Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

Cerca nel sito

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Per visualizzare il contenuto multimediale è necessario installare il Flash Player Adobe e abilitare il javascript

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute >>

XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 703 di lunedì 15 ottobre 2012

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

La seduta comincia alle 15,05.

GREGORIO FONTANA, Segretario, legge il processo verbale della seduta dell'11 ottobre 2012.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Barbi, Brugger, Buonfiglio, Caparini, Cassinelli, Cicchitto, Colucci, Commercio, Consiglio, Gianfranco Conte, D'Alema, D'Amico, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Dozzo, Farinone, Formichella, Franceschini, Giancarlo Giorgetti, Guzzanti, Iannaccone, Leo, Lombardo, Mecacci, Melchiorre, Migliavacca, Migliori, Milanato, Misiti, Moffa, Angela Napoli, Nucara, Arturo Mario Luigi Parisi, Pisacane, Pisicchio, Porta, Stefani, Tenaglia, Valducci e Vernetti sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente quarantacinque, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, recante disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute (A.C. 5440-A) (ore 15,10).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, recante disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 5440-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Unione di Centro per il Terzo Polo, Partito Democratico e Lega Nord Padania ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la XII Commissione (Affari sociali) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Barani, ha facoltà di svolgere la relazione.

LUCIO BARANI, Relatore. Signor Presidente, signor Ministro, preannunzio fin d'ora che chiederò alla Presidenza, alla fine del mio intervento, l'autorizzazione a consegnare la mia relazione scritta; svolgerò ora una breve sintesi del lavoro duro Pag. 2e nobile che la Commissione affari sociali, presieduta dal presidente Palumbo, che ringrazio, dal 19 settembre ha avuto modo di svolgere discutendo e approvando proposte emendative (circa un centinaio, delle oltre 900 proposte, tra emendamenti e subemendamenti, che abbiamo dovuto vagliare con la collega Livia Turco). Vorrei pubblicamente ringraziare il Ministro, che è sempre stato vicino ai due relatori e si è sempre confrontato con noi e con i colleghi della Commissione. Era già un buon testo quello del decreto-legge, ma quello in esame è diventato un testo veramente importante, per elevare la qualità di vita e per il raggiungimento degli obiettivi dei livelli essenziali di assistenza.
Entrando nel merito di questi sedici articoli, si è partiti dalla riorganizzazione delle cure primarie per le quali, con il Ministro, noi relatori siamo arrivati a presentare un emendamento, interamente sostitutivo, avente ad oggetto la riorganizzazione di alcuni fondamentali aspetti del Servizio sanitario nazionale. Si tratta di un profondo ridimensionamento dell'offerta assistenziale di tipo ospedaliero e più in generale, a causa della contrazione delle risorse destinate al sistema sanitario nazionale, abbiamo fatto in modo che vi fosse una riorganizzazione di quelle che sono le cure primarie, l'organizzazione dei servizi territoriali di assistenza primaria, promuovendo l'integrazione con il sociale, anche con riferimento all'assistenza domiciliare, con i servizi ospedalieri e prevedendo forme di organizzazione monoprofessionali, la rete anche dei pediatri a livello territoriale, o multiprofessionali, ovviamente degli specialisti, del personale dipendente del Servizio sanitario e del personale che ha dei rapporti con il Servizio sanitario, come la guardia medica, e, ovviamente, oltre i pediatri di libera scelta anche i medici di medicina generale.
Abbiamo anche cercato di trovare una soluzione dei medici in formazione, che abbiamo trovato. Quindi, con queste riorganizzazioni noi crediamo di aver portato avanti una rivoluzione copernicana nella sanità, nel senso che non vi è più un rapporto paziente-medico, ma un rapporto paziente-strutture multidisciplinari, aggregazioni.
Si tratta di strutture di aggregazione dove si possono trovare risposte in ogni momento (diurno, festivo e prefestivo) e fare da filtro ai pronto soccorso e agli intasamenti degli ospedali.
Con l'articolo 2 abbiamo definito finalmente, non più con proroghe, la libera professione intramoenia attraverso modifiche alla legge n. 120 del 2007, ossia la legge del Ministro Bindi che ho avuto l'onore di avere come correlatrice e con la quale abbiamo finalmente definito...

GIUSEPPE PALUMBO. Livia Turco, non Bindi!

LUCIO BARANI. Turco, scusate! È un lapsus freudiano questo, perché la riforma Bindi era quella antecedente, quella del decreto legislativo n. 502 che poi abbiamo modificato in un altro articolo. Grazie, presidente Palumbo, di questa correzione in corso d'opera.
Abbiamo definito bene l'intramoenia per arrivare poi all'articolo 3, che è veramente un articolo rivoluzionario per i medici. È un secolo che la aspettano, ed è arrivata. Mi riferisco alla depenalizzazione della colpa lieve. Non vi saranno più intasamenti processuali nei confronti dei medici per colpa lieve, anche se nell'articolo è tutelato il risarcimento del danno al cittadino. Non abbiamo perduto di vista il risarcimento, anzi il giudice dovrà tener presente, ai fini della quantificazione del danno, se il medico ha seguito le buone pratiche e quelle che sono le linee guida scientifiche internazionali.
Il medico, in questo modo, non avrà più il pensiero della «medicina difensiva» che costa ai cittadini oltre dieci miliardi di euro l'anno. Pertanto, quando seguirà le buone pratiche e le linee guida, non dovrà più rispondere per colpa lieve, ma solo per colpa grave o dolo, come del resto quasi tutti i cittadini. Dico «quasi» tutti cittadini perché c'è una categoria di cittadini che non paga mai, ossia i giudici, anche se sbagliano e sbagliano frequentemente. Pag. 3
A parte quindi questa critica, più o meno larvata, nei confronti di chi non è uguale agli altri, aggiungo che abbiamo inserito anche l'articolo 3-bis durante l'esame in Commissione che prevede l'istituzione di una unità di risk management per individuare le situazioni e le prestazioni sanitarie potenzialmente rischiose, nonché per prestare consulenze anche in materia assicurativa. È stata inoltre prevista l'istituzione dell'Osservatorio nazionale per il monitoraggio del rischio clinico. Noi crediamo importante anche questo.
L'articolo 4 è importante e riguarda la governance e le disposizioni in tema di dirigenza sanitaria e di governo clinico. Erano dodici anni che la Commissione si occupava della governance e del governo clinico. Ci sono stati dodici anni di dibattiti e non siamo mai arrivati in fondo. Ci siamo arrivati con questo provvedimento, migliorato da un emendamento sostitutivo del sottoscritto e della collega Turco con l'avallo, il plauso e il nulla osta del Ministro.
Avevamo un bagaglio di nozioni che in Commissione erano già state approvate, quindi eravamo arrivati a buon punto. Pertanto, siamo riusciti a prevedere: la modalità di nomina dei direttori generali delle aziende e degli enti del Servizio sanitario regionale da parte delle regioni, gli elenchi regionali di idonei (che devono essere aggiornati almeno ogni due anni) e una selezione effettuata, secondo criteri individuati dalle regioni, da una commissione costituita dalla regione medesima e di cui fa parte il direttore sanitario dell'azienda interessata, ma che non la determina.
Quindi, abbiamo cercato - nella nomina dei direttori generali, dei primari, delle unità operative complesse, delle unità operative semplici e dei dipartimenti - di dare delle linee guida importanti che le regioni sono tenute a seguire.
Un altro dato importante è che abbiamo dato la possibilità ai medici di rimanere in servizio fino all'età di 67 anni e, su richiesta dell'interessato e con il nulla osta dell'azienda, si può arrivare a 70 anni, come i responsabili di unità operativa complessa, come i professori universitari e come i magistrati. È ovvio che questo comporterà che per cinque, sette, otto anni non avremo più «entrate» nel Servizio sanitario nazionale di giovani medici - questo di norma - perché ovviamente tale slittamento del pensionamento dei medici comporterà, quindi, che i medici andranno in pensione più tardi, lavoreranno di più, continueranno a mantenere e a portare le loro esperienze, dovranno cercare di insegnare ai giovani, con la loro esperienza e il loro bagaglio culturale, e di aiutare in questa selezione quelli che dovranno essere i futuri primari.
Ma con la spending review il turnover è completamente bloccato, quindi rischiamo che i giovani medici entrino solamente a quarant'anni. Ciò comporterà che dai trentun anni, quando si specializzano, ai quarant'anni, questi non avranno la possibilità di entrare. Allora si è fatto ricorso alla genialità e la genialità in Commissione è venuta dall'applicazione di un articolo della spending review, che credo, Presidente, sia l'articolo 2, comma 11.
Si tratta di una norma inserita durante l'esame in Commissione e in cui vengono dettate disposizioni relative al collocamento a riposo dei medici e dei sanitari del sistema sanitario nazionale, che, come ho già detto, è stabilito a 67 anni di età, ma con la possibilità, nell'applicare la spending review - così prevede l'articolo 2, comma 11, della legge n. 135 del 2012 -, di fare in modo che ci possa essere la possibilità di favorire il pensionamento, con un'incentivazione, di personale in esubero, di personale tipo cuochi, addetti alle pulizie, uscieri, addetti ai servizi di guardiania a carico delle strutture sanitarie, le cui mansioni, tra l'altro, sono state esternalizzate, non servono più. Quindi si tratta di personale che, imboscato, viene continuato a pagare ugualmente, senza ovviamente avere la possibilità di un turnover.
Visto che le aziende sanitarie non hanno la possibilità di fare valutazioni attuariali dei carichi di lavoro e, quindi, non riescono a definire l'esubero e non riescono a calcolare la qualità e la quantità Pag. 4delle risorse umane necessarie per la garanzia dei LEA, con l'inserimento di questo articolo siamo riusciti a incentivare il pensionamento del personale in esubero che l'azienda non riesce a quantificare e a qualificare. Dai conteggi che sono stati fatti dagli uffici sono circa 4 mila per anno, quindi per due anni il totale è di 8 mila. Al posto di personale amministrativo o addetto a mansioni esternalizzate, si garantisce quindi la possibilità di poter assumere medici e infermieri. Infatti, i medici nel Servizio sanitario nazionale sono solamente un settimo e gli infermieri sono solamente il 36 per cento e la sanità senza medici, infermieri e personale tecnico non si fa. Abbiamo assunto troppi amministrativi e con questa norma riusciamo a garantire anche un turnover, uno su cinque, come prevede del resto la legge vigente.
Poi siamo andati avanti con l'articolo 5, abbiamo esaminato i livelli essenziali di assistenza per malattie croniche e malattie rare, e questo è molto importante. Viene prevista l'emanazione, entro il 31 dicembre 2012, di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del signor Ministro della salute, qui presente. L'articolo - anche questo è molto importante - prevede l'aggiornamento del nomenclatore tariffario entro il 31 maggio 2013.
Poi l'articolo 6 concerne l'edilizia sanitaria, al fine di sviluppare il coinvolgimento del capitale privato nei lavori di ristrutturazione e di realizzazione di strutture ospedaliere e al fine di applicare la normativa antincendio alle strutture sanitarie e sociosanitarie sia pubbliche che private e al fine di accelerare l'utilizzazione delle risorse per la realizzazione di strutture di accoglienza dei detenuti degli ex ospedali psichiatrici giudiziari. Quindi, abbiamo visto anche questo e noi riteniamo che sia un po' un «Piano Marshall»: la sanità è priva di medici e cerchiamo di trovarli dai privati senza oneri a carico dello Stato.
Abbiamo inserito l'articolo 6-bis per il surplus della vendita di immobili (ci è stato chiesto da alcune regioni) e poi gli articoli da 7 a 9 trattano il tema di riduzione dei rischi sanitari connessi all'alimentazione e alle emergenze veterinarie. Anche questi sono articoli che hanno comportato un grossissimo dibattito sulla sicurezza alimentare, la vendita di bevande e sigarette ai minori e la ludopatia. Si tratta di temi che ovviamente hanno creato anche un grosso dibattito nei confronti dei mass media e all'interno della Commissione.
Infine, siamo arrivati al capo III. Gli articoli da 10 a 13 recano disposizioni in materia di farmaci e di servizio farmaceutico. Il comma 1 snellisce gli adempimenti; i commi seguenti trattano dell'erogazione e dell'utilizzo uniforme di medicinali innovativi di particolare rilevanza. Abbiamo discusso sul requisito di innovatività al fine di valutare le procedure su istanza regionale. Insomma, si è aperto un grosso dibattito che ha portato anche ad alcune modifiche sostanziali del decreto.
L'articolo 11 contiene disposizioni finalizzate ad una revisione straordinaria del prontuario farmaceutico nazionale, nonché disposizioni dirette a favorire l'impiego razionale ed economicamente compatibile dei medicinali. Va ricordato che il testo originario del provvedimento includeva nella revisione straordinaria sopra citata anche i farmaci la cui efficacia non risulti sufficientemente dimostrata alla luce delle evidenze rese disponibili dopo l'immissione in commercio. Prevedeva, inoltre, in relazione ai farmaci che non soddisfino il criterio di economicità in rapporto al risultato terapeutico previsto, l'avvio, da parte dell'Aifa, della procedura di rinegoziazione del prezzo, stabilendo al 31 dicembre 2013 il termine per l'eventuale esclusione di questi ultimi prodotti dal prontuario farmaceutico nazionale.
Queste disposizioni sono state soppresse nel corso dell'esame in Commissione per dare certezza in merito al rispetto della tutela brevettuale nella fase del rimborso dei farmaci equivalenti. Non si comprende, pertanto, la necessità di inserire tale misura in un provvedimento di legge che in termini perentori sancisce delle scadenze temporali senza considerare Pag. 5le condizioni e i termini degli accordi negoziali in essere tra Aifa e azienda. Peraltro, con scadenze specifiche tale attività è già svolta dall'Aifa.
Viene, inoltre, consentito alle regioni il riconfezionamento e la distribuzione dei medicinali agli assistiti presso strutture ospedaliere e residenziali. L'articolo 11-bis, inserito durante l'esame in Commissione, vieta il trasferimento per atto tra vivi dell'autorizzazione sanitaria all'esercizio della farmacia in caso di condanna con sentenza di primo grado per il reato di truffa ai danni del Servizio sanitario nazionale. Anche questo lo ritenevamo importante.
L'articolo 12 è stato ampiamente modificato nel corso dell'esame in Commissione e reca interventi sulle procedure di classificazione dei medicinali.
Infine, arriviamo al capo IV che riguarda gli articoli da 14 e 16 e reca le norme finali.
L'articolo 14 dispone la razionalizzazione di taluni enti sanitari.
L'articolo 15, invece, disciplina il trasferimento alle regioni delle funzioni di assistenza sanitaria del personale navigante.
L'articolo 15-bis, inserito nel corso dell'esame in Commissione, detta alcune disposizioni in tema di acquisto di beni e servizi da parte degli enti del Servizio sanitario nazionale o, per essi, delle regioni e delle province autonome nonché sulla determinazione dei prezzi di riferimento.
Infine, il risultato fin qui ottenuto è, quindi, più che soddisfacente, ma vi sono ancora margini di miglioramento su questioni come l'esercizio abusivo della professione, le cure palliative, la riorganizzazione della dirigenza sanitaria del Ministero della salute e del CNR e le discipline di alcune professioni mediche come i biologi, che potranno essere trattate nel corso del dibattito in Aula e nel corso del restante iter di conversione del decreto.
Ho concluso, signor Presidente. Se me lo consente, signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia relazione, perché ho dato solamente alcuni tratti riassuntivi, mentre la relazione è proprio una relazione «nutrita» perché, come è stato nutrito, importante e imponente il lavoro, non poteva, la relazione, essere superficiale.

