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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 719 di giovedì 15 novembre 2012

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE

La seduta comincia alle 9,30.

RENZO LUSETTI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 13 novembre 2012.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Fava e Milanato sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente quarantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Annunzio di petizioni (ore 9,35).

PRESIDENTE. Invito l'onorevole segretario a dare lettura delle petizioni pervenute alla Presidenza, che saranno trasmesse alle sottoindicate Commissioni.

RENZO LUSETTI, Segretario, legge:
FRANCESCO DI PASQUALE, da Cancello e Arnone (Caserta), chiede:
misure a tutela dei cittadini che utilizzano telefoni cellulari, introducendo obblighi informativi sui rischi per la salute e misure per impedire l'involontaria attivazione di servizi a pagamento (1667) - alla IX Commissione (Trasporti); il rimborso dei costi sostenuti da coloro che ricorrono ad ambulanze private per il trasporto in ospedale (1668) - alla XII Commissione (Affari sociali); interventi per garantire un'adeguata tutela previdenziale ai geometri liberi professionisti (1669) - alla XI Commissione (Lavoro); nuove norme per favorire la trasparenza e le regolarità degli appalti per opere pubbliche (1670) - alla VIII Commissione (Ambiente); interventi per fronteggiare i disagi e i disservizi del settore sanitario in Campania (1671) - alla XII Commissione (Affari sociali); la riduzione della tassa sui rifiuti solidi urbani in Campania (1672) - alla VI Commissione (Finanze); che tutte le partite del campionato di calcio si svolgano di domenica pomeriggio (1673) - alla VII Commissione (Cultura); misure per l'efficienza della pubblica amministrazione e una tassazione più equa (1674) - alle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e VI (Finanze);
MARIO TOMMASIN, da Milano, chiede interventi per l'attivazione del referendum propositivo (1675) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
MARINO SAVINA, da Roma, chiede interventi per garantire l'assenza di barriere architettoniche nelle strutture per l'evacuazione degli pubblici uffici in caso di emergenza (1676) - alla VIII Commissione (Ambiente);Pag. 2
PAOLO BUCHIGNANI, da Lucca, e numerosi altri cittadini chiedono l'assunzione dei candidati risultati idonei alla docenza universitaria di seconda fascia nei concorsi banditi nel 2008 (1677) - alla VII Commissione (Cultura);
MARCELLO STANCA, da Firenze, e numerosissimi altri cittadini chiedono norme per l'ammissione a transazione dei danneggiati da trasfusioni, vaccinazioni e talidomide (1678) - alla XII Commissione (Affari sociali);
DIMITRI TABAJ, da Gorizia, chiede norme per assicurare la rappresentanza parlamentare della minoranza slovena (1679) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
ROSANNA OCCHIODORO, da Ancona, chiede nuove norme in materia di riconoscimento e disconoscimento della paternità (1680) - alla II Commissione (Giustizia);
ANTONIO PASSOLUNGHI, da Codogno (Lodi), chiede nuove norme in materia di concessione del servizio di scorta ai giornalisti (1681) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
FRANCESCO CORSI, da Verona, e altri cittadini chiedono interventi organici per un migliore funzionamento della pubblica amministrazione (1682) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
MICHELE VECCHIONE, da Alatri (Frosinone), chiede l'aumento dell'importo della pensione di invalidità e ulteriori misure a sostegno delle famiglie bisognose (1683) - alla XII Commissione (Affari sociali);
PASQUALE DE MAIO, da Genova, misure economiche a favore degli invalidi (1684) - alla XII Commissione (Affari sociali);
CARMELO MARIA DOMENICO PERI, da Sant'Agata di Militello, e numerosissimi altri cittadini chiedono che non sia approvato l'incremento del numero di ore di insegnamento dei docenti, come previsto dal disegno di legge di stabilità per il 2013 (1685) - alla V Commissione (Bilancio);
MARIA GRAZIA GUIDI, da Borghi (Forlì-Cesena), chiede provvedimenti per contrastare la corruzione nella pianificazione urbanistica e territoriale e nella realizzazione di opere pubbliche, anche con particolare riferimento al comune di Borghi, nonché nuovi strumenti di partecipazione dei cittadini nelle procedure per l'autorizzazione e il controllo degli interventi edilizi e urbanistici (1686) - alla VIII Commissione (Ambiente);
DANIELA VOLPATO, da Roma, e numerosissimi altri cittadini chiedono che non sia approvato l'articolo 4 del disegno di legge di stabilità per il 2013, in materia di razionalizzazione e riduzione della spesa di enti pubblici (1687) - alla V Commissione (Bilancio);
FABIO ALBANESE, da Treviso, e numerosi altri cittadini chiedono il riconoscimento dell'abilitazione all'insegnamento per i titolari di diploma magistrale conseguito al termine dei corsi di istituto magistrale iniziati entro l'anno scolastico 1997-1998 (1688) - alla VII Commissione (Cultura);
GIUSEPPE GIOVANNI BATTISTA CATTANEO, da Genova, chiede:
il trasferimento alle regioni delle funzioni delle province (1689) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
l'istituzione del reddito minimo nazionale (1690) - alla XII Commissione (Affari sociali).

Informativa urgente del Governo sui recenti eventi alluvionali che hanno colpito numerose aree del Paese (ore 9,45).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di un'informativa urgente del Governo sui recenti eventi alluvionali che hanno colpito numerose aree del Paese.
Dopo l'intervento del rappresentante del Governo interverranno i rappresentanti Pag. 3dei gruppi in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica, per cinque minuti ciascuno. Un tempo aggiuntivo è attribuito al gruppo Misto.

(Intervento del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Giampaolo D'Andrea.

GIAMPAOLO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, onorevoli deputati, per incarico della Presidenza del Consiglio dei ministri, svolgo questa informativa urgente sugli eventi alluvionali che hanno colpito l'Italia a partire dal 10 novembre e tuttora in corso per rispondere alla richiesta di informazioni sullo svolgimento degli stessi, sulle azioni nel frattempo predisposte dai competenti organi e sulle valutazioni che il Governo intende fare in ordine alle conseguenze degli eventi summenzionati.
È noto che dalla giornata di sabato 10 novembre una profonda e vasta saccatura atlantica ha attraversato l'Europa occidentale proiettando verso l'Italia un flusso di intense correnti sudoccidentali molto umide e fortemente instabili. Tale configurazione ha apportato un diffuso e spiccato peggioramento delle condizioni meteorologiche a partire dalle regioni nordoccidentali della penisola e sull'alta Toscana, in estensione nella seconda parte della stessa giornata di sabato al resto del settentrione.
La situazione meteorologica ha assunto caratteristiche di particolare stazionarietà a causa di un campo di alta pressione situato nei Balcani, che ha impedito lo spostamento della perturbazione verso l'Europa orientale. I fenomeni più intensi, pertanto, nell'arco delle successive 24-36 ore si sono generati sempre sulle stesse zone. In particolare, durante la giornata di domenica 11 le precipitazioni si sono attenuate sul nord-ovest della penisola, persistendo invece a carattere forte sull'alta Toscana e contestualmente si sono intensificate sull'Emilia-Romagna e sulle regioni del Triveneto.
Parallelamente lo sviluppo di forti ed estesi sistemi temporaleschi ha iniziato a coinvolgere il versante tirrenico centrale della penisola e, in particolare, il comparto tra la Toscana meridionale e i limitrofi settori di Umbria ed alto Lazio, dove i fenomeni hanno continuato ad insistere con una configurazione di eccezionale stazionarietà fino alla giornata di lunedì 12 novembre, andando incontro ad esaurimento solo fra la serata e la successiva nottata.
Come noto, l'evento in corso ha recato disagi rilevanti al territorio colpito. Il Servizio nazionale di protezione civile è intervenuto nel rispetto delle competenze ad esso assegnate dalle normative recentemente modificate. A livello regionale sono state promosse, realizzate e supportate diverse attività in conseguenza dei livelli di allertamento previsti da centri funzionali. Anche le prefetture coinvolte hanno attivato i centri di coordinamento dei soccorsi, che hanno mantenuto un costante collegamento con le sale operative regionali.
A livello comunale e intercomunale, a seconda delle necessità, sono state attivate strutture di coordinamento miste o comunali. Inoltre, in caso di particolare criticità a livello locale le regioni hanno veicolato al Dipartimento della protezione civile richieste di supporto inerenti l'invio di materiale e di mezzi di mobilitazione e di impiego delle organizzazioni di volontariato.
Il Dipartimento nazionale, nell'ambito delle competenze assegnategli, ha supportato gli interventi di tutte le strutture locali con iniziative di coordinamento anche a livello sovraregionale ed attivando naturalmente le strutture operative del Servizio nazionale di protezione civile.
In considerazione della prospettata situazione meteorologica, il Dipartimento della protezione civile, fin dal 10 novembre, aveva decretato lo stato di configurazione Pag. 4della struttura in presidio operativo e tutto ciò ha consentito di monitorare l'evoluzione dei fenomeni e gli interventi operativi posti in essere dalle regioni, prefetture ed enti locali, supportandoli laddove richiesto.
Il Dipartimento, com'è noto, ha emesso con qualche anticipo avvisi e bollettini affinché le regioni, per quanto di loro competenza, ne organizzassero la diffusione e attivassero i sistemi di protezione civile a livello regionale e locale. Già nel primo pomeriggio di venerdì 9, preso atto degli avvisi emessi dalle regioni, è stato diffuso un ulteriore avviso di condizioni meteorologiche avverse che avrebbe potuto interessare, come poi in effetti è accaduto, da sabato 10 novembre e per le successive 24-36 ore soprattutto le regioni Liguria e Piemonte meridionali, con possibilità di estensione a Lombardia, Emilia-Romagna e Toscana e, nel pomeriggio, alle regioni Veneto, Friuli Venezia Giulia e alla provincia autonoma di Trento.
Il giorno dopo, nel pomeriggio di sabato 10 novembre, sempre in coordinamento con le regioni interessate, è stato emesso un ulteriore avviso quale estensione e seguito dell'avviso dei giorni precedenti al fine di comprendere la condizione che stava per verificarsi nelle regioni Umbria e Lazio.
Sempre il 10 novembre, tenuto conto degli avvisi di criticità regionale di Liguria e Lombardia, delle province autonome di Trento e di Bolzano, di Veneto, Emilia-Romagna, Umbria e Toscana, è stato emesso dal Dipartimento un avviso di criticità, soprattutto per le regioni Lazio e Friuli Venezia Giulia, con valenza a partire da domenica 11 novembre e per le successive 24-36 ore e nei giorni successivi sono stati emessi alcuni aggiornamenti a seguito degli avvisi di criticità già emessi per le regioni.
Gli eventi così preannunciati che, a partire da sabato 10 novembre, hanno interessato principalmente le regioni Liguria, alta Toscana, Emilia-Romagna e, in successiva estensione, il Triveneto, la bassa Toscana, l'Umbria e il Lazio e, in particolare, soprattutto le province di Massa Carrara, Grosseto, Perugia, Terni e Viterbo, hanno causato rilevanti effetti sul territorio, con vittime e ingenti danni, la cui quantificazione, alla data del presente rapporto, non è ancora possibile accertare.
Dal punto di vista pluviometrico si sono registrati fenomeni molto significativi che, in alcuni casi, si collocano statisticamente nell'ambito degli eventi assai rari, con tempi di ritorno addirittura plurisecolari. In particolare, in Liguria e in Toscana sono state registrate precipitazioni con valori massimi puntuali fino a 250 millimetri in dodici ore, con picchi fino a 170 millimetri in tre ore in Versilia. Nel Triveneto sono state registrate precipitazioni con valori massimi cumulabili sull'intero evento fino a 430 millimetri, con picchi di 190 millimetri in sei ore. Infine, tra le province di Grosseto e Viterbo, sono state registrate precipitazioni con valori massimi cumulati sull'intero evento pari a 400 millimetri e, in particolare, con picchi di 130 millimetri in sei ore.
I suddetti significativi, in alcuni casi eccezionali, apporti pluviometrici sono stati tali da giustificare una diffusa crisi del sistema idrografico, che ha provocato esondazioni in estese parti del territorio nazionale. L'analisi dei dati disponibili evidenzia che dalla notte di sabato 10 novembre, in Versilia, il carattere impulsivo delle precipitazioni ha provocato l'innalzamento repentino dei livelli idrometrici di tutti i corsi d'acqua, principali e secondari. In seguito, dalla mattina di domenica 11, sono stati registrati superamenti di soglia nel bacino del Magra ricadente nel territorio delle province di La Spezia e Massa ed in Emilia-Romagna, nei bacini idrografici dell'Ensa, Panaro, Secchia e Treno, interessando le province di Parma, Reggio Emilia, Modena e Bologna, in cui sono stati superati in maniera diffusa i diversi livelli di soglia di guardia.
A partire da domenica 11 novembre nel Triveneto, a causa delle precipitazioni continue e persistenti e delle caratteristiche dei bacini idrografici molto più estesi rispetto a quelli della Liguria e della Toscana settentrionale, si sono registrati innalzamenti idrometrici più graduali. Pag. 5
In particolare, sono state monitorate piene significative sul fiume Livenza, in provincia di Pordenone, e sul Bacchiglione in provincia di Vicenza.
Dalla tarda mattinata di domenica, le precipitazioni hanno cominciato ad interessare anche la Toscana meridionale, con una successiva estensione ad Umbria e Lazio settentrionale. I principali effetti significativi sul reticolo idraulico sono stati registrati a partire dalla notte di domenica 11 fino a tutta la giornata di lunedì 12, principalmente in Umbria, sul fiume Nestore, sul Trani e sul Paglia, in provincia di Terni, in Toscana, sui fiumi Ombrone e Albegna, in provincia di Grosseto, e nel Lazio sui fiumi Mignone, Marta e soprattutto sul fiume Fiora in provincia di Viterbo.
I fenomeni di piena hanno coinvolto, in tempi e modi diversi, vaste aree del territorio, in particolare: in Toscana, segnatamente il grossetano, sopratutto Orbetello, Albinia, Capalbio e Manciano; nel territorio umbro, la zona di Orvieto, Marciano e Todi; nel Lazio settentrionale, la zona marina del comune di Montalto di Castro è stata colpita dall'esondazione del Fiora.
In queste ore, i fenomeni meteorologici sono praticamente cessati. Permangono, però, criticità di natura idraulica determinate dal transito dei colmi di piena, in particolare sull'asta principale del Tevere, nell'alta-media valle a monte di Roma, con particolare coinvolgimento della zona di Orte scalo.
Il transito della piena nella giornata di ieri - come è noto - ha interessato anche il tratto urbano di Roma, tant'è che alla stazione idrometrica di Ripetta si è registrato un valore pari a 13,20 metri sullo zero idrometrico e valori così elevati non si erano mai registrati a partire dal 1960, anno di messa in esercizio della diga di Corbara, che di norma svolge, come peraltro in questo caso, un'importante funzione di laminazione dei colmi di piena. Nella piena del 13 dicembre del 2008, ad esempio, era stato registrato un valore alla medesima stazione di misura di Ripetta pari a 12,55 metri sullo zero idrometrico. Tale circostanza ovviamente ha determinato una notevole criticità nei possibili scenari di effetti indotti, principalmente a causa dei rigurgiti dei collettori dell'area urbana di Roma e alla confluenza dei corsi d'acqua che recapitano nel Tevere, in primo luogo l'Aniene.
Considerato che la piena si preannunciava molto prolungata nel tempo e con i suddetti livelli assai significativi e non recentemente sperimentati, è stato necessario che anche il tratto arginato a valle dei muraglioni fosse oggetto di presidio idraulico diffuso e continuo lungo tutte le opere arginali, fino alla foce del Tevere, dove - come è noto - si registrano criticità legate alla presenza di insediamenti abitati delle località di Passo della Sentinella (Fiumicino) e Idroscalo (Roma).
Dal punto di vista della sala situazione Italia (la sede di raccolta dei dati della Protezione civile), si è registrata una cronistoria che vado rapidamente ad evidenziare, a partire dal 10 novembre, ossia dagli eventi che hanno interessato prevalentemente la regione Liguria e che hanno richiesto la salvaguardia delle persone e dei territori delle province di Genova e La Spezia e anche l'evacuazione, a titolo precauzionale, nei comuni di Borghetto di Vara, Ameglia, Sesta e Beverino e la predisposizione, nel comune di Carrara, di una struttura destinata all'ospitalità degli sfollati che, fortunatamente, non è stato necessario utilizzare.
Duecento residenti del quartiere di Val Bisagno del comune di Genova sono stati invitati ad abbandonare le proprie abitazioni con ordinanza di sgombero e sono stati ospitati presso strutture comunali o presso parenti e amici. Numerosi sono stati i centri di coordinamento attivati nella regione Liguria: 38 centri operativi comunali nelle quattro province, un centro operativo misto nel comune di Borghetto di Vara e un centro di coordinamento dei soccorsi a La Spezia.
L'11 novembre l'allerta relativa alla regione Liguria è cessata nel primo pomeriggio, ma naturalmente si è invece aggravata la situazione delle province di Lucca e Massa Carrara. Presso le prefetture Pag. 6dei due capoluoghi sono state coordinate le operazioni di soccorso e assistenza alla popolazione in raccordo con la regione ed è stato monitorato in particolare il passaggio dell'onda di piena del fiume Serchio, avvenuto senza particolari criticità.
200 persone sono state allontanate precauzionalmente dalle proprie abitazioni in provincia di Massa Carrara e si sono registrati movimenti franosi nella zona della Garfagnana ed esondazioni di torrenti minori nella piana di Lucca. È stata in ogni caso attivata la colonna mobile regionale sui territori interessati dagli eventi.
Nella regione Emilia-Romagna le criticità hanno interessato prevalentemente la fascia appenninica del piacentino e le aree attraversate dalle aste dei torrenti Parma, Enza e Baganza. Sono state, inoltre, attivate misure precauzionali sulle opere idrauliche, in particolare sulla cassa di espansione a Monte di Colorno e sono state adottate misure di restrizione al traffico su alcuni attraversamenti. Un'attenzione particolare è stata dedicata alle opere di difesa idraulica dei fiumi Panaro e Secchia e dei reticoli orografici serviti dai consorzi di bonifica nelle aree colpite dagli eventi sismici di maggio.
Nel Veneto la già citata onda di piena del fiume Bacchiglione è transitata nel comune di Vicenza senza comportare particolari criticità. Invece, vi sono state numerose esondazioni di aste secondarie e dissesti nei territori collinari e pedemontani della provincia di Belluno. Risultano attivati i centri di coordinamento di Treviso e Vicenza e i centri di coordinamento comunali. In via precauzionale, sono state allontanate dalle proprie abitazioni 60 persone dai comuni di Vicenza e San Bonifacio.
Per quel che riguarda l'area del Friuli Venezia Giulia sono state attivate misure operative di monitoraggio del fiume Livenza, nella provincia di Pordenone.
Nel Lazio, i fenomeni temporaleschi che dal giorno 11 hanno cominciato a determinare problemi di viabilità e allagamenti diffusi, in particolare a Civitavecchia e a Tarquinia, si sono successivamente aggravati, estendendo la criticità alla zona nord del comune di Roma, con effetti il giorno dopo concentrati nel viterbese, in particolare attraverso l'esondazione del fiume Fiora, che ha causato l'allagamento della zona marina di Montalto di Castro, determinando una particolare attenzione per il monitoraggio delle portate scaricate dalla diga di Vulci, assai ingenti e prossime a quelle di collaudo dell'impianto ENEL. Conseguentemente, nei territori a valle della diga la prefettura di Viterbo, in raccordo con la regione, ha adottato le misure precauzionali per la salvaguardia della popolazione, disponendo, anche qui, l'evacuazione di circa 150 persone, ospitate presso strutture alberghiere e plessi scolastici.
Disagi si sono registrati nella zona di Tarquinia. Tecnici regionali e locali hanno tenuto sotto osservazione la sponda destra della diga di Alviano. Ma ancora gravi sono rimaste, durante tutta la giornata del 12, le criticità nell'ambito della regione Toscana, particolarmente in provincia di Grosseto, a causa dell'esondazione del fiume Albegna nei comuni di Orbetello, Manciano e Pitigliano. 100 persone sono state soccorse tramite elicotteri e mezzi anfibi delle diverse strutture operative intervenute e, in particolare, a supporto dei mezzi disponibili, sotto il coordinamento del Dipartimento della protezione civile, hanno operato anche sei elicotteri muniti di verricello, per il recupero e per il trasporto di persone e beni.
Anche in provincia di Siena si sono verificate criticità nei comuni di Abbadia San Salvatore, Chiusi e Sinalunga, con l'evacuazione precauzionale di alcuni nuclei familiari, così come è avvenuto nel comune di Cortona, in provincia di Arezzo. A supporto della regione Toscana sono intervenute cinque squadre operative della regione Emilia-Romagna, con relative motopompe.
In Umbria, in provincia di Terni, è stata istituita l'unità di crisi. Si sono verificate gravi conseguenze per l'esondazione del torrente Paglia, nella zona di Orvieto scalo. È stata disposta la chiusure Pag. 7delle scuole di Orvieto e di Fabro e la prefettura ha verificato la corretta informazione dei sindaci dei comuni ubicati a valle della diga di Alviano.
Nel Veneto risultavano ormai sotto controllo le criticità idrauliche dovute alla piena del fiume Brenta-Bacchiglione, pur permanendo necessità di interventi urgenti. Nella regione Friuli, invece, la situazione del fiume Livenza poteva ormai dirsi riportata sotto controllo.
Il giorno 13 e il giorno 14 hanno evidenziato ancora un permanere di difficoltà particolari nel Lazio, per l'esondazione del fiume Fiora, nella zona marina di Montalto di Castro, e per gli eventi che potevano interessare la diga di Corbara, per la necessità di modulare le portate transitanti nel tratto da Baschi all'area urbana di Roma e in Toscana, dove in provincia di Grosseto a causa degli estesi alluvionamenti, in particolare nei comuni di Borgo Carige, Chiarone, Capalbio, Orbetello e Manciano e nella frazione di Albinia, nel comune di Orbetello, nel corso della giornata si è dovuto procedere all'evacuazione di ulteriori 700 persone.
In Umbria l'unità di crisi presso il distaccamento della polizia stradale di Orvieto ha evidenziato ancora forti criticità dovute agli estesi allagamenti. Il giorno 14 le criticità segnalate nei giorni precedenti sono rimaste inalterate. Nella regione Lazio vengono costantemente monitorati i fiumi Tevere e Aniene, principalmente nei tratti urbani della città di Roma. Nella notte sul fiume Tevere si sono sganciati gli ormeggi di due barconi che, dopo aver ostruito la luce del Ponte Milvio, sono stati ridotti in rottami e smaltiti direttamente dal corso dell'acqua. Un terzo barcone ha rotto uno dei tre ormeggi, rimanendo ancorato con gli altri due e quindi in sicurezza. Nella mattinata la viabilità stradale dell'area urbana ed extraurbana di Roma è stata interessata da estesi allagamenti dovuti principalmente a fenomeni di rigurgito del fiume Aniene. Nell'area del viterbese, sempre nella zona di Montalto di Castro, permangono allagate diverse abitazioni. Nel comune di Orte rimangono costanti le condizioni di criticità per le aree allagate, con circa 180 persone ancora allontanate dalle proprie abitazioni. Presso la regione Lazio è stata convocata l'unità di crisi, mentre a Roma è attivo il centro operativo comunale. A Viterbo naturalmente è ancora attivo il centro di coordinamento dei soccorsi presso la prefettura. Ma sono continuate nella giornata di ieri le criticità nell'area grossetana e di Massa Carrara a causa della persistenza degli allagamenti. Nella frazione di Albinia sono diventati 800 i residenti allontanati dalla propria abitazione e ospitati in parte presso alcune strutture messe a disposizione dal comune di Orbetello. Nella provincia di Siena da alcune aree allagate risultano ancora allontanate 120 persone e nella provincia di Arezzo, a causa dell'esondazione di alcuni torrenti minori, la popolazione era già stata invitata a salire ai piani superiori delle abitazioni e alcune persone sono state anche allontanate precauzionalmente. L'unità di crisi dell'Umbria rimane attiva soprattutto per quel che riguarda i comuni di Orvieto, Città della Pieve, Collazzone, Todi, Deruta e Marsciano, mentre in provincia di Perugia quasi un centinaio di persone sono state allontanate dalle proprie abitazioni. Le dighe di Corbara e di Alviano continuano a rilasciare acqua in maniera controllata. Anche il sistema di mobilità nelle regioni interessate ha subito numerose ripercussioni a causa degli effetti delle perturbazioni. Si sono verificati disservizi alla circolazione ferroviaria con l'allagamento della stazione di Orvieto e dell'area dello scalo ferroviario di Albinia con la conseguente interruzione della linea Roma-Genova. Le lunghe percorrenze sono state garantite mediante l'attivazione di un percorso alternativo via Firenze. Per gli itinerari locali è stato istituito il servizio sostitutivo su gomma, anche se condizionato dalla situazione della rete stradale. Nel pomeriggio del 12 novembre è stata temporaneamente interrotta la linea ferroviaria tra Siena e Grosseto e successivamente riattivata nella mattina del 13 novembre. La rete stradale ha conosciuto un allagamento di un tratto dell'autostrada A1 all'altezza di Fabro, che ha Pag. 8comportato la chiusura delle intera carreggiata in entrambi i sensi di marcia; chiusa in direzione nord tra i caselli di Orte e Chiusi e in direzione sud tra Val di Chiana e Orte. Nel pomeriggio del 13 tutti i caselli in direzione sud da Fabro ad Orte sono stati riaperti, ad eccezione di quello di Orvieto, dove persistono problemi relativi all'erogazione elettrica. L'ANAS segnala prioritariamente la chiusura del tratto che va dal chilometro 146 al chilometro 185 della SS1 Aurelia. È stata istituita l'uscita obbligatoria Grosseto centro, con rientro ad Albinia al chilometro 151. Nel pomeriggio del 13 è stata riaperta la strada statale Aurelia in direzione sud, dal chilometro 185 al 163,500, di conseguenza lo svincolo di San Donato è stato riaperto. Nella giornata del 12 si erano verificate già temporanee interruzioni su molte tratte viarie delle regioni Toscana, Umbria e Lazio, per lo più ormai risolte. Allo stato attuale, rimangono chiusi i tratti della strada statale 63 per il crollo di un ponte in località Serricciola, al chilometro 5,700, e della strada statale 205, dal chilometro 47 al chilometro 52, per l'esondazione del fiume Paglia. Si segnalano infine numerose criticità riscontrate sulla rete provinciale e secondaria di tutte le aree interessate da fenomeni di dissesto idrogeologico.
Per quel che riguarda i servizi essenziali, a causa degli allagamenti, si sono verificati disservizi nell'erogazione di energia elettrica. L'Enel sta operando per risolvere i problemi. Allo stato attuale, il numero delle utenze distaccate è di circa poco più di 4 mila, distribuite nelle province di Viterbo, Grosseto, Terni e Perugia, dove una parte consistente insiste in zone allagate dove la popolazione è stata evacuata.
Il volontariato è stato mobilitato e ha assicurato un apprezzabile contributo, evidentemente, per l'assistenza alle popolazioni. È stata autorizzata l'utilizzazione del volontariato delle strutture locali delle organizzazioni di protezione civile, con estensione alla componente volontaristica della Croce rossa italiana e del Corpo nazionale del soccorso alpino e speleologico.
La regione Emilia Romagna è stata autorizzata a intervenire nella regione Toscana con cinque unità dotate di kit per rischio idraulico. Sono 2 mila i volontari generosamente impiegati quotidianamente nei territori interessati in attività di presidio e per la gestione dell'emergenza.
Al momento sono quattro le vittime di questa emergenza. A Capalbio un uomo è stato rinvenuto senza vita nella sua auto; ancora incerte le cause del decesso. A Manciano tre dipendenti dell'Enel, di ritorno in auto da Roma verso Larderello, sono stati inghiottiti da una voragine apertasi su un ponte. Versa in gravi condizioni infine presso l'ospedale Misericordia di Grosseto una donna di 73 anni, travolta a bordo della propria auto nei pressi di Orbetello.
Dal quadro che vi ho appena fornito sinteticamente, ma accuratamente, i danni appaiono ingenti. Allo stato, stante anche le difficoltà di raggiungere alcune località, non è però possibile fare stime in riferimento alle strutture e infrastrutture pubbliche e private, oltre che alle attività agricole e produttive.
Torna in particolare evidenza tutta la problematica relativa all'elevato rischio idrogeologico, che, ogni volta che accadono fenomeni di questo tipo, viene ad essere riproposta. In particolare, desidero qui ricordare che, anche cercando di attuare misure che erano state ipotizzate e, in qualche modo, predisposte dal Governo precedente, nell'ultimo anno questo Governo ha provato ad accelerare le procedure di realizzazione degli interventi relativi al Piano idrogeologico, mettendo in opera o cominciando a porre in opera gli accordi di programma realizzati con le regioni e sforzandosi di assicurare agli stessi le risorse finanziarie, che è stato possibile mettere a disposizione.
In particolare, sono state adottate due delibere CIPE importanti: una relativa al Mezzogiorno, pubblicata il 25 maggio 2012, e un'altra adottata il 26 ottobre 2012 con riferimento alla situazione rappresentata Pag. 9dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, relativa al contrasto al dissesto idrogeologico proprio nei territori del centro-nord, cioè Emilia, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Marche, Piemonte, Toscana, Umbria, Valle d'Aosta e Veneto, per i quali si era disposto un primo finanziamento, con la delibera CIPE n. 6 del 2012.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha comunicato che è in corso di elaborazione la redazione del Piano nazionale per l'adattamento ai cambiamenti climatici, richiesto dall'Europa a ciascuno Stato, in particolare aggiornando le norme urbanistiche in materia di uso del territorio, con il divieto di procedure di condono edilizio, obbligando gli enti pubblici e i privati alla manutenzione dei boschi e dei corsi d'acqua, prevedendo la concessione in uso a imprese cooperative di giovani di terreni abbandonati situati nelle zone vulnerabili al rischio idrogeologico e al rischio di incendio per la loro valorizzazione e manutenzione, prevedendo l'istituzione di un fondo rotativo presso la Cassa depositi e prestiti finalizzato al credito a basso tasso di interesse alle imprese e ai soggetti privati per la realizzazione di progetti che concorrono all'attuazione del Piano, alimentato con il prelievo dello 0,5 per cento dell'accisa applicata ai carburanti.
Desidero rassicurare la Camera, e in particolare i deputati che hanno sollecitato questa nostra informativa, che il Governo segue con la massima attenzione l'evoluzione degli eventi.
Inoltre, si riserva di adottare tutte le misure necessarie per far fronte alle emergenze. Ho visto che alcune di queste sono state oggetto anche della riunione notturna della Commissione bilancio per la predisposizione del disegno di legge di stabilità.
Desidero comunicare che nella giornata di oggi, alle ore 18, a palazzo Chigi si terrà, con la presenza dello stesso Presidente del Consiglio, un incontro finalizzato all'approfondimento delle questioni che sono sul tappeto per quel che riguarda sia l'emergenza, sia la prevenzione. Infatti è evidente che la partita più importante è quella della prevenzione, legata alla strategia di contrasto al dissesto idrogeologico per la quale, probabilmente, non si potrà intervenire con gli strumenti propri dell'emergenza, circoscritti e delimitati, ma sarà necessario, probabilmente, adottare provvedimenti legislativi, che ci consentano di avere un preciso itinerario nel corso del quale realizzare una strategia organica, anche al fine di prevenire i danni, considerato che le prevenzioni, nella maggior parte dei casi, finiscono con il costare meno, anche dal punto di vista finanziario, del ristoro dei danni successivi.
Desidero in questa circostanza esprimere alle popolazioni interessate la più sentita solidarietà, ma anche ribadire che sarà continuamente tenuta sotto osservazione la situazione che si è venuta a determinare e sottolineare il livello di cooperazione interistituzionale che si è realizzato con le regioni e con i comuni. In particolare, proprio per iniziativa del presidente della regione Toscana, si realizzerà l'annunciato incontro di oggi pomeriggio a palazzo Chigi.
Credo che nelle settimane successive sarà possibile, eventualmente anche con una nuova informativa, fornire elementi di valutazione più completi sulle iniziative da assumere, anche per ricercare il necessario consenso del Parlamento.

(Interventi)

PRESIDENTE. Passiamo agli interventi dei rappresentanti dei gruppi.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Barani. Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Grazie signor Presidente. Sottosegretario, ben trovato. Nel corso di quest'anno sono già tre o quattro volte che la interrogo su questo argomento perché lei ha giustamente detto che i tempi di ritorno sono plurisecolari. L'anno scorso ad Aulla si è verificato il plurisecolare, è passato solo un anno, quindi, stando alle statistiche, ci rivedremo oltre il 3.000. Ma non è così. Pag. 10
Che altro deve succedere in Italia perché una classe politica regionale e i grand commis delle regioni si rendano conto dello stato delle cose? Mi fa piacere sapere che quando i buoi sono scappati si chiudono le porte, che vi è un governatore che fa la proposta, ma quel governatore doveva essere già intervenuto sulle regioni che un anno fa avevano subito gravi danni, con morti, invece vi sono solo progetti dati esternamente e già pagati milioni di euro, mentre non viene mai fatto un intervento. Lei giustamente ha detto che i fiumi devono essere puliti, la ghiaia in eccesso deve essere tolta. Hanno continuato a «dare le emergenze» in questi mesi. Lo sa perché ci siamo già sentiti. È un quiz che le faccio: l'avranno data l'emergenza per quanto poi si è verificato nel territorio aullese? Non l'hanno data, mentre l'hanno data sul fiume Magra quando è uscito di cinquecento metri il torrente Aulella, dove è caduto quel ponte della Strada statale 63, in località Serricciolo. Non hanno fatto un intervento. Per quella sponda era già previsto circa un milione di euro, da due anni. Si era già fatto un progetto dato esternamente, si era già pagato ad una società, una cooperativa amica, il 20 per cento, già appaltato da un anno e mezzo, ma non ancora realizzato.
Se fosse stato fatto con l'argine non succedeva nulla, quindi i soldi ci sono e non li spendono. I soldi forse lo Stato dovrebbe darli direttamente ai comuni, e mandare un Commissario per farli controllare. Perché è vero che stanno succedendo questi eventi che portano a morti e feriti, evacuazioni, il paesaggio sconvolto, pezzi di storia cancellati, ospedali e scuole inagibili, strade e ferrovie interrotte, ma c'è bisogno della prevenzione e la prevenzione - me l'ha detto lei nella interrogazione - la devono fare le province e le regioni. Me lo ha detto lei. Andiamo a vedere come sindacato ispettivo quello che mi ha detto, quella che è la legge. Allora ci sono dei responsabili, hai voglia se ci sono. Gli antichi romani, che erano saggi, quando bonificavano le paludi, cosa facevano? Facevano i canali e li tenevano curati quei canali. Basta solo questo, bonificavano, non c'era bisogno di pompe, non c'era bisogno di alta tecnologia; hanno bonificato il mondo, ce lo hanno insegnato. Allora bisogna curarli, è importante la cura dei nostri fiumi, dove non ci devono essere arbusti. I fiumi dentro i centri devono poter correre. In Svizzera lì cementificano per farli correre velocemente; lei ha detto giustamente che invece, fuori dai centri abitati, bisogna fare le casse di espansione, cioè si devono calmare, devono bloccarsi. Ecco quindi che il disastro era annunciato, è passato un anno da quelli dell'Elba e della Liguria, e quest'anno è stato più esteso. Anche lei ovviamente ha parlato di condizioni meteorologiche abbastanza particolari, ha parlato di 200 millilitri di acqua; nella Lunigiana ne sono caduti 300, che solo in quattro ore è tanta roba, ma è successo (350-400, 366) anche l'anno scorso.
Quindi ci troviamo di fronte ad un territorio che ha bisogno di manutenzione. Le regioni non sono in grado di farla, le province non sono in grado di farla e quindi c'è bisogno che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare se ne riappropri, assieme alle amministrazioni comunali, bypassando le regioni e le province, che hanno dimostrato la loro incapacità assoluta di gestire il territorio. Ci sono i responsabili; non sono tutti responsabili, ma c'è un responsabile che è il responsabile regionale e provinciale. In Toscana c'è un Commissario, signor Viceministro, e glielo ho già chiesto un'altra volta: lo dovete togliere, non è capace, lo ha dimostrato, in un anno non ha fatto nulla. Che cosa aspettate, che il prossimo anno ci sia un altro evento plurisecolare? Ormai arrivano ogni anno. Ecco perché sono convinto che le risorse di cui lei ci ha detto sono utili, importanti, ma se vengono gestite direttamente a livello centrale in accordo con le amministrazioni. Basta con questi passaggi alle regioni e alle province. E poi piantatela lì, ditegli basta di dare le progettazioni esternamente, che sono il 20 per cento; tolgono il 20 per cento del finanziamento per il rischio idrogeologico e per darle a chi? Esternamente, ma hanno tante di quelle Pag. 11migliaia di dipendenti, di ingegneri, che li facciano fare a loro, al genio civile, i progetti di protezione delle popolazioni. Comunque ho visto che il Governo è presente ed efficiente, quindi ci auguriamo che prenda provvedimenti su queste regioni incapaci di gestire l'emergenza.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Sani. Ne ha facoltà.

LUCA SANI. Signor Presidente, l'informativa del Governo ci ha confermato un po' il quadro drammatico che già le cronache e le TV ci hanno raccontato in questi giorni con immagini agghiaccianti, raccontandoci la disperazione di comunità che sono in ginocchio rispetto a ciò che è successo. Mi sia permesso di inviare il primo pensiero alle vittime, ai cittadini che hanno perso la vita e che venivano anche ricordati nell'informativa, sorpresi nelle loro pratiche quotidiane: chi rientrava dal frantoio, chi rientrava dal lavoro. E voglio rinnovare l'abbraccio ai familiari delle persone scomparse, considerato anche che in queste ore si stanno svolgendo i funerali di alcuni di loro, che tra l'altro personalmente conoscevo.
E voglio nello stesso tempo ringraziare quanti si sono adoperati fin dal primo momento per fronteggiare il disastro, i tanti volontari, gli operatori degli enti locali, la Protezione civile che, ancora una volta, ha dimostrato una grande professionalità. È chiaro che questi eventi ci dicono ancora una volta che occorrono un atteggiamento e politiche diversi rispetto al passato. C'è un tema che veniva ricordato, quello del dissesto idrogeologico, che, ad ogni occasione, si ripresenta e per questo occorrono politiche di programmazione e di gestione del territorio che certo non possono essere risolte nell'emergenza. Hanno, appunto, bisogno di programmazione perché laddove, come avvenuto ad Aulla, si costruiscono le case sui canali, poi è chiaro che il disastro avviene e non c'è nessun commissario o governatore regionale che possa da questo punto di vista mettere un freno.
E, nello stesso tempo, dobbiamo confrontarci con i nuovi cambiamenti climatici. Infatti, solo in questo anno, noi abbiamo fronteggiato nevicate eccezionali, siccità eccezionale e piogge eccezionali. Vuol dire che occorre una programmazione diversa, di lungo respiro che fino ad oggi non si è avuta. E su questo non bastano i buoni propositi. A me fa piacere che il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare dica che ci vogliono 40 miliardi di euro in un piano straordinario, ma ci dica anche da dove si inizia e quando. Intanto, per ripartire, dobbiamo far fronte all'emergenza. Come veniva ricordato, il Parlamento questa notte ha dato la prima risposta vera e tempestiva rispetto alle richieste del territorio; con voto unanime sono stati individuati 250 milioni di euro per intervenire nelle operazioni di ripristino sul territorio. Sono interventi che vanno in conto capitale e che sono individuati nella legge di stabilità.
Mi lasci dire questo, che un po' ci ha sorpreso l'atteggiamento del Governo in Commissione questa notte, quando ha espresso un parere contrario e un parere contrario motivato politicamente, dal momento che i saldi sono rimasti invariati. Ed è un atteggiamento che ci preoccupa, al di là di quello che ci diceva il sottosegretario, perché le cose da fare saranno molte e auspichiamo in primo luogo che ciò che è stato deliberato questa notte arrivi fino in fondo nella legge di stabilità. Infatti, le cose da fare sono quelle, appunto, che ci diceva lo stesso Ministro. Però, tra il dire e il fare la differenza si avverte perché il sottosegretario ci diceva che sono state fatte delle cose, ma le risorse che sono state annunciate sono state assegnate, ma non sono disponibili. Non abbiamo sentito, per esempio, una parola forte del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, considerato che quelle zone colpite sono zone ad alta vocazione agricola, dove centinaia di aziende sono state spazzate via, sono in ginocchio, a cominciare dal Candia, dall'Umbria, come nell'orvietano, nella maremma toscana e laziale. In quelle zone si produce l'eccellenza agroalimentare del nostro Paese e occorrono risposte certe per capire come si indennizzano Pag. 12quelle imprese e come si mettono in condizione di ripartire, perché ad un'emergenza ambientale c'è il rischio che si associ un'emergenza economico-occupazionale.
Rapidamente dico cosa a nostro avviso c'è ancora da fare. Soprattutto il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare avremmo gradito averlo in Aula, naturalmente con l'apprezzamento nei confronti del sottosegretario D'Andrea, per capire come intende mettere in campo i propri propositi. Ma c'è ancora da risolvere il problema del patto di stabilità, della deroga al patto di stabilità per comuni e province che devono fare fronte all'emergenza con mezzi non adeguati e valutare una moratoria fiscale nei confronti delle imprese che sono state coinvolte.

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Sani.

LUCA SANI. Insomma, c'è molto da fare. Quello che auspichiamo, come avvenuto questa notte da parte e per iniziativa del Parlamento, è che quei cittadini e quelle comunità non vengano lasciati soli, perché questo è l'appello che in questo momento viene dal territorio (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bitonci. Ne ha facoltà.

MASSIMO BITONCI. Signor Presidente, signor sottosegretario D'Andrea, la ringrazio per la sua dettagliata esposizione. Intanto, come gruppo Lega Nord Padania, volevamo esprimere la nostra solidarietà e vicinanza a tutte le famiglie e le popolazioni che sono state colpite da questi eventi alluvionali.
Le regioni colpite, come sappiamo, sono quelle della Toscana, del Lazio, dell'Umbria, del Veneto e non solo queste. L'ondata ha colpito il Paese nel fine settimana provocando disastri e morti, com'è stato ricordato. È stato fortemente colpito anche il Veneto. C'è stata l'acqua alta a Venezia, che ormai è diventata un problema ricorrente nella nostra regione. Sono state colpite soprattutto Vicenza e Padova con ingenti danni, anche se minori rispetto a quelli disastrosi del 2010, dove ci sono popolazioni e famiglie che non hanno ancora avuto ristoro rispetto ai quei danni alluvionali che sono stati veramente molto, molto forti.
Ogni volta c'è - come è stato ripetuto anche dai colleghi - il ripetersi della stessa situazione, che è diventata una situazione quasi ordinaria e non straordinaria come dovrebbe essere. Con il ritiro delle acque, anche se alcuni eventi sono ancora in corso, i danni nelle campagne potrebbero, da una stima approssimativa, superare i 200 milioni di euro e, quindi, parliamo di cifre molto importanti. Proprio ieri sera in Commissione è stato stanziato questo Fondo per il dissesto idrogeologico, però, insomma, 250 milioni di euro è un importo molto limitato rispetto a quelli che sono, poi, gli interventi che dovrebbero essere effettuati nel nostro territorio.
Noi sappiamo che questo è un problema importantissimo per tutta l'Italia, perché - e adesso vi dico qualche dato - dal 1960 ad oggi sono state oltre 4 mila le vittime causate da frane e inondazioni, 200 mila gli sfollati senza tetto per le frane, 45 mila gli sfollati per le inondazioni; solo nel 2011 si contano 43 vittime, 2159 sfollati, 14 regioni colpite e, in base a un'indagine condotta dal 2008 dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sono 6.600 i comuni, su più di 8 mila, quelli che hanno questo forte problema di alta criticità dal punto di vista idrogeologico. In pratica, è a rischio tutta l'Italia.
Pertanto, qual è il tema fondamentale? Il tema fondamentale è quello della prevenzione. Questa è la realtà dovuta ad una fragilità e ad una vulnerabilità di tutto il territorio del nostro Paese. Questa situazione è stata aggravata da un'eccessiva antropizzazione del territorio e costruzione selvaggia e inopportuna, molto forte e spesso anche abusiva. Lo abbiamo visto in tutti questi casi, in queste zone a rischio idrogeologico. Il tema è, quindi, sicuramente Pag. 13quello della prevenzione e del finanziamento, attraverso l'adeguamento e l'ammodernamento, per esempio, delle strutture deputate alla funzione di regimazione, come le acque, i canali e gli impianti idrovori, nonché la promozione di pratiche di vigilanza attiva e manutenzione, l'ordinaria e straordinaria manutenzione, l'attuazione di un presidio costante e il recupero del territorio.

PRESIDENTE. Onorevole Bitonci, la invito a concludere.

MASSIMO BITONCI. Ma io direi che il tema più importante è sicuramente quello delle risorse. Il gruppo della Lega Nord, essendo un partito molto territoriale, pensa che queste risorse dovrebbero andare direttamente ai comuni e agli enti locali. Penso che questa sia la strada giusta per poter eseguire queste opere e ciò dev'essere fatto cercando di dare una mano e non limitandone l'utilizzo attraverso un Patto di stabilità che limita la possibilità degli enti locali di effettuare gli investimenti.

PRESIDENTE. Onorevole Bitonci, deve concludere.
Le risorse, molte volte, ci sono nelle casse dei comuni, ma non possono essere utilizzate perché c'è un forte vincolo, a causa del patto di stabilità degli enti locali. Quindi, cerchiamo di seguire un'altra strada che è quella di dare direttamente le risorse ai comuni, effettuando le verifiche e magari mettendo dei commissari ad hoc per controllare che le opere vengano eseguite nel territorio.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bosi. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BOSI. Signor Presidente, ringrazio innanzitutto il sottosegretario, il quale è venuto qui a descrivere, prima, questa cornice e, poi, anche alcuni contenuti. Naturalmente ho grande rispetto e grande stima della persona del sottosegretario anche se, non per una deminutio del suo ruolo, ma per una competenza specifica dei ministeri, in modo particolare, sarebbe stato più che giusto che di fronte a catastrofi immani come queste le spiegazioni tecniche o paratecniche che sono state date, fossero state fornite direttamente dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, perché sua è la competenza di far fronte a queste determinate evenienze.
Voglio sottolineare che quanto avvenuto nei giorni scorsi è una autentica catastrofe, non è un fatto di ordinaria amministrazione! Cari colleghi, caro signor Presidente e rappresentanti del Governo, a sud della provincia di Grosseto è tutto distrutto; è distrutta una agricoltura di grande pregio; sono distrutte, addirittura, le industrie medie, nemmeno quelle piccole, che trattano i prodotti dell'agricoltura; sono distrutte le infrastrutture; sono distrutte le proprietà private. Prendo atto che questa notte, nella V Commissione (Bilancio), sono stati stanziati 250 milioni di euro, per tutta l'Italia però! Allora anche su questo dobbiamo intenderci. Credo che quando accadono queste cose - e mi riconosco anche in quello che diceva il collega Barani - il danno alla fine colpisce comune per comune; tutta la viabilità speciale, per esempio, che nella Maremma è molto complessa, è a carico di ciascuna amministrazione comunale. Non è possibile che quando si vanno ad indennizzare queste situazioni poi alla fine l'ultimo soggetto destinatario diventa il comune. Infatti, ci sono logiche diverse che attengono alla questione della ricostruzione a seguito del danno.
Voglio anche spendere due parole, mi sia consentito, per ricordare le vittime di questa tragedia; tre operai dell'ENEL sono morti, più un'altra persona; quindi, abbiamo delle vittime, abbiamo dei disastri incalcolabili. La Toscana è stata particolarmente colpita, dalla zona di Aulla, di Carrara, alla provincia di Lucca; inoltre, in modo particolare, l'area così critica del grossetano. Pensate che nei comuni di Sorano, nella frazione di Sovana, luoghi che hanno un prestigio enorme sotto il profilo archeologico, sono andati distrutti perfino i resti di archeologia etrusca, che Pag. 14richiederanno grandi ed immense risorse. Allora, signor Presidente, concludo dicendo questo: cambiamo metodo! Signor sottosegretario, si faccia portatore di questa nostra istanza. Sono stato sindaco, e quando capitò di affrontare problemi di grandissima emergenza il Governo, già all'epoca, trattò con me, e addivenne alla nomina di un commissario ad acta.
Si proceda così, perché altrimenti faremo come per Marina di Campo, all'isola d'Elba, dove ancora oggi non si è visto niente. Cambiamo metodo, stanziamo anche più risorse compatibilmente con le possibilità, ma responsabilizziamo in modo particolare i soggetti principali vittime di questi danni, che sono e debbono essere recuperati, perché sono strettamente connessi alla vita civile e anche a quella sociale ed economica (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo e del deputato Barani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Di Biagio. Ne ha facoltà.

ALDO DI BIAGIO. Signor Presidente, signor sottosegretario, nulla da eccepire alla sua articolata relazione, all'informazione che ha inteso veicolare a quest'Aula, ma quello che è accaduto nelle scorse ore in alcune aree del Paese, come si diceva in particolare in Toscana, Umbria e alto Lazio, solleva qualche interrogativo a cui purtroppo quest'Aula sembra ciclicamente avvezza. Voglio rivolgere per prima cosa un pensiero sincero e di vicinanza alle famiglie che hanno perduto i propri cari in questa ennesima tragedia ambientale, così come a coloro che stanno vivendo un vero e proprio dramma e che stanno contando i danni al proprio territorio, alle proprie case, alle proprie aziende. Un pensiero va anche alle forze dell'ordine e di sicurezza, che come sempre, con il loro contributo eccezionale, sono chiamate a sopperire alla mancanza e alle superficialità di coloro che alla sicurezza ambientale sono deputati. Pur comprendendo il carattere di eccezionalità che il maltempo delle ultime ore ha rappresentato, appare indubbio il fatto che molti dei danni da questo causati potevano essere perlomeno evitati, qualora vi fosse stata un'attenzione maggiore alla tutela del territorio, soprattutto sul versante idrogeologico. Ci si trova dinanzi ad eventi che mettono in drammatica evidenza la fragilità del suolo italiano: una presumibile difficoltà gestionale e amministrativa del nostro Paese nel tutelare e salvaguardare proprio quel patrimonio. Spesso i media parlano di tragedie annunciate per la mancanza di tutela del territorio, per l'assenza di investimenti per la manutenzione delle aree a rischio e per la carente se non assente lotta all'abusivismo edilizio, senza dimenticare l'inefficienza dei consorzi di bonifica e i loro costi, che non sono trascurabili e nei confronti dei quali sono puntati i riflettori in queste ultime ore, così come molti amministratori del territorio stanno evidenziando. Di fronte a tutto questo l'intervento del Governo è indispensabile per delineare cosa intende fare per fronteggiare queste derive, che, mi permetta, non sono solo meteorologiche, ma sono purtroppo anche politico-amministrative. Certamente non è questa la sede per fare polemiche - ci sono le sedi competenti per potere intervenire in questo senso -, ma devo evidenziare il mio sincero rammarico, perché a distanza di un anno ci ritroviamo di nuovo in quest'Aula a discutere su drammi evitabili e ad assistere a interventi straordinari dell'Esercito in aree dove la manutenzione e il monitoraggio idrogeologico sono soltanto sulla carta, ma nei fatti risultano utopie. Piuttosto, questo è il momento di tirare qualche bilancio e ragionare insieme sulle potenzialità di intervento finalizzate a ridare fiato a quelle terre e salvare il tessuto economico-produttivo oltre che sociale direttamente colpito. L'emergenza di queste ore solleva un'ulteriore riflessione e considerazione che sarebbe auspicabile affrontare in tempi celeri e nelle opportune sedi, come abbiamo auspicato da più parti: il problema principale sta nell'assenza di un quadro normativo fluido che consenta alle regioni, ad esempio, di intervenire in maniera diretta, anche in considerazione della normativa vigente, che ha stretto i Pag. 15lacci del Patto di stabilità interno e che rende di fatto impossibile ogni ipotesi di deroga in campo agli enti locali finalizzata ad utilizzare risorse straordinarie in casi emergenziali. In questo scenario è stato esemplare e produttivo il confronto di questa notte in Commissione bilancio, che grazie al lavoro stretto dell'intera Commissione ha consentito l'approvazione di un emendamento che stanzia 250 milioni di euro in favore dei comuni e delle regioni colpite dell'attuale alluvione. È un segnale di responsabilità e dignità nei confronti di queste regioni ma dobbiamo fare di più, signor sottosegretario. È un risultato significativo che dimostra che dinanzi alle tutele del territorio non ci sono e non ci devono essere deroghe, e tutto questo è stato possibile anche grazie alla disponibilità del Governo. Dobbiamo tenere bene a mente questi aspetti in futuro.
L'Italia non si può permettere ancora queste superficialità. Creare le condizioni per gestire in maniera ottimale l'emergenza dovrebbe essere una priorità per un Paese dove il rischio idrogeologico e sismico è una certezza, un rischio che dovrebbe essere preso come riferimento per riorganizzare la normativa in materia e sicuramente definire gli stanziamenti di bilancio, e non come un'eventualità a cui far fronte solo con il senno del poi.
Purtroppo, gli eventi calamitosi sono diventati quasi una normalità per il nostro Paese ed è proprio questo il punto da cui partire per rivedere insieme una rinnovata mentalità che sappia tradursi in interventi preventivi e monitoraggi mirati. Le zone colpite dall'alluvione di questi giorni sono particolarmente produttive e ricordiamo, ad esempio, le zone agricole della Maremma toscana dove il tessuto economico e produttivo è essenzialmente formato da piccole e medie imprese agricole.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ALDO DI BIAGIO. Termino ribadendo solo questo aspetto: in questa prospettiva voglio rivolgere un plauso al ministro Clini che, proprio in queste ore, ha annunciato la presentazione del Piano per la prevenzione del dissesto idrogeologico che contiene misure di buonsenso, così com'è stato detto dal Ministro, un piano urgente che non si può più differire e di cui l'Italia ha bisogno per ripartire (Applausi del deputato Barani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, a differenza di altri miei colleghi, non sono proprio così soddisfatto. Capisco persino la difficoltà - non voglio parlare di imbarazzo - del sottosegretario D'Andrea costretto a correre qui in Aula a dare un'informativa che è stata preparata dagli uffici, un'informativa molto puntuale, presa in parte da meteo.it e qualcos'altro forse dalle vecchie cronache del colonnello Bernacca.
Il problema è che qui siamo in un'Aula del Parlamento italiano. Abbiamo tutti noi una responsabilità nei confronti dei territori che sono stati devastati da un'alluvione che - davvero ha detto bene il collega Bosi prima - non è un'alluvione come le altre, ma un'alluvione più grave che si va ad aggiungere alle altre.
Per quella che è la mia esperienza, per quella che è la mia memoria, dal 1992, dalla prima volta che ne ho memoria, ogni due anni in quest'Aula c'è stata un'informativa del Governo con particolare riferimento alle alluvioni che regolarmente colpiscono la città di Genova. Adesso, ultimamente, in questi anni, non più soltanto Genova, ma anche le Cinque terre, la Lunigiana, l'isola d'Elba, la Maremma, l'Umbria e poi il Veneto.
Vuol dire che c'è qualche cosa che sta cambiando e non è soltanto il cambiamento climatico. È la natura che comincia a presentare il conto e appunto avrei voluto per questo che il rappresentante del Governo fosse venuto qui a dire alcune cose un pochino più definite, quanto meno in termini di stima dei danni e soprattutto avesse risposto ad una domanda: ma c'è una differenza fra una alluvione e un terremoto per quanto riguarda le vittime, Pag. 16per quanto riguarda i danni, per quanto riguarda le necessità di ripristino, per quanto riguarda il risarcimento alle famiglie colpite e alle aziende colpite?
C'è una differenza tra chi muore sotto un tetto crollato all'improvviso per un terremoto o chi muore su un ponte che crolla per la piena del fiume? Perché faccio questa domanda e questa considerazione? Mi rivolgo a tutti i colleghi, a quelli che magari la prossima settimana voteranno la fiducia sulla legge di stabilità dalla quale magari il Governo pensa di poter espungere l'emendamento che questa notte la Commissione parlamentare ha deciso di mettere per quanto riguarda la possibilità di deroghe al Patto di stabilità.
Perché, come avevo pensato di sottoporre con un'interpellanza urgente al Governo subito dopo la mattina in cui si sono verificati i danni subiti dalla mia provincia, la provincia di Massa Carrara, e più in generale da quel territorio che vorrei chiamare la Lunigiana storica, chiedevo appunto se il Governo non ritenga di voler prevedere, entro un determinato limite di spesa annuale, che l'utilizzo delle risorse proprie e delle risorse provenienti dallo Stato da parte di regioni ed enti locali per interventi prioritari di messa in sicurezza di aree a più elevato rischio idrogeologico possa essere autorizzato anche in deroga agli obblighi relativi al Patto di stabilità interno. Per cui davvero non si può, dopo il voto che c'è stato questa notte, in cui è stato espresso un voto contrario, pensare di cambiare.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Evangelisti.

