostra di superare le asperità e di trovare appunto una soluzione che concili queste due esigenze.
Nel 2008 c'era la regola, forse ritenuta troppo tenue, del riferimento ai due parlamentari eletti. Ora stiamo procedendo ad una riduzione delle firme per i gruppi già rappresentati; forse, un giusto punto di equilibrio, accennato anche non formalmente dal Governo nei lavori di Commissione, è quello della rappresentanza attraverso un gruppo almeno in uno dei due rami del Parlamento. Ci sembrava quella la soluzione più equilibrata, tuttavia se ne possono trovare altre, l'importante è che non si generi uno scontro alla Camera, oppure una finta maggioranza alla Camera per rimettere in discussione, su una materia delicatissima qual è questa, il risultato conseguito al Senato.
Quindi io mi fermo qui, dichiarando la piena nostra disponibilità a trovare soluzioni diverse e anche più avanzate di quelle fin qui prodotte.

CARMELO BRIGUGLIO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CARMELO BRIGUGLIO. Signor Presidente, intanto vorrei pregare il collega Bressa in qualche modo di rivedere la sua decisione, che comunque rispettiamo, e di tornare nelle sue originarie funzioni di relatore, perché ne abbiamo bisogno, perché ha svolto con grande scrupolo il suo ruolo.
Credo che l'intervento del Governo con questo decreto-legge - ancorché, come Pag. 25dirò, imperfetto nel testo - sia stato opportuno, e noi lo apprezziamo.
Io dico subito qual è la nostra linea: la linea è quella del Presidente della Repubblica, cioè quella di favorire con tutti i mezzi la maggiore partecipazione possibile alla competizione elettorale. Diciamo che la motivazione di fondo di questo provvedimento del Governo in materia elettorale, e a qualche mese dalla stessa competizione elettorale, è quella di fare in modo che la platea dei soggetti che partecipano alle elezioni sia la più ampia possibile. Certo non è che l'abbiamo votata noi o questo versante politico soltanto la norma del 2008, quella che disciplinava - e ha ragione il collega Mantini - le elezioni politiche del 2008, che limita e che dà la possibilità a tutti i partiti e movimenti politici rappresentati nel Parlamento italiano e al Parlamento europeo con soli due parlamentari, di essere esenti dall'obbligo di sottoscrizione delle firme. Credo che c'eravamo un po' tutti, magari a parti invertite, ma questo è il precedente che noi oggi troviamo nella legislazione.
Personalmente non troverei nulla di scandaloso se si riadottasse quel testo su cui al tempo vi fu una convergenza da parte di tutto il Parlamento. Questa è la nostra linea.
Dopodiché, per gradi successivi e non nell'ottica della casta delle caste, per cui chi è in Parlamento deve avere il massimo dell'esenzione e chi è fuori facciamo in modo che abbia il massimo delle difficoltà per raccogliere le firme, ma gradualmente, tutte le altre disposizioni e tutti gli altri emendamenti che vanno via via anche allontanandosi di poco da questo principio base, noi siamo d'accordo che vengano accolti: così quello della costituzione dei gruppi parlamentari all'atto della conversione in legge di questo decreto, così quello all'atto dell'entrata in vigore di questo decreto.
Siamo disponibili a che ci sia per tutti anche un abbattimento più sensibile, più grande rispetto al 60 per cento, ma di molto, previsto in atto dal decreto. Io non credo che si possa pensare di poter acquisire il consenso degli italiani, soprattutto in questo momento - e stiamo attenti a non fare operazioni boomerang, di chi pesca nel disagio della politica - blindandoci e impedendo o ostacolando coloro i quali si presentano: movimenti politici nuovi, partiti politici, gruppi parlamentari che nel corso di questa legislatura si sono consolidati e sono una realtà politica riconosciuta nel Paese. Comunque - e concludo - chiunque voglia avere accesso alla partecipazione politica ed elettorale in questo Paese, non si può blindare con norme che sono assolutamente irragionevoli e contrarie ai principi che ha espresso lo stesso Capo dello Stato (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il terzo Polo e di deputati del gruppo Partito Democratico).

GIORGIO CLELIO STRACQUADANIO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIORGIO CLELIO STRACQUADANIO. Signor Presidente, il collega Briguglio ha appena ricordato il precedente giuridico del 2008 e lo ha proposto come la migliore delle vie d'uscita da questa impasse in cui ci troviamo e in cui è evidente che non è possibile arrivare ad un serio confronto elettorale che non sia avvelenato da queste polemiche. Alle considerazioni che ha svolto il collega Briguglio, vorrei aggiungerne alcune, che, nel momento in cui il decreto del 2008 venne fatto dal Governo Prodi, non erano presenti nello scenario politico e parlamentare.
Signor Presidente, fino a due settimane fa, cioè fino al momento in cui il segretario del PdL, in quest'Aula, manifestasse la sfiducia nei confronti del Governo, avevamo la riforma della legge elettorale in Aula al Senato; cioè, eravamo in una condizione nella quale non era possibile neanche pensare a come predisporre la presentazione delle liste, perché non era chiaro e non era determinato con quale legge e con quali dispositivi elettorali saremmo andati al voto di qui a qualche settimana. Ed era evidente che tutte le forze politiche presenti in Parlamento o Pag. 26presenti fuori non potevano che aspettare l'esito di quel dibattito. Questa è una considerazione che andrebbe fatta, visto che quindici giorni non erano certo sufficienti per nessuno per predisporre una massiccia raccolta di firme, come la normativa prevede, in assenza di una norma di deroga.
Ma non solo questo. All'epoca, i gruppi politici presenti in Parlamento e i singoli esponenti che presentarono e approvarono quel testo - e sono gli stessi presenti qui - erano ben consci che le forze che si sarebbero confrontate - coalizioni e singoli gruppi - sarebbero stati gli stessi che erano già presenti in Parlamento. Cosa intendo dire? Che il quadro politico del Paese coincideva ampiamente con il quadro delle forze politico-parlamentari e che, quindi, quell'esonero, che era previsto dalla legge, avrebbe consentito, senza un ulteriore allargamento, a quelle forze di presentarsi. Ebbene, quelle forze, allora, ebbero l'intelligenza di capire che andava data la massima libertà di presentazione, predisponendo che solo due parlamentari nazionali o due parlamentari europei fossero titolari del diritto di presentare liste elettorali con esonero dalle firme.
Ebbene, oggi siamo in presenza di un quadro politico in cui le forze parlamentari non rispecchiano più quello che è presente nel Paese. I gruppi che sono presenti, che si affacciano alla competizione elettorale e che sarebbero costretti a raccogliere le firme, appaiono essere molti di più e molto più significativi di quanto non fossero nel 2008. Mentre nel 2008 il Parlamento ebbe l'intelligenza di aprire alla massima disponibilità dei partiti presenti e non presenti in Parlamento la possibilità di presentare liste, oggi, appare come se i gruppi si trincerassero dietro questa possibilità e cercassero di ostruire altri e di creare inciampi ad altri perché non si presentino.
Pertanto, io vorrei da tutti un supplemento di riflessione, perché ciascuno non persegua il proprio interesse di fazione o di piccolo gruppo, ma si persegua un interesse generale, che è quello di allargare al massimo la possibilità di partecipare alla competizione; ciò tenuto conto che la legge elettorale vigente, ponendo soglie all'ingresso nel Parlamento, è essa stessa a fare il filtro al fatto che se una forza è rappresentativa può concorrere alla determinazione dell'indirizzo politico del Paese eleggendo suoi rappresentanti; e non è nel momento in cui si deve accedere alla possibilità di competere che si devono porre ostacoli o blocchi.
Signor Presidente, noi rischiamo di avere una polemica durissima da parte dei gruppi che non sono presenti e che vogliono concorrere perché sarà facile dire, da parte loro, che la casta si trincera dietro le sue prerogative e si asserraglia nel palazzo, perché solo il palazzo può presentare le liste. Di fronte a questo rischio, anche il Governo dovrebbe valutare che, nella sua caratteristica di Governo tecnico e quindi terzo rispetto a tutti gli eventi che ho descritto e alle elezioni, non dovrebbe porre ostacoli ma dovrebbe rimuoverli così come ha chiesto il Capo dello Stato (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sul complesso degli emendamenti l'onorevole Iannaccone. Ne ha facoltà.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, avevo chiesto la parola per un intervento sulla questione che era oggetto del dibattito e non specificamente sul complesso degli emendamenti. Adesso, chiaramente, sommerò un intervento all'altro.
Voglio riprendere parte dell'intervento che ho sviluppato in Commissione; queste elezioni si tengono anticipatamente, c'è stata una corsa frettolosa a chiudere la legislatura per evitare che si potesse approvare una modifica della legge elettorale che consentisse agli elettori, ai cittadini, di scegliere i propri rappresentanti attraverso la preferenza.
Un Governo che noi abbiamo combattuto perché non ha fatto gli interessi degli italiani, perché ha portato avanti scelte di politica economica recessive che hanno impoverito il nostro Paese, lo hanno messo Pag. 27in ginocchio e lo hanno reso subalterno ad altre nazioni europee che vogliono mortificare il nostro Paese, decide di accorciare la legislatura senza essere mai stato sfiduciato, senza che questo Parlamento, la Camera dei deputati o il Senato, abbia mai bocciato un provvedimento del Governo stesso; tutto ciò, evidentemente, per inseguire interessi che non appartengono agli interessi generali dell'Italia.
Allora, un Parlamento che non è riuscito a modificare una legge elettorale che invece era un obiettivo che si aggiungeva a quelli che questo Governo voleva raggiungere, approva un decreto-legge che crea altri problemi. Noi corriamo il rischio, onorevole Presidente, che, se non si dovessero apportare modifiche incisive a questo decreto-legge, il clima già pesante che si respira nel Paese possa diventare un clima torbido, un clima che veda i cittadini ancora più frustrati rispetto alla possibilità di esprimere democraticamente la loro volontà. Allora, prima di procedere, prima di andare verso il precipizio, noi chiediamo una pausa di riflessione. Voglio rifarmi ad alcuni degli interventi che, molto lucidamente, i colleghi che hanno parlato prima di me hanno svolto: occorre garantire il massimo di partecipazione a chi è già presente in quest'Aula in maniera significativa o attraverso parlamentari che hanno individuato delle opzioni politiche anche all'esterno di quest'Aula o per la presenza di gruppi parlamentari anche in uno solo dei due rami del Parlamento o per la presenza di componenti politiche che vengono riconosciute dal Regolamento della Camera dei deputati.
Non ci sono componenti di «serie A» e di «serie B», come invece prevede questo decreto-legge. Ci sono componenti parlamentari che, al pari dei gruppi, hanno prerogative e devono poter essere esonerate qualora decidessero di partecipare alla competizione elettorale con proprie liste. E ci sono, io ritengo, i margini per arrivare ad una conclusione positiva: è sufficiente accogliere quegli emendamenti che ampliano la partecipazione e, per i movimenti esterni al Parlamento, ma che hanno già una consistenza evidente attraverso altri appuntamenti elettorali che ci sono stati, fare in modo che questi possano essere agevolati attraverso un'ulteriore e significativa riduzione del numero delle firme che si devono raccogliere per presentare le liste. Allora, noi facciamo un ulteriore appello al Governo, per evitare che, oltre che votare con il «porcellum», ci sia un decreto «porcata» che mortifichi la democrazia del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Autonomia Sud-Lega Sud Ausonia-Popoli Sovrani d'Europa).
E chiediamo al Governo, visto che ci sono già precedenti che hanno favorito la partecipazione e che hanno svelenito il clima pre-elettorale, di accogliere quegli emendamenti che consentano a coloro che si sono organizzati in un gruppo parlamentare, anche in uno solo dei rami del Parlamento, di non raccogliere le firme, così come alle componenti politiche del gruppo Misto ed anche a due parlamentari di questo ramo o dell'altro ramo del Parlamento, o a due parlamentari europei, di presentarsi alle elezioni con liste che non debbano raccogliere le firme.
Signor Presidente, noi abbiamo avuto il paradosso che il Ministro dell'interno, presente in Commissione, ha svolto un intervento che è stato contraddetto dai successivi comportamenti del Governo, e quell'intervento ha anche fuorviato il dibattito, perché molti di noi che sono intervenuti non hanno evidenziato i rischi per la nostra democrazia che questo decreto-legge ci fa correre. Allora noi voteremo tutte quelle proposte emendative che vanno nella direzione di favorire al massimo la partecipazione. Certo, non alimentando la confusione, non alimentando un eccessivo frazionamento, ma ci appelliamo all'intelligenza degli elettori: i partiti nascono nelle urne e quindi saranno gli elettori, con il loro voto, a determinare quali dovranno essere le forze politiche ad essere ancora presenti in quest'Aula. Ma non alteriamo la partita ancora prima che cominci (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Autonomia Sud-Lega Sud Ausonia-Popoli Sovrani d'Europa).

Pag. 28

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pisicchio. Ne ha facoltà.

PINO PISICCHIO. Signor Presidente, intervengo non per rendere manifesta ai miei collegi una passione personale per le regole elettorali - cosa che, peraltro, mi permetto di coltivare in sede di ricerca -, ma solo perché ritengo che su questo provvedimento sia necessario fare un'operazione di massima razionalità. Vorrei ricordare a tutti i colleghi e al Governo, naturalmente, ma anche ai colleghi parlamentari, qual è stata la regola con la quale si sono celebrate le elezioni nel 2008. Testualmente - l'ho sotto gli occhi perché è parte del testo di uno degli emendamenti presentati da altri colleghi -, si diceva che «nessuna sottoscrizione è richiesta per le liste rappresentative di partiti o gruppi politici presenti nel Parlamento con almeno due parlamentari, ovvero presenti con due parlamentari al Parlamento europeo alla data di entrata in vigore del presente decreto».
Questa è la regola con cui si è svolta l'elezione del 2008, la regola che ha legittimato la presenza di noi tutti in quest'Aula e dei nostri colleghi nell'Aula di Palazzo Madama. Allora mi pongo una domanda, a fronte di questa impostazione e a fronte anche - lo ricordavo prima - della regola vigente, e vale a dire che, se esiste una elezione anticipata (tecnicamente anticipata, perché di fatto la legislatura spira nella sostanza nel tempo giusto), vi è l'abbattimento del 50 per cento delle sottoscrizioni necessarie per presentare le candidature alla Camera ed al Senato.
Questa è la legislazione vigente, ma a fronte di questi due elementi, mi domando: qual è la logica del decreto? È la logica volta a creare una maggiore contendibilità democratica? È la logica volta a creare, così come veniva richiesto - e come peraltro ci è stata rappresentata - una condizione di massima apertura per consentire ad ogni attore politico di fare la sua partita?
Non farò adesso riferimenti (sarò molto breve) di diritto comparato, ricordando che in altri Paesi addirittura questo rito un po' arcaico della sottoscrizione non c'è, ma ci sono altri meccanismi che consentono la contendibilità elettorale, perché poi alla fine non è certamente con le firme che si realizza il consenso. Il consenso, la contesa e il confronto elettorale si realizzano col voto, con la capacità di ogni singolo soggetto politico di raccogliere consenso nelle urne. Quella è la vera partita; questa è solo la partita preliminare.
Non si può certamente immaginare di eliminare contendenti, giocando con una più greve e onerosa regola per impedire la partecipazione. Allora mi domando: la logica del decreto è quella agevolativa, così come era stata rappresentata, o è quella invece volta a creare oneri maggiori? Allo stato dell'arte mi sembrerebbe proprio così. Mi domando ancora: è questo un decreto che desidera essere rappresentato, anche in termini di attenzione da parte della pubblica opinione, come un meccanismo volto ad esonerare dall'impegno della raccolta delle firme solo i soggetti politici che fanno parte della nomenklatura parlamentare, o davvero si pone in una dimensione volta a farsi carico della grave difficoltà che interviene?
Attenzione, care colleghe, cari colleghi e rappresentanti del Governo: noi andremo a celebrare questi complicati riti in un periodo inusitato per la storia elettorale del nostro Paese. Siamo nel mese di gennaio, siamo nel mese di febbraio a celebrare, con ogni probabilità, le elezioni, dunque con un meccanismo di difficoltà aggiuntivo, soprattutto per coloro i quali non sono soggetti politici già consolidati e già presenti all'interno della cosiddetta nomenklatura.
Dico questo e probabilmente interverremo. Noi abbiamo presentato un solo emendamento, non abbiamo un insieme così articolato di emendamenti, ma abbiamo un solo emendamento che crediamo sia un emendamento del tutto razionale. Dico questo non perché sia preoccupato della raccolta delle firme per la parte politica che noi andiamo a rappresentare. Pag. 29
È un'abitudine, un meccanismo partecipativo che ben conosciamo. Ma non possiamo presentare al Paese, ad altri attori, che si aspettano dalla nostra scelta di oggi una regola che dia a più soggetti la possibilità vera, reale di partecipare alla partita elettorale, uno strumento normativo che ha un solo punto di riferimento, che è quello interno alla politica già costituita. Non è così, non può funzionare, non è una buona scelta. Per questa ragione la nostra proposta è quella di riaprire la contesa, di consentire a più soggetti di partecipare in una dimensione che non faccia sconti a nessuno.
Andiamo a prendere le firme, certo, ma seguendo il filo logico che ha ispirato questo decreto-legge, che era quello volto a rendere meno onerosa questa pratica, questa partecipazione. Tenendo conto del fatto che i tempi sono brevissimi, che siamo in pieno inverno e che siamo di fronte ad una elezione anticipata, facciamo in modo che le firme vengano raccolte da tutti coloro i quali devono raccoglierle, ma in una misura più bassa, una misura che corrisponde alla metà di quella che oggi è già la regola, altrimenti francamente non comprendo per quale ragione si sarebbe dovuto fare un nuovo decreto-legge per confermare un regime che già è presente nel nostro ordinamento, nella nostra legislazione.
Non mi sembra una proposta particolarmente eccentrica e bislacca. In Commissione, su questa proposta, c'è stata anche una certa convergenza, non maggioritaria. Pensiamoci prima di approvare una norma che sembra costruita solo per le nomenklature. Forse non è così, ma l'esito di questa norma è tutto autoreferente. Apriamoci al Paese e facciamo di questa battaglia elettorale una battaglia in cui tutti coloro i quali desiderano partecipare possano effettivamente farlo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Orsini. Ne ha facoltà.

ANDREA ORSINI. Signor Presidente, solo poche parole per dire che parliamo sul complesso degli emendamenti, ma in realtà parliamo su un solo emendamento, un emendamento che, nella sua sovranità, la Commissione ha deciso di accogliere e di riferire in termini favorevoli all'Aula. Siccome le parole che si pronunciano in quest'Aula sono importanti e serie - in politica le parole qualcuno dice che sono pietre -, soprattutto quando a pronunciarle è un parlamentare di grande autorevolezza e di lunga esperienza, come il collega Quartiani, allora spero di aver capito male e che sia soltanto colpa del brusio dell'Aula quando ho sentito il collega Quartiani dire che si sta operando un golpe per il fatto che una Commissione ha espresso, nella sua legittima sovranità, un parere favorevole su un emendamento legittimamente presentato.
Credo che dovremmo imparare la sobrietà del linguaggio, perché la sobrietà del linguaggio è un modo per dare dignità al lavoro parlamentare. Poi, detto questo, si può dissentire o assentire a tutto, ma temo che l'onorevole Quartiani abbia seguito vicende parlamentari che non sono quelle che ho seguito io. Ho sentito raccontare un'altra storia, ossia che su questo provvedimento sono stati trovati e costruiti dei compromessi.
Questo provvedimento nasce dall'assenza di qualunque compromesso e da una proposta che è stata presentata al Parlamento e rispetto alla quale una parte del Parlamento ha detto che o la si prende così o non se ne fa niente. Non so l'onorevole Quartiani o il Partito Democratico che cosa intendano per compromesso. So che questo a me né sembra un compromesso, né sembra sottintendere alcuna volontà di cercare un compromesso. Il compromesso in politica può anche essere una cosa nobile, quando è fra esigenze legittime.
Ho sentito ancora l'onorevole Quartiani parlare di regole che valgono per tutti. A questo proposito, di compromessi non ce ne debbono essere perché le regole che valgono per tutti (soprattutto alla vigilia di una competizione elettorale delicatissima) sono una materia di principio sulla quale non si possono fare compromessi, ma bisogna arrivare a garantire il diritto in Pag. 30termini che siano uguali per tutti, per assicurare a tutti coloro che ne abbiano diritto la possibilità di partecipare alla competizione elettorale in termini di parità di condizioni e di opportunità.
Questo è un principio elementare della democrazia rappresentativa, ma che non era contenuto in questo provvedimento. Non ne do la colpa al Governo e tanto meno al sottosegretario che ha sempre seguito con grande diligenza e partecipazione i lavori della Commissione e dell'Aula. Evidentemente non c'è stato il tempo e il modo di un approfondimento adeguato. Non c'è stata quella consultazione preliminare tra le forze politiche che è stata adottata in caso di provvedimenti analoghi nelle passate legislature e occasioni elettorali. Ma certamente questo è un provvedimento «cucito» su misura dell'esigenza di alcune forze politiche, senza tenere conto delle esigenze di altre e costruito sull'esigenze di alcuni parlamentari che siedono in quest'Aula e in quella del Senato senza tenere conto delle esigenze parimenti legittime di altri parlamentari che siedono in quest'Aula e in quella del Senato.
Su questo, onorevole Quartiani, non è questione di compromessi. È questione dell'affermazione di un diritto e di una condizione imprescindibili per lo svolgimento del gioco democratico. Il compromesso può essere su come addivenire a ciò e io credo che la strada non sia preclusa. Mi sarebbe piaciuto che il collega Bressa, non solo per la stima personale, ma anche per il fatto politico che questo rappresenta, avesse continuato a far parte del Comitato dei nove in qualità di relatore.
Credo che la volontà di portare a compimento questo decreto-legge, come c'è da parte nostra, debba esserci da parte di tutto il Parlamento, ma, di fronte ad un atteggiamento di chiusura sarà inevitabile arrivare alle conseguenze estreme, compreso il voto difforme dei due rami del Parlamento che provocherebbe una situazione di impasse e, quindi, presumibilmente il tramonto del provvedimento che ci troviamo ad affrontare.
Per questo, concludo, facendo ancora un appello alla ragionevolezza su questo provvedimento, su questo articolo, su questo emendamento, sulla possibilità stretta, ma non esclusa, di individuare un percorso comune. Se così non sarà, credo che le conseguenze saranno gravi non certo per una forza politica, ma per il compiuto e sereno svolgimento del processo elettorale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Zaccaria. Ne ha facoltà.

ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, ho sentito molti interventi, ma questa mattina ero già intervenuto in Aula in sede di discussione sulle linee generali, in un clima non di molto più sereno, ma certamente più sereno. Credo che sia importante fissare alcuni punti fermi, perché altrimenti rischiamo che ciascuno, tirando dal proprio punto di vista, deformi un poco le cose.
Primo punto fermo: i decreti-legge in materia elettorale sono borderline, cioè praticamente non si possono emanare normalmente perché la materia elettorale è la più gelosamente custodita dal Parlamento, dalle Camere, da chi rappresenta i cittadini. Ci sono state e ci sono oggi delle eccezioni, quindi non nuove, quando si emanano questi decreti-legge non sulla materia elettorale in senso stretto ma sul procedimento elettorale. Ci sono dei precedenti, ormai praticamente ad ogni legislatura è stato emanato un decreto-legge su questi argomenti.
Il motivo per cui noi stiamo discutendo è molto semplice, si riferisce al fatto che c'è lo scioglimento anticipato, non tanto anticipato ma uno scioglimento anticipato che impone - questo è il motivo per cui il Governo ha emanato, come tanti Governi precedenti, una norma d'urgenza - di stabilire essenzialmente due cose, poi ce ne sono altre, ma non sono le principali. In primo luogo, per stabilire una riduzione del numero delle firme necessarie per presentare le liste: questo è il cuore del problema: ci sono le elezioni anticipate, che tra l'altro cadono in un momento Pag. 31particolare della vita del Paese, quindi si deve facilitare tutto questo. Seconda cosa: si devono accorciare o rimodulare i termini per quanto riguarda le dichiarazioni di ineleggibilità per evitare che scatti una tagliola con riferimento all'ineleggibilità che, evidentemente, in caso di elezioni anticipate, va rimodulata. Poi ci sono norme per il voto all'estero e altre cose che non sono al centro di questa discussione e di questa contesa.
Io vorrei consigliare a chi non l'ha ancora fatto di prendere il testo del servizio studi per capire sostanzialmente quanto sia farraginosa la normativa che, per effetto dei decreti ante elezioni, viene ogni anno confezionata, però in questa normativa ci sono alcuni punti fermi che vorrei ricordare perché qui ho sentito alcune cose da parte dei colleghi. Possiamo dire che la nostra legislazione ha tre principi molto solidi. Il primo principio, che è fondamentale e alla base del sistema democratico, è che chi si presenta alle elezioni deve dimostrare che la forza politica che si presenta abbia già una certa consistenza nel Paese. Qui ho sentito dire che bisogna incrementare la partecipazione ma non siamo ad un concorso, si tratta della presentazione di liste per una competizione elettorale, cioè, paradossalmente, sarebbe ingiusto che si presentassero 50 milioni di liste quanti sono i cittadini, evidentemente bisogna far presentare - questo la nostra legislazione lo considera principio fondamentale - coloro che hanno un determinato seguito nel Paese, ciascuna forza politica che siede qui ha l'orgoglio di dire che ha dei militanti, degli aderenti, delle persone che partecipano e, naturalmente, si può rivolgere essenzialmente a questi per chiedere, alla vigilia delle elezioni, un determinato tipo di consenso.
Questo è un principio democratico e naturalmente, quando ci sono elezioni anticipate, è evidente che non si può chiedere che il numero di firme chiesto naturalmente valga, allora ci sono delle riduzioni sul numero delle firme che possono essere del 40, del 50, del 60 per cento. Io dirò cosa penso: secondo me potrebbero essere in questo caso anche più alte. Poi c'è un'eccezione, ma è un'eccezione, per cui si considera avere la rappresentanza e, quindi si è esentati dalla raccolta delle firme, quando ricorrano due presupposti molto precisi, cioè un partito che si è presentato alle elezioni e che dall'inizio ha un gruppo parlamentare che corrisponde al partito che si è presentato alle elezioni. È logico che sia così.
Io non mi permetto di giudicare i movimenti che sono avvenuti in quest'Aula in questi mesi e in questi anni, ma è chiaro che, con queste trasmigrazioni che ci sono state, per le quali si sono formati vari gruppi, varie componenti o varie articolazioni - non voglio citare dei nomi per non legittimare nessuno - queste persone che si sono spostate dal gruppo nel quale erano state elette ed hanno dato vita a delle precarie formazioni in quest'Aula che legittimazione hanno per non chiedere le firme? Nessuna perché in questo modo contrastano con il principio generale che è alla base del sistema democratico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Queste persone si attribuiscono un potere che non hanno. Questo è un elemento fondamentale, che determina una disparità di trattamento e destruttura il sistema.
Poi c'è un terzo principio: credo sia giusto, in questo momento, e soprattutto a fine legislatura, fare in modo che le nuove formazioni, che nel Paese ci sono e che non si sono ancora misurate nelle elezioni politiche (peraltro si sono misurate anche in altri tipi di elezioni ed hanno una legittimazione in questo senso, perché sono presenti nei consigli comunali, regionali e nel Paese) abbiano una legittimazione maggiore - permettetemi di dirlo, e scusate, colleghi - di alcune persone che qui hanno fatto soltanto degli spostamenti occasionali da un seggio all'altro.
Allora, noi dobbiamo fare in modo che le nostre disposizioni dell'ultima ora non rischino lontanamente di dare la sensazione, fuori da quest'Aula, che noi tendiamo a favorire coloro che in quest'Aula si sono variamente riaggregati. Se noi facciamo una regola sulla riduzione del Pag. 32numero delle firme, questa deve valere allo stesso modo per coloro che sono qui, che si intendono presentare in formazioni diverse al corpo elettorale e coloro che sono fuori di qui perché questo è veramente il rispetto della partecipazione elettorale in condizione di eguaglianza.
Allora, penso che, se queste sono le regole, i capisaldi ed i principi, è chiaro che ogni norma che noi approviamo a ridosso delle elezioni è una norma viziata perché - l'ha detto il collega Bressa e l'ha ripetuto Quartiani - in questa materia, visto che noi interveniamo eccezionalmente in materia elettorale, eccezionalmente perché non potremmo normalmente intervenire, ogni norma si presenta come una «norma fotografia», un vestito fatto su misura. Ma perché non abbiamo approvato la legge elettorale con l'avvicinarsi del voto? Perché ciascuno guardava ai propri sondaggi, al risultato che immaginava per sé: evidentemente, in quelle condizioni era impossibile approvare una legge. Questo stesso motivo, in sedicesimo - mi dispiace dirlo -, si sta riproducendo in questa sede. Qualcuno propone di considerare chi il giorno prima aveva un gruppo parlamentare, qualcun altro parla semplicemente di una componente, qualcun altro di una componente qui ed al Senato, un altro ancora chiede che rilevi solo una componente alla Camera e non anche al Senato. La perla delle perle si ha quando qualcuno fa riferimento - ho sentito anche quello che ha affermato Moffa in Commissione - anche ai gruppi che si sono costituiti dopo. Io ritengo che non abbiano alcuna legittimazione ad avere l'esenzione della raccolta delle firme (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Ma pensate a quello che stiamo facendo, cioè consentire che possano avere l'esenzione delle firme dei gruppi che si costituiranno. Non voglio scomodare la Costituzione e davvero non è il caso di richiamare la ragionevolezza e l'uguaglianza e così via, ma vi pare che un Parlamento che sta uscendo, sta andando a casa e si scioglie, dica qualcosa di questo tipo e lasci una sorta di testamento o di disposizione di favore per qualcuno beneficiato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e di deputati del gruppo Lega Nord Padania)? Abbiate il coraggio di raccogliere le firme! Vi ho detto in tutti i modi che io - e spero anche il mio gruppo - sono disposto, se anche il Governo acconsentisse, a far approvare una norma semplice, semplice, per la quale, salvo coloro che la legge attuale, senza toccarla, già esenta, perché sono partiti con gruppi costituiti all'inizio della legislatura e quelli restano lì (la legge lo dice e non c'è bisogno di intervenire), si riduce il numero con riguardo a tutti gli altri. Volete ridurre del 60, del 70 o dell'80 per cento?
Riduciamo, ma affermiamo un principio per cui se uno ha il coraggio di presentarsi alle elezioni deve poter dire: «Viva Dio, almeno un centinaio di firme le devo poter raccogliere». Questa è una pretesa fondamentale.
Quindi, io invito il Governo, se ancora è possibile, a pensare una formulazione e a una via d'uscita, e a trovare una formulazione che non sia di violazione palese del principio di uguaglianza, che non sancisca un'autorappresentazione e legittimazione del gruppo e delle persone che siedono qui - non qui, perché in questo caso noi abbiamo un'opinione diversa ma, insomma, sarebbe, in qualche modo, l'impressione che daremmo - e dica che le firme le raccolgono tutti in percentuale fortemente ridotta, che sia un 20 per cento e che sia, quindi, un principio democratico applicato per tutti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e di deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Corsaro. Ne ha facoltà.

MASSIMO ENRICO CORSARO. Signor Presidente, io nutro stima personale nei confronti del collega onorevole Bressa, con il quale mi è capitato, nel corso della legislatura in più occasioni, di potere positivamente e proficuamente collaborare. Quindi, mi permetta, signor Presidente, di rivolgermi, all'inizio di questo mio intervento, Pag. 33per il suo tramite, proprio all'onorevole Bressa, per auspicare un ritorno sulla sua decisione di rinunciare al ruolo di correlatore di questo provvedimento ma anche, se mi permette, di segnalare che, a mio modesto parere, l'onorevole Bressa ha compiuto almeno due errori di valutazione nell'esposizione con la quale si è aperto il dibattito di questa seduta. Il primo perché l'onorevole Bressa ha sostanzialmente affermato con stupore la circostanza che si volesse cambiare, in corso d'opera, un decreto-legge in materia elettorale presentato alle Camere dal Governo. L'onorevole Bressa, come tutti noi, sa perfettamente che il decreto-legge è uno strumento a disposizione del Governo per l'immediata esecutività di un contenuto che, poi, può essere modificato, emendato o addirittura cancellato nell'assoluta e sovrana disponibilità del Parlamento di modificarne il testo e il contenuto nella sua fase di conversione. Quindi, non stiamo facendo alcunché di estraneo alle norme parlamentari e alle norme costituzionali se proviamo a ragionare, anche in questo caso, di potenziali modifiche di un decreto-legge presentato dal Governo, fatto stesso, cioè, che non tocca la lesa maestà di un Governo per il quale, per quanto dirò di qui ad un attimo, non abbiamo nemmeno motivo di ritenere che tutto debba essere accolto come una legge divina.
Il secondo elemento, sul quale mi permetto di differire da quello che ha detto il collega Bressa, riguarda la valutazione che l'onorevole Bressa e in certe fasi di un intervento, che pure ho apprezzato in particolare nel contenuto, da parte del collega Zaccaria, è risuonata, secondo il quale il tentativo di modificare questo decreto-legge sarebbe figlio della volontà di fare favori ad alcuno. Io non voglio ripetere le considerazioni che sono state espresse pochi minuti fa dal collega La Russa riguardo alla circostanza che, invece, questo decreto, così come è stato presentato dal Governo, presenta degli elementi di favore nei confronti di alcuno e non di altri e riguardo al fatto che lo stesso Governo, prima ancora di rendere formalmente pubblico questo suo decreto, aveva assunto degli impegni con le forze politiche presenti e non presenti all'interno del Parlamento, assicurando disponibilità verso altre forme di presenza istituzionale come, per esempio, il riconoscimento di partiti che avessero il gruppo costituito in almeno un consiglio regionale d'Italia, cosa che poi è stata espunta dal testo del decreto cambiando, evidentemente in corso d'opera di valutazione, le condizioni per una parte di elettori potenziali di quelle forze politiche che oggi non sono rappresentate all'interno del Parlamento.
Ricordo ulteriormente, in particolare al collega Bressa, che so sempre attento alle norme costituzionali ed istituzionali, che non fummo noi, ma il Governo Prodi, alla fine della legislatura 2006-2008, a varare un provvedimento che in quel caso consentiva addirittura a due parlamentari - due parlamentari nel senso di due soggetti fisici, non di gruppi parlamentari costituiti - di apporre la loro firma sulla presentazione di una lista che, per il solo fatto di avere due parlamentari che l'appoggiavano, non doveva percorrere la strada della raccolta delle firme.
Ma è su questo e proprio su questo che voglio entrare nel vulnus della questione, rivolgendomi in particolare all'onorevole Zaccaria, in parziale accoglimento della sua proposta. L'onorevole Zaccaria dice: mettiamoci tutti nelle condizioni di giocare con le stesse armi e con le stesse limitazioni, non cerchiamo di fare figli e figliastri. È esattamente quello che intendiamo.
L'onorevole Zaccaria ci conosce credo da tempo sufficiente per sapere che tutto si può immaginare meno che il problema sia quello di raccogliere 1.500 o 2 mila firme per ogni circoscrizione. Che sarà mai? Siamo anche in occasione propizia, perché ciascuno di noi è impegnato a fare delle manifestazioni augurali per il proprio corpo elettorale e non sarà un problema quello di raccogliere le firme, anzi sarà uno stimolo di avvio della campagna elettorale. Ciò che cambia però, ciò che cambia radicalmente, onorevole Bressa, ciò che cambia radicalmente, onorevole Pag. 34Zaccaria - mi rivolgo a voi, perché per quello ho mostrato, è assolutamente inutile cercare di spiegare queste cose al Governo - è il fatto che, se sono obbligato a raccogliere le firme, devo giustamente, a termini di legge, differentemente da chi è esonerato dalla raccolta delle firme, avere molto meno tempo a disposizione per la preparazione delle liste di candidature. Infatti, se devo raccogliere le firme, prima devo approntare le liste e su quelle liste devo andare a chiedere le firme, cosa che chi non è obbligato a raccogliere le firme può non fare. Siccome siamo in presenza di una chiusura anticipata della legislatura, in cui tutto viene fatto in limine litis, con una disponibilità temporale assai limitata, che tristemente coincide con la fase di sospensione di ogni attività, perché siamo in mezzo alle vacanze di Natale e di capodanno, sapere di non avere a disposizione rispetto a competitori politici, dieci o quindici giorni importanti per la costruzione delle liste, mette oggettivamente in condizioni politicamente di disparità chi è messo oggi in questa situazione da questo provvedimento.
Allora, smetto di rivolgermi alle parti politiche, per rivolgermi alla parte «dilettantistica» di quest'Aula, cioè a questo Governo, che per l'ennesima volta dà la sciagurata dimostrazione della sua inettitudine. Non è dato di conoscere in nessun Parlamento del mondo un'esperienza in cui un Governo arrivi in Aula presentando un provvedimento così delicato come una norma elettorale senza avere verificato la fattibilità parlamentare dell'approvazione di quel provvedimento. Voglio dire che non sono stupito dell'inanità di questo Governo, che tristemente era nato per risolvere i problemi dell'economia e che dopo tredici mesi, consegna tutti, tutti, tutti, tutti, non uno escluso, i dati fondamentali dell'economia peggiorati rispetto a tredici mesi fa. Ma voglio dire a questo Governo che oggi ha due strade. Il Governo non ascolta, ma forse è meglio; c'è più speranza che capisca se non ascolta. Voglio dire a questo Governo che gli sono rimaste solo due strade, a questo punto: la prima è quella di ristabilire prontamente, con un proprio provvedimento emendativo su questo decreto, l'assoluta parità di condizioni per tutti. Sono d'accordo con il collega Zaccaria: dentro e fuori quest'Aula, tanti temono lo spauracchio della lista del movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo; quale regalo faremmo alla lista Cinque Stelle di Beppe Grillo se questo Parlamento ponesse delle condizioni per far finta di metterlo in difficoltà?
Diciamo chiaramente che non abbiamo paura di alcuno e che siamo per una democratica consultazione, per un confronto dialettico nelle piazze e nelle urne, con chi sta dentro e con chi sta al di fuori di questo palazzo. Mettiamoci tutti nelle stesse condizioni. Il Governo, almeno una volta, provi a fare una cosa azzeccata e ci metta tutti nelle stesse condizioni. L'altra strada - lo dico in chiaro anche a quelli che magari trovano nella lettura attuale del testo del decreto-legge un ipotetico vantaggio - signori del Governo, è che voi decidiate di «sfilare» questo decreto, perché una cosa non potete immaginare, ossia che quest'Aula scientemente e silenziosamente accetti che venga varato un provvedimento che mette così fortemente in disparità le forze politiche.
Io non sono in grado di garantire, e non credo di parlare esclusivamente a titolo personale, che lo svolgimento dell'iter parlamentare di questo decreto consentirebbe una sua approvazione nei termini, nei tempi e nei modi utili perché questo decreto venga in esecuzione se il suo contenuto dovesse continuare ad essere questo, non citando evidentemente l'elemento di cui tutti siamo a conoscenza, cioè che al termine di questo decreto il Governo è impegnato nel tentativo di fare approvare, da questo Parlamento, nella stagione che coincide con le vacanze di Natale, un altro provvedimento abbastanza importante per gli italiani, nel quale siete riusciti a fare molti danni, ma nel quale, grazie al fatto che il Parlamento, tutto intiero, destra e centrosinistra, è riuscito a metterci le mani, quei danni li abbiamo parzialmente limitati, che si chiama legge di stabilità. Pag. 35
Una volta in tredici mesi, per mitigare la parossistica negatività del vostro ricordo, cercate di fare una scelta giusta (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Giachetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, ringrazio il gruppo del mio partito che mi dà la possibilità di partecipare a questa iniziativa che, per quanto mi riguarda, sarà rifornita di alcune considerazioni personali che non necessariamente coincidono, probabilmente, con delle valutazioni che sono state fatte. È per me anche un'occasione, poiché, probabilmente, non avrò molte altre occasioni per intervenire nella legislatura. L'occasione coincide anche, evidentemente, con una fattispecie che mi sta particolarmente a cuore, atteso che ho impiegato circa quattro mesi della mia attività politica per fare in modo che noi potessimo, ovviamente non solo su questo, non trovarci nella condizione nella quale obiettivamente ci troviamo oggi, cioè cercare di mettere una toppa su un pezzetto di una questione quando per cinque anni, in particolare nell'ultimo anno, noi abbiamo avuto un'occasione d'oro non semplicemente per risolvere questo problema, che non è un problema parziale, ma diciamo che anche sarebbe stata l'occasione di risolvere un problema un po' più grande, un po' più importante e sicuramente anche un po' più atteso dai cittadini italiani, che era quello di una riforma elettorale che tutti, unanimemente, consideravamo una riforma, e lo abbiamo detto, lo abbiamo detto creando anche grandi aspettative nell'opinione pubblica, grandi aspettative in tutti coloro che effettivamente si sono resi conto che questa legge elettorale non ha funzionato, non funzionava. Lo abbiamo detto tutti, vi è stato un referendum sottoscritto da milioni di persone. Da quel momento, trascuro gli appelli che sono arrivati da più parti affinché si facesse un lavoro per modificare questa legge elettorale, in realtà siamo arrivati - come sappiamo - fino all'ultimo istante, ma quella legge elettorale non è stata modificata, lo dico senza polemiche, ma perché alcune considerazioni sono anche utili poi in corso d'opera per un confronto, spero che anche il collega Maurizio Turco ed altri possano intervenire. È anche però una considerazione che dobbiamo fare rispetto a coloro fino all'ultimo hanno detto che, in base a quelle che erano le indicazioni della Comunità europea, a quelli che erano i principi della democrazia, a quelli che erano i principi del fatto che le regole non si possono cambiare all'ultimo momento, vorrei che fosse chiaro che le regole che noi stiamo modificando, ancorché transitoriamente, sono le regole della legge elettorale, cosiddetta porcellum, che modifichiamo, se passa questo decreto.
Diciamo che nelle aspirazioni di alcuni, penso al leader de La Destra, Storace, penso anche ai miei amici radicali, il problema non è di non fare questo decreto, il problema è di fare questo decreto per creare delle condizioni, tra virgolette, più democratiche che però si scontrano contro il fatto che noi comunque modifichiamo una legge che sino a ieri dicevamo non doveva essere modificata perché il consiglio d'Europa, perché, perché e perché. Quindi, diciamo che noi avevamo un'opportunità, che era un'opportunità di una riforma organica della legge elettorale che innanzitutto evidenziasse quella che era l'esigenza di restituire, l'abbiamo sentito mille volte, agli elettori il diritto di poter scegliere i propri rappresentanti e poi di regolare anche tante cose importanti come era pure quella, certo, della raccolta delle firme e di altre particolarità delle quali ci occupiamo oggi.
Quella occasione l'abbiamo persa, in parte per incapacità, in parte anche perché qualcuno deliberatamente era contro la modifica di quella legge elettorale, a cominciare dall'onorevole Storace, a cominciare dai miei amici Radicali, a cominciare da Grillo, che dovrebbe essere insieme a questi altri, ai Verdi, a Vendola, vittima di una possibile decisione rispetto alla quale io mi sento libero, considerato Pag. 36che ieri l'ho vista come si configurava (adesso è cambiata e nel suo cambiare per quanto mi riguarda è ulteriormente peggiorata, e per questo convintamente contribuisco ad un'iniziativa che impedisce che passi un intento di quel tipo). Tuttavia dobbiamo essere consapevoli che tutti coloro che hanno chiesto in modo duro e inflessibile di non toccare la legge elettorale, perché si sarebbe violato non so che cosa, sono - guarda caso - oggi in qualche modo vittime del fatto che quella legge non è stata cambiata e sono tra quelli che ci chiedono (in un certo modo, magari, non come vuole il Governo) di cambiarla per consentire che si possano più facilmente raccogliere le firme.
Mi rendo conto che il problema c'è, non è che penso che non ci sia, ma penso che se fosse stato risolto magari in due mesi fa - non era un anno da quello che chiedeva il Consiglio d'Europa - insieme ad altre cose probabilmente sarebbe stato meno grave, se non adesso che lo facciamo a tre giorni dallo scioglimento della legislatura. Tant'è, la vita va così, la politica è così, non abbiamo fatto la riforma elettorale e oggi rischiamo di rimanere incagliati in una situazione nella quale accadono anche delle cose strane. Ho grande considerazione del collega Corsaro, l'ho anche ascoltato con attenzione, ho anche letto le considerazioni che ha fatto l'onorevole La Russa, che viene presentato, se non sbaglio, come coordinatore del PdL e, se non ho capito male (non penso di rivelare e di fare nessun scoop), dovrebbe essere il leader della formazione che si scorpora dal PdL e dovrebbe formare il gruppo per il quale si dice in qualche modo che sarebbe previsto l'emendamento che noi consideriamo - ed io sono assolutamente d'accordo con il mio gruppo - una cosa inaccettabile.
Ora però il collega La Russa cosa dice? Dice, questo decreto è un decreto che è stato fatto per favorire qualcuno. Bene, io non lo so se è così (cercherò di capirlo meglio), però la considerazione dell'onorevole La Russa non è che siccome questo è un decreto fatto per favorire qualcuno, evitiamo di favorire qualcuno. No, dice, a questo punto facciamo un emendamento in modo tale che se oltre a favorire qualcuno favorisce anche me, tutto sommato a quel punto va bene, la democrazia è ripristinata, e possiamo andare avanti più contenti e più tranquilli del fatto che i requisiti minimi di una partecipazione regolare tra tutti alla competizione elettorale sono garantiti, perché tutto sommato se è stato fatto uno strappo per qualcuno è stato fatto anche per me e a quel punto le regole sono ripristinate.
Obiettivamente mi sembra una considerazione francamente abbastanza complicata da ritenere accettabile, non siamo nelle condizioni nelle quali noi possiamo stabilire che si fanno delle correzioni su una materia che riguarda una questione d'oro, una questione delicata, una questione di straordinaria importanza che ci dovrebbe singolarmente, prima che come forze politiche, vedere impegnati a garantire nei limiti del possibile e con il massimo di onestà intellettuale che ci siano regole che effettivamente consentano che ci sia un punto di partenza uguale per tutti, e che ci siano regole che consentano a tutti di poter scendere in campo e partecipare e poi trarre le conseguenze dal voto popolare di quella che è la forza di ciascuno. Ecco, non stiamo in questa situazione, perché ho la sensazione che seguendo il dibattito - devo dire, non direttamente in Commissione, ma ieri sulle agenzie - che si stava verificando si aveva la sensazione che fosse più una ricorsa a cercare di aprire e chiudere un varco per garantire questa componente, quell'altra componente, come escluderne un'altra, piuttosto che una visione d'insieme che effettivamente crei, nei limiti del possibile di un intervento legislativo ancorché con decreto su una materia del genere, dentro una vicenda che sicuramente reca molte preoccupazioni su come andremo a votare (su quali sono le condizioni in cui andremo a votare), un elemento di certezza, un elemento che restituisca effettivamente la possibilità a tutti.
Infatti, tutti noi rischiamo, con queste modifiche che vogliamo in qualche modo apportare, di occuparci del problema di Pag. 37un gruppo, che lascia il partito del Popolo della Libertà, che sicuramente magari avrà una sua percentuale di un certo tipo alle prossime elezioni oppure di un gruppo che magari - penso a Coesione Nazionale - potrebbe presentare le liste. Tutto giustissimo, però dimentichiamo che fuori da quest'Aula c'è un pezzo di elettorato, che ormai è consolidato e conoscono tutti, che è fatto da Grillo, che è fatto dai radicali, che è fatto da La Destra, che è fatto dai Verdi, che è fatto da SEL, che è fatto dall'IdV, anzi no, l'IdV eventualmente sarebbe dentro la legge, che non ha una sua omogeneità politica, ma certamente, in termini di partecipazione democratica, riguarda un insieme di realtà che non rappresentano una minima percentuale rispetto alla potenziale futura rappresentanza politica in questo Parlamento.
Non è una percentuale risibile e, comunque, anche se fosse una percentuale risibile, noi, nella nostra responsabilità soggettiva, quando affrontiamo il tema delle regole, innanzitutto dobbiamo porci il problema di quelle che potrebbero essere anche delle rappresentanze risibili perché magari hanno meno forza, perché magari hanno meno strumenti, perché magari hanno meno danari per poter partecipare.
In altre parole, noi dovremmo fare un ragionamento all'inverso e cominciare a capire come consentire, ovviamente a chi ha e dimostra di avere una capacità di rappresentanza, il modo migliore e più semplice per competere, atteso che sono delle situazioni nuove che si cimentano con la partecipazione democratica alle elezioni. Al contrario rischiamo, perlomeno in quello che dimostriamo nella percezione esterna, di mettere in campo e di mettere in piedi un'iniziativa che lascia l'idea, anche a chi magari non è necessariamente orientato contro la politica e contro il sistema, che in effetti qua dentro si sta facendo qualcosa per penalizzare, eliminare e impedire a qualcuno che qua dentro non ci sta e, invece, ci dovrebbe entrare. Poniamocelo questo problema quando ci poniamo il problema della credibilità della politica, della credibilità delle scelte che anche singolarmente ciascuno di noi fa qua dentro soprattutto - lo ripeto - su una materia così importante come la materia elettorale.
Ecco, una pausa forse sarebbe possibile per cercare di capire qual è un punto d'approdo di consenso che non sia semplicemente il consenso di un'intesa tra partiti, gruppi, fazioni, ma un consenso che possa fornire, per i prossimi giorni che ci separano dall'appuntamento elettorale, effettivamente un senso di garanzia e di certezza per il cittadino che le opzioni possibili da scegliere sono opzioni che valgono tutte e che il valore maggiore o minore definitivo sarà semplicemente consolidato da quello che sarà il risultato elettorale, non dalla facilità o meno con la quale ciascuno di noi può predisporsi per la battaglia elettorale.
Allora, io non so quanto mi rimane, signor Presidente, ma mi avvio alla conclusione con due considerazioni. Comunque, quando parliamo di firme - anche qui vorrei riferirmi al collega Corsaro e, ovviamente, come spero si sia compreso nel mio intervento, non ho intenzione di fare notazioni estremamente polemiche nei confronti dell'uno o dell'altro -, del tema della raccolta delle firme, di 1.500 firme che le raccogliamo facilmente, però c'è il problema della lista. Onorevole Corsaro, lei viene da un partito che ha dimostrato, grazie anche all'intervento di denunce che ci sono state per esempio da parte dei miei amici radicali, che questo problema in passato non l'ha avuto perché non è più un problema di una valutazione politica.
Il problema è che in Lombardia sono state raccolte firme false, sono state prese firme false e, grazie a questo, è stato possibile garantire candidature e listini, con listini che sono stati fatti dopo che le firme erano state apposte. In altre parole, tutto quello che lei dice, onorevole Corsaro, che afferma poi che... in fondo non è un problema, è accaduto però. Non è un problema perché, se le cose non si fanno legalmente, è facile farle. Per chi magari, invece, le vuole fare legalmente, non è così facile farle. E, allora, poniamoci il problema Pag. 38che se facciamo un decreto-legge - lo dico al Governo, lo dico a me stesso, lo dico a chi avesse magari voglia di occuparsi della questione - sarebbe auspicabile, ma non so se è possibile e non so se questo crea ulteriori impedimenti, che, se si mettesse la raccolta delle firme, magari si facesse in modo che il vaglio di autenticità delle firme fosse preventivo e non successivo al risultato elettorale.
Infatti, se si riscontra che qualcuno ha truffato - perché questo è accaduto - non è che uno ne prende atto dopo, a babbo morto, e dice: va bene, ha truffato, adesso pazienza, ormai stiamo qui. No: magari si impedisce che chi ha truffato poi possa sedere qui in Parlamento.
Concludo con una considerazione di carattere assolutamente personale e che, quindi, non impegna il mio gruppo. È il mio pensiero, è una materia sulla quale, come ripeto, ho dedicato qualche settimana della mia attività politica; ho un mio pensiero e credo sia giusto esprimerlo in questa occasione.
Io penso - e lo dico molto francamente - che la cosa migliore che potrebbe fare il Governo e potremmo fare tutti noi è semplicemente, nel giro di un'ora, svolgere una valutazione oggettiva di quale sia una misura giusta della raccolta delle firme da fare. Io penso che uno sbarramento di raccolta di firme sia giusto, perché comunque chi si candida ad entrare in Parlamento non è che lo può fare decidendolo al bar con quattro amici la sera prima. Ma, una volta, che è stata stabilita la cifra (60.000, 50.000, 40.000 o 30.000), si decide che queste firme le raccolgono tutti: le raccolgono quelli che hanno costituito un gruppo in Parlamento, le raccolgono quelli che sono fuori, le raccolgono tutti. È chiaro che probabilmente un partito che ha il 20 o il 25 per cento, 200.000 iscritti o un milione di iscritti nel Paese sarà più facilitato, ma questa è una realtà e questa è una realtà con la quale è giusto che ciascuno si misuri. Infatti, se una forza popolare ha milioni di iscritti e milioni di elettori ed è in grado di raccogliere più facilmente le firme, è giusto che abbia la capacità di raccogliere le firme.
Ho concluso, signor Presidente: io penso che la soluzione più chiara sarebbe quella della formalizzazione di un decreto che dicesse semplicemente che per poter presentare liste alle elezioni, nei termini e via dicendo, si devono raccogliere tot firme, punto. In questo modo non ci sarebbero esenzioni per chi aveva il gruppo prima, per chi ce lo avrebbe dopo, per la componente o per quello o quell'altro e tutti quanti, in questo modo, partirebbero dallo stesso punto e con le stesse regole. Poi ovviamente chi avrebbe più filo lo tesserebbe e i risultati elettorali direbbero effettivamente chi avrebbe diritto ad una rappresentanza e chi invece no (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Amici. Ne ha facoltà.