PRESIDENTE. Onorevole Barani, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha facoltà di intervenire la relatrice, onorevole Livia Turco.

LIVIA TURCO, Relatore. Signor Presidente, anche io voglio ringraziare il signor Ministro per il modo con cui ha costantemente interloquito con noi e con la Commissione e ringraziare le colleghe e i colleghi.
Il provvedimento in esame, conversione in legge del decreto-legge n. 158 del 2012, recante disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute - e ho voluto, non a caso, citare il titolo -, costituisce uno strumento importante, anche lungimirante e, nello stesso tempo, urgente per promuovere l'ammodernamento del sistema sanitario, la qualità e la sicurezza delle cure.
In questo provvedimento la salute dei cittadini è considerata parte integrante dello sviluppo del Paese e voglio sottolineare questo aspetto di impostazione culturale. La tutela della salute è parte importante dello sviluppo del Paese, sia nel senso che migliorare la salute dei cittadini significa promuovere i valori costituzionalmente tutelati della dignità e della persona e del suo benessere psicofisico, sia nella consapevolezza che il benessere delle persone costituisce un capitale umano prezioso per garantire sviluppo e crescita del Paese. D'altra parte, la filiera della salute è un comparto fondamentale della struttura produttiva e della ricerca scientifica del nostro Paese. Obiettivo del decreto, messo a punto dal Governo e dal ministro Balduzzi, è proprio quello di accrescere la competitività di questo comparto, sia migliorando la qualità dell'assistenza e delle Pag. 6cure sia accrescendo i livelli di efficienza nel funzionamento del sistema.
Abbiamo imparato, nel corso degli anni, quanto sia prezioso il circolo virtuoso tra l'equità, l'efficienza, l'appropriatezza. Il rilancio e l'aggiornamento, alla luce dei problemi attuali di questo circolo virtuoso - del circolo virtuoso tra equità, efficienza e appropriatezza - costituisce, a mio avviso, il filo conduttore che unisce i sedici articoli del presente decreto-legge. A ciò, credo dobbiamo aggiungere, in ogni momento, l'attenzione forte ai cittadini, alla loro percezione del sistema sanitario, alle loro competenze, per far crescere il sentimento di fiducia verso il sistema sanitario pubblico universalistico e solidale. È questo, peraltro, il cuore di un buon governo della sanità: rendere il cittadino protagonista e responsabile verso la cura delle persone e verso il sistema sanitario. La sanità funziona se il cittadino vede rispettati i suoi diritti, ma anche se percepisce i suoi doveri: il dovere di non ammalarsi, il dovere di rispettare e di avere cura del servizio sanitario nazionale che, per contribuire a renderlo universalistico e solidale, devono accompagnarsi alla rivendicazione dei diritti.
Altro aspetto cruciale del buongoverno della sanità è la partecipazione attiva dei professionisti attraverso il metodo della trasparenza, del coinvolgimento, della valutazione dei risultati in termini di salute della popolazione, della promozione della capacità e della selezione sulla base del merito. Per questa ragione, è cruciale l'articolo 4 di questo decreto-legge, che raccoglie peraltro un lungo ed importante lavoro svolto nel corso della legislatura nell'ambito della Commissione affari sociali. Il testo che approda in Aula è il decreto del Governo, a cui si è aggiunta la discussione che abbiamo avuto in Commissione affari sociali e che si è avvalsa anche - lo voglio sottolineare - del contributo che professionisti, regioni ed istituzioni ci hanno fornito per migliorare ulteriormente il testo.
Mi voglio concentrare in ciò che dirò, rinviando anch'io al testo scritto, su quello che considero un aspetto cruciale di questo decreto, vale a dire l'articolo 1. L'ammodernamento del sistema sanitario ed il miglioramento della qualità e della sicurezza delle cure non può che partire da una presa in carico dei nuovi bisogni di salute: cronicità, lunga convivenza con la malattia, nuovi disturbi e patologie connesse agli stili di vita ed al disagio esistenziale e l'accentuarsi delle diseguaglianze nella salute in relazione agli effetti che cosiddetti determinanti della salute (lavoro, reddito, istruzione, legami familiari e sociali, differenze di genere) hanno sulla vita delle persone. Questi sono gli aspetti cruciali dal punto di vista epidemiologico e dello stato della salute della nostra popolazione. Ad essi, mi pare si riferiscano alcuni importanti articoli di questo decreto: sicuramente l'articolo 1, che propone la costruzione - finalmente - del secondo pilastro della sanità, vale a dire l'assistenza territoriale, che è e deve sempre più essere la medicina vicina ai cittadini.
L'articolo 1 pone in essere un cambiamento dell'organizzazione sanitaria, che è già stato avviato da molte regioni, che già era presente in precedenti provvedimenti legislativi - mi sia consentito di citare l'articolo 6 del disegno di legge collegato alla finanziaria per il 2008: «Interventi per la qualità e la sicurezza del Servizio sanitario nazionale».
Proprio alla luce di quanto è già stato costruito nel corso degli anni dalle esperienze regionali, diventa dunque importante questo articolo 1, perché mette a regime esperienze che già sono state fatte e, nel rispetto delle competenze delle regioni, accelera un processo che è urgente accelerare. Anche qui è stato importante il confronto serrato con le regioni e con i sindacati medici, che hanno dato un contributo importante, e credo che sia da ringraziare il Governo per averci proposto una riformulazione dell'articolo 1 che va proprio incontro alle quelle che sono state le osservazioni, in particolare delle regioni.
L'articolo 1 parla di riordino dell'assistenza territoriale e della mobilità del personale delle aziende sanitarie, demanda alle regioni, sulla base di chiari principi, il Pag. 7compito di organizzare il sistema delle cure primarie. I principi sono l'integrazione tra servizi sociali e sanitari - compresi quelli ospedalieri -, il team multiprofessionale per realizzare il dialogo ed il lavoro comune tra le diverse professionalità al fine di garantire la continuità assistenziale e la presa in carico del paziente nella sua globalità, avendo come oggetto e come fine la persona, e non solo un corpo malato.
L'integrazione dei servizi e la collaborazione tra professionalità è cruciale per migliorare la qualità dell'assistenza e per prendere in carico quei nuovi bisogni di salute come la cronicità, la lunga convivenza con la malattia e la promozione di stili di vita salutari. A ciò servono le aggregazioni funzionali territoriali, che prevedono forme organizzative monoprofessionali, che hanno il compito di condividere in forma strutturata obiettivi e percorsi assistenziali, strumenti di valutazione della qualità assistenziale, linee guida, e insieme le forme organizzative multiprofessionali denominate unità complesse di cure primarie, che erogano, in coerenza con la programmazione regionale, prestazioni assistenziali tramite il coordinamento e l'integrazione dei medici delle altre professioni convenzionate con il sistema sanitario, gli infermieri, le professionalità ostetriche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione e del sociale a rilevanza sanitaria.
In particolare, le regioni disciplinano le unità complesse di cure primarie, privilegiando la costituzione di reti di poliambulatori territoriali dotati di strumenti di base e aperti al pubblico per tutto l'arco della giornata, nonché nei giorni prefestivi e festivi, con idonea turnazione, che operano in collegamento telematico con le strutture ospedaliere. Quando sarà realizzato tutto ciò, la sanità avrà davvero un altro volto e sarà davvero la sanità più amica dei cittadini. È dunque fondamentale il coinvolgimento dei professionisti e la loro valorizzazione, a partire dai medici di famiglia e dal personale convenzionato, così come proposto nei commi 2 e 3 dell'articolo 1. Non a caso, il comma 2 prevede che le unità complesse di cure primarie e le aggregazioni funzionali territoriali erogano l'assistenza primaria attraverso il personale convenzionato e il comma 3 individua il personale convenzionato nei medici di medicina generale, nei pediatri di libera scelta e negli specialisti ambulatoriali.
Per i medici di medicina generale è istituito il ruolo unico, disciplinato dalla convenzione nazionale. Si tratta, anche qui, di una misura importante, che pone fine alla frammentazione delle categorie e figure di medici di medicina generale e ne qualifica la professionalità.
Cruciale è, poi, il comma 4, che novella l'articolo 8 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502. Le innovazioni introdotte sono di grande rilievo e vanno nella direzione di rendere più stringente il rapporto tra il Servizio sanitario nazionale e la medicina generale, logica conseguenza della scelta di costruire il sistema delle cure primarie, di cui i medici di famiglia, i pediatri e gli specialisti ambulatoriali sono il perno. Pertanto, le attività disciplinate dalla convenzione sono individuate tra quelle previste dai livelli essenziali di assistenza - articolo 1, comma 4, lettera a) - e la nuova organizzazione dell'assistenza territoriale rientra nei compiti della convenzione, e dunque diventa cogente per le figure mediche convenzionate.
Importante è anche l'innovazione contenuta al comma 4, lettera h), laddove si prevede che l'accesso al ruolo unico per le funzioni di medico di medicina generale del Servizio sanitario nazionale avvenga attraverso una graduatoria unica per titoli, predisposta annualmente a livello regionale.
La riformulazione dell'articolo 8 del decreto legislativo n. 502 del 1992, secondo i contenuti prima indicati, consente - lo voglio sottolineare - di promuovere una valorizzazione delle figure mediche della medicina generale e della pediatria, rendendo strategica tale professionalità nell'ambito della nuova assistenza territoriale.
Questo è l'onore e la responsabilità per i medici di famiglia e i pediatri che loro Pag. 8stessi hanno auspicato, dimostrando - credo vada loro riconosciuto - lungimiranza, perché una professione cresce quando è a servizio del miglioramento complessivo dell'assetto assistenziale, e dunque quando contribuisce a realizzare un miglioramento nella qualità e nella sicurezza delle cure dei cittadini. In questo caso, la professionalità dei medici di medicina generale e la loro disponibilità ad innovare l'esercizio della professione attraverso l'associazionismo e il team multidisciplinare è dirimente per adeguare il nostro sistema sanitario all'impellente bisogno di salute che è, come dicevo prima, la cronicità e la lunga convivenza con la malattia: coglierla, da parte loro, da parte dei professionisti interessati, e decidere di praticare questa innovazione è il modo migliore per onorare se stessi e per far accrescere il prestigio della loro professionalità. Credo che sia importante, dunque, la riformulazione di questo articolo e credo che quanto qui previsto prefiguri un cambiamento significativo del nostro assetto sanitario e del nostro sistema delle cure.
A maggior ragione questo cambiamento, così come l'insieme del provvedimento, solleciterà da parte del Governo - il Ministro lo ha già fatto, ma ci sembra giusto qui ribadirlo - una attenzione molto particolare alle risorse che sono destinate al Servizio sanitario nazionale, perché l'insieme di questo provvedimento, in particolare l'articolo 1, rende cruciale proprio il nodo delle risorse. Da questo punto di vista non possiamo non esprimere, come abbiamo fatto in tutto il corso del dibattito parlamentare, una preoccupazione, per il rapporto tra i contenuti di questo provvedimento - in particolare di questo articolo 1, così cruciale per l'ammodernamento del Sistema sanitario - e le risorse che sono messe a disposizione.
Per quanto riguarda gli altri articoli del provvedimento, anch'io rinvio al testo scritto, non voglio soffermarmi, se non per sottolineare anch'io, appunto, l'importanza dell'articolo 3, che cerca di superare il contenzioso medico-legale che tante volte divide i medici dai pazienti. Sappiamo quanto sia importante costruire un rapporto di fiducia tra i medici e i pazienti e questo articolo va in questa direzione. Così come non mi voglio soffermare sugli articoli 4 e 4-bis, se non per indicare quanto sia importante l'articolo 4-bis, che prevede la possibilità per le regioni di ricorrere allo sblocco del turnover e fare assunzioni mirate, al fine di garantire i livelli essenziali di assistenza.
Voglio sottolineare, poi, l'importanza dell'articolo 5, sull'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza. Credo che questo articolo sia l'articolo cruciale e sia l'articolo cruciale perché il Ministro e il Governo mettono una data entro la quale si impegnano per l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza. È una misura, un'iniziativa, attesa da tanto tempo, perché sappiamo che quello dell'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza è stato un contenzioso che ha attraversato tutta questa legislatura. Io non posso qui non sottolineare la responsabilità grave che si è assunto il Governo precedente nel ritirare l'aggiornamento dei LEA che era stato fatto, lasciando il sistema sanitario privo dell'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza. Il fatto che in questo decreto sia indicata una data è un fatto straordinariamente positivo rispetto al quale esprimere la profonda soddisfazione, anche per il fatto che sono indicate, tra le priorità, l'aggiornamento del decreto sulle malattie rare, sulle malattie croniche, e il fatto che il dibattito parlamentare abbia aggiunto anche l'aggiornamento del nomenclatore tariffario relativamente alle protesi e agli ausili. Non è prevista una dilazione di questo provvedimento, come invece si è fatto credere all'esterno, al contrario questo articolo 5 dice che, insieme all'aggiornamento dei LEA, sarà fatto anche l'aggiornamento del tariffario relativamente alle protesi e agli ausili. Vi è una data ben precisa. Questo, credo, che possa rassicurare quelle famiglie, quelle associazioni, che, giustamente, chiedono conto al Parlamento e al Governo di un provvedimento che non è più rinviabile. Questa misura c'è ed è, per me, uno degli elementi qualificanti di questo decreto. Pag. 9
Così come credo sia importante il fatto che questo articolo sull'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza recepisca un emendamento che ha avuto il sostegno anche del mondo associativo, quello relativo alla creazione di un apposito fondo per i livelli essenziali di assistenza che contengono misure di prevenzione e di presa in carico delle persone che sono colpite dalla ludopatia. Dunque, è importantissimo l'articolo 5. Così come sono importanti le misure relative alla presa in carico dei nuovi bisogni di salute in termini di sicurezza alimentare e di lotta all'abuso dell'alcol.
È importante che siano state raccolte in tutto il provvedimento misure che vanno nella direzione di una più accresciuta tutela delle persone ed in particolare dei minori.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Livia Turco.