FABIO EVANGELISTI. Concludo, signor Presidente, mi dia soltanto 30 secondi. Lo dico bonariamente al collega Barani, che questa mattina ha scoperto le responsabilità dei presidenti delle regioni, che sicuramente ci saranno anche le responsabilità dei presidenti di regione, così come del Presidente del Consiglio e così come dei presidenti delle province, ma ci sono anche le responsabilità dei sindaci. Caro Lucio Barani, tu sei stato sindaco di Aulla e sai che hai delle responsabilità per costruzioni che sono state fatte proprio a bordo di quel fiume che è esondato l'anno scorso e che ha provocato danni e vittime.
Per cui, da questo punto di vista facciamo tutti un momento anche di assunzione di responsabilità. Non è il momento di giocare a scaricabarile, a chi è più bravo, a chi ha più o meno responsabilità. Se la natura presenta il conto è perché chi ha avuto in questi anni responsabilità nel governo del territorio e del Paese qualche colpa ce l'ha davvero.

PRESIDENTE. Saluto gli studenti e i professori delle classi quinta A e quinta D della Scuola primaria dell'Istituto Villa Flaminia di Roma, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Misiti. Ne ha facoltà.

AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, il sottosegretario D'Andrea ha esposto dettagliatamente, in una relazione evidentemente preparata dagli uffici della Protezione civile, gli effetti degli eventi che si sono succeduti in questi ultimi giorni e ha sostanzialmente illustrato quello che si può fare in tempi brevi, nei prossimi giorni, e quello che si è fatto nella scorsa settimana per attutire, per ridurre gli effetti negativi sul territorio interessato, territorio che si estende in parecchie regioni. L'accenno che ha svolto nell'ultima parte della relazione su ciò che il Governo ha già proposto al Parlamento e approvato e ciò che vorrà fare nel periodo che precede le elezioni a me sembra non sufficiente, perché il Ministro dell'ambiente dovrebbe non solo essere qui, ma deve assumersi le responsabilità, in quanto ciò che è avvenuto è solo una prima avvisaglia.
Quello che è avvenuto nel 1951 e nel 1966 per Venezia e Firenze si potrebbe ripetere ed è molto più grave di quello che è avvenuto in questi giorni. A Roma fortunatamente c'è stata la diga di Corbara e l'altro sistema che protegge la città, ma anche qui ho notato una insufficienza nella gestione delle acque della diga.

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PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Misiti.

AURELIO SALVATORE MISITI. Mi permetto di concludere con un accenno alla mancata chiusura di quell'arteria stradale che ha purtroppo inghiottito la macchina dei tre dipendenti dell'ENEL. Quella è una grave responsabilità e chi aveva l'onere di fare non ha fatto. Ecco perché siamo solidali certamente con quelle famiglie, ma è necessario trovare anche le responsabilità per l'evento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Iannaccone. Ne ha facoltà.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, questo è uno di quei momenti in cui deve prevalere il senso della responsabilità e della coesione, innanzitutto ricordando coloro che hanno perso la vita in un evento così drammatico e poi facendo riferimento alle devastazioni che, ancora una volta, una parte del territorio nazionale ha subito.
Abbiamo visto tutti le immagini drammatiche. Oltre alle vite umane purtroppo perse, attività economiche sono state messe in ginocchio nel campo dell'industria, dell'artigianato e soprattutto nel campo dell'agricoltura. In questi momenti, esercitarsi sulle responsabilità sarebbe facile, ma noi riteniamo che non sia opportuno. La cura del dissesto idrogeologico è un altro dei fallimenti dell'attività delle regioni.

PRESIDENTE. Onorevole Iannaccone, la prego di concludere.

ARTURO IANNACCONE. A questo deve porre mano il Governo. Quindi, sottosegretario, le chiediamo di rappresentare al Governo nella sua collegialità una nostra specifica richiesta, quella di farsi carico di un piano straordinario per la cura del dissesto idrogeologico, perché noi riteniamo che sia molto meglio investire per prevenire che poi intervenire dopo per riparare i danni prodotti dagli interventi alluvionali e dallo straripamento dei corsi d'acqua.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per fatto personale l'onorevole Barani. Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, intervengo solo per chiedere l'autorizzazione per consegnare, affinché rimanga agli atti, il testo dell'intero intervento. Non c'è nessun fatto personale, perché conoscendo i soggetti che hanno parlato è meglio, come diceva Dante, «non ti curar di loro, ma guarda e passa». Sono solo invidia e gelosia.
Chiedo quindi che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Barani, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È così esaurito lo svolgimento dell'informativa urgente del Governo.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 10,55).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Elementi in merito all'adempimento dell'obbligo di presentazione presso la questura di Bologna da parte di Saleh Abu Anzeh, esponente in Italia del Fronte popolare per la liberazione della Palestina, in relazione al procedimento penale sulla strage di Bologna del 2 agosto 1980 - n. 2-01731)

PRESIDENTE. L'onorevole Raisi ha facoltà di illustrare l'interpellanza Buonfiglio n. 2-01731, concernente elementi in merito all'adempimento dell'obbligo di presentazione presso la questura di Bologna da parte di Saleh Abu Anzeh, esponente in Italia del Fronte popolare per la liberazione della Palestina, in relazione al Pag. 18procedimento penale sulla strage di Bologna del 2 agosto 1980, di cui è cofirmatario (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

ENZO RAISI. Signor Presidente, questa interpellanza in realtà è il seguito di un'altra interpellanza urgente che sottoposi all'attenzione del Governo alcune settimane fa e che tra l'altro riporto nel libro che ho appena scritto proprio sulla strage di Bologna. Già allora rimasi molto sorpreso per la risposta che il Governo mi diede a quella interpellanza, che, di fatto, si tradusse in un segreto di Stato non scritto, ma dichiarato.
Infatti, per far capire anche a chi ci ascolta, nella precedente interpellanza chiedevo se era vero che il dottor Gentile, che all'epoca seguiva nell'immediatezza dell'attentato (la strage di Bologna del 2 agosto 1980) le relative indagini, aveva chiesto al giudice de L'Aquila di autorizzare Abu Saleh, cioè il capo responsabile dell'FPLP in Italia (il Fronte popolare per liberazione della Palestina), di recarsi a Roma. Per la cronaca Abu Saleh era agli arresti domiciliari per i famosi fatti dei «missili di Ortona» sequestrati dai Carabinieri e per i quali probabilmente è accaduto quello che è accaduto a Bologna il 2 agosto dell'80 in una ritorsione per quell'arresto.
Il giudice Gentile chiedeva ai giudici de L'Aquila di autorizzare Abu Saleh, che era agli arresti domiciliari, a recarsi a Roma per fatti concernenti le indagini sulla strage di Bologna: è una grande novità, perché si era sempre tentato di escludere questa pista in tutti questi anni, fintanto che la Commissione «Mitrokhin» non trovò degli incartamenti che ci indirizzavano invece proprio su questo tipo di pista.
All'epoca mi si disse, nella risposta all'interpellanza urgente, che effettivamente risultava questa richiesta - che d'altra parte non poteva essere fatta sparire, perché i giudici de L'Aquila avevano risposto e, quindi, c'erano due procure che avevano gli incartamenti -, anzi avevano chiesto una conferma della domanda di permesso chiesta dal giudice Gentile proprio perché la trovavano anomala. Immaginate: non si capisce come mai ad un certo punto si chieda di lasciare libero il capo di un'organizzazione terroristica presente in Italia, arrestato per fatti inerenti il trasporto di armi, prese e sequestrate a Ortona, per andare a Roma una settimana, non si capisce a fare cosa. Quindi giustamente i giudici de L'Aquila hanno chiesto chiarimenti e c'è una seconda missiva in cui si chiede se si era certi di voler fare questo.
Nella risposta che mi ha dato il Governo la scorsa volta c'è la conferma che tutto questo è vero e c'è la conferma, da parte delle autorità di Polizia, che effettivamente Abu Saleh era stato autorizzato ad andare a Roma non nel mese di settembre (come aveva chiesto l'ufficio di istruzione presso il tribunale di Bologna), ma nel mese di novembre del 1981. Quindi anche qui è cambiata una data. Però, a parte questo elemento e questo unico documento, si confermava tutto, ma non si è trovato nulla - questa è la cosa straordinaria - su quando esattamente e specificatamente Abu Saleh sia andato a Roma e sulle motivazioni di questa visita romana, se non nella lettera di Gentile che riferisce per fatti concernenti le indagini riguardanti la strage di Bologna. Quindi, il collegamento viene fatto, ma non viene dato alcun altro tipo di spiegazione.
Sicuramente - perché non posso pensare che i nostri servizi segreti non abbiano monitorato questo tipo di intervento - non si è trovato nulla negli archivi dei nostri servizi segreti, né negli archivi della Polizia di Stato, né presso la procura di Bologna, che ha risposto imbarazzata che sì, è vero, c'è questa lettera, ma non abbiamo trovato altro.
Poniamo una domanda ulteriore, oggi, di fronte a questa situazione imbarazzante per lo Stato e per il Governo italiani. È imbarazzante anche per me come parlamentare, visto che rappresento un'istituzione importante, perché sentirmi dare una risposta come quella dell'altra volta mi ha fatto in qualche modo vergognare della mia stessa carica: non posso pensare Pag. 19che le istituzioni del mio Paese, di fronte ad un evento così grave, com'è stata la strage di Bologna, continuino a giocare a fare la melina e non producano i documenti che possano finalmente fare chiarezza su un evento tragico che ha colpito la mia città e su cui ancora ci sono tanti dubbi, nonostante ci sia stata una sentenza definitiva, emessa - non dimentichiamolo -, a seguito di un processo indiziario, su cui molte persone, nel rispetto delle prerogative del potere giudiziario, di destra e di sinistra - non c'è un problema di collocazione politica -, hanno avanzato dubbi. Ma non vorrei dilungarmi su questo tema.
Torniamo all'aspetto specifico, io chiedo veramente, con questa interpellanza urgente, che il Governo mi dia - lo spero - delle risposte chiare e certe, perché l'altra volta, di fronte ad un segreto di Stato «di fatto», non dichiarato ma posto in quella risposta, sono rimasto molto perplesso e ho subito ed immediatamente rilevato anche un'incongruenza rispetto a quello che era stato detto dal Governo quella volta, cioè che Gentile chiedeva l'autorizzazione per settembre e nella risposta il Governo ha detto che l'unico documento trovato è stato quello della polizia, secondo il quale è stato autorizzato per novembre.
La domanda degli interpellanti oggi è quale sia stato esattamente il periodo in cui Saleh è stato autorizzato o meno, se risultino agli atti le date in cui il cittadino giordano ha effettivamente assolto all'obbligo di presentazione presso la questura di Bologna e se sia stato autorizzato ad andare a Roma.
Spero, nel frattempo, e mi auguro - forse questa è una pia speranza in un Paese in cui su certi fatti non si vuole mai fare chiarezza - che il Governo, cercando nei cassetti, abbia trovato qualche elemento ulteriore rispetto ad un episodio chiaro ed anche di svolta. Rispetto a tutti coloro che, in questi anni, hanno negato la pista palestinese, abbiamo trovato, per la prima volta, un elemento certificato in cui il giudice che indagava sulla strage di Bologna coinvolge il capo del Fronte popolare per la liberazione della Palestina (FLP) nelle indagini stesse. Per fare cosa? Una mia idea ce l'ho e la spiegherò nella replica, però è chiaro che mi attendo dal Governo una risposta chiara a queste domande.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Carlo De Stefano, ha facoltà di rispondere.

CARLO DE STEFANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, sono qui per illustrare la scansione temporale del viaggio da Bologna a Roma del cittadino giordano Abu Anzeh Saleh, così come richiesto dall'onorevole Raisi e dagli altri onorevoli interpellanti.
In dettaglio, mi si chiede se il predetto cittadino abbia assolto l'obbligo di presentazione presso la questura di Bologna - posto dalla corte d'appello dell'Aquila - relativamente al periodo compreso tra il mese di agosto e quello di dicembre del 1981.
Per la specificità della materia, sono stati acquisiti elementi di risposta dal Ministero della giustizia. Il citato Dicastero, in particolare, ha comunicato che, dagli atti del tribunale di Chieti, risultano richieste di Abu Anzeh Saleh o del suo difensore volte ad ottenere - per il periodo successivo a quello compreso tra il 15 ed il 21 settembre del 1981 - modifiche o revoche dell'obbligo di dimora a lui imposto nella città di Bologna dalla corte d'appello dell'Aquila con provvedimento del 14 agosto 1981.
Il Ministero della giustizia, in particolare, ha indicato la seguente documentazione: in primo luogo, l'istanza depositata il 22 settembre 1981 e rivolta da Abu Anzeh Saleh al presidente della corte d'appello dell'Aquila per essere autorizzato a lasciare Bologna per poter svolgere il proprio lavoro, fermo restando l'obbligo di presentarsi due volte alla settimana in questura.
In secondo luogo, risulta il rigetto dell'istanza da parte della predetta corte in data 10 ottobre 1981, stante la «genericità» della stessa. In terzo luogo, vi è Pag. 20l'istanza in data 27 ottobre 1981 del difensore di Abu Anzeh Saleh, volta ad ottenere la modifica o revoca dell'obbligo di dimora a Bologna in ragione «dell'attività di intermediazione commerciale - svolta da Abu Anzeh Saleh - tra imprese italiane ed operatori arabi», mantenendo l'obbligo di presentazione, una volta alla settimana negli uffici della questura di Bologna.
In quarto luogo, risulta il parere negativo del procuratore in data 28 ottobre 1981. In quinto luogo, vi sono le istanze in data 3 e 8 novembre 1981, avanzate alla corte d'appello dell'Aquila da Abu Anzeh Saleh per essere autorizzato - con la prima istanza - a effettuare un viaggio a Roma di tre giorni per conferire con urgenza con il difensore e - con la seconda istanza - per essere autorizzato, «per esigenze difensive», a soggiornare a Roma dove risiede il difensore, in vista della celebrazione dell'udienza del 25 novembre 1981 per il giudizio dinanzi alla corte d'appello dell'Aquila.
In sesto luogo, vi è un provvedimento della corte d'appello dell'Aquila del 12 novembre 1981 che autorizza Abu Anzeh Saleh ad allontanarsi da Bologna e a soggiornare a Roma per otto giorni, esonerandolo dall'obbligo di presentazione alla questura di Bologna ed imponendogli di presentarsi a giorni alterni alla questura di Roma.
In settimo luogo, vi è la comunicazione della questura di Roma alla corte d'appello dell'Aquila e al Ministero dell'interno dell'avvenuta presa in carico di Abu Anzeh Saleh e del suo successivo rientro a L'Aquila insieme al difensore, per partecipare alla citata udienza di appello del 25 novembre.
Risultano inoltre: le comunicazioni tra la questura di Roma, la questura dell'Aquila, la questura di Bologna, l'autorità giudiziaria aquilana e il Ministero dell'interno, in data 1o dicembre 1981, concernente il rientro a Roma di Abu Anzeh Saleh in data 26 novembre 1981, che riporta, altresì, la notizia dell'incidente stradale verificatosi durante il viaggio di rientro verso la capitale, nonché della certificazione medica di Abu Anzeh Saleh attestante la necessità di riposo assoluto e l'impossibilità per il predetto di fare ritorno a Bologna; la comunicazione, il successivo 5 dicembre, tra la questura di Roma, la questura de L'Aquila, la questura di Bologna, l'autorità giudiziaria aquilana e il Ministero dell'interno attestante il rientro a Bologna di Abu Anzeh Saleh, in seguito al rilascio, il precedente 4 dicembre, del foglio di via obbligatorio da parte della questura di Roma; infine, la comunicazione del 7 dicembre da parte della questura di Bologna alla questura di Roma, alla questura de L'Aquila e alla corte d'appello de L'Aquila, di presa in carico di Abu Anzeh Saleh a partire dal 5 dicembre 1981.
Voglio, inoltre, precisare che sono in corso attività investigative della questura di Bologna delegate dall'autorità giudiziaria nell'ambito del procedimento penale n. 13225/11 concernenti, tra l'altro, la posizione del cittadino Abu Anzeh Saleh e coperte da segreto istruttorio. Non risultano disponibili, pertanto, ulteriori elementi, in quanto anche i dati richiesti con lo specifico quesito posto dagli onorevoli interpellanti, sono coperti da segreto istruttorio.

PRESIDENTE. L'onorevole Raisi ha facoltà di replicare.

ENZO RAISI. Signor Presidente, innanzitutto ringrazio il Governo perché un passettino in avanti è stato fatto rispetto all'altra volta, perché in quell'altra occasione tutte queste informazioni non risultavano e, anzi, chiedo, poi, di poter avere una copia della sua risposta perché, intanto, è un altro tassellino che mettiamo insieme.
Sono contento che la procura di Bologna stia indagando su questi fatti. Certo, trovo strano che la procura di Bologna - che rispetto, perché sta effettuando un buon lavoro di ricerca per le nuove indagini a Bologna - quella più vecchia, quella di prima, non sapesse che un magistrato dei suoi uffici avesse effettuato questa richiesta, che era scomparsa. Mi riferisco Pag. 21al fatto che Gentile avesse richiesto all'ufficio de L'Aquila di mandare Abu Saleh a Roma, ma su questo punto la motivazione addotta da quelle note, che lei ha letto, è un po', in un certo senso, banale. Non ho mai saputo che un detenuto potesse essere autorizzato ad andare nella città dove risiede il difensore.
Forse, la verità è quella che ha scritto Gentile nella sua lettera e, cioè, che lui doveva andare a fare qualcosa a Roma che, probabilmente, riguardava la strage di Bologna. Il mio parere - come ho scritto nel libro - è che era già iniziata l'operazione di depistaggio da parte di alcune realtà istituzionali italiane, per il famoso «lodo Moro» in cui era anche incluso, in un certo senso, l'arresto di Abu Saleh. Nascono da qui anche le minacce allo Stato italiano e, poi, la ritorsione. Ma, questo fa parte della mia tesi, che ho costruito in quindici anni di lavoro anche come parlamentare. Però, è evidente che per la prima volta, finalmente, si certifica di questa attività svolta da Abu Saleh, d'accordo con la procura di Bologna dell'epoca, che stava indagando.
Ora, controllerò tutti i dati che avete fornito. Mi meraviglio, però, che questi documenti siano solo presenti presso la procura de L'Aquila, perché nell'altra occasione né la questura di Roma, né la questura di Bologna, né gli archivi dei nostri servizi, né la procura di Bologna avevano alcuna traccia di questi carteggi. Questa è una faccenda, a mio parere, imbarazzante. Fortunatamente, esiste la procura de L'Aquila, perché, se non vi fosse la procura de L'Aquila, oggi non saprei nulla di più rispetto a quello che avete detto nella scorsa occasione.
Fortunatamente, la procura de L'Aquila ha conservato tutti questi documenti e oggi cominciamo ad avere, in un certo senso, un po' più di luce su quei fatti.
Rimane strano - ma lo verificherò anche quando la procura di Bologna avrà finito questa nuova istruttoria - che le altre istituzioni dello Stato italiano abbiano fatto sparire questi incartamenti. Questo, a mio parere, non è un aspetto di poco conto. L'altra volta mi è stato detto questo dal Governo e non dubito che il Governo mi abbia detto la verità, tra l'altro con grande imbarazzo di chi allora mi lesse la nota che era stata preparata. È evidente - e tutti eravamo consapevoli - che ci troviamo di fronte ad un tentativo di copertura di atti, che probabilmente saranno spariti. Non voglio qui muovere accuse a nessuno, però la sparizione è molto strana e, a dimostrazione di questa stranezza, che oggi sottolineo in questa sede, abbiamo la risposta che oggi lei mi ha dato. Solamente la procura de L'Aquila ha conservato tutti questi atti, che dimostrano questi movimenti strani di Abu Saleh. A me non risulta che avesse attività commerciali, ma può darsi che all'epoca, per coprire altre attività, facesse anche questo.
Onestamente trovo strano che si conceda ad un imputato di evitare la carcerazione, seppure domiciliare, per andare a visitare il difensore a Roma. Sono assolutamente contrario, però prendo atto anche di questo. È evidente che dietro c'era ben altra cosa, come Gentile ha scritto in quella lettera mandata ai suoi colleghi de L'Aquila.
Acquisirò quanto mi è stato detto dal Governo e intanto lo ringrazio, perché - ribadisco - rispetto all'altra volta un passettino in avanti è stato fatto. Ovviamente ci risentiremo a breve, perché man mano che acquisisco documenti, come sto dimostrando da sette od otto anni a questa parte, continuerò a presentare interpellanze per poter finalmente dare anche ai cittadini italiani, ma soprattutto a quelli della mia città, la verità sul più grande attentato fatto nella storia della Repubblica italiana.

(Iniziative ispettive presso la procura della Repubblica di Massa in relazione ad una perquisizione a carico di due consiglieri di minoranza del comune di Aulla - n. 2-01728)

PRESIDENTE. L'onorevole Barani ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01728, concernete iniziative ispettive Pag. 22presso la procura della Repubblica di Massa in relazione ad una perquisizione a carico di due consiglieri di minoranza del comune di Aulla (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

LUCIO BARANI. Signor Presidente, signor sottosegretario, mi richiamo ad un'interpellanza urgente presentata il 1o dicembre 2008, la n. 2-00236, nella quale si portava all'attenzione del Ministro interpellato quanto accaduto nella città di Aulla, dove, signor sottosegretario, era circolato un volantino anonimo, a sfondo rosa, satirico - credo che in Italia ce ne siano 1 o 2 milioni l'anno di questi volantini anonimi - in cui non si diceva nulla - ovviamente non condivisibile -, ma al quale è seguita la perquisizione, una bella mattina di qualche giorno dopo, a due consiglieri comunali, un preside, un dirigente scolastico, e un pediatra. Gli hanno sequestrato i computer - addirittura nel computer del pediatra c'erano le cartelle cliniche dei giovani pazienti, circa mille - dicendogli che la polizia postale, con grande dispiegamento di forze: neanche per questioni di mafia lo fa e invece lo dovrebbe fare) doveva chiedere il dissequestro.
L'ho riportata all'attenzione perché un paio di settimane fa ho incontrato uno di questi due consiglieri, Tasso Domenico, e l'ho trovato ancora emotivamente provato da quella perquisizione. Diceva: io sono un preside in pensione e non riesco ancora a digerire la vergogna di essere andato su tutta la stampa con l'accusa infamante di essere uno che distribuiva volantini anonimi a sfondo rosa contro un sindaco (non ricordo bene); la vergogna di incontrare i miei alunni. Io ero il loro docente, un punto di riferimento.
Leggevano che io mi prestavo a cose che, rispetto a quello che insegnavo, erano ben diverse. Me lo raccontava con una passione ancora senza precedenti. Io gli dicevo: sono passati molti anni, cosa te ne importa?
Egli rispondeva: no, questo non mi va giù. Mi è ritornato alla mente perché, qualche ora dopo, improvvisamente, questo consigliere comunale è morto. Qualche ora prima lo avevo sentito ancora segnato per questo fatto. È per questo che io e altri colleghi abbiamo voluto presentare questa interpellanza urgente nei suoi confronti.
La stessa magistratura, poi, ha archiviato il procedimento e ha detto che non vi erano elementi. È possibile che non si debba almeno, almeno, chiedere scusa a chi ha subito un'infamante perquisizione da innocente, che lo messo a ridicolo di fronte ai propri alunni? Al pediatra hanno tolto le cartelle cliniche conservate nel computer per poter curare i propri assistiti e ha dovuto chiederne il dissequestro.
Per quel che riguarda la responsabilità civile, anche se vi è una legge, mai nessun magistrato ha pagato, nessuno. Cosa abbiamo fatto a fare la legge sulla responsabilità civile? Per quanto concerne la responsabilità penale, per l'amor di Dio! È possibile che queste persone abbiano diritto di vita e di morte? Questo individuo è morto, è morto con questo patema d'animo, con questo sentimento che lo portava a dire: ma perché hanno ridicolizzato proprio me? Mi vergogno a vedere ancora adesso i miei alunni, a cui insegnavo cose diverse.
Questa credo che sia stata - glielo dico da medico - una delle cause, se non la principale, dell'infarto che ha colto questa persona alcune ore dopo che lo avevo sentito. Non si dava una ragione e sulla stampa non è mai uscito che il procedimento era stato archiviato e che egli non c'entrava niente. Invece, quando vi è stata la perquisizione, i titoli dei giornali erano a piena pagina.
Ovviamente, con una situazione del genere, questa persona non è stata più rieletta, è stata rovinata anche la sua carriera politica.
Non dico che bisogna che qualcuno paghi. È inutile, io ho una cultura, che ritengo di condividere insieme alla maggioranza del popolo italiano, della responsabilità civile vera, per qualsiasi professione, compreso il magistrato che sbaglia. Pag. 23Io aggiungerei anche la responsabilità penale, ma questo lo chiederemo al popolo italiano sovrano.
Ma, almeno, il Ministero della giustizia - non dico il giudice, ovviamente, i cui limiti sono evidenti, evidentissimi: ha sbagliato e continua, forse a sbagliare, e so che ha sbagliato perché ha sbagliato anche con il sottoscritto e con tanti altri - quando succedono queste cose, potrebbe inviare una lettera per dire: a nome del popolo italiano, come Ministero, chiediamo scusa per il fatto che un nostro dipendente, un dipendente di un'amministrazione dello Stato, ha sbagliato.
Almeno questa persona può dare la lettera alla stampa e dire che il Ministero gli ha chiesto scusa, e quindi stare tranquillo e non portarsi dietro questo peso, che, magari, in alcuni casi, sensibili o ipersensibili, come questo, può essere una delle cause che portano ad una morte precoce e prematura.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Antonino Gullo, ha facoltà di rispondere.

ANTONINO GULLO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, onorevole Barani, la questione da lei sollevata nel presente atto di sindacato ispettivo ha costituito oggetto della risposta resa nella seduta dell'Aula della Camera del 4 dicembre 2008.
Come già in parte a suo tempo chiarito, rappresento che il procedimento citato nell'interpellanza in discussione trae origine dalle denunce-querele presentate, tra gli altri, dall'allora sindaco del comune di Aulla e dal suo vice, da tre assessori e da due consiglieri comunali, ritenutisi tutti diffamati dal contenuto di alcuni scritti anonimi.
Doverosa, quindi, l'attività di indagine da parte della competente procura, che, dopo aver iscritto contro ignoti il procedimento penale n. 3609/2008, si è prontamente attivata per individuare l'autore ovvero gli autori dei volantini anonimi, cui contestare la commissione del reato di diffamazione di cui agli articoli 81, capoverso, e 595, comma 3, del codice penale.
Altrettanto necessaria e doverosa la ricerca delle fonti di prova attuata dall'autorità giudiziaria procedente con gli strumenti messi a disposizione dall'ordinamento, ivi compresa l'escussione di persone informate sui fatti e la perquisizione domiciliare. Quest'ultima, tuttavia, effettuata, secondo quanto prospettato nell'interpellanza urgente in oggetto, con modalità spropositate rispetto all'entità dei fatti contestati sì da apparire «come un caso di vera e propria malagiustizia» su cui fare chiarezza con attività ispettive volte a controllare l'operato degli inquirenti.
Ebbene, proprio su tale ultimo aspetto ritengo debba essere fatta definitiva chiarezza segnalando, in prima battuta, che per il menzionato procedimento penale l'autorità giudiziaria ha disposto l'archiviazione.
Rilevo, peraltro, che dagli accertamenti istruttori, demandati al Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria sin dal tempo della prima verifica ministeriale, è emerso che per lo svolgimento delle contestate operazioni di perquisizione non sono stati impiegati dieci agenti, bensì solo quattro e, precisamente, un ufficiale di Polizia giudiziaria, due appuntati dei carabinieri e un assistente della Polizia postale, come risulta dal verbale redatto in sede di esecuzione. Evidenzio poi che, sin dai primi riscontri, è stata ritenuta la legittimità delle operazioni di perquisizione autorizzate dall'autorità giudiziaria ed è stato, inoltre, ritenuto adeguato il numero di agenti impiegati rispetto alle operazioni da compiere.
A quanto detto aggiungo, altresì, che del tutto irrilevante ai fini dell'individuazione di irregolarità o anomalie nella procedura, e perciò stesso nell'operato dei magistrati, è stata ritenuta la circostanza che nel computer sequestrato si trovassero dati relativi all'attività professionale del soggetto destinatario della perquisizione, dovendosi ritenere tale circostanza come condizione fisiologica connessa agli accertamenti espletati.
Nessun accanimento, quindi, nei confronti dei soggetti perseguiti e nessuna sproporzione nell'uso degli strumenti utilizzati Pag. 24dalla magistratura procedente per dar corso all'indagine, doverosamente avviata in seguito alla presentazione delle denunce.
In sintesi, quindi, non si rileva alcun atto inconsueto, illegittimo o eccessivo addebitabile ai magistrati della procura di Massa, la cui condotta, in assenza di diversi ed ulteriori riscontri di carattere negativo, non può che essere ritenuta esente da censure di natura disciplinare.

PRESIDENTE. L'onorevole Barani ha facoltà di replicare.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, signor sottosegretario, ovviamente non mi ritengo soddisfatto della sua risposta, come non si ritengono soddisfatti tutti gli italiani.
Attività di indagine doverosa? Per un volantino anonimo? Signor sottosegretario, sto parlando di un volantino anonimo dove non c'erano scritti fatti di mafia, di peculato, di corruzione, di concussione. Volantino anonimo, sì, ma a sfondo rosa, dove si diceva che il sindaco, forse, veniva visto con una ragazza, basta. Si trattava di questo. Ve ne sono uno, due, tre milioni l'anno in Italia. Ma il suo Ministero ha sul territorio una magistratura che si interessa ai volantini anonimi? Fa le perquisizioni!
Solo quattro agenti? Solo quattro agenti. Ma chi paga il costo di questi agenti? Scusi, chi lo paga? Ma quale spending review. Qui togliamo le pensioni alla povera gente che non riesce a curarsi, a pagare il ticket e lei mi viene a dire che sono stati impiegati appena quattro agenti! Non uso un tono duro nei suoi confronti perché forse la risposta le è stata scritta, credo che la pensi come me.
Le nostre risorse le perdiamo per andare a caccia di volantini anonimi di natura satirica? È questo che vogliamo? Il suo Ministero fa questo? Dica al Ministro che, se pensa che il suo Ministero debba fare solo questo, è bene che si dimetta, che se ne vada. Credo che un Ministero della giustizia debba fare altro che seguire le satire che circolano continuamente e sistematicamente nei paesi, nelle città, ovunque. Milioni di volantini anonimi che arrivano dappertutto. Ma anche se qualcuno fa una denuncia di parte, per arrivare a fare delle perquisizioni a persone e cittadini onesti ci devono un po' pensare.
Ci vuole qualche indizio, qualche prova, qualcosa, perché altrimenti qui tra intercettazioni, perquisizioni fatte, si distolgono gli agenti, e forse lo si fa apposta per permettere alla criminalità organizzata (che abbiamo contezza in Toscana essere radicata enormemente e politicizzata, sia a livello di amministratori, sia forse a livello di altre amministrazioni dello Stato che sanno e non fanno nulla)... e distogliere da questioni più serie. Io non sono qui a dire che c'è responsabilità oggettiva di qualcuno o da accusare qualcuno, dico solamente che per queste cose sottosegretario deve dire al suo Ministro che deve fare una circolare in cui si dice che per questioni di satira non si possono fare perquisizioni, intavolare indagini, che sono onerose. Prima abbiamo detto che non ci sono soldi per mettere in sicurezza i territori dal rischio idrogeologico dove muoiono le persone. Consumiamo i nostri agenti, le risorse, che sono poche, in queste stupidaggini - mi permetta signor Presidente questo linguaggio che non mi è consono - in cose che sono irrilevanti.
Dite che si occupino di cose un po' più serie. Sui volantini anonimi, ritengo (è la seconda volta che lo faccio) non solo di non essere soddisfatto ma che il Ministero deve intervenire e dire che su questioni anonime di satira, anche se ci sono duecentomila denunce, non si deve procedere. Sono anonime, ci vogliono delle prove concrete, non solamente dire: mi hanno dato questo volantino anonimo; per «difendersi in casa» facciamo delle perquisizioni. Perché non si pensa alle conseguenze che ci sono state, compresa una concausa che ha portato alla morte di chi ha ricevuto questa perquisizione, che non si è dato pace, l'ha ritenuta ingiusta, si è vergognato, e nessuno gli ha chiesto scusa. Quindi la mia interpellanza urgente era per chiederle di far fare una circolare per cui quando ci sono le archiviazioni occorre Pag. 25chiedere scusa. Mi riferisco al Governo, perché voi siete rappresentanti del popolo sovrano e quando il popolo ha un'ingiustizia chiedete almeno scusa.
Fatelo voi, se non lo fanno i magistrati interessati, di modo che questo si possa dare alla stampa e si dica: tutto quello che è stato scritto contro di me in prime pagine non era vero. Ritiene che questo sia costituzionale? Mi riferisco alla nostra Costituzione. Lei, col suo Ministero, dica al suo Ministro che deve applicare la Costituzione italiana e non può fare quello gli pare. Quindi dovete fare questo, chiedere scusa a chi è ingiustamente accusato, e di cui è dimostrata l'innocenza da quegli stessi giudici, PM che si sono comportati ovviamente con un accanimento politico. Perché era politico, perché su dei consiglieri comunali ci si deve pensare una volta di più perché rappresentano una comunità, rappresentano il popolo (una piccola riflessione in più). O forse lì si voleva togliere per via giudiziaria, com'è stato? Il Presidente Andreotti diceva (lo condivido) che a dubitare si fa peccato, ma spesso ci si azzecca.

(Chiarimenti in merito all'utilizzo della tecnica della fratturazione idraulica per l'estrazione di gas nel sottosuolo della provincia di Grosseto con specifico riferimento al rilascio di autorizzazioni e concessioni in materia - n. 2-01710)

PRESIDENTE. L'onorevole Sani ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01710 concernente chiarimenti in merito all'utilizzo della tecnica della fratturazione idraulica per l'estrazione di gas nel sottosuolo della provincia di Grosseto con specifico riferimento al rilascio di autorizzazioni e concessioni in materia (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

LUCA SANI. Signor Presidente, non impiegherò tutto il tempo attribuito, ma solo per dire alcune cose. L'interpellanza nasce dalla necessità di chiarimenti rispetto a notizie di stampa relative alla estrazione del metano in provincia di Grosseto attraverso la tecnica del cosiddetto fracking, la fratturazione idraulica. Si tratta di una tecnica su cui ci sono molti interrogativi da parte anche della stessa comunità scientifica. Alcuni collegano il fracking con eventi sismici di piccola entità, inquinamento delle acque di falda e di superficie, rilascio di gas in ambiente circostante alle zone di intervento e di indagine.
Tant'è che, in alcuni Paesi europei, questa tecnica è interdetta e nella stessa Unione europea ci si sta interrogando circa l'intenzione di dotarsi di norme specifiche in proposito. Ho detto che non voglio prendere troppo tempo e, quindi, vengo subito alla questione di Grosseto. Recentemente sono state diffuse notizie relative all'impiego di questa tecnica in una zona del comune di Roccastrada, impiego regolarmente autorizzato, a detta degli articoli di stampa, dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. È stato detto, altresì, che la società titolare di questa iniziativa ha in programma altre ricerche nel comune di Grosseto e perciò, per la fama che accompagna questa tecnica della fratturazione idraulica, si è creato un certo allarmismo e una certa preoccupazione in parte della popolazione. Su questo, com'è di solito, si è sviluppato un certo dibattito e confronto pubblico che, per certi aspetti, ha delle contraddizioni che chiedono di essere chiarite. E da questo muove appunto la nostra interpellanza.
La stessa società titolare dell'intervento in occasioni pubbliche ha sostenuto di non aver effettuato il fracking, di non volerlo effettuare su quel territorio, ma, nello stesso tempo, ha affermato di aver effettuato del mini fracking. Che vuol dire? È fracking o non è fracking? Poi se sia mini o maxi cambia poco, l'importante è capire anche qual è il percorso autorizzativo a cui la società promotrice dell'intervento si è sottoposta. E, quindi, da qui la necessità di fare chiarezza. Innanzitutto, visti gli interrogativi che ruotano attorno a questa tecnica e considerato anche l'atteggiamento di altri Stati, fra cui la Francia, per rimanere nell'Unione europea, occorre capire che Pag. 26cosa intenda fare il Governo rispetto a questa tecnica, cioè se intende assumerla e come e quali sono i procedimenti per arrivare all'autorizzazione; nel caso specifico della provincia di Grosseto, sia per quanto riguarda il comune di Roccastrada, che dello stesso capoluogo, se il fracking ha avuto effettivamente luogo e sulla base di quali autorizzazioni.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Massimo Vari, ha facoltà di rispondere.

MASSIMO VARI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, in merito ai quesiti posti dagli onorevoli interpellanti, rappresento quanto segue sulla base degli elementi forniti dalla competente direzione generale del Ministero dello sviluppo economico. Il metodo di fratturazione dei giacimenti all'interno dei pozzi di petrolio, gas, acqua, geotermici, diffuso in varie parti del mondo, è volto in generale ad aumentare la permeabilità e, quindi, la capacità produttiva nei luoghi limitrofi ai pozzi stessi. Una delle tecniche di fratturazione è quella idraulica, utilizzata per lo sfruttamento di gas da formazioni scistose, cioè il cosiddetto shale gas. Si tratta di una tecnica attualmente applicata negli Stati Uniti d'America e in Canada con notevoli ripercussioni sul mercato mondiale del gas. Per quanto riguarda però l'Italia, occorre precisare che da noi non esistono adunamenti di shale gas significativi e tali da giustificare lo sviluppo di un quadro regolatorio specifico, tant'è vero che, nella strategia energetica attualmente in consultazione, comprendente programmi di ricerca e sviluppo di giacimenti di idrocarburi, lo shale gas non è previsto.
Per quanto riguarda il caso espressamente riportato nell'interpellanza, risulta in effetti che nel 2008 è stato conferito un permesso di ricerca in provincia di Grosseto - Fiume Bruna - per verificare le potenzialità produttive di gas da letti di carbone. Sono stati perforati due pozzi superficiali (150 e 350 metri circa) con esito minerario negativo e senza alcun problema di sicurezza.
Per quanto, ad ogni modo, di competenza di questo Ministero, nessuna concessione per shale gas è stata comunque concessa, né se ne prevede in futuro il rilascio.

PRESIDENTE. L'onorevole Velo, che ha testé sottoscritto l'interpellanza, ha facoltà di replicare.

SILVIA VELO. Signor Presidente, possiamo ringraziare il Governo e dichiararci al momento soddisfatti per la risposta. È chiaro, però, che anche dalle stesse parole del Governo, si evince che la tecnica, a cui ha fatto riferimento il collega Sani, del fracking è una tecnica non utilizzata nel nostro Paese e, quindi, ovviamente essendo, come ha spiegato il sottosegretario, utilizzata e indicata per aumentare le potenzialità, attraverso l'aumento della permeabilità, di giacimenti già esistenti, a fronte di questa indicazione può suscitare la preoccupazione dei territori coinvolti, sia perché potrebbe essere vista come un'anticipazione di un'eventuale riapertura di giacimenti ormai chiusi, in questo caso di carbone, ma anche, come ha sottolineato nell'interpellanza il collega Sani, per le conseguenze sulle falde, sull'emissione di gas e su eventuali microsismi sul territorio.
Ci rassicura che il Governo faccia riferimento e confermi che, ad oggi, non ci sono autorizzazioni in questo senso, in corso. Cogliamo però l'occasione di questa interpellanza affinché il Governo, sia nella titolarità del Ministero dello sviluppo economico, ma anche eventualmente di quello dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, vigili su questo tema, in modo che, non essendo presenti in Italia una regolamentazione e una legislazione specifica, si evitino, come dire, decisioni puntuali, caso per caso, che sui territori suscitano preoccupazione e allarme.

(Elementi in merito a costi gestionali della RAI, con particolare riferimento al trattamento economico dei dipendenti - n. 2-01711)

PRESIDENTE. L'onorevole Antonione ha facoltà di illustrare la sua interpellanza Pag. 27n. 2-01711, concernente elementi in merito a costi gestionali della RAI, con particolare riferimento al trattamento economico dei dipendenti (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

ROBERTO ANTONIONE. Signor Presidente, le ragioni che ci hanno spinto a presentare questa interpellanza urgente, sono legate a quella che oggi viene chiamata comunemente spending review. Riteniamo fondamentale quello che è stato fatto in ordine anche alla scelta del Governo nell'individuazione di un commissario ad hoc, affinché intervenga sulla pubblica amministrazione per capire dove si possano reperire risorse e individuare sprechi.
Tuttavia, riteniamo di dover in qualche modo sollecitare il Governo a fare un'analisi approfondita anche delle società pubbliche e non soltanto, come dire, delle amministrazioni pubbliche. Siamo, infatti, convinti che all'interno delle pubbliche società ci possano essere tante situazioni da rivedere.
Abbiamo voluto porre l'attenzione sulla RAI, che è una delle più importanti società pubbliche, per una ragione molto semplice. La RAI si interessa di informazione, come è noto, e molto spesso, con grande frequenza e anche con grande professionalità, ha voluto fare indagini, dibattiti e approfondimenti proprio su questo tema. Tuttavia, io credo che sia necessario anche porsi la domanda di chi, in qualche modo, deve informare, quando l'informazione non informa.
Perché, francamente, rispetto a quella che è una realtà molto articolata, fatto salvo alcuni encomiabili sforzi di Radio Radicale, che non è ovviamente pubblica anche se ha un contributo pubblico, non ho mai verificato che ci fosse da parte della RAI alcuna attenzione nei confronti di se stessa. Siccome sono convinto che all'interno di quella realtà, oltre a grandi professionalità, ci siano anche altrettante grandi situazioni che vanno monitorate e possibilmente modificate, abbiamo chiesto al Governo di darci delle risposte.
Faccio delle considerazioni; non è tanto in discussione, come ricordava il Presidente, lo stipendio con il quale vengono pagati i giornalisti e i dipendenti della RAI, ma ci sono delle realtà che stridono agli occhi di tutti. A me è capitato, proprio poco prima di presentare questa interrogazione, a suo tempo, trasformata poi in interpellanza urgente, di partecipare ad un incontro promosso da una associazione privata al circolo della RAI, qui a Roma. Mi sono chiesto: ma questo circolo della RAI è di proprietà della RAI stessa? È pagato dalla RAI? Chi può in qualche modo entrare in questo circolo? Fa parte, poi, della mission, di quello che è, in qualche modo, l'obiettivo che la RAI dovrebbe avere? Quando mi sono posto questo quesito, molti mi hanno ricordato che quella non è l'unica realtà che la RAI può vantare in termini « ludici», ce ne sono anche altre che io non conosco e avrei piacere di sapere se il Governo invece è riuscito a farsi dare qualche elemento in più. Ci sono tante altre situazioni che vanno in qualche modo monitorate.
Chiedo al Governo, per esempio, di sapere quanti sono i corrispondenti esteri, perché quando sono nati i corrispondenti esteri è del tutto evidente che il mondo era molto diverso dall'attuale, non esisteva Internet, non esistevano i telefoni cellulari e le comunicazioni erano molto meno facilitate. Oggi, noi ci troviamo ad avere un numero incredibile di corrispondenti all'estero, stabilmente presenti in tanti Paesi del mondo, che rappresentano una rete, due reti, tre reti, quattro reti, insomma, tutte le reti del mondo, e che come produzione, ogni tanto appaiono con qualche servizio che francamente, spesso, non è neanche di attualità. Allora chiedo: è giusto che ci siano tutte queste persone nel mondo che in qualche modo hanno «un impegno importante» ma hanno, altresì, un costo, anche, rilevante?
E ancora, in Italia, faccio l'esempio della mia regione che naturalmente conosco meglio, ma potrei farlo anche per altre realtà, nel Friuli Venezia Giulia, che è una realtà, dal punto di vista dimensionale, Pag. 28non certamente enorme, ci sono tre sedi RAI, non una ma tre. Queste tre sedi RAI costano? Queste tre sedi RAI sono indispensabili? Queste tre sedi RAI sono a carico del contribuente, visto che comunque c'è un canone che per legge bisogna pagare e che di conseguenza non può non essere considerato come una tassa? In ordine a questo non solo vorrei avere delle notizie da parte del Governo, e mi riservo poi nella risposta eventualmente di specificare meglio alcune questioni, ma vorrei anche sollecitare il Governo ad intervenire, nei limiti di quelle che sono le sue competenze, perché ci si possa confrontare con una realtà che oggi ha bisogno di essere ridimensionata, non solo per quello che riguarda le istituzioni, ma anche per quello che riguarda le società pubbliche.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Massimo Vari, ha facoltà di rispondere.

MASSIMO VARI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, riporto i seguenti dati sulla base delle informazioni fornite dalla RAI, auspicando che siano considerate satisfattive delle numerosissime richieste avanzate dall'interpellanza e considerato anche il tempo limitato che abbiamo avuto a disposizione. Inizio dal gettito del canone di abbonamento che per l'anno 2011 è pari a 1.708 milioni di euro.
Quanto al personale: il numero del personale in organico è pari a 10.196 dipendenti così suddiviso: 252 dirigenti; 1.652 giornalisti; 1.108 quadri; 2.505 impiegati; 1.534 impiegati di produzione; 648 addetti alle riprese; 1.353 addetti alla regia; 136 tecnici; 890 operai e 118 orchestrali e altro personale artistico.
Per quanto concerne il quesito relativo alle retribuzioni dei dipendenti della RAI, richiamo l'articolo 27, comma 7, del contratto di servizio, il quale prescrive che la RAI pubblica sul proprio sito web gli stipendi lordi percepiti dai dipendenti e collaboratori, nonché informazioni, anche tramite il mezzo televisivo, eventualmente con un rinvio allo stesso sito web nei titoli di coda, e radiofonico, sui costi della programmazione di servizio pubblico.
Ai fini dell'applicazione del predetto articolo, la commissione paritetica prevista dall'articolo 29 del contratto di servizio, composta da rappresentanti del Ministero dello sviluppo economico e della RAI, ha avviato l'analisi delle possibili modalità di applicazione della norma di cui sopra, tenendo conto da un lato del quadro normativo complessivo, e più in particolare delle norme sulla privacy, e dall'altro delle modalità operative di comunicazione adottate da altre istituzioni pubbliche. In tale quadro è stata formulata, ed è attualmente in fase di valutazione dalle parti, una proposta operativa incentrata sulla pubblicazione di dati medi riferiti alle diverse specifiche categorie.
In merito al quesito relativo al numero di dipendenti distaccati all'estero, la RAI ha comunicato che le unità impegnate all'estero sono 21, di cui venti corrispondenti. Per quanto concerne il rapporto contrattuale con i corrispondenti, si segnala che il relativo incarico non ha caratteristiche di stabilità avendo una durata biennale, anche se prorogabile. Per quanto concerne il trattamento economico, i corrispondenti ricevono, oltre al trattamento economico lordo annuo, un'indennità di residenza all'estero.
L'azienda, inoltre, ha comunicato che ai dipendenti non vengono concessi particolari benefit, e che l'eventuale telefono cellulare assegnato può essere utilizzato esclusivamente per motivi inerenti al servizio svolto. Alcuni benefit possono essere attribuiti al solo personale con qualifica di dirigente, in linea con quanto previsto dalla vigente contrattazione collettiva e con quanto effettuato dalle altre aziende. Si segnala, a tal proposito, il tema delle auto a uso promiscuo, che prevedono una quota di contributo a carico dell'azienda e la parte rimanente a carico del dirigente.
Per quanto concerne le missioni dei dipendenti in Italia ed all'estero, la RAI ha precisato che le stesse sono regolamentate dal contratto collettivo, che prevede rimborsi a forfait e massimali sui pasti a piè di lista. In linea generale, secondo appunto Pag. 29queste precisazioni della RAI, si tratta di valori contenuti, anche in considerazione del fatto che non sono stati modificati nel corso degli ultimi rinnovi contrattuali. Anche per le missioni del personale dirigente, l'azienda si attiene alle previsioni contenute nei relativi accordi contrattuali nazionali; a tal fine si riportano di seguito le principali disposizioni dell'articolo 10, relativo alle trasferte e missioni.
L'articolo 10 prevede che, oltre al rimborso delle spese documentate di viaggio, vitto ed alloggio, nei limiti della normalità, al dirigente in trasferta per periodi non inferiori a 12 ore e non superiori a 2 settimane è dovuto, per ogni giorno di trasferta, un importo aggiuntivo in cifra fissa per rimborso spese non documentabili pari ad 85 euro a decorrere dal 1o gennaio 2012. In casi di trasferta di durata superiore a due settimane o di missione all'estero, verranno presi accordi diretti tra l'azienda e dirigente; in ogni caso verrà riconosciuto, ricorrendone le condizioni, l'importo di cui al primo comma - testé citato - suscettibile di assorbimento in eventuali trattamenti complessivi di trasferta. Sempre quest'articolo 10, al terzo comma, prevede che gli importi erogati per il titolo di spese non documentabili non fanno parte della retribuzione ad alcun effetto del presente contratto, ivi compreso il trattamento di fine rapporto e sono suscettibili di assorbimento in eventuali trattamenti aziendali o individuali già in atto allo stesso titolo.
Ancora, si segnala - per quanto concerne gli alberghi - che si tratta, salvo specifiche esigenze straordinarie, di strutture convenzionate con la Rai di categoria 3 o 4 stelle; con riferimento ai mezzi di trasporto, per il treno, la tariffa è la tariffa base della prima classe, mentre per l'aereo, anche nelle tratte di media/lunga durata, la tariffa è quella economica.
In merito alle sedi e agli immobili di proprietà della Rai, è stato specificato dall'azienda che essa svolge la propria attività in Italia in immobili detenuti, per la quasi totalità, in proprietà e ubicati, in genere, nei capoluoghi di regione. Più in particolare, si segnala che in quattro città (Roma, Milano, Napoli, Torino) la Rai dispone anche di specifici immobili destinati ad ospitare i centri di produzione, mentre nei rimanenti casi (Aosta, Venezia, Bolzano, Bologna, Ancona, Pescara, Cosenza, Bari, Cagliari, Genova, Trento, Trieste, Firenze, Perugia, Campobasso, Potenza, Palermo) i relativi immobili sono utilizzati per le attività regionali.
Quanto alla presenza all'estero, essa è assicurata da uffici tenuti in locazione; l'unico immobile in proprietà, di poche centinaia di metri quadrati, è attualmente oggetto di dismissione. L'efficienza e la funzionalità del patrimonio immobiliare è costantemente verificata dalle strutture tecniche aziendali.
Per quanto concerne il «centro ricreativo aziendale», come definito dalla concessione demaniale relativa all'anno 1967, la Rai ha precisato che lo stesso sorge su un'area golenale demaniale di circa 30 mila mq, che, a partire dall'anno 2000, è passata nella titolarità della regione Lazio, analogamente a tutte le aree prospicienti il fiume Tevere su cui insistono altri circoli sportivi. Nel circolo sono impiegati quattro dipendenti Rai.
L'accesso al centro ricreativo aziendale, che si configura appunto come un dopolavoro aziendale, è consentito ai dipendenti del gruppo Rai, ai loro familiari e ad esterni, previo pagamento di quote annuali finalizzate al finanziamento delle attività. L'insediamento viene anche utilizzato spesso per scopi produttivi; costituisce, infatti, una location di gran valore per spot e set di programmi televisivi, riunioni e incontri aziendali, evitando in tal modo il ricorso a strutture esterne che risulterebbero onerose.

PRESIDENTE. L'onorevole Antonione ha facoltà di replicare.

ROBERTO ANTONIONE. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario per la sua risposta che, come ha voluto anticipare, è stata oggetto semplicemente di una collezione di dati che vengono direttamente dalla Rai e quindi non posso dare un giudizio «di merito» relativamente a Pag. 30quello che è stato l'operato del Governo, casomai posso fare qualche considerazione su questi elementi che la RAI ha voluto dare.
Devo dire che sono stati elementi puntuali quando faceva comodo, molto meno puntuali quando non faceva comodo, assolutamente reticenti quando non si voleva dire granché. Infatti, dire che l'indennità all'estero è un'indennità congrua e che il rimborso è forfettario o che tutto verrà stabilito a seconda di una contrattazione tra le parti non è dire come sono le cose realmente.
Quando si viene a indagare - giustamente, legittimamente e doverosamente - su quelle che sono le singole questioni, per esempio, del Parlamento, si farebbe bene a guardare anche un po' a casa propria, perché dire che il telefono cellulare è uno strumento che può essere utilizzato solo per lavoro è come dire che bisogna rispettare la legge. È del tutto evidente che se uno ha un cellulare di servizio può usarlo esclusivamente per lavorare.
Tuttavia, ricordo - non a lei, naturalmente, signor sottosegretario, ma a chi le ha dato questa risposta - che i membri di questo Parlamento, a meno che non abbiano funzioni particolari, non sono dotati di un cellulare di servizio e semplicemente mettono il proprio cellulare, anche quando lo utilizzano a fini istituzionali, perché è del tutto evidente che quando uno fa attività politica usa il suo cellulare o la sua automobile o le sue proprietà anche per quello che sta facendo. Quindi, la risposta che è stata data è assolutamente insufficiente e reticente.
Dire che il circolo della RAI è un circolo aziendale - la invito ad andare a vederlo - è raccontare una cosa che non corrisponde a realtà, perché un circolo aziendale è un'altra cosa, un circolo aziendale ha altre caratteristiche. Se si dice che all'interno di quel circolo aziendale, così come è chiamato, ci sono quattro dipendenti pubblici, quattro dipendenti della RAI, ma perché dobbiamo pagare noi questi quattro dipendenti della RAI? È una funzione oggettiva quella che stanno esercitando, oppure questa è una funzione che fa parte di una casta? Perché questa è la verità: quella è una casta.
Noi siamo una casta? Bene, e siamo una casta sulla quale doverosamente bisogna indagare. Loro sono una casta sulla quale non indaga nessuno, tanto meno loro stessi. Sono gli ultimi ad andare a fare un'indagine su quelle che sono le loro realtà e danno queste risposte reticenti. Naturalmente di questa interpellanza non saprà niente nessuno, salvo le persone che sono qua dentro, perché nessuna fonte di informazione, fatto salvo forse Radio Radicale, darà voce, nessuno si sognerà di andare a fare, come fa per esempio giustamente, doverosamente, professionalmente e in maniera corretta la Gabanelli piuttosto che altri, un'indagine sulle questioni. Resterà qua.
Noi continueremo ad essere una casta e loro continueranno a dire delle cose che non esistono perché difendono loro stessi. Sarebbe ora che il Parlamento, anche con lo strumento del Governo, andasse fino in fondo a fare un'indagine su questa e su tante altre realtà, perché è giusto che i cittadini quando pagano le tasse sappiano dove finiscono i loro soldi (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

(Iniziative volte a sostenere la proposta di regolamento dell'Unione europea sull'indicazione del Paese di origine di taluni prodotti importati da Paesi terzi - n. 2-01725)

PRESIDENTE. L'onorevole Vico ha facoltà di illustrare l'interpellanza Lulli n. 2-01725, concernente iniziative volte a sostenere la proposta di regolamento dell'Unione europea sull'indicazione del Paese di origine di taluni prodotti importati da Paesi terzi (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti), di cui è cofirmatario.

LUDOVICO VICO. Signor Presidente, come descriviamo nell'interpellanza a prima firma dell'onorevole Lulli, la Commissione europea ha ritirato, senza nemmeno un passaggio preliminare con lo stesso Parlamento europeo, la cosiddetta Pag. 31proposta di regolamento sul «made in», ovvero la marcatura obbligatoria di origine dei prodotti importati nell'Unione europea. In questo modo si colpisce apertamente, questo è l'avverbio più utile, il manifatturiero europeo di qualità, particolarmente quello italiano, e si premia chi produce in Asia o altrove e rivende anche con marchi europei ad un consumatore sempre più inconsapevole della vera provenienza del prodotto.
In questa vicenda si sono addebitati problemi presso l'Organizzazione mondiale del commercio, cosa che tuttavia sembra non essere assolutamente vera per le ragioni di alcune delibere che erano in discussione. Resta il fatto che con quel ritiro non verrà introdotto l'obbligo di indicazione del Paese d'origine dei prodotti industriali e di provenienza extra Unione europea, come dicevo prima, destinati al consumatore finale.
Su più giornali e in tante dichiarazioni si è parlato metaforicamente di una Caporetto, che potrebbe costare molto cara soprattutto al made in Italy che tutto il mondo ci invidia, e si è detto che il fenomeno della contraffazione sta polverizzando centinaia di migliaia di posti di lavoro proprio nel settore manifatturiero. Quindi, alla fine, allo stato delle cose, l'hanno spuntata 14 Paesi membri su 27, tra cui la potente Germania e, insieme ad essa, alcuni Paesi del Nord Europa che hanno teorizzato da almeno due anni la cosiddetta filosofia delle formiche e delle cicale.
Dicevo che la potente Germania e le lobby del nord Europa sono contrari al tracciamento dei prodotti importati dai paesi terzi.
Si tratta di una posizione presa anche - lo dicevo prima - sull'onda di alcune recenti sentenze del WTO. C'è da dire, però, signor Presidente, onorevole rappresentante del Governo, che paesi più protezionisti come la Cina, gli Stati Uniti, l'India, il Giappone, l'Australia e il Sudafrica obbligano, invece, i prodotti importati alla denominazione di origine. Questo ci sembra il paradosso dei paradossi.
Il nostro interrogativo e la nostra interpellanza pongono un problema: forse questa decisione chiude una discussione che ha animato i protagonisti dell'industria tessile e della moda per quasi dieci anni particolarmente nel nostro Paese e nei paesi del sud Europa? Il nostro Governo intenderà difendere i prodotti nazionali ed europei di qualità, insieme agli altri Stati, dalla concorrenza sleale delle merci di importazione low cost prive di indicazione di origine?
Onorevole rappresentante del Governo, c'è un problema ancorché più serio: la decisione della Commissione europea di ritirare quanto descritto fino ad ora è un grave errore, anche dal punto di vista politico e programmatico dell'azione in corso che l'Unione annuncia, perché contraddice i segnali di attenzione che lo stesso governo europeo ha posto in favore del rilancio dell'industria manifatturiera europea, nonché italiana.
Avere poi preso a pretesto il ritiro di alcune sentenze del WTO che hanno paventato il rischio che norme simili possano costituire barriere tecniche al libero commercio senza attendere le decisioni che prenderanno i nostri principali partner e competitori che aderiscono all'Organizzazione mondiale del commercio stesso ci sembra ancor più inaccettabile. È giusto aggiungere, come già descrivevo, che la Commissione non è l'unica responsabile di questa decisione che mortifica il Parlamento europeo, che nel 2010, come noto, aveva approvato a larghissima maggioranza la proposta di regolamento attraverso la rappresentanza dei parlamentari europei italiani. Io penso e noi pensiamo che la colpa sia anche e soprattutto del Consiglio dell'Unione europea, della maggioranza di quel blocco guidato dalla Germania e dalla Gran Bretagna che ancora una volta penalizzano l'industria manifatturiera europea e i paesi del sud Europa.
Ovviamente c'è da aggiungere che anche i governi italiani dal 2005 ad oggi, al di là degli atti importanti che si sono svolti anche in quest'Aula e presso il Consiglio dell'Unione europea, non hanno trovato una mediazione condivisa con Gran Bretagna Pag. 32e Germania, che consentisse anche all'industria manifatturiera italiana di qualità di vedere riconosciuta a livello legislativo ciò che è previsto - l'ho detto già - in Cina, negli Stati Uniti, in India, in Giappone, in Canada e in Australia. Anche nei più recenti incontri bilaterali con la Germania, il dossier afferente le questioni delle «made in» forse non è stato esaminato per la sua pregnanza.
Quindi, onorevole rappresentante del Governo, noi chiediamo quali iniziative intenda assumere il Governo fondamentalmente su due grandi questioni: per scongiurare il ritiro di proposte del regolamento sul «made in» e perché il dossier rimanga all'ordine del giorno della Commissione e del Consiglio dell'Unione europea.
Chiediamo inoltre come fare in modo, in questo spazio di tempo che ci separa dalla ripresa del dossier a cui facevo riferimento, di rassicurare la nostra economia, quella che fa le manifatture, l'economia italiana e del sud dell'Europa, perché ad essa e alla crisi in generale, compresa questa, corrisponderebbe, tra l'altro, la fuga di chi non ha delocalizzato, onorevole rappresentante del Governo; le imprese che non hanno delocalizzato e sono rimaste in Italia negli anni delle vacche grasse e delle vacche magre ora rischiano di essere penalizzate e con loro ancora migliaia di lavoratrici, soprattutto tessili, e di lavoratori. Noi vogliamo riporre nel Governo ancora fiducia affinché intervenga in maniera vibrata e possibilmente e sostanzialmente risolutoria (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Massimo Vari, ha facoltà di rispondere.