SESA AMICI. Signor Presidente, il collega Zaccaria in maniera molto chiara e anche abbastanza pedagogica - uso questo termine - ha spiegato a quest'Aula il senso e la portata della nostra discussione. L'ha fatto inquadrando il decreto e le motivazioni che erano intorno a quel decreto che, vorrei ricordare, riguarda un aspetto molto importante: cioè che si dispone una riduzione del numero delle sottoscrizioni per la presentazione delle liste e dei candidati, limitatamente alle elezioni politiche del 2013, in ragione del fatto che la legislatura è anticipata.
Dentro questo criterio, il Governo, nella relazione che accompagna questo provvedimento, ha esplicitato un principio, che è quello di favorire, proprio perché è anticipata, attraverso la riduzione della sottoscrizione delle firme, la decisione della diminuzione per alcuni soggetti. Quali sono questi soggetti? Infatti io credo che a noi in questa discussione non possa sfuggire il fatto che stiamo discutendo di questioni che attengono al profilo e alla qualità della democrazia e anche all'espressione più forte e più pregnante della rappresentanza, tant'è vero che anche tutti i decreti che i miei colleghi hanno ricordato attengono fondamentalmente all'idea Pag. 39della rappresentanza dei gruppi che vengono esonerati, i gruppi politici e componenti. Il punto vero è che proprio la scrittura del Governo ha immesso un elemento di difficoltà dentro questo ragionamento, perché il dire: «anche le componenti», essendo questo un argomento che non è immediatamente parallelo alla Camera e al Senato, ha creato molta confusione.
Sulla base di questo, si è ragionato intorno all'idea - per mantenere e salvaguardare quel principio e non alterare, quindi, in qualche modo, l'idea di cosa sia un gruppo parlamentare, un partito, che ha già di per sé, proprio nel momento in cui si è presentato alle elezioni, i propri gruppi parlamentari all'inizio della legislatura - di poter fotografare semplicemente la situazione così com'era. E questo aspetto delle componenti è stato riscritto e chiarito.
Che cosa è avvenuto e perché noi oggi stiamo ponendo una discussione? Io ho ascoltato con molta attenzione l'intervento non solo del collega Zaccaria, che ringrazio anche per la lucidità con la quale ha distinto fra garanzie e alterazioni. Mentre noi stiamo svolgendo un ragionamento su un decreto concernente disposizioni urgenti per lo svolgimento delle elezioni politiche, dobbiamo assumerci la responsabilità di predisporre norme che, in qualche modo, prefigurano un futuro che non è nelle nostre mani: questo è il punto vero che vi è tra il concetto di garanzia e di alterazione.
Ebbene, nonostante questa chiarezza, il collega Corsaro ha svolto un'argomentazione che a me è parsa molto sensata, molto di merito, ma che in fondo ha un'antinomia, quando, proprio riferendosi all'intervento del collega Zaccaria, ha detto: io sono parzialmente d'accordo con l'onorevole Zaccaria, ma al collega Zaccaria non sfugge - questo ha detto il collega Corsaro - il fatto che ciò che è accaduto in Commissione affari costituzionali, come avviene sempre all'interno di un dibattito in cui le posizioni non convergono, ha determinato una situazione per la quale è passato un emendamento che noi consideriamo non semplicemente l'esplicitazione di un favore verso qualcuno, ma la lesione di questo principio della garanzia.
Infatti, quell'emendamento mostra esattamente questo limite; il limite che, in maniera quasi lapalissiana, il collega Corsaro ha esplicitato alla fine del suo intervento, quando ha detto: il tema non è la raccolta delle firme, né il favorire una formazione politica che si può costituire anche da qui a pochi giorni. Anche questo è singolare perché, all'interno dei gruppi politici, abbiamo visto l'ingrossamento, anche in questa legislatura - come è avvenuto, tante volte, nel corso delle altre legislature -, l'aumento vertiginoso del gruppo Misto e, all'interno del gruppo Misto, questo riversarsi di componenti. Tuttavia, siamo in presenza di un emendamento che immagina la costituzione di un gruppo politico, e che lo fa non all'inizio della legislatura, ma al fine di alterare nella competizione elettorale la precostituzione di un ragionamento di gruppo. E il collega Corsaro dice: il punto è che questo emendamento è giusto, perché il tema non è quello della raccolta delle firme, ma è il fatto che quella raccolta delle firme mette in difficoltà chi deve raccogliere le firme per una lista e, quindi, non può raccoglierle prima: questo crea disparità rispetto agli altri gruppi politici.
Ma è proprio questa l'antinomia: noi non possiamo permetterci, nel momento in cui ci avviamo alla conclusione della legislatura, di nuovo, una disposizione di legge che appare nei confronti dell'opinione pubblica una sorta di elemento che non mette nelle condizioni di svolgere una competizione a parità dei luoghi di partenza; e la parità è data - e può essere questo il ragionamento - dal fatto di favorire al massimo la partecipazione, abbassando il numero delle firme, ma non immettendo dentro questo ragionamento la precostituzione di situazioni che alterano, già dall'inizio, il principio della competizione.
Ecco, a me pare che questo sia il tema vero su cui stiamo ragionando, oggi, in queste ore, con gli interventi dei colleghi Pag. 40del Partito Democratico che si svolgeranno in maniera successiva - abbiano iscritto l'intero gruppo -, perché quello che vogliamo affermare è esattamente questo: evitare che attraverso emendamenti, come è avvenuto sempre quando si vuole discutere di leggi elettorali o di provvedimenti che, in qualche modo, riguardano la rappresentatività, la rappresentanza, ci sia da parte dei gruppi politici il piegare i propri ragionamenti rispetto all'esito finale che sta solo nelle mani dei cittadini elettori.
Questa è la questione di fondo, mi pare; ed è talmente vero questo tipo di ragionamento che è evidente che quell'emendamento che è passato in Commissione tenta, in qualche modo, non di favorire una soluzione ma di imporre una soluzione. Guardate, non è semplicemente una differenza linguistica, il favorire una soluzione dall'imporre una soluzione, perché attraverso l'idea di imporre le soluzioni c'è un modo di ragionare intorno alla rappresentanza che non fa i conti sul senso e sull'essenza della democrazia.
I partiti politici che si sono già presentati hanno questo esonero, lo hanno, non per il fatto di essere una casta protetta, ma perché sono partiti, alcuni anche storici, che sin dalla fondazione - poi c'è stato un mutamento tra l'inizio della nostra Repubblica ed oggi -, hanno mostrato un grande consenso elettorale e hanno un grado di rappresentanza nazionale da molto tempo. Che cosa si aspetta chi oggi ha questa forza di rappresentanza? Si aspetta di evitare di apparire, nei confronti dell'esterno, come un limite invalicabile alla partecipazione di altre nuove formazioni; ma alle altre nuove formazioni che vogliono competere dentro la questione elettorale spetta l'onere, il dovere, di essere rappresentanti di un'intera nazione, perché questo sono i gruppi parlamentari di Camera e Senato, lo sono persino i singoli parlamentari che sono svincolati dal vincolo di mandato. Tuttavia, proprio per questo, la necessità di raccogliere le firme è un dato importante per gli stessi movimenti o partiti politici di nuova formazione che si vogliono presentare.
Noi possiamo lavorare solo intorno ad una soluzione che preveda la riduzione del numero delle firme necessarie, elemento di favore che già c'era nel decreto-legge; il pensare di costruire intorno a questa questione elementi che fuoriescono da questo ragionamento del favorire la soluzione per imporre invece, ad alcuni, questo sì, l'esonero quasi per imposizione o per imperio, credo che sia esattamente il limite vero che ha contrassegnato parte di questa legislatura; dentro questo ragionamento non si fa un favore né all'idea di una partecipazione dal basso né a una ricucitura dei rapporti fra politica e cittadini. Ancora una volta, c'è l'idea che partendo da un principio giusto, quello di favorire la partecipazione, si pieghi la stessa partecipazione a nicchie molto consistenti che danno il senso ed il sapore non di un elemento dinamico della rappresentanza e della democrazia ma esattamente un'idea di conservazione. È per questo che noi in maniera convinta, riteniamo che quell'emendamento passato in Commissione sia stato un errore grave, un errore di miopia politica e a questa miopia politica non vogliamo dare nessun tipo di consenso e responsabilità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bordo. Ne ha facoltà.

MICHELE BORDO. Signor Presidente, come ha detto molto bene, pochi minuti fa, il nostro capogruppo Dario Franceschini, abbiamo scelto di iscrivere a parlare in questo dibattito tutti i deputati del Partito Democratico perché non possiamo consentire, non possiamo accettare che su questo provvedimento si facciano forzature normative. Una forzatura sarebbe, infatti, la norma introdotta stamattina in Commissione affari costituzionali per favorire un movimento politico che ancora non esiste nel nostro Paese, che ancora non si è costituito neanche in quest'Aula parlamentare, ma che qualcuno ha intenzione di presentare in occasione delle prossime elezioni. Noi siamo al paradosso, all'assurdità che questo Parlamento, dopo Pag. 41aver conosciuto in questi anni le tante norme ad personam che hanno favorito il presidente Berlusconi, oggi si trovi di fronte all'assurdità che c'è qualcuno che attraverso una forzatura vorrebbe che fosse introdotta nel nostro ordinamento una norma per favorire il partito che Ignazio La Russa vorrebbe presentare alle prossime elezioni con la scelta di separarsi dal Popolo della Libertà.
Noi, invece, avevamo provato nelle scorse ore, stamattina, in Commissione, attraverso un dibattito anche franco, ma pacato, a trovare una sintesi tra le posizioni dei diversi gruppi parlamentari, ma la richiesta di una norma per favorire qualcuno ha impedito che si potesse giungere ad un accordo. Io, invece, penso che vi sia necessità di fare chiarezza sul contenuto del decreto-legge e sul perché il decreto-legge è stato presentato, perché ho anche assistito al fatto che, fino a questo momento, in quest'Aula, molti sono intervenuti, ma falsificando la realtà, mistificando anche la discussione che abbiamo svolto questa mattina e raccontando cose che, francamente, non esistono da nessuna parte.
Il decreto-legge si è reso necessario perché, immaginando - come si era detto - che la legislatura potesse interrompersi anticipatamente, il Governo ha ritenuto di consentire, alle forze politiche che si sarebbero presentate alle elezioni, la riduzione del numero delle firme che, tra l'altro, già l'attuale legge in vigore prevede, qualora il Parlamento fosse sciolto anticipatamente nei termini di centoventi giorni. Con questo decreto-legge si riduce il numero di firme necessarie per presentare le liste e il Governo dice che è necessario questo decreto-legge perché, con lo scioglimento anticipato, riducendosi i tempi che i partiti hanno a disposizione per presentare proprie liste e quindi per raccogliere firme, è giusto che ci sia, accanto alla riduzione dei tempi, anche la possibilità di raccogliere meno firme. Il decreto-legge prevede, allora, la riduzione delle firme, stabilendo un tetto del 60 per cento e, per la verità, come ha detto poc'anzi l'onorevole Amici, introduce un elemento di novità rispetto al quale, noi stessi, già in sede di discussione in Commissione, con l'intervento del relatore, nel momento in cui abbiamo cominciato ad istruire il provvedimento, avevamo detto come obiettivamente si trattasse di un tema che bisogna approfondire. Ciò perché, tra le altre cose, nel decreto-legge si stabiliva la possibilità che la riduzione del numero di firme fosse consentita e riconosciuta anche alle componenti dei gruppi parlamentari, ossia alle componenti del gruppo Misto. Si tratta di una novità, perché una norma siffatta, anche quando in altre circostanze il Governo è intervenuto con decreto-legge per ridurre il numero di firme, per esempio nel 2008, mai si era previsto che anche alle componenti dei singoli gruppi venisse riconosciuta tale possibilità. Noi, rispetto a questo, avevamo chiesto un approfondimento. Avevamo chiesto un approfondimento e si stava discutendo di questa opportunità. Perché? Perché noi sappiamo anche che la legge in vigore, che è una legge in vigore dal 1957 (quella che dispone il numero delle firme da raccogliere e non quella che stabilisce le modalità con le quali si vota per il rinnovo del Parlamento), stabilisce che l'esonero dalla raccolta delle sottoscrizioni è riconosciuto soltanto a quelle liste espressione di partiti o gruppi politici costituiti in gruppi parlamentari purché in entrambe le Camere e all'inizio della legislatura in corso, al momento della convocazione dei comizi. È ovviamente molto chiaro cosa si vuole dire con questa norma che disciplina il procedimento che avvia la raccolta delle firme che ci porta verso le elezioni. La ratio di questa norma è che chi questa legge approvò - che è in vigore da molti anni - voleva stabilire che fosse legata la costituzione di un gruppo parlamentare al partito che si presenta all'elezione. La ratio è assolutamente chiara.
Questa norma doveva servire, e serve, per impedire che nel corso di una legislatura vi possano essere passaggi da una parte all'altra e si possano costituire gruppi ad hoc, si possano cioè costituire anche gruppi ad uso e consumo di singoli soggetti politici. Ed allora abbiamo anche Pag. 42detto: discutiamo rispetto all'eventualità che, comunque, una deroga possa essere riconosciuta a quelle forze politiche e a quei movimenti o gruppi presenti in Parlamento che, tuttavia, hanno un radicamento e rappresentano qualcuno nel territorio.
Ma riconoscere da parte nostra questa apertura e trovarsi, invece, di fronte al fatto che c'è qualcuno che non vorrebbe addirittura limitarsi a questo, ma andare oltre, cioè prefigurare già prima della presentazione delle liste il fatto che debba essere esonerato anche un partito o un gruppo politico che attualmente ancora non esiste in Parlamento, ma che si dovrà costituire - forse - se si ricompone il quadro del centrodestra, francamente ci pare una cosa assolutamente assurda e sul piano politico, oltre che giuridico, assolutamente anomala.
È una cosa che va certamente condannata, anche perché c'era qualcuno che diceva che la necessità della riduzione delle firme per tutti si poneva anche in ragione del fatto che c'è stato qualcuno che ha fatto di tutto e ha corso perché si arrivasse al più presto allo scioglimento anticipato delle Camere. È che, quando questa posizione politica o questa tesi viene esposta dai gruppi del centrodestra, francamente è una tesi che fa sorridere.
Infatti, ci troviamo di fronte al fatto che ci sarà uno scioglimento anticipato del Parlamento, non perché il Parlamento abbia deciso che era giusto arrivare allo scioglimento anticipato, ma ci troviamo di fronte allo scioglimento anticipato del Parlamento perché c'è stato un partito politico, un gruppo politico presente in Parlamento, il Popolo delle Libertà, che ha scelto di ritirare la fiducia a questo Governo, determinando le condizioni politiche attuali.
Altro che: «siamo di fronte allo scioglimento anticipato delle Camere». Sembra che nessuno abbia questa responsabilità e anzi ci sia qualcuno che vuole a tutti i costi votare quanto prima possibile. No, se ci troviamo in queste condizioni, è perché Berlusconi ha scelto di ritirare la fiducia al Governo Monti e di determinare questo quadro politico.
Allo stesso modo è falsa la tesi di chi vorrebbe dire che è necessario in questo momento riprendere la discussione, ridurre il numero delle firme, aprire a tutti la partecipazione in maniera indistinta, calpestando ogni regola che disciplina la nostra vita democratica alla vigilia di una competizione elettorale, perché non siamo riusciti in tempo a cambiare la legge elettorale, perché, se avessimo cambiato legge elettorale, probabilmente - qualcuno dice - oggi non ci saremmo trovati in queste condizioni.
No, anche rispetto a questo, c'è bisogno di fare chiarezza, perché se c'è stato qualcuno che ha impedito che in Parlamento si approvasse una legge elettorale, è stata la maggioranza di centrodestra con quello che ha deciso di fare al Senato, e adesso se ne comprendono anche le regioni. Infatti, era ed è evidente che Berlusconi solo attraverso questa legge elettorale avrebbe potuto, anche di fronte ad una sconfitta elettorale, prefigurarsi un manipolo di fedelissimi da riportare in Parlamento.
Questa è la verità, altro che legge elettorale e responsabilità, come se questa fosse di tutti e come se tutti avessero voluto non cambiarla. È vero che non è la prima volta che il Governo interviene prima di una competizione elettorale in materia di elezioni, ma è grave, nel momento in cui, su una materia come questa, bisognerebbe trovare la sintesi tra le forze politiche, e innanzitutto tra i relatori, è grave che ci si sia trovati di fronte alla necessità che uno dei due relatori si dimettesse, perché nel frattempo abbiamo subìto un sopruso, con un voto a maggioranza nella riunione della Commissione di quest'oggi.
È evidente che il quadro politico attuale è diverso da quello che avevamo a disposizione qualche giorno fa, anche da quello che avevamo a disposizione qualche anno fa. Dopodiché, però, è assurda l'idea che, siccome il quadro politico è cambiato, dobbiamo cambiare le regole in corso Pag. 43perché nel frattempo dobbiamo adattare le nostre regole democratiche, che disciplinano una competizione elettorale democratica, alla luce e in ragione di questi cambiamenti o di questi mutamenti del quadro politico. Ma, scusate, voi dite che dobbiamo consentire, alla data di oggi, la possibilità di una riduzione delle firme che servono per presentare la lista. E io dico: ma perché ci dobbiamo fermare a tanto? È un'assurdità, un paradosso: se, fra una settimana, cambia nuovamente il quadro politico, che facciamo? Riconvochiamo il Governo e approviamo un altro decreto-legge e, semmai, diciamo che anche le forze che nasceranno il 10 gennaio dovranno avere la possibilità di presentarsi alle elezioni senza raccogliere le firme?
Allora siamo seri, perché delle sceneggiate del centrodestra, del PdL, in questo Parlamento, non ne possiamo più. È arrivato il momento perché, anche rispetto a questo, si faccia molta, molta chiarezza. Il problema, infatti, non è trovare una sintesi tra di noi. Avevamo fatto uno sforzo stamattina perché si potesse arrivare anche ad un accordo. Il problema è evitare in questo momento che ci sia qualcuno che, per l'ennesima volta, voglia far passare solo con la forza dei numeri una norma che non serve a tutti, perché se noi parlassimo di una norma che serve a tutti se ne potrebbe discutere. No, dovete avere il coraggio di dire: noi stiamo facendo la forzatura e vorremmo anche il vostro consenso su questa nostra forzatura su una norma che non serve a tutti ma serve a uno, a un partito.
Dico ciò anche conoscendo la storia di chi oggi propone questa norma, Movimento Sociale Italiano, Alleanza Nazionale, partito che aveva circoli, sezioni, radicamento, poi specialmente in Lombardia. «Stendo un velo pietoso», diceva Giachetti, sul fatto che certo molti pensano che sia facile raccogliere un numero importante di firme, però è facile quando poi si scopre che le firme sono false. Su questo siamo assolutamente d'accordo. Ma al netto di questo, al quale pure voi ci avete abituato nei mesi scorsi e in altre competizioni elettorali, uno come La Russa, uno che ha quella storia, che ha 30, 40 parlamentari, non è in grado in 20 giorni di raccogliere le firme che sono necessarie per presentarsi alle elezioni? Francamente mi pare una cosa che non si può tenere sul piano politico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Pertanto dico che non possiamo accettare certamente forzature su questo punto. Vorremmo che si lavorasse per arrivare a una sintesi, ci sono le condizioni per fare questo lavoro e abbiamo anche indicato una strada sia nell'intervento dell'onorevole Zaccaria che nell'intervento dell'onorevole Amici. Spero che qualcuno, per la prima volta, dopo tanti anni, metta da parte il proprio interesse personale e guardi molto di più all'interesse del Paese. Sarebbe un bene anche per voi, per la prima volta, ma soprattutto sarebbe un bene per questo Paese e per la democrazia di questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fiano. Ne ha facoltà.