LIVIA TURCO, Relatore. Così come credo che vi sia stata una grande sensibilità da parte dell'insieme della Commissione, oltreché del Governo, a recepire emendamenti e proposte che sono venute dal mondo delle professioni oltre che delle associazioni.
Ultima questione, su cui mi voglio soffermare, riguarda il capitolo relativo ai farmaci. Il settore farmaceutico è cruciale per la tutela della salute ed è essenziale l'investimento nella ricerca. Come ho già detto, esso costituisce un pilastro fondamentale del comparto produttivo del nostro Paese ed è dunque fondamentale una politica pubblica del farmaco, che investa nella ricerca e nella innovazione e che sostenga questo bene prezioso. Ci auguriamo, pertanto, che nei vari provvedimenti relativi alla crescita ed allo sviluppo, che questo Governo ha presentato e sta per presentare, siano previste misure che sostengano questo settore cruciale.
Quello farmaceutico, però, è anche il settore in cui, insieme agli investimenti e all'innovazione, è necessario perseguire con scrupolo la valutazione dell'appropriatezza ed il superamento di diseconomie e di sprechi. Abbiamo pertanto ritenuto - e riteniamo - essenziale l'articolo 11, che prevede la revisione straordinaria del prontuario farmaceutico e la collocazione in fascia C dei farmaci terapeuticamente superati e di quelli la cui efficacia non risulti sufficientemente dimostrata alla luce delle evidenze rese disponibili dall'immissione in commercio.

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Livia Turco.

LIVIA TURCO, Relatore. Per questo - e concludo - consideriamo molto grave la cancellazione avvenuta in Commissione attraverso emendamenti dei colleghi del centrodestra, cancellazione di questa seconda previsione e dei commi 3 e 4. Ci auguriamo che il confronto in Aula solleciti un ripensamento dei nostri colleghi e ci auguriamo anche un intervento del Governo per ripristinare queste misure che sono così essenziali per garantire in un settore cruciale la misura dell'appropriatezza, che è quanto davvero deve stare a cuore al legislatore, perché appropriatezza vuol dire tutela della salute dei cittadini (Applausi).
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna di considerazioni integrative del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Livia Turco, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire successivamente.
È iscritta a parlare l'onorevole Bocciardo. Ne ha facoltà.

MARIELLA BOCCIARDO. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, il provvedimento che viene sottoposto alla valutazione dell'Aula ha come titolo: «Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute».
È stata scelta la via del decreto, perché il Governo ha ritenuto necessario ed urgente Pag. 10procedere al riassetto dell'organizzazione sanitaria, tenuto conto della contrazione delle risorse finanziarie destinate al Servizio sanitario nazionale, a seguito delle varie manovre di contenimento della spesa pubblica.
L'obiettivo è la riorganizzazione e il miglioramento dell'efficienza di alcuni fondamentali elementi del Servizio sanitario nazionale allo scopo di garantire e promuovere in tale ottica un più alto livello di tutela della salute. Lo strumento è l'adozione di misure a largo raggio che coinvolgono: l'assistenza territoriale, la professione e la responsabilità dei medici, la dirigenza sanitaria ed il governo clinico, la garanzia dei livelli essenziali di assistenza soprattutto per le persone affette da malattie croniche rare e da dipendenza da gioco con vincita di denaro, numerose nuove norme tecniche per le strutture ospedaliere, la sicurezza alimentare, il trattamento di emergenze veterinarie, altre disposizioni sui farmaci e sulla sperimentazione clinica dei medicinali, la razionalizzazione di alcuni enti sanitari e il trasferimento alle regioni delle funzioni di assistenza sanitaria al personale navigante.
Il decreto - diciamolo con chiarezza - si configura come una vera e propria nuova riforma nell'ambito della sanità. Per questo è stato chiamato, in modo forse più appropriato, «decreto sanità».
Storicamente il decreto si viene a collocare come un ulteriore sforzo riformista, iniziato poco più di trent'anni fa, del Servizio sanitario nazionale, istituito nel 1978. Ricordo alcune tappe fondamentali di questo percorso: una nel 1992, un'altra nel 1999. Due riforme che avevano lo scopo di configurare una sorta di mercato delle prestazioni sanitarie, nel quale gli operatori privati potessero competere in un quadro concorrenziale.
Ma come può essere considerato mercato quello in cui uno dei concorrenti, il pubblico, può accreditare i suoi competitori e nello stesso tempo può erogare servizi e pagare le prestazioni dei suoi concorrenti? Ancora oggi questo nodo non è stato sciolto. Dal 1999 il Servizio sanitario nazionale è diventato un mosaico di servizi sanitari regionali che, ancora più che in passato, possono offrire prestazioni differenziate tra di loro. Lo Stato deve limitarsi ad individuare e garantire in modo uniforme, anche finanziariamente, i livelli essenziali di assistenza, lasciando alle singole regioni l'opportunità di sviluppare autonomamente forme ulteriori di assistenza sanitaria. Si stava aprendo la finestra verso la riforma costituzionale del Titolo V della Costituzione, che sancisce la sanità una materia concorrente tra Stato e regioni, affidando a queste ultime la tutela della salute.
La gestione della sanità italiana è stata sempre critica e complessa. Il divario tra Nord, Centro e sud si è accentuato, i bilanci di alcune regioni scoppiano, la spesa cresce in modo esponenziale ed incide sempre più pesantemente sul debito pubblico. Gli ultimi Governi hanno cercato di porvi riparo con vari provvedimenti, soprattutto mirati al contenimento della spesa, con tagli a volte mirati, a volte lineari, e non sempre il bersaglio colpito è stato quello giusto, come ad esempio con i provvedimenti sulla spesa farmaceutica che, pur avendo un'incidenza minimale sulla spesa sanitaria globale, è stata più volta presa di mira, mettendo in crisi il settore produttivo, distributivo e di vendita del prodotto farmaceutico. In questo scenario, ecco spuntare il decreto sanità presentato dal Ministro Balduzzi: entrato nel Consiglio dei Ministri con squilli di tromba, il testo ne era riuscito ridimensionato e le successive riscritture lo avevano ulteriormente annacquato. Ma quando il decreto è approdato nella XII Commissione, è iniziato un iter in cui tutti i membri della Commissione si sono impegnati al massimo, dimostrando come l'impegno dei parlamentari in quanto legislatori possa fare la differenza. L'iter del decreto-legge, iniziato presso la XII Commissione (Affari sociali) il 19 settembre, si è concluso il 12 ottobre, dopo 20 giorni di intenso dibattito.
Il provvedimento giunge ora in Aula con alcune novità rilevanti rispetto al testo originale. Il testo del provvedimento ha subito infatti delle significative modifiche Pag. 11nel corso dell'esame da parte della Commissione di merito, la quale, nonostante abbia dovuto procedere a ritmi sostenuti, anche a causa della mole di emendamenti presentati, ha svolto sul decreto-legge un'approfondita ed articolata discussione, accompagnata da un intenso ciclo di audizioni. In particolare, sono stati soggetti a riformulazione gli articoli più incisivi del provvedimento, a cominciare dall'articolo 1, riguardante il riordino dell'assistenza territoriale e la mobilità del personale delle aziende sanitarie e dall'articolo 4, riguardante la dirigenza sanitaria e il governo clinico. Numerosi altri articoli sono stati modificati e in alcuni casi altri articoli sono stati aggiunti. In un'ottica di confronto dialettico che ha visto protagonisti, da una parte, i relatori ed i membri della Commissione e, dall'altra, il Ministro Balduzzi, che è stato assiduamente presente ai lavori, e per questo lo ringraziamo, sono stati approvati un numero considerevole di emendamenti. Sottolineo inoltre il ruolo incisivo dei relatori che, pur appartenenti a schieramenti opposti, hanno lavorato in sintonia, presentando emendamenti di largo respiro, tesi a raccogliere le osservazioni dei vari interventi dei membri della Commissione. Questo a conferma dell'atteggiamento di totale apertura che ha accompagnato i lavori della Commissione.
Il testo che giunge in Aula, passato dai 16 articoli iniziali agli attuali 21, reca, in un quadro di contrazione delle risorse finanziarie destinate al Servizio sanitario nazionale, misure finalizzate a garantire il riassetto dell'organizzazione sanitaria, puntando sull'efficienza e sulla riorganizzazione del sistema. È stata infatti ravvisata l'esigenza di un urgente riordino, in primo luogo del sistema delle cure territoriali, in secondo luogo di alcuni aspetti della governance del personale dipendente del Servizio sanitario nazionale, in particolare del personale medico, nonché del completamento e della riqualificazione e razionalizzazione dell'assistenza farmaceutica. Sempre con riferimento alla professione sanitaria, il decreto-legge reca disposizioni in materia di responsabilità professionale. Esso inoltre si fa carico di disporre misure urgenti su alcune specifiche tematiche del settore sanitario, con particolare riferimento ad alcune allarmanti situazioni di dipendenza relative ai principali fattori di rischio per la salute, con particolare riferimento ai minori. Mi riferisco in particolare al tema della ludopatia.
Come avevo sottolineato in premessa, due articoli hanno subito radicali modifiche. Mi soffermo su questi due articoli, perché contengono gli aspetti che ritengo più riformistici rispetto agli altri. L'articolo 1, come riformulato dai relatori, dispone che le regioni organizzano l'assistenza primaria secondo modalità operative monoprofessionali, denominate aggregazioni funzionali territoriali, e forme organizzative multiprofessionali, denominate unità complesse di cure primarie, che erogano prestazioni assistenziali tramite il coordinamento e l'integrazione dei medici e delle altre professionalità convenzionate con il Servizio sanitario nazionale. Le unità complesse di cure primarie sono costituite in reti di poliambulatori territoriali dotati di strumentazione di base aperte al pubblico per tutto l'arco della giornata, nonché nei giorni prefestivi e festivi con idonea turnazione.
Le unità complesse operano in coordinamento e in collegamento telematico con le strutture ospedaliere. Le regioni attraverso i sistemi informatici assicurano l'adesione obbligatoria dei medici all'assetto organizzativo e al Sistema informativo nazionale, compresi gli aspetti relativi al sistema della tessera sanitaria nonché la partecipazione attiva all'implementazione della ricetta elettronica. Le aggregazioni funzionali territoriali e le unità complesse di cure primarie erogano l'assistenza primaria attraverso personale convenzionato con il Servizio sanitario nazionale.
L'articolo 4 riguardante la dirigenza sanitaria e il governo clinico è stato completamente modificato. Segnalo l'aggiunta dell'articolo 4-bis che riguarda alcune disposizioni in materia di assunzione del personale del Servizio sanitario nazionale e livelli di spesa. L'articolo è stato formulato Pag. 12con un emendamento dei relatori che ha recepito in parte i pareri della I Commissione (Affari costituzionali) e della XI Commissione (Lavoro). Esso prevede che le aziende sanitarie locali possano bandire concorsi pubblici per assumere personale a tempo indeterminato, prevedendo una riserva di posti non superiore al 40 per cento dei posti messi a concorso per il personale non dirigenziale del Servizio sanitario nazionale con contratto a tempo determinato che, al 31 dicembre 2012, abbia maturato nell'ultimo quinquennio almeno tre anni di anzianità nelle ASL.
Dal 2013 le ASL autorizzate dalla regione possono superare i limiti di spesa per le assunzioni se è necessario garantire l'erogazione dei servizi sanitari e il rispetto dei LEA. La spesa complessiva però non può essere superiore alla spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009. Al fine di garantire i LEA dal 2012 gli enti del servizio sanitario delle regioni sottoposte per almeno un biennio al blocco automatico del turnover possono procedere a nuove assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite massimo del 25 per cento del personale cessato dal servizio nell'anno immediatamente precedente. La disapplicazione del blocco è disposta con decreto dal Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministro della salute. La spesa per il personale assunto non può superare del 25 per cento quella sostenuta per le spese di personale cessato dal servizio nell'anno precedente.
Gli enti del Servizio sanitario possono confermare provvedimenti di stabilizzazione del personale precario attuati in violazione del blocco automatico del turnover. Di particolare rilevanza è l'articolo 5 che prevede l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza con particolare riferimento alle persone affette da malattie croniche, da malattie rare nonché da ludopatia. Un decreto del Presidente del Consiglio, da emanare entro il 31 dicembre 2012, aggiornerà i LEA per le malattie croniche e per le malattie rare. Il nuovo testo dopo i lavori in Commissione prevede che il Ministero dell'economia, di concerto con quello della salute, dovrà istituire un apposito fondo che verrà alimentato dai proventi dei giochi con l'obiettivo di garantire idonea copertura finanziaria ai livelli essenziali di assistenza con riferimento alle prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione rivolte alle persone affette da ludopatia. Per quanto riguarda le malattia rare, prendo atto che il Governo si impegna entro una data precisa, il 31 dicembre di quest'anno, alla riformulazione dell'elenco delle malattie rare che possono usufruire della rimborsabilità del Servizio sanitario nazionale.
Avevo proposto con un emendamento che fosse inserito nel provvedimento l'impegno del Governo a presentare il Piano nazionale delle malattie rare, ricordando che il Consiglio dell'Unione europea, con raccomandazione dell'8 giugno 2009, aveva sollecitato tutti i Paesi membri ad adottare entro il 2013 il proprio Piano nazionale delle malattie rare sulla base dell'esperienza francese che fin dal 2004 sta ottenendo concreti ed efficaci risultati.
Sono stata invitata a trasformare l'emendamento in un ordine del giorno, cosa che ho fatto e mi auguro che l'ordine del giorno venga accolto dal Governo. L'Italia, pur avendo presso l'Istituto superiore di sanità un centro malattie rare, non ha ancora assolto alla raccomandazione europea. Altri Paesi membri, certamente messi peggio di noi quanto a risorse destinate ai servizi sanitari, lo hanno già fatto: ad esempio, oltre alla Francia, la Bulgaria, il Portogallo e la Spagna. Ed altri Paesi sono in fase di elaborazione del piano come il Lussemburgo, l'Olanda, la Romania, la Slovenia e l'Inghilterra. La presentazione del piano italiano risolverebbe la fase di stallo in cui si trovano le varie proposte di legge in materia di malattie rare che, come certamente il Ministro sa, sono bloccate al Senato in Commissione igiene e sanità. Pur essendo già in fase emendativa il testo unificato da oltre un anno, l'iter in Commissione è ancora fermo.
L'articolo 6 del decreto-legge, riguardante le disposizioni in materia di edilizia sanitaria, di controlli e prevenzione incendi Pag. 13delle strutture sanitarie, nonché di ospedali psichiatrici giudiziari, è stato arricchito dall'articolo 6-bis con cui si stabilisce che le eventuali plusvalenze derivanti dalle operazioni di vendita di immobili, per l'importo eccedente il valore destinato al ripiano del disavanzo sanitario dell'esercizio 2011, possono essere utilizzate dalla regione per finalità extrasanitarie. Desidero segnalare l'importanza, ai fini della prevenzione e della tutela dei minori, dell'articolo 7. L'articolo introduce divieti di vendita delle sigarette e di tutti i prodotti del tabacco ai minori di 18 anni. Nel corso dell'esame in Commissione di merito è stato altresì introdotto il divieto di vendita di alcol ai minorenni. L'articolo reca, inoltre, misure tese alla prevenzione della ludopatia e finalizzate ad introdurre una disciplina più restrittiva in materia di gioco d'azzardo, con particolare riferimento alla pubblicità verso i minori e alla collocazione delle sale da gioco. In questa materia segnalo il comma 10, sostanzialmente modificato dai lavori della Commissione di merito, in cui si recupera la valutazione delle distanze delle sale da gioco d'azzardo dalle scuole, dagli ospedali e da altri centri di aggregazione giovanili. Il nuovo comma 10 dispone, infatti, testualmente che l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e l'Agenzia delle dogane e dei monopoli, tenuto conto degli interessi pubblici e di settore, sulla base di criteri, anche relativi alle distanze da istituti scolastici primari e secondari, da strutture sanitarie ed ospedaliere, da luoghi di culto e da centri socio-ricreativi e sportivi, definiti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute, previa intesa sancita in sede di Conferenza unificata, da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, provvede a pianificare forme di progressiva ricollocazione dei punti della rete fisica di raccolta del gioco praticato mediante gli apparecchi di cui all'articolo 110, comma 6, lettera a), del testo unico di cui al regio decreto n. 773 del 1931 che risultano territorialmente prossimi ai predetti luoghi. Le pianificazioni operano relativamente alle concessioni di raccolta di gioco pubblico bandite successivamente alla data dell'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e valgono, per ciascuna nuova concessione, in funzione della dislocazione territoriale degli istituti scolastici primari e secondari, delle strutture sanitarie ed ospedaliere, dei luoghi di culto esistenti alla data del relativo bando. Ai fini di tale pianificazione si tiene conto dei risultati conseguiti all'esito dei controlli di cui al comma 9, nonché di ogni altra qualificata informazione acquisita nel frattempo, ivi incluse proposte motivate dei comuni ovvero di loro rappresentanze regionali o nazionali.
Presso l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e, a seguito della sua incorporazione, presso l'Agenzia delle dogane e dei monopoli è istituito, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, un osservatorio di cui fanno parte, oltre ad esperti individuati dai Ministeri della salute, dell'istruzione e dell'università e della ricerca, dello sviluppo economico e dell'economia e delle finanze, anche esponenti delle associazioni rappresentative delle famiglie e dei giovani, nonché rappresentanti dei comuni, per individuare le misure più efficaci al fine di contrastare la diffusione del gioco d'azzardo e il fenomeno della dipendenza grave.
Alcune modifiche importanti sono state apportate all'articolo 8, riguardante le norme in materia di sicurezza alimentare e di bevande. Con un emendamento introdotto nel corso dell'esame in Commissione, viene resa immediatamente operativa la disposizione relativa all'innalzamento della quantità di frutta nelle bevande analcoliche, dal 12 al 20 per cento. Questo emendamento è stato fortemente contestato dalla X Commissione (Attività produttive), che ha dato parere contrario al provvedimento.
L'articolo dispone infine che le regioni possano adottare provvedimenti rivolti a promuovere la distribuzione di frutta fresca di stagione in buste monoporzioni, Pag. 14mediante l'installazione di appositi distributori automatici negli istituti scolastici.
La Commissione di merito, infine, ha apportato radicali modifiche all'articolo 11. Segnalo in particolare le modifiche apportate ai farmaci cosiddetti off-label, che non possono essere impiegati per patologie diverse da quelle per cui erano stati autorizzati, in nome di presunti risparmi. La norma, come era stata in origine formulata, avrebbe aperto le porte a rischiose sperimentazioni e ad avventure più ideologiche che sanitarie.
Con questo mio intervento ho voluto sottolineare i miglioramenti che sono stati apportati al testo originario. Mi auguro, signor Ministro, che questo testo non venga indebolito da un eventuale maxiemendamento del Governo, nel caso questi decida di porre la fiducia: stravolgimenti, ripensamenti e tentativi di ripristinare norme abrogate o modificate dall'approvazione di numerosi emendamenti, sarebbero inaccettabili (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Pedoto. Ne ha facoltà.