MASSIMO VARI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, si tratta di una questione di grande rilevanza e l'importanza della stessa non sfugge all'attenzione del Governo, vorrei premettere questa considerazione. Proprio per questo forse è il caso di ripercorrere i vari passaggi della vicenda, ricordando che l'interpellanza urgente in parola riguarda il recente ritiro, da parte della Commissione europea, della proposta di regolamento cosiddetta «made in», con la quale si era inteso introdurre nell'Unione europea una disciplina volta a rendere obbligatoria l'etichettatura di origine su alcuni prodotti importati dai Paesi terzi.
Tale proposta era stata presentata dalla Commissione al Consiglio nel 2005 ma, non sussistendo all'epoca una maggioranza favorevole, era stata poi ripresentata al Parlamento europeo e votata dallo stesso nel 2010, secondo le regole della procedura legislativa ordinaria prevista dal trattato di Lisbona. La proposta era quindi tornata all'esame del Consiglio in cui, dal 2010 ad oggi, era rimasta bloccata per assenza di una sufficiente maggioranza in favore.
Nel gennaio di quest'anno, nell'ambito del gruppo di lavoro sulle questioni commerciali che stava seguendo il citato dossier in sede di Consiglio, gli Stati membri avevano chiesto ai servizi della Commissione di preparare un documento che presentasse possibili opzioni alternative, in modo da trovare eventualmente un compromesso e concludere la prima lettura della procedura legislativa.
Ai primi di ottobre di quest'anno la Commissione ha sottoposto alla riflessione degli Stati membri un documento che fa riferimento a recenti decisioni dell'Organizzazione mondiale del commercio, che hanno valutato negativamente iniziative sull'obbligo di etichettatura di origine adottate negli Stati Uniti.
Prendendo spunto anche dagli orientamenti dell'Organizzazione mondiale del commercio e visto il perdurante stallo verificatosi in Consiglio, la Commissione ha deciso di uscire dall'impasse politica determinatasi sul tema, e pertanto, in modo informale e senza alcun preavviso, ha annunciato in occasione della riunione del Comitato di politica commerciale del 18 ottobre scorso l'intenzione di ritirare la proposta.
Il Governo italiano, appena avuta notizia di detto intendimento, ha immediatamente Pag. 33reagito attraverso il nostro rappresentante permanente a Bruxelles il 22 ottobre 2012, ribadendo il particolare rilievo che questo dossier riveste per l'Italia e richiamando il largo consenso manifestato dal Parlamento europeo nell'ottobre 2010. È stato quindi chiesto alla Commissione europea di evitare decisioni formali di ritiro e di procedere piuttosto ad un'ulteriore analisi che potesse consentire l'approfondimento della proposta stessa, eventualmente su nuove basi giuridiche.
Il ritiro della proposta, ciò nonostante, è stato invece formalizzato il 23 ottobre, in occasione della presentazione al Parlamento europeo del programma della Commissione per il 2013 in cui infatti non figura più il dossier «made in».
La Commissione ha motivato il suo operato in base a due ordini di ragioni: quello tecnico, sulla base della ricordata giurisprudenza dell'Organizzazione mondiale del commercio, che configurerebbe l'etichettatura dei soli beni importati come ostacolo tecnico agli scambi; quello politico, caratterizzato dal prolungato stallo della proposta in seno al Consiglio.
Tanto premesso, ci tengo, però, ad assicurare che, da parte del Governo, verrà fatto tutto il possibile perché la questione non venga considerata ormai chiusa, ma vengano esplorate ulteriormente le strade percorribili per una positiva soluzione della stessa, sia pure nella consapevolezza delle difficoltà di raggiungere la necessaria maggioranza in Consiglio.

PRESIDENTE. L'onorevole Lulli ha facoltà di replicare.

ANDREA LULLI. Signor Presidente, signor sottosegretario, su questo argomento vorrei ci fosse maggiore determinazione da parte del Governo italiano perché l'Unione europea, nella sua costituzione, tra le sue finalità principali, non ha solo la libera circolazione delle merci, sulla quale non abbiamo eccezioni da fare, ma anche quella di assicurare la corretta informazione al consumatore.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI (ore 12,15)

ANDREA LULLI. Ora, a mio avviso, questo principio è violato perché entrano nel mercato comune europeo prodotti che non hanno la possibilità di fornire le informazioni corrette al consumatore. A tal proposito, credo che bisogna che, in qualche modo, si assuma, fino in fondo, un'iniziativa perché esiste uno squilibrio che penalizza il lavoro e la nostra industria manifatturiera, che è messa nella condizione di non competere ad armi pari nella sfida internazionale.
So che c'è stata una discussione lunghissima e si è detto che l'Organizzazione mondiale dal commercio ha in qualche modo criticato il regolamento del «made in» che, per la verità, da molti, molti anni, esiste negli Stati Uniti d'America, però vorrei dire che nel mondo il regolamento «made in» non esiste praticamente solo in Europa: ne sono dotati anche la Repubblica popolare cinese ed il Giappone. Credo che, da questo punto di vista, bisogna far valere le ragioni dell'industria manifatturiera e del lavoro non per creare barriere, o distorsioni della libera concorrenza, ma per garantire un principio di trasparenza e di informazione nei confronti dei consumatori e per mettere in condizione le imprese di svolgere al meglio la loro competizione perché, altrimenti, lei capisce bene cosa accade.
Facciamo un esempio molto banale, che riguarda l'industria tessile. In verità, si potrebbe ragionare così con riferimento a quasi tutta l'industria del settore della produzione dei beni di consumo alla persona, che noi sappiamo essere uno dei punti di forza principale della nostra economia e sappiamo quanto abbiamo bisogno in questa situazione di crisi di valorizzare questo settore della nostra industria. Facciamo un esempio: quando noi importiamo senza regole prodotti, per esempio indumenti, che sono colorati di nero - parliamo alla buona - rischiamo, se non c'è una regolamentazione seria ed un'indicazione seria dell'origine - di importare Pag. 34prodotti dannosi per la salute perché il colore nero è uno dei principali prodotti che ha un costo di processo produttivo, non di lavoro di manodopera, molto elevato perché si possano evitare danni alla salute umana.
Allora, lei capisce bene quale sia il problema dietro a questa sorta di inno al fatto che non si debbano porre barriere alla libera circolazione delle merci, che - lo ripeto - è un principio che condivido e che credo sia utile allo sviluppo di tutte le parti del mondo, anche di quelle popolazioni che sono certamente in ritardo e che hanno la necessità di raggiungere livelli e standard di vita e di produzione più elevati. Però, lei capisce bene che tali questioni possono mettere in discussione un'economia importante nel mondo e spezzare quel principio per cui è giusto che vi sia la concorrenza, ma in modo che sia giocata secondo regole che, in qualche modo, consentano di avere uno sviluppo importante a livello internazionale.
Lo dico con molta franchezza: vi è troppa timidezza su questo punto (non è solo un problema di questo Governo). Ma, non si può continuare a fare esprimere le Camere in Italia a favore, il Parlamento in Europa a favore e, poi, lasciare che questi principi, in qualche modo, passino in sordina nei confronti intergovernativi, facendo emergere il fatto che si dà ragione a chi, in qualche modo, difende le ragioni solo della grande e grandissima distribuzione. Questo non è accettabile, perché si produce un danno reale alla nostra economia e alla nostra società.
Voglio dire, con molta franchezza, che presenteremo altri atti e mozioni che impegnino il Governo. Però, ci vuole anche un'iniziativa forte in Europa, perché - lo ripeto - non vi è solo la libera circolazione delle merci, su cui non ho da sollevare eccezioni, salvo il fatto che, forse, bisognerà cominciare a proteggere un po' di più gli effetti sulla salute di questa libera circolazione delle merci, perché è un punto delicatissimo su cui dobbiamo lavorare. Ma, vi è anche, appunto, il principio della corretta informazione dei consumatori sui prodotti che sono in circolazione. Siccome questi sono due principi basilari della Costituzione europea, non accetto più che sia soltanto uno dei due principi basilari a vincere nella costruzione della politica comunitaria, perché questo significa danneggiare, in modo rilevante, Paesi come l'Italia, industrie importanti come quelle italiane, significa creare disoccupazione e - se mi permette - anche avere una vista corta da parte della politica dell'Unione europea. Infatti, se si dovesse ipotizzare un'ipotetica bilancia dei pagamenti europea ci accorgeremmo che il danneggiamento dell'industria del made in Italy riguarda l'insieme dell'Unione europea, magari per andare dietro agli interessi dei grandi commercianti o di chi si accontenta di lavorare solo sul marchio.
Non ho nessuna ostilità verso le politiche dei marchi, anzi, ritengo anche quelle un elemento di ricchezza, purché si abbia il coraggio di accettare la sfida della trasparenza e della tracciabilità e l'applicazione del regolamento made in, che non risolve certamente tutti i problemi, è un segnale importante, peraltro, che va nella direzione di un'economia più consapevole, di un consumatore che non è solo legato al consumismo più sfrenato, ma è un consumatore consapevole e che riesce, in qualche modo esso stesso in scelte di qualità della vita, anche a orientare uno sviluppo più sostenibile e più vincente della nostra industria manifatturiera, che si lega molto bene ai fattori di creatività che sono così importanti e di cui noi credo siamo uno dei principali protagonisti nel mondo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Iniziative normative volte a sopprimere la tassa sui contratti di abbonamento per la fornitura dei servizi di telefonia mobile - n. 2-01727)

PRESIDENTE. L'onorevole Raisi ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01727, concernente iniziative normative volte a sopprimere la tassa sui contratti di abbonamento per la fornitura dei Pag. 35servizi di telefonia mobile (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

ENZO RAISI. Questa è una storia tipicamente italiana che viene da molto lontano, cioè da quando sono state approvate le norme che riguardano quelle che vengono chiamate le tasse di concessione governativa per l'utilizzo delle frequenze, ossia, quando lo Stato affitta queste frequenze, decide di far pagare un canone.
Quando, nei primi anni Novanta, uscirono i primi telefonini mobili, che erano beni di lusso, ovviamente le società di telefonia pensarono bene di condividere con l'utente - passatemi questo termine - la tassa di concessione, inserendo nei contratti con gli utenti questa tassa di concessione governativa.
Ora cosa è successo? Si sono verificate ovviamente delle disparità di trattamento, perché c'erano i contratti di telefonia mobile su cui veniva scaricata questa tassa di concessione e c'erano invece i contratti di telefonia con la ricarica, che non prevedevano, in quanto non c'era alcun tipo di contratto vero e proprio, il pagamento di questa concessione governativa. Pertanto le compagnie pensarono bene di ovviare a questa disparità inserendo un onere aggiuntivo, che era quello della ricarica, che fu soppressa da una delle famose «lenzuolate» che Bersani fece all'epoca del Governo Prodi.
A quell'epoca, capendo anche la disparità che si andavano a creare, ci fu un impegno da parte di quel Governo a superare il tema delle concessioni governative anche per i contratti di telefonia mobile.
Nel frattempo, a metà del 2004, vi è stato anche il nuovo codice delle comunicazioni, che ha di fatto modificato tutto quello che riguarda i rapporti su questa materia e ha in qualche modo messo in dubbio, attraverso questa riforma, la validità della tassa di concessione governativa sulla telefonia. A questo punto sono partiti i ricorsi fatti dagli utenti alle varie commissioni tributarie regionali, che hanno avuto peraltro delle risposte diverse: alcune hanno dato ragione agli utenti, altre no.
L'Agenzia delle entrate ha adottato anche una risoluzione del 18 gennaio 2012, in cui invece si continuava a sostenere la validità di questa tassa.
Vi è poi, per ultimo, un pronunciamento da parte della Corte di cassazione che non è risolutivo, però pone dei dubbi sulla validità di questa concessione, tanto che, al di là della disparità - ribadisco - tra i due tipi di contratto, con la ricarica o meno - uno prevede la tassa di concessione governativa l'altro no - aldilà del fatto che non ci troviamo più di fronte a un bene di lusso che giustificava all'inizio degli anni Novanta questo tipo di tassa, ci troviamo di fronte al fatto che, se molti utenti continueranno ad avere soddisfazione alle loro richieste di avere indietro i soldi di questa tassa di concessione governativa, rischiamo poi dei ricorsi alla Corte costituzionale che, dalla sera alla mattina, tolgano allo Stato queste risorse, che non sono poche, creando anche dei vuoti alla finanza pubblica, per cui si rischia di creare delle situazioni di emergenza anche dal punto di vista del bilancio dello Stato.
Tutta questa premessa per dire che, come al solito, in questo Paese le cose vengono lasciate a metà. Il Governo Prodi aveva affermato che sarebbero intervenuti su questa materia nel momento in cui Bersani fece le «lenzuolate», poi Prodi è caduto, è arrivato il Governo Berlusconi, sono arrivati altri Governi e nessuno è intervenuto su questo tema.
Ora chiediamo al Governo di intervenire - è comprensibile il fatto che ci sia un problema di copertura e di risorse - però qualcosa bisogna fare, perché correte e corriamo un grosso rischio, in quanto siamo tutti nella stessa barca e non è un problema di contestazione al Governo da parte del parlamentare.
Qui è un problema di ragionamento, attraverso anche questo strumento dell'interpellanza urgente, su come si debba superare un'impasse che è sotto gli occhi di tutti, oggettivamente parlando. Ad Pag. 36esempio, ho qui due telefonini: uno ha il contratto fisso e l'altro ha la ricarica.

PRESIDENTE. Onorevole Raisi, non dica «l'abbonamento».

ENZO RAISI. Su uno pago la tassa di concessione governativa...

PRESIDENTE. Bene!

ENZO RAISI. ... e sull'altro no. È sempre lo stesso! È evidente che questo è un problema che va risolto. Ci attendiamo da parte del Governo delle indicazioni in questo senso, che siano anche di continuità, però - attenzione - rispetto agli impegni formali che i Governi precedenti avevano già preso di fronte a questo Parlamento.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Massimo Vari, ha facoltà di rispondere.

MASSIMO VARI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, l'interpellanza urgente in esame riguarda l'obbligo di pagamento della tassa di concessione governativa prevista dall'articolo 21 della tariffa annessa al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 641.
Sulla base degli elementi forniti dall'Agenzia delle entrate, faccio presente quanto segue. L'Agenzia delle entrate ricorda di avere chiarito già con la risoluzione n. 9 del 2012, alla quale ha fatto riferimento l'onorevole interpellante, che la tassa di concessione governativa deve essere comunque applicata anche a seguito dell'intervenuta abrogazione dell'articolo 318 del decreto del Presidente della Repubblica n. 156 del 1973.
A tale proposito, viene invocata la sentenza della Cassazione n. 8825 del 1o giugno 2012, citata anch'essa nell'interpellanza, secondo la quale, nel caso di specie, l'obbligazione tributaria non insorge con l'emanazione dell'atto, ma in relazione alle prestazioni periodiche del servizio radiomobile pubblico terrestre di comunicazione.
In sostanza, l'Agenzia non ravvisa alcun contrasto tra i chiarimenti forniti già con la richiamata risoluzione e i principi espressi dalla Cassazione in questa sentenza. Dal canto suo, il Ministero dello sviluppo economico, consapevole della rilevanza della questione e nell'esigenza di avere un quadro valutativo più compiuto in ordine all'applicabilità della citata tassa di concessione governativa, ha recentemente chiesto un parere all'Avvocatura dello Stato, che si è in attesa di ricevere.

PRESIDENTE. L'onorevole Raisi ha facoltà di replicare.

ENZO RAISI. Signor Presidente, mi dichiaro parzialmente soddisfatto, perché, in effetti, fintanto che non vi è la risposta dell'Avvocatura dello Stato, è evidente che siamo tutti in attesa di capire come superare questo problema. Ovviamente, quanto meno, rilevo - questa è la mia soddisfazione - che da parte del Governo si è compreso il rischio che si sta correndo.
Capisco che l'Agenzia delle entrate faccia il suo mestiere: anche io avrei scritto la stessa cosa. È quella che incassa i tributi ed è evidente che non è molto contenta del fatto che vi sia una situazione di rischio per quanto riguarda le entrate. Certo, ognuno poi legge la sentenza in modo diverso, perché io, nell'interpellanza, come lei può avere rilevato, ho scritto che la Corte suprema, sostanzialmente, sottolinea che è venuta meno, a causa della disciplina abrogativa del codice delle comunicazioni, proprio la tassa di concessione. Afferma ancora la Corte: « (...) con la conseguenza che la tassa in questione non si correla ormai più al presupposto del rilascio a favore dell'abbonato del provvedimento amministrativo di licenza da parte dell'Amministrazione», limitandosi l'abbonato a concludere un contratto di diritto privato con il gestore della rete/fornitore del servizio.
Sostanzialmente, la Corte di cassazione se ne lava le mani, però sottolinea che vi Pag. 37è un problema. In realtà, la Corte di cassazione non si esprime né in un senso né in un altro: afferma che il problema esiste e che va sostanzialmente affrontato, perché sono cambiate le modalità per le quali la tassa di concessione, nel 1991, fu applicata ai contratti di questa nuova realtà, che è la telefonia mobile, che all'epoca, fra l'altro, era considerata un bene di lusso.
Negli anni Novanta chi possedeva un telefonino? Era un bene di lusso, e quindi è chiaro che questa tassa era anche giustificata. I tempi sono cambiati, sono cambiate tante cose, è cambiato anche il sistema fiscale in questo settore.
È evidente che vi sono dei ricorsi che - ripeto -, a seconda delle regioni, sono stati accolti o meno dalle commissioni tributarie competenti.
Onestamente, credo che, in attesa del parere dell'Avvocatura dello Stato, bisogna stare molto attenti perché, anche se non sono un giurista, personalmente credo che vi siano tutte le condizioni affinché la Corte costituzionale si pronunci in senso esattamente opposto rispetto a quanto dichiarato dall'Agenzia delle entrate. Questo potrebbe comportare, come dicevo prima, un problema non da poco, visto che il gettito che oggi abbiamo è grande.
Rimane il fatto che vi sono queste disparità tra i due tipi di contratto, che non hanno alcun senso. Quindi, attendiamo fiduciosi il parere dell'Avvocatura dello Stato.

(Elementi in merito alla ripartizione dei fondi per il pagamento delle ore di lavoro straordinario del personale delle capitanerie di porto - n. 2-01737)

PRESIDENTE. L'onorevole Lo Presti ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01737, concernente elementi in merito alla ripartizione dei fondi per il pagamento delle ore di lavoro straordinario del personale delle capitanerie di porto (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente, l'interpellanza urgente in oggetto è l'ultima all'ordine del giorno, ma non è certo l'ultima per l'importanza della questione trattata, che riguarda una platea molto vasta di dipendenti e di operatori delle capitanerie di porto in tutta Italia. La citata questione trae origine da un fatto specifico accaduto presso la Capitaneria di porto di Palermo, ma credo riguardi tutta l'Italia.
Riassumendo brevemente il contenuto dell'atto ispettivo in oggetto, dico subito quanto segue, signor Ministro. A Palermo accade che, molto spesso, ufficiali superiori della Capitaneria di porto utilizzino il monte ore straordinario assegnato dal Comando generale per le attività sul territorio e di istituto per pagare la loro quota parte di straordinario. Succede che lo straordinario venga esaurito e che, quindi, per pagare la parte che riguarda il personale considerato «residuale» - senza offesa per il personale che probabilmente ci ascolta -, dal sottocapo fino al capitano di fregata, credo, venga utilizzato uno strumento diverso dallo straordinario, esattamente il compenso forfettario di guardia.
Disposizioni ufficiali - perché ho prodotto, allegandole all'interpellanza urgente in oggetto, delle note scritte degli uffici competenti del comando della Capitaneria di porto di Palermo, della Guardia costiera - avvertono il personale dipendente che sarà pagato loro lo straordinario utilizzando il compenso forfettario di guardia.
Il personale, ovviamente, mugugna un po', perché è chiaro che il compenso forfettario di guardia, in termini economici, in valore assoluto, ha un valore inferiore rispetto al compenso per il lavoro straordinario, ma gente abituata a fare il suo dovere, usa ad obbedir tacendo come e forse più dei carabinieri, accetta questo andazzo di cose, che si protrae per alcuni anni.
Improvvisamente, la solerzia di un ufficiale della Capitaneria di porto di Palermo - così risulta - fa sì che venga stilata una relazione in base alla quale si scopre che è illegittimo procedere al pagamento dello straordinario, esaurito come monte ore, perché utilizzato dagli Pag. 38ufficiali superiori, sostituendolo con il compenso forfettario di guardia e che questo potrebbe integrare gli estremi del reato di truffa o di peculato, o di altre ipotesi di reato, che vengono formulate e contestate dalla procura militare di Napoli con un atto che a Palermo coinvolge circa cinquanta dipendenti. Siamo alla follia!
L'amministrazione dice ufficialmente di non poter pagare lo straordinario, ma di poterlo fare utilizzando un'altra voce, i sottufficiali, gli ufficiali inferiori, accettano, perché costretti ad accettare, comunque anche perdendoci economicamente, e adesso vengono inquisiti per i reati che non sto qui a snocciolare, ma che vanno, credo, dalla truffa al peculato, alla malversazione e a quant'altro.
Allora siamo veramente al paradosso e non è soltanto uno dei paradossi della gestione della pubblica amministrazione - per carità -, ma quello che più colpisce è come vengano coinvolti in questa triste vicenda soggetti, personale che ha svolto sempre e comunque il proprio dovere, e che per di più economicamente ci ha perduto nel veder pagato lo straordinario con un compenso forfetario compensativo che costa molto meno dell'ora di straordinario che invece è stata erogata e utilizzata per pagare gli alti gradi militari. È chiaro che noi vogliamo sapere, come gruppo di Futuro e Libertà, quali siano stati i criteri in base ai quali il monte ore straordinarie è stato suddiviso fra tutto il personale della capitaneria di porto, e non soltanto con riferimento al fatto specifico di Palermo, ma con riferimento al fatto in generale (perché abbiamo notizia che in altri comandi si è proceduto così, ma soltanto a Palermo, a quanto pare fino ad oggi, è scattata l'azione penale). Vogliamo sapere intanto i criteri in base ai quali questo straordinario è stato gestito, distribuito attraverso una determinazione unilaterale dell'amministrazione alla quale i soggetti destinatari non potevano certo sottrarsi e non potevano evidentemente opporre alcunché, perché non compete certo al destinatario del beneficio contestare la legittimazione della fonte in base alla quale questo beneficio viene erogato. Chiediamo cosa ne pensa il Ministero delle situazioni che si sono venute a determinare e quali accorgimenti, quali iniziative intende assumere intanto per ripristinare il diritto di questi lavoratori, perché a questo punto hanno il diritto di avere pagato lo straordinario svolto nell'ammontare previsto dalla legge per evitare il contenzioso che diversamente ci sarà. Chiediamo soprattutto cosa intende fare l'amministrazione per tutelare la dignità di questi uomini. Guardi, signor Ministro, io ho parlato con alcuni di loro, sono prostrati moralmente perché non comprendono la ragione per la quale oggi si trovano inquisiti per avere accettato e per essersi sottoposti evidentemente ad una direttiva dell'amministrazione che con atti ufficiali - ripeto, ne è produzione agli atti della Camera - hanno disposto questo meccanismo di pagamento.
Ci sono padri di famiglia che sono avviliti perché dovranno affrontare adesso spese legali che poi si riverseranno sull'amministrazione, ma che nel frattempo dovranno anticipare. Spese legali per difendersi da una reato assurdo, da un reato burla, da un reato che è stato evidentemente contestato sulla base di una ipocrita relazione di un ufficiale che evidentemente ha voglia di fare il primo della classe in quella capitaneria e al quale sono imputabili anche altri comportamenti vessatori che hanno riguardato altri sottoposti. Questa è la realtà. Per cui dico, ci limitiamo per il momento a questa interpellanza che si collega ad un altro strumento di sindacato ispettivo che ho presentato la settimana scorsa, allorquando evidentemente anche lì inefficienze di un ufficio locale marittimo sono state denunziate e dove evidentemente ancora si attende, non la risposta che c'è stata in termini piuttosto evasivi, ma l'intervento concreto e immediato del Ministro competente per rimuovere queste situazioni che creano disagio non soltanto al personale ma poi evidentemente alla stessa coerenza ed utilità dell'azione amministrativa che questi importanti uffici svolgono sul territorio.
Queste sono le domande, piuttosto articolate (me ne rendo conto) e non so se Pag. 39la sua risposta, signor Ministro, ha tenuto conto di tutti questi aspetti sottesi all'interpellanza che ho presentato, pur tuttavia in sede di replica o nel prosieguo mi riserverò di intervenire.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Massimo Vari, ha facoltà di rispondere.

MASSIMO VARI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, sulla base delle notizie fornite dall'amministrazione faccio presente quanto segue: preliminarmente evidenzio che il bilancio dello Stato assegna annualmente al Corpo delle capitanerie di porto i fondi sul capitolo 2044 relativi allo straordinario (piano gestionale 01) e al compenso forfettario di guardia (piano gestionale 06). Occorre precisare, altresì, che l'IRPEF è applicata, sia sullo straordinario, che sul compenso forfettario di guardia (piano gestionale 02). Allo stesso modo, le ritenute previdenziali sono applicate sullo straordinario e sul compenso forfettario di guardia (piano gestionale 03). I predetti fondi, al netto delle ritenute previdenziali, vengono assegnati annualmente dal comando generale del Corpo delle capitanerie di porto ai dipendenti dei comandi periferici e precisamente alle 54 capitanerie di porto per lo straordinario e alle 15 capitanerie sedi di direzione marittima per i compensi forfettari di guardia.
Le due poste, straordinari e compensi forfettari di guardia, ammontano globalmente a circa 6 milioni di euro ciascuna al lordo dell'IRPEF ed equivalgono complessivamente a circa il 2,5 per cento delle spese globali per il personale. Lo straordinario e il compenso forfettario di guardia vengono, quindi, gestiti separatamente e corrispondono ad esigenze diverse, ovvero lo straordinario compensa prestazioni lavorative effettuate a richiesta del comando oltre le previste 36 ore settimanali, mentre il compenso forfettario di guardia viene invece assegnato sulla base dell'organizzazione dei servizi di guardia a terra e a bordo, con preventivo accertamento delle esigenze rapportate a tutto l'anno, e compensa economicamente otto ore di servizio di guardia.
Per quanto concerne, poi, i criteri circa la distribuzione, il Comando generale ha riferito che assegna lo straordinario alle capitanerie in base alla consistenza numerica del personale. Le ore di straordinario sono ripartite tra il personale di ciascuna capitaneria, nei limiti dell'assegnazione, senza alcuna finalità perequativa, in relazione alle effettive esigenze di servizio e secondo criteri funzionali. Non è permesso, quindi, pagare gli straordinari con i fondi dei compensi forfettari di guardia e viceversa. Peraltro, il Comando generale ha rilevato che in tutte le sedi si verifica una marcata insufficienza dei fondi per lo straordinario, per cui gli stessi vengono generalmente ripartiti in misura proporzionale rispetto al monte ore maturato dal personale.
Per quanto attiene, poi, al superamento del monte ore a disposizione, lo stesso viene eventualmente autorizzato, qualora ne ricorra la necessità, direttamente dal comandante della capitaneria di porto. Infine, per quanto concerne le vicende segnalate dagli onorevoli interpellanti relative alla direzione marittima di Palermo, comunico che, a decorrere dal 1o maggio, è attivo, anche per il personale dirigenziale in servizio presso quella sede, un sistema automatizzato di rilevazione delle presenze. Nel concludere, evidenzio che il predetto Comando generale ha infine riferito di essere in attesa dell'esito dell'indagine avviata dalla procura militare della Repubblica di Napoli presso la capitaneria di porto di Palermo riguardo all'eventuale pagamento delle ore di straordinario effettuato con i fondi previsti per il pagamento del compenso forfettario di guardia.
A conclusione del procedimento giudiziario in corso, il Comando generale provvederà a porre in essere gli eventuali provvedimenti dei quali si dovesse rilevare la necessità.

PRESIDENTE. L'onorevole Lo Presti ha facoltà di replicare.

Pag. 40

ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente, non mi dichiaro affatto soddisfatto della risposta a questa interpellanza, perché è una risposta che dice cose che noi abbiamo già detto nella nostra interpellanza, ribadisce concetti ben noti a tutti coloro i quali evidentemente oggi sono coinvolti in questa vicenda, il primo dei quali che non è permesso certamente pagare lo straordinario con il compenso forfettario di guardia.
Ma io ho detto, per ben due volte nella mia illustrazione, che ho depositato agli atti di questa Camera note ufficiali del comando di Palermo, con le quali si comunicava ai sottoposti che era stato esaurito il monte ore straordinario, in quanto utilizzato ovviamente per intero per soddisfare le esigenze di straordinario degli alti ufficiali che prima del maggio 2012 - e lo tengo a precisare perché è importante questo particolare - veniva rilevato attraverso l'autocertificazione.
Ecco, fatta questa breve parentesi sulle decorrenze che lei correttamente ha ricordato, il problema che rimane è capire perché il monte straordinario complessivo di ore, prima del maggio 2012 - perché è chiaro che l'indagine risale a periodi passati -, venisse utilizzato interamente o quasi interamente per soddisfare le esigenze degli ufficiali superiori e poi alla truppa - anzi no, truppa no, per carità -, ai sottufficiali, agli altri operatori, da capitano di fregata in giù, lo straordinario non venisse pagato e invece venissero utilizzati fondi diversi.
Dunque, chi ha commesso il reato? Se il reato è stato commesso, è stato commesso da chi ha utilizzato questa impropria commistione di capitoli di bilancio, sicuramente, ma non può essere addebitato a chi non colpevolmente e inconsapevolmente ha ricevuto in pagamento, a titolo compensativo dello straordinario, il compenso forfettario di guardia.
I dipendenti sono stati per due volte pregiudicati: primo perché hanno ricevuto un compenso forfettario in sostituzione dello straordinario, che, in valore assoluto, è di gran lunga inferiore e, quindi, hanno diritto, semmai, ad avere le differenze. Quindi, la minaccia del Ministero di dire «interverremo non appena si sarà fatta chiarezza dal punto di vista penale per i provvedimenti conseguenziali che potrebbero essere anche quelli restitutori», cade nel vuoto, perché sono loro che hanno diritto ad avere un'integrazione. Il compenso forfettario di guardia, infatti, ha un valore di circa 41 euro per otto ore, mentre lo straordinario viene pagato con 115 euro lorde per ora. Quindi, sono i dipendenti che hanno avuto un danno, non certo l'amministrazione.
Pertanto, è chiaro che lei non è responsabile delle iniziative che svolge la procura militare di Napoli, ci mancherebbe, ce ne occuperemo probabilmente in altra sede. Però avete il dovere di tutelare i vostri uomini, non li potete abbandonare così. Avete il dovere di tutelare i vostri uomini e di intervenire rapidamente, perché tutta l'Italia è combinata in questo modo, perché in tutte le capitanerie d'Italia, chi più e chi meno, si è praticato questo sistema del pagamento dello straordinario. I grandi ufficiali, gli alti ufficiali autocertificavano lo straordinario e incassavano, evidentemente, le somme legittimamente loro dovute, esaurivano il monte, e ai sottufficiali che cosa? Il compenso forfettario di guardia e l'imputazione per truffa aggravata? È semplicemente vergognoso. Voi avete il dovere, signor sottosegretario, di intervenire. Avete il dovere di mandare immediatamente ispezioni a Palermo e ovunque in Italia si sia verificato un caso così eclatante. Padri di famiglia che hanno il terrore negli occhi, li ho visti io, gente che fa il proprio dovere per mare, gente che fa operazioni di salvataggio ogni giorno, che rischia la vita ogni giorno, non solo pagati con una miseria, ma pure mazziati da un'indagine penale: è una cosa indegna di un Paese civile.
Mi affido alla sensibilità di questo Governo e del Ministro competente; mi sono sentito questa mattina con il sottosegretario competente che mi ha detto di non poter essere presente a causa di altri impegni di pari importanza nell'Aula del Senato e che quindi non potevo certo pretendere tutte le risposte da lei, sottosegretario Pag. 41Vari, che evidentemente rappresenta il Governo, ma quello che sto dicendo rimarrà agli atti di questa Assemblea. Quello che sto dicendo avrà pure un valore perché qualcuno si preoccupi di risolvere questi problemi per dipendenti e servitori dello Stato, gente che lavora con milletrecento, millecinquecento euro al mese e rischia la vita e la salute, soprattutto. Infatti, andare per mare a svolgere attività di salvataggio, di controllo, di polizia giudiziaria è un'attività rischiosa, faticosa, di grandi sacrifici; non vengono pagati e vengono pure denunziati! Io mi chiedo con che criterio la magistratura militare possa permettersi di avviare un'indagine in questo modo, fidandosi di una relazione che è incompleta perché una relazione onesta - la leggeremo quando verranno depositati gli atti - avrebbe dovuto pur dire che gli uffici del comando hanno comunicato ai singoli sottoposti che lo straordinario sarebbe stato pagato con il compenso forfettario di guardia. Quella relazione che andremo a vedere quando saranno depositati gli atti giudiziari è incompleta. Non voglio usare termini enfatici perché non voglio gettare ombre su alcuno, ma la solerzia di qualche funzionario poi vedremo fino in fondo quanto sia stata corretta e leale nei confronti dell'amministrazione e degli stessi colleghi sottoposti, signor rappresentante del Governo. Infatti, quella relazione avrebbe dovuto dire, e spero che lo abbia fatto, che lo stesso comando dava disposizioni di pagare lo straordinario con il compenso forfettario di guardia. Quindi chi è il responsabile? Sono responsabili i lavoratori o sono responsabili coloro i quali, evidentemente, hanno violato la legge e hanno imposto ai lavoratori questo sistema? Questo è quello che le dico, e parlo in modo così accorato perché ho parlato con molti di questi uomini; molti di questi uomini non sanno come fare per poter, ahimè, giustamente, pagare gli avvocati che dovranno assisterli e che devono assisterli al tribunale militare di Napoli dove dovranno spostarsi per trasferte e per quant'altro; costerà un patrimonio a queste famiglie! Ma chi li paga questi danni? Lo ripeto, chi li paga questi danni?

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze all'ordine del giorno.
La seduta è sospesa e riprenderà alle ore 15 con la discussione congiunta sulle linee generali del disegno di legge di stabilità 2013 e del disegno di legge di bilancio.

La seduta, sospesa alle 12,55, è ripresa alle 15.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che non vi sono ulteriori deputati in missione alla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente quarantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione congiunta dei disegni di legge: Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2013) (A.C. 5534-bis-A); Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2013 e bilancio pluriennale per il triennio 2013-2015 (A.C. 5535-A) (ore 15,02).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione congiunta dei disegni di legge: Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2013); Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2013 e bilancio pluriennale per il triennio 2013-2015. Pag. 42
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione congiunta sulle linee generali è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione congiunta sulle linee generali - A.C. 5534-bis-A e A.C. 5535-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione congiunta sulle linee generali.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Lega Nord Padania, Italia dei Valori e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la V Commissione (Bilancio) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore sul disegno di legge di stabilità, onorevole Brunetta, ha facoltà di svolgere la relazione.

RENATO BRUNETTA, Relatore sul disegno di legge n. 5534-bis-A. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la legge di stabilità che approda in Aula oggi, e che andiamo ad approvare, è l'ultima della legislatura, una legislatura che è stata caratterizzata dalla crisi economica iniziata con i mutui subprime nell'estate del 2006 negli Stati Uniti, per poi trasferirsi dalla finanza privata alla finanza pubblica nella forma di speculazione sui debiti sovrani. Una legislatura sotto l'insegna della crisi economica, della conseguente bassa crescita del PIL - ma questa per il nostro Paese veniva da lontano - e della produttività, e soprattutto sotto l'insegna di manovre correttive dei conti pubblici finalizzate a rispettare i nostri impegni con l'Europa e il Patto di stabilità. Una legislatura, inoltre, che è stata caratterizzata, almeno dall'estate dell'anno scorso, della più profonda crisi economica e finanziaria della moneta unica, l'euro, con conseguenti attacchi speculativi alla nostra economia, ma non solo. Quindi, il lavoro che abbiamo svolto in Commissione bilancio in tema di legge di stabilità, è stato incentrato non solo con riguardo a quanto in essa contenuto, ma anche e soprattutto tenuto conto di cinque anni di crisi, della politica economica che ne è conseguita, delle manovre e dell'evoluzione della governance economica, finanziaria e istituzionale in Europa. Questa, signor Presidente, onorevoli colleghi, è la prima legge di stabilità che viene in prima lettura alla Camera nell'ambito del Semestre europeo, introdotto dal Consiglio europeo del 7 settembre 2010 e avviato nel 2011, al fine di assicurare coerenza finanziaria tra le politiche strutturali e gli obiettivi di finanza pubblica di ciascun Paese dell'area euro. Il Semestre europeo prevede che ogni anno, entro fine aprile, il Governo presenti al Parlamento il Documento di economia e finanza (DEF), che al suo interno contiene il Programma di stabilità (PdS), vale a dire le strategie di bilancio definite dal Governo elaborate sulla base di specifiche analisi delle tendenze di finanza pubblica, e il Programma nazionale di riforma (PNR), cioè l'agenda delle azioni da intraprendere per conseguire gli obiettivi dichiarati. Il Semestre europeo trova infine nella legge stabilità, che il Governo presenta ogni anno entro il 15 ottobre e che il Parlamento approva entro fine dicembre, il suo punto nodale.
L'anno scorso - lo ricordiamo - essa è andata in prima lettura al Senato, e questa Camera ha avuto un ruolo secondario. Per tutte queste ragioni l'occasione della legge di stabilità per il 2013 ci è apparsa di assoluta rilevanza per questo ramo del Parlamento, anche perché essa poteva essere considerata in due modi: o l'ultima di un quinquennio, con i caratteri del ciclo che abbiamo detto, o la prima di una fase nuova. Per queste ragioni, le considerazioni che abbiamo fatto con il collega correlatore hanno tenuto conto diacronicamente di tutto quello che è successo nel corso della legislatura in termini di riforme, di manovre e di impegni con l'Europa, sia sul piano economico e finanziario, sia sul piano della governance, come l'introduzione in Costituzione dell'equilibrio di bilancio, il fiscal compact, la roadPag. 43map che si sta definendo in ambito europeo verso l'unione bancaria, economica, fiscale e politica, che non potrà non influire sulle nostre decisioni di politica economica.
Abbiamo, dunque, affrontato il nostro lavoro tenendo conto certamente di quello che è successo e dei vincoli che ci siamo dati, ma soprattutto guardando al futuro, avendo riguardo alla crescita, che è la sola che ci consente credibilità nei confronti dei mercati, sostenibilità riguardo all'equilibrio di bilancio, e soprattutto equità nella distribuzione del reddito e incremento di produttività, con relativo incremento di competitività.
La nostra economia e la nostra società, di solo rigore muoiono, e il rigore, se è declinato senza le opportune misure per la crescita, non è neanche in grado di raggiungere gli obiettivi di risanamento della finanza pubblica. Se la sequenza è unicamente quella del taglio della spesa pubblica e dell'aumento della pressione fiscale, con relativo avvitamento in termini di crescita, non solo non si raggiungono gli obiettivi fissati, ma si finisce per ridurre drasticamente l'efficacia della politica economica che il presidente della BCE, Mario Draghi, ha cercato di far convergere progressivamente verso l'impostazione espansiva adottata dalle altre banche centrali mondiali.
Il limite delle politiche fin qui seguite è stato, tra l'altro, di recente evidenziato con estrema chiarezza nell'ultimo World Economic Outlook del Fondo monetario internazionale, che ha rilevato i rischi di avvitamento dell'economia dell'Eurozona derivanti dalle stringenti manovre di consolidamento dei conti pubblici attuate dai Governi in periodi caratterizzati da congiuntura economica negativa.
Secondo le analisi di confronto internazionale svolte dal Fondo, alcuni errori di previsione della crescita, effettuati negli ultimi anni da quasi tutti gli enti preposti a tali stime, indicano la presenza di una sistematica sottovalutazione dell'impatto delle misure di rigore sulla crescita economica. In base ai risultati presentati, i moltiplicatori fiscali effettivi sperimentati nei Paesi avanzati nel periodo della crisi, sono da due a tre volte maggiori di quelli abitualmente utilizzati nelle analisi economiche.
Ciò implica che, per ogni punto percentuale di PIL di contenimento del disavanzo fiscale, al netto degli effetti del ciclo economico, la crescita economica di breve termine si riduce oggi di più di 1,5 punti percentuali rispetto alla contrazione di mezzo punto percentuale che si registrava negli anni precedenti la crisi. Questo si deve alle condizioni cicliche dell'economia nelle quali gli aggiustamenti di bilancio sono stati implementati e al limitato ruolo di supporto alla crescita della politica monetaria dovuto alle persistenti difficoltà nel sistema finanziario internazionale causate dalla recessione.
In altri termini, oggi più di ieri, il rigore fa male alla crescita e allontana drammaticamente la ripresa. Il nostro obiettivo è stato certamente quello di confermare il rigore nelle politiche di bilancio, ma anche quello di avviare, al contempo, percorsi virtuosi per la crescita, finalizzati all'aumento di produttività del lavoro e alla riduzione della pressione fiscale sulle famiglie e sulle imprese.
Questo percorso è stato condiviso all'interno della maggioranza, e si è basato sulla costante collaborazione con il Governo, in particolare con il Ministro Vittorio Grilli e con il sottosegretario Polillo, che noi relatori abbiamo incontrato più volte, manifestando un'ampia disponibilità a definire concordemente i contenuti del provvedimento.
In particolare, alla luce di tutto quanto detto finora, abbiamo ritenuto essere una scelta di buonsenso per il bene del Paese, delle famiglie e dei lavoratori, eliminare l'inutile riduzione di un punto percentuale delle aliquote IRPEF sui due scaglioni di reddito più bassi e di utilizzare le risorse così derivanti per quattro finalità fondamentali e ben definite: 1) sterilizzare l'aumento dell'aliquota IVA dall'attuale 10 all'11 per cento a decorrere dal primo luglio 2013 sui beni di più largo consumo. La misura prospettata dal Governo sarebbe andata a colpire anche quella parte Pag. 44di cittadini contribuenti con redditi talmente bassi (inferiori a 8 mila euro e 7 mila 500 per i pensionati) da ricadere nella cosiddetta no tax area, che non avrebbero beneficiato della riduzione dell'IRPEF, ma avrebbero risentito dell'aumento dell'IVA; 2) incrementare le detrazioni per i figli a carico nell'interesse di tutte le famiglie italiane più o meno numerose. Più di un miliardo all'anno a regime quanto abbiamo destinato; 3) incrementare di 800 milioni il fondo per la produttività già previsto nel disegno di legge del Governo presentato al Parlamento al fine di colmare il gap di competitività che separa il nostro Paese dalle altre principali realtà europee; 4) ridurre l'incidenza delle spese per il personale sulla base imponibile IRAP, con particolare riferimento alle piccole imprese: un miliardo all'anno.
Inoltre, abbiamo eliminato le tante inutili cattiverie contenute nel disegno di legge originario, dall'introduzione retroattiva di tetto e franchigia per deduzioni e detrazioni, all'abrogazione delle esenzioni IRPEF sulle pensioni di guerra superiori ai 15 mila euro, all'aumento dell'IVA per le cooperative sociali, alla clausola di salvaguardia relativa al calcolo del TFR.
Abbiamo altresì qualificato, individuando le opportune destinazioni, il fondo di oltre 900 milioni istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri per il sociale, risolvendo in maniera doverosa l'annoso problema del finanziamento delle non autosufficienze gravissime, con particolare riferimento alla sclerosi laterale amiotrofica.
Inoltre, abbiamo infine istituito due grandi fondi: il primo finalizzato al contenimento degli oneri fiscali gravanti sulle famiglie e finanziato dalle maggiori entrate strutturali derivanti dall'attività di contrasto all'evasione fiscale e contributiva, dalla differenza tra la spesa per interessi sul debito pubblico prevista e quella effettivamente erogata, e dalle risorse derivanti dalle riduzioni delle cosiddette spese fiscali (tax expenditure). Il secondo è finalizzato alla concessione di un credito di imposta per la ricerca e lo sviluppo, nonché alla riduzione del cuneo fiscale finanziato mediante le risorse derivanti dalla progressiva riduzione dei trasferimenti e dei contributi alle imprese.
Tuttavia, nella fase finale dell'esame del provvedimento, tra la V Commissione (Bilancio) e il Governo si sono manifestate alcune divergenze, non tanto riguardo agli obiettivi o ai saldi, ma rispetto agli strumenti attraverso i quali perseguirli. La Commissione ha, pertanto, assunto autonomamente e responsabilmente alcune decisioni che il Governo ha dichiarato di non condividere, lo ripeto, non per quanto riguarda i saldi e la componente finanziaria, ma per quanto riguarda le modalità.
Il dissenso - è importante sottolinearlo - più che aspetti tecnici ha riguardato questioni di carattere politico e, in particolare, le modalità di utilizzo delle risorse scarse disponibili che, a giudizio della Commissione, andavano destinate, pur se in misura inferiore a quanto sarebbe stato necessario, al perseguimento di due priorità: in primo luogo, la Commissione riteneva che andasse effettuato un qualche intervento relativo al Patto di stabilità interno, in considerazione dello stato di sofferenza in cui versano le regioni e gli enti locali a motivo dei vincoli di finanza pubblica via via più stringenti ai quali sono stati sottoposti negli ultimi anni, ma anche alla luce delle recenti calamità naturali che hanno colpito il Paese.
Per questo motivo, con grande determinazione, abbiamo stanziato 250 milioni di euro per la Protezione civile, proprio per questi interventi. La Commissione ha prestato la massima attenzione alla salvaguardia degli equilibri finanziari, individuando risorse sicuramente disponibili, quali quelle relative ai contratti di produttività per il 2013, peraltro integrati in misura consistente per quanto riguarda il 2014. Il dissenso del Governo è apparso chiaramente di natura prettamente politica e non attinente al rispetto delle regole di contabilità pubblica, tanto più che tale decisione della Commissione, spostando le poste in gioco dalla parte corrente al conto capitale, migliora il saldo del disegno di legge in termini di indebitamento netto. Pag. 45
Una divergenza di opinioni si è, inoltre, palesata riguardo all'emendamento approvato dalla Commissione in materia di assunzione del personale vincitore dei concorsi nel settore sicurezza e difesa, nel comparto sicurezza. Il Governo ha, infatti, acconsentito esclusivamente a destinare un ammontare di risorse certe assai circoscritto alle assunzioni, ma si è opposto alla scelta delle Commissioni di consentire alle amministrazioni, che conseguano risparmi di spesa strutturali ulteriori rispetto a quelli previsti dalla spending review, di procedere ad assunzioni in deroga alle limitazioni del turn over previste a legislazione vigente.
Le assunzioni sono tra l'altro rese disponibili da un fondo istituito presso il Ministero dell'economia delle finanze e sulla base di autorizzazioni rilasciate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri adottato su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze e del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, sicurezza idrogeologica e sicurezza sul territorio per il cittadino: due facce della stessa medaglia, un'unica risposta da parte del Parlamento.
Per quanto riguarda il settore agricolo, infine, molto abbiamo già fatto rispetto alla proposta iniziale del Governo in relazione allo sforzo contributivo ad esso richiesto, relativamente alla rivalutazione dei redditi dominicali agrari e alla razionalizzazione dell'utilizzo dei prodotti petroliferi agevolati. In ogni caso, c'è l'impegno a migliorare ulteriormente le disposizioni relative alle società agricole e l'incidenza fiscale sui costi di produzione.
Dunque, signor Presidente, onorevoli colleghi, provvedimenti che incidono sulla domanda, sul potere d'acquisto delle famiglie e sulla distribuzione del reddito in una prospettiva non solo di tutela, ma anche e sopratutto di sviluppo, attraverso il rilancio della domanda da parte dei soggetti a più alta propensione al consumo: si tratta di un segnale, anche se non di grandi dimensioni, capace però di indicare un percorso virtuoso. Ma sono anche provvedimenti capaci di incidere sull'offerta attraverso l'incremento di 800 milioni di euro del Fondo per i salari di produttività, la riduzione del cuneo fiscale, l'IRAP, l'aumento delle risorse destinate alla ricerca (si veda il fondo relativo), aumento della domanda, stimolo forte dell'offerta: il tutto in un ambiente di tendenziale e programmatica riduzione della pressione fiscale, compatibilmente con il raggiungimento intertemporale degli obiettivi del pareggio di bilancio.
Si tratta, dunque, di una legge di stabilità intelligente, che riporta il Parlamento al centro della definizione delle strategie di politica economica di medio periodo. Rigore, crescita ed equità, come scelte consapevoli, democratiche e condivise e, dunque, sostenibili. È un bel segnale agli italiani, che tanto hanno sofferto in questi anni, e all'Europa, troppo spesso vista giustamente come egoista e poco solidale.
Ecco, signor Presidente, questi sono i compiti a casa che ci piacciono, queste sono le scelte giuste per il nostro futuro in Europa (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Partito Democratico e Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Il relatore sul disegno di legge A. C. 5534-bis-A, onorevole Baretta, facoltà di svolgere la relazione.