EMANUELE FIANO. Signor Presidente, non posso che condividere il senso delle ultime parole che abbiamo ascoltato. Se siamo qui questa sera, se siamo a discutere - e lo faremo con calma e a lungo, colleghi - della questione che ci è posta di fronte, cioè di un profondo dissenso su quello che viene richiesto da una parte dell'Aula parlamentare al resto dell'Aula sulla questione del decreto-legge in corso di approvazione, è perché abbiamo in corso la chiusura anticipata di questa legislatura.
La ragione è che noi stiamo per portare il Paese ad elezioni anticipate, alla luce di una scelta politica voluta dallo stesso gruppo politico (seppure ormai frammentato in più componenti), che oggi ci chiede di derogare alla prassi consuetudinaria e di modificarla ad uso e consumo proprio di una delle frazioni del gruppo del Popolo della Libertà, che ha determinato la chiusura anticipata di questa legislatura e pertanto ha determinato il ricorso anticipato alle urne. Ci si chiede, ora che siamo Pag. 44in questa situazione, una trattazione e una deroga diversa sulla questione dirimente di questo decreto-legge, che è la raccolta di firme per la presentazione alle urne di una lista elettorale. Dunque, il soggetto principale che ha determinato l'urgenza nella quale ci troviamo è il medesimo soggetto che ci chiede di derogare alle norme del decreto che è posto in essere, peraltro posto in essere dal Governo proprio per venire incontro alle necessità di una raccolta di firme improvvisa ed urgente.
Ovviamente, oltre a questo aspetto di una contraddizione in termini, per cui il soggetto, che ha prodotto tale situazione è, contemporaneamente, lo stesso soggetto che ci chiede di derogare alle norme nelle quali ci troviamo per effetto della loro determinazione politica, che ha portato allo scioglimento anticipato delle Camere, vi è anche stata (come già detto da altri colleghi e al riguardo esprimo la mia solidarietà al collega Bressa, nostro capogruppo, che era già relatore del disegno di legge di conversione di questo decreto-legge) una prassi di rottura rispetto a ciò che si è andato consolidando in questi mesi e mi riferisco ad una conduzione correlata tra i gruppi di maggioranza nella trattazione dei provvedimenti in discussione nelle Commissioni e poi nell'Aula.
C'è stata una rottura di un precedente accordo e di un precedente impegno. Peraltro, noi ci troviamo in una situazione anche particolare, perché tra poche ore (non saprei dire se queste ore saranno poche o tante), dopo la discussione di questo provvedimento, noi avremo da discutere il principale provvedimento economico che ci aspetta prima della fine della legislatura e cioè il voto sulla legge di stabilità. Peccato che il Popolo della Libertà, nell'autorevole esposizione che pochi giorni fa ha fatto qui alla Camera dei deputati il collega Alfano, segretario di quel partito, si era impegnato a portare a termine le votazioni che il Governo avrebbe sottoposto alle Aule parlamentari fino al voto finale sulla legge di stabilità e ciò per garantire un percorso rapido delle questioni essenziali. È evidente che il decreto-legge che qui abbiamo in discussione rappresenta proprio un elemento essenziale.
Quale è il nodo fondamentale che voi volete - onorevole La Russa ed altri colleghi della neo componente ex AN che si è formata - modificare in corso di discussione? Voi volete che si modifichi l'idea che sta alla base di questo decreto-legge e cioè l'idea che il decreto-legge elettorale fotografi la situazione di articolazione politica dei partiti e dei gruppi parlamentari alla data in cui questo decreto-legge viene convertito. Quella fotografia determina le condizioni e le garanzie con le quali le rappresentanze politiche del popolo già presenti nel Parlamento e quelle che non sono presenti nel Parlamento o che si vanno formando possano esercitare la richiesta di consenso agli elettori nelle urne.
Ma è necessario, per portare avanti quel ragionamento di rappresentatività, determinare quale è l'attimo in cui si scatta la fotografia e quale sia la condizione di rappresentanza dei gruppi politici nel momento di quella fotografia.
Voi ci chiedete una legge che sia elastica, in divenire; una legge, un decreto-legge che determini una fotografia che si può modificare nel tempo, che prenda come dato di fatto che esistono delle rappresentanze parlamentari costituende, che non sono ancora costituite, che non hanno quindi la caratteristica di identificare un gruppo politico, perché così non è ancora la situazione oggi, ma questa prassi è consolidata. L'argomento della rappresentanza politica di un gruppo parlamentare con i numeri che sono richiesti dal Regolamento della Camera è una prassi consolidata, è storica, è evidente la ragione per cui il legislatore si è dato delle regole chiare, stringenti per le quali una costituzione politica, una rappresentanza politica che ha formato un gruppo può, a sua ragione, dire di fronte all'elettorato: noi siamo già una rappresentanza politica, che svolge attività consolidata, che è organizzata come gruppo all'interno della Camera Pag. 45e pertanto vi chiediamo di confermare questa nostra presenza, questa nostra esistenza all'interno del Parlamento.
È evidente che noi non possiamo invece aprire le porte a qualsiasi tipo di deroga da questo principio, non possiamo dire che semplicemente per la ragione di essere presenti in Parlamento, semplicemente per essere presenti in Parlamento, non importa se un parlamentare singolo o dieci parlamentari o quindici parlamentari, noi possiamo derogare a quel principio di dimostrare quantomeno una determinata cifra di consenso nel Paese per essere autorizzati alla partecipazione alla competizione elettorale. D'altra parte non possiamo neanche renderci partecipi di una discriminazione fra coloro che siedono già in questo Parlamento e hanno una forma organizzativa che è inferiore alla dimensione necessaria per un gruppo e coloro che, al di fuori di questo Parlamento, hanno costituito un movimento politico, vogliono presentarsi agli elettori per chiedere la misurazione del loro consenso e hanno invece la necessità della ricerca delle firme, della raccolta delle firme e di un numero di firme che peraltro, in autorevoli interventi dei miei colleghi prima del mio, sono stati oggetto di una discussione che mostra che non c'è da parte del Partito Democratico una rigidità totale sulla quantificazione di questo numero di firme.
Però vorrei anche fare una considerazione politica a cornice di questa spiegazione del nodo che ci divide, perché è evidente che quello che sta succedendo all'interno del gruppo parlamentare del PdL, quello che sta legittimamente succedendo e che è già avvenuto nel corso degli anni di questa legislatura all'interno del gruppo parlamentare del PdL è questione sommamente politica, e non aritmetica: è la necessità evidentemente di alcune componenti di costituirsi in sottogruppi, di rendere manifesta la propria differenziazione politica da parte di alcuni rispetto al resto del gruppo da cui sono nati, con i quali e nella lista dei quali sono stati eletti e si sono fatti eleggere in questo Parlamento. È evidente che questa caratterizzazione, cioè il fatto che quello che era il più grande gruppo parlamentare all'interno di questo Parlamento, rappresentativo del più grande partito di questo Paese quando nel 2008 i cittadini furono chiamati alle urne, e il fatto che questo gruppo parlamentare rappresentativo di quel partito si sia a mano a mano andato sembrando e polverizzando in diverse componenti è un fatto politicamente del tutto legittimo, ma che modifica nei fatti la qualità e la quantità della propria rappresentatività popolare.
D'altra parte, il gruppo di esimi colleghi che va costituendo una nuova formazione politica e le cui opinioni abbiamo ascoltato negli autorevoli interventi del collega La Russa e del collega Corsaro si misurerà con gli elettori per verificare qual è la forza elettorale di questo nuovo raggruppamento, ma questo è un percorso politico del tutto legittimo.
Altra cosa è, di nuovo, in questo Parlamento, ritirare fuori la questione di una legge se non ad personam, perlomeno ad «particellam», cioè una legge fatta per una componente o una sottocomponente di un gruppo maggiore o di un partito maggiore. Il Governo è già venuto incontro alla questione che origina dalle vostre scelte politiche, perché vorrei anche ricordare che l'origine della disgregazione di quella maggioranza è antecedente ed è quella ha portato alla formazione di altri gruppi - penso a Futuro e Libertà - come conseguenza anche di quel precedente smembramento ed in questa vi è una parte della ragioni che ci portano oggi a vivere le ultime ore e le ultime giornate di questa legislatura e la chiusura anticipata della legislatura e dell'attività di questo Governo.
Ora, il Governo è già venuto incontro - come è noto - alle esigenze dovute alla repentina conclusione della nostra attività legislativa, perché il Governo ha già previsto - ed è giusto che così sia - il dimezzamento del numero di firme necessarie alla presentazione della lista elettorale di un movimento politico o di un partito politico. È impensabile che noi, in Pag. 46quest'Aula parlamentare, andiamo al voto di un provvedimento costruito sulle esigenze di una specifica rappresentanza politica che qui si va costituendo, non che è già costituita nella forma e nei numeri di un gruppo parlamentare. È peggio di una legge ad personam e questo anche dal punto di vista del principio di eguaglianza, che qui è stato autorevolmente citato nel senso del richiamo al dettato costituzionale anche rispetto a coloro che al di fuori di questo Parlamento saranno chiamati ad un obbligo, cospicuo, di raccolta di firme entro i tempi previsti dallo svolgimento delle pratiche elettorali e dai regolamenti.
Qui c'è un principio fondamentale da salvaguardare, quello dell'eguaglianza di coloro che si presentano di fronte all'elettorato; ovviamente il principio è anche quello dell'eguaglianza di coloro che votano, ma qui oggi noi ci occupiamo del comportamento di coloro che presentano la propria rappresentanza al giudizio degli elettori e noi non possiamo accettare che venga avanti, da parte vostra, la richiesta di un comportamento speciale per chi, per ragioni politiche legittime, ha modificato il proprio assetto e la propria struttura di rappresentanza, perché il principio della raccolta delle firme è un principio che io personalmente - lo abbiamo potuto ascoltare da tutti gli interventi del Partito Democratico - ritengo sacrosanto. Ci deve essere un legame tra l'idea di chiedere agli elettori, al popolo un consenso e la capacità di dimostrare già di avere un radicamento e la capacità di mobilitare intorno a sé un iniziale consenso che permetta di arrivare alla rappresentanza parlamentare dimostrando la propria identità e la propria capacità di rappresentanza. Queste sono la ragioni fondamentali per le quali noi non possiamo dare seguito a queste richieste che danno il segno, in parte ricattatorio, dell'idea che o si affronta come volete voi il problema della raccolta di firme, oppure non si va avanti. Noi staremo qui per il tempo necessario a dimostrare che sui principi, né questa volta, né in tutto il corso di questa legislatura, noi transigiamo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole De Biasi. Ne ha facoltà.

EMILIA GRAZIA DE BIASI. Signor Presidente, devo dire che sono abbastanza colpita dal fatto che siamo alla fine della legislatura, siamo sul rush finale e stiamo qui a discutere. Guardate, colleghi, penso che le persone ed i cittadini fuori non ci capiscano. Penso che non ci capiscano e penso che questo sia l'ennesimo divario che noi creeremo tra le istituzioni e i cittadini.
Lo dico perché è paradossale dover discutere di un provvedimento di urgenza, sebbene si sappia che, per quel che riguarda la raccolta delle firme, i provvedimenti di urgenza hanno un carattere transitorio. Però, noi siamo qui a discutere su un elemento che non esiste ancora e, quindi, la possibilità di gruppi che ancora non ci sono e di formazioni che qui dentro ancora non ci sono. Stiamo discutendo se possano o non possano raccogliere delle firme e se debbano o non debbano, per meglio dire, raccogliere delle firme. Anche questo è paradossale, perché ci si chiede per quale motivo le nuove formazioni, esterne al Parlamento, debbano raccogliere le firme mentre quello che, invece, succede qua dentro debba avere, come al solito, uno status particolare e privilegiato.
Ma, il secondo elemento drammatico, secondo me, dal punto di vista proprio della identità di questo Parlamento, è che non si può utilizzare il Parlamento come fosse il Risiko: annetto, dopodiché perdo, dopodiché me ne vado, pacchetto e spacchetto. Cosa siamo diventati noi? Un negozio che fa pacchetti natalizi? È drammatico e penso che i cittadini non tollerino ulteriormente una discussione del genere.
Per di più, poi, voglio dire che sarebbe giustissimo, se ci sono dei problemi, prevedere una diminuzione del numero di firme da raccogliere. E, tuttavia, ripeto che le firme vanno raccolte perché credo che diversamente si violi un principio democratico - che è un principio non secondario - che è quello dell'uguaglianza. Quindi, sono d'accordo con il collega Zaccaria: riduciamo, ragioniamo su una riduzione, Pag. 47pacatamente però, e prevediamo anche che si rispetti, appunto, il principio di uguaglianza. In altre parole, credo, signor Presidente, che le regole non possano essere piegate alla bisogna.
Io credo che l'altro tema sia come possa esservi oggi una rappresentanza che non derivi dalle elezioni. In quest'anno, molto difficile, abbiamo prodotto atti dal punto di vista formale non semplicissimi da digerire, per quel che riguarda i Regolamenti parlamentari e l'identità del Parlamento. Tuttavia, vi era una finalità superiore, che era il bene del Paese. Ora, però, noi sappiamo che la crisi della rappresentanza nel nostro Paese è arrivata a un punto molto alto, a un punto limite. Le persone desiderano partecipare, le persone desiderano scegliere la cittadinanza compiuta, cioè quando si può compiere fino in fondo l'esercizio, che compete a un cittadino, nella definizione della rappresentanza parlamentare che preferisce. Siamo già in debito pesante con la cittadinanza, perché non c'è la nuova legge elettorale e il fatto che non vi sia ha nomi e cognomi molto precisi in questo Parlamento. Quindi, ci troviamo già in una situazione di distanza altissima e in una situazione di debito pesante con i cittadini italiani e in più oggi, secondo alcuni, qui si dovrebbe proporre che si forma un gruppo, una volta approvato questo decreto-legge, e questo gruppo è esentato dalla raccolta delle firme. Ma, dove siamo? Io penso che vi sia un elemento che riguarda l'etica pubblica, l'etica pubblica! Ed è su questo che invito tutti a riflettere. Siamo a un passo dalle elezioni, rompere ulteriormente, sull'etica pubblica, con la società italiana sarebbe un vulnus troppo pesante da sostenere, anche per la nostra democrazia.
Noi siamo partiti, anni fa, con il sistema maggioritario, con un'idea di bipolarismo, siamo arrivati al massimo della frammentazione, oggi alla frammentazione estrema ed è già complesso accettare che si venga eletti in un gruppo e poi si passi da un'altra parte. È difficile! Lo è non per una forma di carattere parlamentare, ma è difficile, per un cittadino, sapere che ha votato una formazione politica e una persona in una formazione politica che poi si trova da un'altra parte. È già molto difficile. Vediamo di non creare ulteriore difficoltà.
Ciascuno, come è ovvio, ha il sacrosanto diritto di ridefinire la propria rappresentanza, ha il sacrosanto diritto di formare tutti i gruppi che vuole, ma nell'ambito di regole condivise, e non con fughe in avanti che io credo non servano assolutamente a nulla.
I cittadini reclamano trasparenza e chiarezza, ma le istituzioni pretendono linearità e rispetto delle regole, perché ne va della dignità della Camera dei deputati, del Parlamento e delle istituzioni italiane. Da questo piccolo emendamento su un provvedimento di urgenza, questo piccolo emendamento che sembrerebbe semplicemente poter favorire ciò che già c'è, credo che possa nascere un'ulteriore incomprensione con gli italiani. Ed è per questo che noi ci battiamo fino in fondo perché questo emendamento non venga approvato e si restituisca al Parlamento la dignità nei confronti della società, la dignità, che vuol dire rispetto pieno delle regole e non invenzione di regole alla bisogna e alla carta. Non siamo in un ristorante (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Scilipoti. Ne ha facoltà.

DOMENICO SCILIPOTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, ho seguito con attenzione questo dibattito all'interno del Parlamento, ma qualche riflessione la debbo fare e a voce alta. Si parla di fine legislatura, ma fine legislatura perché Monti verrà domani o dopodomani o la settimana prossima per dire che si dimetterà. Certamente la fine della legislatura non può essere attribuita alla responsabilità del PdL, perché il PdL ha detto che si asteneva, ma si asteneva con grande responsabilità, permettendo di andare avanti per finire la legislatura. Perciò chi parla un linguaggio diverso - permettetemi di Pag. 48utilizzare questa parolina, mettendola tra virgolette - è in malafede. Perché? Perché subito, nel momento in cui verrà qui Monti e si dimetterà, il Presidente della Repubblica la prima cosa che dovrebbe fare è dare un incarico per continuare, a un altro parlamentare o ritornare a dare l'incarico a Monti o a qualcun altro. Poi voi del PD ed altri che hanno sostenuto il Governo potreste continuare a sostenere il Governo e assumervi la responsabilità di non andare alle elezioni anticipate. Allora, basta parlare chiaro per farci comprendere e ognuno di noi assumerci la responsabilità di parlamentare all'interno di quest'Aula. Tutti sono responsabili. Chi fa alcune affermazioni di due parlamentari, di un parlamentare, di gruppi, di sottogruppi, qualcuno che utilizza vocaboli come «grossissimi» e utilizza vocaboli che sono stati utilizzati negli ultimi anni fuori da questo Parlamento: la casta che si chiude. Allora, dimostriamo al popolo italiano che non siamo casta. Non chiediamo le firme per nessuno. Diamo la possibilità a tutti di fare una competizione elettorale con grande responsabilità e chi ha più forza di portare all'interno del Parlamento i rappresentanti che li porti. Però, non si può dire di essere democratici e responsabili portando l'acqua al proprio mulino. Questo significa giudicare in modo non corretto gli italiani. Allora, se effettivamente qui dentro c'è la buona volontà - e io credo che di buona volontà ce ne sia tanta: apro una parentesi, io ho appreso molto da molti di voi qui dentro - allora, se ci dovesse essere veramente questa grande responsabilità, fate un grande atto di coraggio: apritevi al popolo, aprite le porte di questo palazzo e date la possibilità a chi vuole presentare liste sul territorio nazionale - visto che siamo in un momento di grande difficoltà ed emergenza - di presentarle senza raccolta delle firme. Questo significa aprirsi, questo significa parlare nell'interesse dei gruppi che non sono rappresentati all'interno di questo Parlamento. Questo è un linguaggio che dovrebbe essere parlato all'interno e fuori dell'Aula.
Questo era quello che dovevo dire, a voce alta, signor Presidente, ed era ed è una mia riflessione. Spero che questa riflessione possa essere, ma mi auguro che sia, condivisa più possibile dai parlamentari per far sì che stasera dalla Conferenza dei presidenti di gruppo si esca unanimi nel dire: inseriamo all'interno di questo decreto-legge, che poi convertiremo in legge, la possibilità ai gruppi che vogliono rappresentare gli italiani di competere alle elezioni nazionali, alle elezioni di Camera e Senato, senza raccogliere firme (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole D'Antona. Ne ha facoltà.

OLGA D'ANTONA. Signor Presidente, siamo alle ultime giornate della nostra attività parlamentare, stiamo andando verso lo scioglimento delle Camere per volontà di uno dei gruppi parlamentari che ha deciso che questo Governo dovesse terminare anticipatamente il suo compito.
Ci troviamo ad affrontare nuove elezioni e a chiedere il consenso dei cittadini che dovranno eleggere le loro rappresentanze con una legge elettorale che, da più parti, è stata denominata, ahimè, con un termine dispregiativo che tutti conosciamo e che non voglio ripetere qui, una legge che tutti noi avremmo voluto cambiare, forse. Dico tutti noi, ma in realtà sappiamo che non è così, non la si è voluta cambiare. Invece di affrontare il tema della riforma elettorale - abbiamo avuto tutto il tempo per farlo, quasi cinque anni di legislatura - ora ci presentiamo di nuovo ai cittadini senza dare loro la possibilità di scegliere i loro rappresentanti, tanto che il nostro partito, il Partito Democratico, ha affrontato le primarie pur di cercare il consenso dei cittadini, pur di dare loro la possibilità di esprimere una rappresentanza. Avremmo invece voluto affrontare queste elezioni con una legge elettorale diversa che ricostituisse, in qualche modo, un rapporto vero tra l'eletto e i cittadini, tra questi e le loro rappresentanze. Questo, purtroppo, non è Pag. 49possibile. Noi chiudiamo questa legislatura ancora con una brutta pagina.
Siamo qui a discutere della riduzione del numero delle firme necessarie per chi deve presentare delle nuove liste, situazione che si è determinata in seguito al fatto che chiudiamo la legislatura e andiamo ad elezioni anticipate. Quindi, per la preoccupazione di fugare il sospetto che la legislatura si sciogliesse, per impedire ad alcune nuove formazioni di presentare le proprie liste, è stata fatta la scelta di una deroga. Dunque, questo decreto-legge - come ha spiegato molto bene l'onorevole Zaccaria - ha lo scopo di favorire la possibilità per le nuove liste di poter partecipare. Si è scelto quindi di derogare al decreto del Presidente della Repubblica n. 361, del 30 marzo 1957, e dimezzare, ridurre, il numero di firme perché le elezioni anticipate avrebbero creato difficoltà alla presentazione di nuove liste.
Purtroppo è avvenuto un fatto che riteniamo molto spiacevole, tanto spiacevole da aver messo uno dei due relatori, l'onorevole Bressa del Partito Democratico, nelle condizioni di dimettersi. Perché? Perché nel Comitato dei nove, con delle alchimie dell'ultim'ora, si è presentato un emendamento che consente alle nuove formazioni, determinatesi peraltro legittimamente, di andare in deroga e presentare nuove liste, o liste che si dovranno, probabilmente, ancora costituire, senza raccogliere le firme necessarie.
Ora, è stato detto da altri colleghi prima di me che la raccolta delle firme ha un senso, ha un suo valore, che è quello di dare un peso, una rilevanza, di dare un ordine: chi presenta una nuova lista deve dimostrare di avere un peso, di avere dietro di sé il consenso di un numero rilevante di cittadini. Questo è il senso, quindi questo decreto di deroga non ha la finalità di abolire completamente le firme per tutti ma di ridurre il numero delle firme per consentire, per facilitare la rappresentanza delle nuove liste.
Da qui ad adottare invece provvedimenti di deroga che costituissero di fatto una disuguaglianza tra chi è dentro e chi è fuori dal Parlamento è una cosa che il Partito Democratico non può accettare. Ecco, devo dire che a livello personale, così come il collega Giachetti (in questo caso sono d'accordo con lui), per me sarebbe stato giusto che tutti raccogliessero le firme, perché chi ha consenso oggi è bene che dimostri di averlo anche domani e, quindi, qualunque lista vecchia o nuova non dovrebbe avere difficoltà, per presentare le sue liste, a raccogliere le firme che costituisce comunque un momento di contatto e di consenso, di rapporto con i cittadini.
Detto questo, che è una posizione mia personale (in assonanza con quella che ha espresso il collega Giachetti), vi è un principio di eguaglianza che credo debba essere mantenuto tra chi presenta nuove liste partendo dall'interno del Parlamento e chi invece le presenta stando fuori. Credo che questo principio di democrazia e di uguaglianza non debba essere disatteso, quindi noi del Partito Democratico ci opponiamo fortemente, ci siamo iscritti tutti a parlare, siamo qui con calma, con fermezza, con pazienza, ad esprimere, manifestare il nostro dissenso. Saremo qui, ci rammarichiamo che le nostre ultime giornate, che il nostro impegno di queste ultime ore di legislatura debbono essere impegnate su un tema di questo genere. Avremmo preferito temi un pochino più alti nella nostra attività politica e parlamentare. Comunque umilmente siamo qui e purtroppo il nostro impegno deve essere comunque rappresentato su qualunque tipo di tema, sia che sia di alto profilo, sia che sia di profilo meno alto come questo, e comunque, ecco, ci conforta il fatto che il principio di uguaglianza è comunque un tema che noi difendiamo e rappresentiamo.
Credo che possiamo fare questo con orgoglio, quindi continuiamo a dire che non possiamo in alcun modo accettare che all'ultima ora, nell'ultimo Comitato dei nove sia stato presentato un emendamento che disattende poi quelli che erano stati gli accordi e quello che era stato il lavoro lungo, paziente, in cui si erano trovate le mediazioni possibili tra tutti i gruppi parlamentari all'interno della I Commissione Pag. 50affari costituzionali. Quindi siamo qui nelle ultime battute di questa legislatura affrontando quella che sarà prossimamente una campagna elettorale, con i cittadini che ci guardano, che ci osservano, e io credo che noi stiamo (qualcuno l'ha detto prima di me) dando ancora una volta un'immagine che non è quella che i cittadini vorrebbero, che ci rende comunque distanti.
Infatti, in un momento come questo in cui il Paese sta affrontando grandi difficoltà economiche - sappiamo bene i problemi di lavoratori che hanno perso il posto di lavoro e hanno difficoltà a trovarne un altro, di giovani che ancora vivono nella precarietà, della scuola che sta affrontando un momento di grandissima difficoltà, di giovani studenti che manifestano nelle piazze perché si sentono non sufficientemente valorizzati -, noi siamo qui a disperdere le nostre energie, ma su cosa? Sul fatto che alcuni parlamentari, che legittimamente hanno dato vita a nuovi gruppi e che legittimamente hanno modificato la geografia parlamentare, non altrettanto legittimamente pretendono di presentare le loro liste in modo privilegiato rispetto, invece, ad altre formazioni che, fuori di questo Parlamento, avranno, al contrario, l'onere di raccogliere il consenso dei cittadini in un tempo più breve di quello che generalmente si consente per la raccolta delle firme. Quindi, mi auguro che, comunque, chi ha presentato questo emendamento voglia recedere dall'intenzione appunto di fare ulteriori forzature. Mi auguro anche che ancora ci sia la possibilità di trovare, all'interno di questo Parlamento, un accordo ragionevole e mi auguro, infine, che si possa chiudere onorevolmente questa legislatura, affrontare a testa alta una campagna elettorale, andando a cercare il vero consenso dei cittadini, non attraverso i soliti trucchetti della politica, ma attraverso un rapporto di trasparenza e di reciproca fiducia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fogliardi. Ne ha facoltà.