LUCIANA PEDOTO. Signor Presidente e colleghi, oggi arriva all'esame dell'Aula un decreto ampio e complesso. Il mio intervento in discussione generale verterà su due aspetti, che sono stati oggetto di proposte emendative e quindi migliorative, a nostro avviso, rispetto al testo che ci era stato presentato. Entrambi questi aspetti riguardano la formazione. Il primo è in riferimento alla formazione dei medici di medicina generale, e l'altro è in riferimento alla formazione del personale addetto alla lavorazione ed alla manipolazione degli alimenti.
Formazione dei medici di medicina generale: è all'articolo 1, dopo il comma 4. Tutti noi conosciamo l'importanza cruciale del ruolo della medicina generale nel processo di riorganizzazione della medicina territoriale e sappiamo anche molto bene come la riorganizzazione costituisca una scelta ormai ineludibile. Tutti noi sappiamo altrettanto bene come i giovani camici bianchi versino da anni in condizioni di precarietà e di mancata valorizzazione. Il corso di formazione specifica in medicina generale, necessario per intraprendere la professione, oggi è ancora poco valorizzato dal punto di vista economico, e poco tutelato per quel che concerne i diritti fondamentali. La proposta emendativa iniziale, ossia l'adozione di un contratto di formazione, resta l'ottimo a cui aspirare per abbattere le differenze tra i futuri medici di famiglia e gli altri medici specializzandi, pur nella specificità delle diverse funzioni. Tuttavia la formulazione che siamo riusciti ad approvare - e di ciò ringrazio la sensibilità mostrata dal Governo, dai relatori sin dall'inizio e dal gruppo del PD e del PDL in Commissione, per aver sottoscritto l'emendamento nella sua riformulazione attuale - rappresenta un significativo passo in avanti e una base normativa sulla quale il tavolo tecnico del Ministero della salute potrà completare appieno il mandato assegnatogli, in vista della definizione del patto della salute.
Ma cosa significa l'emendamento, nella sua formulazione approvata? Noi leggiamo: «Nell'ambito del patto della salute, vengono definite modalità, criteri e procedure per valorizzare, ai fini della formazione specifica in medicina generale, l'attività remunerata svolta dai medici in formazione presso i servizi delle aziende sanitarie e della medicina convenzionale». Cosa si intende per «valorizzare»? Si intende dare valore, significato, punteggio; non sto parlando di un valore monetario.
Significa dare valore alle attività svolte all'interno del sistema sanitario e che possono essere utili ai fini del conseguimento del titolo. Dico questo perché voglio rammentare che questo decreto-legge non è il luogo idoneo per inserire valutazioni circa la valorizzazione economica, anche perché sarebbe necessario, comunque, prioritariamente affrontare il tema delle incompatibilità e, in ogni caso, questo decreto-legge non può avere contenuti economico-finanziari. Cosa significa, quindi, l'approvazione di questo emendamento? Significa che questo emendamento sarà lo Pag. 15strumento idoneo per affrontare queste questioni; c'è un luogo, e quel luogo è il tavolo tecnico, quel tavolo tecnico voluto dal Ministro Balduzzi, le cui conclusioni - cioè le conclusioni del tavolo tecnico che saranno raggiunte dal tavolo stesso - potranno essere portate dal Governo nel Patto della salute che si definisce, come è noto, tra Governo e regioni.
Relativamente all'altro aspetto su cui si sofferma questa mia relazione, e quindi la formazione del personale addetto alla lavorazione degli alimenti, di cui all'articolo 8, comma 16-quater, ricordo che nel nostro Paese l'obbligo del libretto di idoneità sanitaria per gli alimentaristi è stato sostituito dalla attuale normativa comunitaria e nazionale che attribuisce al datore di lavoro l'obbligo e l'onere della formazione, dell'addestramento e dell'aggiornamento del personale alimentarista. Di chi si tratta? Cuochi, baristi, pasticceri, gelatai, fornai, personale addetto alla somministrazione dei pasti nelle mense delle nostre scuole e nelle mense dei nostri ospedali. Le regioni avrebbero dovuto recepire i regolamenti comunitari con l'emanazione di norme specifiche. In realtà, quelle norme non sempre sono state emanate e quelle poche presenti non sono uniformi sul territorio nazionale. Si assiste, pertanto, ad una situazione assurda nella quale uno chef che opera in Piemonte e si sposta in Valle d'Aosta, deve rifare il corso di formazione; se poi quello chef va in Toscana deve rifare il corso di formazione, e se poi quello chef va in Sicilia deve rifare il corso di formazione e così via; in pratica non c'è coordinamento tra regioni, né riconoscimento reciproco. A questo aggiungo che molte aziende sanitarie, sulla base di norme regionali, consentono al loro personale di svolgere attività formativa, o organizzano direttamente corsi di formazione a pagamento, con il rischio potenziale di un conflitto di interesse, perché, gli stessi formatori, in seguito, potrebbero essere coloro che operano i controlli ufficiali.
Direi che di quella normativa comunitaria non fu percepita interamente la portata culturale; questa situazione non è sfuggita ad alcune regioni, che auspicano linee guida coordinate a livello centrale sulle modalità da seguire nella formazione degli alimentaristi. Appunto con l'approvazione di questo emendamento, abbiamo voluto fissare dei criteri in modo uniforme, prevedendo anche la possibilità di una formazione a distanza, che venga incontro alle esigenze degli operatori favorendo la capillarità della diffusione dell'obbligo, senza necessità che gli operatori si spostino per raggiungere i luoghi dove viene erogata la formazione, secondo dei sistemi che funzionano e che sono già stati adottati in campo sanitario.
In conclusione del mio intervento, signor Presidente, ricordo che il lavoro fatto in XII Commissione (Affari sociali) ha cercato di raggiungere la più ampia convergenza possibile e che il Partito Democratico apprezza e sostiene le scelte importanti di questo decreto-legge pur se fatte in un contesto di grande difficoltà.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Binetti. Ne ha facoltà.