PIER PAOLO BARETTA, Relatore sul disegno di legge 5534-bis-A. Signor Presidente, colleghi, mi si permetta di iniziare questo intervento con una convinta espressione di solidarietà alle popolazioni alluvionate ed alle loro amministrazioni. La Camera ha, con un atto di grande responsabilità, voluto poche ore fa, dare sostanza a questa solidarietà stanziando 250 milioni di euro per i territori così duramente colpiti. Si tratta di una scelta il cui significato non è necessario esplicitare. Va solo evidenziato ulteriormente in questa sede che questo stanziamento non è avvenuto con risorse aggiuntive, ma utilizzando quelle già disponibili nella legge di stabilità, risorse che erano destinate all'intera manovra. Pag. 46
Sottolineo questo aspetto perché rappresenta, oltre che il merito della scelta stessa a favore delle popolazioni colpite dalle calamità, uno dei punti cardine di questa operazione politica che la maggioranza ha inteso dare: il rispetto dei saldi di bilancio. Noi abbiamo coscienza delle difficoltà economiche e finanziarie nelle quali versa il Paese. Sappiamo che il raggiungimento dell'equilibrio di bilancio che abbiamo voluto fino al punto di inserirlo nella Costituzione, è un obiettivo praticabile, ma sempre precario. Sappiamo che l'entità del nostro debito ci obbligherà ancora nei prossimi anni, a politiche di risanamento all'interno dei vincoli europei che abbiamo accettato. Dunque, in coerenza con questo scenario, avendo constatato alla presentazione della legge di stabilità, che le scelte di merito operate dal Governo non erano convincenti per la maggioranza, ed avendo maturato la convinzione di volerle profondamente modificare, abbiamo voluto immediatamente e pubblicamente affermare che avremmo sì modificato la legge, ma senza alterarne i saldi. È stato un esplicito atto di responsabilità verso il Paese e, direi, di lealtà verso il nostro Governo, dunque un approccio finalmente ben diverso da quell'assalto alla diligenza, che resta nella peggior prassi parlamentare del passato. È stata, a mio avviso, questa affermazione della maggioranza: vogliamo cambiare la manovra, ma lo faremo all'interno dei saldi, che ha messo il Governo stesso nella condizione di accedere ad una riscrittura quasi integrale - perché di questo si tratta - della legge di stabilità, e oggi possiamo dire che questa riscrittura davvero c'è stata. Sia chiaro: non soltanto il rispetto dei saldi ha ispirato il nostro comportamento, ma anche la condivisione di alcune grandi opzioni di fondo di cui, in realtà, alcune erano contenute nella stessa legge di stabilità.
Mi riferisco, ad esempio, alla scelta di ridurre la pressione fiscale, scelta condivisibile nei suoi principi, ma sbagliata nella sua realizzazione, nella realizzazione cioè che il Governo aveva proposto nella stesura della legge di stabilità. In effetti, anche noi interveniamo per ridurre il carico fiscale, ma in maniera diametralmente diversa da quella proposta dal Governo. Infatti, il Governo aveva pensato di spalmare il beneficio su tutta la platea dei contribuenti attraverso la riduzione delle due aliquote più basse e già questo rappresenta in sé un limite di equità e di priorità, ma annullava questo vantaggio attraverso un inasprimento dei tetti e delle franchigie e di un aumento su tutta l'IVA. Il dibattito istituzionale ed economico è ormai arrivato, in maniera assolutamente prevalente, a considerare prioritario, se si vuol favorire la crescita, che la riduzione delle imposte vada fatta, ma a partire da quelle pagate dal lavoro e dalle imprese.
Ce lo hanno detto la Banca d'Italia, la Corte dei Conti, l'Istat, le parti sociali, in tutte le audizioni che abbiamo svolto. Lo sostengono autorevoli economisti delle più diverse estrazioni politiche. Ebbene, questa è stata la scelta della maggioranza, questa è stata la nostra scelta. Si è così configurata una politica, da parte della maggioranza, che è intervenuta dal lato della crescita, dei consumi e della redistribuzione. Ecco, dunque, che si spiegano in questo contesto i fondi a cui ha fatto riferimento il collega Brunetta poco fa. Voglio ricordare, poi, che tra un mese il Governo è impegnato, dall'approvazione della finanziaria, ad intervenire nelle Camere sulla riorganizzazione dei trasferimenti delle risorse già destinate all'impresa.
Ma, è in questa direzione che va lo stesso intervento sulla produttività, che è stato ampliato negli anni 2014 e 2015 e sul quale abbiamo introdotto una clausola che fa sì che quelle risorse, qualora non avessero la loro destinazione naturale che auspichiamo e, cioè, accordi sindacali che realizzino la loro trasformazione in salari di fatto per i lavoratori, siano ulteriormente disponibili a politiche, sempre nell'ambito della promozione della produttività, che ritornino ad essere discusse in Parlamento. È per questo che abbiamo scelto di fare una calmierazione sull'IVA. Non siamo riusciti, date le risorse disponibili, ad operare per un obiettivo completo, Pag. 47ma abbiamo scelto che l'IVA dei consumi più bassi, quella al 10 per cento dei consumi popolari, non avesse quell'aumento preventivato. Per questo, come è stato detto, via le franchigie e via i tetti.
Si è molto discusso e si dovrà discutere di una riforma complessiva dell'intero capitolo delle deduzioni e delle detrazioni, riforma necessaria ma che non si poteva improvvisare nell'arco di poche ore in una legge di stabilità. Auspico che nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, nell'ambito della delega fiscale, il Parlamento affronti questo tema perché, se ci ricordiamo, l'abbiamo in sospeso dalla famosa clausola di salvaguardia di un anno e mezzo fa e ce lo trascineremo finché non avremo riformato. Ma, questa volta esso era collocato in un ambito pericoloso di danno alle persone e ai soggetti e, quindi, abbiamo pensato che fosse più semplice, più chiaro e più trasparente, nei confronti dei cittadini, un'operazione - chiamiamola così - di pulizia.
È per questo che dobbiamo anche riconoscere che queste operazioni - il non aumento dell'IVA al 10 per cento e togliere di mezzo tetti e franchigie - sono state due operazioni costose. Ne siamo assolutamente coscienti, ma erano operazioni necessarie e, quindi, queste hanno ridotto le disponibilità e con le risorse rimaste siamo intervenuti in quelle che abbiamo considerato essere le due grandi priorità: il lavoro e la famiglia e l'impresa.
Abbiamo discusso a lungo, anche nei giornali pubblicamente, se questo intervento, dal lato del lavoratore, dovesse essere strettamente il cuneo fiscale in un'accezione rigorosa, come è nei libri di testo e nella conoscenza generale. Ma, poi, abbiamo valutato che sarebbe stata una distinzione, diciamo, un po' sofisticata quella tra il lavoratore, inteso dal lato del cuneo, e il lavoratore come soggetto portatore di una famiglia da gestire e da mandare avanti. La soluzione più vantaggiosa, la soluzione che consente di dare un maggior respiro è quella che noi abbiamo adottato - pensiamo -, cioè quella di intervenire in maniera significativa sulle detrazioni per i carichi familiari. Interveniamo sia sui carichi familiari in generale, sia sui figli sotto i tre anni, sia sulle famiglie più sfortunate, che devono sostenere figli portatori di disabilità.
Dal lato dell'impresa, invece, voglio dire che tutta la platea dei contribuenti viene avvantaggiata nelle risorse disponibili, ovviamente perché non vi è un contributore che non abbia un vantaggio sia dal più piccolo, dal singolo, sia dal più grande a labour-intensive. Ecco che allora questo si inserisce in un percorso che è in crescita dal 2013, cresce al 2014 e si stabilizza nel 2015.
La manovra va vista nel suo complesso. Ovviamente, dal punto di vista dell'impatto pubblico mediatico, si è molto discusso del 2013, perché è quello al quale si è più vicini, ma va vista complessivamente: il 2013 si triplica nel 2014 e si stabilizza a quasi due volte e mezzo nel 2015 a regime. Insomma, c'è un disegno nel lavoro che la maggioranza ha fatto, un disegno che è stato il risultato di una precisa convinzione. Lo sappiamo tutti che è una maggioranza che ha opinioni diverse in partenza, ma il collega Brunetta e il sottoscritto, a nome dell'intera maggioranza, hanno valutato che si poteva riuscire nell'operazione di cambiare questa legge di stabilità non soltanto rispettandone i saldi, non soltanto mantenendo dei punti di riferimento generali, come la riduzione delle tasse, ma riuscendo a mantenere un grado di unità interna, che consentisse una interlocuzione stabile ed autorevole. Penso che questo vada riconosciuto, che lo sforzo che abbiamo fatto da questo punto di vista abbia dato risultati. Certamente questo intervento fiscale non copre tutta la platea dei cittadini italiani, non coinvolge i pensionati, non coinvolge gli incapienti. Ecco che allora in misura apparentemente modesta, ma molto significativa se guardiamo al passato recente, noi siamo intervenuti, dedicando 500 milioni di euro ad un intervento complessivo sul sociale, sulla non autosufficienza, il cui fondo è a zero, sul fondo per le politiche sociali, che era stato drasticamente ridotto. Non ci siamo accontentati di intervenire su questo lato, abbiamo cercato di dare una risposta Pag. 48anche all'emergenza dei lavoratori salvaguardati - è giusto usare una terminologia più rispettosa - e l'abbiamo fatto, innovando la precedente impostazione. Abbiamo introdotto un fondo che si è alimentato dalle prime risorse che il Governo aveva previsto, ma che aggiunge a queste risorse iniziali i risparmi delle ingenti risorse, 9 miliardi, già stanziati e che vanno quindi a creare una forma di autoalimentazione del fondo che, in prima battuta, consente di dare una risposta ad oltre 10 mila persone, ma che sicuramente rappresenta la strumentazione innovativa per dare una risposta in prospettiva adeguata all'intera platea di questa fascia di persone. È stato ricordato anche poco fa che su alcuni altri aspetti - penso alla sicurezza - siamo intervenuti convinti che bisognava dare un segnale di partenza. Affermo qui con molta chiarezza che quello che abbiamo fatto è giusto, ma insufficiente per le risorse disponibili. Quindi sono assolutamente convinto che questo aspetto sarà ripreso dai colleghi del Senato per dare una risposta. Quindi non tutto è stato risolto, ma molto, come è stato detto. Altre questioni saranno risolte - mi auguro - nei prossimi giorni dai colleghi senatori. Penso alla Tobin tax, che è un terreno su cui è necessario che ci sia una discussione. Penso alla questione del patto di stabilità che non è risolta dall'erogazione dei 250 milioni per le popolazioni alluvionate, ma che deve trovare una sua impostazione strutturale, come abbiamo in parte fatto ieri quando abbiamo risolto la questione delle scuole non statali che, all'interno dei vincoli del patto, rischiavano di non poter avere le risorse disponibili ingenti per poter sopravvivere. È rimasta in sospeso la questione dell'editoria - lo sottolineo - perché è un aspetto che non coinvolge soltanto la Camera e il Senato, ma implica una valutazione complessiva che questo Paese deve fare. Insomma, noi siamo - devo dirlo sinceramente - soddisfatti del lavoro. Pensiamo che, con questa legge di stabilità, che è stata discussa in maniera aperta e trasparente e che, pur nella discussione dialettica con il Governo, ha visto però alla fine una «composizione di quadro,» sia stata fatta un'operazione di riscrittura, che significa la possibilità che il Parlamento ha avuto la possibilità di dire la propria e di farlo alla fine anche in una condizione di assoluta serenità.
Voglio approfittarne, a nome anche del collega Brunetta, per ringraziare tutti coloro che hanno dato una mano a questo lavoro, dal presidente Giorgetti, che ha condotto esemplarmente la Commissione, al sottosegretario Polillo, che ci ha assistito, con il quale abbiamo avuto anche una legittima dialettica, ma che ha rappresentato sicuramente un punto di interlocuzione.
Soprattutto, mi sia permesso, anche a nome del collega Brunetta, di ringraziare gli uffici: senza il loro prezioso contributo, noi avremmo fatto molta più fatica e, forse, non saremmo arrivati in porto. Signor Presidente, a questo punto le chiedo che sia pubblicato in calce al resoconto della seduta odierna, oltre alle considerazioni di carattere più generale che abbiamo svolto, anche a nome del collega Brunetta, il testo di una relazione più compiuta, che disegna con maggior chiarezza quelli che sono stati gli interventi di cambiamento dal testo originale all'attuale testo in discussione alla Camera (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Onorevole Baretta, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Il relatore sul disegno di legge di bilancio, onorevole Ciccanti, ha facoltà di svolgere la relazione.

AMEDEO CICCANTI, Relatore sul disegno di legge n. 5535-A. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori sottosegretari, come, nel dettaglio, hanno detto i colleghi relatori sul disegno di legge di stabilità, onorevoli Brunetta e Baretta, non mi ripeto, se non per definire, all'interno di una cornice entro la quale ci si è mossi, quanto viene proposto al Parlamento.
Parto dall'Agenda Monti. Essa si fonda su tre pilastri: rigore, crescita ed equità. Il Pag. 49rigore lo abbiamo conosciuto in questo anno difficile. Quando si è insediato, appena un anno fa, il Governo Monti, erano minacciate le tredicesime, erano minacciati gli stipendi, le banche erano in una crisi di liquidità che non consentiva più di fare credito.
Quindi, si trattava di un Governo di emergenza, che in venti giorni dovette fare una manovra correttiva molto apprezzata dall'Europa e dai mercati finanziari. È stato un duro anno di sacrifici per recuperare una credibilità a livello internazionale che oggi ci viene riconosciuta.
Quindi, il rigore in questo anno lo abbiamo conosciuto, e non soltanto perché si è aggiunto alle numerose manovre finanziarie che, al lordo, cifrano intorno ai 140 miliardi di euro, dal decreto-legge n. 112 del 2008 ad oggi. Chiaramente, tutti questi sacrifici si stanno sommando tra il 2012, il 2013 e il 2014, perché è chiaro che gli effetti li conosceremo soprattutto negli anni a venire.
Abbiamo assunto degli impegni internazionali che dobbiamo mantenere, a cominciare da quello interno del pareggio di bilancio dal 1o gennaio 2014 a quello dell'applicazione della riduzione di un ventesimo del debito pubblico sul PIL, stabilito dal fiscal compact.
Il contatore della spesa pubblica dovrà cominciare a girare in senso inverso rispetto a quello che abbiamo conosciuto fino ad oggi, quando, invece, girava verso l'alto. Era il tempo di pensare alla crescita e all'equità, anche perché il parametro dell'indebitamento e il parametro del debito pubblico sono misurati sul denominatore, cioè sul PIL.
Questo Paese è cresciuto molto meno della crescita della spesa. Qualche giorno fa vi è stata la meraviglia per il fatto che abbiamo raggiunto il tetto di 2 mila miliardi di debito pubblico, come se lo avesse creato il Governo Monti.
Il debito pubblico a 2 mila miliardi di euro è la registrazione dei meccanismi di spesa che hanno portato a questo livello, ma, appunto, con la fase di emergenza, questo Governo - sostenuto da un'ampia maggioranza - responsabilmente si è fatto carico di una situazione economica e finanziaria che non è, ovviamente, quella degli ultimi tre o quattro anni, ma il risultato di un lungo periodo della nostra storia in cui la spesa cresceva intorno al 2 per cento del PIL, quando, invece, la ricchezza nazionale, nella media degli ultimi dieci anni, è intorno allo 0,2 per cento. È chiaro che da questo saldo deriva il tetto dei citati 2 mila miliardi.
È chiaro che bisogna agire sul denominatore, oltre che sul numeratore, e il denominatore, appunto, è la crescita. Allora bisogna mettere in movimento tutti i meccanismi di efficientamento del nostro sistema economico perché si possa tornare a crescere. Quindi, da un lato, vi è la questione della fiducia del mondo intero, dei mercati finanziari, verso questo Paese che ha intrapreso una strada virtuosa e, dall'altro, perché questa fiducia vi sia, bisogna togliere tanti vizi che questo Paese, negli anni, ha assunto.
Da qui la necessità di riscrivere la manovra, come hanno ricordato i colleghi, onorevoli Brunetta e Baretta. La riscrittura della manovra, da un lato, tiene conto della crescita e, dall'altro, del terzo pilastro, quello relativo all'equità, che è forse il figlio povero, il pilastro debole, di questa Agenda Monti che abbiamo conosciuto durante quest'anno e che, proprio a conclusione di un anno di Governo, abbiamo voluto rafforzare diversamente da come l'aveva concepita il Governo. Non è una soluzione alternativa perché anche il Governo Monti, con la sua proposta di riduzione delle prime due aliquote IRPEF mirava a rafforzare il pilastro dell'equità. Abbiamo pensato, come maggioranza, di connotarlo diversamente.
È stata soltanto una lettura diversa dei bisogni di questo Paese dal lato dell'equità. Quindi abbiamo puntato sulla famiglia, sul lavoro e sull'impresa. Sulla famiglia e sul lavoro abbiamo voluto rafforzare la domanda, concentrando sulla famiglia con figli a carico le risorse previste dalla riduzione delle aliquote IRPEF, da una serie di deduzioni e detrazioni che venivano cancellate e da un'altra serie, come è stato elencato bene dai colleghi che mi Pag. 50hanno preceduto, di fattori di «spesa fiscale», lo dico tra virgolette. Abbiamo voluto fermare al 10 per cento l'IVA, quella intermedia che colpisce i beni a più largo consumo, quindi dando anche da questo punto di vista un sostegno indiretto alla famiglia. Abbiamo sostenuto il lavoro attraverso la detassazione del reddito da lavoro. Abbiamo voluto dare al prossimo confronto tra le parti sociali uno strumento per migliorare l'efficienza del nostro sistema produttivo, cercando di tornare a fare una politica industriale che in questi ultimi anni è mancata non solo per colpa della politica, ma anche per colpa di un mondo economico che forse nel passato si era convinto un po' troppo facilmente della bontà della speculazione finanziaria rispetto agli investimenti sull'impresa, fatto del quale oggi si pagano le conseguenze perché chi ha investito sull'innovazione, sulla ricerca e sulla qualità del prodotto ha un posto di riguardo nei mercati del commercio mondiale, mentre chi, invece, ha fatto speculazione finanziaria, forse con qualche derivato più «bacato» degli altri, si è trovato in mezzo ai guai. Ma tanto meritava, probabilmente.
Però rilanciare in qualche modo la produttività attraverso la defiscalizzazione del lavoro credo sia un segmento importante ma, come ha ricordato qualche tempo fa Luca Ricolfi, non è soltanto la componente lavoro quello che determina la competitività di un sistema economico di impresa, ma anche l'innovazione e la ricerca, quindi si tratta di qualità piuttosto che di riduzione del costo del lavoro.
Questo incide anche sul cuneo fiscale, riducendo appunto il costo del lavoro, insieme all'IRAP, lavoro, e quindi l'altra componente, l'impresa che, come è stato ricordato, dal 2014 in poi ha un fondo di circa un miliardo in modo permanente, che dovrebbe privilegiare da una parte, dal lato impresa, la riduzione del costo del lavoro - che si somma alla detassazione del salario di produttività - e, dall'altro lato, dovrebbe favorire anche, con l'aumento delle franchigie, un aumento dell'occupazione, che è il vero problema che abbiamo. Infatti, non basta sostenere i figli a carico delle famiglie, ma bisogna anche togliere il peso della disoccupazione di chi è precario ormai a 35-40 anni ed è costretto a convivere. Quindi, abbiamo un ammortizzatore formidabile nel nostro Paese che è la famiglia, e perciò la abbiamo voluta tutelare, non soltanto per motivi demografici, che pure contano, ma soprattutto perché abbiamo voluto dare ad essa un respiro che meritava dopo anni di sacrificio.
Ebbene, questa componente nel nostro lavoro e nella nostra impostazione, e cioè l'occupazione, non emerge in primo piano, ma è sottesa a tutti gli interventi che sono stati indicati, sia intervenendo sulla famiglia e sia perché è con la crescita che si crea occupazione (non si crea per legge).
In questo quadro, abbiamo voluto anche tutelare la questione che sta all'ordine del giorno della politica nazionale cioè quella degli esodati. Certamente noi non abbiamo risolto il problema degli esodati, ma abbiamo, per così dire, messo un altro mattone per fronteggiare una situazione che in qualche modo non ci fa dormire. Per chi si interessa di queste questioni, sia dal punto lavoristico sia dal punto di vista finanziario, si tratta di un dramma sociale che viviamo con grande ansia, anche perché sappiamo di doverlo coniugare con una situazione finanziaria che non ci consente, come vorremmo, di soddisfare tutte le questioni che ancora rimangono aperte. Tuttavia abbiamo messo in piedi un sistema di monitoraggio nell'affrontare questo problema che ci dovrebbe portare, diciamo, a meglio definire le risposte da parte dello Stato.
Quindi, il problema dell'occupazione lo abbiamo affrontato dal punto di vista del rafforzamento della domanda e dei consumi e dal punto di vista dell'export, perché potenziando il livello di competitività delle nostre imprese sappiamo di poter catturare i mercati esteri. E soprattutto con quell'IVA, che abbiamo lasciato al 22 per cento, dal 1o luglio 2013 sappiamo di favorire in qualche modo indirettamente le nostre imprese che esportano, perché tutti sanno che l'IVA si mette all'ingresso, ovvero alle importazioni, ma Pag. 51non alle esportazioni. Quindi, questo è un ulteriore elemento di rafforzamento della nostra bilancia commerciale. Attenzione: di questo abbiamo bisogno soprattutto perché il nostro sistema di piccole e medie imprese - alcune sono addirittura delle multinazionali tascabili - riescono, con la loro flessibilità, a conquistare nicchie di mercato e noi dobbiamo anche sostenerle, ancorché sappiamo che si reggono con le proprie gambe.
Ma questo rafforzamento ci crea una maggiore possibilità di allargare l'occupazione, riassorbendo i cassaintegrati e in qualche modo molta parte del precariato. Infatti, con la riforma Fornero si favorisce il lavoro a tempo indeterminato, che le circostanze però devono favorire. Questa è stata la filosofia che ha tenuto insieme tutti i tasselli che fanno parte di questa legge di stabilità. C'è quindi un'anima, c'è la politica, c'è una filosofia, non è soltanto un'operazione ragionieristica quella che è stata fatta e cioè di far riportare i conti. È stata una scelta meditata e consapevole, che ha trovato tre forze politiche di sensibilità e culture diverse, ma che sono state unite a tenere insieme tutti questi tasselli.
Per quanto riguarda la legge di bilancio, vorrei sottolineare alcuni aspetti importanti dell'innovazione che la legge n. 196 del 2009 di contabilità e finanza pubblica ha introdotto e, signor Presidente, se mi consente di consegnare la relazione scritta, che è molto più tecnica e molto più particolareggiata, vorrei fare alcune considerazioni di carattere politico a rafforzamento di quanto è scritto.

PRESIDENTE. La prego, proceda, onorevole Ciccanti.

AMEDEO CICCANTI, Relatore sul disegno di legge n. 5535-A. Innanzitutto mi preme rilevare come la riforma della legge di contabilità nazionale, così come modificata a seguito delle nuove regole comunitarie che hanno introdotto il cosiddetto Semestre europeo e la coerenza con il cosiddetto fiscal compact - che, come ricordavo, fissa alcuni obiettivi importanti che dovrebbero, nel giro di dieci anni, portare 2 mila miliardi dalle tasche dello Stato come dire alle tasche degli italiani, per ridurre dal 120 al 60 per cento il sistema della spesa pubblica, anche a causa dell'articolo 81 della Costituzione - si fa carico di questi obiettivi, e quindi il quadro di riferimento per la finanza pubblica che ne deriva sta cambiando radicalmente anche nel rapporto tra Governo e Parlamento.
A prescindere da come saranno definiti nella legge rinforzata di applicazione dell'articolo 81 della Costituzione, da approvare entro il prossimo mese di febbraio, il contenuto proprio della legge di bilancio e i criteri e le procedure per il rispetto della regola aurea dell'equilibrio tra le entrate e le spese e della sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni, le innovazioni e gli scenari che abbiamo dinanzi vedranno il Parlamento impegnato in una profonda revisione del proprio modo di esaminare e deliberare in ordine alle questioni di bilancio, non soltanto quindi in termini di volontà politica, come abbiamo ben manifestato in questa occasione, ma anche in termini procedurali. In base a una alla nuova cornice istituzionale, sarà il Parlamento a dover autorizzare, previa deliberazione a maggioranza assoluta, il ricorso all'indebitamento nel caso si verificassero eventi eccezionali, così come sarà, ancora più che oggi, prerogativa del Parlamento l'approvazione di una legge di bilancio che verosimilmente non avrà più natura meramente formale ma sarà a pieno titolo uno strumento di attuazione della politica economica, potendo non solo fotografare, ma anche incidere direttamente sulla legislazione vigente di spesa.
In questo senso va detto che le più recenti modifiche all'ordinamento contabile hanno in qualche modo anticipato una linea evolutiva del sistema delle decisioni di bilancio, avendo consentito la possibilità, entro certi limiti, di rimodulare gli stanziamenti iscritti a bilancio ancorché derivanti da autorizzazioni legislative di spesa. E tuttavia va rilevato come tali innovazioni, che in linea di principio sono funzionali a favorire, attraverso l'esame Pag. 52del bilancio, un processo di revisione e di riqualificazione della spesa pubblica, non sono state nella prassi parlamentare adeguatamente valorizzate. L'interesse parlamentare continua, infatti, a concentrarsi sulla legge di stabilità e sulle singole iniziative di spesa, non di rado settoriali, piuttosto che sul riesame sistematico del complesso delle missioni e dei programmi che costituiscono, lo ricordo, le nuove unità di voto parlamentari.
Ci troviamo di fronte dunque, almeno in parte, ad un'occasione mancata, nel senso che il Parlamento non ha saputo cogliere a pieno le potenzialità insite nella riforma della contabilità pubblica e nella nuova riclassificazione del bilancio per effettuare, in parallelo con il Governo e in rapporto dialettico con lo stesso, una analisi puntuale della spesa e delle sue determinanti. In questa prospettiva, la spending review - a mio avviso - avrebbe potuto essere avviata prima e con maggiore incisività se le Camere, a cominciare dalle singole Commissioni di merito, avessero assunto un ruolo più da protagonista, prendendo maggiore dimestichezza con i programmi di spesa di propria competenza e analizzando le diverse autorizzazioni di spesa, che ammontano a circa 17 mila. Ecco, è la prima volta che quest'anno si applica la legge n. 196 del 2009, non si poteva pretendere di più, però il nuovo Parlamento dovrà avere un ruolo molto diverso, perché sarà veramente il protagonista della gestione del bilancio attraverso la modifica degli stanziamenti tra programma e programma, scadendo la modifica tra missione e missione nel 2014, quindi potrà riscrivere interamente la manovra economica.
Concludo, Presidente, la ringrazio associandomi ai ringraziamenti che sono stati fatti agli uffici, che sono stati eccezionali, nessuno escluso, di quanti hanno collaborato in queste nottate, serate, giornate festive, con noi. Voglio ringraziare il Governo attraverso i sottosegretari che hanno partecipato alle riunioni, soprattutto il sottosegretario Polillo. Signor Presidente, in conclusione vorrei ringraziare i miei colleghi relatori che sono stati molto bravi, molto presenti, e soprattutto hanno avuto un carattere di grande cordialità e questo ci ha reso ancora più amici nel portare avanti questo difficile momento.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia relazione.

PRESIDENTE. Onorevole Ciccanti, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica. È iscritta a parlare l'onorevole Centemero. Ne ha facoltà.

ELENA CENTEMERO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo non solo sulla legge di stabilità, ma su una nuova legge di stabilità, una nuova legge modificata nel metodo, nella sostanza, mantenendo rigore e serietà, grazie all'azione congiunta delle forze e grazie alla forza con cui i due relatori, l'onorevole Brunetta e l'onorevole Baretta, hanno saputo intessere un disegno con cui le forze politiche nella Commissione che rappresento, la Commissione cultura, hanno saputo interagire per far sì che il Paese capisse che esiste ancora una buona politica, ossia una politica in grado di fare delle scelte ponendo delle priorità, mantenendo però rigore e serietà.
Interverrò solo su due temi e brevemente, due temi che stanno a cuore al Popolo della Libertà e sono, accanto chiaramente alle imprese, il tema della famiglia in cui per fortuna sono state salvaguardate detrazioni importanti per la famiglie, come quelle sugli asili nido, sui mutui, sulle spese per le scuole, il mantenimento dell'IVA al 10 per cento per beni di largo consumo come possono essere - appunto - carne, pesce, zucchero, ma sopratutto le medicine.
Abbiamo posto delle pietre miliari, due in particolare: la prima è il quoziente familiare, favorendo dunque le famiglie con più figli; la seconda, che è il motivo per cui intervengo in questa Aula, in questo consesso, è la parte relativa all'istruzione Pag. 53e alla scuola. Qui, grazie all'interazione delle forze politiche con il Governo, siamo riusciti ad abrogare una parte del disegno di legge di stabilità che prevedeva l'aumento dell'orario di insegnamento da 18 a 24 ore. Parlo di questo aspetto con orgoglio, ne parlo come pietra miliare: perché? Perché abbiamo posto all'attenzione di questo Paese un tema importante, quello del riconoscimento del lavoro di chi insegna ai nostri figli, di chi insegna a chi sarà destinato a guidare questo Paese, a guidare la società di questo Paese. Insegnare significa insegno, lasciare un segno, e permettetemi di dire che in Commissione cultura, in Commissione bilancio, qui, siamo riusciti a lasciare un segno, una traccia di buona politica.
Non vi nascondo che è necessario fermarsi a riflettere. Non si può mantenere lo status quo o lo status quo ante, ancora peggio. Bisogna pensare, da adesso in avanti, ad una seria riflessione sul tema della docenza che porti con sé due temi importanti, quello del precariato, ma, soprattutto, quello della valutazione. Investire nella formazione dei giovani è un dovere morale per questo Paese, ma non si può investire come è stato fatto fino ad oggi. Bisogna investire valutando, bisogna investire valorizzando le risorse migliori. Dobbiamo iniziare, e il prossimo Governo sarà chiamato proprio a questo. Dobbiamo iniziare una nuova fase di riflessione per lasciare un segno profondo, per essere anche noi insegnanti, lasciando un segno profondissimo in questo Paese. Se non si investe nella formazione, non si investe nel Paese, ma, soprattutto, non si investe nel cambiamento culturale, che è determinante per questo Paese e che questo Governo, il Governo Monti, in parte ha contribuito ad iniziare.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, signor Ministro, signor sottosegretario, colleghi, questo disegno di legge di stabilità dimostra una cosa, che il Governo tecnico ha fatto un lavoro che non è piaciuto a nessuno. Se si va a confrontare il testo iniziale con il testo finale emerge che, forse per la prima volta da non si sa quanti decenni, ci troviamo di fronte a una finanziaria, anche se oggi si chiama di stabilità, riscritta da capo a fondo.
Credo che non vi siano precedenti di un tale stravolgimento, ma le critiche erano così forti che i partiti della maggioranza del Governo, le opposizioni, le parti sociali, gli economisti, persino la Chiesa e larga parte della società civile hanno contestato le scelte del Governo tecnico. Potremmo anche dire che il Governo tecnico aveva fatto un tentativo, che è andato non proprio in porto, anche se parzialmente resta, che è quello di una manovra di svalutazione interna: più IVA da una parte, meno IRPEF dall'altra. L'effetto di una manovra di questo tipo è solitamente una svalutazione, sia pure contenuta nei limiti resi possibili oggi dall'appartenenza all'Unione europea. Aumento dell'IVA che comprimeva ulteriormente i consumi interni e taglio delle aliquote IRPEF che serviva a contenere la pressione salariale e, quindi, di fatto a diminuire in parte il costo del lavoro. E ciò con l'idea che un meccanismo di questo tipo potesse stimolare le esportazioni, facendola pagare però, in realtà, ancora una volta, ai ceti medi e, in particolare, alle fasce più deboli. Infatti, l'inflazione è la prima tassa sui lavoratori a reddito fisso e su questo non ci piove. Quindi, quella era la tassa che loro pagavano.
Quel tipo di manovra, così impostata, non è andata in porto, ma restano alcune considerazioni che sono quelle che mi accingo a fare. La prima è che questo Governo continua a fare una sorta di gioco delle tre carte, perché la cosa che bisogna dire è che sono riusciti quasi per intero a salvaguardare il fatto che i saldi non fossero minimamente toccati. Ma cosa vuol dire questo? Che prendono da una parte e spostano dall'altra, ma sempre dentro un perimetro, che è il perimetro di quelli che le tasse le pagano. E, allora, in realtà noi non andiamo mai a toccare ciò che va toccato, cioè di farla pagare a chi non paga e di farla pagare di più a chi ha Pag. 54di più. Questo mai è successo in quest'anno di manovre di questo Governo ed è questa la critica più profonda che noi possiamo fare perché non c'è mai stata una redistribuzione dei carichi fiscali a carico di coloro che, ripeto, di tasse ne pagano poche oppure hanno più sostanza e più patrimonio.
Allora, in questo senso diventa un gioco sempre all'interno delle stesse persone, ed è questo che non funziona, che non può funzionare. È questo che ci fa dire che delle famose tre parole d'ordine - rigore, equità e sviluppo -, finora continuiamo a vederne una sola, cioè il rigore. Non abbiamo visto l'equità, continuiamo a non vederla; di sviluppo non ne parliamo, perché, comunque, con quel tipo di impostazione, spostando sempre le carte, questi «mucchietti» all'interno del perimetro che ho detto, il risultato finale sarà sempre che non si determinano condizioni di sviluppo. Infatti, lo sviluppo vero è determinato da vere riduzioni di pressione fiscale, da una vera riduzione di pressione fiscale per i lavoratori e le famiglie, da una vera riduzione di pressione fiscale per le imprese. Finché non ci sarà una manovra di questo tipo, non potremo mai parlare né di manovra di sviluppo né di manovra di crescita. Infatti, l'ISTAT ci ha già detto: guardate che questa legge di stabilità non avrà un impatto, neanche dello «zero virgola», sulla crescita del PIL. Quindi, vuol dire che non ci sarà sviluppo.
A questo punto, voglio dire cosa ci resta. Ci resta che l'IVA non è stata cancellata: ripartirà un aumento dell'1 per cento, ma dal 1o luglio; le manovre di taglio delle tasse ci saranno, forse, ma a partire dal 2014. Ecco perché non ci sarà, comunque, alcun impatto sulla crescita: perché quel poco che ci sarà di riduzione del cuneo fiscale e di riduzione dell'IRAP, in parte alle imprese che occupano lavoratori e, in parte minore, alle imprese che occupano professionisti e lavoratori autonomi, che non hanno una vera organizzazione, ci sarà, ma a partire dal 2014. Quindi, nel frattempo, non vi sarà alcun effetto di sviluppo.
Quindi, aumento dell'IVA, manovra recessiva, aumento dei prezzi dei beni e riduzione ulteriore dei consumi, perché questo è classico, è scritto in tutti i manuali di economia, e così sarà anche questa volta: avremo, cioè, un effetto recessivo dall'aumento dei prezzi conseguente all'aumento dell'IVA.
Con riferimento agli esodati, si è realizzato un compromesso nel compromesso, che va ad aggiungere, forse, 10 mila persone, ma non introduce un sistema transitorio che valga per tutti, non risolve alla radice il problema. Anzi, c'è anche qualcuno che fa riferimento al vincolo del reddito superiore a 7.500 euro lordi: ma sapete cosa sono 7.500 euro lordi? Sono 600 euro al mese. Ebbene, chiunque abbia avuto un reddito superiore a 600 euro al mese, non potrà entrare nella categoria degli esodati salvaguardati ulteriori, cioè di questi ulteriori 10 mila soggetti che sono stati conteggiati. Tra l'altro, ieri, ho presentato sul tema un'interrogazione a risposta immediata, durante il question time, e non sappiamo ancora nemmeno quanti, in realtà, siano quelli precedenti, se è vero che ci saranno dei risparmi. Infatti, se non vi saranno risparmi tali da consentire di coprire queste ulteriori 10 mila persone - se saranno 10 mila -, qual è la clausola di salvaguardia che sono andati a prendere? Quella secondo cui pagano i pensionati. Ancora una volta, siamo sempre all'interno della stessa categoria: non ce la facciamo? Bene, chiediamo i soldi a quelli che prendono le pensioni! È questo che è inaccettabile, perché non ci può essere equità se continuiamo a lavorare sempre all'interno dello stesso «mucchietto», spostando un po' di soldi in qua e in là.
Dopodiché, si è detto: guardate, abbiamo fatto un intervento per le famiglie, perché abbiamo aumentato le detrazioni per i carichi di famiglia. E uno dice: almeno quello, almeno lì c'è un vantaggio per le fasce più deboli. Ma non è così. Vorrei che, magari, anche i relatori che sono in ascolto valutassero questa situazione: c'è una differenza fra la misura teorica delle detrazioni per carichi di famiglia e la misura reale. Pag. 55
Perché, a definire la misura reale del cosiddetto sconto, per le diverse tipologie di famiglia, sono l'origine del reddito, che cambia a seconda che si tratti di lavoro dipendente e di lavoro autonomo, e la presenza del diritto ad altre detrazioni e deduzioni. Infatti, molti dei destinatari di quegli sconti teorici, cioè i contribuenti che dichiarano fino a 15 mila euro, rischiano di vedersi azzerato ogni beneficio perché, spesso, già oggi non pagano l'imposta perché hanno diritto ad altre detrazioni, soprattutto se è reddito di lavoro dipendente. Quindi, quelli più deboli sotto i 15 mila euro rischiano di non avere nessun beneficio dall'aumento delle detrazioni per carichi di famiglia, perché le imposte non le pagavano prima, continueranno a non pagarle e non avranno nessun vantaggio diretto. Questo è il punto.
Per parlare degli effetti reali porto l'esempio di una famiglia con un bambino, in cui i due coniugi abbiano entrambi un reddito da 10 mila euro; già oggi, queste due persone, pagherebbero 200 euro di IRPEF a testa; è sufficiente che abbiano una detrazione aggiuntiva, come una spesa sanitaria, e l'imposta si va totalmente ad azzerare e insieme con questo, tramonta ogni beneficio legato anche all'aumento dello sconto per il figlio. È ovvio che ciò è più diffuso per i lavoratori dipendenti perché, in virtù della detrazione ad hoc, pagano meno IRPEF rispetto ad un lavoratore autonomo con lo stesso reddito dichiarato; però, sotto i 15 mila euro si concentrano i maggiori sconti teorici, il luogo, quindi, dove ci saranno meno benefici reali. I benefici reali si attesteranno ad un livello di reddito più alto ma comunque, siccome quei benefici si riducono man mano che aumenta il reddito, saranno benefici di poco conto. Ecco perché le misure non vanno mai viste come valore assoluto; si rischia di avere degli effetti controintuitivi quando si legifera senza avere la valutazione complessiva dell'impatto che quella legislazione ha poi in termini reali.
Potrei anche concludere ora, perché già questa affermazione dice che siamo in presenza di una legge di stabilità che non avrà gli effetti sperati per chi magari ha pensato che ci fosse un qualche cosa realmente a vantaggio delle famiglie. Rischia di non esserci per nulla per i motivi che ho detto; d'altronde, lo ribadisco, lo sviluppo c'è se c'è una riduzione della pressione fiscale; quella non c'è, quel poco che c'è è rimandato al 2014.
Non si è avuta neanche la capacità di immaginare quel meccanismo automatico che, quello sì, avrebbe avuto l'effetto di spostare il carico fiscale su chi non paga le tasse; quell'automatismo legato al calcolo annuale del recupero di evasione fiscale con immediata riduzione della pressione fiscale per quelli che le tasse le pagano. Invece si è voluto fare, ancora una volta, questo fondo che ha talmente tanti paletti perché è legato al pareggio di bilancio, perché è legato a tutta una serie di requisiti come la riduzione del rapporto tra debito e PIL, che, quindi, non avrà mai l'effetto sperato di andare a ridurre davvero la pressione fiscale; non ci riuscirà!
È lì che bisognava avere il coraggio di fare un'operazione che generasse un automatismo, quella sì, avrebbe avuto un effetto immediato, anche psicologico, nei confronti delle imprese e nei confronti dei consumatori. Infatti, un effetto di quel genere, da un lato, spingerebbe i consumatori ad avere un po' più di ottimismo e a spendere un po' di più, soprattutto quelli che sanno che è immediato l'effetto di riduzione della tassazione.
Dall'altro lato le imprese saprebbero che, esistendo l'automatismo, possono investire con la certezza di avere il vantaggio; le imprese, oggi, non fanno investimenti in attesa di futuri, ma incerti, non determinati e non sicuri effetti di riduzione fiscale; non la incorporano nei calcoli di convenienza economica che fanno sugli investimenti, così si fermano gli investimenti e così l'occupazione continuerà ad andare verso una riduzione, anzi, in realtà, verso un aumento della disoccupazione, e già sappiamo che andiamo oltre l'11 per cento.
Mi fermo qui; noi presenteremo una contro-legge di stabilità, una nostra contro-legge di stabilità basata su altri elementi, Pag. 56su altri calcoli, basata anche sull'idea che invece debba essere immediata la riduzione della pressione fiscale.
La presenteremo la prossima settimana. Quello è il nostro modo di confrontarci in maniera positiva. D'altronde, non è stata accettata nessuna delle nostre proposte emendative, ma va bene così: siamo un'opposizione. Presenteremo la nostra contro-legge di stabilità che vorrebbe avere l'idea e l'immagine di elementi che permettano davvero di dare crescita, sviluppo al Paese, senza il quale credo che continueremo ad avere recessione, e che quello 0,7 per cento, che qualcuno valuta già oltre l'1 per cento, rischia di essere anche la prospettiva per il prossimo anno 2013 (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Polledri. Ne ha facoltà.

MASSIMO POLLEDRI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, membri del Governo. Tanti auguri al Governo, che compie un anno, compie oggi il primo anno, e non so se sarà l'ultimo, perché, sottosegretario Polillo, mi sembrate un po' la sora Cecilia, che tutti la vogliono e nessuno se la piglia. Oggi sento Bersani - che dovrebbe contare ancora qualche cosina - dire: bene Monti, ma su equità e crescita serve di più, bisognava fare meglio. Addirittura ha detto: conosciamo le esigenze della politica rigorosa, ma pensavamo che non avremmo fatto le cose così su scuola, pensioni ed enti locali.
Mi sembra che il PD abbia dato un contributo importante con il collega Baretta, di cui riconosco la tenacia: non c'è stato un momento in cui ha mollato l'osso sul Governo. Tutto sommato, mi sembra una strana coppia quella dei relatori, ma una coppia che ha riportato un po' al centro la politica: il provvedimento è entrato in un modo e ne è uscito in un altro. Tuttavia, dicevo: tanti auguri! Noi vogliamo dare un po' i risultati al Paese, che ci sta ascoltando, del primo anno di Governo Monti, ricordando poi alcune frasi che il signor Monti aveva pronunciato.
Cominciamo dallo spread: nel novembre 2011, durante il famigerato Governo Berlusconi, era a 499 punti; ce l'hanno detto in varie salse, che il Governo è stato commissariato per quello, tranne poi aver preso la strada dei 500 punti anche con il Governo Monti. Ma si sa, indossando il loden i 500 punti si portano meglio e, forse, in Europa fanno meno scena.
Il rendimento dei BTP a dieci anni è ridotto, bene. Andiamo a vedere la disoccupazione: ahinoi un aumento ferale, dal 9,3 al 10,8 per cento. Il PIL, che a dicembre 2011, nella relazione al Parlamento, il Ministro dell'economia stimò, con una contrazione, allo 0,4 nel 2012 - e i professori di solito non ci beccano tanto, anche se su Grilli abbiamo l'opinione di una persona corretta -, adesso si attesta a meno 2,56: un bollettino di guerra. La produzione industriale si è ridotta del 5,07; i consumi delle famiglie sono depressi oggi, e sicuramente quello per ridurre l'aumento dell'IVA è stato un intervento sano, per tamponare, e noi l'abbiamo appoggiato. Ridurre i due aumenti delle aliquote IVA è stato positivo, anche se ne è rimasto uno; è rimasto quello sulle cooperative sociali, nonostante ci si sia avvicinati alla preda, per poter ridurre anche questo. Sicuramente le pressioni sono arrivate dalla cooperazione sociale, ma non si sono trovati i fondi ed è aumentato (4 per cento). Si sa che questo aumento lo pagheranno soprattutto i cittadini dei comuni, dove il comune non potrà più permettersi alcuni lussi che oggi vengono concessi.
Quindi, veniamo al deficit. Il rapporto deficit-PIL, a meno 2,50 con il piccolo... Governo Berlusconi, è a meno 2,8. Il rapporto debito-PIL era il 120 per cento, ora 126 per cento. Oggi ho visto un terribile sito depressivo che fa vedere l'aumento del debito in tempo reale. È qualche cosa di sconvolgente: i numeri continuano a girare in avanti. Abbiamo un debito pubblico di milioni: 1.916.401 milioni di euro, e siamo arrivati da 191 a 196.
La casa, le giovani famiglie. Mutui erogazione prima casa: meno 31 per cento Pag. 57l'anno scorso; ora meno 50 per cento. Prestiti alle imprese: c'erano 894 miliardi, ora 875. I prestiti alle famiglie si sono ridotti. Si chiude un'azienda al secondo, il nord continua a pagare e ha dei costi sociali. Milano è la capitale dei fallimenti. Ogni 10 mila attive c'è un numero di insolventi con un tasso di 27 aziende ogni 10 mila che vengono aperte. Milano è in testa con la percentuale di insolvenze. Colpito è soprattutto il terziario: 15 mila su 33 mila; penalizzate le imprese edili e le società manifatturiere.
Insomma, è vero che la crisi non è colpa del Primo Ministro Monti, è vero che la crisi forse non è stata assolutamente risolta dal Governo precedente, ma la diagnosi è assolutamente sbagliata. La diagnosi di questo Governo è stata assolutamente sbagliata, eppure un anno fa si parlava diversamente. Il Primo Ministro Monti faceva sfoggio di interviste. Secondo me qualche cosina la sapeva. Nell'agosto 2011, probabilmente, sapeva che poteva ricevere una telefonatina dal Quirinale. Un uccellino me lo dice.
Poveri ceti medi! 14 agosto 2011: «le misure adottate non hanno potuto essere studiate con il dovuto riguardo all'equità e gravano particolarmente sui ceti medi». 7 agosto 2011: (criticava il Ministro Tremonti) «nelle decisioni imposte dai mercati dell'Europa tendono a prevalere le ragioni della stabilità rispetto a quelle della crescita».
Il 3 luglio (rapporto deficit-PIL): «altrimenti un Governo può forse vincere la battaglia del numeratore, quella del deficit, ma a causa della rivincita del denominatore, è il Paese intero che perde. Il concetto dovrebbe essere alla portata anche dei non economisti». La battaglia del numeratore l'abbiamo persa 4 a 0. I numeri ci sono.
Domanda e offerta. 8 febbraio 2009. Si proclama il ritorno a Keynes, ma si esita a spingere in misura adeguata la domanda nell'unica fase degli ultimi anni Sessanta in cui ciò sarebbe veramente necessario. Si preferisce sostenere l'offerta, bloccando così il processo, con sussidi a settori e imprese. Cioè, bisognava sostenere l'offerta.
Infatti, la domanda l'ha sostenuta benissimo, mettendo - siamo a prima di questa manovra - una cinquantina di tasse. Come cinquanta tasse? Cinquanta tasse. Stiamo forse rimpiangendo Prodi. «Aridatece» Prodi, quasi quasi. Magari più pacioso, non ricordo se ce ne aveva messe 57 o 47, ma alla fine eravamo lì, almeno lo avevamo votato. Questo è arrivato...
I partiti che non sostengono la «sora Cecilia» incominciano a preoccuparsi. Giustamente Casini - fosse l'unico che lo difende - anche lui oggi lo bacchetta. Forse...È il compleanno, pensiamo se andasse avanti.
«La patrimoniale sarebbe stata meglio dell'IMU». Ahi ahi ahi: diciamolo al ceto medio, che si restringe, che se questo ritorna, appoggiato dal signor Casini, arriva la patrimoniale. Quindi, non è che toglie l'IMU: ci lascia l'IMU e ci rimette la patrimoniale, perché che lo voglia Bersani o che lo voglia Vendola, questo è evidente: dovevano piangere ieri i ricchi e piangeranno anche domani. Peccato che non ci siano quasi più ricchi.
Casini lo dice chiaramente: «Certo l'IMU... Avrei preferito la patrimoniale, perché l'IMU ha colpito il bene principale delle famiglie». Dove fosse Casini quando si votava, dove fosse Bersani quando si parlava di pensioni... oggi ha sconfessato la Ministra Fornero, la quale giustamente dice: «Ma come, ne ho parlato con lui». Hanno parlato anche di questa legge di stabilità che poi è uscita completamente cambiata, almeno negli assetti fondamentali. Lo dicevano con un certo orgoglio i relatori. Il sottosegretario Polillo ha sopportato con tenacia l'assalto della Commissione, ma comunque il testo, in qualche modo, è stato completamente modificato.
Poi lo andiamo a vedere, ma andiamo a fare ancora la giaculatoria sulle tasse, dolorosa ovviamente. Per quanto riguarda le rendite, sappiamo che l'IMU è aumentata fino al 60 per cento per i moltiplicatori previsti per i fabbricati. Per ciò che Pag. 58concerne l'IRPEF si è data la possibilità alle regioni di aumentare le addizionali dallo 0,9 all'1,23. Sugli immobili all'estero vi è l'imposta ordinaria sul valore delle abitazioni: l'abbiamo fatto slittare di un anno. Bollo sui conti: 1 per mille nel 2012, 1,5 per mille a partire dal 2013.
Dal prossimo anno grazie a Balduzzi, la «vecchiettina», che dovrà andare (sottosegretario noi siamo giovani e in salute, lei soprattutto, meno male: è il tennis che le fa bene ovviamente) a fare l'esame da 10 euro per la glicemia, non potrà tirare fuori il borsellino vuoto, ma il bancomat o la carta di credito perché tutto dovrà essere tracciato. In questo siete un pochettino comunisti, siete un po' appoggiati. Non è tanto bello dover seguire. Farà un po' fatica la «vecchiettina» a tirare fuori il bancomat, ma probabilmente è un possibile evasore anche la vecchietta e, come tale, deve essere punita pesantemente.
Poi vi sono: bollo sui conti ed estratti conto; tra l'altro mi sembra che forse una delle poche cose che sia in attivo siano le banche, ultimamente. Per fortuna mi sembra che i bilanci delle due principali banche siano tornati a crescere. Meno male, i ricchi piangeranno, le banche no. L'imposta sull'estero va benissimo. Siamo riusciti a mettere una tantum l'imposta sullo scudo. Sono state inserite anche la tassa sull'auto, la tassa sulla barca, la tassa sugli aerei, l'aumento delle accise della benzina (tra l'altro quando vi deciderete a darcele tutte per il terremoto dell'Emilia Romagna vi ringrazieremo), l'accisa del gasolio (già aumentata), l'accisa del GPL (più IVA, lo abbiamo visto) e la tassa dei rifiuti.
Non ci facciamo mancare niente: sulle pensioni continuiamo a rincorrere decine di migliaia di esodati. Ogni tanto ne spuntano altri da sopra e da sotto i tavoli, ne sistemiamo uno, arriva l'altro. Abbiamo fatto una riforma che alla fine è un continuo groviera. Anche gli autonomi separati sono aumentati. Vi è la tassa sul TFR e sulle pensioni d'oro, benissimo. Aumentano le accise sul tabacco trinciato, quindi il marito della «vecchiettina», che si fuma il trinciato, lo abbiamo castigato. Il canone RAI lo abbiamo già visto. I pedaggi sono aumentati grazie ai vari rincari. Per le bollette del gas, si è deciso il rincaro. Le bollette della luce sono aumentate, ovviamente.
Questo è il frutto del primo anno del Governo Monti, tanto che negli auguri tutti hanno fatto giurare. Addirittura mi sembra che ci sia La Russa con un'Ansa di oggi; da Alfano un impegno solenne: mai più Monti bis. Sembra anche che, da domani, si mettano a dieta e incomincino un'intensa attività fisica. Quindi, c'è un furore distruttivo nei confronti di questo Governo che, dopo il primo anno, viene lasciato lì.
Vorrei dire e ricordare alcune cose di questa legge di stabilità. Poi parleremo più seriamente di cosa ha fatto magari la Lega Nord e dei passi avanti che sono stati fatti. Anch'io voglio ricordare e ringraziare i relatori e la Commissione per l'intervento a favore delle zone alluvionate. Ieri mi sono permesso di ricordare che esiste ancora una parte del Paese terremotata e che ancora non ha certezze perché l'Europa ha sbloccato 600 milioni, ma c'è un'altra parte (9 miliardi) che hanno bisogno di essere messi in sicurezza. Vorrei ricordare anche che è tornata la politica, ma non sempre la politica migliore. La politica migliore non è quella che ha stanziato, per esempio, ancora 10 milioni di euro per il terremoto del Belice. Ma quando la finiamo? Quando finiamo di pagare per il terremoto del Belice? Stiamo parlando di 10 milioni di euro. Stiamo parlando di 10 milioni di euro, che sono tutti i soldi che abbiamo trovato per intervenire questa mattina alle 5,15 perché - checché se ne dica - i parlamentari svolgono il loro ruolo con coscienza. Ci sono persone del Governo, della maggioranza e dell'opposizione che sono state regolarmente qui, seguendo i lavori e facendo il proprio dovere. Alle 5,30 «lo strappo» dei relatori ha trovato dieci milioni per le Forze armate. Forse dieci milioni di euro per il Belice si potevano evitare; lo dico da leghista, e forse è facile dirlo da leghista, ma forse qualche licenza ce la potete concedere se, in qualche Pag. 59modo, gli abitanti della mia regione versano 2.500 euro in più tutti gli anni, se li versano e li offrono alla generosità di questo Paese. Non ci arriva mai nemmeno una cartolina; ci arrivasse almeno qualche volta una cartolina con un grazie, che ci comunichi che quei soldi sono andati, ad esempio, alla stabilizzazione di un posto di lavoro di qualche lavoratore socialmente utile della provincia di Napoli o di Palermo! Mandateci una cartolina. Tu, collega, sei un lombardo come me, e ne verserai circa 4 mila. Almeno una cartolina da un lavoratore socialmente utile della provincia di Napoli potremmo riceverla. Abbiamo previsto 110 milioni per l'anno 2013. Abbiamo ovviamente poi pagato qualche cosina anche a De Magistris, siamo riusciti a dargli - se non sbaglio - 159 milioni di euro. Il Governo si è impegnato a trovare risorse per il pagamento, ma qui abbiamo dei professori, responsabili di piccole e medie imprese, che la facevano facile quando c'era al Governo Berlusconi e dicevano che bisognava dare effettività al pagamento dei debiti della pubblica amministrazione.
E, a tal proposito, c'è un fiorire di norme che bloccano i pignoramenti. Ieri, il sottosegretario Polillo ha detto che non possiamo certamente farci sequestrare gli ospedali. Va bene...

GIANCARLO GIORGETTI. Non ha detto così! Ha detto che dopo non sappiamo a chi venderli!

MASSIMO POLLEDRI. Effettivamente, ci sono degli ospedali in alcune parti di questo Paese, a distanza di cinque chilometri, dove abbiamo due reparti di cardiologia e in un reparto di cardiologia non accettano gli infartuati. Allora, mi chiedo: perché teniamo aperto un reparto di cardiologia che non accetta gli infartuati? Però, ci sono almeno una cinquantina di cuochi per un centinaio di pazienti, «tutti tengono famiglia» e, quindi, teniamo questi reparti aperti. Abbiamo detto che, quindi, non si pignora niente in Calabria, né a Napoli.
E poi se, invece, non pagate i debiti ma, magari, li utilizzate per mantenere i livelli di offerta - e qui è la fregatura, ovviamente, perché i livelli di offerta li manteniamo -, non paghiamo i debiti, non rientriamo e continuiamo, in qualche modo, a spendere. Ma, siamo andati ancora avanti perché, oltre al Belice, vi è un altro carrozzone sull'acqua, in Puglia, e anche su questo tutti gli anni andiamo avanti e aspettiamo ancora un anno prima di pagare, aspettiamo ancora un anno prima di chiuderlo e, così via, continuiamo ad andare avanti.
Seriamente, la manovra è cambiata, hanno ragione i due relatori, ne sono stati cambiati degli aspetti macroscopici; ma vorrei sapere come avevano fatto ad entrarci certe misure. Come avevano fatto ad entrarci? In un Governo politico non sarebbe mai stata introdotta la cattiveria di andare a prendere i 400 euro delle ultime pensionate, le «vecchiette di guerra», perché è evidente che era una misura inumana, politicamente scorrettissima, un qualche cosa di incredibile. Ci siamo commossi quando abbiamo visto ancora questa gente, perché ce ne sono ancora vivi e, insomma, vi è ancora gente che resiste, magari cieca per via della guerra, per via degli ordigni, e che viene a chiedere di essere lasciata stare, di non essere tassata, perché sono misure che umanamente è difficile concepire. Non voglio neanche agitare lo spettro di questa cosa. Un Governo politico non lo avrebbe fatto, un Governo politico non l'avrebbe fatto!
Di fatto, però, la manovra è entrata in Commissione in un modo ed è uscita in un altro, con questo combinato disposto dei due relatori che si sono accettati, in qualche modo, e hanno fatto delle concessioni. Di sicuro, il collega Brunetta non avrebbe accettato l'ennesima misura in qualche modo a favore dei patronati. Fosse stato per lui, il patronato oggi avrebbe ricevuto un colpo di scure mentre, invece, al patronato è stato concesso ancora di potere rimanere.
Tra l'altro, vorrei sapere, giustamente, quando ci decidiamo a chiedere i bilanci anche ai sindacati, alle associazioni datoriali e ad altri. Giustamente, i partiti Pag. 60hanno necessità di trasparenza. Ora, non è che io voglia chiedere lo scontrino del panino che la CGIL ha offerto a quelli che sono venuti a manifestare qua fuori e, magari, controllare se hanno pagato tutte le fatture relative ai signori che vengono a intrattenerci il 1o maggio (panem et circenses). Non è che voglio questo, ma un minimo. Un minimo! Magari, li pubblichiamo anche su Internet. Magari, vediamo dove vanno a finire quei soldi. Magari, cominciamo a dire che, forse, qualche distacco sindacale in meno si potrebbe anche fare. Potremmo anche arrivare a queste punte incredibili!
Però, lo ripeto, è arrivata, in qualche modo, una manovra nata con un'impronta fiscale di un tipo e poi è andata a finire in un altro modo. Roba incredibile, con le franchigie di 250 euro sugli oneri deducibili e il tetto di 3 mila euro sugli oneri detraibili. Così non si poteva più fare il mutuo. Poi, l'aumento delle aliquote IVA e la Tobin tax che, come sappiamo, dovrà essere rivista al Senato. Non c'era il cuneo fiscale, non c'era la riduzione dell'IRAP. La Lega ha fatto le sue proposte: riduceva l'IRAP nel 2013, soprattutto per le piccole e medie imprese, posticipando l'aumento delle aliquote IRAP e mantenendo la riduzione delle aliquote IRPEF.
Ma, questo è stato cambiato, e l'abbiamo già visto. Via la riduzione dell'IRPEF, l'aumento dell'IVA e altre misure, di cui abbiamo detto. È buona la detrazione per i figli. Abbiamo sempre rimproverato al Ministro Tremonti di non aver fatto del quoziente familiare un punto fondamentale della battaglia. Anche noi avevamo presentato emendamenti in questo senso. Ci rimane un dubbio, però, e ieri non l'abbiamo chiarito. Non ci sono gli incapienti - va bene - e, quindi, a un soggetto che non guadagna nulla viene attribuito.
È giusto intervenire con l'aumento delle detrazioni familiari, ma io vorrei sapere: se questa detrazione vale per il figlio del signor Brambilla o per il figlio del signor Calogero, che abita a Milano o in Sicilia, va bene, ma perché il figlio del signor Abdul, che abita e risiede in Marocco, deve essere pagato con i soldi del cittadino italiano? Se il figlio del signor Ahmed viene qui e risiede in Italia è un conto, ma se risiede là non si capisce. Su questo il Governo non solo non ci ha detto niente, ma non ci ha dato sicurezze. Ricordiamo che c'è già stato lo scandalo delle pensioni erogate dall'INPS a persone, anziani, pseudoparenti autocertificati, figuratevi se andiamo a prendere un certificato del Marocco o della Tunisia. Arrivano, hanno un parente disabile a vattelapesca e noi li paghiamo a piè di lista, salvo poi andare a chiedere 12 euro di rimborso alla vecchiettina, che magari erano stati dati dall'INPS in questo modo. Allora questo dobbiamo dirlo, dobbiamo dire se questo è un Paese che si può permettere - come ci è giunto all'orecchio l'altro giorno - di dare 1500 euro per il rimpatrio di quelli rientranti nell'emergenza profughi. Vuoi tornare a casa tua? Ti pago il biglietto e ti do anche 1500 euro. Oggi, in tempi di vacche magre, questo non è più possibile.
Quindi per concludere, rivolgo gli auguri - glieli facciamo noi, non glieli fa nessuno - al Governo tecnico. Ha sbagliato la diagnosi, ha sbagliato la terapia, ci ha resi più poveri economicamente, ma questo possiamo anche sopportarlo. Ci ha reso meno liberi perché, grazie alle varie campagne e ai vari interventi, oggi noi dipendiamo completamente dalla Francia e dalla Germania. Siamo ormai in qualche modo sudditi di un'Europa non eletta, ma che sicuramente non fa l'interesse nazionale. Siamo più poveri nell'identità, perché ci hanno cancellato le province: oggi uno di Pisa viene messo insieme ad uno di Livorno, uno di Grosseto viene messo insieme ad uno di Pisa, di Parma o di Piacenza. Non si capisce. E questo è parte di un progetto: la riduzione del ceto medio. Il ceto medio soffre e si riduce e se ne riduce anche l'identità. Queste sono le due spine che in qualche modo stanno affossando il centrodestra. Siamo sudditi dell'Europa. Non voglio citare l'ex ministro Brunetta, che ha sempre molto criticato la nostra politica europea, sostenendo giustamente che dovevamo tornare in qualche modo a stampare moneta, come hanno fatto altri, e avere la sovranità monetaria, Pag. 61oppure difenderci tramite la BCE. Questo non è stato fatto, ma la medicina amara, che sta facendo morire il paziente Paese, sta facendo morire soprattutto il centrodestra. Questo lo dico ai colleghi, perché non vorrei svegliarmi nella prossima legislatura e ritrovarmi un Governo Bersani-Vendola, che non vorrei mai vedere (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Rubinato. Ne ha facoltà.