GIAMPAOLO FOGLIARDI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questa sera quando le famiglie si siederanno a tavola e, come di consueto, accenderanno il televisore per sentire le notizie dal telegiornale, avranno l'ennesimo messaggio di disgusto di fronte ad una notizia che, per l'ennesima volta, non farà altro che arrecare danno all'immagine di una classe politica che, invece, dovrebbe lanciate ben altri messaggi. Sono quelle famiglie che, nonostante i disagi, nonostante i problemi, nonostante le difficoltà, attendono le notizie, come ripeto, dai mass media, dai telegiornali e dai giornali-radio sperando sempre in qualche cosa di buono, sperando che il bene comune, l'interesse comune, abbia, da parte della classe dirigente, della classe politica, delle forze generali tutte, perché non se ne fa una distinzione, il sopravvento. Sono quelle famiglie che fanno fatica ad arrivare a fine mese e sono sempre di più; sono quei giovani che trovano una difficoltà enorme dopo tanti anni di sacrifici e magari di studio nel trovare un posto di lavoro; sono quelle madri e quei genitori che magari non riescono a far fronte a quei legittimi desideri dei propri figli in occasione delle imminenti festività natalizie e che vorrebbero magari togliersi il pane di bocca pur di poterlo fare e che, come ripeto, attendono da questa classe dirigente una qualche risposta concreta.
Ebbene, questa sera come dicevo ci sarà l'ennesima batosta ed il pensiero che nella testa di molti emergerà sarà quello di dire: ma come, oltre a tutto quello che siamo stati abituati a sentire in questi ultimi tempi, anche ulteriori ennesime facilitazioni, ulteriori ennesime agevolazioni? Con un'interpretazione sottile - perché la sensibilità c'è ed è vasta -, un'interpretazione che dirà: non serviamo proprio a nulla, vogliono fare ancora una volta sulla nostra testa quello che vogliono loro. Il paradosso di questa situazione è che sia proprio una richiesta, un tentativo da parte di quella forza politica che in parte ha determinato l'anticipo di questa consultazione elettorale che nel giro di due mesi il Paese dovrà affrontare. È una Pag. 51consultazione elettorale delicatissima per il contesto soprattutto economico, ma anche sociale nel quale il Paese si trova e che ho brevemente accennato in questa mia introduzione, un contesto estremamente delicato anche da un punto di vista emotivo. Infatti la gente è esausta, la gente non ne può più.
Spesso abbiamo avuto la sensazione anche noi, trovandoci in ambienti pubblici, di un senso di intolleranza, di insoddisfazione, di sempre maggiore distanza da quelli che sono gli organismi istituzionali del Paese e quindi anche del ruolo che noi parlamentari in questo andiamo a ricoprire. Ecco allora che il paradosso è che se si fossero lasciate le scadenze naturali e quindi non si fosse tentato il colpo di mano per anticipare una consultazione per meri motivi di parte, si sarebbe potuto affrontare il tutto in una maniera più naturale, nel rispetto legittimo delle norme, in un contesto che non lasciava spazio a sotterfugi e a rincorse di meccanismi o di agevolazioni. Invece ripeto: proprio da parte di chi ha determinato questo, oggi si pretenderebbe di.
E la gente sicuramente questo non è più disponibile a tollerarlo. Ecco perché anch'io concordo con quanti precedentemente sono intervenuti per dire che il Partito Democratico è qui a ribadire la ferma opposizione a qualsiasi tentativo di fuorviare, di semplificare per rendere più agevoli manovre che disattendono la volontà dei cittadini, perché non sono manovre agevolative. Su questo eravamo d'accordo, i colleghi della Commissione lo hanno affrontato, la relazione del collega Bressa l'ha bene messo in risalto: siamo contrari a quelle forme agevolative che tentino, ancora una volta, di privilegiare interessi di parte, rispetto a quel bene comune che invece noi dovremmo affrontare.
Guardate, cari colleghi, che il messaggio che viene lanciato è gravissimo. Non possiamo sottovalutare. Non pensiamo di trovarci di fronte al solito piagnisteo di parte, ad un discorso di parte, di raggruppamento. È un discorso nell'interesse del Paese e dei cittadini, di un malessere profondo. Molti in questi giorni hanno consigliato a molti di noi di prendere le distanze da questi ruoli, di prendere le distanze da incarichi, di prendere le distanze da tentativi di nuova presenza in una campagna elettorale e, quindi, di una nuova presenza sulla sedie e nelle stanze di questo Parlamento.
Credo che questo sia un messaggio di una gravità inaudita: non era un messaggio intimidatorio, era un messaggio per dire, lo ripeto: guardate che la gente non ne può più. E poiché io ritengo che il Paese sia proprio sull'orlo di un tracollo dal punto di vista etico e morale, se non manderemo messaggi nuovi, credo che, mai come in questo caso, risuoni in queste stanze l'appello che un autorevole statista, Aldo Moro, inviò quando ci ricordò che il Paese non si sarebbe salvato se una nuova stagione dei diritti non fosse nata a fianco a quella dei doveri. Questo Paese non si salverà e la stagione dei diritti si dimostrerà effimera, se nel Paese non nascerà un nuovo senso del dovere.
Credo che l'appello forte, oggi, al di là dell'aspetto tecnico, istituzionale e politico e dell'aspetto di parte, debba essere quello di rilanciare questo messaggio forte: ritrovare, accanto ai diritti, una nuova stagione dei doveri per la ricerca di quel bene comune che la gente si aspetta anche dall'Aula di questo Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Maurizio Turco. Ne ha facoltà.

MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, vorrei sgombrare il campo rispetto all'emendamento che è stato presentato dal Popolo della Libertà rispetto a qualsiasi valutazione di ordine giuridico. Vorrei semplicemente ricordare, soprattutto a coloro che hanno fatto interventi di tipo giuridico, che, nel 2008, il «decreto Prodi» fu da noi votato - da noi votato -, da tutti coloro che, nel 2008, erano stati eletti in questo Parlamento e sostenevano il Governo Prodi: votammo l'esenzione per tutti i soggetti politici che potevano contare Pag. 52sulla sottoscrizione da parte di due deputati. Non eravamo interessati, ma lo votammo anche noi.
Signor Presidente, non so se, poi, alla fine, sarà possibile integrare questa mia relazione depositando la lista di voto, perché io penso che su queste questioni ci voglia anche un minimo di serietà politica. Io non so quanti colleghi abbiano letto la relazione introduttiva a questo decreto. La relazione introduttiva parla di una compressione notevole dei tempi per la raccolta delle numerosissime sottoscrizioni richieste dalla legge. Si parla di compressione notevole dei tempi, e va anche sottolineato di che tempi si tratta: di solito, le firme si raccolgono in primavera, non in inverno, non tra Natale e la Befana. Diciamo che sono delle condizioni ulteriori che non consentono particolare facilità. Ma vorrei anche ricordare che quando noi approvammo il decreto Prodi «taglia firme», lo facemmo il 24 gennaio e andammo a votare il 14 aprile: oltre due mesi dopo. Oggi, andremmo a votare fra poco più di quaranta giorni.
Io credo, signor Presidente, che sia importante rileggere ciò che il Governo ha scritto nella relazione introduttiva, perché ciò che il Governo ha scritto nella relazione introduttiva dice semplicemente una cosa: che le numerosissime firme stanno ad indicare una richiesta sproporzionata rispetto alle finalità della legge.
Infatti noi non possiamo non tenerne conto; io ho provato, durante i lavori della Commissione, a sollecitare il Governo a fare un piccolo esercizio: andare a leggere la sentenza di condanna della Bulgaria, che è stata emessa dalla Corte europea dei diritti dell'uomo appena il 6 novembre scorso. La Corte europea dei diritti dell'uomo ha condannato la Bulgaria perché, se uno Stato modifica troppo spesso le regole elettorali fondamentali o se le modifica alla vigilia di uno scrutinio, rischia di scalfire il rispetto del pubblico per le garanzie che si presume assicurino libere elezioni o la sua fiducia nella loro esistenza. Cambiare le leggi elettorali o cambiare le procedure per accedere alla competizione elettorale è un danno che non viene fatto alle forze politiche, è un danno che viene fatto, innanzitutto, ai cittadini. Lo ripeto, è un danno che viene fatto, innanzitutto, ai cittadini! Tant'è che la Corte europea, condannando la Bulgaria, ha detto che anche le condizioni di partecipazione all'elezione imposti alle formazioni politiche fanno parte delle regole elettorali fondamentali. Nei sistemi elettorali che impongono un certo numero di condizioni specifiche alle formazioni politiche perché esse possano partecipare allo scrutinio, l'introduzione di nuove esigenze, poco tempo prima della data delle elezioni, può indurre, in casi estremi, alla squalifica d'ufficio di partiti e coalizioni di opposizione che beneficiano di un sostegno popolare e così avvantaggiare le formazioni politiche al potere. Va da sé che una prassi simile è incompatibile con l'ordine democratico e scalfisce la fiducia dei cittadini; lo ripeto, dei cittadini, non delle forze politiche; scalfisce, infatti, la fiducia dei cittadini nei poteri pubblici del loro Paese.
Ancora, per quanto riguarda il termine di un anno, ricordo che abbiamo anche sentito, da parte della Presidenza della Repubblica, che il termine di un anno lo stabiliva una norma, anzi, una raccomandazione senza alcun valore; la Corte europea dei diritti dell'uomo sottolinea che il termine di un anno raccomandato dalla Commissione di Venezia per l'introduzione di modifiche alla legislazione elettorale, nel caso della Bulgaria, non è stato rispettato. L'emendamento che stabilisce il numero di firme necessarie per presentare le liste è intervenuto due mesi prima della data delle elezioni e un mese prima della scadenza del termine per la presentazione delle candidature dei partiti alla commissione elettorale centrale. Questo brevissimo lasso di tempo lasciato a questi partiti certamente ha creato loro difficoltà non trascurabili. C'è poi un passaggio che vi è dedicato, parliamo delle elezioni bulgare del 2005: la Corte europea dei diritti dell'uomo è del parere che un progetto di legge, che prevedesse queste stesse misure, avrebbe potuto essere introdotto, dibattuto, adottato e pubblicato, per esempio, Pag. 53negli anni 2002 e 2003, addirittura anche nel corso del primo semestre del 2004; questo avrebbe permesso di mettere in atto, in tempo utile, una soluzione adeguata al problema dei partiti politici fantasma, pur rispettando il principio della stabilità delle regole fondamentali della legislazione elettorale.
Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, vi ho letto la sentenza di condanna dell'Italia che interverrà nel momento in cui depositeremo gli atti parlamentari, quello che voi avete detto e scritto. Sempre nella relazione introduttiva - che si ha l'impressione che nessuno abbia letto - il Governo spiega perché c'è la necessità di emanare delle disposizioni urgenti per lo svolgimento delle elezioni politiche nell'anno 2013.
Scrive il Governo: la modifica si rende opportuna in quanto le forze politiche tenute alla raccolta delle firme per le prossime consultazioni non hanno presumibilmente avviato tale adempimento con il dovuto anticipo, poiché si era in attesa dell'approvazione delle nuove regole introdotte dall'auspicata riforma del sistema elettorale. E qui, colleghe e colleghi, rappresentante del Governo, dobbiamo intenderci: chi auspicava la riforma elettorale? Chi ha auspicato la riforma elettorale, in particolare negli ultimi sei mesi, attraverso gli organi di informazione pubblici, soprattutto? Il Presidente della Repubblica. Siamo stati gli unici a sottolinearlo, e sottolineavamo anche che il Presidente della Repubblica si sbagliava nel ritenere che voi avreste mantenuto la parola data. Si sbagliava nel ritenere che voi avreste voluto abolire il «porcellum», tant'è vero che non lo avete fatto. Non c'era una maggioranza? Basta votare per trovare le maggioranze. Il «più uno» fa la maggioranza. Volevate il «porcellum» e vi siete organizzati per il «porcellum», e oggi fate questi interventi. Ma nel 2008 c'era un'altra Costituzione? Quando avete stabilito - abbiamo stabilito, insieme -, di esentare le liste che avevano il sostegno di due deputati, c'era un'altra Costituzione? C'era un'altra legge elettorale? C'era un'altra Corte europea dei diritti dell'uomo? C'era un'altra Convenzione europea? No, era tutto uguale.
Io non vorrei che, nel nome di un rigurgito del fascismo degli antifascisti, la questione oggi fosse La Russa, perché il problema non è La Russa, il problema è la tenuta democratica delle prossime elezioni, della prossima scadenza elettorale. Chi frequenta l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa avrà avuto modo di sapere che vi è un aspetto non secondario. L'ho fatto presente in Commissione e mi si è chiesto: che c'entra? C'entra, è il contesto. Il Consiglio d'Europa spiega che vi è una questione di eguaglianza delle opportunità. E qual è lo scopo? Lo scopo è che le principali forze politiche possano farsi conoscere. Nel rispetto della libertà di espressione, tutti questi diritti devono essere chiaramente disciplinati e il non rispetto da parte delle autorità e da parte dei partecipanti alla competizione elettorale deve essere oggetto di sanzioni appropriate.
Scusi, sottosegretario, qual è la sanzione appropriata per coloro che, per cinque anni, hanno negato la possibilità che in questo Paese vi fossero le tribune politiche? Qual è la sanzione appropriata per coloro che continuano ad utilizzare soprattutto i mezzi di informazione pubblici a seconda delle loro convenienze? Posso fare un esempio? Il collega Donadi è sempre più spesso in televisione: cosa rappresenta più di noi sei? Rappresenta il fatto che costituisce di per sé uno strumento del regime per distruggere una forza politica. Oggi Donadi lo vedete tre volte a Porta a Porta, nei telegiornali; ma chi l'ha deciso? Sulla base di quali regole, di quali diritti, di quali principi? E sulla base di quali regole, diritti e principi, ad altri, per esempio i radicali, questa possibilità di far decidere ai cittadini chi scegliere? Non si fa decidere ai cittadini chi scegliere impedendo di presentare le liste. I cittadini possono scegliere anche per chi firmare. Oggi noi siamo stati messi nelle condizioni, in questi anni, denunciandolo Pag. 54puntualmente, di non poterci presentare alle prossime elezioni, alla prossima scadenza elettorale.
Siamo stati messi in condizione di non presentarci sulla base di una serie di attività che abbiamo puntualmente denunciato. L'Autorità sulle comunicazioni ha condannato, non una volta, la RAI e ha imposto alla RAi di risarcire e di fare dei dibattiti sulle questioni importanti per il Paese, non per Bruno Vespa, dibattiti sulle questioni importanti per il Paese, magari sulle questioni di cui si dibatte in Parlamento, in assenza ormai dei giornalisti che si occupano della cronaca parlamentare.
Ormai è tutto retroscena e gossip, ma c'è una cronaca parlamentare, ed è scritta nei nostri atti, ed è lì che possiamo trovare le contraddizioni dei nostri comportamenti. Ma c'è qualcuno che può spiegare perché, nel 2008, l'esenzione a due deputati andava bene e oggi a venti no?

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MAURIZIO TURCO. Può spiegare perché oggi si devono trovare degli escamotage per non far presentare il massimo numero di formazioni politiche che partecipano alla vita politica del Paese presenti in Parlamento, o non presenti, con un occhio di riguardo a quelli che non sono presenti?
Io vorrei rivolgere un ultimo appello al collega La Russa e ai colleghi che hanno fatto parte di una minoranza, ai colleghi della Lega, che sono stati minoranza in questo Parlamento: guardate che la legge elettorale non è un gioco tra maggioranza e minoranza.
La legge elettorale, per contribuire al gioco democratico, deve occuparsi delle minoranze, non degli interessi degli uni e degli altri. Non deve prevenire la campagna elettorale, o magari pregiudicare il risultato elettorale. Deve mettere nelle condizioni coloro che partecipano alla vita politica del Paese di poter partecipare alla competizione elettorale (Applausi di deputati dei gruppi Partito Democratico e Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rosato. Ne ha facoltà.

ETTORE ROSATO. Signor Presidente, voglio svolgere anch'io alcune considerazioni alla luce di questo dibattito e delle motivazioni per cui noi siamo qui in quest'Aula oggi, in un momento in cui nel Paese bisognerebbe occuparsi di tutt'altro e in un momento in cui anche i partiti ormai, dopo che il PdL ha tolto la fiducia al Governo Monti, dovrebbero prepararsi alle elezioni e non certo a dibattiti lunghi e poco interessanti in quest'Aula.
Noi siamo qui a difendere un principio di democrazia. Si tratta di un principio di democrazia che, come hanno ben spiegato prima di me soprattutto i colleghi Bressa e Zaccaria, ha dei paletti che sono di carattere generale e non derogabili. Le cose di cui stiamo discutendo servono, invece, unicamente a consentire a qualche micropartitino nato non ieri, ma... domani, di potersi presentare alle elezioni senza dover raccogliere le firme. Questo è il concetto che sta tenendo bloccata quest'Aula, mascherando tutto questo con la parola «democrazia».
Questo vuol dire che, se Beppe Grillo o altri movimenti, che pur nascono nel Paese, devono raccogliere le firme, è antidemocratico e le uniche affermazioni di democrazia possono esserci solo quando si ha un gruppo parlamentare nato dalla dissoluzione di un partito come quello del PdL, che era un partito. Solo quelli sono movimenti democratici e consentono la rappresentanza della popolazione.
Io credo che questo sia veramente assurdo e l'intervento che ho sentito prima da parte dell'onorevole La Russa, che cercava di argomentare come le sue ragioni fossero fondate su dei principi democratici, mi facevano veramente sorridere. È la rappresentazione di persone che sono costrette a stare tutte all'interno di uno stesso gruppo oggi per la casualità degli eventi politici e che devono cercare, in una legge che dovrebbe essere fatta su misura per loro, le motivazioni per cui noi dovremmo andare avanti, magari qualche settimana in più, rinviando ancora il voto, Pag. 55così come abbiamo sentito anche fino al dibattito di ieri sulla legge di stabilità.
Allora io penso che invece avremmo bisogno di fare, e di fare altro. Avremmo bisogno di razionalizzare i nostri tempi.
Avremmo bisogno di occuparci di un'approvazione rapida di questo decreto-legge per consentire a tutti - questo sì che è un principio di democrazia -, anche alle formazioni politiche non presenti oggi in questo Parlamento, di organizzarsi per la prossima campagna elettorale e per sapere con certezza quali sono i tempi, i numeri delle firme necessarie e i meccanismi elettorali. Poi avremmo bisogno di approvare rapidamente il disegno di legge di stabilità per dare garanzia a questo Paese che sui mercati finanziari c'è ancora un'attenzione agli interessi generali e collettivi e non c'è solo un'attenzione agli interessi di parte, come il PdL sta dimostrando in ogni occasione, su ogni provvedimento, su ogni singolo emendamento che passa in quest'Aula.
Penso che questo senso di irresponsabilità, che caratterizza tale azione politica, debba essere censurato in maniera pubblica e rigorosa da parte di questo Parlamento. Con questo decreto non stiamo solo approvando una norma necessaria. E ribadisco qui che il Governo ha fatto bene ad assumere certe misure. Anche io la penso come l'onorevole Zaccaria che avrebbero potuto fare una scelta molto più semplice, abbassando semplicemente, in una forma percentuale, il numero di firme necessarie, con un provvedimento che poteva essere semplice, comprensibile da tutti e senza strane alchimie. Ma, al di là del metodo scelto, che è un metodo sicuramente bizzarro, il contenuto è corretto, cioè consentire a tutti di potersi presentare e candidare non in base alla loro presenza oggi in Parlamento, frutto di divisioni e di spacchettamenti dei gruppi parlamentari, ma in base ad una rappresentanza reale nel Paese, rappresentanza che si vede anche nella capacità di raccogliere un po' di firme tra i cittadini che vogliono concorrere alle elezioni.
Invece torno sul tema di cosa dovremmo fare noi. Abbiamo un disegno di legge di stabilità che sta concludendo il suo iter tra Camera e Senato, che è sull'orlo della vigilia di Natale per la sua approvazione. Questa non è una preoccupazione per cosa faremo nei prossimi giorni, ma è una preoccupazione perché da quel disegno di legge di stabilità dipendono molte scelte che interessano agli italiani. Dipendono le scelte che riguardano i comuni e gli enti locali per chiudere i loro bilanci. Il disegno di legge di stabilità riguarda comparti importanti del Paese: in esso ci sono le risorse per il terremoto e per i danni delle alluvioni, ci sono le norme che riguardano le assunzioni nel pubblico impiego. Noi, invece, siamo qui, costretti dall'ostruzionismo di un pezzettino micro del PdL a dover perdere tempo.
Quindi penso e mi auguro che la Conferenza dei presidenti di gruppo, convocata tra poco, metta chiarezza, faccia ragionare anche chi non vuole ragionare e faccia mettere da parte gli interessi di parte, per consentire di approvare un provvedimento che si occupi degli interessi generali, ossia di fare delle elezioni che siano competitive, dove ognuno possa concorrere liberamente, dove le formazioni nuove possano raccogliere le firme e si possano presentare, ma dove ci sia un principio generale, cioè che non si fanno le norme a vantaggio di qualche singolo parlamentare che qui siede e pensa di avere un diritto più degli altri (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Villecco Calipari. Ne ha facoltà.