PAOLA BINETTI. Signor Presidente, signor Ministro, il decreto-legge che stiamo analizzando in questi giorni recita così: disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute; è sembrato un titolo singolare perché si tratta di affrontare il tema della salute attraverso lo sviluppo dell'intero Paese.
È un'ottica, direi, originale che, in questo momento, cerca davvero di dare ragione di come il diritto alla salute si inquadri nel più vasto obiettivo che è quello dello sviluppo complessivo dell'intero Paese. Detto questo, volevo fare due premesse, prima di entrare nel merito dell'analisi del decreto-legge. La prima per dire che il sistema sanitario nazionale ha urgente bisogno di essere riformato per dare risposte ai bisogni di salute, vecchi e nuovi, dei cittadini, e per questo, le due Camere del Parlamento, nelle rispettive Commissioni, stanno lavorando dall'inizio della legislatura (stanno e non stavano). Di fatto, il decreto-legge Balduzzi, per la sua Pag. 16variegata complessità, si configura come un vero e proprio tentativo di riforma della nostra sanità, la cosiddetta «riforma ter». Se bisogna rendere onore al merito di un progetto audace di fine legislatura, d'altra parte permangono alcune perplessità concrete, legate anche al metodo e alla velocità con cui questo decreto-legge è andato prendendo forma.
La seconda premessa è questa: questo decreto è stato esaminato nel dettaglio, alle lente di ingrandimento, direi, da tutti i membri della Commissione, nel sia pure veloce, ma intenso, lavoro della Commissione, costretta spesso non solo ad emendare, ma a subemendare articoli interamente riscritti dai due relatori, con la sia pur lodevole intenzione di integrare ed armonizzare tutti gli emendamenti proposti dalla Commissione. In questo modo molte cose sono cambiate, e di questo oggi occorre parlare: non più e non solo, quindi, del decreto Balduzzi, ma del decreto rivisto e corretto dalla Commissione, di cui molte delle responsabilità sono interamente nostre e hanno visto la luce in un dibattito acceso, vivace e a tratti teso, ma mai indifferente o banale, come conferma l'assoluta partecipazione di tutti al dibattito e al voto dei singoli emendamenti. Il decreto-legge che oggi discutiamo è quindi opera di entrambi, del Ministro e della Commissione, e in questo senso può contenere ancora aspetti parzialmente non condivisi da tutti i membri della Commissione, con schieramenti che si sono creati a partire dalla diversa visione della sanità e che comunque sussiste a livello politico e personale. Ad alcuni il decreto appare ancora insufficiente e approssimativo, ma ciò nonostante è opportuno valorizzarne le proposte che possono più e meglio incidere a livello di qualità reale e di qualità percepita della salute da parte dei cittadini.
Il resto del mio intervento si divide in due passaggi: che cosa ci piace del decreto Balduzzi e che cosa ci piace meno.
Il primo punto è concepire la sanità, con il suo portato di conoscenze e di innovazione, come un volano per la crescita complessiva del Paese, anche sotto il profilo economico: la sanità come investimento e non solo come costo. Mi sembra che, in un momento in cui, dopo tanta politica di tagli, siamo tutti alla ricerca di una politica di sviluppo, questo punto sia di grande importanza e di grande rilievo.
In secondo luogo, la nuova forma assunta dall'articolo 1 ci sembra ampiamente migliorativa rispetto alla precedente, per una serie di ragioni che possono essere così sintetizzate: il recupero della dimensione sociale dell'assistenza, gravemente penalizzata dai Governi precedenti, che avevano praticamente azzerato le risorse a disposizione delle politiche sociali e che, invece, qui vengono recuperate, sia pure nell'interfaccia sociosanitaria. Non è tutto, ma è certamente molto. Di fatto, il decreto recita: «Le regioni definiscono l'organizzazione dei servizi territoriali di assistenza primaria promuovendo l'integrazione con il sociale, anche con riferimento all'assistenza domiciliare, e i servizi ospedalieri, al fine di migliorare il livello di efficienza e di capacità di presa in carico dei cittadini (...).In particolare, le regioni disciplinano le unità complesse di cure primarie privilegiando la costituzione di reti di poliambulatori territoriali dotati di strumentazione di base, aperti al pubblico per tutto l'arco della giornata, nonché nei giorni prefestivi e festivi con idonea turnazione, che operano in coordinamento e in collegamento telematico con le strutture ospedaliere».
Sembra quasi una favola, un'utopia, potrebbe sembrare un sogno, lo recepiamo come una speranza e come una promessa che questo punto possa di fatto, nel tempo, tradursi davvero in realtà. Altro punto interessante di questo primo articolo è la valorizzazione del medico di famiglia all'interno di un grande progetto che fa della medicina territoriale il nuovo asse di sviluppo dell'intero sistema sanitario nazionale, ponendolo sullo stesso piano, per dignità, competenza specifica e modello di funzionamento, della medicina ospedaliera. Potremmo dire che cessa una sorta di posizione di subalternità. Organizzazioni distrettuali e dipartimento ospedaliero debbono avere analogie specifiche Pag. 17nella filosofia che li ispira, nonostante le ovvie specifiche differenze. Alla base di entrambi i soggetti si deve realizzare una sinergia virtuosa, in cui le diverse competenze si integrano e favoriscono il recupero di quel fattore umano che ha sempre fatto da filo conduttore nella storia delle discipline biomediche, ma non sempre è stato adeguatamente valorizzato sul piano organizzativo.
D'altra parte, il distretto territoriale, così inteso, diventa un interlocutore efficace delle scelte e delle decisioni delle aziende sanitarie, così come prevede già l'articolo 1 dell'attuale decreto-legge Balduzzi, secondo modalità operative che prevedono forme organizzative monoprofessionali denominate «aggregazioni funzionali territoriali» che condividono in forma strutturata obiettivi e percorsi assistenziali, strumenti di valutazione della qualità assistenziale, linee guida, audit e strumenti analoghi, nonché forme organizzative multiprofessionali denominate «unità complesse di cure primarie» che erogano, in coerenza con la programmazione regionale, la valorizzazione dell'intero complesso delle figure professionali che costituiscono il pianeta sanità, e che da ormai 20 anni sono figure di professionisti che condividono con i colleghi medici ampi spazi e tempi di formazione professionale (dalla laurea magistrale nei rispettivi ambiti di competenza ai master, dottorati di ricerca e così via); il decreto-legge, infatti, dice espressamente «tramite il coordinamento e l'integrazione dei medici, delle altre professionalità convenzionate con il Sistema sanitario nazionale, degli infermieri, della professionalità ostetrica, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione e del sociale a rilevanza sanitaria». Faccio presente che queste quattro classi non sono classi indifferenti, né sono citate lì per caso, ma sono esattamente ciò che rimanda ai quattro ordini professionali che si vorrebbero istituire e che si era chiesto di istituire in un emendamento che è stato bocciato in quanto considerato inadeguato rispetto alla norma che stavamo discutendo, ma che da tempo le professioni sanitarie perseguono.
Ricordo, inoltre, il riconoscimento dei nuovi bisogni di salute dei cittadini che, considerando anche l'allungamento dell'età media, vanno verso la cronicità e la disabilità, per cui richiedono modelli di intervento di rete che facilitino il loro spostarsi all'interno del sistema sanitario nazionale, secondo quanto già ipotizzato per la rete delle cure palliative (home, hospice, hospital). Dice infatti l'articolo 1, che i nuovi servizi territoriali dovranno essere aperti al pubblico per tutto l'arco della giornata, nonché nei giorni prefestivi e festivi, con idonea turnazione.
È evidente il doppio desiderio di decongestionare l'area del pronto soccorso, lasciandola a disposizione di pazienti con problemi che richiedono specifiche prestazioni che solo il pronto soccorso può erogare, ma soprattutto - desiderio a mio avviso più importante - mantenere il paziente in un circuito di relazioni di prossimità in cui sia ridotto al minimo il rischio dell'anonimato relazionale e, invece, resti in primo piano il valore di una medicina fortemente personalizzata, che il medico di famiglia può - e deve - tutelare come sua mission specifica.
Un altro punto virtuoso del decreto-legge riguarda il governo clinico. Nel governo clinico sono più chiare le modalità delle nomine ai livelli apicali alti, grazie anche alla rinnovata valorizzazione del direttore sanitario e alla condivisione sul piano nazionale dei criteri che presidiano le nomine stesse. Resta, ovviamente, l'ambiguità del cercare di integrare il metodo della terna con quello della graduatoria.
Anche lo sforzo di una maggiore razionalizzazione dell'attività libero professionale allargata, ci sembra un concreto passo in avanti sufficientemente pragmatico e - speriamo - efficace, per riconoscere il disagio generalizzato, a livello delle aziende, dei professionisti e dei pazienti, davanti alla mancanza di strutture, di spazi e di tempi adeguati per rispondere ai tre obiettivi chiave: rispetto della libertà del malato, perché si possa rivolgere al medico in cui ripone la sua maggior fiducia; necessità di evitare qualunque forma di evasione fiscale da parte del Pag. 18medico, pur restando ferma la sua libertà di investire il suo tempo in attività libero-professionale che vadano però oltre l'orario di lavoro previsto; obbligo da parte della direzione delle aziende di garantire che tutti i malati ricevano lo stesso trattamento e, nel caso specifico, che debbano affrontare le stesse liste di attesa senza percorsi privilegiati da parte di altri, verificando quindi che i professionisti impegnino tutto il tempo previsto dal loro contratto al servizio diretto di pazienti, senza inutili emorragie di tempi dedicati ad altro.
Su questo potremmo dire molte cose. Accade spesso, soprattutto nella medicina universitaria, che il tempo contrattuale venga suddiviso in una pluralità di attività che sono per esempio l'attività didattica, l'attività di ricerca, l'attività congressuale, l'attività dedicata alle politiche accademiche e poi anche la cura dei malati. Viceversa, nel tempo dell'attività libero professionale, il malato è quello che occupa l'intero tempo del medico, quindi una sollecitazione in tal senso, perché anche i medici dedichino tutto il tempo previsto ai loro malati e lo dedichino con i loro studenti e nei modi opportuni, potrebbe essere francamente auspicabile.
Altro punto virtuoso del decreto-legge è che il provvedimento cerca di riequilibrare il rapporto tra indirizzo politico e gestione delle aziende sanitarie, il che significa meno politica e più attenzione concreta ai bisogni di salute dei cittadini, anche se in questo caso sarebbe più opportuno dire meno cattiva politica e migliore gestione delle aziende perché i fatti recenti ci confermano come, nel complesso gioco della corruzione, la distinzione tra corrotto e corruttore può farsi così sottile da sfuggire a un'effettiva e concreta denuncia di responsabilità specifiche. Entrambi restano impigliati nelle maglie di un gioco illegale che a tratti assume persino carattere mafioso o mafioso simile.
Abbiamo bisogno di una buona politica della sanità, tanto più in tempi di grave crisi economica in cui qualunque gesto di collusione con cattive politiche aziendali, a qualunque titolo, dolo, imperizia o negligenza, va assolutamente evitato perché compromette direttamente la vita dei cittadini. Basta pensare agli sperperi di alcuni e alla gravissima carenza di risorse per pazienti cronici e disabili. Questa cattiva gestione non è più tollerabile chiunque sia il direttore generale e comunque sia stato nominato.
Il punto è che ciascuno deve restare nell'ambito delle proprie competenze, il mondo della politica e le logiche dell'azienda, e ciascuno deve fare nel modo migliore quanto è di sua competenza ad esclusivo e diretto servizio ai cittadini. Ciò che più pesantemente offende il Paese oggi non è tanto la tecnica di nomina dei direttori generali, se terna o graduatoria, ma la grave mancanza di etica professionale con cui si creano conflitti di interesse a danno dei cittadini. Il decreto-legge su questo punto è chiaro, ma occorrerà vigilare sulle modalità concrete con cui sarà applicato per evitare l'ennesimo scivolone sia della politica che delle aziende sanitarie.
Bene la revisione del prontuario farmaceutico. Sarebbe stato necessario includere, con una visione tecnologicamente più moderna ed evoluta, anche tutti i presidi di cui necessitano soprattutto i pazienti disabili. Oggi ci sono strumenti di elevata capacità che sfruttano tecnologie di miniaturizzazione che le rendono più maneggevoli e accessibili anche ai disabili gravi. La velocità con cui la scienza e la tecnica si sviluppano in tal senso, grazie anche ad un'ingegneria biomedica a forte valenza robotica, rende possibile livelli di funzionalità e di autonomia una volta insospettabili. La qualità di vita dei pazienti passa anche attraverso questo aggiornamento del prontuario, che paradossalmente può comportare economie di scala non possibili per un eccesso di burocratizzazione lenta e ottusa.
Vi è un altro aspetto positivo. È positivo aver reintrodotto la distinzione essenziale tra colpa grave e colpa lieve per quanto attiene la medicina difensiva e per una sostanziale riduzione del contenzioso medico-legale. I due concetti sono intimamente connessi con la diligenza professionale Pag. 19come criterio di responsabilità e con l'individuazione dei cosiddetti standard di riferimento per la valutazione di adeguatezza e diligenza nella prestazione. Infatti, secondo un principio ormai consolidato anche nella elaborazione giurisprudenziale, l'area della responsabilità per colpa lieve risulta ormai molto, troppo estesa, giacché la tendenza restrittiva manifestata nei confronti dell'area di applicazione dell'articolo 2236 del codice civile è andata sempre più acuendosi, prima con l'esclusione dell'applicabilità ai casi di imprudenza e incuria e poi con l'estendersi del patrimonio di conoscenze richiesto al professionista medio.