SIMONETTA RUBINATO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevoli rappresentanti del Governo, l'esame del disegno di legge di stabilità e di bilancio per il 2013, avvengono ad un anno dall'insediamento del Governo guidato dal presidente Monti, ed è l'occasione per considerare il punto di partenza, i risultati del lavoro svolto e le scelte di politica economica prospettate nel provvedimento per il futuro. Come ha rilevato un autorevole commentatore, bisogna partire dalla credibilità riconquistata in Europa, nel mondo e sui mercati. Oggi l'Italia, grazie soprattutto ai sacrifici dei cittadini, come ricorda sempre il presidente Monti, non è più la pecora nera d'Europa, e la riconquistata fiducia si è tradotta in un ritorno alla sostenibilità, anche se non ancora alla normalità, dei tassi di interesse sui titoli di Stato.
Stabilità finanziaria e credibilità sono un vero e proprio dividendo, come è stato definito, del rigore che il Governo del Presidente Monti ha riportato nella gestione della cosa pubblica e noi pensiamo che dobbiamo essergliene grati, come pure dell'esito positivo del vertice del 28 e 29 giugno, che ha fatto, poi, da base alla svolta impressa da Mario Draghi alla politica della BCE, oltre che per aver convinto anche i Paesi più rigidi a dare più spazio nell'Unione europea a politiche di sviluppo e solidarietà tra Stati.
Tuttavia, ad un anno, l'Italia resta uno dei Paesi più esposti sul fronte della crisi per la recessione profonda in cui è caduta l'economia reale. La cura del pareggio anticipato ha costretto l'Italia ad un giro di vite fiscale che ha provocato in soli nove mesi la caduta del 3,2 per cento dei consumi, l'aumento di 2,1 punti nel tasso di disoccupazione (mentre la produzione industriale continua a contrarsi) e l'incremento di ben 6,2 punti nel rapporto debito/PIL.
Siamo di fronte ad un possibile effetto paradosso del risanamento dei conti pubblici, che, provocando la recessione in atto, ha peggiorato i fondamentali dell'economia reale, i quali, se non migliorano rapidamente, rischiano di creare una spirale negativa, che metterà a repentaglio gli stessi risultati raggiunti sul fronte del rigore del bilancio.
Per questo occorre puntare, da qui in avanti, con più forza su azioni di aumento della competitività e della capacità di crescita del Paese, convincendo nel contempo - qui può fare molto il Presidente Monti - i mercati e l'Unione europea che troppa austerità fa male non solo all'Italia, ma anche all'economia europea, e che dunque è necessario rinegoziare una strategia fiscale per l'Italia che, senza abbandonare il rigore nei conti pubblici, consenta di attuare quegli investimenti in infrastrutture, ai fini, soprattutto, di innovazione delle reti fisiche ed immateriali del Paese, che sono necessari perché non perdiamo ulteriore competitività, oltre ad alleviare il carico fiscale su famiglie e imprese.
Vorrei ricordare qualche dato: nel settore delle opere pubbliche il Paese ha subito, secondo i dati dell'ANCE, dal 2005 ad oggi, una flessione del 44,7 per cento; praticamente, il dimezzamento. Se poi il confronto viene fatto sull'anno 1990, la riduzione delle risorse per nuove infrastrutture è stata del 70 per cento. Basta questo dato per spiegare la perdita drammatica di competitività del nostro Paese rispetto ai primi compagni di classe nell'Unione europea. È un segnale confortante, quindi, che in questo disegno di legge di stabilità le risorse destinate a questo fine registrino un aumento di oltre il 17 per cento in termini reali rispetto al 2012, ma occorre fare molto di più. Pag. 62
Vanno menzionati e, credo, ricordati, sotto questo profilo, i 250 milioni stanziati questa notte, su proposta dei relatori, per interventi in conto capitale a favore di regioni e comuni colpiti questo mese dalle alluvioni, che si aggiungono ai 40 milioni stanziati per le calamità naturali degli ultimi anni. Sono tutti interventi in conto capitale, importanti e, tuttavia, non sufficienti, drammaticamente non sufficienti; quindi, bisogna fare ancora di più su questo fronte, intervenendo, in particolare, sul Patto di stabilità interno, che limita in modo drammatico e assurdo la capacità di investimento degli enti locali. Su questo tema tornerò, però, in conclusione.
Con riferimento alla parte fiscale, la manovra è stata radicalmente riscritta dai relatori e dalla Commissione con la piena disponibilità del Governo, raccogliendo le preoccupazioni emerse nel corso delle audizioni sulle ricadute in termini di ulteriore penalizzazione dei consumi e di svantaggio per le famiglie con figli e, con riferimento ad una manovra fiscale implicante trasformazioni ed innovazioni di grande portata, sulla necessità di una più attenta analisi dei relativi costi-benefici e di una più accurata verifica degli effetti attesi di natura redistributiva sollevati dalla Corte dei conti.
Per cui, la scelta iniziale del Governo, «più IVA e meno in IRPEF», è stata corretta sostanzialmente e, a nostro avviso, in modo più equo, eliminando anche la retroattività di norme fiscali in materia di oneri detraibili e deducibili estremamente penalizzanti per i contribuenti, oltre che in violazione dello statuto del contribuente. Una menzione particolare merita l'aumento delle detrazioni per i figli a carico, in particolare se portatori di handicap.
La riduzione delle aliquote IRPEF è stata così rinviata ad un più meditato intervento di riordino strutturale della fiscalità e, a tal fine, è stato costituito un fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale a favore di imprese e famiglie, a cui affluiranno i risultati strutturali della lotta all'evasione fiscale e contributiva e il risparmio della spesa effettiva per interessi sul debito.
Con riferimento al tema delle famiglie, oltre alla estremamente positiva destinazione di 500 milioni al sociale, vorrei ricordare ed esprimere qui la soddisfazione e il ringraziamento ai relatori per avere accolto la mia proposto di emendare il testo dell'articolo 8, comma 17, per rendere effettivo il finanziamento dei 223 milioni assegnati alle scuole paritarie non statali e comunali, evitando, così, il rischio che il 40 per cento dei bambini del nostro Paese dai 3 ai 6 anni il prossimo anno rimanga a casa.
Per come era scritta infatti la norma, le somme stanziate non erano concretamente utilizzabili essendo, all'interno dei limiti del Patto di stabilità delle regioni, già fortemente penalizzate dalla manovra, mettendo a rischio la continuità di un servizio pubblico erogato, appunto, da queste scuole, tra l'altro con un notevole risparmio nel bilancio dello Stato perché in queste realtà non è costretto, ovviamente, a caricarsi del costo maggiore del servizio statale della scuola dell'infanzia.
Poiché l'esame in Commissione dei molti, importanti ed urgenti problemi dell'economia del Paese non è stato facile, né breve, alcune rilevanti questioni già presenti nel testo iniziale non sono state trattate e dovranno essere sviluppate e trasformate in un'opportunità di crescita sostenibile per l'intero Paese nel seguito della manovra o nei provvedimenti di sviluppo già all'esame del Parlamento. Mi riferisco, in particolare, al tema del risparmio energetico riferito alla pubblica illuminazione. Sono stati soppressi i commi 25 e 26 dell'articolo 7. Nella sede competente, come ha rilevato il relatore Baretta, credo sia molto importante svolgere quanto prima una riflessione su questo tema perché un efficientamento ed una razionalizzazione della pubblica illuminazione potrebbero dare davvero importanti risultati in termini non di spegnimento delle luci, ma di riduzione dei consumi e di miglioramento del servizio ai cittadini attraverso innovazioni tecnologiche e finanziarie, Pag. 63un esempio di green economy che è possibile realizzare subito, con importanti ricadute sull'occupazione e sull'economia del Paese.
Infine, un tema rilevantissimo su cui non siamo riusciti - ed è un mio profondo rammarico - ad intervenire è quello del Patto di stabilità degli enti territoriali, che viene ulteriormente e pesantemente inasprito da questo disegno di legge di stabilità. Ricordo solo due dati. Le regioni, a partire dal decreto-legge n. 78 del 2010, subiscono una manovra a loro carico che ammonterà, al 2013, a 8,1 miliardi di euro, mentre gli enti locali hanno una manovra a loro carico, sempre a partire dal decreto-legge citato, sommando gli effetti con il provvedimento che ci apprestiamo ad approvare, di 10 miliardi e 950 milioni di euro.
Questo disegno di legge si inserisce, da questo punto di vista, all'interno della lunga serie di atti normativi in materia di enti territoriali, per lo più decreti-legge, adottati nel corso della crisi e intensificatisi nel 2011 e 2012, contenenti sia disposizioni di carattere istituzionale, sia, soprattutto, misure di tipo finanziario, che hanno creato una situazione che il costituzionalista Mangiameli ha definito di «stagnazione istituzionale che sta determinando una disfunzione del sistema repubblicano». Una legislazione nazionale improntata alla ricentralizzazione dei poteri e alla realizzazione dell'uniformità legislativa, priva di una sostanziale prospettiva istituzionale di vero cambiamento perché effettuata attraverso tagli lineari e aumento dell'imposizione, senza la previsione di misure forti a favore della crescita, anche valorizzando a tal fine i nostri enti locali, e ciò in contrasto con i principi fondamentali della nostra Costituzione in tema di riconoscimento e promozione delle autonomie locali.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Rubinato.

SIMONETTA RUBINATO. Credo sia profondamente sbagliata questa visione centralistica che considera regioni ed autonomie locali un problema della politica fiscale e del bilancio, da ridurre al minimo con l'idea di fondo che rappresentino uno spreco di risorse finanziarie da eliminare, senza alcuna considerazione - mi avvio alla conclusione - delle conseguenze sui cittadini e sui territori destinatari dei servizi erogati e, soprattutto, senza distinguere tra enti che hanno esercitato la loro autonomia con responsabilità e chi, invece, non l'ha fatto.
Concludo davvero con un umile e pressante appello al Governo ad aprire una riflessione con il Parlamento sull'utilità di prospettare in Italia, in risposta alla crisi, una risposta meno contraddittoria dal punto di vista interno, sia con riferimento alla situazione finanziaria, sia a quella costituzionale, mediante il completamento, al contrario di quanto fatto sino ad ora, del decentramento funzionale e responsabile a favore delle regioni e delle autonomie locali sull'esempio degli altri Paesi europei che sono, da questo punto di vista, molto più avanti e per questo, forse, anche molto più forti di noi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cambursano. Ne ha facoltà.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente Buttiglione, Ministro Giarda, sottosegretario e colleghi, avevo in mente di aggiungere alcune considerazioni personali a quanto detto dai tre relatori, ma il poco tempo a mia disposizione mi induce a chiederle di consegnare il testo scritto del mio intervento e di utilizzare questi pochi minuti per riflettere ad alta voce su quanto è successo ieri.
Mentre noi stavamo in Commissione a discutere ed a migliorare la legge di stabilità, le vie di Roma, di Milano, della mia Torino - dove il palazzo della provincia è stato preso d'assalto - e di altre città sono state teatro di manifestazioni e scontri. Fuori stava succedendo il finimondo, in Italia e in mezza Europa. Ora mi chiedo: ho fatto tutto il mio dovere? Forse sì o forse no?
Un Ministro ieri ha scaricato le responsabilità sui partiti. Ma esistono ancora? Pag. 64Forse. Certamente abbiamo delle grosse responsabilità su quanto fatto e soprattutto su quanto non abbiamo fatto nei quattro anni alle nostre spalle.
Il demagogo supremo dal suo mitico blog si rivolgeva ai soldati ed ai poliziotti: soldato blu, non ti senti preso in giro a non schierarti con i cittadini? Togliti il casco e abbraccia chi protesta, cammina al suo fianco.
Il Viminale commentava quanto accaduto con queste parole: ieri era la prova generale per cortei ancora più violenti. La rabbia di chi protesta si confonde con quella degli agenti costretti a turni massacranti. E noi discutevamo se e quanto concedere in termini di turn over, se e quanto denaro metterci (quattro baiocchi).
Il problema è anche quello di garantire ordine, sicurezza e rispetto delle leggi con mezzi e uomini adeguati. Ma il vero problema è: la stiamo salvando l'Italia o la stiamo affossando? Ieri il Commissario Rehn ha chiesto nuovi tagli. Che si fa? Si accetta un'ulteriore stretta?
Qui non si tratta solo di cessione di sovranità, ma di arretramento e di negazione della democrazia dei popoli. È tutta l'Europa che bolle, soprattutto quella del sud. L'Europa non nasconda ancora una volta la testa sotto la sabbia. Fonti insospettabili, quale lo stesso Fondo monetario internazionale, ci dicono che oggi i famosi moltiplicatori determinano un rapporto superiore a 2 dell'incidenza dei tagli rispetto al PIL.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Cambursano.

RENATO CAMBURSANO. Ecco perché abbiamo fatto bene - e concludo - a scrivere un diverso disegno di legge di stabilità, ma tutto questo purtroppo non basterà. L'aumento delle tensioni sociali e politiche raggiungerà soglie intollerabili dalle quali i valori fondanti della nostra civiltà europea non usciranno vincenti.
Europa, se ci sei, batti un colpo (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico)!
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Cambursano, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Nicco. Ne ha facoltà.

ROBERTO ROLANDO NICCO. Signor Presidente, in due minuti svolgo solo qualche considerazione di ordine generale.
Come minoranze linguistiche, nel novembre 2011, accogliendo le sollecitazioni del Presidente Napolitano, abbiamo dato il nostro voto di fiducia al Governo.
Ne abbiamo poi valutato nel merito l'azione, apprezzando in particolare il recupero di credibilità internazionale, frutto dell'intensa ed efficace iniziativa del Presidente Monti, ed esprimendo tuttavia, di volta in volta, le nostre perplessità sui decreti e sui disegni di legge sottoposti all'esame delle Camere.
Tra i punti critici richiamo, in particolare, la riforma delle pensioni pervicacemente voluta dal Ministro Fornero, che è andata ad incidere pesantemente sulla carne viva di milioni di italiani. In merito, nel giugno scorso, in quest'Aula abbiamo sentito esprimere forti e motivate critiche da parte dei due più autorevoli esponenti in materia di PD e PdL, gli onorevoli Damiano e Cazzola, che hanno chiesto, il primo, «di tornare alle quote di anzianità», il secondo di «assicurare un adeguato periodo di transizione». Ma il Ministro Fornero ha mantenuto il suo atteggiamento cocciutamente negativo che ha prodotto il frutto avvelenato della questione esodati, di cui molto si è discusso proprio in questa legge di stabilità.
Signor Presidente, è la tanto decantata equità che continua a mancare nel Paese. Permangono situazioni che risultano offensive per il cittadino comune. Recentemente abbiamo letto che il compenso degli amministratori delegati degli 11 principali gruppi bancari italiani ha subito un incremento del 36 per cento dal 2010 e che Fondiaria SAI ha pagato una buonuscita di 3,6 milioni di euro all'ex direttore Pag. 65generale in occasione della sua uscita dal gruppo assicurativo in cui operava, non da 42 anni, ma dal maggio 2011. È scandaloso ed inaccettabile.
C'è poi un'altra questione che ci preoccupa particolarmente in quanto rappresentanti di territori autonomi, Valle d'Aosta e provincia di Bolzano.
La leale collaborazione tra diversi livelli istituzionali dovrebbe essere una bussola costante per l'azione del Governo, specie quando si tratta di assumere decisioni difficili e onerose per i cittadini. A noi pare che questo Governo si muova invece con logiche del tutto diverse improntate ad un neocentralismo tecnocratico ed economicistico che respingiamo con fermezza e su cui chiediamo di mutare radicalmente rotta.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Di Biagio. Ne ha facoltà.

ALDO DI BIAGIO. Signor Presidente, finalmente siamo riusciti a condurre in questa Aula il provvedimento di stabilità, complesso e discusso, oggetto di svariate verifiche, che hanno trattenuto la Commissione bilancio impegnata fino alle prime ore del giorno. Un segnale questo che mi permetto di definire come una esperienza di buona azione politica, perché dinanzi ad un impegno nei confronti del Paese è ancora possibile uscire dalla trincea e lavorare seriamente. Questa non è soltanto un'osservazione di quanto si è verificato in queste ore di intenso lavoro presso le Commissioni, ma è anche e soprattutto un auspicio, l'auspicio di vedere la politica finalmente e definitivamente al servizio del Paese. Voglio pertanto rivolgere un ringraziamento ai colleghi che sono stati attivi protagonisti di queste ore di lavoro: ai due relatori che hanno dimostrato professionalità e sensibilità, al presidente della Commissione bilancio, al Governo, al sottosegretario Polillo. Sicuramente questo provvedimento ha l'ambizione di essere uno strumento attraverso cui agire per il bene del Paese e attraverso il quale costruire le basi per il suo futuro, andando anche a scardinare quelle impalcature normative e finanziarie che, sull'onda della spending review, hanno penalizzato alcuni comparti operativi strategici del sistema Paese. Quindi, possiamo quasi considerare questa legge un secondo tempo, una fase di recupero, ovviamente parziale, rispetto all'eccesso di sobrietà che ha caratterizzato la manovra di luglio. Ovviamente, non possiamo considerarla come un prodotto ottimale - lo dico senza mezzi termini - o come un successo di ingegneria normativa e istituzionale, considerando che molti nodi restano ancora da sciogliere, come l'esigenza di chiarezza sui fondi dei dovuti riconoscimenti ai lavoratori cosiddetti esodati o come le questioni la cui trattazione è stata differita al Senato. È il caso, ad esempio, delle esenzioni IRPEF per le reversibilità degli indennizzi agli invalidi di guerra. Ricordiamo che in origine il provvedimento prevedeva l'assoggettabilità all'IRPEF di tutte le pensioni di guerra - parliamo di quelle spettanti ai nostri militari rientrati dalle missioni di pace oltre che di quelle dei reduci del secondo conflitto mondiale - e su quel fronte abbiamo ottenuto già un primo riconoscimento, restando però aperto il nodo della reversibilità sul quale però c'è stato stanotte in Commissione - come è stato riportato dai media - l'impegno del Presidente Monti a trovare la coperture al Senato. Tutto questo è stato possibile anche grazie all'autorevole intervento del Presidente Fini. Al di là dei nodi ancora da sciogliere, questo provvedimento è stato oggetto di un ampio ragionamento e di una lunga e condivisa riflessione su temi complessi, in merito ai quali appariva ed appare urgente trovare delle soluzioni o quanto meno delle risposte da dare ai cittadini italiani, in una congiuntura economica complessa che miete sempre più vittime e che sta mettendo in ginocchio una parte dell'economia sana del nostro Paese.
L'impalcatura di questo provvedimento vuole ruotare intorno ad alcuni capisaldi o almeno tenta di valorizzarli - famiglia, lavoro e crescita - ed ha di certo provato a mettere al centro dell'intervento la politica delle famiglie. L'approvazione del Pag. 66l'emendamento che ha incrementato le detrazioni IRPEF dal 2013 rappresenta un passo in avanti in questa direzione. Esso prevede che l'importo base della detrazione per i figli passi dagli attuali 800 a 980 euro. Si tratta di un vantaggio proporzionato sia al numero del nucleo familiare sia al livello del reddito, come è giusto che sia.
Si è voluto andare dunque nella direzione di dare sostegno alle famiglie italiane in un momento di crisi, rimettendo in moto adeguati strumenti necessari per dare respiro alle famiglie. È in questo scenario che si inserisce anche l'emendamento che abbiamo letteralmente strappato con i denti in Commissione questa notte e che prevede il riconoscimento anche per l'anno 2013 delle detrazioni per i carichi di famiglia per gli italiani residenti all'estero che hanno reddito in Italia. Malgrado le premesse, certamente non rosee, abbiamo avviato un confronto con i relatori ed il Governo per consentire il riconoscimento di questo beneficio anche per quest'anno, anche per una questione di coerenza e di inderogabile uguaglianza rispetto a quanto già introdotto con l'emendamento sull'ampliamento della base delle detrazioni in Italia. Appare anche importante evidenziare che da parte del Governo e della Commissione vi è stata una non trascurabile attenzione nei confronti degli eventi che hanno scosso l'Italia in questi ultimi giorni.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 17,05).

ALDO DI BIAGIO. In questo scenario, ritengo che sia da considerare come un enorme passo in avanti l'emendamento approvato nella seduta notturna della Commissione bilancio che stanzia 250 milioni in favore dei comuni e delle regioni colpite dall'alluvione dei giorni scorsi. Un segnale di responsabilità e dignità nei confronti di una terra che è in ginocchio in questo momento, un risultato significativo che dimostra che dinanzi alla tutela del territorio non ci sono e non ci devono essere deroghe, e tutto questo è stato possibile anche grazie alla apertura del Governo malgrado le premesse non proprio promettenti. Queste risorse ci auguriamo che possano anche ampliare la capacità del Piano per la prevenzione del dissesto idrogeologico che il Ministro Clini presenterà nei prossimi giorni al Comitato interministeriale per la programmazione economica. La discussione e le risultanze di essa hanno riportato l'attenzione su un tema complesso come quello dell'assenza di un quadro normativo fluido che consenta, ad esempio, alle regioni di intervenire in maniera diretta in caso di emergenza.
Un significativo passo in avanti è stato fatto anche sul versante dello sblocco del turnover alle assunzioni del comparto sicurezza e difesa. L'emendamento approvato questa notte dalla Commissione prevede di rivedere i limiti, secondo noi inaccettabili, imposti dalla spending review alla capacità assunzionale dei Ministeri coinvolti. Ovviamente questo voleva dire infliggere un colpo mortale all'intero sistema di sicurezza di presidio del territorio in Italia, un comparto già enormemente vessato dalle precedenti politiche finanziarie, non proprio lungimiranti, lasciatemelo dire. L'emendamento approvato ricalca le richieste espresse in questa Aula da tutti i gruppi nell'ambito di mozioni presentate al Governo su questa materia, e ha dato la possibilità di rivedere il concetto di austerità da parte del Governo.
A mio parere, il Governo potrebbe dare un segnale di reale razionalizzazione attraverso l'integrazione di personale che già è in graduatoria nei concorsi effettuati negli ultimi anni. Abbiamo più volte parlato della cosiddetta seconda aliquota della Polizia di Stato e degli idonei dell'Arma dei carabinieri. Ebbene, proprio questi giovani che già sono stati valutati dagli organi competenti e già sono stati considerati abili possono far fronte alle rinnovate esigenze assunzionali dell'amministrazione senza che ci siano altri bandi, altre procedure concorsuali e quindi altro Pag. 67spreco di risorse. Questa si chiama razionalizzazione e credo che non ci sia nulla da eccepire in tutto questo.
Alcuni ulteriori interventi autorizzati nella legge di stabilità meritano una doverosa riflessione. Non dimentichiamo la stretta sui falsi invalidi attraverso l'emendamento presentato dal nostro gruppo che prevede 150 mila controlli aggiuntivi dell'INPS rispetto all'ordinaria attività di accertamento della permanenza dei requisiti sanitari e reddituali nei confronti dei titolari di benefici di invalidità civile. Un atto di pragmatismo che si pone nella direzione giusta di rinnovato monitoraggio nei confronti di una piaga italiana quale quella dei falsi invalidi che ha infierito non poco sulle casse dello Stato.
Altrettanto lodevole è l'istituzione di un fondo per il concorso dello Stato al settore del trasporto pubblico, anche ferroviario, oggetto di un emendamento di Futuro e Libertà. Il fondo avrà l'ambizione di creare un valore aggiunto in un comparto lasciato per troppo tempo ai margini di iniziative e di interventi finanziari fattivi. E la condizione in cui versa il trasporto pubblico italiano ne è la prova purtroppo più eloquente. Degno di attenzione anche l'intervento sul versante dell'incremento delle deduzioni forfettarie per tutti i lavoratori assunti a tempo indeterminato, con un'attenzione particolare ai lavoratori impiegati nel sud del Paese. Sicuramente un incentivo in capo alle aziende, ma non possiamo dimenticare che su questo fronte gli interventi da portare avanti dovranno essere maggiormente strutturati e devono imporre una riforma di sistema che consenta una ristrutturazione del mercato del lavoro.
Pur consapevole dei limiti di bilancio entro i quali sono stati mossi i passi di questa stabilità, non possiamo pensare di limitare la capacità di intervento dello Stato dinanzi alle urgenze e, in generale, un Paese moderno e democratico come l'Italia non può permettere che si pongano dei limiti all'esigenza di sostegno di determinati comparti solo ed esclusivamente per necessità di cassa, con il rischio poi di compromettere la tenuta sociale ed economica del Paese. Ma i passi che sono stati fatti in queste ore dimostrano che, probabilmente, si vuole superare anche questo limite. In questa prospettiva, vogliamo leggere anche il rifinanziamento della legge n. 72 del 2001 a tutela del patrimonio storico e culturale delle comunità degli esuli italiani e della legge n. 73 del 2001 a favore delle minoranze italiane in Slovenia e Croazia, in merito alle quali Futuro e Libertà aveva avviato un confronto con il Governo in virtù del carattere insostenibile della mancanza di risorse. Queste disposizioni rappresentano di certo uno strumento strategico della gestione delle relazioni del nostro Paese con suoi confini orientali, che meritano di essere migliorate e rafforzate.
Un'apertura di buon senso l'abbiamo registrata anche nel comparto scuola, sebbene anche in questo i punti da affrontare sono ancora tanti e continuano ad essere oggetto di uno scambio di riflessioni costanti con il Ministro Profumo. Lo scongiurato allungamento dell'orario di docenza dei professori rispetto alle previsioni originali si colloca in una giusta prospettiva e siamo ben lieti che il Governo abbia saputo prestare orecchio alle istanze che ripetutamente vengono veicolate dal corpo docenti. E concordo con quanto evidenziato in queste ore proprio dal Ministro Profumo nel chiedere al Senato di dare attenzione particolare all'altro bene comune più importante, oltre la famiglia, la formazione del personale. Un segnale, dunque, non trascurabile. In questa sede però ci tengo a ribadire ancora una volta che le ridotte disponibilità di cassa e la tanto criticata austerity non sono e non devono essere sinonimo di tagli indiscriminati e di diritti negati, ma di razionalizzazione pura, un punto che per noi di Futuro e Libertà è fondamentale.
Molto ancora si deve e si può fare e noi riteniamo che vi siano gli strumenti e le risorse e soprattutto la volontà per farlo. Ma sono lieto che la legge che ci accingiamo a votare non sia solo un contenitore di norme partigiane e misure manifesto, ma sia uno strumento di intervento sociale vero e proprio, uno strumento volto a Pag. 68ridurre la pressione fiscale e a valorizzare in primis le famiglie. Credo che questo possa essere un primo e virtuoso passo in davanti, una significativa premessa per un percorso di ricollocazione e di rinnovamento sociale e politico del nostro Paese nel quale noi abbiamo deciso di credere e lo dico senza mezzi termini, senza populismo, senza demagogia, ma con la consapevolezza dell'attuale situazione del Paese e con la voglia e con la responsabilità di dare il nostro contributo al bene comune e al Paese.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ossorio. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE OSSORIO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, i repubblicani finora hanno compreso e accettato la «ragione sociale», per così dire, del Governo del Presidente Monti, perché condividono, ovviamente, la necessità della tenuta dei conti pubblici, il riassetto e il riequilibrio della finanza pubblica. Oggi, con altrettanta chiarezza, signor rappresentante del Governo, e con onestà intellettuale, aggiungiamo alla ragione sociale del Governo la nostra ragione sociale: bisogna mettere al centro il problema del lavoro, bisogna mettere al centro e ripensare il problema dello sviluppo economico e, soprattutto, il ceto medio, quello che è stato ormai stremato e impoverito.
Il rigore dei conti oggi non è più sufficiente: bisogna che si torni a parlare di sviluppo sì, per garantire il lavoro - perseguiamo la stabilità a tutti i costi, mentre bisogna andare oltre, lo dimostra quello che accade nelle piazze in Italia -, bisogna delineare un progetto di sviluppo per le forze economiche e bisogna, ormai, dare maggiore attenzione, ripeto, al lavoro.
Questo disegno di legge di stabilità avrebbe dovuto garantire di più e meglio le fasce medie della popolazione e i giovani lavoratori, i precari che sono oramai tanti, hanno raggiunto un livello oramai elevatissimo. Questo è necessario per garantire livelli adeguati di domanda aggregata e per far ripartire i consumi medi diffusi, che sono la vera benzina dello sviluppo. I salari sono cresciuti troppo poco, i costi del lavoro devono diminuire, bisogna attuare il cuneo fiscale, le risorse effettivamente disponibili devono diventare realmente fruibili, devono essere messe almeno in parte a disposizione dei lavoratori e delle aziende.
Deve svilupparsi, insomma, signor rappresentante del Governo, una continuità del sostegno al ceto medio: continuare a impoverirlo è inaccettabile e a rischio per la tenuta democratica del Paese. Le scelte fatte finora dal Governo si sono concentrate ed abbattute quasi esclusivamente sul ceto medio, che sta sopportando il peso della crisi. Defiscalizzazione e detrazioni sono utili, ma serve defiscalizzazione, soprattutto, subito e presto per dare maggiore liquidità al sistema.
Concludo, signor Presidente. Bisogna fare una riflessione, il Governo deve fare una riflessione sui grandi patrimoni e sui grandi redditi, che devono dare un contributo particolare. È davvero così assurdo ipotizzare un intervento in questa direzione? Siamo ancora nella fase degli aggiustamenti e delle contraddizioni. Oggi, bisogna fare un passo in avanti e riflettere meglio e di più (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Repubblicani-Azionisti).
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Ossorio, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Iannaccone. Ne ha facoltà.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, questo disegno di legge di stabilità è un provvedimento penoso, dannoso, che nemmeno l'accorto, attento e certosino lavoro della Commissione bilancio è riuscito a migliorare. Ci troviamo di fronte all'ennesimo provvedimento di un Governo che sta portando l'Italia verso il declino, che non riesce a percepire la situazione drammatica nella quale versa il nostro Pag. 69Paese e, in modo particolare, la parte più debole dell'Italia, che è il sud. Io ritengo che un Governo dovrebbe garantire ad un Paese il minimo per poter avere fiducia nel futuro.
Quando un Governo non riesce a condurre un'adeguata lotta alla disoccupazione e alla precarietà, quando un Governo non riesce a garantire il sostegno a chi non ha reddito, quando un Governo non riesce a portare avanti politiche che possano ridurre il divario tra il sud e il nord del Paese, questo Governo deve lasciare il passo. Altri Paesi, nel passato, hanno conosciuto forme degenerate di governi autoritari - c'è stato, ad esempio, il Governo dei colonnelli in Grecia - noi abbiamo conosciuto, purtroppo, questa aberrazione del Governo tecnico, che è un Governo che ha ridotto il Parlamento ad una funzione assolutamente marginale.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Iannaccone.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, di fronte a questa incapacità assoluta di un Governo che non riesce a dare nessuna speranza al Paese, noi riteniamo che si debba rapidamente tornare al voto e che dopo il voto non ci debba essere nessun Monti-bis, chi vince ha il dovere-diritto di governare, se ci sarà una legge elettorale contraddittoria...

PRESIDENTE. Deve concludere, Onorevole Iannaccone.

ARTURO IANNACCONE. Mi avvio a concludere, signor Presidente, un ultimo passaggio. Dicevo che se ci sarà una legge elettorale contraddittoria, il leader del partito più forte ha il diritto di governare, di essere indicato alla guida del Governo ed eventualmente potrà trovare un'intesa anche con i partiti che dovessero aver perso le elezioni. Questa è la fisiologia di un sistema democratico, a questo l'Italia deve ritornare (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Autonomia Sud-Lega Sud Ausonia-Popoli Sovrani d'Europa).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Strizzolo. Ne ha facoltà.

IVANO STRIZZOLO. Signor Presidente, devo innanzitutto rivolgere un sincero ringraziamento al faticoso, ma prezioso e qualificato lavoro fatto, in particolare, dai relatori del provvedimento, mi riferisco all'onorevole Baretta, all'onorevole Brunetta e anche all'onorevole Ciccanti, e al presidente della Commissione bilancio che - ho avuto modo di constatare - ha gestito i lavori, non facili, molto tormentati, molto complessi, con grande equilibrio e saggezza. Devo anche esprimere i miei ringraziamenti al Governo, qui c'è il sottosegretario Polillo, che con grande impegno ha seguito, assieme anche ad altri colleghi in rappresentanza del Governo, i lavori della Commissione bilancio; il sottosegretario Polillo e i suoi colleghi di Governo hanno avuto la capacità e anche l'intelligenza politica, anziché arroccarsi a difesa del testo che il Governo aveva presentato alla Commissione, di avviare un confronto aperto, serio, talvolta anche aspro, che ha portato ad un significativo miglioramento delle misure contenute in questo provvedimento, che è il provvedimento cardine per quanto riguarda i conti pubblici, i conti del nostro Paese, che credo, come è stato detto in precedenti occasioni, assolutamente vanno mantenuti in sicurezza.
Quindi, attraverso questo lavoro, che ha qualificato il ruolo del Parlamento, delle forze politiche, riscrivendo in maniera rilevante e significativa i provvedimenti, il disegno di legge di stabilità e il disegno di legge di bilancio, ha dimostrato e dimostra che quando ci sono le condizioni per aprire e sviluppare un confronto serio tra le forze politiche nelle sedi proprie, si riesce a fare un lavoro positivo e costruttivo per il Paese. Certo, non possiamo dire di essere soddisfatti compiutamente per le modifiche, pur significative, che sono state introdotte perché alcuni punti restano ancora da affrontare e ci auguriamo che nel passaggio al Senato ci sia la possibilità di intervenire per migliorare nel complesso questo provvedimento. Pag. 70
Mi riferisco, tra l'altro, alla Tobin tax, all'imposta sulle transazioni finanziarie, che merita sicuramente una modifica, per renderla ancora più equa e in grado di recuperare risorse che vadano indirizzate a un recupero di maggior livello di equità sociale.
Ma questo grande lavoro che è stato fatto, a mio modo di vedere, deve essere rispettato - e lo dico in questa sede - da alcuni commentatori politici che nei giorni scorsi si sono affrettati a dichiarare che vi è dibattito e vi è confronto in Commissione bilancio perché i parlamentari sentono odore di elezioni e, quindi, stanno rincorrendo posizioni al limite del campanilismo. Nulla di tutto questo; ciò non è assolutamente vero per chi ha lavorato nei giorni scorsi e anche stanotte in Commissione bilancio in una condizione - lo ripeto - complessivamente difficile. Dico ciò sia per le componenti politiche che sostengono questo Governo sia - devo riconoscerlo - per chi sta all'opposizione che ha dato, secondo me, un contributo per ricercare comunque delle soluzioni che realizzino, con questo provvedimento, maggiori condizioni di equità sociale. Vi è stata, inoltre, la possibilità di intervenire anche su un tema, che vorrei citare, perché alcuni colleghi delle opposizioni ovviamente sono meno soddisfatti di noi di questo provvedimento, anzi forse per nulla, e hanno criticato che dal punto di vista dell'impatto fiscale non vi sia alcun miglioramento.
Ma devo ricordare, ad esempio, per quanto riguarda l'IRAP, la costituzione di un fondo che punta ad escludere da tale imposizione alcune attività, quelle che si collegano alle attività autonome e professionali che abbiano alcune caratteristiche. Inoltre, credo vada riconosciuto l'impegno e il lavoro svolto su tutto il capitolo degli oneri deducibili e delle detrazioni fiscali, dando un segnale importante non solo dal punto di vista dell'equità sociale e fiscale, ma anche di attenzione, per esempio, ai nuclei familiari, alle famiglie che hanno dei disabili; ciò rappresenta una modifica sostanziale di quello che era il testo originariamente previsto dal disegno di legge presentato dal Governo, eliminando anche il tetto per gli oneri deducibili.
Un aspetto questo importante, e definisco una sorta di svarione l'aver previsto, in violazione dell'articolo 3 della legge n. 212 del 2000, cioè lo statuto del contribuente, addirittura la retroattività della non applicazione degli oneri deducibili e delle detrazioni fiscali. Anche questo è stato rimosso per un dato essenziale di rispetto di quanto è contenuto nello statuto del contribuente. Quindi, credo che il lavoro fatto, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti fiscali, sia stato un lavoro prezioso, importante. Certo, non risolve tutti i problemi, anche perché ci auguriamo che il Senato approvi in tempi rapidi la delega fiscale che questo ramo del Parlamento da più di un mese ha licenziato, perché quella legge delega attribuisce al Governo la possibilità di intervenire non per rivoluzionare l'intero impianto del sistema fiscale e tributario del nostro Paese, ma sicuramente per un'opera di manutenzione straordinaria - chiamiamola così - che consenta di costruire un sistema fiscale e tributario più trasparente, più semplice, più equo, per quanto riguarda il nostro Paese, e soprattutto più certo.
Perché - l'ho detto in diverse occasioni e in dibattiti sia qui in Aula che in Commissione - la capacità, il livello di competitività del nostro sistema Paese nell'attrazione di investimenti anche dall'estero deriva non esclusivamente, ma anche, dal fatto che ci sia un sistema fiscale e tributario che resti stabile almeno per un medio periodo e che sia trasparente e semplice nella sua applicazione. È questo un elemento importantissimo e in questo senso ricordo alcune misure che sono state introdotte nei lavori di Commissione e quanto potrà portare avanti il Governo in attuazione della legge delega fiscale che, ci auguriamo - lo ripeto ancora una volta - il Senato licenzi al più presto.
Tornando a questo provvedimento, non voglio fare polemiche con alcuno, ma ho sentito l'intervento di un collega della Lega Pag. 71Nord prima e, come altre volte, le sue considerazioni in parte possono anche essere condivisibili, ma voglio ricordare che, se oggi ci troviamo in questa situazione molto difficile dal punto di vista economico, sociale e finanziario, lo si deve anche al lascito che ha consegnato al Paese il precedente Governo.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

IVANO STRIZZOLO. Vado alla conclusione, signor Presidente. Sul dibattito «patrimoniale sì», «patrimoniale no», io credo non ci sia niente di strano, anzi è doveroso fare un'affermazione di principio che il segretario nazionale del PD Bersani da tempo ripete: nell'avviare un percorso per realizzare maggiori condizioni di equità fiscale è giusto, anche per rispetto di quello che è previsto dalla Costituzione, che chi ha di più debba dare di più.
Questo - e concludo, signor Presidente e colleghi - è tanto più importante in questi momenti di segnali di tensione nel Paese, come quelli che ci sono stati ieri, con qualcuno che cerca di strumentalizzare il legittimo diritto di protestare dei giovani senza lavoro e degli studenti che vedono messa in difficoltà la scuola. C'è qualcuno, lo ripeto, che cerca di strumentalizzare quelle manifestazioni. In questa sede esprimo solidarietà anche alle forze dell'ordine, perché non bisogna dimenticare che forse, anche le forze dell'ordine - che in parte recuperano qualche risorsa con questo provvedimento - devono rispondere alla necessità di tutelare la sicurezza del nostro Paese. Questo - concludo veramente - è per garantire una coesione sociale che è fondamentale per mantenere in piedi l'equilibrio democratico di libertà del nostro Paese. (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Barbato. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BARBATO. Signor deputato Presidente, la ringrazio per la parola concessami. Io immediatamente mi permetto di fare una piccola rettifica al mio presidente di gruppo, deputato Borghesi, quando ha detto che noi presenteremo una «contro-legge» di stabilità. In termini comunicazionali non è esatto dire «contro-legge», perché noi, per il nostro spirito autenticamente civico, siamo sempre per qualcosa, siamo a favore di qualcosa, non siamo mai contro qualcosa o qualcuno.
Allora noi presenteremo una legge di stabilità 2013 per gli italiani, a favore dei cittadini e delle imprese per migliorare questa società. Per la verità, io penso che il titolo del provvedimento in esame vada modificato, perché più che legge di stabilità con essa - è la sesta manovra correttiva che esaminiamo con il Governo Monti - noi registriamo, ancora una volta, anche in quest'ultima manovra correttiva, che state destabilizzando gli italiani, state massacrando i cittadini.
Siamo convinti che questa sia anche - giusto per chiamarla con il termine giusto - la legge di sepoltura definitiva dei partiti. Infatti, con questa legge di stabilità, state proprio recitando il de profundis a tutti i partiti.
Il 9 novembre scorso inviai una richiesta al signor Presidente della Camera, al deputato Fini, con la quale chiedevo di conoscere l'ammontare dei soldi che ricevono i gruppi parlamentari. Mi è arrivata proprio oggi la comunicazione: a proposito di bilancio dello Stato, signor Presidente!
Mi comunica l'Ufficio di Presidenza della Camera che i contributi erogati ai gruppi parlamentari a carico del bilancio di questo povero Paese, che pagano sempre i cittadini, nel corso della XVI legislatura, dal 29 aprile 2008 al 31 ottobre 2012, ammonta, signor Presidente, a 154 milioni 126 mila 568 euro; e poiché noi siamo precisi, anche 71 centesimi. E poiché noi siamo precisi ci siamo fatti il conticino della massaia: perché a noi piace parlare, poiché noi respiriamo e viviamo ogni giorno nei territori, tra i cittadini, tra la gente, che ascoltiamo! Mi sono fatto un altro conticino: quanto costano al giorno i parlamentari? Anzi, non i parlamentari: i deputati, perché stiamo parlando solo della Camera dei deputati. Pag. 72
Oltre a tutto quello che già noi riceviamo, ai nostri stipendi, per questo finanziamento occulto ai partiti la Camera dei deputati costa, per i deputati, 93 mila 836 euro al giorno.

AMEDEO CICCANTI. Più quello dei partiti!

FRANCESCO BARBATO. Sì, stiamo parlando solo dei... (Commenti)

PRESIDENTE. Colleghi! Prego.

FRANCESCO BARBATO. No, siete confusi voi partiti, che avete «pappato» troppi soldi!

PRESIDENTE. Onorevole Barbato, se volete dialogare, poi vi vedete al bar. Vada avanti!

ROBERTO GIACHETTI. A proposito di «pappare»!

FRANCESCO BARBATO. Manco a farlo apposta, gli italiani decisero che ai partiti dovesse essere chiuso il rubinetto del finanziamento pubblico. Da quel referendum...

ROBERTO GIACHETTI. E, infatti, l'avete preso doppio per dieci anni!

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, per cortesia!

FRANCESCO BARBATO. Infatti, il PD è il partito specializzato in questa roba, in partitocrazia sono i migliori.

PRESIDENTE. Onorevole Barbato, prosegua.

ROBERTO GIACHETTI. L'abbiamo visto a Report!

FRANCESCO BARBATO. Sono il partito più vecchio e più accreditato per questa roba.

PRESIDENTE. Chiedo scusa! Onorevole Giachetti! Prego.

ROBERTO GIACHETTI. L'avete preso doppio per dieci anni!

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti! La richiamo per la seconda volta. Vuole anche la terza? Non credo.

FRANCESCO BARBATO. Era stato eliminato il finanziamento pubblico ai partiti, e guarda qua: si registrano dei colpi di magia! Eliminato il finanziamento pubblico, ne sono nati invece altri tre, di finanziamenti. Oggi, nel novembre 2012, vi è in primo luogo il rimborso di denaro pubblico ai partiti; in secondo luogo è previsto in Italia il finanziamento ai gruppi regionali dei partiti: abbiamo visto come funzionano in Italia i gruppi regionali! In terzo luogo, il finanziamento ai gruppi parlamentari. Poi vi sono i finanziamenti ai giornali dei partiti. Insomma, una torta di 500 milioni l'anno. E poi si chiedono più tasse, più sangue e lacrime agli italiani!
Noi che cosa vi stiamo dicendo, che cosa vi dice il gruppo parlamentare Italia dei Valori da inizio legislatura? Stiamo parlando del bilancio di un'impresa, di una società, e anche di una famiglia. Noi stiamo approvando il bilancio: quando si approva un bilancio, vi sono due leve sulle quali ci si può muovere, la leva delle entrate e la leva delle uscite! Che cosa vi abbiamo detto noi da tanto tempo, con atteggiamento positivo, costruttivo, per il bene del nostro Paese? Abbiamo detto: fermate la leva della pressione fiscale, spostate la mira della pressione fiscale, che è troppo sui cittadini, sulle famiglie e sulle imprese!
Quindi, bloccate la leva delle entrate, con le nuove tasse che si inventano, come l'odiosa IMU, ossia la tassa sulla casa, o con le addizionali regionali e comunali che, a fine anno, a dicembre, si abbatteranno sugli italiani. Che massacro si farà degli italiani con le addizionali comunali; e i comuni non potranno chiudere i bilanci! Abbiamo detto: Fermate questa maledetta Pag. 73leva e, invece, muovete l'altra leva della spesa pubblica, la leva di una spesa pubblica che abbiamo visto cosa ha determinato in questo Paese.
Nel 1995 avevamo un debito pubblico che era del 120 per cento sul prodotto interno lordo e poi, in questo anno, con il Governo Monti, il Governo del rigore, della crescita e della giustizia si raggiungono due nuovi record negativi di debito pubblico: nel primo trimestre del 2012 il debito pubblico cresce ancora e arriva al 123,7 per cento, nel secondo trimestre del 2012, un ulteriore debito pubblico con un nuovo record: si arriva al 126,1 per cento. La leva delle uscite, e della spesa pubblica continua in modo inesorabile a massacrare questo Paese. Fino a quando avremo una spesa pubblica che incide nella misura del 52 per cento sul PIL di questo Paese non si andrà da nessuna parte.
Perché succede tutto questo? Perché abbiamo un Governo che rappresenta la saldatura tra una certa politica che era abituata all'assalto alla diligenza, cioè all'assalto alla spesa pubblica e poi abbiamo una diligenza, i boiardi di Stato, i grandi dirigenti pubblici, che vediamo con quanta facilità scavallano le gambe da una poltrona all'altra, anzi adesso scavallano direttamente dalla dirigenza dei Ministeri al Governo. Abbiamo un generale che diventa Ministro della difesa, un diplomatico che diventa Ministro degli affari esteri, un prefetto che diventa Ministro dell'interno. Questa saldatura sta determinando una palude, nella quale sta sprofondato questo Paese. Così come è composto, questo Governo mai potrà incidere sulla spesa pubblica che effettivamente bisogna tagliare.
Quando, con una serie di emendamenti, abbiamo proposto - e l'abbiamo proposto anche in Commissione VI (Finanze) ed in Commissione V (Bilancio) con una serie di emendamenti che noi del gruppo dell'Italia dei Valori abbiamo presentato - di tagliare i costi della politica; vi abbiamo detto di chiudere immediatamente il rubinetto del finanziamento ai gruppi parlamentari e, anche con riguardo al decreto-legge «enti locali», vi abbiamo detto di bloccare immediatamente il finanziamento ai gruppi regionali. Infatti, sia i consiglieri regionali, sia noi parlamentari veniamo pagati già abbastanza profumatamente e, quindi, nei territori a fare politica, a fare comizi, ad ascoltare i cittadini possiamo andarci anche a spese nostre e pagarci il ristorante o l'albergo, senza usare i soldi dei cittadini per pagare l'albergo e andarci con una escort, o fare il regalo all'amichetta di turno.
Insomma, bisogna eliminare questa degenerazione e noi ve lo abbiamo proposto con una serie di emendamenti. Ma qual è il paradosso che riscontriamo? Quando sono entrato alla Camera con Zazzera, nel 2008, era previsto un finanziamento per i gruppi parlamentari di 33 milioni 900.000 e, poi, questi partiti ipocriti e falliti dicono che stanno tagliando e riducendo i costi, ma sono bugie. Il finanziamento ai gruppi parlamentari da 33 milioni 900 mila del 2008 è passato oggi a 35 milioni 600 mila. Questa roba bisogna dire agli italiani! Bisogna dire loro come questi partiti morti, inutili e papponi continuano a spremere gli italiani e continuano a voler conservare privilegi e sprechi e non hanno il coraggio di tagliare minimamente qualcosa a loro.
Allora, signor Presidente, noi continuiamo questa nostra battaglia per gli italiani e per i cittadini, anzi la condurremo ancora più a schiena dritta e ancora più determinati.
Ci rendiamo conto, ad oggi, cosa sia questa politica di questo Governo, sostenuto da questi partiti fannulloni. Prima era in Aula l'ex Ministro Brunetta, al quale ho detto: «Ma, scusami, tu parlavi dei dipendenti pubblici fannulloni. Ma più fannulloni di questi partiti esiste qualcuno?». Questi sono i veri fannulloni di questo Paese, tutti questi partiti, che sono fannulloni e inutili.
Allora, dobbiamo mettere mano a questo sistema ma da ieri, come lo stiamo facendo noi, come lo fa l'Italia dei Valori, a livello nazionale e nelle sedi parlamentari, soprattutto per difendere quegli italiani che sono stanchi. Naturalmente, vi ricordo che ieri gli italiani nelle piazze, da Napoli a Milano, vi hanno detto che si Pag. 74sono «rotti» - e mi fermo qui - perché, naturalmente, non ne possono più di questo Governo e delle vostre politiche.
Noi stiamo vicini a quei giovani, soprattutto, che non vedono un futuro in questo Paese, con questo Governo e con questi partiti, con il PD, con il PdL, con l'UdC. Per questa ragione, sosteniamo questa resistenza in questo Paese, perché più aumentano le ingiustizie più dobbiamo rafforzare la resistenza in questo Paese. Quando ieri, poi, ho visto quegli scontri, vedendo carabinieri, finanzieri e poliziotti che facevano il loro dovere, mi è venuto subito un pensiero: mi è venuto il pensiero di questi giovani delle forze dell'ordine che, per entrare nell'Arma e per fare i carabinieri, non solo devono, loro stessi, avere la fedina penale pulita, ma la devono avere anche la mamma, il papà, la sorella, gli zii e altri ancora, perché è difficile, perché è giusto che sia così, perché si deve essere immacolati. Ma, come faranno ad avere ancora ordini quando vediamo che cosa succede nel Ministero dell'interno e come avvengono certi appalti? E il Ministro dice che va bene così, tanto è vero che rigetta le dimissioni del vicecapo della polizia, perché siamo abituati così da questa politica. In America, Obama, per un motivo molto semplice, ha immediatamente accettato le dimissioni.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Barbato.

FRANCESCO BARBATO. Mi avvio alle conclusioni. E, poi, vediamo che ha il marito sotto indagine, sub iudice, e ha il figlio che «pappa» 3 milioni e 700 mila euro da Fonsai, per una gestione per la quale è sotto controllo da parte della procura di Torino. Un Ministro così, che ha questo figlio e questo marito, può fare il Ministro dell'interno, può dare ordini a polizia e carabinieri che, per diventare carabinieri e poliziotti, devono, invece, avere una fedina penale specchiata e non solo loro ma anche i loro familiari? Invece, nel nostro Paese avviene che il Ministro dell'interno può avere anche un marito così, un figlio che fa «colì» e tutto funziona ancora così. Ma noi siamo stufi, non ne possiamo più di questa palude, perché questa palude sta affondando questo Paese!
Allora, in modo forte e determinato, prendiamo per mano tutti gli italiani, sani, onesti e che vogliono lavorare, per voltare pagina in questo Paese. Questa sarà la vostra ultima legge con cui «strizzate» gli italiani. Questo è il vostro de profundis, cari partiti e caro Governo Monti! Questa è la legge della vostra seppellitura definitiva. Noi diamo una speranza ed un futuro ad un'Italia che vuole cambiare (Applausi di deputati del gruppo Italia dei Valori).

SIMONE BALDELLI. Si dice sepoltura!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Nannicini. Ne ha facoltà.

ROLANDO NANNICINI. Signor Presidente, onorevole Barbato, sarebbe stato bello avere il capogruppo alla regione Lazio dell'IdV nella grande esperienza dei carabinieri italiani, che lei cita, perché è molto grave giocare, con i soldi di un gruppo, alle scommesse e pensare di arricchirsi con le scommesse. Quindi, la tradizione dei carabinieri deve essere diffusa, onorevole Barbato, e in primo luogo in ordine a queste esperienze.
Veniamo ora alle cose serie. Le cose serie cosa ci dicono? Che prima di tutto dobbiamo ringraziare quei parlamentari che da circa un mese e mezzo non vengono qui a fare un concione ma, invece, si sono impegnati sia sul decreto-legge relativo agli enti locali sia sul disegno di legge di stabilità, dando così continuità di lavoro a questo Parlamento.
Questo Parlamento, infatti, al di là dell'election day, e della vicinanza delle elezioni, ha una sua tradizione di lavoro e di continuità rispetto agli strumenti legislativi che stiamo portando avanti nel Paese. Purtroppo, non siamo capaci di trasferire fino in fondo il buon lavoro anche dei nostri funzionari. Penso a tutto l'ufficio della Commissione bilancio, ma anche agli uffici legislativi dei nostri gruppi, che stamattina hanno fatto le 5,40 Pag. 75e si sentono offendere come rubatori di denaro e sono tra le spese che il parlamentare che mi ha preceduto inseriva nell'elenco. Andiamo a questo livello di contenuti. Come è arrivato il disegno di stabilità? Il disegno di legge di stabilità originava da una proposta del Governo che poneva attentamente la riduzione di un punto delle aliquote IRPEF per i primi due scaglioni, che avrebbe avuto un costo finanziato di 4 miliardi 271 milioni di euro. Dal Parlamento, in accordo con il Governo, queste risorse sono state destinate a eliminare alcuni elementi all'interno della legge di stabilità che avevano creato non pochi problemi, per esempio alla riduzione dell'IVA dall'11 al 10 per cento, con un costo di un miliardo 162 milioni, quindi, per i consumi dei ceti e di tutti noi, e dove è prevista l'IVA al 10 per cento rimane al 10 cento. C'è stato dunque un intervento del Parlamento e del Governo perché questo non avvenisse. Vi sono inoltre: 941 milioni per l'incremento delle detrazioni per i figli a carico, l'aumento di 180 euro dal 2013, cioè fin dal 1o gennaio, l'abrogazione delle franchigie per un miliardo 600 milioni (perché tutto il tema delle franchigie nei confronti del no profit e anche tutti gli elementi sulle deduzioni ci hanno posto il problema di vederlo meglio nel contesto della riforma fiscale), abrogazione del tetto, come ricordavo, per 300 milioni, ripristino della norma di salvaguardia del TFR - che non figurava nel testo originario - per 170 milioni, differimento al 1o gennaio dell'IVA per quanto riguarda le cooperative sociali, che era prevista al 10 e rimane al 4 cento, con un costo di 153 milioni, e rimodulazione dell'IRPEF per le pensioni di guerra diverse da quelle di reversibilità. Nel progetto iniziale della legge di stabilità erano stati previsti 195 milioni da questa voce, ora è rimasto ancora un impegno a risolvere il problema successivamente, il tema della reversibilità di questo indennizzo delle pensioni di guerra, che adesso si è definanziato per 116 milioni. Vi è poi il differimento al 2013 dei redditi dominicali e agrari, che avrebbero creato non pochi problemi nell'elemento di tassazione per le società agricole, e il differimento al 2013 delle società agricole. Quindi questo è un corpo della manovra - a me non piace chiamarla manovra, ma legge di stabilità - che ha trovato nei relatori, nel Governo e nel lavoro della Commissione la possibilità di risolvere alcuni problemi rispetto a come originariamente era arrivata la legge di stabilità.
In più, in un modo molto serio che non ha distrutto la riforma previdenziale approvata da noi su proposta del Governo Monti con il decreto-legge n. 201 del 2011, è stato introdotto un nuovo meccanismo per quel tema che ci piace chiamare «esodati», dando un finanziamento in progressivo di 9 miliardi e 770 milioni fino al 2020, con una modalità di intervento semestrale e riconoscendo non solo gli accordi, ma permettendo anche ai cittadini che hanno fatto la richiesta di una contribuzione volontaria e si sono trovati nel processo della riforma previdenziale di poter presentare le domande e avere un rapporto con l'INPS, per rifinanziare, poi, con decreti successivi, le modalità di questi nuovi casi.
Sono quattro casi - non leggo nuovamente le lettere a), b), c) e d), che abbiamo discusso e concorso a scrivere - che danno una nuova modalità di attuazione della riforma. Lasciatemi dire una cosa che non emerge: la riforma previdenziale è anche necessaria per un riequilibrio nel rapporto tra generazioni. Essa porta finalmente il nostro Paese ad avere un livello di intervento nel servizio previdenziale più compatibile nei tempi e con una possibilità di maggiori risorse per le nuove generazioni.
Ricordo a tutti noi che, per la spesa previdenziale, quella complessiva, gli enti di previdenza, tutte le unità istituzionali, sia centrali sia locali, che erogano prestazioni sociali obbligatorie in forza di disposizioni legislative, INPS, INAIL, casse previdenziali aziendali, casse privatizzate, ammortizzatori sociali, pensioni sociali, nel 2011 hanno un plafond di spesa, su circa 800 miliardi, che è la spesa del bilancio consolidato della pubblica amministrazione, di 310 miliardi. Pag. 76
Questi 310 miliardi trovano la possibilità di spesa non solo da contributi di cittadini, ma da un trasferimento di 96 miliardi dal bilancio e dalle entrate tributarie dello Stato. Anche su questo bisogna sempre vedere con attenzione quello che è successo negli ultimi anni. Negli ultimi anni noi abbiamo avuto un incremento della spesa al servizio del debito a causa del livello internazionale dello spread e abbiamo avuto anche un'implementazione delle spese sociali per la cassa integrazione e gli ammortizzatori.
Su questo bisogna essere molto precisi quando ne discutiamo, perché con un prelievo fiscale che è circa il 30 per cento del prodotto interno lordo, con le entrate tributarie IRPEF, IRES, IVA, IRAP, IMU ed altre che dovrebbero andare a finanziare le forze dell'ordine, la giustizia, la sanità, la scuola, tutto quello che è il funzionamento dei servizi, abbiamo, invece, un'esigenza di trasferire circa 6 punti di prodotto interno lordo all'emergenza previdenziale.
Su questo si è inciso con la riforma, che va sostenuta e che è stata corretta negli elementi che ricordavo prima degli esodati.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Nannicini.