ROSA MARIA VILLECCO CALIPARI. Signor Presidente, noi del Partito Democratico siamo abbastanza attoniti di fronte alla situazione che qui si è creata. Siamo agli sgoccioli di una legislatura, una legislatura molto complicata, una legislatura che sta finendo per la volontà di una forza politica che, tra l'altro, ha appoggiato questo Governo tecnico e che all'ultimo momento si è sfilata in una maniera assolutamente incomprensibile, anche per Pag. 56gli italiani. Ancora oggi i cittadini italiani ci guardano, secondo me, con uno sguardo allibito.
Stiamo discutendo, alla vigilia dello scioglimento delle Camere, di un decreto su una questione che riguarda tutti e riguarda soprattutto il Paese, ossia di una prossima campagna elettorale, di quali saranno le forze politiche che, in effetti, i cittadini andranno scegliere per la formazione del prossimo Governo e di chi, quindi, dovrà gestire ancora una crisi che sta attanagliando le persone, le famiglie, la loro vita quotidiana. Di fronte a questi problemi, quello che avviene qui dentro, secondo me, è assolutamente per loro incomprensibile.
Credo che l'onorevole Zaccaria abbia dato chiaro il segno di quello che è il vero problema che qui si sta discutendo. In effetti, questo decreto prevedeva una possibilità di riduzione, proprio per anticipazione dello scioglimento delle Camere e quindi di quello che doveva essere il normale corso delle formazioni politiche che si andavano a presentare.
Ma tutte le mediazioni - anche l'onorevole Zaccaria ne ha indicate alcune - sono ovviamente possibili tra forze politiche. Ma le mediazioni non possono venir meno a quelli che sono i principi fondamentali di una Repubblica democratica, che si fonda, tra l'altro, sulla rappresentatività parlamentare. Allora, come si fa a pensare di poter far rappresentare ancora in questo Parlamento l'orrore che i cittadini hanno visto in questi anni: il trasformismo di deputati che hanno creato gruppi parlamentari inesistenti e che non avevano una reale consistenza nella società italiana, che non hanno nessuna rappresentanza vera nel Paese. Oggi dovremmo premiare queste persone e questo è assolutamente non solo incomprensibile, ma è veramente uno schiaffo al concetto di rappresentanza democratica all'interno di un Paese. Questi sono i principi fondamentali per cui noi oggi siamo dichiarando - uno dietro l'altro, tutti i parlamentari del PD - la nostra assoluta incomprensione dell'atteggiamento che il PdL e che l'onorevole La Russa qui hanno indicato.
Noi non riteniamo che non sia possibile pensare di ridurre la percentuale di firme necessaria, vista l'accelerazione dello scioglimento delle Camere. Noi abbiamo però bisogno di una chiarezza che qui non si sta facendo ed è alla fine deplorevole quello che sta avvenendo. Non vorrei usare parole che sembrano forti, ma che non sono paradossali in questo momento, perché il Governo aveva già previsto una riduzione e, quindi, un dimezzamento del numero di firme, proprio per lo scioglimento anticipato delle Camere, ma quello che sta succedendo è peggio che una legge ad personam: è una legge ad personam elevata all'ennesima potenza. Se il decreto-legge venisse approvato entro stasera, si costituiranno quindi un gruppo di 20 persone o altri gruppi di 20 persone alla Camera dei deputati e questi non dovranno raccogliere le firme nel corso di questo breve lasso di tempo che ci separa dall'inizio della campagna elettorale vera e propria e dall'indizione dei comizi.
Signor Presidente, qui non è un problema solo di Regolamento, qui c'è un problema veramente di principio e di comportamento leale tra forze politiche ed è questo quello che noi stiamo sottolineando. Forse il Governo in buona fede, in effetti, ha aperto - come anche ricordava il nostro collega Zaccaria - con quel termine «componenti» che è diventato un termine di dubbia portata. In effetti, da lì inizia il problema che è una porticina attraverso la quale poi tutto questo si è scatenato. L'emendamento presentato in Commissione ha provocato un vero e proprio baratro, perché naturalmente è chiaro che alla fine di una legislatura ognuno cerchi di farsi ovviamente i suoi conti e questo i cittadini lo capiscono, lo capiscono perfettamente e io penso che sanzioneranno coloro che questo stanno facendo, oggi, in questo Parlamento.
Non ci si può costruire un vestito su misura. È la stessa cosa che diceva che anche il collega Giachetti: la legge elettorale non si fa alla fine di una legislatura Pag. 57guardando i sondaggi. Non è questo che tutela una vera democrazia in una società avanzata come quella italiana. Non è questo che i cittadini chiedono alle forze politiche. Continuiamo a fare, in effetti, nient'altro che il gioco di coloro che sostengono che il Parlamento a questo punto è costituito soltanto da persone che con tatticismi pensano ai loro interessi personali. Noi ci rifiutiamo di essere omologati a questo tipo di logiche e, soprattutto, ci rifiutiamo di cadere nella trappola del tatticismo, perché i cittadini di questo Paese non posso accettarlo. Altrimenti qui si costituiranno gruppi che non li rappresentano, ma soltanto raggruppamenti ad hoc intorno a persone che appunto costruiscono strategie preelettorali che nulla hanno a che fare con le esigenze di tutela del bene comune degli italiani.
Colleghi, fate una riflessione: la mediazione è ancora possibile.
Troviamo un punto di incontro, come diceva anche l'onorevole Zaccaria, su un'eventuale riduzione percentuale che sia chiara per tutti, ma che tenga conto anche di ciò che è rappresentativo all'interno di questo Paese e che già in effetti ha le sue rappresentanze in enti locali, ciò che è avvenuto appunto durante le elezioni amministrative. Sarebbe un atto che i cittadini italiani capirebbero e soprattutto ridarebbe onestamente, secondo me, stima nei confronti di tutti noi parlamentari (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fontanelli. Ne ha facoltà.

PAOLO FONTANELLI. Signor Presidente, ho sentito in alcuni interventi un appello rivolto al collega Bressa e al gruppo del PD a rivedere la posizione che abbiamo preso, come se questa fosse, come dire, un colpo di testa preso all'improvviso, mosso da una volontà di chiusura rispetto al confronto che, seppure in pochissimo tempo, si è aperto nella Commissione e si è sviluppato. Allora, io credo che la posizione che noi abbiamo tenuto sia stata e sia tuttora una posizione di grande flessibilità, di attenzione, di ricerca di una intesa com'è necessario fare attorno ad una materia così importante e delicata come quella che tocca le regole.
Noi giustamente ci siamo inalberati rispetto ad una forzatura grave che è stata fatta nel Comitato dei nove attraverso l'approvazione a maggioranza di un emendamento che consideriamo sbagliato, che consideriamo non coerente con i principi di fondo, che consideriamo non coerente ed errato rispetto all'attuazione, alle forme di attuazione e alle modalità di quei principi che stanno, anche in maniera significativa, nel campo della raccolta delle firme per la presentazione delle liste alle elezioni.
Noi ci siamo sempre mossi e vogliamo continuare a muoverci secondo un appello che più volte molti gruppi hanno fatto, che il Presidente, il Capo dello Stato ha fatto più volte quando ha sempre sottolineato l'esigenza che quando si trattavano materie come queste, quelle della legge elettorale e delle sue modalità attuative, ci fosse il massimo di ricerca di un accordo. Le regole in genere dovrebbero essere fatte non a maggioranza, ma con un'intesa ampia.
Questo spirito noi vogliamo continuare a portarlo avanti, crediamo che sia quello giusto, che anche in questa occasione sia la strada più corretta da perseguire, soprattutto perché quando si tratta anche di materie come quelle delle modalità elettorali della raccolta delle firme si incrociano temi importanti come il diritto al voto e la partecipazione dei cittadini.
Ora, sarebbe buona cosa che comunque questa metodologia di confronto politico, che su materie come queste cerca l'unità, avvenisse lontano dai periodi elettorali perché, come dire, si discute più tranquillamente, più serenamente sulle norme, la discussione è meno inquinata da fattori immediati, da interessi particolaristici e può trovare le vie giuste per dare le risposte necessarie anche alle innovazioni normative che si ritengono necessarie e opportune. Noi oggi ci troviamo invece di fronte ad una forzatura praticamente nelle ultime ore di vita parlamentare di questo Pag. 58Parlamento e di fatto in contemporanea con l'avvio della campagna elettorale. Mi pare che già questo sia un elemento che sottolinea come sia inaccettabile introdurre forzature proprio in questa fase. Non si dovrebbero introdurre mai - dicevo - in materia ma tanto più non sono accettabili in un momento come questo.
Noi siamo a discutere su un provvedimento di carattere sicuramente straordinario che ha una finalità principale che tutti abbiamo colto che è quella - vista la riduzione dei tempi della campagna elettorale - di andare anche ad una riduzione del numero dell'onere della ricerca delle firme per presentare le liste, soprattutto tenendo conto che, in questa fase della nostra vita politica del Paese, si sono affermate domande nuove, presenze nuove e movimenti nuovi verso i quali sarebbe - questo sì - un segno di chiusura avere un atteggiamento che non considera le difficoltà che l'accorciamento dei tempi per le elezioni possa determinare, perché riconosciamo la piena legittimità di movimenti che si formano nel Paese che hanno un certo consenso, di avere la possibilità di concorrere alle elezioni.
Credo che questo spirito sia stato un intento giusto nel promuovere un provvedimento di questo genere, finalizzato soprattutto appunto a ridurre il numero delle firme da raccogliere. Noi diamo la nostra disponibilità piena ad andare in questo senso. Ma riteniamo che non sia esattamente la stessa cosa, perché qualcuno dice che noi vogliamo chiudere verso la democrazia e la partecipazione di tutti. Ma badate che la democrazia è una cosa che si fonda sulle regole e sul rispetto dei principi che sono collegati a questa regole. Se questo viene meno, di eccessi di democrazia si potrebbe morire e casi di questo genere ne abbiamo tanti. Quindi, credo che con questo spirito bisogna guardare alle cose.
L'emendamento che è stato presentato è tutt'altra cosa dal dire: costruiamo le condizioni perché anche quelle forze che nascono nella società e nella politica italiana, che vogliono essere rappresentate, non siano in qualche modo messe in difficoltà o discriminate. Questa è un'altra questione, è diversa, è diversa da una rappresentanza che nasce nel Paese che vuole esprimersi da interessi ed esigenze che nascono in una rappresentanza già fatta, ma che si scompone, e che si scompone radicalmente rispetto al mandato su cui è nata.
Oggi, se si va a parlare con i cittadini, con quelli che sono arrabbiati con la politica, che esprimono quella che viene chiamata l'antipolitica e che ce l'hanno con tutti, tra i fenomeni che citano più rapidamente quando dicono che i partiti sono tutti uguali è quanto avviene nella scomposizione e ricomposizione e moltiplicazione dei gruppi parlamentari, con tutto ciò che si portano con sé. Quante volte ci viene rimproverato? E giustamente, perché ci dicono: ma con quale mandato? Si elegge un Parlamento, si presentano delle forze politiche, ci si trova già nel mezzo della legislatura ad una moltiplicazione di gruppi, di spese, di comportamenti, di trasformismi, gruppi che nascono su una o poche persone e che non hanno più nessuna legittima rappresentanza nel Paese, che hanno tradito il mandato degli elettori.
Guardate, questa non è la medesima rappresentanza che può avere oggi un movimento che ci può apparire anche ostile. Non esultiamo di simpatia per l'affermazione e la crescita che dicono i sondaggi abbia un movimento come quello delle Cinque Stelle, anzi ne vediamo anche gli elementi di rischio e di pericolo per la democrazia proprio perché c'è un populismo che tende a colpire in radice l'idea della rappresentanza e della democrazia della rappresentanza. Quindi, ne vediamo la pericolosità, ma non per questo pensiamo che debba essere chiusa la possibilità di rappresentanza a quelle forze. Ma è altra cosa dal singolo, da due o da tre parlamentari che tradiscono il mandato per il quale sono stati eletti che si formano e pretendono, senza avere nessuna verifica, di avere una rappresentanza uguale a quella degli altri. Credo che questo non sia Pag. 59un modo corretto di ragionare rispetto all'attuazione dei principi e delle regole che riguardano questo capitolo.
Per questo io credo sia stata giusta la nostra posizione di reazione così forte a questo tipo di forzatura perché, badate, è davvero paradossale che noi si debba discutere e vedere approvato un emendamento che prevede la costituzione di una forza, che ancora non c'è, a cui già si dà la possibilità di non raccogliere le firme per presentarsi alle elezioni. È un'aberrazione dal punto di vista del principio. Questo è sicuramente non accettabile.
Proprio per tornare alle cose che dicevo prima, se vogliamo recuperare, invece, credibilità e fiducia verso i cittadini, se la politica e le forze politiche vogliono recuperare questo come uno dei temi fondamentali per rinnovare e rinsaldare la nostra democrazia, quella fondata, appunto, sui partiti e sulla rappresentanza, così come definita dalla nostra Costituzione, allora noi dobbiamo, invece, come dire, semmai denunciare questi fenomeni. Io vorrei vedere nel Paese una discussione, nei confronti dei cittadini, in cui si vada a spiegare provvedimenti di questo genere e una discussione che si fonda esclusivamente sulla pretesa di gruppi, che ancora non esistono, di diventare tali e di potersi presentare senza nemmeno raccogliere le firme.
Io credo che la raccolta delle firme sia un fatto importante e positivo di partecipazione democratica. Ma, volevo rivolgermi all'onorevole La Russa. Egli dice: «Sì, certo sono anche un fatto di mobilitazione. Io non ho paura». Allora, facciamolo! Se la raccolta delle firme è un fatto che motiva gli elettori e i cittadini, che li avvicina alla politica, facciamo quello. Perché dobbiamo dire di no alle firme e trovare meccanismi che ci portano fuori da quella strada e che la vogliono aggirare? Non è corretto, né giusto.
Io credo invece al fatto che, proprio come veniva detto, le firme siano un fatto importante e, anzi, se ci pensate bene noi abbiamo stabilito le firme persino per le primarie e ci sono stati candidati che le hanno raccolte. Le ha raccolte Bersani, le ha raccolte Renzi, le hanno raccolte gli altri. Vi è qualche candidato che non è riuscito a raccoglierle e non ha partecipato. Non è mica stata fatta la fine del mondo! Era democratico dire che anche senza firme potevano partecipare? No, perché stabilita una regola la si segue e la regola, oggi, è costituita dalle norme che abbiamo davanti e abbiamo una proposta che consente di andare un po' incontro, diciamo, alle novità che si muovono nella società italiana, senza alterare o tradire le logiche fondamentali del principio della rappresentanza democratica. Questo credo sia il punto che dobbiamo seguire.
Mi auguro sinceramente che nella Conferenza dei presidenti di gruppo vi sia una riflessione. Noi abbiamo anche avanzato delle proposte per uscire da questo stallo. Credo che se vi sia ragionevolezza si possa uscire trovando una soluzione positiva che, però, non può essere quella contenuta in quell'emendamento. Quell'emendamento deve essere ritirato e si deve trovare una soluzione diversa. Per questo credo sia importante che prevalga la ragionevolezza e che torni a prevalere l'idea che quando si tratta di regole di questo genere la via maestra da percorrere sia quella della ricerca di un'intesa, la più larga possibile (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Melis. Ne ha facoltà.

GUIDO MELIS. Signor Presidente, la legislazione elettorale costituisce in ogni Paese la grammatica sulla cui base si articolano le parole della democrazia. È un insieme di regole e di principi possibilmente coerenti che devono godere del consenso dei cittadini a rischio, altrimenti, di ingenerare devastanti fenomeni di abbandono delle istituzioni e di delegittimazione della democrazia stessa. Ciò ci ha indotto, nel corso della legislatura - e questo lo voglio rivendicare - a chiedere, pur essendo a lungo una minoranza in quest'Aula (e nell'Aula del Senato ancora di più), un'equa, radicale riforma del cosiddetto «porcellum». Pag. 60
Non lo abbiamo ottenuto. Abbiamo parzialmente rimediato in vista delle prossime elezioni introducendo, come Partito Democratico, le primarie per la scelta dei parlamentari, una misura che voglio rivendicare per la sua novità, che forse sarà copiata da qualcuno, in ritardo, e per la sua radicale capacità di mettere in crisi i temi e le polemiche dell'antipolitica. Ora gli elettori diranno per colpa di chi e per responsabilità di quali interessi questa legislatura si è chiusa sotto questo profilo con un bilancio così radicalmente negativo. Qui però discutiamo oggi di una questione apparentemente minore, ma in realtà centrale perché attiene all'accesso all'elettorato attivo, alle regole e alle disposizioni che consentono o non consentono di presentare una lista elettorale.
Non è, signor Presidente, questione da poco, non è questione di forma, adempimento puramente burocratico, come potrebbe sembrare. Esiste un fenomeno, che in questa fine legislatura si è accentuato in modo impressionante e scandaloso, che chiamerò il fenomeno della frammentazione estrema del corpo politico. È veramente paradossale che una legislatura, iniziata trionfalmente nel 2008 con il record di soli cinque gruppi parlamentari - ricordo che da ogni settore della Camera di quel record si menava vanto agli inizi della legislatura - si concluda tristemente con questa dispersione di gruppi e gruppetti, con questa patologica frammentazione, alla quale non corrisponde - questo è il punto - alcuna articolazione politica, né tanto meno ideale, ma solo esclusivamente un posizionamento di interessi particolari, schegge impazzite che provengono in gran parte dalla scomposizione del colosso dai piedi d'argilla della legislatura che abbiamo alle spalle. Parlo del Popolo della Libertà che, privato della sua identità politica, che non fosse la leadership del suo capo, con la caduta di questo capo cade anch'esso, sciogliendosi come neve al sole. Non è un bello spettacolo questo che date, colleghi, pretendendo che chi costituisce in poche ore, in tutta fretta, un gruppo di venti deputati possa essere esentato dalla raccolta delle firme per presentare le liste. Cosa temete? Perché vi accanite in questa sorta di assurdo accanimento terapeutico su un corpo politico che mi sembra già inerte? Vorrei dire, se non vi offendete, che è cadaverico. Vi accanite perché molte forze politiche che ricorrono alla segmentazione non sono in grado neppure di garantirsi la raccolta delle firme.
Noi del Partito Democratico, signor Presidente, siamo per difendere anche le piccole forze. Questo voglio che sia chiaro. Siamo sicuri, senza bisogno che nessuno ce lo debba insegnare, perché sta nella nostra tradizione, che le minoranze, specie quelle illuminate, possono essere il sale della democrazia. E soprattutto in società composte e di per sé frammentarie - complesse sarebbe l'aggettivo giusto - come sono quelle odierne, perlomeno in Occidente, questa difesa delle minoranze è sacrosanta e va mantenuta come un punto fermo. Però esistono pur sempre delle regole, che non si possono sovvertire all'improvviso con un colpo di mano, ed esiste il pudore. Voi ci proponete in pratica di aprire in quest'Aula un grande mercato, aggregando deputati alla rinfusa, in funzione non delle idee e dei programmi che li accomunano, ma esclusivamente del vantaggio che loro deriverebbero individualmente dalla raccolta delle firme e dall'aggregarsi in una formazione posticcia e virtuale. Ma vi rendete conto, colleghi, che in questo modo incentivate un artificioso processo di aggregazione, che contribuite allo spezzatino che affligge il nostro quadro politico, che date argomenti all'antipolitica? Avete teorizzato in passato le maggioranze composite ad organetto. Mi ricordo quando si menava vanto di tenere insieme, quasi fosse il Popolo della Libertà una cerniera, la Lega e altre formazioni che talvolta erano contrarie alle idee, all'ideologia e ai programmi della Lega stessa. Avete risolto contraddizioni di idee e di programmi anche radicali con mere operazioni volontaristiche, forse - dico sommessamente - distribuendo potere. Non è questo il metodo per risolvere le fratture che pure esistono nella società contemporanea e di cui i partiti sono l'espressione. Pag. 61
Il legislatore, signor Presidente, non dovrebbe agire sulla spinta di interessi particolari, mai, e in materie delicate come sono queste, che concernono le regole del gioco, dovrebbe, pur nella legittima diversità delle visuali di fondo che nessuno nega, essere capace di interpretare l'interesse generale. Qual è l'interesse generale? L'interesse generale è che il sistema sia incoraggiato, spinto, verso un certo livello di sintesi.
Tutti gli ordinamenti più evoluti in questi anni che abbiamo alle spalle - non solo l'ordinamento italiano, che pure si è mosso in questa direzione, ma gli ordinamenti europei, occidentali - hanno introdotto riforme volte ad assicurare la sintesi politica. È naturale che ciò sia avvenuto perché le società contemporanee, specie queste del 2000 con cui abbiamo a che fare, tendono sempre di più a sfarinarsi in una miriade di interessi, spesso molto minuti, e le forme istituzionali che un tempo consentivano l'accorpamento di questi interessi, oggi sono sempre meno capaci di realizzare questo scopo. Ecco perché si tende, oggi più di ieri, attraverso regole elettorali, a privilegiare le forze politiche che, come diceva bene il collega Zaccaria, hanno una certa consistenza nel Paese, che possono in qualche modo fare massa e raggiungere una certa consistenza. Ciò accade dappertutto nel mondo. Dove non accade l'effetto è perverso perché è un effetto di ingovernabilità.
Naturalmente, tra i due interessi in gioco che abbiamo ben chiari - l'interesse sacro della rappresentanza delle minoranze, che rivendichiamo, e quello della sintesi politica e della rappresentabilità - occorre stabilire un equilibrio, soppesarli attentamente, garantirli entrambi. A questo servono le regole che sono l'essenza del vivere democratico.
Ma, appunto, le regole vanno stabilite concordemente, nei tempi giusti, attraverso una riflessione pacata, possibilmente lontano dallo scontro elettorale, dal momento in cui queste regole devono essere messe in atto, cioè quando il materiale è freddo e si può ragionare, non quando è incandescente e tutti sono mossi da un interesse immediato. Non è la stagione giusta per fare questo tipo di riforme e, tanto meno, sono giusti i metodi seguiti, il colpo di mano attraverso un emendamento del quale noi chiediamo con forza il ritiro.
Siamo contrari alle soluzioni estreme, signor Presidente. Non è così, non è attraverso questo metodo che si può garantire il funzionamento corretto della democrazia. Non possiamo tollerare che si tengano in vita, come attraverso una terapia estrema, forze politiche che non sono tali, gruppi che non sono gruppi, che spesso si limitano ad una, due, tre personalità le quali, magari, non sono neppure d'accordo tra loro e che si aggregano soltanto per ragioni di vantaggio elettorale immediato.
Perciò siamo contrari all'emendamento in questione che sarebbe, certamente, l'ennesima beffa per gli elettori, l'ennesimo privilegio a vantaggio di chi, dopo aver aderito ai grandi partiti senza, evidentemente, avere valutato fino in fondo quale fosse il significato di quell'adesione, tradendo in qualche modo il mandato che aveva ricevuto dagli elettori, ha fatto del «turismo parlamentare» spostandosi da un gruppo all'altro sino a rappresentare, ahimè, soltanto se stesso. La democrazia ha delle regole, degli obiettivi, una filosofia di fondo che non può essere tradita impunemente.
Stiamo attenti a quello che facciamo in questa materia così delicata e così fragile, stiamo attenti perché le istituzioni non sono tanto robuste da tollerare simili operazioni funzionali soltanto agli interessi di pochi. Badiamo che non vi sia, proprio in coda alla legislatura, l'ennesima cattiva legge. Questa è una legislatura che purtroppo, a mio avviso, ha prodotto tante cattive leggi. Sarebbe l'ennesima beffa ad un elettorato che si aspettava una grande, consapevole e condivisa riforma elettorale, a cui diamo in pasto soltanto questa sorta di miniriforma che forse non potrebbe neppure essere definita con il sostantivo «riforma» (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Pag. 62

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Miotto. Ne ha facoltà.