La responsabilità professionale del medico per colpa lieve viene individuata quando il professionista non offre una prestazione diligente per affrontare un caso ordinario, ossia quando presta la propria opera non per risolvere problemi tecnici di speciale difficoltà ma nell'esercizio ordinario della sua vita professionale, in quei casi per i quali dovrebbe bastare il bagaglio tecnico scientifico del professionista medio. In questo caso la responsabilità del professionista sarà, per così dire, legata alla colpa grave solo quando deve affrontare problemi tecnici di speciale difficoltà o se per imperizia abbia cagionato il danno, certamente non quando l'errore è commesso per incuria o imprudenza perché in questi casi questo tipo di condotta deve avere una valutazione più severa e rigorosa.
Va mantenuta, infatti, una valutazione più prudente della responsabilità davanti a problemi di speciale difficoltà quando anche la più diligente delle prestazioni trova ostacoli tali da andare oltre le conoscenze previste dagli standard professionali di riferimento. In questo caso si riconosce alla medicina anche il suo carattere non deterministico ma probabilistico, che rende i risultati che si ottengono sempre soggetti a una aleatorietà che può sfuggire alla competenza e alla vigilanza del medico nell'esercizio ordinario della sua attività professionale.
Molta attesa, infine, la norma che riguarda la tutela e la presa in carico dei pazienti affetti da ludopatia, anche per la coraggiosa capacità di intervenire sugli aspetti preventivo-correttivi della nefasta campagna pubblicitaria che martella televisioni, giornali e mezzi pubblici.
Gli emendamenti accettati sono stati molti in questo senso e tutti - debbo dire - di grande interesse. A tutti è dispiaciuto moltissimo che non si sia reintrodotta la distanza a cui possono essere inserite nuove unità di gioco.
In questo caso, il rischio di moltiplicare le postazioni a danno delle fasce deboli sussiste e andrà controllato con un rimando diretto alla responsabilità dei comuni. Anche l'ambito del gioco appare gravato dal rischio di una diffusa rete di corruzione, che fa del gioco criminale un competitor sleale del gioco legale tutelato dall'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. Ma, proprio per questo, è fondamentale che la stessa Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato non abusi della sua posizione di privilegio e di monopolio, eccedendo nell'offerta di gioco, con il rischio di creare grave dipendenza dal gioco d'azzardo, la cosiddetta GAP, che non può neppure essere nominata come tale, perché l'azzardo è di fatto illegale e, quindi, lo stesso termine va bandito.
Va bene, comunque, il riferimento alla prevenzione attraverso la formazione, come recita il decreto: il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca segnala alle scuole primarie e secondarie la valenza educativa del tema del gioco responsabile affinché gli istituti, nell'ambito della propria autonomia, possano predisporre iniziative didattiche volte a rappresentare agli studenti il senso autentico del gioco e i potenziali rischi connessi.
Quali sono invece le ombre del decreto, che ancora ci lasciano preoccupati e perplessi? In primo luogo, le regioni configurano un insieme di 21 sistemi sanitari regionali che spesso confliggono tra di loro, creano sconcerto nei cittadini e non offrono a tutti le stesse garanzie previste dall'articolo 32 della Costituzione. Il Capo del Governo ha chiesto una sostanziale revisione del Titolo V della Costituzione Pag. 20per recuperare centralità nell'impostazione delle scelte e nella relativa applicazione.
La sanità regionale, con il suo bilancio, che oscilla tra il 75 e l'85 per cento, appare spesso come la fonte maggiore degli sprechi e delle potenziali e variegate forme di corruzione. Un'altra perplessità riguarda la rete dei medici di famiglia, di cui tanto bene abbiamo detto prima. Rimanda tutto ai loro rinnovi contrattuali, per cui la potenziale riforma non potrà avere luogo prima del 2015: altra legislatura, altra situazione economica, altra velocità di mutamenti sul piano socio-assistenziale. Speriamo che resti per allora quanto di buono oggi si sta mutando.
Manca qualsiasi previsione di copertura economica, per cui risulta difficile immaginare come si possa creare a livello sistemico questa rete complessa di medici di famiglia «h 24». Sono note, in ogni caso, già attualmente sperimentazioni virtuose di medici di famiglia che collaborano tra di loro per offrire migliori e più continuativi servizi ai propri assistiti. Speriamo che facciano da modello e da volano per tutti gli altri.
Infine, il bisogno di controllo sull'attività di intramoenia allargata, frutto di una cultura della diffidenza e del sospetto in molti casi suffragata da episodi concreti, rende la burocratizzazione complicata e potrebbe convertirsi, essa stessa, in fattore di elusione della norma.
Un discorso a parte merita la riflessione sui farmaci e su alcune correzioni introdotte durante il dibattito. Sono lieta di intervenire adesso dopo che hanno parlato il collega Barani e la collega Turco definendo due diversi approcci al problema. Ovviamente io suggerirò il terzo approccio, compatibilmente con il fatto di rappresentare il Partito di centro, il terzo Partito.
Tra le norme proposte, in realtà, accanto ad alcune misure orientate verso gli obiettivi dichiarati ve ne erano altre che, invece, rischiano di penalizzare ulteriormente il settore farmaceutico. Ci hanno ricordato che tre decreti nell'arco di sei mesi sono abbastanza difficili da metabolizzare, senza peraltro garantire efficacemente la salute del paziente ed in contrasto con lo stesso titolo del decreto: più alto livello di tutela della salute attraverso lo sviluppo del sistema Paese.
La ragione per cui siamo intervenuti con determinazione su questi punti, infatti, potrebbe essere definita come la terza via per la tutela della salute dei cittadini con un «no» fermo e deciso a tagli che rendano intrinsecamente più rischiosa (e spesso anche inefficace) la politica sanitaria e con un «no» altrettanto fermo e deciso a politiche che potrebbero anteporre gli interessi delle case farmaceutiche ai bisogni dei cittadini.
Quindi, per dire un «sì» chiaro e deciso ad un più alto livello di tutela della salute abbiamo detto «no» ai tagli immotivati e pericolosi. Per esempio, tutta la politica dei farmaci off-label ci è sembrata una politica che poteva presentare margini di rischio ingiustificati, avendo presente gli interessi economici che siano quelli dell'azienda o quelli delle case farmaceutiche. Di fatto, il rischio era dover decidere tra interessi economici da parte dell'azienda, che avrebbe potuto utilizzare i farmaci per usi diversi da quelli previsti, e gli interessi economici delle case farmaceutiche, che avrebbero potuto proporre delle soluzioni che andavano più in una logica aziendalistica che non nella logica della tutela della salute, che è quella che noi vogliamo perseguire.
Ci è sembrato utile limitare la revisione del prontuario ai farmaci terapeuticamente superati, per non appesantire uno sforzo di valutazione critica necessario e tempestivo estendendo la revisione a tutto il prontuario. Abbiamo, pertanto, abolito quella parte del comma che aggiungeva: «quelli la cui efficacia non risulti sufficientemente dimostrata alla luce delle evidenze rese disponibili dopo l'immissione in commercio. Per i farmaci che non soddisfano il criterio di economicità, in rapporto al risultato terapeutico previsto, è avviata dall'Aifa la procedura di rinegoziazione del prezzo; (...)»
Questa parte della norma soppressa generava incertezza a causa della sua Pag. 21indeterminatezza e non comportava nessun risparmio per le casse dello Stato. La spesa farmaceutica, infatti, è da anni ampiamente sotto controllo e i meccanismi di ripiano, aggiornati con l'ultima spending review, garantiscono la copertura da parte del settore per eventuali sfondamenti. In ogni caso, l'Aifa ha tutti gli strumenti tecnici, informativi, negoziali e giuridici per aggiornare e rinegoziare, nei modi e nei tempi concordati, prezzi e condizioni di rimborso per i farmaci presenti nel prontuario.
Ci è sembrato importante anche evitare che esigenze di contenimento della spesa farmaceutica, segnalata per varie ragioni, come si legge nella relazione illustrativa del decreto-legge, possono essere anteposte al rispetto delle normative comunitarie e nazionali che regolano l'approvazione di medicinali per nuove indicazioni, nell'interesse di salvaguardare la salute del paziente. Come evidenziano, infatti, nel dettaglio molti dati, molte storie e molti episodi, che sono a conoscenza di tutti i colleghi, l'utilizzo e il rimborso di farmaci al di fuori del cosiddetto off-label delle indicazioni approvate dall'Agenzia europea dei medicinali e, conseguentemente, dall'Aifa, è previsto solo nei casi in cui non sono disponibili alternative terapeutiche per una determinata indicazione. In presenza di medicinali disponibili, invece, l'utilizzo in off-label, motivato solo dal risparmio, non può essere in alcun modo accettato, perché non garantisce i pazienti trattati. Sono numerosi i casi di effetti collaterali anche gravi registrati nel nostro Paese e all'estero per il ricorso improprio a questa procedura.
Il comma 4 appariva, in un certo senso, eccessivamente orientato in senso economicistico e, quindi, la norma si proponeva che farmaci quali, ad esempio, le fiale potessero essere ripartite e nuovamente dosate, al fine di poter erogare la terapia ai pazienti soprattutto nel caso in cui il farmaco trattato non fosse sviluppato, prodotto e, quindi, dosato per un determinato obiettivo clinico. La produzione di medicinali è, ovviamente, vincolata al rispetto di normative per la buona fabbricazione denominate «Good manufacturing practises», che prevedono il rispetto dei massimi standard di sicurezza come, ad esempio, evitare contaminazioni esterne.
In conclusione - e mi avvio, veramente, rapidissimamente alla conclusione - questa è una riforma che segna continuità con la precedente riforma Bindi - non a caso parliamo di riforma-ter -, ma ne modifica alcuni passaggi sulla base dei cambiamenti richiesti da venti anni di sperimentazione e li modifica con realismo e maggiore concretezza. Affronta, con il necessario realismo, il tema dell'intramoenia allargata e mantiene l'impianto fortemente aziendalistico del decreto legislativo n. 502 del 1992 e, poi, del decreto legislativo n. 517 del 1993, con una revisione del sistema del governo clinico che sottolinea il valore della competenza e della trasparenza, chiedendo alla politica di stare un passo indietro. Ridimensiona il tema della colpa del medico, circoscrivendo la colpa grave e depenalizzando la colpa lieve, con un'efficace azione di contrasto alla medicina difensiva. Disegna un modello di sanità a rete che integra il mondo sanitario con il sociale, la medicina ospedaliera e la medicina territoriale, i medici di medicina generale e gli specialisti ospedalieri. Crea, quindi, una rete in cui la persona - in questo caso il paziente - è realmente al centro del sistema. Speriamo che non sia un'utopia ma che sia davvero il risultato a cui tanto lavoro di tante persone, che credono nei valori della nostra sanità, possa puntare. Fa, di fatto, della sanità il volano dello sviluppo del Paese, convertendo i costi in investimenti e in tal senso abbiamo affrontato il tema dei farmaci, di cui ho appena detto.
Noi vogliamo tutelare la salute, sapendo che tutelare la salute significa tutelare un sistema di interventi sociali e terapeutici - non solo farmacologici - per curare, per prevenire, per curare e per riabilitare, per restituire, in altri termini, il paziente al maggior livello possibile di vita normale (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole D'Anna. Ne ha facoltà. Pag. 22
VINCENZO D'ANNA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, mi spiace di non poter essere tra coloro i quali hanno avuto il privilegio di parlare in presenza del Ministro, ma effettivamente credo che sia stata già troppo eroica la presenza del Ministro, che deve ancora sorbirsi circa due ore di interventi. Mia madre diceva che gli onori erano castighi di Dio, quindi fare il Ministro comporta anche un limite di sopportazione non comune. Non intendo aggiungere a questo limite un altro limite, per cui cercherò di contenermi nell'ambito di dieci o quindici minuti e non dei trenta minuti che mi sono stati assegnati.
Innanzitutto, intendo dire che non mi diverto a fare la voce fuori dal coro, ma in materia sanitaria bisogna pur rappresentare l'altra faccia della medaglia. Poiché Popper ci ha insegnato che, in una società aperta, non è importante sapere chi comanda, ma come controllare colui che comanda e, quindi, sottoporlo alla più incessante e continua delle critiche, mi permetto di rappresentare un'altra sanità, che non è la sanità - come qualche collega a volte pensa - degli opportunisti e degli sfruttatori, ma è l'altra sanità, che si muove su una base di efficienza e di economicità e che rappresenta, allo stato, quell'utopia a cui faceva riferimento l'onorevole Binetti, che voglio confortare nel dire che l'utopia di avere una rete di poliambulatori, capillarmente presenti sul territorio, accessibili e gratuiti per tutti, efficienti dal punto di vista dell'erogazione delle prestazioni, ad un costo predeterminato e - udite, udite - prive di liste di attesa, onorevole Binetti, esiste già: è la rete degli ambulatori e dei poliambulatori privati accreditati.
Noi abbiamo un pregiudizio ideologico negativo e confondiamo la statalità del servizio con la pubblicità del servizio medesimo: il servizio è pubblico nelle sue finalità e si definisce pubblico ciò che è accessibile a tutti e gratuito per chi ne ha diritto, non per quello che è necessariamente statale.
Per cui io do atto al Ministro di aver cercato con il suo decreto-legge di dare qualche risposta urgente e necessaria alla variegata gamma delle cose che non funzionano nel sistema sanitario, così come gli do atto della pazienza con la quale, in molteplici riunioni, ha ascoltato gli interventi dei componenti della Commissione che si sono dovuti districare tra oltre 900 emendamenti.
Esprimo pertanto anche un ringraziamento ai relatori Barani e Turco ed al serafico ed olimpico presidente Palumbo, il quale sarà pronto - credo - per la pazienza che ha mostrato, a fare prossimamente il Ministro: è un augurio che io mi permetto di fargli.