ROLANDO NANNICINI. Concludo subito, signor Presidente. Rimane un piccolo rammarico, anzi, un grosso rammarico, perché sia con il provvedimento sugli enti locali sia con il disegno di legge di stabilità non siamo riusciti a puntare maggiormente sugli investimenti, anche se con 250 milioni per le calamità naturali abbiamo puntato più sugli investimenti per gli enti locali, le regioni e i comuni. Non siamo riusciti, in questa fretta, a dare al Patto di stabilità interno degli enti locali una visione più coerente rispetto alle loro esigenze.
Ricordo le multe: corriamo il rischio di portare in dissesto tanti enti locali che sono in difficoltà rispetto al rapporto tra l'impostazione del bilancio di previsione e la disponibilità di cassa. Avremo modo, poi, di seguire nuovamente questi problemi con altri provvedimenti, ma quello che mi piace sottolineare è la continuità di questo strumento parlamentare rispetto a temi così importanti e al buon lavoro dei relatori, del Governo e degli uffici che ci hanno sostenuto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zazzera. Ne ha facoltà.

PIERFELICE ZAZZERA. Signor Presidente, Governo, onorevoli colleghi, rivolgo solo una breve precisazione al collega del Partito Democratico: noi Maruccio lo abbiamo cacciato, voi Tedesco lo avete portato al Senato (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
Questo Parlamento è chiamato a votare un provvedimento importante per la vita del Paese, il disegno di legge di stabilità, meglio sarebbe dire di destabilità. Operate tagli che vanno a colpire ancora una volta i soliti noti, i poveri cristi, i lavoratori, i piccoli imprenditori. Non avete toccato le banche, la finanza e la grande impresa. Siete forti con i deboli e deboli con i forti.
Un provvedimento che sarà approvato senza alcun dibattito, né confronto. Il Parlamento è stato annullato nel suo ruolo costituzionale. Avete deciso di porre l'ennesima questione di fiducia, portate qui il piatto pronto e a noi resta solo decidere se mangiare questa minestra o gettarsi dalla finestra.
Mi rivolgo ai colleghi deputati di quest'Aula che, con il capo chino e senza dignità, accettano queste violazioni della Carta costituzionale. Non possiamo più accettare tutto questo perché il Governo dei tecnici è la vera antipolitica, è il Governo che ha annientato la politica nel Paese, derubato la sovranità, cancellato i diritti. Poi vi meravigliate che i cittadini vi accolgono con proteste e contestazioni, con manifestazioni e fischi? È ancora troppo poca la rabbia dei cittadini nei vostri confronti. Dovete andarvene a casa!
Il disegno di legge di stabilità si aggiunge a sei precedenti manovre correttive per un reperimento di risorse pari a Pag. 77cinque punti del prodotto interno lordo nel 2012. Tra il vostro Governo e quello di Berlusconi questo Paese sarà costretto a pagare 130 miliardi di euro! State riducendo gli italiani in povertà, ma ce lo chiede l'Europa e qua dentro ho sentito che siamo tutti, da destra a sinistra, contenti del lavoro svolto dalla Commissione.
Quando vi siete insediati ci avete raccontato la favola per cui vi sareste impegnati per assicurare rigore, equità e crescita. La legislatura sta terminando, manca solo qualche settimana, di rigore si sta morendo, ma non si vedono né equità, né crescita. Solo nel 2012 l'effetto delle manovre ha determinato una riduzione del PIL del 2,4 per cento. Non vi è equità né crescita, a pagare sono i soliti, quelli che pagano sempre, quelli che subiscono il prelievo sulla busta paga, quelli che pagano le tasse e le pagano sempre di più! Il Paese è allo stremo e i dati sono disastrosi! Siete consapevoli che il debito pubblico ormai ha sfondato e sfonderà i 2 mila miliardi di euro? Non avete creato un solo posto di lavoro. Secondo Confindustria - non lo diciamo noi di Italia dei Valori - la disoccupazione nel 2013 arriverà all'11,4 per cento e sempre nel 2013 la forza lavoro non utilizzata sarà del 13,9 per cento. Il tasso di disoccupazione giovanile nel 2011 era al 32 per cento e arriverà nel 2012 al 39,3 per cento. In Germania il tasso di disoccupazione giovanile è al 7 per cento.
Le famiglie non spendono più e risparmiano persino sul cibo. Oggi la CIA (Confederazione italiana agricoltori) ha dichiarato che il 12,3 per cento degli italiani rinuncia a mangiare carne e pesce. Avete aumentato la pressione fiscale, le accise, l'IVA, l'IMU, stravolto il mercato del lavoro, svuotato le tasche degli italiani di soldi e di diritti mentre furbi, furbetti e furboni continuano a godere di privilegi e di tesoretti nascosti al Fisco. Voi siete il Governo della recessione, però i soldi per finanziare le banche li trovate. Vi state già attivando per come coprire un miliardo e 600 milioni di euro di debiti del Monte dei Paschi di Siena, sottosegretario? Arriveranno altri soldi pubblici per mettere a posto i conti?
Il governatore della Banca di Finlandia stima che il sostegno pubblico al sistema finanziario tra il 2007 e il 2010 è stato di 1.600 miliardi di euro. State dissanguando il Paese, però avete messo a posto i conti! Avete fatto suicidare centinaia di persone, ma i conti sono a posto!
Ieri centinaia di migliaia di persone hanno sfilato per le strade d'Europa, quella dei popoli, per protestare contro le politiche di austerità, mentre il nostro Premier e alcuni nostri ministri andavano a cena al club Bilderberg, perché lì, in una cena massonica, cenavano sul cadavere degli italiani. Non si possono mettere a posto i conti a scapito dei diritti e dello Stato sociale! Non si possono mettere a posto i conti portando alla schiavitù i lavoratori e non garantendo i diritti fondamentali.
Ma la vostra risposta di fronte alla protesta è stata la repressione. Ma attenti, perché quei poliziotti subiscono gli stessi tagli di tutti gli altri e non c'è un bel clima tra le forze dell'ordine. Mi rivolgo pertanto alle forze dell'ordine, perché si mettano alla testa dei cortei con i cittadini, con i cittadini, contro la vostra politica criminale.
Però, mentre tagliate risorse, alla scuola, alla salute, ai beni culturali, alla sicurezza, riuscite a fare aumentare il costo degli F-35. Con la legge di stabilità avete ancora una volta tagliato sul capitolo della scuola, della cultura, dei beni culturali, avete tentato, il Ministro Profumo ha tentato, di modificare l'orario di lavoro degli insegnanti, portandolo da 18 a 24 ore. Avete fatto retromarcia, non perché avete capito i problemi della scuola, ma costretti dalla protesta del movimento di indignazione della scuola. Voi state facendo politiche per la scuola in continuità con il Governo precedente: tagli lineari. Le scuole sono occupate, i consigli di istituto votano documenti per chiedere il ritiro della «legge Aprea», il ritiro dei tagli, l'orario di lavoro a 18 ore. Avete ceduto perché i cittadini vi hanno costretto a Pag. 78cedere. Il Ministro Profumo sa quanto lavoro un docente? Mi rivolgo al sottosegretario Polillo, che chiedeva con insistenza di aumentare l'orario di lavoro ai docenti. Ebbene, lei sa quanto lavora un docente? Un docente lavora, oltre alle 18 ore frontali settimanali, 8 ore per valutare i compiti in classe, 9 ore per la preparazione, 1 ora per i ricevimenti e 2 ore per le riunioni. Faccia lei la somma: la somma di quelle ore sono 38 ore settimanali.
Certo oggi possiamo affermare che il pericolo è scampato, ma c'è un'inversione di politica nella scuola? Non c'è alcun cambiamento sulle politiche della scuola, che viene considerata un costo ed un peso su cui far cadere la mannaia dei tagli. Oggi il pericolo è scampato, domani non lo sappiamo. D'altronde il sottosegretario Rossi Doria ha detto: non lo possiamo fare oggi, forse lo faremo nel 2015.
Ci siamo salvati dalle 24 ore, ma l'articolo 3 del disegno di legge di stabilità è qualcosa di più complesso: è un articolato di norme che hanno un filo comune, che prevede altri tagli ed altri risparmi. D'altronde avete detto: sì, cambiate l'articolo 3, sì, riportate l'orario alle 18 ore, ma a saldo invariato. Che significa a saldo invariato? Significa che i 600 milioni di euro, che non avete risparmiato mantenendo le 18 ore, bisognava andarli a prenderli, mica dagli F-35, che passano da 10 miliardi a 14 miliardi di euro: si sono andati a prendere tagliando, per esempio, il fondo di istruzione di 83 milioni, 20 milioni dalla ricerca, 30 milioni per le smart city e 47 milioni dall'offerta formativa.
Avete tagliato sulle ferie, sui comandi, sui DSGA, sui compensi per i commissari d'esame, ma non avete pensato di risparmiare sul concorso-truffa, su cui oggi il Ministro, con grande gioia, annuncia che almeno il 30 per cento dei concorrenti è under 35enni? Io avrei detto: il 70 per cento di quei concorrenti è over 35enni. È un concorso fatto per persone che sono già avanti con l'età e che dovrebbero avere già avuto un contratto a tempo indeterminato. E infine non avete risolto altri due problemi nonostante gli emendamenti di Italia dei Valori, che riguardano il personale inidoneo nella scuola. È una vergogna! Vi dovreste vergognare, perché non è un Paese civile quello che dice a delle persone che l'unica colpa che hanno è di essersi ammalate nel corso del loro lavoro e che non possono fare più i professori, ma vengono declassificate e dequalificate a fare gli amministratori, a prendere meno stipendio ed a ricevere un inferiore trattamento previdenziale in futuro.
È una vergogna questa e ripensateci quando porterete questo provvedimento al Senato. Infine gli esodati per la scuola, perché ci sono esodati dappertutto e ci sono esodati anche nella scuola. È stata presentata una proposta emendativa, anche con una ampia coalizione. Abbiamo sostenuto una proposta emendativa non del gruppo Italia dei Valori, ma del Partito Democratico e l'avete bocciata, a dimostrazione della vostra sensibilità verso persone truffate dallo Stato e dal Ministro Fornero. Però trovate il modo per finanziare le scuole non statali. Avete trovato 223 milioni di euro per finanziare le scuole non statali svincolandoli dal Patto di stabilità e cioè potendoli utilizzare subito, mentre i soldi per mettere a posto l'edilizia scolastica li avete vincolati al Patto di stabilità e quindi non potranno essere utilizzati subito.
I numeri per la scuola pubblica sono impietosi: 1,2 miliardi di euro di tagli per il MIUR, 1,2 miliardi sull'istruzione scolastica, 523 milioni di euro sull'università, 68 milioni di euro sulla ricerca, 400 milioni di euro sull'alta formazione artistica. Poi, però, avete regalato 50 milioni di euro al diritto allo studio, quando forse ne servirebbero 500 per garantire ai cittadini che si stanno laureando le pari opportunità tra il figlio di un medico e il figlio di un lavoratore. Avete tagliato risorse ai beni culturali, 103 milioni di euro. Il sottosegretario in sede di Commissione ha candidamente ammesso che lui non ha alcuna autorità e che tutto è gestito dal Ministero dell'economia e delle finanze e cioè Ministri commissariati. Il patrimonio culturale crolla e voi tagliate risorse. Non ci sono investimenti per lo spettacolo, per Pag. 79l'arte e per il cinema. Ma come pensate di rilanciare il Paese se siete incapaci di investire in quei settori dove conta la qualità e dove siamo effettivamente competitivi?
Ieri abbiamo audito in Commissione il Goethe Institut tedesco, che riceve sovvenzioni pubbliche per 268 milioni di euro e 103 milioni di euro da privati. Sapete quanto date voi all'Istituto di lingua Dante Alighieri, che sarebbe l'omologo del Goethe Institut tedesco? Cinquecentomila euro. Trecento milioni di euro a un istituto tedesco è l'investimento della Germania nella cultura e voi 500 mila euro. Non sono io a dirlo, mi avvio a concludere, ma se non ascoltate noi quanto meno ascoltate il Presidente della Repubblica, che guardiamo con grande rispetto, e che oggi vi ha detto che forse sulla cultura non basta essere dei ragionieri, bisogna pure avere delle politiche di investimento (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Coscia. Ne ha facoltà.

MARIA COSCIA. Signor Presidente, mi consentirà, se non riesco a concludere in tempo, di consegnare l'intervento scritto. Signor Presidente, colleghi, i relatori hanno giustamente sottolineato come la legge di stabilità che stiamo discutendo sia stata in gran parte riscritta rispetto all'originaria proposta del Governo, con un confronto dialettico, ma costruttivo tra Parlamento e Governo stesso. Penso che le importanti scelte compiute siano utili per avviare una fase per il nostro Paese di intravedere l'uscita dal tunnel dalla gravissima situazione di crisi economica e finanziaria che il nostro Paese, ma non solo il nostro Paese, sta vivendo negli ultimi anni, e sia possibile quindi promuovere una nuova prospettiva di crescita e di sviluppo. Penso che dobbiamo continuare, come hanno detto i relatori e come ci ricorda costantemente il Presidente Monti, a mantenere la linea ferma della disciplina di bilancio, ma anche a dare segnali più forti e più concreti sulle politiche per la crescita e per l'equità sociale, altrimenti possono prevalere rischi seri per nostro Paese di declino e di tenuta sociale.
Le manifestazioni di ieri, per le quali condanno con forza gli episodi di violenza che ci sono stati da parte di gruppi isolati di violenti e provocatori che tentano di strumentalizzare e lucrare sul malessere sociale, costituiscono l'espressione di un disagio sociale sempre più crescente, in particolare dei giovani, che sempre più vedono messi in discussione i loro diritti e soprattutto il loro futuro. È più che mai urgente, signor Presidente, agire invece proprio per far recuperare loro la fiducia, la speranza, fare emergere e orientare tutta la forza della loro carica innovativa e propulsiva positiva della loro giovane età verso la costruzione di una nuova speranza per il nostro Paese. Dobbiamo premiare, dobbiamo spingere la loro creatività, le loro capacità, i loro talenti, per investire sul loro futuro e quello del Paese. Uno dei temi che viene posto con forza è quello di fermare i tagli e investire sull'istruzione, l'università e la ricerca, perché - come lo stesso Presidente Monti ha affermato nelle dichiarazioni programmatiche - l'istruzione costituisce il perno fondamentale per la crescita e lo sviluppo.
Ecco, il punto è proprio questo, i giovani e noi con loro non possiamo non sottolineare la contraddizione tra le dichiarazioni iniziali e gli atti concreti che sono seguiti. Per tutti questi motivi ci siamo battuti con determinazione per difendere la scuola pubblica e come deputate e deputati del PD con tutta la Commissione cultura abbiamo chiesto con forza di cancellare la norma sbagliata sull'aumento del numero delle ore di insegnamento in classe degli insegnanti delle scuole medie e superiori. L'abbiamo contestata insieme a tutta la Commissione cultura nel metodo, perché il Governo non ha ritenuto di avviare alcun confronto preliminare né con le organizzazioni sindacali né con le Commissioni parlamentari, ma soprattutto nel merito, perché era una proposta che non migliorava la qualità della scuola e non aveva perciò alcuna ricaduta positiva sugli studenti e sul Paese; al contrario, aveva solo ripercussioni negative Pag. 80sulla qualità della didattica, era evidente che dietro questa proposta non vi era alcun progetto o idea per migliorare, rilanciare, innovare il sistema dell'istruzione nel nostro Paese, ma che si trattava solo di reperire risorse per compensare un nuovo taglio alla scuola pubblica in un contesto in cui il nostro sistema dell'istruzione, della scuola e dell'università e della ricerca aveva già subito tagli lineari insopportabili, operati dal precedente Governo Berlusconi, di oltre 9 miliardi e mezzo.
I recenti dati OCSE riferiti peraltro ai dati dell'anno 2009, che non comprendono quindi anche i pesanti tagli effettuati nei successivi anni 2010 e 2011, scattano una fotografia sconfortante che colloca il nostro Paese ben al di sotto della media e penultimo in classifica. L'Italia è dunque diventata il fanalino di coda negli investimenti per l'istruzione. Occorreva e occorre dunque invertire questa tendenza e fare dell'istruzione e della ricerca, come fanno gli altri Paesi europei ed Obama, la leva per uscire dalla crisi e promuovere una nuova prospettiva di crescita e di sviluppo.
La norma era sbagliata anche perché veniva dato un messaggio scorretto agli italiani: l'orario di lavoro degli insegnanti infatti non è di 18 ore, ma di molte di più; gli insegnanti non lavorano solo in classe, ma anche molte altre ore a scuola e a casa per correggere i compiti, preparare le lezioni, aggiornarsi, partecipare agli organi collegiali, e così via. È stato calcolato che parliamo di 35, 45 ore la settimana. La norma è stata dunque cancellata con il voto unanime della Commissione bilancio. Ringrazio le colleghe e i colleghi, in particolare i relatori e anche il Governo, che si è reso disponibile a ridiscutere la scelta fatta e si è impegnato attivamente a trovare le risorse necessarie per rendere possibile tale cancellazione. Voglio anche ricordare un altro importante risultato ottenuto per gli studenti universitari con l'approvazione dell'emendamento che stanzia altri 50 milioni per il diritto allo studio.
Devo infine rilevare che ci sono per quanto riguarda le competenze della VII Commissione ancora dei problemi aperti che a nostro avviso è ancora necessario affrontare. Ci sono ancora problemi aperti sulla scuola, penso agli inidonei, agli insegnanti inidonei, al problema pensionistico degli insegnanti per i quali si continua a pensare che lavorano ad anno solare, mentre gli insegnanti - come è noto - lavorano ad anno scolastico e mi auguro che si possa riconsiderare questi temi e finalmente risolverli. Sottolineo un'altra questione che riguarda l'università. L'università aveva la certezza che dal fondo di 900 milioni istituito presso la Presidenza del Consiglio 400 fossero destinati a ripristinare parzialmente il fondo di funzionamento ordinario.
Di questo, purtroppo, nel presente momento, non abbiamo ancora la certezza. Voglio ricordare che, se questo non avverrà, viene messo in discussione anche il funzionamento quotidiano delle università, con le conseguenti ricadute negative sulla formazione dei nostri studenti. Voglio poi segnalare con forza anche la questione del Fondo per l'editoria che, come ha ricordato il relatore Baretta, non ha ancora trovato una risposta positiva nel voto della Commissione bilancio di questa notte. La Commissione cultura, con una risoluzione approvata all'unanimità e con emendamenti del PD, ma anche di altri gruppi parlamentari, ha chiesto di integrare il fondo già istituito sottolineando la necessità di scongiurare il rischio di tagliare in questo settore ben 4 mila posti di lavoro. Si tratta di un settore vitale, che garantisce il pluralismo dell'informazione nel nostro Paese. Siamo di fronte, dunque, a un patrimonio importante, che tutela e garantisce il diritto dei cittadini ad avere un'informazione plurale e che per questo merita di continuare ad essere sostenuto con un ragionevole sostegno di risorse pubbliche.
Devo, infine, rilevare che, con questa legge di stabilità, risulta ancora fortemente penalizzato anche tutto il settore della cultura. Voglio qui ricordare almeno uno dei temi che abbiamo posto e che non ha trovato una risposta positiva, quello di dare certezza nei prossimi anni al mantenimento Pag. 81del tax credit, cioè le agevolazioni fiscali per i privati che investono in cultura. Il nostro Paese, com'è noto, ha un inestimabile patrimonio culturale, archeologico e museale, che costituisce una straordinaria ricchezza per il nostro Paese perché è riconosciuto in tutto il mondo e costituisce un punto di turismo e anche di grandi investimenti. Sappiamo, però, che per la sua tutela e valorizzazione non è sufficiente l'investimento pubblico e che, per questo motivo, è assolutamente fondamentale promuovere e stimolare l'investimento di capitali privati. A tal fine, quindi, è necessario che la sperimentazione avviata del tax credit, cioè appunto le agevolazioni fiscali, possa avere una certezza di futuro. Infatti, mentre è garantito che questo possa accadere per il prossimo anno, 2013, ahimè non vi è questa certezza per gli anni futuri. Per questo motivo, chiediamo, quindi, che anche questo tema possa essere ripreso.
Dunque, signor Presidente, penso che il lavoro che è stato svolto è stato un lavoro straordinario da parte del Parlamento e penso che questa sia la via per dare finalmente delle risposte positive ai cittadini e per creare appunto una nuova prospettiva per il nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Marchi. Ne ha facoltà.

MAINO MARCHI. Signor Presidente, poche volte, forse mai, il Parlamento ha modificato la legge di stabilità o la precedente legge finanziaria rispetto alla proposta iniziale del Governo come questa volta. Altre volte le modifiche significative sono venute su proposta del Governo e/o del Parlamento; questa volta il Parlamento è intervenuto su aspetti di fondo modificandoli profondamente, in primo luogo tutta la materia fiscale, poi la scuola, le politiche sociali, gli esodati, la sicurezza e inserendo un primo fondo per le alluvioni di questi giorni e tanti altri aspetti. La legge di stabilità è stata riscritta dal Parlamento grazie alla collaborazione e alla disponibilità del Governo. Ma questo non ha significato stravolgerne il ruolo e la funzione sul piano del percorso per il risanamento finanziario e il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica definiti con l'aggiornamento del Documento di economia e finanza di qualche settimana fa. Tutto è avvenuto a saldi invariati, assumendo, tutta questa strana e penso non ripetibile maggioranza, gli obiettivi definiti da un Governo che ha evitato il fallimento.
Il collega Polledri diceva che lo scorso anno lo spread era a 499; no, era già a 575, ora è a molto meno, 362. «I BTP tornano ai livelli pre crisi Unione europea», titola oggi Il Sole 24 Ore. E l'abbiamo fatto assumendo gli obiettivi europei e i vincoli e i patti sottoscritti, ma consapevoli della necessità di modificare le politiche europee. E alcuni passi si sono fatti in Europa per coniugare maggiormente rigore e crescita e per colpire la rendita finanziaria. Ricordo la decisione sulla tassa sulle transazioni finanziarie, la Tobin tax. L'Italia ha dato il suo appoggio per ultima, ma ha già previsto l'istituzione dell'imposta dal 2013, con un'entrata di un miliardo di euro.
Questo smentisce l'affermazione del collega Borghesi dell'Italia dei Valori, che diceva che si colpiscono sempre gli stessi. Con la Tobin tax c'è una forte novità, non abbiamo potuto parlarne in Commissione bilancio. Per il Partito Democratico è essenziale che funzioni bene e per questo auspichiamo modifiche al Senato, come l'estensione del prelievo a tutti gli operatori, non solo a quelli italiani, la differenziazione tra operatori normali e ad alta frequenza, cioè quelli che sono più speculativi rincorrendo il guadagno facile, oppure tra chi agisce sul mercato regolamentato e coloro che agiscono su quelli non regolamentati, e la differenziazione nell'aliquota tra azioni e derivati.
Le modifiche più importanti sono sulla materia fiscale. Esprimo innanzitutto soddisfazione per due questioni che avevo sollevato nella discussione sulle linee generali in Commissione, cioè di valutare i risultati strutturali della lotta all'evasione Pag. 82fiscale non già scontati nei saldi e considerare la spesa per interessi come non immutabile. Su proposta dei relatori, nel Documento di economia e finanza (DEF) vanno definite le maggiori entrate strutturali derivanti da attività di contrasto all'evasione fiscale e la differenza tra la spesa per gli interessi sul debito pubblico prevista e effettivamente erogata. E questo entrerà in un fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale a favore delle famiglie e delle imprese.
Si dirà che è solo una norma programmatica: certo, ma credo che sia importante, e non ci si ferma qui. Ci sono anche i fatti. Dal provvedimento «salva Italia» fino a questo disegno di legge di stabilità, così come è stato modificato, c'è più pressione sui patrimoni e sulle rendite finanziarie, e meno sulle imprese - penso alla riduzione dell'IRAP già nel «salva Italia» -, sul lavoro e sulle famiglie, in modo particolare con questo provvedimento.
Veniamo alle modifiche introdotte dal Parlamento: innanzitutto, un minore aumento dell'IVA, solo su quella del 21 per cento e non su quella del 10 per cento. Certo, qui viviamo una contraddizione, perché per i cittadini anche questo è un costo in più, ma per lo Stato, la riduzione di questo previsto aumento è un costo in più o una minore entrata rispetto alle previsioni: già 3 miliardi 280 milioni di euro nel passaggio da due punti a uno sulle due aliquote, e un altro miliardo 162 milioni per togliere quella del 10 per cento.
Sento spesso dire che l'aumento dell'IVA l'ha deciso questo Governo: no, è un'eredità. Con le manovre precedenti, si era previsto 4 miliardi nel 2012, 16 nel 2013 e 20 del 2014, che dovevano derivare da tre possibilità alternative: o la riduzione degli interventi assistenziali, tipo le pensioni di reversibilità (lo ricordo al collega Polledri, che ne ha fatto cenno). Impossibile, è un'operazione impossibile. O la riduzione lineare delle detrazioni e delle deduzioni: abbiamo visto gli effetti per una previsione del valore di 2 miliardi di euro, figuriamoci se fosse stata di 20. Restava solo la terza alternativa, l'aumento dell'IVA: ricordo che un punto percentuale, dal 20 al 21, era stato già deciso ed era entrato in vigore con il precedente Governo. Si è previsto due punti percentuali da ottobre 2012 e 2,5 dal gennaio 2014. Ora siamo, dopo varie manovre, a un solo punto solo sull'aliquota del 21 per cento, che va al 22, e dal luglio 2013. Questi sono la realtà e i fatti.
Non c'è più, inoltre, l'aumento dell'IVA sulle cooperative sociali per il 2013. Per il dopo si vedrà in base ai rapporti con l'Unione europea. Il Partito Democratico lavora per il mantenimento del 4 per cento. Si sono tolte le tasse sulle pensioni sopra i 15 mila euro per gli invalidi di guerra: la previsione è rimasta per la reversibilità, ma non da 400 euro mensili, che farebbero poco più di 5 mila euro e non 15 mila euro l'anno, e c'è comunque l'impegno del Governo a togliere anche questa previsione al Senato. Si è ridefinito l'intervento per i redditi agrari, per l'IRAP, per la produttività.
L'aspetto più importante è che si concentrano le riduzioni delle tasse sulle famiglie con figli, ancor di più se minori di tre anni e notevolmente di più se disabili, e con effetti più significativi sui redditi più bassi. Le tasse si riducono dal 2013 e l'intervento vale un miliardo. È la modalità più corretta, più equa rispetto alla spalmatura su tutte le fasce di reddito che era prevista prima. Il minor aumento dell'IVA, l'eliminazione delle riduzioni e delle detrazioni e, invece, l'aumento delle detrazioni per famiglie con figli, con effetti maggiori sui redditi più bassi, va nella direzione dell'equità e della crescita, favorisce l'aumento della domanda, dei consumi.
La domanda interna ha avuto effetti più negativi nel momento della crisi, in questa recessione, una recessione già prevista mentre si concludeva la fase del Governo Berlusconi, anche se, oggettivamente, più pesante del previsto. Quindi, occorrono politiche industriali, politiche per la crescita e l'equità, per il lavoro; in questo senso vanno il fondo da 300 milioni di euro per le politiche sociali e quello da Pag. 83200 milioni per la non autosufficienza e la SLA. Non bastano, ma invito a guardare alla direzione di marcia, da anni non si fa che tagliare, ora si comincia a mettere risorse; c'è un'inversione di tendenza.
Inoltre, c'è la previsione di un fondo per il credito di imposta sulla ricerca, per la ricerca delle aziende, delle imprese, alimentato dalla riduzione dei trasferimenti alle imprese; sono anche, per questi aspetti, primi passi ma, certo, non di poco conto. Si è modificata la proposta del Governo sulla scuola, ne hanno già parlato le colleghe Coscia e Rubinato, e sulla sicurezza. Il Partito Democratico ha fatto una battaglia per ridurre l'effetto negativo della spending review che porta a perdere ventimila unità di personale nelle forze dell'ordine; si potrà assumere sia attraverso il fondo di dieci milioni di euro che con interventi di razionalizzazione interna, spostando risorse; una via certamente non semplice ma che può dare risultati.
Ringraziamo i relatori per aver colto questa esigenza, continueremo per dare altri segnali in questa direzione. Un passo avanti consistente è stato fatto sugli esodati, non risolve tutto, ma affronta le esigenze dei prossimi anni e definisce un metodo, un meccanismo di finanziamento. Il collega Borghesi diceva che si fanno pagare i pensionati; no, è solo un'ipotesi eventuale se non basteranno le altre risorse previste e solo per la non rivalutazione delle pensioni pari a sei volte il minimo e dei vitalizi dei politici. Colleghi dell'Italia dei Valori, ma non li volevate eliminare? Ora vi lamentate per la non rivalutazione?
Importante è poi l'intervento sulle alluvioni di questi giorni per duecentocinquanta milioni di euro e anche il fondo di 40 milioni di euro per le calamità intervenute tra il 2009 e quest'anno e i 35 milioni di euro per L'Aquila; questi non sono in contraddizione, lo ricordo al collega Polledri, con gli interventi sul terremoto dell'Emilia che hanno ben altra dimensione.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MAINO MARCHI. Su quel piano, la sofferenza, ed è una sofferenza che c'è, e l'inadeguatezza sono relative alla rateizzazione fiscale, non per gli interventi di emergenza e di ricostruzione. Tanti altri sono i punti su cui in Commissione si è modificato il disegno di legge di stabilità e su cui non posso soffermarmi; segnalo le maggiori sofferenze rimaste: il Patto di stabilità interno; auspico che al Senato si intervenga. I comuni e le province sono in ginocchio, bisogna averne consapevolezza e avviare, come si è fatto per le politiche sociali, un'inversione di tendenza. Ribadisco che gli enti locali e gli amministratori locali sono una risorsa fondamentale, una leva essenziale per affrontare i problemi del Paese e poi auspico che il Senato intervenga sull'editoria, università, cultura, pensioni del personale della scuola e per la sterilizzazione degli aumenti della tasse sulle accise dei carburanti quando aumenta il prezzo in modo anomalo.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MAINO MARCHI. Mi avvio a concludere, signor Presidente, con il commento del capogruppo Franceschini: dal Parlamento un lavoro straordinario grazie ai relatori e alla Commissione. È stato migliorato profondamente il testo proposto dal Governo, ora la legge è più equa; è la dimostrazione che gli impegni assunti dal Partito Democratico, in primo luogo dal segretario Pierluigi Bersani, sono stati mantenuti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Misiti. Ne ha facoltà.

AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, al termine di una lunghissima e tormentata seduta la V Commissione (Bilancio) ha approvato questo disegno di legge di stabilità; una maratona che è stata necessaria e che ha visto anche una dialettica molto dura, tant'è vero che su due emendamenti importanti il Governo aveva dato parere contrario ed è stato battuto dalla Commissione stessa. Certo c'è stata Pag. 84la collaborazione anche del Governo per poter modificare un testo che era stato criticato appena uscito da palazzo Chigi. Era stato criticato da destra e da sinistra, anche in parte dal centro dello schieramento politico e comunque non era criticato su un aspetto importante, cioè sugli investimenti complessivi, sul costo complessivo della manovra o disegno di legge di stabilità.
Certo, molti colleghi si sono soffermati sui principali emendamenti, soprattutto su quello fiscale, che i relatori, Renato Brunetta e il collega del PD, Baretta, hanno insieme proposto alla Commissione, che ne ha preso atto a stragrande maggioranza e lo ha approvato.
Un emendamento fiscale che ha abrogato il tetto e la franchigia su deduzioni e detrazioni; ha soppresso l'aumento dell'IVA previsto dal 10 all'11 per cento; ha incrementato le detrazioni fiscali per i figli a carico (180 euro per ciascun figlio), con una spesa prevista di un miliardo di euro; è stato previsto un incremento dei fondi destinati alla produttività; è stato costituito un fondo per l'eliminazione dell'IRAP per i lavoratori autonomi, con una spesa di 300 milioni di euro, mentre 700 milioni di euro sono stati investiti per l'IRAP sul lavoro. La norma sulla cooperative sociali ha comportato 153 milioni di euro di spesa. Inoltre è stata eliminata la retroattività delle norme che prevedevano la rivalutazione dei redditi domenicali ed agrari, la revoca del regime fiscale favorevole per le società agricole con 97 milioni di spesa. È stata reintrodotta l'esenzione Irpef per le pensioni di guerra e ripristinata la clausola di salvaguardia sul calcolo del TFR, con altri 170 milioni di euro.
La cosa importante, anche se programmatoria, ma importantissima, è quella dell'istituzione di due fondi: un fondo famiglie e un fondo imprese. Voglio mettere l'accento su questi fondi, anche se non posso qui indicare delle cifre, perché non indicate dai relatori, ma si tratta di un fatto importantissimo, soprattutto l'istituzione del fondo famiglie, che è finalizzato alla riduzione della pressione fiscale sulle famiglie e che viene finanziato da proventi derivanti dalla lotta all'evasione fiscale, dalla riduzione della spesa per interessi sul debito pubblico e da eventuali operazioni one-off.
Il fondo per le imprese è anch'esso finalizzato alla riduzione del cuneo fiscale e alla concessione di un credito di imposta per la ricerca e lo sviluppo dell'impresa, ed è finanziato mediante risorse derivanti dalla progressiva riduzione dei trasferimenti alle imprese. Questi due fondi sono di grandissima importanza, perché saranno validi nel tempo e anche per gli altri Governi. Mi vorrei soffermare - visto che su molti altri aspetti si sono soffermati i colleghi, mettendo in rilievo l'importanza degli emendamenti approvati con l'accordo e con il sostegno del Governo - sul fondo, previsto da un emendamento, per il quale si prevede uno stanziamento di 250 milioni di euro per la difesa del suolo. Voglio dire con franchezza che questo fatto è importante di per sé, certamente, in questo momento soprattutto, e credo sia stato inserito proprio perché in questi giorni siamo ancora sottoscacco su questo terreno. Vorrei soffermarmi su tale finanziamento perché lo ritengo non solo molto importante, ma perché indica purtroppo una nostra mentalità, una nostra linea, che è sbagliata, nel senso che interveniamo dopo che eventi come alluvioni, terremoti, e così via, sono accaduti. Ebbene, credo non si tratti soltanto di intervenire guardando dal punto di vista emergenziale tale questione, ma si tratta di intervenire su questo tema in modo ordinario, rafforzando le strutture del Ministero ad hoc, il Ministero dell'ambiente.
Quest'ultimo oggi può utilizzare esclusivamente personale (tecnici) che provengono addirittura dal Ministero delle poste. Sono degli spostamenti dovuti al sovraffollamento di quel Ministero e il Ministero dell'ambiente si deve servire esclusivamente, per queste evenienze, dell'ISPRA, con le scarse risorse umane e materiali.
Va ricordato, su questo punto, che le tremende alluvioni del 1951 e del 1966, che hanno distrutto il Polesine e molte opere d'arte a Firenze, non hanno indotto Pag. 85le istituzioni italiane a realizzare quelle opere indispensabili per la difesa preventiva del territorio. Basterebbe guardare il bacino dell'Arno. Se non sarà affrontato il problema dell'abbattimento dell'onda di piena attraverso una serie di piccoli bacini a monte, la città di Firenze sarà travolta, così come avvenne nel 1966. Il caso di Roma è emblematico e dimostra che dove si interviene preventivamente si possono evitare le catastrofi.
In definitiva - e mi avvio a concludere, signor Presidente - su questo provvedimento sono state preannunciate tre votazioni di fiducia. Il testo da sottoporre a fiducia del Parlamento dovrà contenere non solo gli emendamenti votati con l'accordo del Governo in Commissione ma, a mio avviso, anche i due importanti emendamenti approvati in Commissione bilancio con il parere contrario del Governo.
Se ciò non dovesse avvenire, è anche naturale che i gruppi parlamentari che hanno appoggiato tali emendamenti - in particolare Grande Sud, che mi onoro di dirigere - saranno costretti a riconsiderare il proprio atteggiamento in relazione, se non alla fiducia - perché quella sarà assicurata da tutti noi - certamente al testo del provvedimento finale.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Binetti. Ne ha facoltà.

PAOLA BINETTI. Signor Presidente, colleghi, credo che ci sia da parte di tutti noi una profonda gratitudine nei confronti della Commissione bilancio, che ha cercato di tradurre in termini concreti, di emendamenti puntuali e precisi, quelle che erano le aspirazioni emerse dal lavoro delle diverse Commissioni. Io ho partecipato intensamente (di fatto sono stata relatrice del parere) ai lavori nella XII Commissione, quella che riguarda la sanità, e ho totalmente presente il dibattito che ha caratterizzato in modo radicalmente trasversale una serie di decisioni che poi abbiamo consegnato alla Commissione bilancio.
C'era in tutti noi, indipendentemente direi non solo dalla «strana maggioranza», ma anche dal rapporto tra maggioranza e opposizione, una profonda convergenza sul fatto che fosse urgente integrare la politica di rigore del Governo con una politica di profonda e fedele capacità di farsi carico dei bisogni sociali nel Paese. C'è un'emergenza sociale che si sta imponendo ogni giorno di più alla nostra attenzione e che giunge a noi attraverso le associazioni dei malati e anche attraverso quella che è la percezione totale e assoluta di molte delle persone che lavorano nel comparto della sanità e che sentono come l'assottigliamento delle risorse possa facilmente tradursi in una riduzione della qualità e anche dell'intensità dei servizi offerti ai malati.
Eravamo tutti d'accordo, per esempio, sul fatto che non si potessero ignorare i bisogni dei pazienti, o comunque dei soggetti non autosufficienti. C'era la convinzione profonda che dovessimo dare una risposta concreta a quel dibattito che stava montando nell'opinione pubblica e caratterizzato dai pazienti affetti da SLA.
C'era bisogno, da parte di tutti noi, di mantenere fermo quel punto che era emerso con il decreto Balduzzi, recentemente approvato, che era l'ampliamento dei livelli essenziali di assistenza per un'inclusione sempre più consapevole di quelle che sono le nuove patologie definite anche dalla comunità scientifica e che riguardano le cosiddette «malattie rare», che poi tanto rare non sono, come ben sanno gli addetti ai lavori.
C'era, da parte nostra, la convinzione che la Commissione bilancio dovesse tradurre in numeri concreti e che, davanti a una coperta stretta, dovesse fare delle scelte coraggiose che, però, garantissero il diritto di tutti alla salute e il diritto di tutti anche a una qualità di servizi che sono molte volte profondamente integrati con quello che è il bisogno di assistenza.
Il non autosufficiente è difficile dire se ha più bisogno di sanità o più bisogno di politiche sociali, perché abbiamo tutti la profonda consapevolezza che non si possono separare le politiche sociali da quelle sanitarie. Credo che da questo punto di vista la Commissione bilancio abbia fatto Pag. 86dei passi avanti molto concreti. Forse l'unica perplessità che tuttora sussiste è come, nel desiderio di venire incontro ai bisogni di tanti, abbia creato delle cornici all'interno delle quali sono stati collocati tali bisogni, senza in un certo senso scendere nel dettaglio: proprio per garantire, però, che nel principio di equità vi fosse davvero il fondamento della garanzia di tutti.
Di ciò noi siamo profondamente grati; anche se evidentemente stiamo aspettando di capire esattamente su che cosa potranno contare i malati, di capire esattamente quali saranno le risorse su cui la sanità potrà contare, perché troppo spesso sentiamo premere la proposta del nuovo decreto cosiddetto Balduzzi, la riduzione dei posti letto, la razionalizzazione dei servizi. Tutte parole, insomma, di alto valore culturale, ma che destano molto spesso il sospetto che tutto ciò possa creare ulteriori forme di disagio alle fasce più deboli: mi riferisco per esempio alla riduzione dei posti letto, dal 4,3 al 3,7 per mille, riservando lo 0,7 ai pazienti cronici, laddove tutti sappiamo che quella dei pazienti cronici e disabili è una tipologia che è in forte aumento e in forte crescita.
Nello stesso tempo ci rendiamo conto come nella riduzione dei posti letto, cioè nella riduzione di risorse a disposizione della sanità si faccia appello a un bisogno di ridisegnare determinati modelli, che diventino però garanzia di nuovi modi di affrontare i problemi. È quindi vero che si possono ridurre i giorni di degenza, ma soltanto a patto di aumentare i tetti di assistenza che gravano per esempio sul day hospital, sulle prestazioni di tipo ambulatoriale specialistico, e così via dicendo. Comunque, diamo atto che in questo senso un lavoro è stato fatto, è stato fatto positivamente, si è legiferato secondo criteri di risorse che sono in progressiva riduzione, ma si è cercato di salvaguardare il principio dell'equità.
Un altro punto su cui noi troviamo che la Commissione bilancio abbia comunque fatto un passo molto significativo in avanti - il «comunque» va ovviamente inteso sempre rispetto alla riduzione delle risorse disponibili - è nei confronti delle famiglie. Credo che forse mai come in questo momento alle famiglie si è cercato di dare qualcosa in più; e si è cercato di farlo cavalcando proprio quella che è una delle dimensioni sulle quali ci sentiamo maggiormente incalzati per esempio dalla famosa Associazione nazionale famiglie numerose, e lo si è fatto proprio attraverso le detrazioni per ciascun figlio. In ogni caso, riconoscere che la famiglia è stata il soggetto sociale sul quale finora si sono scaricati sempre e costantemente i costi più pesanti - che siano i costi della disoccupazione giovanile, che siano i costi della disabilità, che siano i costi delle patologie croniche, che siano i costi comunque del disagio sociale più ampio e più articolato - ha contribuito a creare, per lo meno da parte di questa Commissione (e mi auguro che tutto ciò sia avvenuto in piena e totale sintonia con il Governo), uno spazio di speranza di cui speriamo che si accorgano le stesse famiglie. Ma certamente l'intento c'è stato, ed è stato un intento positivo, è stato un intento che in qualche modo ha creato dei margini. Non so se è vero che si vede la luce in fondo al tunnel; però certamente le famiglie sanno che per la prima volta si è aggiunto loro qualche cosa, e non è stato tolto.
Dove però, signor Presidente, noi conserviamo veramente un elemento di preoccupazione, un elemento di perplessità, riguarda concretamente alcuni aspetti per esempio del mondo della ricerca. Perché dico questo? Abbiamo tutti nelle orecchie le famose parole recentissimamente pronunciate da Obama, quando egli ha detto che lo sviluppo di un Paese è tale sempre e solo se riparte da un investimento positivo nei confronti della ricerca, e in particolare poi anche nei confronti dell'università. Le misure che intendono proteggere la ricerca nel disegno di legge in esame vi sono, ma sono sparse e come se si avesse voluto recuperare qualche briciola or qua or là, ma in mancanza sicuramente di un disegno organico e di un disegno completo. Pag. 87
Alle università serve oggi una testimonianza concreta e operativa di supporto veramente generoso. Mi riferisco a tre fatti concreti. Tutti i colleghi che se ne occupano sanno che adesso, il 20 di questo mese, scade il famoso termine per l'abilitazione nazionale. Ci sono 51 mila domande di persone che aspirano a ricevere questa abilitazione, tra coloro che si presentano all'abilitazione per professori associati e coloro che si presentano all'abilitazione per professori ordinari.
Finora, il dibattito si è tutto concentrato sui criteri di ammissione a questa abilitazione, un problema che va sotto il nome delle mediane, come molti colleghi sanno perfettamente. Bene, il vero grido di dolore non è tanto nella partecipazione all'abilitazione nazionale, quanto nel fatto che, di questi abilitati, se ne potrà chiamare un numero assolutamente irrilevante. La tragedia che finora ha assorbito l'angoscia e la preoccupazione dei candidati è stata quella di poter essere ammessi. Adesso va prendendo forma sempre più chiaramente l'idea che ammessi e abilitati probabilmente non saranno chiamati e questo attiverà un piccolo passaggio della legge che prevede che, se non sei stato chiamato, ancorché tu sia stata abilitato, nell'arco di quattro anni, non dico che dovrai riconcorrere, che potrebbe essere una cosa perfino equa, ma non potrai concorrere per il quadriennio successivo.
Ci si rende conto, quindi, che la riduzione dei finanziamenti alle università ed alla ricerca sta creando una situazione di demoralizzazione molto profonda in quella che dovrebbe essere - potremmo chiamarla così - «la meglio gioventù» del Paese, quella che, in qualche modo, ha studiato con impegno, quella che si è laureata brillantemente, quella che ha concorso per fare un dottorato di ricerca, quella che, in qualche modo, ha fatto una scelta precisa e concreta per l'attività di tipo intellettuale rispetto ad altre attività.
Io credo che, da questo punto di vista, gli interventi svolti dai colleghi, di cui riconosco la validità e che posso anche non riproporre - li avevo segnati, ma ho il desiderio di essere breve anche perché mi sembra che sono rimasta pressoché da sola a parlare in questa Aula - siano attraversati da un sottile filo rosso. Questo filo rosso sottile dimostra che si è cercato di prendere qua e là, ma che non si è avuto il coraggio di fare una scelta di investimento positivo.
La ricerca è la speranza del sistema. Se prima dicevo che le detrazioni per ogni figlio sono la speranza della famiglia e, molte volte, sono elemento di speranza per le famiglie numerose, in questo caso, credo che ci sia un elemento di indebolimento nel sistema, che ci piacerebbe che trovasse invece una risposta positiva, una risposta forte.
Mi rendo conto e sono totalmente consapevole non dei sacrifici, ma della fantasia e dello spirito di iniziativa con cui i colleghi relatori in modo particolare, e non solo la Commissione, hanno lavorato. Sono convinta che il Fondo che hanno ricreato, per esempio, anche per le università, per i policlinici universitari a gestione diretta o per il diritto allo studio rientri tra i segni di un'attenzione vigilante, ma in un contesto in cui le risorse che mancano all'appello sono forse troppe.
Quindi, mi auguro che ci siano modi, strumenti e fantasia, che ci sia davvero un rilancio positivo e concreto perché questa legge di stabilità non stabilizzi solo i conti o l'obiettivo tendenza e l'aspirazione che è la parità di bilancio, ma faccia propria quella audacia di cui oggi stesso il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha parlato, tracciando davvero, attraverso la valorizzazione della ricerca, un orizzonte di segno positivo per l'intero Paese.
Questi sono i nostri obiettivi: tutelare le famiglie - e devo dire che, in questo senso, ci sono segni positivi - ridurre i tagli alla sanità, ma su questo punto vogliamo essere ancora più vigilanti, restituire energia e linfa vitale alle politiche sociali e dare atto in questo senso che tentativi concreti ci sono stati e, per quello che riguarda ricerca e università, avere la capacità di essere più audaci perché è da questa audacia che i giovani potranno assumere più profondamente e più consapevolmente Pag. 88la responsabilità di prendere in mano il destino del Paese e di prenderlo in mano attraverso contributi di competenza.
Questo è stato il Governo tecnico, è stato un Governo dei professori universitari, è stato un Governo in cui la scelta della competenza nel fare le cose sembrava più rilevante che non la scelta dell'approccio politico ai problemi. Questo, indirettamente, manda un messaggio ai giovani ed è il messaggio che bisogna studiare per poter governare, che bisogna essere competenti per poter esprimere, con livello di soddisfazione personale e di tutta la comunità, il proprio tributo di servizio.
Questo merito, però, che a questo universo si possa dedicare un ulteriore sforzo positivo perché davvero la speranza cammini con le gambe dei giovani, che è quello che tutti ci auguriamo, perché dietro quella goffa e dietro quella anche dolorosa manifestazione di ieri, a cui nessuno di noi avrebbe voluto più assistere, perché per quelli che sono un po' più anziani è evocatrice di situazioni anche drammatiche, vi è il disagio. A quel disagio dobbiamo riuscire a dare una risposta in termini di prevenzione. E la prevenzione si chiama occupazione e l'occupazione si chiama competenza e la competenza si chiama studio universitario di alta qualità - non solo universitario - ma, certamente, studio universitario di alta qualità.
Comunque, ringrazio davvero i colleghi per aver cercato di accogliere, nella misura del possibile, tutte le nostre insistenti richieste.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione congiunta sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo - A.C. 5534-bis-A e A.C. 5535-A)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore sul disegno di legge di stabilità, onorevole Brunetta. Ne ha facoltà, per sei minuti.

RENATO BRUNETTA, Relatore sul disegno di legge n. 5534-bis-A. Signor Presidente, avevamo pensato di non replicare. Però, forse è bene usare, anche per l'opinione pubblica, questi pochi minuti per fare alcune precisazioni.
Alla collega Binetti ricordo, condividendo tutte le sue valutazioni in tema di ricerca, che abbiamo finalmente strutturato, dal punto di vista tecnico-parlamentare, il cosiddetto Fondo per la produttività. In sostanza, abbiamo collocato su un terreno parlamentare e istituzionale quello scambio tra il taglio dei cattivi trasferimenti alle imprese, con una sorta di restituzione alle imprese di questi cattivi trasferimenti in forma di credito d'imposta per la ricerca.
Al momento, certo, è un fondo vuoto, ma questo dipenderà dal Parlamento, perché il meccanismo che abbiamo predisposto e ipotizzato è che il Governo dovrà venire, entro trenta giorni dall'approvazione di questa legge di stabilità, a relazionare sul famoso documento Giavazzi per capire se vi sono 10 miliardi, 3 miliardi, 400 milioni o se non vi è assolutamente nulla.

PAOLA BINETTI. Ci saremo!

RENATO BRUNETTA, Relatore sul disegno di legge n. 5534-bis-A. Sarà il Parlamento, centrale ancora una volta, a dare gli indirizzi al Governo per individuare queste risorse. E queste risorse, una volta individuate, siano 100 milioni, 200, 300 o 2 miliardi, andranno a credito d'imposta per il meccanismo di favorire la mobilità tra università e imprese e anche per la riduzione del cuneo fiscale. Molti, nel dibattito in Commissione, ci hanno detto che è un ordine del giorno, un emendamento programmatico. Niente affatto! È un incardinamento fondamentale che consente al Parlamento di diventare centrale in un nodo strutturante e fondante della vita di un Paese. Quindi, concordo assolutamente con l'onorevole Binetti da questo punto di vista.
L'altro Fondo, che è il Fondo per la riduzione della pressione fiscale, cominciava Pag. 89anche questo, signor Presidente, cari colleghi, nel 2014. Era già esistente, ma era poco strutturato. Adesso abbiamo stabilito da dove preleverà le risorse, cioè dalla parte eccedente il tendenziale già incorporato per quanto riguarda la lotta all'evasione, dalla tax expenditure, vale a dire tutto quello che si riuscirà a recuperare dal famoso elenco Ceriani da questo punto di vista, e, come abbiamo detto, dalla lotta all'evasione.
Anche su questo, signor Presidente, dire che il Parlamento indirizza il Governo, una volta ottenuti e raggiunti gli obiettivi di equilibrio di bilancio, nel senso di utilizzare le restanti risorse per la riduzione della pressione fiscale, è un vincolo assoluto, fondante e fondamentale, che pone al centro della politica economica del Governo non solo e non tanto il pareggio di bilancio o l'equilibrio di bilancio o il consolidamento fiscale o il fiscal compact, che sono tutti impegni che abbiamo.
Ma una volta tendenzialmente raggiunti questi, c'è un vincolo che il Parlamento dà, che è la riduzione della pressione fiscale per le famiglie e per le imprese. Ebbene, ho citato solo questi due punti e concludo. Ci sono anche altri oggetti interessanti dentro questo disegno di legge di stabilità. Sono oggetti importanti e fondanti, soprattutto la centralità del Parlamento. Ecco, vi è un paradosso: un Governo di tecnici, che sembrava aver esautorato il Parlamento, nella fase sua terminale - e uso appositamente questo termine: terminale, non finale -, con una sorta di paradosso istituzionale, rilancia il ruolo del Parlamento. Dipenderà da questo e dal prossimo Parlamento saperlo utilizzare fino in fondo.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore sul disegno di legge n. 5534-bis-A, onorevole Baretta.

PIER PAOLO BARETTA, Relatore sul disegno di legge n. 5534-bis-A. Signor Presidente, intervengo brevissimamente solo su un aspetto, interloquendo con il collega Borghesi, il quale ha strumentalizzato - e ciò mi dispiace perché si può avere opinioni diverse, ma bisogna attenersi a dei dati - su un punto molto sensibile di questa complessa riforma, che è quello delle detrazioni sui carichi di famiglia.
Noi abbiamo fatto un'operazione che impegna un miliardo dal 2013, l'abbiamo destinato ai carichi di famiglia e abbiamo scelto di farlo intervenendo su tutte e tre le fasce: i carichi di famiglia, prima fascia, figli con meno di tre anni, figli disabili. Il collega Borghesi ha detto che questo è un beneficio finto e ha citato un esempio, quello di una famiglia che, avendo un reddito molto basso, a causa di queste detrazioni diventi incapiente e, quindi, non possa utilizzare queste detrazioni.
Devo dire che mi sembra francamente di una strumentalità totale, perché se una famiglia, a seguito dell'effetto delle detrazioni - come succede in tutti gli altri casi, per il fatto che noi le abbiamo alzate, quindi abbiamo dato un beneficio ulteriore - diventa incapiente, purtroppo quella famiglia si trova in una condizione che la mette in grado di non pagare nessuna tassa, non di continuare a detrarre, perché si trova nella sfortunata situazione. Sarebbe come dire - e questo l'ho letto stamattina in un giornale, che citava lo stesso esempio dell'onorevole Borghesi - che chi abbia un alto reddito, magari verso i 90 mila euro, e lo sfori un po' di più, siccome a 99 mila euro questa detrazione si ferma, non gode di questa detrazione e quindi è una detrazione senza effetto. Insomma, bisogna avere un elemento di coerenza perché, come diceva il collega Brunetta, qui si parla all'opinione pubblica, si parla a cittadini italiani, che vivono una particolare difficoltà. Noi non abbiamo risolto i problemi dell'Italia, abbiamo cercato di indirizzare le poche risorse che abbiamo in un tentativo di migliorare, per quel poco che si può, una condizione di difficoltà generale. Quindi, per lo meno cerchiamo di essere corretti anche nella strumentalizzazione che ciascuno vuol fare; anche nella strumentalizzazione politica ci vuole una correttezza.

Pag. 90

PRESIDENTE. Prendo atto che l'onorevole Ciccanti, relatore sul disegno di legge n. 5535-A, rinuncia alla replica.
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, anche io voglio ringraziare innanzitutto il presidente della Commissione bilancio, i relatori e tutti i deputati della Commissione, per avere vissuto insieme questa lunga avventura, che è stata molto intensa e ha portato un carico di lavoro molto forte e ha vissuto una dialettica vera tra Governo e Parlamento, anche con momenti, come è giusto che sia, di confronto anche duro, però nell'ambito di una grande correttezza e reciproca stima, che ha consentito poi alla Commissione di portare a termine il risultato che oggi è alla base di questo nostro dibattito.
Un lavoro duro, quindi, ma che è stato anche caratterizzato da momenti molto intensi, e da uno in particolare che voglio qui ricordare: quando l'onorevole Paglia, con la dignità di chi tanto ha dato per il nostro Paese, ha ricordato a tutti che dietro la discussione in corso sul valore delle pensioni di guerra non vi era soltanto un fatto economico, ma un significato simbolico, che dovevamo cogliere in tutta la sua pienezza.
Voglio qui in Aula riconfermare le promesse che abbiamo fatto in Commissione in merito al fatto che il problema sarà definitivamente affrontato e risolto nell'altro ramo del Parlamento, non solo perché questa è una promessa del Governo - come hanno riportato i giornali e come nei fatti è avvenuto, vi è stato anche un intervento diretto del Premier, sebbene da fuori dell'Italia - ma anche per un secondo elemento, che mi ha ancora più colpito, almeno personalmente.
Durante l'esame del provvedimento in Commissione si era creata una situazione di questo tipo: vi era la Commissione assolutamente a favore del fatto che il problema si affrontasse subito e si risolvesse in quella stessa sede, mentre io, contrariamente a quanto è stato detto da alcune agenzie di stampa, non avevo espresso parere contrario, ma mi ero rimesso alla Commissione.
Vi erano tutte le condizioni, quindi, per procedere in quel momento. Con grande senso di responsabilità, devo dire, ancora una volta, l'onorevole Paglia ha preferito...

RENATO BRUNETTA. Anche l'onorevole Villecco Calipari!