ANNA MARGHERITA MIOTTO. Signor Presidente, questa discussione in questa Aula oggi, ormai alla fine della legislatura, ha un grande merito. Consente al Paese veramente di individuare le forze politiche e i parlamentari che non hanno voluto in questi anni cambiare il «porcellum».
È stato possibile con un colpo di mano, in poche ore apportare una modifica, perché conveniva ad alcuno, alla legge, e non si è voluto, invece, modificare la legge elettorale nel suo complesso come milioni di cittadini, di elettori hanno richiesto con i referendum, come ha chiesto ripetutamente il Capo dello Stato, come - sappiamo bene - ci chiede ormai la società italiana. Ebbene, coloro che si sono resi responsabili della mancata riforma del «porcellum» sono coloro che hanno votato quell'emendamento che in verità è funzionale ad un obiettivo di gruppo, di parte, vorrei dire degli insider.
Ma perché in queste settimane e nei mesi scorsi ci siamo più volte chiesti, anche in questa Aula, cosa si dovesse fare davvero per riavvicinare gli elettori alle istituzioni per ristabilire un rapporto di fiducia? Ma perché non si è fatto innanzitutto questa riforma, la riforma della legge elettorale che era così attesa? Conveniva mantenere il «porcellum» a coloro che hanno votato questo emendamento - diciamolo - vergogna. A me pare che si possano aggiungere, oltre naturalmente a tutti gli interessantissimi e illuminanti interventi del relatore Bressa (che ha fatto bene a rassegnare le dimissioni di fronte ad una situazione come questa) e del professor Zaccaria, due semplici sottolineature. La prima, che riguarda l'esigenza (mi sembrava che anche il professor Melis l'avesse detto poco fa) che quando si mette mano alle regole si dovrebbe ricercare un consenso largo.
Qui invece poche ore, anzi pochi minuti, un emendamento, una maggioranza interessata a qualche privilegio, e si cambiano le regole. Altro che ricerca di un consenso vasto. E ciò la dice lunga della cultura istituzionale che alcune forze politiche manifestano in questa circostanza. La seconda sottolineatura che mi preme fare, è che è stato detto dall'onorevole La Russa che questa sarebbe una modalità per aprire le porte alla società civile. Si sbaglia l'onorevole La Russa. Lo hanno detto anche altri colleghi ma io lo voglio sottolineare. Non scomodiamo il grande valore della partecipazione. Questo emendamento, che vi preghiamo ancora una volte di ritirare, è un incentivo al cambio di casacca. In questa legislatura i cambiamenti di casacca sono stati - ahimè - numerosissimi. Questo è un incentivo al cambio di casacca, e questo davvero è sconcertante! Non potete poi venire qui a lamentare la lontananza dei cittadini dalla politica quando date questi pessimi esempi.
E la nostra resistenza di fronte a queste manovre, davvero di basso cabotaggio, ha anche un sapore di indignazione, di fronte al tentativo di legittimare i comportamenti peggiori che ha avuto qualche nostro collega nel corso della legislatura: la trasmigrazione da un gruppo all'altro. L'utilizzo, in questo caso, dell'appartenenza ad un gruppo: con venti parlamentari si improvvisa un gruppo nella penultima seduta della legislatura per potersi avvantaggiare di un privilegio che compete, solo in questo caso, alla cosiddetta casta.
Io penso che sia una scelta sbagliatissima, scandalosa in questa fase. Il tempo che abbiamo in questi ultimi giorni di legislatura sarebbe stato opportuno dedicarlo e rivolgerlo a questioni più centrali per l'opinione pubblica e non marginali come questa perché, come ripeto, interessa forse il sottogruppo di un gruppo politico ormai in disfacimento che ha fatto così male al Paese in questa legislatura. Ecco, credo che ci siano anche degli elementi di altra natura che andrebbero sollevati, sicuramente non in questa sede, ma vedo che viene meno anche un principio delle pari opportunità, insomma una sorta di par condicio (il professor Zaccaria è più bravo naturalmente ad individuarli questi elementi); se, cioè, si dà un privilegio ad alcuni che stanno dentro il Parlamento, Pag. 63com'è stato detto diversamente da chi sta fuori, si tratta di una dispar condicio che credo vada severamente censurata.
Credo che sia una pagina bruttissima di questa legislatura e anch'io, quindi, mi aggiungo alle parole che i miei colleghi hanno già espresso in quest'Aula per chiedere un ravvedimento operoso. Siamo in una fase di pagamento della seconda rata dell'IMU e, quindi, fate un po' di ravvedimento operoso che forse sarà utile, non per il lavoro di quest'Aula sicuramente, ma sarà utile soprattutto per ridare dignità a quest'Aula e al Parlamento. Questo è davvero un dovere che dobbiamo sentire tutti e, quindi, dopo questa prova muscolare che avete fatto, ritornare, nell'ambito della discussione più consona, ad argomenti importanti come questi, perché il sistema delle regole che consente la rappresentanza democratica di un Paese non ha bisogno di colpi di mano, di blitz e di improvvisate maggioranze come quella che si è manifestata ieri e stamani (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lulli. Ne ha facoltà.

ANDREA LULLI. Signor Presidente, noi continuiamo nella nostra opera di denuncia e convincimento. Sono state già dette molte cose e io non è che voglio ripeterle. Qui la verità è una sola: il Popolo della Libertà ha deciso una propria strategia elettorale che è quella di presentarsi alle elezioni con altre liste satellite e fin qui è nel suo pieno diritto farlo. Quello che è un po' meno accettabile è che si possa pensare di piegare le norme e la legalità ad un disegno politico, perché questo è il punto, ossia in una scelta politica le regole si devono adeguare alla convenienza politica del momento. Io credo che questo la dice lunga e non è una novità che sia l'atteggiamento e la piega di un certo modo di pensare la politica che ha arrecato tanti danni al nostro Paese, prima di tutto il danno che ha prodotto una situazione di crisi molto più pesante rispetto a quella che potevamo dover affrontare. Ma c'è anche un'altra questione: ha contribuito molto alla crisi etica, dei valori di questo Paese e al discredito della politica nonché dei parlamentari, perché si è dato l'idea che in questa sede si lavora e si sceglie quale politica conviene e, di conseguenza, si accomodano le regole perché si possa fare quello che più ci piace, quello che è più opportuno fare.
Io credo che questa sia la cosa più grave del vostro atteggiamento.
Infatti, parliamoci chiaramente: vi sono le elezioni anticipate, quindi, vi è la necessità di prevedere tale possibilità a raggruppamenti che sono presenti in Parlamento, magari non in tutte e due le Camere, e a nuovi movimenti che stanno nascendo e che sono nati nel frattempo nel Paese. È giusto, credo, che si debba in qualche modo, se si ritiene in modo comune e se vi è questa istanza da affrontare, trovare un percorso, come era stato trovato. Ma se poi si arriva a piegare la norma e le regole alla convenienza di una scelta politica, si fa passare il messaggio - che io qui denuncio - per cui: se ci conviene, le regole ce le facciamo; devastante per il Paese. C'è un problema di legalità, ma c'è un problema anche di moralità. Infatti, queste sono le cose che poi alla fine arrivano ai nostri concittadini e che non fanno del bene all'autorevolezza delle istituzioni, a una libera competizione politica, che può essere anche durissima, ma che si deve confrontare sui problemi del Paese; quindi vi è sempre quel tentativo di occhieggiare alla furbizia, a chi è più furbo, a chi ne trova una di più, e non importa se questo significa che bisogna calpestare la regola precedente che comunemente tutti ci eravamo dati.
Io credo che questo sia il fatto più grave, perché tende a minare la coesione sociale e civile di una comunità che è il Paese. L'esempio che viene dato è un cattivo esempio. Io credo che noi facciamo bene a fare questa battaglia. Saremo disponibili a farla fino in fondo, non perché non vogliamo affrontare i problemi che possono essere risolti con una certa saggezza o con buonsenso, ma proprio perché non può passare il messaggio che le regole Pag. 64si aggiustano a seconda della convenienza politica del momento. Questo è inaccettabile. Anche moralmente è un segnale di degrado per il Paese, che non fa bene a nessuno di noi.
Per questo motivo spero che qualche ripensamento ci possa essere, che prevalga il buon senso, che prevalga cioè la voglia di trovare quelle intese necessarie che renderebbero opportuno l'avvio di una campagna elettorale con meno veleno possibile, ma che discute e che si confronta sui problemi del Paese, anche in modo duro, per carità, però che in qualche modo rappresenti ai cittadini la necessità delle alternative che sono in campo, i loro motivi, i loro valori e che comunque però attenga a principi etici importanti, che in qualche modo non partono dal presupposto, come appunto ho denunciato e come credo sia il vulnus più grave che abbiamo di fronte, che le regole si possono cambiare se la convenienza del momento ci dice che possono essere cambiate. Infatti questo è un messaggio che può veramente creare gravi problemi in un Paese che invece ha bisogno di ritrovare una sua dimensione civica, che ha bisogno di ritrovare fiducia in se stesso, che ha bisogno di regole definite, magari più semplificate, meno invasive della vita di ognuno di noi, meno invasive e anche più semplici, ma che siano chiare e che non possa passare l'idea che appunto le regole si cambiano se c'è convenienza di qualcuno a cambiarle, magari con un atto di maggioranza.
Infatti, io credo che questi siano un atteggiamento e un messaggio che vadano respinti: e noi siamo qui per respingerli e per testimoniare la volontà che la legalità e il rispetto delle regole siano un fondamento di una comunità, che si può dividere anche rudemente sulle sue varie opzioni politiche che ha di fronte, ma che salvaguarda i principi che dovrebbero accomunare noi tutti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Colombo. Ne ha facoltà.

FURIO COLOMBO. Signor Presidente, è un Parlamento triste questo che sta avviandosi verso la sua conclusione. È triste per una serata come questa, è triste per un evento che è anche abbastanza difficile da spiegare, se non fosse per lo shock che deve aver colpito una parte dei nostri colleghi, quando credevano di avviarsi a diventare un partito relativamente moderno e meglio organizzato, con un segretario relativamente giovane e che, all'improvviso, si sono trovati cadere, come un meteorite sulla testa, tutto il detrito che avevano accumulato in questi vent'anni di cattivo Governo e o di cattiva egemonia.
Posso capire che si perda la testa in situazioni di questo genere, e lo dimostra la fuga di La Russa che cerca al più presto la porta per trovare una situazione di salvezza per lui e per quel po' di destra che ritiene che gli rimanga; ma, nel momento in cui lo fa, stranamente, un uomo che, più o meno, totalizza due televisioni per sera, sente il terrore di non riuscire a raccogliere abbastanza firme. E, allora, provoca quella persecutoria mania del dire: no, nessuna firma; noi che siamo qui dentro, come degli Arcangeli Gabriele, possiamo discendere sui cittadini e chiedere ciò che vogliamo ai cittadini, ma non abbiamo bisogno che si dimostri, neanche lontanamente, che abbiamo un seguito.
Se si guarda al paesaggio disastrato che offre la nostra controparte, io direi che hanno profondamente bisogno di dimostrare - non solo gli Scilipoti, ma anche i La Russa - che hanno un qualche seguito da qualche parte. Infatti, si sente continuamente parlare di fratture, di divisioni, di componenti, di gruppi, di nuovi piccoli leader, di miniformazioni; si dividono in tutti modi, in tutti i tempi, in tutte le versioni possibili e, se volete, ci troviamo persino di fronte ad un gruppo la cui leadership è stata accettata come un fatto, ma mai dichiarata né come un diritto, né come un fatto politico, né come un evento sanzionato da qualcuno. Certo, per un partito che non ha mai fatto congressi, che non ha mai votato nulla, che non ha mai eletto nessuno, non è così innaturale chiedere che non ci siano firme per confermare la credibilità di coloro che, dall'interno di questo Parlamento - dopo essere Pag. 65migrati da una parte e dall'altra sotto i nomi più queruli e più civettuoli, inventando ogni forma di aggregazione, di organizzazione a uno, a due, a tre -, vogliono farci credere che, improvvisamente, là fuori, in attesa, c'è una massa, una folla di cittadini pronti ad accettarli.
Io vorrei ricordare a questi nostri colleghi e al loro colpo di mano che hanno tentato di fare, che hanno voluto fare portando a queste conseguenze in Commissione - a cui non si cederà da questa parte, per quanto ci riguarda -, che hanno votato la legge sul condominio, le modifiche sul condominio. E in ogni condominio non si accende il riscaldamento senza che la maggior parte dei condomini abbia dichiarato di essere d'accordo sui giorni, sull'orario e sulle condizioni che vengono stabilite e proposte dall'amministrazione. Abbiamo votato qui dentro - è recente - le nuove regole condominiali.
Ma come, volete sfuggire persino a regole condominiali in nome di una presunta massa di cittadini che vi stanno aspettando per incoronare Berlusconi II? Mi pare una mossa azzardata perché rivela una quantità di paure, di incertezze e di cattivo giudizio su voi stessi. Sapete benissimo di essere malamente divisi, di essere malamente contrapposti, di non avere mai dichiarato, nessuno di voi, in nessuna forma politicamente accettabile e giuridicamente consistente, che adesso avete un leader con il quale presentarvi alle elezioni. Non si capisce con quale senso della vostra immagine venite a raccontarci che sarebbe un favore, anzi, un diritto per coloro che hanno vagato o che stanno vagando da una parte all'altra di questa Camera diventare partito e presentarsi come partito senza una firma, senso un sostegno, senza una manifestazione di esistenza da parte dell'opinione pubblica come se beneficiassero di una benedizione speciale. Qui, il Parlamento sta rispondendo anche a molte difficoltà che l'opinione pubblica ha avuto nel giudicare ciò che accade qui dentro, molte difficoltà ma anche molte ragioni nel giudicare, qualche volta, anzi, non poche volte, malamente, ciò che avveniva qui dentro; rispondere che chi sta qui dentro ha dei diritti in più ed è uguale in modo diverso, come nella fattoria degli animali, non mi sembra una grande idea, non mi sembra la cosa giusta, non mi sembra qualcosa che noi potremmo approvare.
Signor Presidente, il tema che è stato sollevato e che appare relativamente marginale rispetto a tutto ciò che si sta discutendo in questo Paese, in questo momento, in questa Europa, in realtà è un lapsus notevole da parte dei nostri colleghi, non saprei dire se di maggioranza o di opposizione, perché non si sa di quale maggioranza si parlerebbe e si sa che si parla di una opposizione, ma la stessa non sa dire opposizione a che cosa e in nome di che cosa. In attesa che si sciolga la loro afasia posso solo interpretare questo gesto come, da un lato, la conseguenza, il frutto, la manifestazione di un panico, un vero e proprio panico nel doversi confrontare finalmente, fuori, con l'opinione pubblica vera e non con quella che giornali e televisioni di proprietà gli avevano mostrato fino a pochi momenti fa, dall'altra è un lapsus con il quale ci dicono che pensano che ci sia una esenzione, che chi vive qui dentro e vive in questa politica - che è stata per molti anni la loro politica, una loro esclusiva invenzione - goda di franchigie rispetto ai cittadini, franchigie che li esonerano. Per cui nel momento in cui si stava per compiere il gesto di rendere più facile l'accesso alla vita politica decurtando drammaticamente il numero delle firme necessarie per coloro che non sono mai stati in politica, in quel momento vengono avanti dicendo che loro sono più uguali degli altri e che ne hanno diritto. Vedete, fa effetto sentirlo dire da Scilipoti solo perché Scilipoti ha una splendida faccia tosta, ci ricorda di esserci, ci ricorda di aver fatto quello che ha fatto - è un suo inalienabile diritto ma anche una pagina triste, come si sa, di questo Parlamento - però sentirlo dire da La Russa ci dà molte notizie sulla prossima campagna elettorale perché vuol dire che ha molta paura; un uomo di una tale Pag. 66popolarità che polarizza un ristorante appena entra con la sua aria da avanguardista, teme di non avere le firme.

CARLA CASTELLANI. Va al diavolo!

FURIO COLOMBO. Teme che non gli dicano di sì, teme che non gli permettano di organizzare e di lanciare il suo straordinario movimento di una nuova destra.
È naturale che cerchi l'uscita di sicurezza, non è naturale che voglia, per quell'uscita di sicurezza, una priorità, come se fosse sul Titanic, scartando donne e bambini di terza classe e buttandosi da solo sulle scialuppe. Ciò non mi sembra neanche eroico nell'immagine che lui sembra avere della vita dei ricordi, del passato e di ciò che è accaduto in questo Paese. Per tutte queste ragioni, il PD non cederà a questa pretesa, non si tirerà indietro e non farà compromessi nel senso di tutto ciò che abbiamo detto qui oggi. Se li farà, li farà nel senso intelligente ed utile di trovare una via di uscita, perché in questo momento e in queste ore stiamo gravemente danneggiando quei cittadini che continuano, nonostante tutto, ad avere fiducia nel fatto che questo Paese abbia delle istituzioni credibili. Noi vorremmo continuare ad essere, fino all'ultimo giorno, domani o dopodomani o quel che sarà, un'istituzione credibile. Tentiamo appassionatamente e disperatamente di farlo con questi interventi dell'ultima ora, nell'ultimo giorno di un Parlamento che è triste, non tanto perché è vuoto in questo momento, ma perché è stato occupato così male, per una parte lunga, in cui ha dovuto subire una pessima maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lo Moro. Ne ha facoltà.

DORIS LO MORO. Signor Presidente, voglio iniziare con il dire che questo provvedimento, questo decreto-legge, è apparso fragile e sbagliato, nel punto delicato di cui stiamo discutendo qui questa sera, sin dal primo momento. Voglio raccontare all'Aula l'avvio della discussione in Commissione, perché la discussione è stata intensa, breve e complicata sia in Commissione che nel Comitato dei nove, così come, tra l'altro, è facile cogliere dagli interventi di questa sera. L'avvio della discussione è stato contrassegnato dal fatto che entrambi i relatori, sia pure all'inizio della discussione, quindi come prima impressione, e soprattutto il relatore Calderisi, che oggi è rimasto come unico relatore, hanno subito sostenuto, affermato, colto, la fragilità della lettera c) del primo comma dell'articolo 1. Ciò perché, mentre tutti si aspettavano - e ci aspettavamo - di dover discutere soltanto di riduzione del numero delle firme necessarie per il deposito delle liste, introduceva un elemento che era di novità, quello dell'esonero.
Ebbene, subito si è capito che c'era qualcosa che non andava, perché - qualcuno lo ha detto prima di me - questi provvedimenti ormai si fanno per prassi con decreto-legge e nessuno ha sollevato il problema che con decreto-legge non si farebbero leggi elettorali; si è data anche una spiegazione. Probabilmente, c'è da dire, che è sbagliato anche questo, perché è prevedibile che una qualsiasi legislatura possa essere interrotta anticipatamente e quindi il Parlamento - non necessariamente questo Parlamento, ma anche quello che ci sarà all'indomani delle nuove elezioni - farebbe bene a creare delle norme valide per qualunque fase, perché aspettare che stia per cadere un Governo per stabilire quali sono le regole e se serve o meno un accorciamento dei tempi e una riduzione del numero delle firme necessarie non è una bella cosa.
Ma io vi voglio anche introdurre anche un elemento che in tutta la discussione appassionata non è emerso e che invece ci ha colto di sorpresa, soprattutto come Comitato per la legislazione. Nel provvedimento, sempre in questa lettera c), si fa riferimento ad un concetto, che è quello di componenti. Il decreto-legge è destinato alla conversione in legge e quindi è destinato ad essere applicato nello Stato italiano e ad essere capito, oltre che letto, da Pag. 67tutti i cittadini italiani e da tutte le forze politiche, ma questo concetto di componenti non è un concetto con cui la legislazione italiana ha una qualche familiarità. È un concetto che appare soltanto nel Regolamento della Camera e non c'è alcun riferimento alle componenti nel Regolamento del Senato. Perché faccio questo riferimento?
Perché, in realtà, quello che c'è di sbagliato in questo provvedimento è che, a una lettura attenta, soprattutto delle parti più controverse - e parlo di questa parte che è la parte controversa - sia nella versione iniziale che nella versione poi emendata, si tratta di una fotografia. Non assomiglia, non sembra un provvedimento di legge, ma sembra un provvedimento. Qual è la differenza? Con un disegno di legge, con un decreto-legge da convertire, ovviamente, si affrontano questioni generali, non si fanno fotografie di una situazione realmente esistente che è facilmente leggibile con nome e cognome del gruppo parlamentare o comunque degli interessati.
Nei provvedimenti, invece, notoriamente si risolvono problemi pratici, conflitti che capita di dover risolvere, quindi anche avendo eventualmente chiara una fotografia della situazione critica che si deve risolvere. E allora quello che c'è di sbagliato è che, nella versione iniziale, si fotografa la questione delle componenti e, nella versione finale, si fotografa un'altra situazione, cioè quella dei gruppi esistenti e che ci sia anche una data entro la quale questi gruppi devono essere nati, cioè la data della discussione, la data di oggi. Questo è sbagliato ed è profondamente sbagliato, perché non è solo leggibile all'esterno, - noi ci dobbiamo preoccupare dell'esterno - ma è anche leggibile all'interno, come un errore profondo, e devo dirlo subito: non penso che il Governo in questo caso abbia commesso qualche errore, penso che non abbia molta importanza stabilire chi l'ha commesso per primo, e se è vero quello che ha detto l'onorevole La Russa, che ci sono state delle trattative, l'errore sarebbe ancora più grave, perché pensare, ipotizzare che questi errori siano frutto di mediazione con forze politiche con esigenze particolari, e cioè che il provvedimento sia nato proprio fotografando le situazioni di difficoltà e dando risposta a queste situazioni di difficoltà, non sarebbe veramente da Governo tecnico e quindi lo escludo da questo mio ragionamento. Il punto, però, è un altro: che non si possono introdurre normative generali come quelle dell'esonero a due giorni dalle elezioni.
Allora, dobbiamo capire se, come tanti hanno affermato in quest'Aula, è ragionevole pensare che la raccolta delle firme a sostegno delle candidature sia un fatto positivo o negativo. Molti hanno motivato perché sia democratico - perché non è nemmeno ammissibile che noi ipotizziamo che chiunque si possa candidare senza avere una qualche rappresentatività e senza avere la possibilità della raccolta delle firme - però tutti noi siamo consapevoli non soltanto del fatto che abbiamo davanti un tempo limitato, ma anche degli scandali che questa legislatura ha dovuto registrare. Non parlo di scandali verificatisi in Parlamento, ma in Italia. Noi ci siamo trovati anche ad affrontare indirettamente il problema delle firme false che sono state raccolte e oggi le agenzie hanno dato anche notizia di condanne per le firme raccolte, perché quando si hanno difficoltà si finisce per essere superficiali e sbagliare. Quindi penso che ridurre il numero delle firme, in presenza anche di tempi limitati e di un tempo limitato che cade proprio tra Natale e capodanno, sia chiaramente un fatto positivo, ma un fatto positivo per tutti. È un fatto positivo per chi non è in Parlamento ed è anche un fatto positivo per le forze politiche, per i politici che sono in Parlamento e che non sono nelle condizioni di esonero. Da questo a fare un salto logico e a creare nuove situazioni di esonero credo che ci sia un salto che ci porti lontano.
Qualcuno, tra l'altro, ha fatto riferimento a una normativa pregressa del Governo Prodi della quale io non sono innamorata - lo dico subito -, ma che aveva un merito. Infatti, dire «due parlamentari» non significava fotografare la Pag. 68situazione delle componenti, di chi c'era prima, di chi c'era dopo, ma significava «due parlamentari» e due parlamentari si potevano trovare dovunque, non solo per questa soluzione. Non credo di voler invocare questa soluzione, però è una soluzione che non era una discriminazione, a meno che il numero «due» non fosse discriminatorio. Invece, questo decreto-legge introduce delle profonde discriminazioni ed introduce argomenti che non capiamo all'interno e che, ancora di meno, potranno essere capiti all'esterno, né noi - in una fase così delicata della storia del Paese - ci possiamo mettere in condizioni di sostenere che il Parlamento italiano ha tenuto conto delle esigenze dell'onorevole Tizio, delle esigenze della componente con un'altra denominazione, e non ha tenuto conto delle pressioni di chiarezza che vengono dal Paese e del fatto che c'è chi potrebbe anche speculare su una situazione e su un atteggiamento difensivo assunto dal Parlamento italiano.
Ecco perché dico che si può sicuramente approvare un decreto-legge del genere, ma va proprio riformulato. Quella lettera c) probabilmente non ci doveva mai essere, così come non ci doveva essere l'emendamento. Dico anche che il relatore Bressa ha fatto bene a lanciare la pietra nello stagno e a creare questa situazione che si è venuta creando e che ha portato a questa lunga ed estenuante discussione, perché più si discute più si capisce che in fondo questo provvedimento non è figlio di nessuno. Infatti, Bressa è convinto, ma Calderisi era convinto quanto Bressa prima di assumere quella posizione politica. È ora di svestirci delle posizioni politiche nell'interesse di qualcuno.
Penso che sarebbe il momento che il Parlamento, soprattutto in questa fase finale in cui si tratta di votare, oggi o quando sarà, questo provvedimento e poi il disegno di legge di stabilità, assumesse un atteggiamento diverso, l'atteggiamento di chi sa che questa legislatura, che non è stata neanche sicuramente delle migliori, è finita e che dobbiamo semplicemente agevolare democraticamente la partecipazione di tutti, una partecipazione che dia anche fiducia a una popolazione che non ci deve vedere come una casta arroccata, ma ci deve vedere come i politici che si mettono in discussione. Noi, lo diceva qualcuno, lo abbiamo fatto anche con le primarie, che è un argomento anche difficile da affrontare per chi si dovrà battere per essere anche persino candidato, oltre che per essere eletto. Ma la democrazia ha tanti aspetti e un aspetto, quello con cui ci tocca oggi confrontarci, è quello delle regole, che devono essere generali, precostituite e non devono guardare agli interessi di nessuno. Questo farebbe bene a valutarlo l'intero Parlamento e credo che farebbe bene a valutarlo anche il Ministro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Gatti. Ne ha facoltà.