MARIO TASSONE. È una sfiducia nei confronti di Balduzzi...

VINCENZO D'ANNA. Ma no, mi riferisco alla prossima volta. Come dicevo, signor Ministro, in una società liberale, nella quale l'ambito dell'intervento statale e dell'azione pubblica è rigorosamente delimitato e, di converso, ampio è lo spazio offerto alle iniziative individuali, il consenso popolare serve da strumento per realizzare grandi progetti nell'interesse generale.
Quando, invece, si ribalta il problema ed interviene la visione statalistica, dirigistica e centralistica della gestione del servizio, ovvero si ribalta questo concetto, il consenso diviene il più delle volte un'attività politico-clientelare. Vedete, noi, con facondia di espressioni, abbiamo cercato di accogliere tutto quello che era accoglibile, ma una cosa non siamo riusciti a fare, né l'ha proposta alcuno: dotare il Servizio sanitario nazionale, in tutte le aziende e le articolazioni aziendali e ospedaliere, di un unico sistema di contabilizzazione dei costi, ovvero di una contabilità analitica dalla quale discenda puntualmente la possibilità di analizzare il costo della singola prestazione.
Il professor Martino, nel 1993, in un bellissimo libro intitolato Lo Stato padrone, fece un vaticinio che mal si concilia con il suo modo di vedere l'attività degli Pag. 23economisti non come una cosa proiettata al futuro, ma come qualcosa che è riferita all'analisi del presente. Egli disse: su una sola cosa posso scommettere in Italia, e cioè che nel XX e XXI secolo avremo lo stesso problema, che riguarda la riforma del sistema sanitario, e avremo, ancora una volta, una lievitazione di costi che renderà ancora più oneroso per il cittadino l'accesso a questo servizio. E non vale qui dire che il servizio è gratuito, perché se questo servizio, gestito in prevalenza dallo Stato senza alcun criterio di professionalità, efficienza e consapevolezza dei singoli costi per la singola prestazione, ribalta sulla collettività il disavanzo, questo disavanzo, come il Governo Monti - mi sia consentito - ci ha più volte dimostrato, diviene tassazione per i singoli cittadini, e quindi tassazione, e quindi esborso di denaro anche per coloro che avevano gratuitamente usufruito delle prestazioni sanitarie.
Allora, bisognerebbe chiedersi perché vi è questo atavico pregiudizio negativo nel non volere la concorrenza all'interno del Sistema sanitario nazionale, se è vero, come è vero, che lo Stato fa le cose come le deve fare, che, laddove non vi è il profitto, vi è questa superiore etica dell'impegno, se è vero che dietro le parole «giustizia sociale» si conferisce una copertura di nobiltà a tutti i più bassi propositi, quelli dei parassiti, degli scansafatiche, di quelli che non producono alcunché o lo producono ad un costo dieci volte superiore di quello del comparto privato accreditato, ma hanno un'aura di nobiltà, perché non producono profitto, quasi che la Rerum Novarum di Leone XIII non ci avesse spiegato che il salario è nobile, così come lo è il profitto, che altro non è che la capacità di realizzare la proprietà, che è la giusta mercede, cambiata di segno.
Ma io non voglio fare qui il filosofo e il teologo: voglio solo rivolgermi a quelli che si illudono in merito alla mancanza della concorrenza (è il caso delle regioni Emilia-Romagna, Toscana e, in qualche modo, anche del Veneto, che hanno completamente azzerato, attraverso l'artificio di non finanziare i contratti, la rete delle strutture concorrenti); ma avete mai visto un sistema autoreferenziale? Voi qui avete disciplinato tutto il disciplinabile: avete disciplinato i direttori generali, il consiglio di direzione, le unità operative complesse, quelle semplici, avete puntualmente, e lodevolmente, detto che ogni due anni bisogna fare una verifica.
Ma chi la fa la verifica se non vi è un ente terzo, se non vi è la terzietà di qualcuno che non ha l'interesse? Si dice a Napoli che quando si domanda all'acquafrescaia com'è l'acqua, se è fresca ti risponderà «È come la neve», se è calda ti risponderà che è come il brodo. Quindi, dove sta la terzietà? Quis custodiet custodes? Chi li custodisce i custodi che vanno a verificare il raggiungimento degli obiettivi di efficienza e di produttività, quando non abbiamo neanche l'elemento per valutarlo, il costo della singola prestazione? Ma questo non interessa le nobili menti e i candidi animi di coloro che ritengono che la sanità statale sia emendata da qualsiasi tipo di vizio e sia solo il luogo delle virtù.
Perché dico questo? Perché non mi spiego il perché, in questo sistema, non riusciamo mai ad inserire dei criteri di comparazione e, da questa, dei criteri per rilevare da enti terzi l'efficienza, l'efficacia, la razionalità dei costi. Perché in questo sistema si ha paura della concorrenza e della competizione? Eppure un medico bravo, una struttura efficiente, sarebbe certamente scelta dall'utenza con maggiore frequenza e quindi si instaurerebbe, in tal modo, l'unico criterio di valutazione dell'efficienza che, onorevoli colleghi, è dato da un bilancio legato alle scelte dei destinatari del servizio stesso!
Dove sono questi concetti, signor Ministro? Noi stiamo ancora qui ad affastellare norme per controllare che chi debba lavorare lavori, che chi debba essere selezionato sia selezionato, ma da chi? Ma voi veramente vi credete che la politica faccia il passo indietro perché il direttore generale vi fa la graduatoria o vi fa il punteggio? Ma siete così ingenui? La politica non lo farà il passo indietro, la Pag. 24politica indietreggia quando vi sono dei misuratori di efficienza, di efficacia, di produttività e meritocrazia! Perché, signori belli, i clienti di mestiere fanno gli elettori e quanto più il sistema è clientelare, quanto più il sistema fa leva sulla spesa pubblica senza dar conto di quello che spende e, di converso, di quello che produce con quella spesa, quello è un sistema che produce consensi, voti e quanto altro.
Allora, vedete, io ho grande stima del Ministro Balduzzi, credo che ci separino molte cose che io qui, sommariamente, ho detto perché, altrimenti, dovremmo andare ancora di più nei massimi sistemi. Credo in uno Stato minimo, efficiente, capace di dettare le regole e di controllare quel che avviene. Non può essere efficiente uno Stato che fa il programmatore, l'erogatore delle prestazioni e il controllo dell'efficienza delle prestazioni erogate. Non può essere normale una partita in cui l'arbitro fa il presidente di una delle due squadre che competono. Chi si illude, con ammennicoli normativi e legislativi, di superare questa cosa o è un deficiente, o è in perfetta malafede. Scusatemi le espressioni grevi, ma viene il momento in cui certe cose vanno dette, prima che gli angeli con le ali si continuino ad imbrodare e lodare se stessi con la loro autoreferenzialità, ignorando che questo sistema nel 1993 costava 100 miliardi di lire, nell'anno 2012 costa 108, più altri 10 di disavanzo, ossia circa 120 miliardi di euro. Ha raddoppiato in 18 anni il proprio costo! È questo un sistema che va verso l'implosione.
È un sistema che porterà gli stessi statalisti a dovere invocare le assicurazioni obbligatorie per certe fasce di reddito, perché essi stessi non hanno mai voluto capire che ciò che lo Stato spreca toglie alle fasce più bisognose e più povere della popolazione.
Nessuno in quest'Aula continua a dire che i cittadini della Lombardia ci rimettono di tasca propria 550 euro per curarsi ed accedere alle prestazioni private, mentre i cittadini della Campania o della Calabria non riescono a spendere più di 200 euro a cittadino per potere accedere a quelle prestazioni. È questo il vostro sistema universale, gratuito, equo e solidale?
Allora, alla fine, vedete che quello che può sembrare ottimo, perché è sotto l'egida dello Stato Leviatano, è lo strumento che consente ai popoli di non accedere, laddove possono accedere i ricchi. È solo nella competizione dei sistemi, nella valutazione con la terzietà dell'efficienza e dell'economicità delle prestazioni sanitarie che si riesce a portare l'intero servizio sanitario su livelli di compatibilità economica e di qualità nelle prestazioni.
Per quanto riguarda i singoli argomenti mi rifaccio, pur con i distinguo che ho testé manifestato, alla relazione dell'onorevole Barani ed alla relazione dell'onorevole Livia Turco. Mi riprometto di presentare emendamenti, laddove ciò sia possibile, ovviamente per emendare alcuni aspetti, tipo il fatto che le unità di cura complesse e continuative siano ancora addebitate a professionisti convenzionati e non a professionisti accreditati, quando le convenzioni si sono chiuse il 31 dicembre 1992 e non ci si ricorda, tra l'altro, che molti di questi professionisti, ai sensi dell'accordo collettivo nazionale reso esecutivo con decreto del Presidente della Repubblica del 16 maggio 1980, hanno potuto trasformare la loro ex convenzione da persona fisica a persona giuridica, per cui va introdotta in quel comma, signor Presidente, la presenza non solo dei professionisti, ma anche delle strutture, ovvero delle persone giuridiche fatte dei professionisti che sono accreditati con il Servizio sanitario nazionale.
Quindi, credo che ogni sforzo, che vada nella direzione di rendere più efficiente e più compatibile il costo del sistema con le risorse scarse di cui disponiamo, sia un tentativo meritevole. Credo, infine, che al termine di questo lungo cammino, che ha portato il nostro sistema sanitario universalistico - e che quindi è ottima cosa rispetto anche ai modelli britannici o americani dei quali spesso ci innamoriamo - non ci si può esimere dall'amministrarlo con le leggi dell'impresa. Pag. 25
Vedete, io sono per uno Stato che non faccia l'imprenditore, ma accetto che lo Stato possa fare impresa, a condizione che lo faccia con le regole dell'impresa. Nel momento in cui non abbiamo soldi, non possiamo consentire, solo perché il servizio erogato è dello Stato, è erogato dallo Stato, che si buttino i soldi dalla finestra. Questo non ha niente a che vedere con l'etica. Questa è volgare sciatteria, questa è copertura, non dei bisognosi, che sono quelli che non possono, ma dei parassiti, che sono quelli che non vogliono. Il sistema sanitario deve servire ai bisognosi e non ai parassiti (Applausi di deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Castellani. Ne ha facoltà.