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze.. .. naturalmente con l'accordo di tutta la Commissione, non affrontare in quella sede il problema, ma rinviarlo al Senato, dando, ancora una volta, una grande dimostrazione di attaccamento alle istituzioni, che incorporano in sé l'essenza stessa della nostra nazione.
Detto questo, vorrei soltanto ricordare che la discussione sul disegno di legge di stabilità, su quella che una volta era la legge finanziaria, è anche un momento di check-up per quanto riguarda la situazione economica italiana nel suo complesso.
Si tratta di vedere, cioè, la direzione verso cui stiamo andando, quello che abbiamo lasciato alle nostre spalle e se ci siamo incamminati su un sentiero, per quanto aspro e difficile, non dico di superamento della crisi, ma almeno di attenuazione dei morsi della stessa.
Devo aggiungere che è un esercizio molto più difficile in questa fase, perché cambiano i paradigmi interpretativi (lo accennavano precedentemente sia l'onorevole Brunetta sia gli altri relatori). Fino a poco fa pensavamo a una nuova religione, che era quella del rigorismo, del rigore a tutti i costi, del rigore come panacea di tutti i mali.
Poi, sia Christine Lagarde, dal Fondo monetario internazionale, sia, soprattutto, Blanchard, che è stato l'economista che ha individuato come certi parametri nel rapporto tra taglio della spesa, o comunque aumento delle imposte, e riflessi sulla dinamica del PIL siano profondamente cambiati, ci hanno richiamato tutti alla realtà, dicendo che in economia non esiste Pag. 91mai una panacea; esistono, invece, ricette che hanno elementi di contraddizioni che devono essere continuamente adeguate all'evoluzione del ciclo economico.
Quindi, di rigorismo si può anche morire e bisogna saper dosare meglio il rapporto tra il rigore, che rimane essenziale, e l'esigenza di dare spazio alla crescita. Questo è un primo elemento che rende più difficile oggi la nostra analisi. Il secondo elemento è che la crisi sta cambiando i rapporti di forza all'interno dei diversi Paesi ed è su questo che dobbiamo un po' centrare la nostra attenzione.
Sono rimasto molto impressionato dagli ultimi dati della Commissione europea, che, come in uno specchio, ci riflettono come sono intervenuti questi cambiamenti. Prendiamo la Germania: la previsione della primavera del 2012 era che la Germania avrebbe fatto nel 2012 un deficit strutturale di bilancio dello 0,4 per cento e nel 2013 dello 0,3 per cento. A distanza di sei mesi, invece, si scopre che la Germania andrà in surplus di bilancio per lo 0,2 per cento nel 2012 e per lo 0,3 per cento nel 2013. Cosa è successo?
È successo che il meccanismo della crisi, trasferendo capitali - il famoso spread di differenza tra il bund tedesco e gli altri titoli italiani -, è un fattore che da solo risolve, in qualche modo, la crisi tedesca perché consente alla Germania un finanziamento a basso prezzo rispetto a quello degli altri Paesi europei e, di conseguenza, di per sé, trasforma quello che era un elemento di crisi strutturale, endogeno, tedesco in un momento di forza. Quindi, questo spiega anche perché nei confronti della Germania oggi vi sia un atteggiamento non dico di ostilità, perché sarebbe eccessivo, ma di sospetto guardingo, la possiamo dire così, perché ci si interroga se dietro certe resistenze a svolgere quel ruolo che dovrebbe svolgere in Europa come leadership democratica oggi non vi sia un eccesso di egoismo, ma anche di miopia politica, cioè di vedere soltanto le proprie cose, dentro la propria casa, confermando un vecchio detto che si è sempre detto della Germania, secondo cui la Germania era un gigante economico, ma un nano politico.
La crisi sta un po' mettendo in evidenza questo e colpisce anche il nostro Paese perché noi eravamo partiti da un deficit strutturale molto più contenuto, invece i nuovi dati ci mettono in allarme perché dice la Commissione europea che noi quest'anno non realizzeremo il pareggio di bilancio, ma saremo sotto dello 0,4 per cento. Non è drammatico perché il fiscal compact ci dice che l'obiettivo a medio termine viene comunque realizzato se si rientra in una forchetta tra 0 e meno 0,5. Comunque, è un segnale preoccupante che ci dice che ancora vi sono elementi di riflessione. Mentre nel 2014, dice la Commissione europea, il deficit strutturale sarà dello 0,8 per cento. Quindi, sono dati che non possiamo mai dimenticare.
Vi sono però anche degli aspetti positivi in tutto questo perché, per esempio, se io vedo l'andamento del debito complessivo, sempre secondo i dati della Commissione europea, noi abbiamo più o meno nella proiezione triennale un andamento piatto, perché siamo nel 2012 al 126,5 per cento, nel 2013 al 127,6 per cento, con un aumento di un punto di PIL, poi riscende al 126,5 per cento. La Germania, sempre per quel meccanismo che dicevo prima, senza fare grandi fatiche riduce il rapporto tra debito e PIL, quindi ecco la spinta di come la crisi lavora a favore un po' della Germania nello status quo attuale. È impressionante però il confronto con la Francia, che ci deve far ben sperare perché mentre da noi l'andamento del debito rimane piatto, in Francia cresce di 4 punti nel 2012, di 2,7 punti nel 2013 e di 1,8 nel 2014.
Quindi, è un'Europa a doppia velocità in cui il baricentro, il discrimine, tra Paesi che si risanano e Paesi che rischiano, non dico di scivolare nella crisi, diventa sempre più largo, perché la Francia e il famoso asse franco-tedesco, che qualche tempo fa sembrava una garanzia della stabilità dell'Europa, mostrano qualche inclinazione.
I nostri dati rispetto a quelli contenuti nella Commissione europea sono un po' Pag. 92diversi e questo spiega anche l'essenza della manovra. Noi nel DEF avevamo stimato che avevamo un surplus nel 2013 dello 0,2 per cento del PIL, che con la nota di variazione al DEF nell'aspetto programmatico abbiamo portato a saldo pari di bilancio, a parità di bilancio. Cosa significa questo? Che abbiamo avuto la possibilità di mettere a disposizione della società italiana risorse che avevamo accumulato nei mesi passati attraverso le strette che abbiamo fatto, la spending review, la stretta fiscale. Avevamo avuto risorse aggiuntive per circa 3 miliardi di euro e questi 3 miliardi, invece di portarli a riduzione del debito, come avremmo potuto fare, abbiamo detto «no, questo è il nostro contributo, piccolo, modesto se volete, alla ripresa dell'economia italiana», facendo nel nostro piccolo quello che in definitiva ci suggeriva la Lagarde, cioè di dire: «State attenti. Se avete anche un briciolo di risorse in più buttatelo nello sviluppo, piuttosto che nell'abbattimento del debito».
I nostri dati, però, come vi dicevo prima, divergono un po' da quelli della Commissione europea, perché mentre noi diciamo pareggio di bilancio, la Commissione europea ci dice: no state attenti, state a meno 0,4. Da che derivano queste diversità di valutazione? Dal fatto che la Commissione europea stima la nostra crescita potenziale in modo differente da come la stimiamo noi e ci dice che è più bassa. Di conseguenza l'output gap è più piccolo di quello che stimiamo noi.
Questi dati di fondo spiegano perché partendo da uno stesso presupposto si arriva a risultati diversi. È un dato non soltanto statistico, ma riflette una caratteristica importante dell'economia italiana ed ha una valenza di carattere politico immediato. Spiega il perché l'accanimento, o meglio la forza, con cui oggi diciamo che il problema fondamentale dell'Italia, ancor prima dello spread di carattere finanziario, è lo spread di produttività che noi abbiamo nei confronti degli altri Paesi.
Questo spiega anche un po' una certa divergenza di vedute che c'è stata nella discussione di ieri notte sulla legge di stabilità per quanto riguardava l'utilizzo di somme che erano destinate originariamente alla produttività. La Commissione, nella sua assoluta disponibilità, di fronte alle situazioni drammatiche che si sono verificate purtroppo proprio in concomitanza dei nostri lavori - qui c'è stata anche un pizzico di sfortuna complessiva - ha portato queste somme mettendole a disposizione per le opere di infrastrutturazione delle zone alluvionate.
Questo significa, però, che tale trasferimento di fondi non deve essere interpretato - e mi auguro che non venga così interpretato dalle parti sociali - come un'indicazione del Parlamento a dire: ritardate i vostri lavori nel tentativo di realizzare un accordo per incrementare la produttività. Infatti, se fosse questo il segnale e così venisse interpretato dalle forze sociali, questo - credo di potere interpretare tutto il sentimento della Commissione - non corrisponderebbe innanzitutto alla volontà del Governo, ma non corrisponderebbe nemmeno alla volontà del Parlamento, che si è visto costretto in una scelta dolorosa, se finanziare appunto e far fronte agli eventi delle calamità naturali, oppure se mantenere le somme, che comunque rimangono sempre abbondanti, nel fondo della produttività.
Se questi sono i problemi, dobbiamo però cercare di capire, anche un po' in controluce, come si sta ristrutturando il sistema economico italiano. Qui ci sono dati di grandissimo interesse, dati che, come quando si fanno le analisi del sangue, non si vedono in natura, ma bisogna fare le analisi per scoprirli.
A me la cosa che ha impressionato è il nostro primo problema. Per esempio, abbiamo chiuso, almeno in questi anni, il deficit della bilancia dei pagamenti. Nel 2011, secondo le valutazioni della Commissione europea, era di 3,3 punti di PIL, nel 2013 sarà appena di 0,4-0,3. Quindi siamo al pareggio della bilancia dei pagamenti. Questo è importante dirlo, perché il deficit degli anni passati - avevamo una media di circa 3 punti di PIL e siamo arrivati anche a 4 punti di PIL di deficit nella bilancia dei pagamenti - aveva un Pag. 93effetto negativo, in quanto comprimeva la dinamica del PIL - e questo è abbastanza evidente - ma aveva anche un effetto secondario ancora più pernicioso, perché in base alle regole europee - Target2 del controllo della base monetaria - il deficit della bilancia dei pagamenti viene immediatamente compensato in termini monetari da parte della BCE. Questo significa che si trasforma il debito pubblico italiano progressivamente da un debito nazionale in un debito sempre più internazionalizzato. Dieci anni fa l'80 per cento del debito pubblico italiano era in mano ai residenti, oggi questa percentuale è scesa al 60 per cento. Questo significa una maggiore dipendenza dall'estero e, quindi, una maggiore dipendenza da quella speculazione, su cui si sono soffermati in precedenza i relatori.
Aver chiuso quindi il gap della bilancia dei pagamenti significa aver chiuso il rubinetto che consente questa progressiva internazionalizzazione del debito, e ciò è una cosa positiva. Significa anche aver costruito il pavimento su cui poter impostare una politica di sviluppo. E qui i risultati sono ancora più sorprendenti. Come abbiamo chiuso questo rubinetto? Lo abbiamo chiuso un po' riducendo le importazioni a causa del contenimento della domanda interna - è l'effetto collaterale della stretta, è evidente - ma quello che bisogna invece sottolineare è stata la forza delle nostre imprese esportatrici.
Tenete conto che sempre nel 2013 noi avremo una crescita della quota dell'export sui mercati internazionali del 3,5 per cento e nel 2014 del 5,5 per cento. È importante avere confronti a livello europeo. Queste tavole della Commissione europea sono molto utili perché forniscono una chiave di lettura comparata essendo le metodologie identiche per ciascun Paese e, quindi, fanno cogliere le differenze.
La Germania, mentre noi cresceremo del 3,5 per cento, crescerà solo del 3,1 per cento e mentre noi nel 2014 cresceremo del 5,5 per cento la Germania solo del 5,2 per cento. Quindi siamo un Paese che ha una forza esportatrice che è addirittura superiore a quella tedesca e questa è una grande forza dell'Italia, una forza che forse noi tutti non valorizziamo nella misura adeguata. Quindi siamo un Paese sempre più export-led, come dicono gli economisti, in cui la dinamica del PIL è legata al contenuto dell'esportazione e questo è un elemento di riflessione perché accentua i dualismi del nostro Paese.
Noi abbiamo un dualismo storico, che è quello tra nord e sud per cui non mi dilungo, perché è noto, ma c'è un altro dualismo, che passa sia all'interno del nord che del sud, ed è quello tra le imprese che sono in qualche modo collegate con il mercato internazionale e le imprese invece che sono collegate solo con il mercato interno. Quindi se le imprese collegate con il mercato internazionale in qualche modo funzionano ed hanno un dinamismo superiore a quello tedesco la ricetta è chiara, la ricetta è quella che abbiamo indicato: più concorrenza, più liberalizzazioni e restringimento del peso della pubblica amministrazione, non solo perché questa è la condizione necessaria per ottenere una riduzione del peso fiscale ma anche perché questo è il presupposto per quell'accrescimento della produttività totale dei fattori che è la condizione per rimettere in sintonia una parte del Paese dinamica, competitiva, produttiva che esporta ed una parte del Paese che è un po' seduta e che non riesce a seguire i ritmi di quel processo complessivo.
Ecco questo è un po' il quadro chiaroscuro che emerge dall'analisi dei dati internazionali, un'analisi scevra da qualsiasi pregiudizio di carattere ideologico, che cerca soltanto di fotografare una realtà su cui tutte le forze politiche sarebbe bene si misurassero, nel senso che il dramma di questo Paese molte volte è che non c'è una base analitica condivisa. Dovremmo riuscire ad avere tra le forze politiche un'analisi che più o meno rifletta il dato. Questo, ad esempio, lo abbiamo riscontrato molto in sede di Commissione in questi giorni. Quando si dice che i dati della Ragioneria non sono esatti, a volte può capitare che la Ragioneria sbagli, però su quel dato poi bisogna misurare il contenuto dei singoli emendamenti. C'è una Pag. 94certa abitudine in Italia a costruirsi delle analisi di comodo che siano funzionali poi agli obiettivi politici che si intendono realizzare. Un'analisi invece oggettiva offre spunti di riflessione possibili per poter impostare una politica diversa. Concludo dicendo che questa è stata la prima legge di stabilità di questo Governo. Come è stato detto dai relatori, non si è trattato di una manovra perché abbiamo in qualche modo raggiunto l'equilibrio di bilancio, anche se con tutti i limiti che ho illustrato prima. Noi abbiamo in questo anno cercato di seminare delle cose che speriamo frutteranno nei prossimi anni.
Nell'Italia che lavora, che produce, che si impegna, i frutti già si cominciano a vedere; sono piccole pianticelle che vanno curate e innaffiate. Rimane un po' da curare meglio invece quella parte dell'Italia che stenta a seguire questa dinamica. Per questo sappiamo che ci vuole un orizzonte molto più ampio di quello abbiamo noi, di tipo temporale, ci vuole un intero arco della legislatura. La speranza, Presidente, è che il prossimo Governo, comunque esso sia costituito, possa continuare con gli adattamenti necessari a portare avanti le cose che abbiamo cominciato a fare con l'accordo del Parlamento in questo periodo.

PRESIDENTE. Il seguito dell'esame dei provvedimenti, a partire dal disegno di legge di bilancio, è rinviato alla seduta di martedì 20 novembre.

Sull'ordine dei lavori (ore 19,25).

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, solo poche parole, ma penso che sia doveroso da parte nostra - anche perché sono stato chiamato in causa dal collega Zazzera, dell'Italia dei Valori - lasciare agli atti e magari a quegli ascoltatori che hanno ancora la pazienza di ascoltarci almeno la nostra verità. Poi sarà ciascuno a farsi una valutazione.
Non voglio metterla in imbarazzo, signor Presidente, mi limito semplicemente anche per il ruolo che svolge in questo momento a rubarle una frase di una dichiarazione che lei ha rilasciato questa mattina riguardo l'Italia dei Valori, e l'interrogativo che si poneva sul fatto se non fosse arrivato - spero di non citare in modo troppo distorto - il momento di una riflessione anche per l'onorevole Di Pietro rispetto a tutto quello che sta accadendo anche nel suo partito, rispetto ai proclami e anche ai sermoni che ci sono stati fatti in questa Aula. Purtroppo, Presidente, lei oggi ha dovuto verificare insieme a me che non solo non c'è una riflessione, ma l'arroganza è portata ad un livello tale per il quale si continua a venire qui a fare sermoni, prediche, francamente da un pulpito che lascia davvero a desiderare.
Per esempio, in base ai parametri con i quali oggi l'onorevole Barbato stabiliva quanto ciascuno di noi costa alla comunità, in base a quei parametri, che non sono i miei, vorrei sapere per esempio, l'oretta in cui l'onorevole Barbato è stazionato qui in attesa di poter fare il suo intervento - e ovviamente dopo 20 secondi, come sempre gli accade, se ne è andato - quanto è costata alla comunità, questa oretta di presenza dell'onorevole Barbato, che non credo che poi in base ai suoi parametri restituisca la parte del suo stipendio. Non penso che lui se li vada a giocare al videopoker come ci andava il tesoriere del suo partito alla regione Lazio, però sarebbe anche interessante come pensa lui giustificare il fatto che non sta qui dentro come ci sono stati i relatori, l'onorevole Baretta, quelli che sono intervenuti, magari per qualche ora, a svolgere il proprio lavoro, che non è solo quello di venire qui e «sparare a zero», ma è anche quello di ascoltare. Perché è anche utile nel fare politica arrivare a forme nuove di convivenza qui dentro, dove, oltre che sputare sentenze, si ascolta anche quello che dicono gli altri. Pag. 95
Vorrei anche fare presente all'onorevole Barbato, e all'onorevole Zazzera soprattutto che tenta di mischiare un po' le carte (capisco la difficoltà nella quale si trovano), che peraltro accostare il caso Tedesco al caso del tesoriere della regione Lazio è obiettivamente un pochino incongruo, perché noi stavamo parlando, e l'onorevole Barbato interveniva sul tema del finanziamento pubblico e le mie interruzioni erano relative esattamente al tema del finanziamento pubblico; non è questa la materia per la quale è stato messo sotto inchiesta e rinviato a giudizio l'onorevole Tedesco.
Ho veramente finito Presidente, soltanto un altro minuto. Dopo di che, siccome l'onorevole Zazzera ha sostenuto che noi avremmo «portato» l'onorevole Tedesco dopo che era stato rinviato a giudizio, e che loro invece hanno cacciato il loro tesoriere, diciamo che la realtà la conoscono perfettamente tutti. Il provvedimento è arrivato mentre il senatore Tedesco era in Parlamento e il senatore Tedesco si è immediatamente dimesso e liberato della sua presenza all'interno del Partito Democratico, tant'è che sta in un altro gruppo, oltre che essere uscito dal Partito Democratico.
Vorrei segnalare che invece l'onorevole Maruccio, così si chiama il consigliere della regione Lazio, solo per una piccola precisazione, mi risulta essere cacciato dal partito ma contemporaneamente, tra un videopoker e l'altro, svolgeva ancora il ruolo di legale dell'onorevole Di Pietro.
Ricordo, e con questo veramente chiudo, che lo stesso onorevole Maruccio, non cacciato dal suo partito, si aumentava i fondi dei gruppi della regione Lazio, insieme a tutti gli altri.
Poi il problema rimane sempre in quanto sicuramente il problema di aumentarsi dei fondi in un momento come questo è disdicevole. Poi, però, magari sarebbe anche utile andare a vedere come questi fondi sono stati usati da coloro che li hanno presi. Qualcuno ci ha giocato a videopoker, qualcuno ci ha fatto altro, qualcuno ci ha fatto magari iniziativa politica. Troppo fuori luogo, però c'è anche una distinzione di comportamenti. Anche da questo punto di vista il pulpito dell'onorevole Zazzera e dell'onorevole Barbato francamente non mi pare proprio il migliore.
E per chiudere, soltanto per rivendicarlo, perché ancora faccio parte del Partito Democratico, signor Presidente, vorrei dire al collega Barbato, che tuona ancora sul tema del finanziamento pubblico, che il suo partito e il suo leader per tre anni consecutivi hanno percepito doppia razione di finanziamento pubblico, quella relativa a questa legislatura e quella relativa alla precedente legislatura, negli anni che non c'erano più perché la legislatura era morta. Due volte, quindi, lo prendevano e si sono ben guardati da fare queste grandi battaglie ideali per la rinuncia del finanziamento pubblico. Hanno rinunciato a due mesi dalla fine della legislatura. Complimenti, una bella operazione demagogica, ma se li sono presi tutti, poi cosa ci hanno fatto non lo sappiamo, ma se li sono presi. Ecco, mentre loro facevano questo, intanto il Partito Democratico - lo rivendico, è agli atti, Presidente - è l'unico partito che ha messo, prima che fosse imposto dalle scelte della Camera e via dicendo, la certificazione di una società esterna sui propri bilanci.
I nostri bilanci l'onorevole Barbato può venirli a vedere e sono certificati da una società esterna; i loro si cominciano a vedere in questi giorni, in queste settimane e anche tutti quelli che hanno preso, cioè il doppio di quelli che hanno preso molti altri.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 20 novembre 2012, alle 10:

1. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2013 e bilancio pluriennale per il triennio 2013-2015 (C. 5535-A).
- Relatore: Ciccanti.

Pag. 96

2. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2013) (C. 5534-bis-A).
- Relatori: Baretta e Brunetta.

(ore 16)

3. - Discussione delle mozioni Zampa ed altri n. 1-01183, Mussolini ed altri n. 1-01184 e Di Giuseppe ed altri n. 1-01189 concernenti iniziative in favore dell'infanzia.

La seduta termina alle 19,30.

TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO LUCIO BARANI SULL'INFORMATIVA URGENTE DEL GOVERNO SUI RECENTI EVENTI ALLUVIONALI CHE HANNO COLPITO NUMEROSE AREE DEL PAESE

LUCIO BARANI. Signor sottosegretario, che altro è necessario succeda in Italia perché una classe politica regionale e dei grand commis delle Regioni si rendano conto dello stato delle cose? Anche il week end passato abbiamo assistito ad una pesante alluvione, annunciata, che ha colpito la mia provincia, Massa Carrara, la mia Lunigiana, la mia città di Aulla e tutta la Toscana del Nord occidentale, la costa Maremmana, la Liguria cosiddetta di «levante» e parte dell'Umbria, con crolli, frane, allagamenti, rotture di argini ed esondazioni che hanno provocato vittime, disastri e disagi. In Italia ed in particolare in Toscana ogni autunno assistiamo alla «distruzione» purtroppo, con un rosario tragico di morti, feriti, evacuati, paesaggio sconvolto, pezzi di storia cancellati, ospedali e scuole inagibili, strade e ferrovie interrotte. Non so cosa altro deve succedere, affinché chi governa il territorio, a livello regionale e provinciale (che ne ha le competenze per legge), si ricordi gli articoli della Costituzione che garantiscono la salute e sicurezza dei cittadini, la tutela dell'ambiente. Cito la Toscana, regione che conosco bene, perché ogni anno sembra trovarsi sotto un uragano dei paesi tropicali, quando invece fino a 20 anni fa le piogge che la colpivano non creavano gli stessi danni o devastazioni (forse perché è cambiato il clima o forse perché c'erano altri governatori). Questo, non per imperizia dell'uomo, che costruisce lì dove non dovrebbe, ma per incuria della politica regionale e provinciale e per un ambientalismo sfrenato che ha lasciato che la natura si riappropriasse dei terreni (la cosiddetta politica del cocomero, che è verde fuori e rossa dentro). Forse ai nostri amministratori regionali nulla insegna la Storia, nulla hanno imparato dagli insegnamenti degli antichi Romani che con opere di ingegneria idraulica elementari hanno bonificato la Maremma e parte dell'Agro Pontino dalle paludi soltanto facendo canali profondi e curandoli dopo la loro realizzazione.
I costi dei disastri, delle emergenze, delle ricostruzioni, sono stati ben più alti di quelli della manutenzione del territorio. Senza dimenticare le centinaia di milioni di euro spesi, anche nell'ultimo anno da parte del Commissario «all'emergenza» in Toscana, che solo 20 giorni fa, faceva iniziare gli interventi idraulici e la pulizia dell'alveo dei fiumi della Lunigiana, senza considerare che in autunno inoltrato potrebbe piovere e anche tanto. Lavori vanificati dal tempo che ha fatto e che sarebbero dovuti durare 6 mesi. Presidente di Regione, sindaci ed amministratori locali si dovrebbero ricordare i doveri derivanti dagli articoli della Costituzione Italiana e della Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione europea, sulla protezione della salute e la tutela dell'ambiente ove vive il cittadino e ove insistono le popolazioni Il Governo deve tutelare la sicurezza dei cittadini italiani e del nostro habitat naturale e delle nostre abitazioni che non sono la causa, come qualcuno vuole far intendere dei disastri, ma sono le vittime e quindi si dovrebbero mettere in mora davanti all'opinione pubblica quegli Pag. 97amministratori regionali, provinciali e dell'unione dei comuni che sono inerti o chiunque non ottemperi al proprio dovere di avviare, subito, un piano di salvaguardia del territorio e di protezione delle abitazioni.
Liguria, Toscana e parte dell'Umbria sono peraltro le regioni storicamente tra quelle più colpite dall'emergenza alluvioni e frane.
Veramente troppo spesso drammatici effetti prodotti da eventi calamitosi naturali che con cadenza annuale colpiscono le diverse regioni del nostro Paese, sono quasi sempre acuiti e drammaticamente amplificati da una gestione dissennata dei suoli e dei bacini idrografici, e dall'assenza di una rigorosa politica di pianificazione, manutenzione e prevenzione territoriale (bisogna rinforzare gli argini, togliere la ghiaia in eccesso dagli alvei e gli arbusti che a volte creano isolotti più alti degli argini stessi).
Chiunque abbia un minimo di conoscenza di opere idrauliche sa che i fiumi si devono far scorrere nei centri abitati e ci devono essere argini per proteggere le città, che da secoli sorgono vicino ai corsi d'acqua, basti pensare a Roma e Parigi ed altre importanti metropoli, e che a monte devono essere eseguite opere di sicurezza idraulica come le casse di espansione, che a voler vedere nel caso di Aulla, mia città natale, o non hanno funzionato o non sono state realizzate per l'opposizione della popolazione e di certe amministrazioni. Poi nel caso specifico del Torrente Aulella, affluente del Magra, esondato il 10 novembre nel comune di Aulla, il comune, la provincia e la Regione hanno aggiudicato da un anno e mezzo la realizzazione della mitigazione idraulica del torrente compreso tra Pallerone e Q.re Gobetti e da allora nulla è stato fatto dalla ditta aggiudicatrice e dall'amministrazione; infatti i lavori erano stati aggiudicati prima dell'alluvione dell'anno scorso e precisamente nel luglio del 2011 e addirittura progettati ad agosto 2010, e visto che per la progettazione si tratta di una ditta amica veniva pagata con oltre il 20 per cento dell'opera in modo anticipato, quando nelle amministrazioni locali e regionali (genio civile) sono presenti fior fior di progettisti dipendenti che non sarebbero costati nulla. Un tempo infinito per un'opera idraulica limitata, ma che fa capire che lavori già finanziati e pagati non sono neanche iniziati e nessuno vigila e nessuno interviene, compresa la procura. Ho portato un caso che conosco per far capire che le emergenze si possono e si debbono evitare sia vigilando e realizzando sia facendo come i nostri antenati che pulivano i letti del fiume ed evitavano che il bosco avanzasse nel letto del fiume e dopo una piena tutti i cittadini accorrevano in alveo per portare via i tronchi rimasti e di fatto, con saggezza popolare, lo ripulivano (se lo facessero adesso dovrebbero sopportare alcuni processi per appropriazione indebita e danno ambientale: che vergogna!) Vorrei concludere esprimendo piena solidarietà alle popolazioni colpite per quest'ultima tragedia compiuta e annunciata come già fatto anche dal sottoscritto con atti di sindacato ispettivo, ma è ora di prendersi la responsabilità di realizzare un programma serio di rigenerazione dei territori e delle città, misurato economicamente, programmato temporalmente, monitorato sui risultati. E chi sbaglia e non fa deve essere mandato via. E dai fiumi la ghiaia in eccesso, in modo imperativo va tolta, Signor Sottosegretario, c'è un detto popolare della mia terra che ben si addice: «Una persona è considerata tarda o tontolona quando non sa nemmeno togliere un sasso dal fiume.» È un modo di dire che ben si addice, alla luce di quanto accaduto, al Commissario per l'emergenza della Toscana per la mancata programmazione e realizzazione delle più elementari norme di prevenzione. I Presidenti delle Regioni, gli amministratori locali e i commissari alle emergenze, quindi, sono i veri responsabili della mancata prevenzione e se viene ampiamente dimostrato che hanno la responsabilità soggettiva e oggettiva di quello che è accaduto devono essere immediatamente rimossi e giudicati dalle autorità competenti che dovrebbero svegliarsi dal sonno profondo: sostituite il Commissario della Toscana.

Pag. 98

TESTO INTEGRALE DELLE RELAZIONI DEI DEPUTATI PIER PAOLO BARETTA E AMEDEO CICCANTI IN SEDE DI DISCUSSIONE CONGIUNTA SULLE LINEE GENERALI DEI DISEGNI DI LEGGE NN. 5534-bis-A E 5535-A

PIER PAOLO BARETTA, Relatore sul disegno di legge n. 5534-bis-A. L'esame in prima lettura del disegno di legge di stabilità è stato preceduto da una serie di audizioni di istituzioni e rappresentanti del mondo del lavoro e delle imprese che hanno offerto importanti spunti di analisi e riflessione per l'operato del Parlamento. Il successivo confronto parlamentare ha condotto all'introduzione di una serie di rilevanti modifiche, che pur lasciando invariati i saldi di finanza pubblica, hanno profondamente innovato l'impianto della manovra secondo una impostazione che ha tentato di coniugare assieme, in modo nuovo, il rigore, lo sviluppo e l'equità.
In particolare, la questione di fondo che ha animato il dibattito, ossia la scelta di come ripartire le risorse disponibili tra riduzione delle imposte dirette e indirette è stata risolta nel senso di azzerare completamente la manovra sul versante della riduzione delle aliquote IRPEF - che abbassava di un punto percentuale le aliquote applicabili ai primi due «scaglioni» di reddito (del 23 e del 27 per cento) e i cui benefici si sarebbero polverizzati su una amplia platea di contribuenti, ivi compresi quelli compresi nelle classi di reddito elevate - e di utilizzare le risorse così liberate - per interventi mirati in favore delle famiglie e della competitività delle imprese, attraverso la riduzione del cuneo fiscale.
In particolare, per quanto concerne le famiglie, le modifiche apportate sono dirette a:
compensare una ulteriore riduzione a regime dell'aliquota ridotta IVA - che, come è noto, è quella che comprende beni di prima necessità e interessa maggiormente i consumi delle famiglie con redditi medio-bassi - di un ulteriore punto a decorrere dal 2013 (dall'11 per cento già previsto nel disegno di legge, al 10 per cento, con un minor gettito di circa 1, 2 miliardi nel 2013 e di 2,3 miliardi a regime;
adottare interventi selettivi in favore delle famiglie, con particolare riferimento a quelle con figli a carico, attraverso un significativo intervento di incremento delle detrazioni IRPEF. In particolare, si è elevata da 800 a 950 euro la detrazione IRPEF di base per figli a carico di età pari o superiore a tre anni, nonché da 900 a 1.220 euro quella prevista per ciascun figlio di età inferiore a tre anni e da 220 a 400 quella per ciascun figlio portatore di handicap;
c) eliminare le limitazioni poste dal testo originario del DDL alla deducibilità e alla detraibilità a fini IRPEF di taluni oneri, con particolare riferimento alla franchigia di 250 euro ivi disposta per i contribuenti con reddito superiore a euro 15.000 e al «tetto» di 3000 euro alle spese detraibili;
sopprimere altresì l'aggravio del prelievo Irpef per i trattamenti di fine rapporto che sarebbe disceso dalla soppressione, anch'essa prevista nel testo originario, della cd. «clausola di salvaguardia» relativa alla tassazione delle indennità di fine rapporto, alle quali verrà dunque applicata la curva delle aliquote vigenti al 31 dicembre 2006, se più favorevoli, in luogo di quelle vigenti nell'anno di insorgenza del diritto a percepire le indennità medesime;
reintrodurre l'esenzione IRPEF per le somme erogate a titolo di pensioni di guerra e assimilate, purché diverse da quelle percepite a titolo di reversibilità da soggetti con reddito complessivo superiore a 15.000 euro. Su questa delicata questione, lo sforzo compiuto in Commissione bilancio ha condotto il Governo ad adottare un solenne impegno a intervenire nuovamente sulla materia nel corso dell'esame al Senato al fine di ripristinare l'esenzione dall'Irpef anche per le pensioni di reversibilità; Pag. 99
f) prorogare per l'anno 2013 le detrazioni per carichi di famiglia di soggetti non residenti, prevedendo che la detrazione relativa a tale anno non rilevi ai fini della determinazione dell'acconto irpef per l'anno 2014.

Per quanto concerne il mondo produttivo, gli interventi adottati sono stati in prevalenza indirizzati verso quello che è unanimemente riconosciuto come uno dei fattori che incide in senso negativo e in modo determinante sulla competitività delle imprese, ossia l'eccessiva imposizione sul costo del lavoro; altri interventi sono stati invece diretti a ridurre o differire un aggravio di imposizione su fattispecie ritenute meritevoli di tutela. L'assunzione quale obiettivo fondamentale della riduzione del cuneo fiscale è stata determinata dalla convinzione che il cuneo deprima la produttività e rappresenti un formidabile ostacolo per la crescita economica.
In particolare, le principali modifiche prevedono:
a) una consistente riduzione del cd. «cuneo fiscale», conseguita elevando, a decorrere dal periodo di imposta 2014:
da 4.600 a 7.500 euro l'importo deducibile dall'IRAP per ciascun lavoratore dipendente a tempo indeterminato impiegato nel periodo di imposta, e da 10.600 a 13.500 euro quello relativo ai lavoratori di sesso femminile e a quelli di età inferiore ai 35 anni;
da 9.200 a 15.000 euro l'importo massimo deducibile dall'IRAP per ogni lavoratore dipendente a tempo indeterminato impiegato nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, e innalzando altresì da 15.200 a 21.000 euro l'importo massimo deducibile se tali lavoratori sono di sesso femminile e per quelli di età inferiore ai 35 anni;
b) sempre in materia di IRAP sono stati elevati gli importi delle deduzioni in favore dei soggetti passivi (tranne le Amministrazioni pubbliche) di minori dimensioni ed è stato istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, un Fondo con dotazione di 248 milioni di euro nel 2014 e di 292 milioni di euro a decorrere dal 2015, per esentare dall'IRAP, a decorrere dal 2014, le persone fisiche esercenti attività commerciali, arti e professioni, che non si avvalgono di lavoratori dipendenti o assimilati e che impiegano anche in locazione beni strumentali di ammontare massimo da determinare con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per i profili di carattere finanziario. Inoltre, quale clausola di salvaguardia dell'impatto delle misure in materia di IRAP per gli enti territoriali, è stata disposta l'invarianza finanziaria delle risorse spettanti alle regioni e province autonome, da garantire previa intesa in Conferenza unificata;
c) al fine di rilanciare la produttività è stato inoltre previsto che le risorse destinate alle misure di detassazione dei contratti di produttività (950 milioni nel 2013) siano destinate a tal fine anche nel caso di mancata tempestiva emanazione delle opportune norme attuative (entro il 15 gennaio 2013), anziché essere finalizzate al miglioramento dei saldi di finanza pubblica. Inoltre, è stata disposta la proroga al 2014 delle misure di detassazione dei contratti di produttività nel limite massimo di spesa di 800 milioni di euro (con onere massimo di 600 milioni di euro per il 2014 e di 200 milioni per il 2015) e fissato al 15 gennaio 2014 il termine per emanare la relativa disciplina attuativa.

Tra gli altri interventi in materia di imprese, si segnalano:
il differimento della variazione in aumento dell'aliquota Iva agevolata per le cooperative sociali (dal 4 al 10 per cento), la quale troverà applicazione sulle operazioni effettuate sulla base di contratti stipulati dopo il 31 dicembre 2013, con possibilità di proroga dell'attuale regime qualora non si concretizzi la procedura di infrazione e non più, dunque, dalla data di entrata in vigore della legge di stabilità; Pag. 100
anche in materia di rivalutazione del reddito dominicale e agrario, si posticipano di un anno (2013, 2014 e 2015) i periodi d'imposta per i quali è disposta la rivalutazione del 15 per cento del reddito dominicale e agrario ai fini della determinazione delle imposte sui redditi, prevedendo, peraltro, che ai fini dell'acconto per il 2013 si debba tenere conto della rivalutazione;
c) analogamente, in materia di determinazione del reddito delle società agricole e degli imprenditori agricoli, si posticipa di un anno l'abrogazione delle disposizioni che consentono alle società agricole di optare per un regime fiscale più favorevole, prevedendo inoltre anche in tal caso che, ai fini dell'acconto per il 2013, si debba tener conto della citata abrogazione. In materia, è stata inoltre prevista la possibilità di dettare, con decreto ministeriale, disposizioni di carattere transitorio.
Sempre in materia di sviluppo e rilancio della competitività delle imprese sono state approvate alcune disposizioni che, pur non determinando effetti finanziari immediati, sono volti innanzitutto a rafforzare l'attività di controllo ed indirizzo parlamentare in materia economica e finanziaria, indicando obiettivi precisi il cui conseguimento potrà essere verificato periodicamente con strumenti adeguati.
Si è voluto, in particolare, dare un forte segnale di attenzione alle imprese, assegnando un carattere di priorità all'istituzione di un apposito fondo finalizzato all'introduzione di un credito per la ricerca e lo sviluppo, destinato in particolare alle piccole e medie imprese e alle reti impresa, nonché alla riduzione del cuneo fiscale, il quale sarà finanziato mediante la progressiva riduzione degli stanziamenti di bilancio, di parte corrente e in conto capitale, destinati ai trasferimenti e ai contributi alle imprese.
Le norme prevedono che il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro dello sviluppo economico riferiscano alle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari in merito all'individuazione e alla quantificazione dei trasferimenti e dei contributi oggetto di riduzione, ai fini dell'adozione delle conseguenti iniziative di carattere normativo.
Tali disposizioni, che nel corso del dibattito sono state ritenute meramente «programmatiche», costituiscono tuttavia un primo passo verso una direzione più volte auspicata dal mondo delle imprese e appaiono in grado di innescare un processo virtuoso che potrà fare chiarezza sulla questione delle reali risorse destinate agli incentivi passibili di riduzione - anche sulla base del c.d. rapporto del Prof. Giavazzi - ed essere utilmente portato a compimento nel prossimo futuro.
Analogo impatto di carattere programmatico ma con valenza sistemica, assumono le norme che anticipano al 2013 (in luogo del 2014) e rivisitano le norme che prevedono la destinazione al Fondo per la riduzione della pressione fiscale delle maggiori entrate strutturali derivanti dalla lotta all'evasione fiscale e contributiva nonché delle maggiori risorse derivanti dal risparmio della spesa effettiva per interessi sul debito.
Grazie alle modifiche apportate in Commissione, si specifica in modo inequivocabile che in futuro tali risorse - al netto di quelle necessarie al mantenimento dell'equilibrio del bilancio e alla riduzione del rapporto debito/PIL e di quelle derivanti dall'attività di recupero fiscale svolta da regioni e comuni - unitamente a quelle derivanti dalla riduzione delle spese fiscali (tax expenditures) saranno destinate esclusivamente al contenimento degli oneri fiscali gravanti su famiglie e imprese, secondo le modalità di destinazione e di impiego che dovranno essere indicate nel Documento di economia e finanza.
Anche in questo caso, si introducono norme programmatiche ma corredate dall'indicazione di procedere e scadenze temporali che esaltano la responsabilità dell'Esecutivo nei confronti del Parlamento e consentono a quest'ultimo di condizionare l'agenda governativa. In allegato alla Nota di aggiornamento del DEF il Ministro dell'economia e delle finanze sarà chiamato a redigere un rapporto annuale contenente Pag. 101i risultati conseguiti in materia di contrasto all'evasione fiscale e contributiva e le strategie relative a tale finalità, aggiornandole e confrontando i risultati con gli obiettivi prefissati ed evidenziando al contempo il recupero di gettito fiscale attribuibile alla maggiore propensione all'adempimento dei contribuenti.
Se quelle sinora richiamate, sono le principali innovazione dell'impianto della manovra dal punto di vista fiscale e redistributivo, vanno altresì evidenziati ulteriori rilevanti interventi che hanno interessato questioni di grande impatto sociale.
Ci si riferisce, in particolare all'ampliamento della platea dei soggetti salvaguardati dall'applicazione della riforma pensionistica, alle misure in materia di scuola e personale docente, comparto sicurezza, sanità e agli interventi predisposti in materia sociale e per sopperire alle esigenze connesse agli eventi sismici e climatici che hanno interessato il Paese.
In particolare, per quanto concerne i c.d. «esodati», con sei nuovi commi viene ampliata in misura significativa la platea dei soggetti salvaguardati, prevedendo che le disposizioni previgenti alla legge «Fornero» continuino a trovare applicazione (oltre che nei confronti dei soggetti già salvaguardati da precedenti interventi normativi) anche nei confronti dei:
lavoratori cessati dal rapporto di lavoro entro il 30 settembre 2012 e collocati in mobilità (ordinaria o in deroga) a seguito di accordi (governativi o non governativi) stipulati entro il 31 dicembre 2011 e che abbiano perfezionato i requisiti utili al trattamento pensionistico entro il periodo di fruizione dell'indennità di mobilità o durante il periodo di godimento dell'indennità di mobilità in deroga, e in ogni caso entro il 31 dicembre 2014;
lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione entro il 4 dicembre 2011, a condizione che perfezionino i requisiti utili a comportare la decorrenza del trattamento pensionistico entro il 36o mese dalla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 201 del 2011:
con almeno un contributo volontario accreditato o accreditabile alla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 201/2011, ancorché abbiano svolto (successivamente alla medesima data del 4 dicembre 2011, attività lavorativa retribuita (comunque non riconducibile al rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato) entro il limite di 7.500 euro annui;
collocati in mobilità ordinaria alla data del 4 dicembre 2011, i quali avvieranno la contribuzione volontaria al termine della fruizione della mobilità ordinaria;
lavoratori che hanno risolto il rapporto di lavoro entro il 30 giugno 2012 sulla base di accordi individuali o di accordi collettivi di incentivo all'esodo stipulati dalle OO.SS. comparativamente più rappresentative a livello nazionale entro il 31 dicembre 2011, ancorché abbiano svolto attività lavorativa retribuita (comunque non riconducibile al rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato) entro il limite di 7.500 euro annui.

Le modalità di attuazione degli interventi saranno definite con DPCM da adottare, previo parere parlamentare, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di stabilità. Per il finanziamento degli interventi in favore delle nuove categorie di salvaguardati, da attuare anche attraverso strumenti di politiche attive del lavoro, si prevedono risorse per un totale di 554 milioni nel periodo 2013-2020, da reperire attraverso le (eventuali) economie a carattere pluriennale accertate, a consuntivo, rispetto agli oneri programmati a legislazione vigente (pari a 9,22 miliardi per il periodo 2013-2020) per la tutela dei salvaguardati da precedenti interventi normativi.
Nel caso in cui tali economie non siano sufficienti a coprire gli oneri programmati, si provvede attraverso il blocco nel 2014 della rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici (inclusi i vitalizi percepiti da coloro che hanno ricoperto o ricoprono cariche elettive nazionali e regionali) superiori a sei volte il minimo Inps Pag. 102(più precisamente si prevede che nel caso in cui, all'esito di un monitoraggio effettuato dal Governo entro il 30 settembre 2013 sulla base dei dati forniti dall'INPS, risulti la disponibilità di risorse continuative a decorrere dal 2014, il blocco della rivalutazione automatica può essere revocato o applicato in misura ridotta).
Va ricordato che il testo iniziale del provvedimento prevedeva uno stanziamento di 100 milioni di euro per il 2013 per finanziare interventi di natura assistenziale per i salvaguardati. Per effetto delle modifiche approvate - ferme restando le suddette risorse aggiuntive - 64 milioni (per il 2013) vengono indirizzati al finanziamento delle nuove platee di salvaguardati individuate, mentre i restanti 36 milioni vanno ad alimentare un apposito fondo istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali destinato agli interventi a tutela dei salvaguardati da precedenti interventi normativi (nel quale successivamente refluiranno tutte le economie accertate a consuntivo rispetto agli oneri programmati). L'istituzione del fondo evidenzia come si sia posto in opera un meccanismo di carattere permanente in grado di accompagnare il processo emersione delle platee dei salvaguardati, oramai adeguatamente identificate, in modo da garantire un numero di soggetti via via più esteso nel corso dell'arco temporale interessato dal fenomeno.
Per quanto concerne il personale della scuola, sono state soppresse le norme che aumentavano, dal 1o settembre 2013, l'orario di impegno per l'insegnamento del personale docente - incluso il personale di sostegno - della scuola secondaria di primo e di secondo grado, da 18 a 24 ore settimanali, definendo ulteriori impieghi dei docenti per le 6 ore eccedenti l'orario di cattedra e intervenendo in materia di determinazione dell'organico di diritto dei docenti di sostegno a decorrere dall'anno scolastico. 2013/2014. Un simile intervento di natura autoritativa sul personale della scuola non è stato condiviso dalla Commissione che ha sottolineato la necessità di procedure di concertazione adeguate. Ai fini della copertura, sono state conseguentemente introdotte disposizioni che prevedono, tra l'altro, la riduzione delle risorse disponibili per le competenze accessorie del personale del comparto scuola, per la quota parte attinente al Fondo delle istituzioni scolastiche, la riduzione del Fondo da ripartire per la valorizzazione dell'istruzione scolastica, universitaria e dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica e la possibilità che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca concorra al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica previsti dall'articolo 7, comma 12, del decreto-legge n. 95 del 2012, anche mediante una riduzione lineare delle spese rimodulabili del Ministero (anche se il Ministero potrà proporre, entro il 31 gennaio 2013, proposte di modulazione delle riduzioni di spesa). Inoltre, è stata altresì soppressa la disposizione che riduceva da 100 a 50 il contingente di unità da destinare ad enti ed associazioni che svolgono attività di prevenzione del disagio psico-sociale, assistenza, cura, riabilitazione e reinserimento di tossicodipendenti.
Per quanto attiene alle misure di razionalizzazione della spesa nel settore sanitario, è stato previsto che, al fine di salvaguardare i livelli essenziali di assistenza con specifico riferimento alle esigenze di inclusione sociale, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano possano conseguire l'obiettivo economico attraverso l'adozione di misure alternative alla riduzione del 10 per cento degli importi e delle prestazioni dei contratti di appalto di servizi e fornitura di beni e di servizi sanitari, previsto dal testo del disegno di legge.
Significativo è inoltre l'intervento in favore delle regioni attraverso l'esclusione dal patto di stabilità interno delle risorse destinate alle scuole paritarie nel 2013 per un ammontare complessivo di 223 milioni di euro. I beneficiari dell'intervento, oltre alle regioni, sono soprattutto gli istituti e quindi le famiglie che potranno acquisire in tempi certi le risorse pubbliche destinate alle scuole paritarie.
Per quanto concerne le esigenze indifferibili, è stato istituito nuovo Fondo, dotato Pag. 103di 315 milioni di euro per l'anno 2013, da ripartire con DPCM, previo conforme parere delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari, per finanziare una serie di finalità meritevoli di sostegno, in prevalenza di carattere sociale quali: il Fondo per il finanziamento ordinario delle università, i Collegi universitari legalmente riconosciuti, i Policlinici universitari non statali, il Fondo nazionale per il servizio civile, il Fondo per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, il Fondo per il finanziamento delle missioni di pace, il Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione, il Fondo per lo sviluppo della pratica sportiva, il Comitato italiano paralimpico e le misure per favorire l'attività lavorativa dei detenuti e la giustizia digitale.
Tra gli interventi di maggior rilevo sociale, vanno richiamati l'incremento di 300 milioni di euro per il 2013 del Fondo nazionale per le politiche sociali, di 200 milioni, sempre per il 2013, degli interventi di pertinenza del Fondo per le non autosufficiente, ivi inclusi quelli a sostegno delle persone affette da sclerosi laterale amiotrofica, nonché l'incremento di 50 milioni di euro per il medesimo anno del Fondo integrativo per la concessione di borse di studio.
Con riferimento alle calamità naturali, è stata prevista l'assegnazione di un contributo straordinario per assicurare la stabilità dell'equilibrio finanziario e il servizio di smaltimento rifiuti al Comune dell'Aquila e agli altri comuni colpiti dal sisma del 6 aprile 2009, nel limite di 26 milioni al Comune dell'Aquila, di 4 milioni per gli altri comuni e di 5 milioni per la provincia dell'Aquila. Un contributo di 10 milioni di euro nel 2013 è stato altresì assegnato ai comuni colpiti dal terremoto del Belice, anche al fine di definire i contenziosi in atto.
Inoltre, sono stati assegnati 40 milioni di euro per il 2013 al Fondo per la protezione civile per interventi in conto capitale da realizzare in determinati territori colpiti da eventi atmosferici ed alluvionali, quali quelli in Liguria e Toscana del dicembre 2009-gennaio 2010; in Veneto dell'ottobre-novembre 2010; nella provincia di Messina del febbraio-marzo e novembre 2011; nelle Marche del marzo 2011; nelle Marche e nell'Emilia Romagna del febbraio 2012; in Calabria e Basilicata per il sisma del 26 ottobre 2012. Le risorse saranno ripartite tra le indicate finalità con apposito D.P.C.M.
Per quanto attiene al comparto sicurezza, è stata prevista la possibilità, a determinate condizioni, di assumere personale nel comparto sicurezza-difesa e vigili del fuoco. In particolare, le amministrazioni del comparto, in deroga alle disposizioni in materia di blocco del turn over, potranno utilizzare le economie di bilancio eccedenti gli obiettivi della spending review all'assunzione degli idonei nelle procedure concorsuali già espletate, nonché attingere ad un apposito fondo, con una dotazione iniziale di 30 milioni di euro nel triennio, per procedere ad assunzioni nell'ambito del medesimo personale.
Tra le altre novità, si ricordano, infine:
a) gli interventi in favore della città di Venezia e dell'area circostante finanziati attraverso l'utilizzo di una quota limitata delle risorse destinate al MOSE e l'individuazione di nuove risorse finalizzate ad interventi infrastrutturali;
le norme in materia di patronati, che in luogo della riduzione di 30 milioni di euro annui a decorrere dal 2014 degli stanziamenti per il finanziamento degli istituti di patronato e assistenza sociale, prevedono una riduzione lineare di pari importo delle spese rimodulabili del Ministero del lavoro solo qualora non si pervenga entro tale data a riformare tali istituti in applicazione di determinati principi e criteri;
b) la definizione di una nuova disciplina in materia di apparecchi da divertimento ed intrattenimento senza vincita in denaro, volte a includere tra gli apparecchi per il gioco lecito senza vincita in denaro: gli apparecchi meccanici ed elettromeccanici attivabili con moneta, gettone Pag. 104ovvero con altri strumenti elettronici di pagamento e che possono distribuire tagliandi direttamente e immediatamente dopo la conclusione della partita, e gli apparecchi, meccanici ed elettromeccanici, per i quali l'accesso al gioco è regolato senza introduzione di denaro ma con utilizzo a tempo o a scopo; un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, definirà le regole tecniche per la produzione degli apparecchi e la regolamentazione amministrativa degli apparecchi e la determinazione della base imponibile forfettaria dell'imposta sugli intrattenimenti;
c) la soppressione delle norme che prevedevano la definizione di standard tecnici delle fonti di illuminazione pubblica e di misure per lo spegnimento ovvero l'affievolimento dell'illuminazione pubblica nelle ore notturne, per finalità di contenimento della spesa pubblica e di risparmio energetico (i c.d. cieli bui).

AMEDEO CICCANTI, Relatore sul disegno di legge n. 5535-A. Onorevoli colleghi, il disegno di legge di bilancio presentato quest'anno dal Governo, da legge formale ha assunto marcate connotazioni di legge sostanziale. Esso presenta novità che lo avvicinano sempre più a uno strumento di programmazione economico-finanziaria, piuttosto che a un mero documento che fotografa la legislazione vigente.
Prima di illustrarne il contenuto in termini contabili ritengo quindi utile evidenziare come alla luce delle norme in materia di flessibilità introdotte nella nuova legge di contabilità e da altre recenti modifiche legislative, il disegno di legge di bilancio al nostro esame non appaia più come una legge meramente formale, atteso che non si limita a registrare i fattori legislativi di spesa, ma incide direttamente su di essi attraverso rimodulazioni delle dotazioni finanziarie attivabili anche tra le missioni del medesimo stato di previsione.
In proposito, ricordo che alla norma ordinaria di flessibilità di cui all'articolo 23 della legge di contabilità - che prevede la possibilità, con il disegno di legge di bilancio, di effettuare, per motivate esigenze, rimodulazioni compensative delle dotazioni finanziarie, relative anche ai fattori legislativi, all'interno di un programma o tra programmi di una medesima missione di spesa - si sono affiancati ulteriori interventi normativi che hanno esteso le potenzialità della legge di bilancio quale strumento idoneo a realizzare scelte allocative in precedenza riservate alla legge finanziaria (oggi legge di stabilità), e che hanno altresì previsto un ampliamento della discrezionalità amministrativa del Governo, con la possibilità per quest'ultimo di incidere con strumenti non legislativi sugli stanziamenti determinati con la legge di bilancio.
In particolare, operano in questa direzione le norme di flessibilità introdotte, in deroga alla disciplina generale, dal decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, il quale, a fronte delle consistenti riduzioni delle dotazioni finanziarie delle missioni di spesa di competenza dei vari Ministeri ivi operate, ha previsto, all'articolo 2, che per il triennio 2011-2013 con il disegno di legge di bilancio possano essere rimodulate, per «motivate esigenze», le dotazioni finanziarie «tra le missioni» di ciascuno «stato di previsione della spesa» (laddove il predetto articolo 23 della legge di contabilità riconosce tale facoltà solo nell'ambito di un singolo programma o fra programmi della stessa missione). Tale facoltà può essere esercitata esclusivamente con riferimento alle spese rimodulabili, ossia riconducibili a quelle disposte da fattori legislativi e di adeguamento al fabbisogno e in ogni caso nel rispetto dell'invarianza degli effetti sui saldi di finanza pubblica e con il divieto di utilizzo degli stanziamenti di conto capitale per finanziare spese correnti.
A questa rilevante deroga alla disciplina generale l'articolo 6, comma 15, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, ne ha aggiunta un'altra, con specifico riferimento alle somme stanziate nel bilancio dello Stato relative ad autorizzazioni di spese pluriennali, consentendo la reiscrizione Pag. 105degli stanziamenti di tali spese, totalmente non impegnate entro l'anno, nella competenza dell'esercizio successivo a quello terminale dell'autorizzazione medesima. Tale possibilità - esclusa per le autorizzazioni di spese permanenti e per i fondi da ripartire - è limitata ai soli tre anni successivi a quello di prima iscrizione in bilancio, con previsione che qualora nei suddetti tre anni le somme non risultino impegnate, l'autorizzazione è definanziata.
Sempre con riferimento alle autorizzazioni di spesa pluriennale, il successivo comma 16 ha previsto, via sperimentale per il triennio 2013-2015, la possibilità di rimodulare, con legge di bilancio, gli stanziamenti di competenza negli anni ricompresi nel bilancio pluriennale, nel rispetto del limite complessivo della spesa autorizzata, per adeguarli alle corrispondenti autorizzazioni di cassa determinate in relazione al piano finanziario dei pagamenti programmati, predisposto, anch'esso in via sperimentale, dal responsabile della gestione.
Tale misura di flessibilità è strettamente correlata alla disposizione (articolo 6, commi 10 e 12, del decreto-legge n. 95 del 2012), che impone ai dirigenti responsabili della gestione, in via sperimentale per il triennio 2013-2015, l'obbligo di predisposizione di un piano finanziario dei pagamenti in relazione a ciascun impegno assunto sui capitoli di bilancio di propria pertinenza, relativamente alle spese per somministrazioni, forniture e appalti.
Tali novità, senz'altro condivisibili anche alla luce dei cronici ritardi dei pagamenti della pubblica amministrazione, sono dirette ad avvicinare la fase contabile dell'impegno (la competenza) a quella del pagamento (la cassa) e dunque ad allineare i pagamenti rispetto all'assunzione degli impegni.
Ricordo, infine, che i margini di flessibilità del bilancio, utilizzabili in questo caso nel corso della gestione, sono stati ulteriormente ampliati - rispetto a quelli consentiti ai sensi dell'articolo 33 della legge di contabilità - con il decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, che consente alle Amministrazioni centrali, limitatamente al quinquennio 2012-2016, maggiori spazi di manovra per il conseguimento degli obiettivi di progressiva riduzione della spesa corrente primaria in rapporto al PIL, fissati al comma 01 dell'articolo 1 del decreto-legge. Tali norme - che si sarebbero dovute applicare sulla base delle risultanze di un programma di revisione integrale della spesa pubblica che non è stato tuttavia presentato entro il termine del 30 settembre scorso - in linea teorica prevedono addirittura la possibilità, entro certi limiti e nel rispetto dei saldi di finanza pubblica, di rimodulare, con atto amministrativo, le dotazioni finanziarie di ciascuno stato di previsione dei Ministeri con riferimento a tutte le spese, comprese, dunque, le spese obbligatorie non rimodulabili (con il limite del 5 per cento in quest'ultimo caso).
Dall'insieme delle disposizioni citate appare evidente come sia un corso una sorta di «mutazione genetica» del bilancio dello Stato, sia sotto il profilo delle potenziali allocative dello strumento, sia sotto il profilo della elasticità gestionale.
Di ciò si trae peraltro conferma nella nuova formulazione dell'articolo 81 della Costituzione prevista dalla legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, recante l'introduzione del principio del pareggio di bilancio - che entrerà in vigore il 1o gennaio 2014 -, la quale non ripropone - non a caso - il terzo comma del vigente articolo 81 Costituzione, il quale dispone che con il bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese, superando in tal modo la natura formale della legge di bilancio, che potrà quindi comportare anche modifiche all'ordinamento.
In connessione con tale modifica, il sesto comma dell'articolo 81, come sostituito dalla legge costituzionale n. 1 del 2012, e l'articolo 5, comma 2, lettera a), della medesima legge costituzionale demandano quindi alla legge da approvare a maggioranza assoluta entro il mese febbraio 2013 l'individuazione del contenuto della legge di bilancio.
Sarà quindi nostro compito, a breve, quello di ridefinire il contenuto proprio della legge di bilancio, avendo a mente che Pag. 106l'architettura del nuovo sistema dovrà in ogni caso coniugare le esigenze di flessibilità con il principio del «diritto al bilancio» del Parlamento - nel senso che ciò che votano le Camere non potrà essere integralmente «smontato» da un successivo atto amministrativo dell'Esecutivo - e dovrà inoltre assicurare un'assoluta trasparenza e leggibilità dei dati di bilancio, cosa che non sempre risulta agevole laddove insistano ripetute rimodulazioni delle dotazioni di bilancio.
Inoltre, la configurazione del contenuto del disegno di legge di bilancio dovrà risultare funzionale ad operare, attraverso di esso, anche nella direzione della revisione e riqualificazione della spesa. In questo senso, occorrerà proseguire sulla strada della razionalizzazione dei programmi di spesa - oggetto di votazione parlamentare -, operando al contempo sulle autorizzazioni legislative di spesa ad essi sottostanti, al fine di riordinarle e pervenire, attraverso un'azione di sistematica revisione normative, a «leggi di programma».
Si tratta in particolare di porre mano ad un'opera di «pulizia» delle migliaia di autorizzazioni legislative di spesa presenti nell'ordinamento, al fine di razionalizzarle e accorparle secondo finalità stabilite dai singoli programmi, ai quali andranno associato nuovi «indicatori di risultato», che non si limitino a evidenziarne solo i profili finanziari, ma approfondiscano anche gli aspetti di carattere qualitativo in termini di impatto dell'azione pubblica sulla collettività (outcome) e di prodotti o servizi finali dell'azione dello Stato (output).
Fatte queste doverose premesse e venendo al contenuto della legge, ricordo che il disegno di legge di bilancio al nostro esame include gli effetti finanziari delle misure adottate nel corso di questi ultimi anni, comprese le misure in materia di spending review determinate con il citato decreto-legge n. 95 del luglio 2012, fatta eccezione tuttavia per le riduzioni di spesa dei Ministeri previste dall'articolo 7, comma 12 - pari a 1.777,3 milioni di euro nel 2013, 1.574,5 milioni nel 2014 e a 1.649,5 milioni di euro nel 2015 - che verranno invece disposte con la legge di stabilità e recepite in bilancio con l'apposita nota di variazioni.
Esso include, inoltre, le rimodulazioni proposte dalle Amministrazioni sulla base dei predetti criteri di flessibilità previsti dalla normativa contabile.
Quanto alla struttura contabile, il disegno di legge presenta ulteriori affinamenti rispetto a quella dell'esercizio precedente. In particolare, mentre vengono confermate le 34 missioni, sono aumentati da 172 a 174 i programmi di spesa che costituiscono le unità di voto parlamentare. In aumento risulta altresì il numero delle missioni di spesa condivise tra più amministrazioni (21 anziché 20), mentre sono confermati il numero (4) dei programmi condivisi tra Ministeri.
In particolare, il disegno di legge presenta i seguenti nuovi programmi:
«Giustizia tributaria», a seguito del passaggio delle commissioni tributarie transitate, nell'ambito del Ministero dell'economia e delle finanze, dal Dipartimento delle finanze al Dipartimento dell'amministrazione generale, del personale e dei servizi;
«Supporto all'azione di controllo, vigilanza e amministrazione generale della Ragioneria generale dello Stato sul territorio»,istituito per ricomprendere le attività delle Ragionerie territoriali in precedenza gestite dal Dipartimento dell'amministrazione generale del personale e dei servizi;
«Gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali», istituito in seguito alla soppressione dell'Agenzia autonoma per la gestione dell'Albo dei segretari comunali e provinciali e al passaggio delle relative competenze e del personale al Ministero dell'interno.