MARIA GRAZIA GATTI. Signor Presidente, dirò soltanto tre cose, due sono di contesto. Noi siamo a fine legislatura, una fine accelerata della legislatura che ci ha portato a dover ipotizzare un intervento come quello di cui si sta discutendo, in un quadro dove abbiamo una ostilità preconcetta verso la politica, una percentuale di astensione così alta, che abbiamo verificato e che ha portato, per esempio, il Partito Democratico a provare a fare prima le primarie per un possibile candidato del centrosinistra al Governo del Paese e poi per i parlamentari, ad aprire le primarie ai parlamentari nel tentativo di ricostituire un filo, di riavvicinare politica e cittadini. Ora, stasera, noi ci troviamo qui con questo provvedimento e con questo emendamento.
Penso che sia rischiosissima una situazione del genere, perché all'esterno tutto questo verrà visto ancora, e per molti versi verrà visto con ragione, come un tentativo di qualcuno di evitare di rispettare le regole e di utilizzare il Parlamento e la presenza del Parlamento come una sorta di privilegio che permette di potersi presentare ad un gruppo finora non esistente senza trovare le firme necessarie per presentare i propri parlamentari. Il nostro capogruppo, Franceschini in una dichiarazione, Pag. 69oggi pomeriggio, ha detto: PdL, Lega, FLI e UdC hanno dato parere favorevole a una norma che dovrebbe andare in Aula tra poco e che prevede che chi costituisce un gruppo parlamentare entro stasera non raccolga le firme per le prossime elezioni. Poi finisce dicendo: mi aspetto che i leader dei partiti, i cui gruppi hanno dato parere favorevole alla norma, dicano se la condividono oppure no.
Allora, Presidente, oggi in questa discussione abbiamo già sentito che uno dei gruppi che nel Comitato dei nove aveva accettato la norma si è dichiarato contrario, ha detto che avrebbe votato contro questo emendamento, mi riferisco alla Lega. E gli altri? Mi sto chiedendo se una riflessione non sia stata fatta anche all'interno degli altri gruppi, perché è persino bizzarro, ma qui vengono messi insieme e in discussione una serie di punti fondamentali: c'entra il concetto di rappresentanza, c'entra il concetto di democrazia, c'entra il concetto di regole.
Noi abbiamo ascoltato qui l'onorevole Scilipoti che ha detto una cosa molto esplicita: se le regole non si rispettano, allora non raccogliamo le firme per nessuno, che nessuno debba raccogliere più le firme per presentarsi in Parlamento. Sono queste poi le conseguenze e le esasperazioni a cui si arriva, per cui io spero vivamente che ci sia una riflessione seria, serena, una sorta di attacco di saggezza che permetta di trovare sulle regole una posizione comune all'interno dell'Ufficio di Presidenza e poi all'interno del Comitato dei nove, in modo che sia possibile, da una parte, che le firme necessarie per presentare i candidati siano ridotte perché siamo ad una fine della legislatura anticipata e che, dall'altra, non si violi il principio di uguaglianza fra chi è dentro e chi è fuori questo Parlamento. Se un nuovo gruppo si costituirà questa sera, beh questo nuovo gruppo dovrà dimostrare di avere la forza necessaria e sufficiente anche fuori di questo Parlamento, raccogliendo le firme necessarie per presentarsi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Murer. Ne ha facoltà.

DELIA MURER. Signor Presidente, anch'io voglio unire la mia voce all'azione dei parlamentari del gruppo del PD per dire poche cose, innanzitutto che oggi è una giornata molto triste per la democrazia, una giornata che penso il popolo italiano non meritasse, un'ultima dimostrazione da parte delle forze che hanno presentato questo emendamento del disprezzo in cui tengono la democrazia e anche il popolo italiano. Credo che sia davvero molto grave, come si fa a permettersi, dico io, di proporre un emendamento in cui si propone di dare la possibilità di costituire entro questa sera dei gruppi parlamentari e fare in modo che questi gruppi non debbano raccogliere le firme per candidarsi al Parlamento e alle elezioni? Credo che sia un fatto gravissimo, il provvedimento certamente era necessario, un provvedimento che, vista la chiusura anticipata della legislatura, permettesse di ridurre il numero di firme a chi non è in Parlamento per competere in una sfida democratica.
Raccogliere le firme significa dimostrare di esistere sul territorio, di avere una relazione con un territorio, di non cercare strade facili dal punto di vista della capacità di costruire una vera rappresentanza. Già altri miei colleghi hanno ricordato il distacco pesante che esiste tra opinione pubblica e politica che abbiamo visto nel non voto, che abbiamo visto in tante manifestazioni, anche di protesta, dei cittadini, manifestazioni anche politiche di protesta dei cittadini.
Questa sfida, oggi, la rivolgiamo a tutti, se riusciamo a dare uno strumento concreto e possibile. Raccogliere le firme in un numero ridotto è un fatto di democrazia, è un fatto di democrazia - io dico - per tutti i gruppi, anche per il gruppo di Grillo, non solo per altre formazioni. Non credo che si possa oggi pensare a scorciatoie che consentano, come ricordava anche la mia collega prima, di dire che se ci sono disparità, le disparità le risolviamo nel senso che nessuno deve Pag. 70raccogliere le firme. Mi pare una furbizia troppo grande.
Noi pensiamo che oggi sia stata data una cattiva immagine del Parlamento, ma non è una cattiva immagine di tutto il Parlamento, è una cattiva immagine delle forze politiche che hanno presentato quell'emendamento, e credo che invece il PD abbia continuato la sua battaglia di ricucitura con l'opinione pubblica italiana, quella che ha portato a costruire questo grande momento di partecipazione che sono state le primarie, con 4 milioni di cittadini che hanno dimostrato di non credere all'antipolitica, quello che faremo ancora con le primarie per i parlamentari.
Credo che oggi ci sia lo spazio per ravvedersi e per tornare indietro rispetto a questo momento così deleterio, negativo e triste che si è voluto dare da parte delle forze che hanno presentato l'emendamento. L'emendamento sia ritirato - me lo auguro - e si vada serenamente ad una legge che permetta di ridurre il numero di firme a tutte le forze che hanno la capacità di raccogliere un'adesione sul territorio e di presentarsi. Vorrei anche finire con un accenno che forse è malizioso: le firme si raccolgono su liste di candidati perché noi non dobbiamo permettere che ci siano furbizie e scorciatoie anche su questo punto. Le firme si raccolgono su liste di candidati e si evitino quegli episodi di mala politica che tanto male hanno fatto al nostro Paese. La sfida è questa e credo che tutte le forze politiche la debbano raccogliere.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Zani. Ne ha facoltà.

EZIO ZANI. Signor Presidente, se i presenti in quest'Aula dovessero uscire sul piazzale qui davanti e interrogare la gente che si incontra chiedendo loro che cosa suppone si stia dibattendo in questi momenti alla Camera credo che ben poche persone presupporrebbero, nonostante il grande discredito di cui gode la politica e di conseguenza le istituzioni in questi giorni, che ciò che inchioda la Camera ed il Parlamento in questi giorni di dicembre, nell'anno della crisi peggiore dell'ultimo secolo e nell'avvicendarsi di una tornata elettorale di qui a poche settimane, non è la legge di stabilità e le misure contro la crisi o il sostegno alle famiglie o alle imprese, ma è discutere il tentativo di una maggioranza che non c'è più, se non all'interno di quest'Aula, di cercare di precostituirsi una vergognosa ed immotivata comodità e un vantaggio assolutamente ingiustificato nella tornata elettorale che andremo ad affrontare tra circa 60 giorni.
D'altronde, se non fosse una cosa assolutamente tragica, avrebbe un suo risvolto comico e piacevole per chi siede in questi banchi constatare questa conclusiva ma - ahimè - non ultima vicenda di quello che, all'inizio di questa legislatura, aveva proclamato se stesso come la più grande forza politica che avesse calcato le scene della storia repubblicana, con una maggioranza parlamentare più vasta di quella uscita da qualunque tornata elettorale.
Ricordate che Silvio Berlusconi dai banchi del Governo paragonava se stesso ad Alcide De Gasperi, dimostrando di avere un grande sprezzo del ridicolo e di non avere nulla di elevato, se non una elevatissima considerazione del proprio io.
Ebbene, questo gruppo, che era nato dal notaio, oggi si sfalda e cerca di farlo con i pochi mezzi che gli sono rimasti: la paura di tornare tra la gente - l'abbiamo visto - la paura di affrontare le primarie che noi invece stiamo affrontando in questi giorni. I colleghi parlamentari qui sono probabilmente candidati alle primarie nei loro collegi e le persone a cui si rivolgeranno per farsi sostenere stanno cercando le firme. Questa non è una cosa strana o un bizantinismo introdotto, ma l'abc della democrazia parlamentare rappresentativa. Se ti vuoi candidare alle elezioni devi dimostrare di avere un minimo di legittimità tra la comunità che ti candidi a governare. L'onorevole La Russa oggi tra l'altro si è rivolto al Presidente dicendo di non temere di essere interrotto. Ecco oggi gli vorrei chiedere - e su questo gradirei essere interrotto anche se l'onorevole La Russa Pag. 71non è qui - cosa direbbe Giorgio Almirante - persona con cui non ho niente da condividere e alla quale non ho nessun tributo da rivolgere - se vedesse i suoi epigoni, gli eredi della sua esperienza politica aver paura e sottrarsi così a quello che è il più elementare requisito per potersi presentare alle elezioni. Noi saremo fermi su questo punto. Quello che questa sera il Popolo della Libertà ha dimostrato di avere intatto è la capacità di sorprenderci, infatti siamo passati dalle leggi ad personam alle leggi ante litteram, dibattendo in quest'Aula un emendamento che tende a precostituire una comunità per un partito che non è ancora nato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Adinolfi. Ne ha facoltà.

MARIO ADINOLFI. Signor Presidente, leggo dalle agenzie che si è costituito un soggetto politico all'interno del centrodestra che si chiama Fratelli d'Italia. Mi verrebbe da cantare l'inno, insomma, in quest'Aula e, anzi, forse alla fine del mio intervento lo canterò, proprio perché vorrei ricordarmi che senso ha tutto questo quando, davvero, un partito ha deciso di occupare le istituzioni - persino l'immaginario, ormai - con i propri problemi, con le proprie geografie interne, con le proprie mappature, con il proprio Risiko, inchiodando su questo il Parlamento e non avendo alcun rispetto per le istituzioni.
Io credo che, da questo punto di vista, davvero siamo davanti a uno scandalo di proporzioni enormi, con il balletto del voglio votare subito, no voglio votare tra poco, no voglio votare sempre più tardi. Adesso voglio una norma che mi permetta di costituire stasera un gruppo parlamentare (tra l'altro la componente è quella dell'onorevole La Russa). Il gruppo di Fratelli d'Italia è esattamente un gruppo, diciamo, contiguo a quello dell'onorevole La Russa, composto, tra l'altro, dai miei amici Meloni e Crosetto. Allora sapete che faccio? (Intona l'inno nazionale) «Fratelli d'Italia/ l'Italia s'è desta/ dell'elmo di Scipio...».

PRESIDENTE. Onorevole Adinolfi, la smetta!
La richiamo, comunque, perché, tra l'altro, non è neanche molto intonato (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)!
Come convenuto nella Conferenza dei presidenti di gruppo, sospendiamo ora i nostri lavori, rinviando il seguito dell'esame del disegno di legge n. 5657 - Conversione in legge del decreto-legge 18 dicembre 2012, n. 223, recante disposizioni urgenti per lo svolgimento delle elezioni politiche nell'anno 2013 (da inviare al Senato - scadenza: 16 febbraio 2013) alla seduta di domani, dopo i disegni di legge n. 5534-bis-B - Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2013) e n. 5535-B - Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2013 e bilancio pluriennale per il triennio 2013-2015 (Approvati dalla Camera e modificati dal Senato).
La seduta di domani è convocata alle ore 10,30 e le votazioni avranno luogo non prima delle ore 11,30.
L'organizzazione dei tempi per la discussione dei disegni di legge n. 5534-bis-B e n. 5535-B sarà pubblicata in calce al resoconto stenografico della seduta odierna.

Rinnovo della Delegazione italiana presso l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa.

PRESIDENTE. Comunico che, a seguito di quanto convenuto nella riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo di ieri, la Delegazione della Camera dei deputati presso l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa sarà formata, nella sessione annuale del 2013 - fino all'ulteriore rinnovo di competenza delle nuove Camere - dai componenti attualmente in carica.
Ricordo che la Delegazione è composta dai seguenti deputati: membri effettivi: Deborah Bergamini, Gianni Farina, Gennaro Malgieri, Federica Mogherini Rebesani, Pag. 72Andrea Rigoni, Giacomo Stucchi, Luigi Vitali, Luca Volontè e Karl Zeller; membri supplenti: Mario Barbi, Italo Bocchino, Roberto Mario Sergio Commercio, Paolo Corsini, Renato Farina, Paolo Grimoldi, Marco Martinelli, Marco Minniti e Fiamma Nirenstein.

Proposta di trasferimento a Commissione in sede legislativa di proposte di legge.

PRESIDENTE. Comunico che sarà iscritta all'ordine del giorno della seduta di domani l'assegnazione, in sede legislativa, delle seguenti proposte di legge, delle quali la VII Commissione, cui erano state assegnate in sede referente, ha chiesto, con le prescritte condizioni, il trasferimento alla sede legislativa, che proporrò alla Camera a norma del comma 6 dell'articolo 92 del Regolamento:

alla VII Commissione (Cultura):

DISTASO ed altri: «Istituzione del 'Premio biennale di ricerca Giuseppe Di Vagno e disposizioni per il potenziamento della biblioteca e dell'archivio storico della Fondazione Di Vagno, per la conservazione della memoria del deputato socialista assassinato il 25 settembre 1921» (4333)

(La Commissione ha elaborato un nuovo testo).

VERINI ed altri: «Disposizioni per la celebrazione del centenario della nascita di Alberto Burri» (5397)

(La Commissione ha elaborato un nuovo testo).

Approvazioni in Commissione.

PRESIDENTE. Comunico che, nella seduta di ieri, mercoledì 19 dicembre 2012, sono stati approvati, in sede legislativa, i seguenti progetti di legge:

Dalla VII Commissione (Cultura):
GOISIS ed altri: «Disposizioni per l'insegnamento delle specificità culturali, geografico-storiche e linguistiche delle comunità territoriali e regionali» (1428), con il seguente nuovo titolo: «Apprendimento delle specificità antropologiche, culturali e storiche delle comunità territoriali» (1428).

Dalla VIII Commissione (Ambiente):
«Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani» (3465-4290-B), (Approvato dal Senato della Repubblica, modificato dalla Camera dei deputati, nuovamente modificato dal Senato della Repubblica), con modificazioni.

Dalla X Commissione (Attività produttive):
FRONER ed altri: «Disposizioni in materia di professioni non organizzate» (1934-2077-3131-3488-3917-B), (Approvato, in un testo unificato, dalla Camera dei deputati, modificato dal Senato della Repubblica);

Senatore IZZO ed altri: «Nuove disposizioni in materia di utilizzo dei termini di "cuoio", "pelle" e "pelliccia" e di quelli da essi derivanti o loro sinonimi» (5584) (Approvato dal Senato della Repubblica).

Modifica nella denominazione di una componente politica del gruppo parlamentare Misto.

PRESIDENTE. Comunico che il deputato Roberto Antonione, vicepresidente del gruppo parlamentare Misto, in rappresentanza della componente politica «Italia Libera-Liberali per l'Italia-Partito Liberale Italiano», con lettera pervenuta in data odierna ha reso noto che la nuova denominazione della componente è «Italia Libera-Popolari Italiani-Popolari per l'Europa-Liberali per l'Italia-Partito Liberale Italiano».

Pag. 73

Sull'ordine dei lavori (ore 19,55).

RENATO FARINA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RENATO FARINA. Signor Presidente, domani in Egitto si terrà il referendum sulla Costituzione. Ci sono molte questioni in ballo, una in particolare riguarda il fatto che nella Costituzione la sharia occuperà un luogo di fondamento, di fondamento del diritto e di fondamento della convivenza civile. Da qui nasce una grande paura in tutta la comunità dei cristiani copti. Su questi temi ho presentato un'interrogazione su come il Governo intenda vigilare, ma qui si aggiunge qualcosa di molto pratico e determinante, su cui chiedo magari anche l'attenzione dei colleghi che rimproveravano il fatto che in quest'Aula si parla di cose inutili e poi magari invece, quando si parla di cose decisive, se ne vanno o parlano d'altro.
Comunque, c'è un fatto: durante le mie visite nelle carceri di San Vittore ho incontrato un detenuto. Questo detenuto è un cristiano copto che ha chiesto lo status di rifugiato politico in Italia. È stato condannato in contumacia in Egitto per reati impalpabili e il Governo egiziano ha chiesto l'estradizione. Ebbene, il giudice di Milano ha concesso l'estradizione. Ritengo che questo fatto sia gravissimo. Ora tutta la pratica è nelle mani del Ministro della giustizia e io mi auguro che non acceda a quello che potrebbe essere senz'altro un atto condannato dalla Corte europea dei diritti umani, ma soprattutto dalla nostra coscienza civile.

PIERFELICE ZAZZERA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà, per un minuto.

PIERFELICE ZAZZERA. Signor Presidente, voglio solo segnalarle, affinché lei provveda a segnalarlo al Governo, una grave situazione che si è verificata a Bari presso la procura del tribunale, dove, a seguito della scadenza dei termini di carcerazione preventiva, è stato messo in libertà Savino Parisi, un capo clan di una delle più potenti famiglie mafiose di Bari. L'accusa più grave è che non si sarebbe bloccato quel percorso che avrebbe potuto dare altri due anni per consentire soprattutto che venissero portate a termine le indagini sull'inchiesta Domino, che in questo modo rischia gravemente di saltare e di far saltare il lavoro soprattutto di agenti e magistrati. Per cui, le chiedo davvero che il Ministro della giustizia intervenga su questa vicenda e faccia gli accertamenti dovuti, considerato che l'esponente che di fatto oggi è in libertà è uno dei più pericolosi esponenti della criminalità organizzata.

PRESIDENTE. Vorrei solo ricordarle - e non ce n'è bisogno - che è una questione di competenza della magistratura. Se si ravvisano questioni di natura disciplinare, si può presentare un atto ispettivo.

MARIO TASSONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Onorevole Tassone, dobbiamo concludere la seduta. Le posso dare un minuto al volo, perché ci sono incombenze al di fuori di quest'Aula da parte di questo Vicepresidente. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, vorrei richiamare alla fine della legislatura una vicenda drammatica, che sta segnando la vita della regione Calabria. Quante volte abbiamo presentato atti di sindacato ispettivo sulla situazione di Rosarno e di San Ferdinando di Rosarno, per denunciare le condizioni inumane in cui vivono i nostri molti immigrati? Questa denuncia e questa drammatica riflessione l'ha fatta in questi giorni anche il vescovo di Oppido Mamertina a Palmi. Ho preso la parola per dire che molte volte in questa legislatura questi nostri atti di sindacato ispettivo, pur avendo rassicurazioni da parte Pag. 74del Governo, non hanno avuto riscontro con atti concreti da parte del Governo, ma soprattutto da parte della regione Calabria. Questo è un dato che affido alla sua cortesia, vale certamente per questo scorcio di legislatura e anche per la prossima legislatura, per dare senso e significato ai nostri lavori, ma soprattutto allo strumento del sindacato ispettivo, che a mio avviso è importante e fondamentale sul piano del controllo, ma soprattutto deve garantire la vita delle istituzioni e il vivere civile e democratico del nostro Paese.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Venerdì 21 dicembre 2012, alle 10,30:

(ore 10,30, con votazioni a partire dalle ore 11,30)

1. - Discussione congiunta dei disegni di legge (per la discussione sulle linee generali):
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2013) (C. 5534-bis-B).
Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2013 e bilancio pluriennale per il triennio 2013-2015 (e relative note di variazioni) (C. 5535-B).
(Approvati dalla Camera e modificati dal Senato).

2. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2013 e bilancio pluriennale per il triennio 2013-2015 (e relative note di variazioni) (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato) (C. 5535-B).

3. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2013) (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato) (C. 5534-bis-B).

4. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 18 dicembre 2012, n. 223, recante disposizioni urgenti per lo svolgimento delle elezioni politiche nell'anno 2013 (C. 5657).
- Relatore: Calderisi.

5. - Assegnazione a Commissione in sede legislativa delle proposte di legge C. 4333 e C. 5397.

PROPOSTE DI LEGGE DI CUI SI PROPONE L'ASSEGNAZIONE A COMMISSIONE IN SEDE LEGISLATIVA

alla VII Commissione (Cultura):
DISTASO ed altri: «Istituzione del "Premio biennale di ricerca Giuseppe Di Vagno" e disposizioni per il potenziamento della biblioteca e dell'archivio storico della Fondazione Di Vagno, per la conservazione della memoria del deputato socialista assassinato il 25 settembre 1921» (4333)
(La Commissione ha elaborato un nuovo testo);

VERINI ed altri: «Disposizioni per la celebrazione del centenario della nascita di Alberto Burri» (5397).
(La Commissione ha elaborato un nuovo testo).

La seduta termina alle 20.

Pag. 75

ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME DEL DISEGNO DI LEGGE N. 5534-BIS-B E DEL DISEGNO DI LEGGE N. 5535-B.

Ddl n. 5534-bis-B - Legge di stabilità e
Ddl n. 5535-B - Bilancio di previsione dello Stato

Discussione generale congiunta: 5 ore e 30 minuti.

Relatore 15 minuti
Governo 15 minuti
Richiami al Regolamento 5 minuti
Interventi a titolo personale 51 minuti (con il limite massimo di 15 minuti per ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 4 minuti
Popolo della Libertà 30 minuti
Partito Democratico 30 minuti
Lega Nord Padania 33 minuti
Unione di Centro per il Terzo Polo 30 minuti
Futuro e Libertà per il Terzo Polo 30 minuti
Popolo e Territorio 30 minuti
Italia dei Valori 31 minuti
Misto: 30 minuti
Grande Sud-PPA 6 minuti
Italia libera-Liberali per l'Italia-PLI 6 minuti
Alleanza per l'Italia 2 minuti
Diritti e Libertà 2 minuti
Fareitalia per la Costituente Popolare 2 minuti
Movimento per le autonomie - Alleati per il Sud 2 minuti
Repubblicani-Azionisti 2 minuti
Autonomia Sud Lega Sud Ausonia - Popoli sovrani d'Europa 2 minuti
Iniziativa liberale 2 minuti
Liberal Democratici-MAIE 2 minuti
Minoranze linguistiche 2 minuti
Pag. 76

Ddl n. 5535-B - Bilancio di previsione dello Stato

Seguito dell'esame: 2 ore.

Relatore 15 minuti
Governo 15 minuti
Richiami al Regolamento 5 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 9 minuti (con il limite massimo di 2 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 1 ora e 11 minuti
Popolo della Libertà 9 minuti
Partito Democratico 9 minuti
Lega Nord Padania 10 minuti
Unione di Centro per il Terzo Polo 4 minuti
Futuro e Libertà per il Terzo Polo 4 minuti
Popolo e Territorio 4 minuti
Italia dei Valori 9 minuti
Misto: 22 minuti
Grande Sud-PPA 2 minuti
Italia libera-Liberali per l'Italia-PLI 2 minuti
Alleanza per l'Italia 2 minuti
Diritti e Libertà 2 minuti
Fareitalia per la Costituente Popolare 2 minuti
Movimento per le autonomie - Alleati per il Sud 2 minuti
Repubblicani-Azionisti 2 minuti
Autonomia Sud Lega Sud Ausonia - Popoli sovrani d'Europa 2 minuti
Iniziativa liberale 2 minuti
Liberal Democratici-MAIE 2 minuti
Minoranze linguistiche 2 minuti
Pag. 77

Ddl n. 5534-bis-B - Legge di stabilità

Seguito dell'esame: 5 ore.

Relatore 10 minuti
Governo 10 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 20 minuti
Interventi a titolo personale 34 minuti (con il limite massimo di 6 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 3 ore e 36 minuti
Popolo della Libertà 37 minuti
Partito Democratico 37 minuti
Lega Nord Padania 41 minuti
Unione di Centro per il Terzo Polo 15 minuti
Futuro e Libertà per il Terzo Polo 13 minuti
Popolo e Territorio 13 minuti
Italia dei Valori 38 minuti
Misto: 22 minuti
Grande Sud-PPA 2 minuti
Italia libera-Liberali per l'Italia-PLI 2 minuti
Alleanza per l'Italia 2 minuti
Diritti e Libertà 2 minuti
Fareitalia per la Costituente Popolare 2 minuti
Movimento per le autonomie - Alleati per il Sud 2 minuti
Repubblicani-Azionisti 2 minuti
Autonomia Sud Lega Sud Ausonia - Popoli sovrani d'Europa 2 minuti
Iniziativa liberale 2 minuti
Liberal Democratici-MAIE 2 minuti
Minoranze linguistiche 2 minuti