Viene invece soppresso il programma «Sviluppo delle filiere agroalimentari, tutela e valorizzazione delle produzioni di qualità e tipiche», a seguito della riorganizzazione del Ministero delle politiche Pag. 107agricole alimentari e forestali (decreto del Presidente della Repubblica n. 41 del 2012).
Nel complesso, il disegno di legge è coerente con lo scenario macroeconomico illustrato nella Nota di aggiornamento del DEF e si colloca in un percorso di aggiustamento dei conti pubblici che com'è noto nonostante l'acuirsi della crisi ci condurrà, già dal prossimo anno, al pareggio strutturale di bilancio.
Quanto al contenuto, in virtù della sopra richiamata disciplina in materia di flessibilità, il disegno di legge:
propone rimodulazioni di spese predeterminate per legge, ai sensi dell'articolo 23 della legge di contabilità e dell'articolo 2 del decreto-legge n. 78 del 2010;
quantifica, in base all'articolo 52, comma 1, della legge di contabilità, gli stanziamenti destinati al funzionamento degli enti pubblici aventi natura obbligatoria, precedentemente determinati dalla Tabella C della legge finanziaria;
propone rimodulazioni nel tempo degli stanziamenti di competenza delle leggi pluriennali di spesa, fermo restandone l'ammontare complessivo, ai sensi dell'articolo 6, comma 16, del decreto-legge n. 95 del 2012.

Per quanto concerne la componente rimodulabile riconducibile al fattore legislativo, nel disegno di legge di bilancio è presente, in allegato a ciascuno stato di previsione della spesa, l'Allegato 1 «Prospetto delle autorizzazioni di spesa per programmi», che espone le autorizzazioni di spesa di ciascun Ministero che sono state rimodulate dal disegno di legge di bilancio.
Come lo scorso anno, soltanto alcuni Ministeri hanno esercitato le misure di flessibilità a valere sulle spese rimodulabili riconducibili a fattori legislativi.
Per quanto concerne il quadro generale riassuntivo del bilancio di revisione a legislazione vigente per il 2013, il disegno di legge evidenzia, in termini di competenza e al netto delle regolazioni contabili e debitorie e dei rimborsi IVA, entrate finali per 516,4 miliardi euro e spese finali per 524,5 miliardi.
Il saldo netto da finanziare risulta pari a oltre 8,1 miliardi di euro.
In termini di cassa, il saldo netto da finanziare è pari a 75,7 miliardi di euro.
La differenza rispetto al corrispondente valore in termini di competenza dipende essenzialmente dal fisiologico scostamento tra i valori degli accertamenti di entrata e i corrispondenti importi di incassi.
Per il biennio 2014-2015, il disegno di legge evidenzia un progressivo miglioramento del saldo netto da finanziare, in termini di competenza, che si riduce a 3,9 miliardi nel 2014 e assume un valore positivo di oltre 6 miliardi nel 2015.
Rispetto all'assestamento per il 2012, le previsioni del bilancio a legislazione vigente per il 2013 evidenziano un peggioramento del saldo netto da finanziare, nell'importo di 11.554 milioni di euro, derivante da:
un aumento delle spese finali di 25.819 milioni di euro, che riguarda soprattutto le spese di parte corrente (+21.504 milioni);
un incremento delle entrate finali di 14.264 milioni di euro, determinato dall'andamento crescente delle entrate extratributarie (+14.777 milioni).

Il saldo corrente (risparmio pubblico) a legislazione vigente per il 2013 pur evidenziando valori positivi nel triennio, manifesta una riduzione di oltre 7 miliardi nel 2013 rispetto ai dati assestati per il 2012.
La Relazione illustrativa al disegno di legge di bilancio per il 2013 sottolinea come gli importi delle entrate e delle spese del bilancio dello Stato, siano comprensivi degli effetti finanziari derivanti dall'incorporazione dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (AMMS) nell'Agenzia delle dogane e dell'Agenzia del territorio nell'Agenzia delle entrate, nonché della soppressione dell'Agenzia per lo sviluppo del settore ippico (ASSI), le cui funzioni e risorse sono state ripartite tra Pag. 108il Ministero delle politiche agricole e l'Agenzia delle dogane e dei monopoli.
In particolare, tali operazioni hanno comportato un incremento delle entrate erariali derivante dall'acquisizione al bilancio dello Stato delle risorse finanziarie che precedentemente affluivano ai bilanci dell'AMMS e dell'ASSI (circa 11,5 miliardi di euro per ciascun anno del triennio 2013-2015) ed un complessivo aumento delle spese (circa 11,2 miliardi per ciascun anno del triennio), in relazione ai maggiori trasferimenti all'Agenzia delle dogane e dei monopoli per lo svolgimento delle funzioni trasferite dall'AMMS e alle maggiori spese del Ministero delle politiche agricole per il funzionamento dell'ASSI.
Per quanto riguarda le entrate, nel disegno di legge di bilancio le previsioni aggiornate per il triennio 2013-2015 sono state elaborate, oltre che sulla base del nuovo quadro macroeconomico, anche in base agli effetti del citato decreto-legge n. 95 del 2012, il quale, in particolare, ha parzialmente neutralizzato l'aumento dell'IVA previsto dal decreto-legge n. 201 del 2011, con conseguenti minori introiti pari a circa 7 miliardi di euro per il 2013 e 10 miliardi a regime.
Per quanto concerne le entrate finali, per il 2013, esse sono previste pari a 516.381 milioni, in aumento rispetto al dato assestato 2012 di 14.264 milioni.
Tale incremento è determinato, come sopra rilevato, da un incremento delle entrate extra-tributarie (+14.777 milioni di euro).
Le entrate tributarie ammontano a 457.122 milioni di euro, in lieve flessione rispetto al dato assestato 2012 (pari a 457.700 milioni di euro).
In particolare aumentano di 2.554 milioni le tasse e imposte sugli affari (+1,8 per cento), di 1.457 milioni le imposte sulla produzione, consumi e dogane (+4,2). Rimane stabile il gettito dai prodotti di monopolio (10.951 milioni), mentre per il settore lotto, lotterie e giochi si indica una riduzione di 2.522 milioni (-17,7 per cento), riconducibile alla diversa contabilizzazione degli utili derivanti da alcuni giochi, in conseguenza dell'incorporazione dell'AAMMS.
Anche le imposte sul patrimonio e sul reddito evidenziano una flessione si 2.067 milioni di euro (-0,8 per cento).
Analizzando le principali imposte, il gettito IRPEF passa dai 188.578 milioni del dato assestato 2012 a 183.820 milioni nel 2013; l'IRES aumenta da 43.898 delle previsioni assestate 2012 a 46.493 milioni di euro nel 2013.
Il gettito IVA subisce una lieve flessione, venendo indicato in 113.249 milioni nel 2013, rispetto ai 113.986 milioni del dato assestato 2012.
Le imposte di registro, bollo e sostitutive passano da 14.249 a 17.266 milioni, le accise e imposte sugli oli minerali crescono da 25.977 a 27.439 milioni, e quelle su altri prodotti da 8.903 a 8.867 milioni.
Rispetto al dato assestato 2012, a fronte di un gettito IRE ridotto, viene previsto per il 2013 un incremento dell'IRES (-2.595 milioni) e delle imposte sostitutive (795 milioni), mentre per VIVA si rileva una lieve flessione di 737 milioni.
Per quanto riguarda le spese finali iscritte nel bilancio di previsione per il 2013, che ammontano a complessivi 524,5 miliardi nel 2013, si prevede, rispetto all'assestato 2012, un incremento complessivo di oltre 2.5.819 milioni di euro, per la maggior parte imputabile a un aumento delle spese di parte corrente, per una variazione pari a +21.505 milioni di euro rispetto al bilancio assestato 2012.
Anche rispetto al dato del bilancio 2012, le spese di parte corrente risultano aumentate (di oltre 17 miliardi).
In particolare, per la spesa primaria, considerata al netto degli interessi, è prevista nel 2013 una variazione in aumento di circa 18.610 milioni di euro, che porta tale comparto di spesa a oltre 392,5 miliardi di euro.
Anche la spesa per interessi - che manifesta un incremento nel 2013 rispetto al dato assestato 2012, di 2.896 milioni di euro - si stima un progressivo aumento nel triennio, da 89,7 miliardi nel 2013 a circa 99,9 miliardi nel 2015, in relazione Pag. 109all'andamento previsto per la massa del debito e ai tassi di interesse attesi sui mercati internazionali.
Anche la previsione di spesa in conto capitale registra, rispetto al bilancio assestato 2012, un aumento pari a 4.313 milioni di euro.
Come accennato, le previsioni di competenza delle spese correnti presentano, per il 2013, un incremento, rispetto al dato assestato 2012, di 21.505 milioni di euro, quale somma dell'aumento della spesa corrente primaria e della spesa per interessi.
Le variazioni maggiori rispetto al dato assestato 2012 sono previste per le seguenti categorie di spesa:
i trasferimenti correnti alle amministrazioni pubbliche, previsti nel 2013 in aumento di oltre 11,2 miliardi di euro. Tale incremento è pressoché interamente imputabile all'aumento dei trasferimenti statali destinati agli enti di previdenza assistenza sociale (+11,7 miliardi) relativi in particolare a maggiori trasferimenti all'INPDAP e all'INPS a titolo di anticipazioni di bilancio per la copertura del fabbisogno di spesa degli enti, tenuto conto degli effetti delle disposizioni contenute nel decreto-legge n. 201 del 2012 e nella legge di riforma del mercato del lavoro n. 92 del 2012.
Nell'ambito dei trasferimenti alle amministrazioni locali, si segnala un incremento di 3.758 milioni dei trasferimenti alle regioni (dovuto, per la gran parte, all'incremento dello stanziamento occorrente per la regolazione contabile delle quote di entrate erariali dalle province autonome di Trento e Bolzano nonché, per 550 milioni, alla costituzione del fondo per la ricostruzione delle zone dell'Emilia-Romagna colpite dal sisma di maggio 2012, ai sensi dell'articolo 2, comma 2, del decreto-legge n. 74 del 2012) e una riduzione di 3.704 milioni dei trasferimenti agli enti locali (in applicazione dell'articolo 16 del decreto-legge n. 95 del 2012, che ha disposto il taglio del fondo sperimentale di riequilibrio di comuni e province, quale concorso delle autonomie territoriali alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica, nonché delle disposizioni in materia di IMU dettate dall'articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2012);
le poste correttive e compensative registrano una crescita rispetto all'assestato 2012 di 8.156 milioni, in relazione a quanto sopra illustrato, in merito all'incorporazione dell'AMMS nell'Agenzia delle dogane;
gli interessi passivi sono previsti in aumento nel periodo considerato. Come precisato nella Relazione illustrativa al disegno di legge, le ipotesi assunte per le previsioni della spesa per interessi derivano dall'analisi delle tendenze in atto per la struttura del debito, dall'evoluzione dei tassi di interesse, dal fabbisogno e dalle indicazioni fornite nel DEF 2012 e nella relativa Nota di aggiornamento;
i redditi da lavoro dipendente evidenziano, invece, una flessione di 2.124 milioni, in relazione alle norme di contenimento in materia di spesa per il personale dipendente, in particolare per quanto concerne le misure limitative delle assunzioni e della crescita dei trattamenti economici anche accessori;
anche i consumi intermedi sono previsti in lieve riduzione di 105 milioni rispetto al 2012.

L'aumento delle spese in conto capitale per oltre 4,3 miliardi rispetto al dato assestato 2012 è ascrivibile agli investimenti fissi lordi (+1.568 milioni), ai contributi per investimenti a imprese (+337 milioni) e agli altri pagamenti in conto capitale, previsti in aumento di 8.245 milioni di euro nel 2013.
Per questi ultimi, l'incremento è principalmente ascrivibile al profilo dello stanziamento del Fondo per lo sviluppo e la coesione, che presenta a legislazione vigente un incremento rispetto al 2012. Si segnala, tuttavia, che il disegno di legge di stabilità per il 2013, nella tabella E, prevede una rimodulazione in riduzione delle risorse del Fondo di 2.500 milioni di euro per l'anno 2013, e in aumento negli esercizi successivi. Pag. 110
Quasi tutti gli altri comparti di spesa in conto capitale presentano riduzioni. In particolare, si segnala la riduzione di 4.384 milioni dei contributi agli investimenti ad amministrazioni pubbliche, che scendono da 14.843 a 10.459 milioni nel 2013, imputabile principalmente al trasferimento alla parte corrente delle risorse del Fondo per l'occupazione, ai fini di una più corretta allocazione della spesa, nonché alle minori assegnazioni alle regioni per la realizzazione di interventi ricompresi nelle intese istituzionali di programma, derivanti dal Fondo per lo sviluppo e la coesione.
Per quanto concerne l'analisi della spesa finale per missioni, dal disegno di legge si evince che circa l'80 per cento della spesa complessiva dello Stato è concentrato in 7 missioni.
Rispetto alle spese complessive del bilancio dello Stato per l'esercizio 2013, calcolate al netto della missione debito pubblico, le missioni di spesa che risultano assorbire le maggiori risorse sono:
Relazioni finanziarie con le autonomie locali (Missione 3), pari al 23 per cento, che dispone le risorse per il finanziamento dei programmi concernenti l'attuazione del federalismo fiscale e il concorso dello Stato al finanziamento della spesa sanitaria;
Politiche previdenziali (Missione 25), pari al 20,3 per cento, che reca i trasferimenti agli istituti di previdenza per il contributo dello Stato al pagamento delle pensioni e delle altre prestazioni sociali in denaro;
Istruzione scolastica (Missione 22), pari al 9,4 per cento, relativa alle risorse connesse al funzionamento del settore scolastico e dello svolgimento delle attività di insegnamento;
Politiche finanziarie e di bilancio (Missione 29), pari al 9,1 per cento, che reca le risorse per il contrasto delle frodi e dei reati finanziari, nonché per i compensi ai concessionari della riscossione e i rimborsi fiscali;
Diritti sociali e famiglia (Missione 24), pari al 7,2 per cento.

Il maggior incremento, in termini assoluti, rispetto all'assetato 2012, è registrato dalle seguenti Missioni:
Politiche previdenziali (+8.094 milioni), che passa da 80.294 milioni nel 2012 a 88.388 milioni per l'anno 2013; la spesa di tale missione manifesta un andamento crescente in tutto il triennio considerato (93.197 milioni nel 2013 e 94.433 milioni nel 2015), in conseguenza della legge n. 92 del 2012 che ha riformato il mercato del lavoro e, in particolare, per la revisione degli istituti per ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione e del relativo finanziamento. Le risorse sono dovute a prestazioni, indennità e contribuzione figurativa;
Politiche finanziarie e di bilancio, che reca un incremento di 9.462 milioni, passando da 30.009 milioni nel 2012 a 39.471 milioni per l'anno 2013;
Sviluppo territoriale, che passa da 3.818 milioni nel 2012 a 10.317 milioni per l'anno 2013.

Tra le maggiori variazioni in diminuzione, si segnalano, invece, la Missione Relazioni con le autonomie territoriali (-1.398 milioni di euro), la Missione Difesa e sicurezza del territorio (-1.322 milioni) e la missione Istruzione scolastica (-1.114 milioni).
Con riferimento al bilancio pluriennale programmatico, ricordo che il saldo netto da finanziare per il 2013 è fissato a -6,6 miliardi di euro, attestandosi su un livello inferiore rispetto a quello del disegno di legge di bilancio per il 2013 (-8,1 miliardi di euro).
Il valore esposto nel quadro programmatico ingloba gli effetti della manovra adottata con il decreto-legge n. 95 del 2012 e integra altresì gli effetti del disegno di legge di stabilità.
Il valore-obiettivo del saldo netto da finanziare indicato nel bilancio programmatico dello Stato risulta pari al livello Pag. 111massimo del saldo medesimo fissato all'articolo 1, comma 1, del disegno di legge di stabilità per il 2013 (A.C. 5534).
Il bilancio programmatico confrontato con i dati del bilancio assestato 2012, evidenzia un incremento della spesa corrente al netto degli interessi nel 2013 e nel 2014, con un'incidenza, in termini percentuali sul PIL, che sale dal 23,9 per cento al 24,6 per cento nel 2013. L'incidenza è più bassa nel 2014 (24,2 per cento).
La spesa per interessi in percentuale al PIL è prevista in aumento, passando dal 5,5 per cento del 2012 al 5,7 per cento nel 2013. Un ulteriore aumento si registra nel 2014 (6 per cento), mentre nel 2015 la spesa per interessi si attesterebbe al 5,9 per cento.
La spesa in conto capitale è prevista, infine, lievemente aumentare dal 2,4 per cento sul PIL nel 2012 al 2,6 per cento nel 2013, per poi scendere al 2,3 per cento nel 2014 e al 2,1 per cento nel 2015.
Da ultimo, per quanto concerne le previsioni di cassa, va rilevato come le stesse abbiano assunto un'importanza crescente in considerazione del fatto che il bilancio di cassa è uno strumento indispensabile per regolare i flussi di spesa anche in funzione del raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica.
Di recente, con il citato decreto-legge n. 95 del 2012 sono state introdotte disposizioni in materia di programmazione dei pagamenti che anticipano, in sostanza, il potenziamento del ruolo del bilancio di cassa previsto ai sensi dall'articolo 42 della legge di contabilità, rendendo la previsione di cassa uno strumento utile al fine di una efficiente e razionale gestione dei pagamenti.
Il bilancio di cassa per l'anno 2013 reca, al netto di regolazioni debitorie e contabili, previsioni di incassi e pagamenti pari, rispettivamente, a 463.419 milioni e 539.157 milioni di euro.
La massa acquisibile e la massa spendibile (risultante dalla somma dei residui presunti al 31 dicembre 2012 e la previsione di competenza del bilancio per il 2013) è indicata, rispettivamente, in 781.386 milioni e in 599.687 milioni.
I coefficienti di realizzazione espressi dal raffronto dei flussi di cassa previsti con i corrispondenti potenziali risultano pari al 59,3 per cento per le entrate finali ed al 89,9 per cento per le spese finali (rispetto al 92,7 per cento previsto lo scorso anno.
In conclusione, la necessità di potenziare la legge di bilancio come strumento di programmazione economico-finanziaria da una parte e di rendere trasparenti i processi di rimodulazione della spesa in una logica di flessibilità annuale e pluriennale dall'altra, affinché possano essere rispettati gli obiettivi di finanza pubblica stabiliti nel DEF e nella Nota di aggiornamento, impone una modifica dei regolamenti parlamentari e comunque un diverso approccio parlamentare, soprattutto da parte delle commissioni di merito rispetto alla natura e agli obiettivi delle missioni e dei programmi.
Si tratta di omogeneizzare le oltre 17.000 autorizzazioni di spesa esistenti affinché siano inserite nei rispettivi programmi di spesa con finalità programmatorie e secondo gli obiettivi del Programma nazionale delle riforme e al Programma di stabilità, al fine di innestarli in modo coerente con la strategia della Commissione europea nell'ambito del processo del «Semestre europeo». Questo scenario va tenuto ben presente soprattutto se si tiene conto dei vincoli posti dal Trattato sul cosiddetto «Fiscal Compact», che impegna l'Italia su un lungo percorso di rientro del debito pubblico secondo i limiti imposti dal Trattato di Maastricht.
Ritengo, pertanto, che la spending review debba diventare permanente nel progetto di bilancio e le rimodulazioni di spesa conseguenti debbano essere oggetto del controllo parlamentare in omaggio al principio del «diritto al bilancio» del Parlamento. Le commissioni di merito, di conseguenza, dovrebbero esprimere come orientare dette rimodulazioni di spesa per la parte di propria competenza e definire anche i parametri di risultato sia rispetto agli obiettivi programmatici e sia rispetto alle valutazioni interne della struttura amministrativa di riferimento. L'allineamento Pag. 112della contabilità per quanto riguarda le spese di competenza a quelle di cassa, semplifica ed aiuta questo processo di valutazione dei risultati, anche perché accelera la velocità di spesa con ovvi positivi riverberi sull'economia reale.
Si tratta di sostenere ed incoraggiare questi processi di riforma che la nuova legge di contabilità ha previsto e soprattutto si deve accelerare l'attuazione dei provvedimenti attuativi in essa previsti.

TESTO INTEGRALE DEGLI INTERVENTI DEI DEPUTATI RENATO CAMBURSANO E GIUSEPPE OSSORIO IN SEDE DI DISCUSSIONE CONGIUNTA SULLE LINEE GENERALI DEI DISEGNI DI LEGGE NN. 5534-bis-A e 5535-A

RENATO CAMBURSANO. Onorevole Presidente, signor Ministro, Colleghi, questa è l'ultima «Legge di Stabilità» (già Legge Finanziaria) di questa martoriata Legislatura e, forse, anche l'ultima in assoluto alla quale partecipo come Parlamentare, non essendoci più le condizioni politiche per un mio impegno ad un serio Progetto politico per questo amato Paese.
Proprio per questo, il mio intervento vuole essere una sorta di «mio testamento politico» per chi domani avrà il piacere ma soprattutto il dovere di governare l'Italia in un momento così difficile.
Entrerò solo nella seconda parte del mio intervento, nel merito della Legge di Stabilità al nostro esame, mentre mi soffermerò di più sui rischi Paese e come evitarli, o almeno tentare di farlo mettendocela davvero tutta.
Quella che l'Italia sta attraversando, è una crisi multipla o, per dirla con Edgard Morin, una «policrisi», che è insieme economica, politica, istituzionale, demografica ed ecologica.
Va subito detto che è l'intero Vecchio Continente a soffrirne. L'Europa trema sulle sue fondamenta. La crisi dell'euro imperversa, sintomo di un malessere più profondo che mina l'Unione europea da molto tempo. Una crisi esistenziale, alla quale noi non siamo capaci di reagire in maniera inventiva. Non abbiamo dato prova di alcuna innovazione e produciamo poca crescita.
Il dramma è che l'Unione Europea viene giudicata colpevole di questa situazione. Colpevole di averci portato la crisi dell'euro. Colpevole di provocare la recessione imponendo l'austerità.
I soli veri responsabili di questo disastro, in realtà, sono gli Stati membri. È la loro incoerenza ad averci portato alla crisi dell'euro. È la loro cecità che ha stravolto l'Europa abbandonandola in un mondo nel quale non gioca più alcun ruolo significativo. Un'entità ibrida, incapace di assicurarci un futuro migliore.
Mai il progetto europeo è stato sottoposto a una tale pressione, né così apertamente rimesso in discussione, al punto di interrogarsi sul senso di proseguire l'integrazione europea. Mai così tanti cittadini si sono sollevati contro la costruzione europea. Mai il progetto è stato così poco difeso dai leader politici. Mai è stato così esiguo il numero di coloro che hanno sviluppato una visione risolutamente europea e scommesso senza timori sul futuro europeo del loro paese e della loro popolazione.
La conseguenza è che siamo qui a discutere, mi si perdoni il termine un po' irriverente, di una «finanziaria» che risolverà ben poco. La crisi attuale però dimostra che lo statu quo non è una soluzione. O noi apriamo a un'Europa davvero unita e federale, oppure restiamo agli Stati-Nazione e allora l'emergenza di un'Europa potente nel mondo globalizzato del XXI secolo sarà irrimediabilmente compromessa.
Non è possibile conservare l'euro senza cambiare gli Stati-Nazione, almeno nella forma attuale.
O nasce uno Stato federale europeo, un'Europa politica post-nazionale, oppure la moneta unica scomparirà.
L'aberrazione della storia che stiamo vivendo, è che l'Europa unita rappresenta il continente più potente e più ricco al mondo, ma se essa non reagisce ci assumiamo il rischio di un lento ma ineluttabile Pag. 113disgregarsi della linea atlantica e di una marginalizzazione del Vecchio Continente.
A poco a poco, l'Europa diventerà una potenza insignificante in un mondo che si concentra sempre più intorno al Pacifico.
Chi oppone l'interesse nazionale a quello dell'Europa e dei suoi cittadini, sbaglia.
L'inazione politica conduce sempre più a forti regressioni e ci fa perdere quanto abbiamo di più caro. Molti sono coloro che pensano il contrario. A destra e a sinistra la sovranità è di moda.
Solo l'Unione europea è in grado di elaborare strategie efficaci per lottare contro il dumping sociale, garantire il pieno godimento dei diritti sociali e sradicare la povertà. Lei sola può costringere le potenze economiche emergenti a rispettare le norme sociali e ambientali essenziali allo sviluppo umano e alla sopravvivenza del pianeta.
Solo un'Europa forte e unita che attacca ad armi pari la concorrenza mondiale potrà garantire il benessere dei suoi cittadini, salvaguardando anche il nostro patrimonio democratico, sociale e culturale.
È da un'Europa post-nazionale che passa il rafforzamento e la rassicurazione dei nostri ideali di «libertà, uguaglianza, fraternità».
L'euro non potrà sopravvivere se non istituendo una Unione federale dotata di un governo europeo che elabora la politica economica, di bilancio e fiscale con il potere di farla rispettare dagli Stati membri della zona euro. E l'Unione europea potrà sopravvivere solo se questo governo trarrà la sua legittimità da un'autentica democrazia europea che passa attraverso il rafforzamento delle istituzioni parlamentari e la partecipazione dei cittadini.
Con queste premesse, il compito che abbiamo di fronte è immane. La situazione è molto delicata.
Il rischio scontro sociale è altissimo.
Il Prodotto Interno Lordo è in forte calo: meno 2,4 per cento nel corrente anno e sarà ancora negativo dello 0,6-0,7 per cento per il 2013.
Il potere d'acquisto delle famiglie è in forte calo ormai da due-tre anni, a causa della contrazione del reddito per operai, pensionati, cassaintegrati, lavoratori in mobilità, per le famiglie con figli minori, per i precari, eccetera.
La disoccupazione è in costante aumento e nulla fa pensare che nei prossimi mesi ci sia un'inversione di tendenza: il tasso di disoccupazione per il 2012 è schizzato oltre il 10,5 per cento e per il 2013 è stimato superare il 12 per cento. Ciò che è ancora più grave è che ha colpito in modo disastroso i giovani (34,5 per cento) e le donne.
L'inflazione ha ripreso, pur se lentamente, a salire.
Questi ingredienti possono da un momento all'altro deflagrare, ponendo a noi legislatori una vera e propria questione sociale. Il debito pubblico ha superato la soglia del 126 per cento, anche se 3 punti percentuali sono da «addebitarsi» alla quota parte a carico del nostro Paese per la crisi della Grecia.
Il costo del servizio del debito, sta viaggiando speditamente verso i 90 miliardi/anno, che potrebbe presto veleggiare verso i 100 miliardi. Occorre abbatterlo intervenendo con più consistenti tagli alla spesa corrente, con cessioni - vere - di beni patrimoniali mobili ed immobili, anche se su quest'ultimo fronte il 52 per cento dei beni immobiliari detenuti dagli Enti Locali non sono censiti. L'equilibrio di bilancio, quello strutturale, è a portata di mano per l'esercizio 2013, come da impegni assunti con l'Europa. Attenzione però: se ne sbagliamo una, una sola, siamo fuori. Così ci ha detto chiaramente la Banca d'Italia.
L'avanzo primario, pur in crescita rispetto agli esercizi precedenti, è tuttavia rallentato rispetto alle previsioni del DEF. Il clima di pre-campagna elettorale, dicevo in discussione generale in Commissione Bilancio, avrebbe potuto far saltare il banco. Guai a noi, se questo fosse successo, dicevo allora, citando il Presidente della Repubblica, il quale preoccupato del clima politico che stava crescendo, diceva: «Non abbiamo fatto tutto quello che abbiamo Pag. 114fatto in questi ultimi 12 mesi per buttare via i benefici. Se cambiamo rotta adesso, a che pro, sacrifici, tasse e riforme? Oggi il rigore non rappresenta una scelta, ma una necessità. Non è fine a se stesso» Questo messaggio era rivolto all'Europa per rassicurarla, ma soprattutto di monito ai partiti della «strana» maggioranza. Del resto, aggiungeva il Presidente Napolitano, «gli italiani si rendono ben conto che le scelte del rigore avevano uno scopo preciso: quello di salvare il ruolo dell'Italia nell'Europa della moneta unica». Il senso di responsabilità dei due relatori alla legge di stabilità, e della maggioranza ha prevalso. Dobbiamo chiederci come affrontare, nella maniera più corretta le sfide del futuro, avendo al riguardo la crescita, che è la sola che può consentire credibilità nei confronti dei mercati, sostenibilità riguardo all'equilibrio di bilancio e, soprattutto equità nella distribuzione del reddito e incremento della produttività. Qualcuno diceva che «la nostra economia e la nostra società di solo rigore muoiono». Vero! Ma è altresì vero che senza rigore saremo «ammazzati»! Qui sta il problema, il passaggio stretto su cui camminare. Questo è il nostro compito di legislatori.
Confrontando il Quadro Programmatico del disegno di legge di stabilità con il Quadro Tendenziale contenuto nella Nota di Aggiornamento del DEF, emerge come il peggioramento del saldo del Bilancio Pubblico sia attribuibile soprattutto alla dinamica delle spese primarie correnti e della spesa per interessi, la quale ha più che compensato gli incrementi di gettito. Eccoci al cuore del problema Italia oggi.
Il fatto che gran parte dello scostamento tra quadro programmatico e realizzazioni - ci ha detto l'ISTAT - sia dovuto alle diverse prospettive di crescita, rende evidente come il proseguimento del percorso di deciso e duraturo risanamento fiscale non possa essere realizzato senza una attenta valutazione del rischio che le manovre di consolidamento vengano riassorbite dal peggior andamento del Quadro Macroeconomico.
Pertanto gli interventi proposti e quelli futuri devono essere disegnati attentamente al fine di minimizzare l'effetto negativo sulla crescita di breve termine e, soprattutto, di aumentare il potenziale di sviluppo a medio termine.
L'ISTAT citava le analisi del FMI e del rischio di avvitamento da forti riduzioni dell'indebitamento pubblico in presenza di una congiuntura economica negativa.
Citando l'ultimo report del World Economic Outlook del FMI, nel quale si parlava chiaramente che «una sistematica sottostima dell'impatto delle misure di contenimento dell'indebitamento netto della P.A. sulla crescita economica», concludeva dicendo che «per ogni punto percentuale di PIL di contenimento del Disavanzo fiscale (al netto degli effetti del ciclo economico) la Crescita Economica di breve termine verrebbe ridotta da poco meno di 1 punto percentuale, fino a più di 1,5 punti.
Individuare quindi, e percorrere la via stretta. Questo dobbiamo fare:
continuare con il rigore dei conti pubblici;
continuare con le riforme strutturali;
avviare subito la Riforma fiscale, dentro la quale far convergere la rimodulazione delle detrazioni e deduzioni.

Venendo alla Legge di stabilità dico subito che il testo al nostro esame in aula è sostanzialmente diverso da quello propostoci dal Governo, ed è il frutto di proposte emendative bipartisan, che ne hanno modificato la struttura portante iniziale, senza intaccare i saldi, anzi possiamo dire che il saldo finale è addirittura attivo anche in presenza di oltre una trentina di norme espunte o modificate.
Non tocca certo a me ricordarle, perché l'hanno già fatto i relatori.
Mi soffermerò solo su quelle che ritengo più significative o quelle che ho approvato più per disciplina di maggioranza che per convinzione profonda.
Tra le prime ricordo innanzitutto quelle che in discussione generale in Commissione Pag. 115avevo indicato come problemi aperti - le metto il ordine di articolo e non di importanza:
1) quella che dispone, in luogo della riduzione di 30 milioni di euro annui a decorrere dal 2014 degli stanziamenti per il funzionamento degli istituti di patronato e assistenza sociale: istituzioni al servizio dei cittadini, in spirito di servizio e funzionanti con risorse rinvenienti di diritto dagli iscritti e dai beneficiari dei servizi: emendamento n. 3.80 dei relatori, ma condiviso da tutti;
2) quella che sopprime le misure cosiddette «cieli bui» cioè lo spegnimento o l'affievolimento dell'illuminazione pubblica nelle ore notturne. L'emendamento n. 7.205 dei relatori altro non è che la riproposizione letterale di uno mio, dettato dall'esperienza di amministratore locale: sindaco di una città di 30 mila abitanti. Tocca agli amministratori definire procedure, modalità, luoghi di intervento e non calarli dall'alto dimenticandosi dei problemi di sicurezza nelle nostre città;
3) la riscrittura del cosiddetto «Fondo Letta» destinando 315 milioni al finanziamento di esigenze indifferibili: finanziamento ordinario delle università, Policlinici, Servizio civile, ecc. finanziamento aggiuntivo del Fondo nazionale per le politiche sociali per 300 milioni di euro, del Fondo per le non autosufficienze, ivi inclusi quello a sostegno delle persone affette da sclerosi laterale amiotrofica, per complessivi 200 milioni; del Fondo integrativo per la concessione di borse di studio per 50 milioni; 35 milioni quale contributo straordinario al Comune dell'Aquila e 40 milioni per le zone colpite da eventi atmosferici, e così per complessivi 625 milioni (emendamento n. 8.501 relatori);
4) la definizione in «zona cesarini» della copertura finanziaria al comparto Sicurezza: agenti, protezione civile vigili del fuoco, in un momento molto delicato sia per la forte tensione sociale nel Paese, come dicevo in premessa, sia per gli eventi calamitosi che si susseguono con cadenza quasi giornaliera nel nostro Paese dissestato (emendamento n. 3.350 relatori);
5) il reperimento all'ultimo minuto, delle risorse necessarie per far fronte alle emergenze alluvionali del corrente mese di novembre, dal Fondo produttività di 250 milioni di euro (emendamento n. 12.601): esattamente quanto avevo previsto con mio sub-emendamento all'emendamento fiscale dei relatori, il 3.700;
6) estensione di risorse alle Scuole «Parificate» (emendamento Rubinato, da me sottoscritto), la cui copertura pari a 223 milioni, individuata dai relatori, però non ha avuto l'avallo del Governo: e come dargli torto!

Ora mi soffermo su questioni aperte dai relatori, che ho votato più per disciplina di maggioranza che per vera convinzione della bontà dei medesimi:
A) quella che introduce l'istituzione di un Fondo per la concessione di un credito d'imposta per la ricerca e lo sviluppo, nonché per ridurre il cuneo fiscale, finanziato con la progressiva riduzione degli stanziamenti destinati ai trasferimenti e ai contributi alle imprese: emendamento 3.010 dei relatori.
Su questa il confronto in Commissione è stato serrato ma mai aspro. Io stesso nutrivo e nutro forti dubbi sulla sua efficacia, trattandosi più di un mero atto di indirizzo (qualcuno l'ha definito «manifesto politico»). Personalmente ritengo che dal Fondo cosiddetto «Giavazzi», stimato a suo tempo in 10 miliardi di euro, ma poi si scopre che occorreva decurtare le risorse destinate a settori nevralgici dell'Economia, quale quello dei trasporti su rotaia e non solo e che le risorse disponibili non supereranno i 3-400 milioni di euro. Con tale somma non si può certo pensare di finanziare il credito d'imposta per la ricerca e lo sviluppo ed in contemporanea la riduzione del cuneo fiscale. Questo ho detto in Commissione e questo ripeto in aula. La ragione del mio voto favorevole sta tutta nella iscrizione in Pag. 116sede parlamentare del problema della riduzione del cuneo fiscale che nel mostro Paese grava in modo pesantissimo sul costo del lavoro (emendamento 3.010 dei relatori);
B) quella che sopprime l'aumento dell'orario di impegno per l'insegnamento del personale docente della scuola secondaria, di primo e secondo grado, da 18 a 24 ore settimanali. Anche su questo e su quello dei relatori, il 3.300, le mie forti perplessità stavano e stanno sulle coperture individuate: Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST).
Questo Paese ha bisogno quanto dell'aria che respira di ricerca: siamo tra gli ultimi nella speciale graduatoria degli Stati dell'Unione Europea.
C) quella che anticipa al 2013 l'operatività del Fondo già previsto dal decreto-legge n. 138 del 2011, che nelle intenzioni dei relatori (emendamento 8.400) ha lo scopo di perseguire la riduzione strutturale della pressione fiscale utilizzando le maggiori entrate derivanti dall'attività di contrasto all'evasione fiscale. Purtroppo la proposta prevede inopinatamente che le predette maggiori entrate siano destinate anche al mantenimento dell'equilibrio di bilancio e soprattutto la riduzione del debito (poi corretto nel rapporto debito/PIL). Ho detto in Commissione e lo ripeto qui: questa è una norma manifesto. Come si può pensare di poter aver risorse aggiuntive, dopo aver utilizzato quanto riveniente dalla lotta all'evasione fiscale, per abbattere il debito: questo da solo significa avere oltre 35/40 miliardi all'anno visto che a tanto ammonta, almeno per i primi anni e quindi per l'intero triennio della legge di stabilità, la somma per ridurre di 1/20 lo stock di debito così come previsto dal Fiscal Compact e considerato che il costo del Servizio del Debito è in crescita (siamo già ai 90 miliardi annui) continua e lo sarà per il triennio prossimo!
D) quella che amplia la salvaguardia dei requisiti di accesso al pensionamento ad ulteriori 10.000 lavoratori «esodati», che vanno ad aggiungersi ai 65.000 del decreto interministeriale dell'1.6.2012 e ai 55.000 del decreto interministeriale del 5.10.2012, per un costo complessivo aggiuntivo di 333 milioni nel triennio, con risorse rivenienti dalla sterilizzazione di pensioni di lavoratori dipendenti, che sono gli unici che hanno sempre pagato sino all'ultima lira (emendamento 8.500 dei relatori).

Il problema è reale e grave, ma le coperture, sia quelle attuali che quelle ipotizzate in precedenza, sono assolutamente aleatorie o improprie.
Concludo con la riscrittura della parte Fiscale del disegno di legge da parte dei relatori (emendamento 7.300), che fa sostanzialmente proprio l'emendamento Tabacci-Cambursano.
Le risorse rivenienti dalla riduzione del Fondo affitti e la soppressione della riduzione di un punto delle aliquote IRPEF dei primi due scaglioni, vengono utilizzate per:
la soppressione dell'aliquota IVA del 10 per cento all'11 per cento (mantenendo soltanto quella che eleva l'aliquota ordinaria dal 21 al 22 per cento);
la costituzione di un Fondo di produttività;
l'incremento delle detrazioni dei figli a carico;
la riduzione dell'IRAP incidendo sulle deduzioni del «cuneo» fiscale;
l'abrogazione della franchigia sugli oneri deducibili;
l'abrogazione del tetto delle deduzioni;
il ripristino della clausola di salvaguardia del TFR;
differimento al 1o gennaio 2014 dell'IVA delle cooperative;
reintroduzione dell'esenzione IRPEF per le pensioni di guerra;
riduzione IRAP per imprese minori e professionisti senza dipendenti.

Pag. 117

Ho due grandi rammarichi: quello di non aver inserito il riconoscimento di un'imposta negativa in favore dei contribuenti a basso reddito (incapienti); quello di non aver provveduto ad istituire un apposito Fondo per due urgentissime necessità: quella della copertura degli oneri che gli enti locali dovranno sostenere per estinguere anticipatamente i mutui, così come loro richiesto da norme precedenti, e quella della messa in sicurezza degli edifici scolastici.
Avevo indicato anche dove reperire le risorse: ovvero dalla regolarizzazione delle attività finanziarie detenute illegalmente in Svizzera da cittadini italiani. Si poteva certamente fare meglio, anche molto meglio, ma la «maggioranza strana» questo ha concesso e già non è poco.

GIUSEPPE OSSORIO. Grazie signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, i Repubblicani sanno che «la ragione sociale» del Governo Monti risiede nella tenuta dei conti, nel riassetto e riequilibrio della finanza pubblica del nostro Paese, nell'ottica della federazione Europea. Questa non è solo, si badi, una ragione politica, né tanto meno economica o finanziaria, è come detto una ragione sociale. Va riconosciuto, compreso ed accettato il tentativo del Presidente Monti del mantenimento del più alto livello possibile di benessere dei cittadini italiani: questa è la ragione sociale dell'attuale Governo italiano, maturata nella consapevolezza profonda che il futuro dei cittadini italiani è oramai indissolubilmente legato a quello dei cittadini europei.
In questo quadro ben si comprendono le dichiarazioni del Presidente Monti circa la necessità che i Governi europei possano e riescano ad assumere una certa indipendenza dai Parlamenti nazionali. Nonostante ciò i Repubblicani sono molto preoccupati dello scollamento istituzionale che quotidianamente si accentua fra il Governo e il Parlamento la cui funzione è ormai residuale. Si comprende, o almeno si dovrebbe comprendere, anche il perché in Germania il via libera definitivo al fiscal compact sia stato richiesto e confermato dalla Corte costituzionale e non dal Parlamento.
Signor rappresentante del Governo, con altrettanta chiarezza e onestà intellettuale noi repubblicani riconoscendo, come detto, la ragione sociale dell'attuale Governo, affermiamo però che la nostra ragione sociale è lavoro e sviluppo. Al singolare, signor rappresentante del Governo, perché le due cose non possono più essere separate. Si può garantire lavoro e dignità solo con lo sviluppo. Ed il rigore non è sufficiente né di per sé propedeutico a creare sviluppo. Questa dicotomia va superata. Per l'Italia e per l'Europa.
E, invece, purtroppo persiste. Non a caso il disegno di legge che stiamo discutendo viene definito prevalentemente come legge di stabilità e non più come legge finanziaria. Se le parole hanno un senso bastano queste per comprendere il contrasto che abbiamo di fronte. Perseguire la stabilità certo è necessario, è nella situazione attuale condizione imprescindibile, la premessa necessaria, ma si può dopo un anno di Governo cominciare ad andare oltre questa premessa? Si possono cominciare ad individuare non le spese, si badi bene, ma gli investimenti su cui puntare per promuovere lo sviluppo del paese? Si può cominciare a ragionare su come si debba riorganizzare la nostra comunità e gli enti che la governano perché si creino le condizioni per lo sviluppo. Si può cominciare a delineare una visone, un progetto concreto di sviluppo per le forze economiche e produttive che animano il nostro paese.
Dal lavoro si deve partire, perché è su questo che si devono costruire nuove relazioni sociali, produttive e sindacali.
Ci portiamo dietro una concezione per la quale l'organizzazione del mercato del lavoro e dei suoi rapporti interni è caratterizzata da contrasti di matrice ideologica tipici del Novecento. Contrasti per i quali la produttività non è pensata come risorsa collettiva, come ricchezza del Paese, ma come il risultato di una continua trattativa tra le parti chiamate a determinarla. Questa situazione ha determinato atteggiamenti speculativi della parte datoriale che Pag. 118per troppo tempo ha utilizzato la flessibilità come strumento per abbassare surrettiziamente il costo del lavoro e contemporaneamente una ipersindacalizzazione che a volte ha finito con ingessare ed irrigidire il nostro mercato del lavoro. Il risultato è stato ed è ancora, troppo spesso, quel cosiddetto consociativismo, che esponenti di primo piano dell'attuale Governo, hanno avuto modo di stigmatizzare.
Accordi e partecipazione che spesso si invocano, in qualsiasi loro forma li si voglia declinare, devono tendere a rafforzare la produttività, le occasioni di produttività e quindi devono servire per attrarre gli investimenti, solo così possono promuovere lo sviluppo e quindi offrire, generare più occasioni di lavoro. Siamo tutti dalla stessa parte, dobbiamo riuscire a stare tutti dalla stessa parte. Da questo punto di vista la recente riforma del lavoro appare purtroppo contraddittoria. Se, come ha dichiarato il Ministro Fornero, non si deve garantire il singolo posto di lavoro, il posto fisso, ma il lavoro in generale, allora perché la riforma è costruita considerando il lavoro a tempo indeterminato come forma prevalente e dominante del nostro mercato del lavoro?
Da questa contraddizione si deve uscire! Una scelta in una direzione o in un'altra si deve fare. E se si vuole andare davvero verso un sistema più flessibile, lo si faccia con chiarezza e responsabilità, intervenendo, in primo luogo, sulle forme di assistenza e sostegno necessarie per garantire flessibilità vera e non precarietà.
Bisogna garantire il reddito, delle fasce medie della popolazione, dei giovani lavoratori, questo è necessario per garantire livelli adeguati di domanda aggregata e far ripartire consumi medi diffusi, che sono la vera benzina dello sviluppo.
La precarietà genera paura e la paura genera ristagno quindi recessione. Se vogliamo avere un sistema flessibile questa deve essere flessibilità vera. E in particolare per ottenerla si deve agire, anche, sulla rivisitazione del nostro sistema assistenziale e previdenziale che continua ad essere troppo rigido. Si deve capovolgere l'impostazione e puntare a garantire in maniera adeguata i nuovi lavoratori flessibili, se vogliamo davvero la flessibilità, i cui rischi non possono essere scaricati solo sulle spalle dei lavoratori. Serve un sistema di welfare capace di coprire i nuovi lavoratori con garanzie reali che ne permettano la flessibilità, senza lasciarli in perenne attesa di tutele che non potranno mai avere.
La competizione internazionale a cui siamo esposti come Italia e come Europa ci impone scelte vere per rendere il nostro sistema più competitivo e attraente. Il modello tedesco che spesso evochiamo, per tante cose, ebbene proprio quel modello, per il nostro mercato del lavoro, non dovremmo dimenticarlo. Un sistema caratterizzato da una vera concreta flessibilità interna e dunque fortemente inclusiva. È un modello, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, a cui dobbiamo guardare con attenzione, perché ci dimostra che flessibilità e stabilità non sono in contraddizione, anzi, la prima è propedeutica alla seconda. Attraverso la formazione, l'apprendistato, il lavoro fisiologicamente si stabilizza, diventa sempre più sicuro. Perché un'azienda dovrebbe fare a meno di un dipendente qualificato e formato all'interno magari della stessa azienda?
Europa, ebbene, onorevoli colleghi, dobbiamo decidere, non si può stare in Europa con Jaques Delors ed in Italia con Landini, una scelta si deve fare, anche perché il prezzo delle nostre battaglie ideologiche lo pagano ogni giorno i cittadini ed i lavoratori italiani.
È necessario creare un sistema più semplice, sburocratizzato e, quindi, solo per questo più accessibile ed attraente per gli investimenti stranieri.
Servono salari più alti, dagli anni Novanta sino ad oggi i salari sono cresciuti troppo poco e quindi le imprese tutte sono cresciute poco. Anche al fine di innalzare i salari, i costi del lavoro devono essere diminuiti, o almeno spostati in parte sul salario, le risorse economiche effettivamente disponibili devono diventare fruibili, devono essere messe almeno in parte Pag. 119a disposizione dei lavoratori e delle aziende. Tenerle ferme per pensioni che non ci saranno, non serve, si mettano queste risorse, almeno in parte lo ripeto, a disposizione dei lavoratori, incentivando magari forme di copertura assicurativa immediate per i lavoratori flessibili, con le quali questi possano garantirsi nei periodi di inoccupazione.
Questo tipo di intervento deve svilupparsi in un ottica più generale di sostegno del ceto medio. Continuare a restringerlo, ad impoverirlo è inaccettabile oltre che particolarmente rischioso. Le scelte fatte da questo esecutivo, si possono comprendere per la situazione emergenziale nella quale sono maturate, ma sia chiaro che si sono concentrate ed abbattute quasi esclusivamente proprio sul ceto medio. Si doveva andare sul sicuro, lo comprendiamo, fatto sta che il risanamento dei conti pubblici lo stanno pagando i cittadini normali. Il ceto medio italiano: dipendenti pubblici e privati, liberi professionisti, commercianti; è la gente normale che sta pagando tutto il peso della crisi. Non è possibile continuare in questo modo. Impoverire ulteriormente questa realtà significa aumentare gli effetti e la gravità della crisi, negarci per molto tempo la possibilità di ripresa. Il piccolo risparmio come i piccoli investimenti: sono questi che vanno promossi e sostenuti. Per questo motivo siamo convinti che sia necessario intervenire per garantire più liquidità in busta paga. Per sostenere quella grande domanda aggregata che proprio il ceto medio può garantire. Se si bloccano i piccoli investimenti i piccoli e medi consumi, si blocca il paese, si fermano le piccole e medie aziende, si spegne il motore dell'Italia. Defiscalizzazione e detrazioni sono utili ma serve maggiore liquidità, servono maggiori risorse economiche a disposizione dei cittadini.
In questa ottica non si comprende bene perché, oltre ai tanti tabù che dobbiamo sopportare, ce ne debba essere un altro: quello relativo alla cosiddetta patrimoniale. Ma è così impensabile chiedere ai grandi patrimoni o ai grandi redditi un contributo particolare, a quelli grandi si badi bene, a quelli veramente grandi. È davvero così assurdo ipotizzare un intervento in questa direzione?
Immettere liquidità nel sistema, questo serve ed in questa direzione si dovrebbe andare. Ed inevitabilmente entrano in gioco le banche. Il nostro sistema di credito ha smarrito la sua ragione essenziale, quella sociale, quella di essere garanzia agli investimenti. Abbiamo trasformato le banche in grandi magazzini, pieni di titoli di vario genere, purtroppo spesso tossici. Ed invece il sistema del credito deve tornare ad essere stampella e sostegno dell'economia reale. Non creare fondi immobiliari del cui esito oggi stiamo purtroppo pagando il prezzo.
Serve una nuova politica industriale. Per lungo tempo abbiamo pensato che un Paese moderno dovesse sempre più terziarizzarsi, oggi stiamo scoprendo che non basta e che anzi forse è il contrario. Nel dopoguerra l'Italia era un paese agricolo e dentro questo settore c'erano molti lavoratori che in realtà erano disoccupati, l'industrializzazione li ha fatti uscire dalle campagne e questo processo ha avuto vari effetti. Il primo quello di far abbassare il costo del lavoro, il secondo che alcuni di loro non trovando lavoro emigravano, terzo si sono create molte occasioni di lavoro in settori, il terziario in modo particolare tra cui il pubblico impiego, per assorbire l'occupazione. La stessa pubblica amministrazione per troppo tempo è stata considerata più come bacino d'occupazione che come fonte di servizi. Nel nostro sistema abbiamo accettato che un pezzo del sistema fosse inefficiente, perché l'inefficienza garantiva comunque posti di lavoro, non solo la pubblica amministrazione, ma molte attività terziarie sono state caratterizzate da tale fenomeno.
Non è più così, non può essere più così. Da dove nasce il nostro debito pubblico se non da questo atteggiamento?
Non solo serve un nuovo modello industriale perché oggi ci troviamo di fronte alla crisi del sistema tipico del capitalismo Pag. 120italiano, quello familiare. Un modello caratterizzato da una miriade di piccole e medie imprese forti ed aggressive, che avevano i loro punti di forza fondati su un costo del lavoro basso, ed una forte flessibilità organizzativa che, lo sappiamo, spesso ha creato nero. Ebbene oggi questa realtà produttiva è messa in discussione dalle miriadi di piccole aziende di paesi come la Cina che contano proprio sugli stessi punti di forza e il cui numero le rende di fatto irraggiungibili.
È evidente oggi una mancanza strategica del nostro sistema: quella delle grandi aziende, capaci di creare indotto, sistema, da sole, da noi ce ne sono troppo poche. Reindustrializzarsi significa, quindi, pensare ad un modello di sviluppo nuovo, più aperto, di dimensioni produttive anche più grandi, capace di investire sulla ricerca di fonti energetiche che possano supportarlo, capace di superare le posizioni di rendita che il terziario in Italia ha generato per molti anni, anche perché non possiamo più utilizzare la svalutazione per mantenere le nostre imprese competitive.
Pubblica amministrazione. Non può più essere considerata un bacino di occupazione, ma una fonte per generare servizi, fondamentali, tra l'altro, al rilancio dell'impresa. Le imprese in Italia devono poter contare su una rete di servizi che la pubblica amministrazione e solo lei può e deve garantire. Va difesa, salvaguardata, ma profondamente e drasticamente riorganizzata. Perché produce una grande domanda aggregata di cui non possiamo privarci, sarebbe un suicidio. Senza contare l'apporto in forma di tasse che i dipendenti pubblici garantiscono al nostro sistema, un apporto fondamentale in un Paese con tassi di evasione fiscale decisamente elevati. Un apporto quella della pubblica amministrazione che garantisce servizi, come ad esempio quello dei trasporti pubblici locali la cui esistenza è imprescindibile per un sistema capitalistico moderno. Tagliare la spesa non può significare ridurre domanda e consumi né tantomeno servizi. Certo, sarebbe, anzi è necessaria anche in questo caso maggiore flessibilità, la possibilità concreta che lo Stato possa reindirizzare, trasferire, spostare risorse anche umane a seconda delle necessità e dei servizi da garantire. Il posto fisso non può essere inteso come un freno, ma come una potenzialità, una sicurezza, uno strumento di sviluppo e di servizio.
Investimenti pubblici. Servono e devono essere strategici, focalizzati in particolare nelle aree depresse del nostro paese. Senza più continuare a discutere dell'esistenza di una questione Meridionale, del Nord, del Sud, evidenziando invece l'esistenza di una questione nazionale. È finita l'epoca dei provincialismi e delle ampolle. Di rivendicazioni territoriali strumentali che si sono rivelate per quello che erano, dai cappi esposti in quest'aula ai diamanti di qualche paese africano. Tutto sulla pelle dei cittadini, anche di chi onestamente ci aveva creduto. Provincialismi, che nulla hanno a che fare con il federalismo e che sono costati ai cittadini del Nord e del Sud enormi sprechi e sacrifici. Se non vogliamo che l'Italia diventi il Meridione d'Europa, sulle nostre aree depresse dobbiamo investire con forza ed energia e dobbiamo farlo rapidamente, considerandole per quello che sono: una potenziale e concreta possibilità di sviluppo, di ricchezza e di nuovo lavoro.
Servono, in primo luogo, investimenti infrastrutturali, e devono essere investimenti pubblici, il privato da solo non può farcela. Investimenti sul modello di quelli voluti dal Presidente Obama, che stanno producendo il risultato di vedere l'economia statunitense ripartire. E questi investimenti pubblici devono essere investimenti prima di tutto europei, per creare le necessarie infrastrutture, finanziamenti ed investimenti europei che devono essere la contropartita necessaria alla perdita di sovranità nazionale. Proprio così, si tratta di una contropartita, deve essere chiaro, l'Europa federale serve, deve servire, a garantire il massimo livello possibile di benessere per i cittadini europei. Si può accettare la perdita Pag. 121di sovranità solo in cambio di una politica europea concretamente orientata a questo risultato, al maggior benessere possibile di tutti i cittadini europei.
Signor rappresentante del Governo, di tutto questo sinceramente non c'è traccia in questo provvedimento. Siamo evidentemente ancora alla fase dell'emergenza, delle toppe necessarie, degli aggiustamenti, delle contraddizioni, come ad esempio sulla riforma del lavoro. Ci fidiamo, dobbiamo farlo e responsabilmente lo faremo. Ma quando passerà questa fase? Quando cominceremo ad utilizzare la stabilità necessaria per promuovere lo sviluppo?