CARLA CASTELLANI. Signor Presidente, signor Ministro, colleghi, è oggi all'attenzione dell'Aula la conversione in legge del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, un provvedimento importante che affronta temi complessi in materia di salute, finalizzati al contenimento e alla ottimizzazione delle risorse del Fondo sanitario nazionale, attraverso una più efficiente riorganizzazione del servizio stesso, contenimento ed ottimizzazione sempre più necessari ed urgenti nel nostro Paese, vista la crisi economico-occupazionale e considerato che la spesa sanitaria, assorbendo ben più dell'80 per cento dei bilanci regionali, lascia risorse troppo marginali per incidere efficacemente anche in altri settori dell'economia e sullo sviluppo socio-economico dell'intero Paese. Ma più ancora della crisi sono i dati ISTAT sulla spesa sanitaria totale che ci impongono di ripensare le scelte di politica sanitaria, in un'ottica non più ideologica, ma oggettiva e finalizzata a dare ai cittadini le risposte più efficaci ed efficienti in tema di salute e di welfare, in un contesto di sostenibilità finanziaria del sistema.
Secondo i dati ISTAT, la spesa sanitaria totale è passata dal 1990 al 2009, in un arco temporale quindi di circa 20 anni, da circa 52 miliardi di euro a 142 miliardi di euro, a fronte di una popolazione di 55 milioni di abitanti nel 1960 ed attualmente di quasi 60 milioni di abitanti. È interessante conoscere la composizione della spesa, per capire quali potranno ancora essere gli spazi dei tagli, visto che la nostra spesa sanitaria non è la più alta d'Europa, anche rispetto al PIL e quali potranno e dovranno essere gli spazi per investire in futuro, liberalizzando di più anche questo settore. Dei 52 miliardi del 1990, voi pensate, 42 miliardi erano per la spesa corrente pubblica, 8 miliardi e mezzo per la spesa corrente privata e solo un miliardo e mezzo per la spesa in conto capitale. Dei 142 miliardi e mezzo del finanziamento del 2009 - perché i dati ISTAT si fermano a questa data - 110 miliardi e mezzo di euro erano per la spesa corrente pubblica, 29 miliardi e mezzo per la spesa corrente privata e due miliardi e mezzo per la spesa in conto capitale. Una spesa quindi quasi triplicata e che solo dal 2010 ha visto Governi e Parlamento impegnati ad invertire il trend di crescita. Diverse sono le cause di questa lievitazione dei costi in sanità, alcune fisiologiche, altre meno.
Tra le cause fisiologiche possiamo considerare una popolazione sempre più anziana che, in virtù anche della longevità, richiede maggiori cure e assistenza per periodi sempre più lunghi, il processo tecnologico e scientifico, che mette a disposizione, anno dopo anno, strumenti diagnostici e terapie sempre più avanzate e innovative, che aiutano nella diagnosi e cura di molte patologie, anche di quelle ritenute una volta incurabili, permettendo, cosa non trascurabile, una migliore qualità della vita. Ma incidono anche fattori culturali e economici, che hanno portato ad un radicamento del concetto di benessere e a un ampliamento della nozione di salute. Tra le cause patologiche, invece, della crescita della spesa, la più devastante è sicuramente la corruzione, come emerge spesso dalle notizie dei media. Gli sprechi hanno inciso anche, verificatisi soprattutto, ma non solo, negli anni in cui la spesa sanitaria veniva rimborsata a piè di Pag. 26lista, senza alcuna responsabilità soggettiva ed amministrativa e senza, soprattutto, adeguati controlli.
Ma ha contribuito anche all'abnorme crescita della spesa una poco lungimirante politica sanitaria di molti governi regionali che si sono succeduti nel tempo, che ha visto puntare l'obiettivo sull'assistenza sanitaria prevalentemente ospedalocentrica, e soprattutto la degenerazione interpretativa di questi obiettivi con una proliferazione incontrollata di ospedali anche in regioni piccole, ed una superfetazione anche all'interno degli stessi ospedali di reparti che erogavano gli stessi servizi anche senza avere bacini di utenza adeguati, finalizzata solo a creare posizioni apicali per gli amici degli amici, mentre il buon governo delle risorse finanziarie e umane da parte delle regioni è una discriminante importante nel contenimento della spesa.
I fatti ci dimostrano che regioni di colore politico diverso sono riuscite a garantire una buona sanità in pareggio di bilancio, mentre le regioni con maggiore deficit sono proprio quelle che hanno la più alta mobilità passiva e liste di attesa più lunghe. Occorre allora spostare l'attenzione sulla valutazione dell'efficacia delle politiche sanitarie fin qui attuate, e cominciare a misurare come cambia la salute dei cittadini per ogni euro aggiuntivo speso o risparmiato, avendo come orizzonte il rapporto costo-benefici, e passare così dalla semplice analisi dei costi a quella più interessante della produttività, pur sapendo che in sanità il concetto di output non è di facile misurazione come in tanti altri settori. Ma questi purtroppo in sanità sono ancora oggi concetti da periodo ipotetico di quinto grado.
Invece, in questi ultimi due, tre anni per il mordere della crisi ed essendo necessario reperire rapidamente risorse per il pareggio del bilancio nazionale, sono stati operati tagli lineari sulla voce del Fondo sanitario nazionale, tagli previsti anche con la legge di stabilità licenziata in questi giorni dal Consiglio dei ministri, per cui si è reso necessario varare questo provvedimento per assumere misure conseguenti che garantiscano l'efficacia dei tagli - speriamo - cercando di salvaguardare il più possibile la tutela della salute dei cittadini attraverso la riorganizzazione di settori importanti del Servizio sanitario nazionale. Un provvedimento, quindi, per queste ragioni complesso ed articolato che ha visto la presentazione in Commissione Affari sociali di oltre 700 emendamenti da parte di tutti i gruppi politici, e che pur in tempi contenuti in relazione alle delicate tematiche trattate ha visto un dibattito vivace, spesso acceso, e sicuramente produttivo anche per la apertura al dialogo da parte del Ministro, dei relatori, e con il recepimento di molti emendamenti sicuramente migliorativi del testo base. Entro nel merito, e pur ritenendo importanti tutti gli articoli del testo mi soffermerò su quelli che a mio avviso costituiscono il cuore del provvedimento. L'articolo 1 è stato sostanzialmente riscritto, anche su input delle regioni, e prevede che l'assistenza territoriale H24 e per sette giorni alla settimana siano le regioni ad organizzarla secondo modalità operative monoprofessionali e forme organizzative multiprofessionali che erogano prestazioni assistenziali tramite il coordinamento e l'integrazione dei medici e delle altre professionalità sanitarie convenzionate con il Servizio sanitario nazionale.
Il personale convenzionato è costituito dai medici di medicina generale, dai pediatri di libera scelta, e dagli specialisti ambulatoriali. Per i medici di medicina generale è istituito il Ruolo unico disciplinato dalla Convenzione nazionale. È previsto inoltre che le attività e le funzioni regolate dall'Accordo collettivo nazionale siano individuate tra quelle previste nei LEA nei limiti delle disponibilità finanziarie complessive del Servizio sanitario nazionale, salvo quanto previsto dalle singole regioni con riguardo ai livelli assistenza e alla copertura economica a carico del bilancio regionale. Va detto, signor Ministro, che questa riorganizzazione della medicina territoriale era già prevista nel decreto legislativo di riforma n. 502 del 1992; la vera sostanziale novità di questo articolo è la previsione di tempi certi. Pag. 27Siamo sicuri però che l'effettiva attuazione dell'articolo 1 sia senza maggiori oneri per la finanza pubblica?
Perché se la riallocazione delle risorse dall'assistenza ospedaliera a quella territoriale è condizione necessaria, ma forse non sufficiente, per le regioni virtuose, è più che evidente che, per le regioni con stringenti piani di rientro dal deficit, l'attuazione di quanto previsto dall'articolo sarà più aleatoria che concreta, allargando sempre di più il divario tra nord e sud anche in sanità. L'articolo 2 tratta dell'esercizio della libera professione intramoenia. Questa tematica è stata oggetto di confronto e più ancora di scontro in Commissione, viste le posizioni contrapposte, già durante l'elaborazione del testo sul governo clinico qualche mese fa. Il punto di mediazione trovato a mio avviso nel testo attuale è sicuramente un buon equilibrio, considerato che raggiunge l'obiettivo di maggiori e più efficaci controlli attraverso un sistema informatizzato in rete e, nel contempo, garantisce a tutti i richiedenti l'effettivo esercizio della libera professione intramoenia.
L'articolo 3 tratta di un tema importante come quello della responsabilità professionale dell'esercente le professioni sanitarie e mette finalmente un punto fermo per la tutela dei diritti dei pazienti e per contrastare l'incremento della medicina difensiva messa in atto dai professionisti sanitari in relazione alla crescita esponenziale dei contenziosi giudiziari. Inoltre, dà attuazione a quanto previsto all'articolo 3, comma 5, del decreto-legge n. 138 del 2011 convertito in legge, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011 che recita: «A tutela del cliente il professionista è tenuto a stipulare idonea assicurazione per i rischi derivanti dall'esercizio dell'attività professionale». Un'importante novità è stata introdotta dall'articolo 3-bis che, recependo il contenuto di un emendamento da me presentato, prevede l'istituzione di unità operative di risk management in tutte le strutture sanitarie pubbliche e private accreditate. I fatti ci hanno dimostrato che molti episodi di malasanità sono spesso legati a carenze strutturali ed organizzative del Servizio sanitario nazionale.
Anche in merito all'articolo 4, che riguarda il governo clinico, devo dare atto di grande apertura al Ministro e ai relatori. Infatti, è stato sostanzialmente recuperato, nella riformulazione, molto del provvedimento che era stato elaborato e licenziato per l'Aula dalla Commissione affari sociali dopo anni di dibattito dentro e fuori il Parlamento e tre anni di lavoro certosino svolto dall'allora relatore, onorevole Di Virgilio, e dai componenti la Commissione. La filosofia che sottende quanto previsto da questo articolo è sostanzialmente quella di operare, nelle nomine dei direttori generali e degli apicali di strutture complesse, ospedaliere ed universitarie, con norme più trasparenti e orientate ad una reale valutazione del merito, in armonia con gli obiettivi dell'azienda di riferimento, e, soprattutto, con l'auspicio di poter allontanare dalla sanità la cattiva politica. E anche gli emendamenti approvati in Commissione, seppur a maggioranza, all'articolo 11 in tema di farmaceutica, hanno avuto lo scopo di bilanciare in maniera più equilibrata interessi diversi: quelli dei pazienti nel poter usufruire di farmaci sicuri; quelli dei medici che, responsabilmente e nel rispetto del contenimento della spesa farmaceutica, possono prescrivere i farmaci che ritengono più efficaci per i pazienti; e, per ultimo, ma non ultimo, la salvaguardia dei posti di lavoro dell'industria farmaceutica, considerando che, forse, è rimasto l'ultimo settore industriale del nostro Paese in relativa buona salute.
Mi avvio a concludere, onorevoli colleghi, rinnovando il ringraziamento già espresso in Commissione al Ministro, ai relatori, al presidente, ai colleghi e a tutti i funzionari per il lavoro svolto. Mi rimane un pizzico di amarezza, signor Ministro, perché, con un po' di coraggio in più e di concitazione in meno, in Commissione avremmo potuto esaminare più approfonditamente il mio emendamento che apriva lealmente agli investitori privati perché, nell'attuale situazione di crisi economica, è Pag. 28necessario adottare ogni tipo di provvedimento che possa favorire gli investimenti privati e creare occupazione e sviluppo senza pregiudizi ideologici. Voglio però comunicarle, signor Ministro, che quell'emendamento l'ho ripresentato per l'Aula, con l'auspicio di poterlo qui serenamente discutere e magari approvare (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Grassi. Ne ha facoltà.

GERO GRASSI. Signor Presidente, non commenterò i diversi articoli, anche perché è stato fatto brillantemente da chi mi ha preceduto, ma svolgerò delle valutazioni più generali. Do atto al Governo ed al Ministro di aver avuto coraggio, in un momento socialmente ed economicamente delicato, ad occuparsi di salute pubblica. Io - esprimo una valutazione personale - ne avrei avuto di più. Credo che il Ministro ed il Governo avrebbero dovuto avere maggiore coraggio perché, avendo deciso loro di trattare questa materia attraverso la strada del decreto, avrebbero potuto fare più manutenzione ordinaria e più manutenzione straordinaria in una materia che è pesante e ancora vecchia e, con riferimento alla quale, c'è tanto da fare in termini di spending review e anche in termini di raggiungimento della qualità di un servizio che riguarda direttamente la persona.
Faccio una considerazione che a molti sfugge: nel 1946, quando abbiamo approvato l'articolo 3 e l'articolo 32 della Costituzione, l'età media dell'italiano non superava i quarant'anni. A distanza di 66 anni, l'età media dell'italiano sta tra gli 80 e i 90 anni. Nel 1978, il 23 dicembre, quando fu approvata la legge n. 883, l'età media dell'italiano stava tra i 60 e i 70 anni. Che significa tutto questo? Significa che oggi abbiamo bisogno di una sanità più veloce, più snella, meno burocratizzata, più uguale, signor Ministro, più uguale. Infatti forse il limite peggiore della sanità attuale, al quale questo provvedimento offre una risposta - io mi auguro che la risposta arrivi alla fine - è la diversità. In questo provvedimento, come giustamente ha detto l'onorevole Turco, c'è una data collegata ai LEA, ma non so se, con riferimento a questo provvedimento, vi sia la consapevolezza che noi abbiamo 20 LEA diversi in Italia e che se sostituissimo i LEA con il metro, avremmo una sanità che è un metro in alcune regioni mentre non supera i 10 cm in altre regioni. Tutto questo nel provvedimento è in nuce, è in mens dei, manca. Manca la volontà di forzare la mano verso le inefficienze di alcune regioni. Manca la volontà di indurre alcune regioni a non seguire più comportamenti che portano a disfunzioni e portano soprattutto a penalizzare il cittadino utente. Manca anche, secondo me, un'approfondita discussione sul ruolo della Conferenza Stato-regioni in materia sanitaria, luogo nel quale spesso si allargano le differenze, non si avvicinano. Ecco perché io dico: avrei avuto maggiore coraggio. Ma devo dare atto, mentre dico questo, che il Ministro ci ha accompagnati durante l'intero percorso dei lavori in Commissione e speriamo che insieme - io presumo che il Governo metterà la fiducia, non sono un chiaroveggente, ma lo presumo - mi auguro che anche nel porre la fiducia, attraverso un maxiemendamento, il Governo tenga presente che si tratta di una materia nella quale si toccano gli interessi delle persone e spesso le persone, rispetto ad una sanità diversificata, sono disarmate.
Dobbiamo cercare di contemperare queste esigenze e di farlo con tempi brevi, rapidi, ma di farlo, anche, con la certezza del diritto. Prima di concludere vorrei svolgere altre due riflessioni; questo è un percorso legislativo - quello che abbiamo avuto in Commissione con lei, Ministro - frutto di un Governo largo: non è il Governo del Partito Democratico, è un Governo nel quale ci sta anche il Partito Democratico. Personalmente, ritengo che l'industria farmaceutica italiana sia un settore importante e trainante della nostra economia, ma ritengo anche che le trasformazioni che il decreto-legge ha subito in Commissione, trasformazioni che io, da Pag. 29perfetto parlamentarista, rispetto nella loro totalità, siano trasformazioni che non hanno posto al centro il paziente-cittadino; quelle sono trasformazioni dettate da uno sguardo tutto aziendalistico che non ho condiviso e verso il quale esprimo il mio pubblico dissenso in quest'Aula, prendendo atto però della volontà della maggioranza numerica che ha operato quelle trasformazioni all'interno dei lavori della Commissione.
Per concludere, ho ascoltato la passione con la quale il collega D'Anna si è esibito in una serie di valutazioni su questo decreto-legge; sarei terrorizzato se l'intervento del collega D'Anna fosse portato all'esasperazione. Credo che nella nostra Repubblica, nella nostra democrazia, la sanità privata debba essere complementare a quella pubblica ma noi abbiamo il diritto di difendere e di garantire quella pubblica. Temo che vi siano ragioni di pura economia, derivanti anche da un'espressione impropria in sanità che, quanto prima, credo vada abolita: il termine aziendalistico. Il termine azienda cozza in re ipsa con il fine della sanità; all'interno delle aziende ci sono i bulloni, all'interno della sanità ci sono le persone, quindi anche il termine azienda usiamolo per i luoghi dove si fa azienda. Un'azienda sanitaria non può essere soltanto un arido esercizio di bilancio, perché di fronte non ha bulloni, ha persone, e per la salvezza di una vita, di una persona, credo che non ci sia impegno di spesa da non poter soddisfare. Questi concetti parziali, personali, soggettivi, credo che vadano esasperati in una manutenzione straordinaria dell'impianto sanitario. Possiamo farlo, e mi avvio a concludere, in un tempo di spending review, possiamo eliminare fortemente le défaillances, le ruberie, le malversazioni che ci sono in quel settore ma dobbiamo fare anche un'altra operazione; quale? In un tempo di difficoltà economica si chiudono i rubinetti alle spese superflue, non si chiudono alle spese necessarie. Do atto al Ministro di essersi battuto rispetto al paventato taglio di oltre un miliardo, tuttavia, sempre per dirci tutta la verità, anche quella brutale, sappiamo bene che, nei prossimi tre anni, i tagli alla sanità superano i cinque miliardi di euro. Rispetto ad una sanità che, oggi, vacilla, non so che cosa succederà fra tre anni; mi auguro che non succeda la discesa verso una sanità privata che sarebbe la fine dell'universalismo che noi abbiamo voluto e che, per difendere, dobbiamo accompagnare con una certezza economica e con una certezza del diritto. Signor Ministro, lei benissimo ha fatto quando in questo provvedimento ha inserito la possibilità per alcune regioni di derogare al divieto di assunzioni.
Noi, in alcune parti d'Italia, corriamo il rischio di chiudere gli ospedali per mancanza di personale: è interruzione di pubblico ufficio. Noi corriamo il rischio, in molte zone, di chiudere gli ospedali, e li chiudiamo non perché non ci vanno i pazienti, ma perché non ci sono gli operatori in grado di dare risposte ai pazienti. Questo è un problema che io trasferisco a lei, che lo conosce meglio di me, ma invito lei a farsene carico intorno al tavolo dei Ministri e a ricordare, a quei signori che stanno seduti là con lei e che pretendono di avere una visione solo economicistica della sanità, che la sanità ha lo scopo di curare le persone, e per curare le persone noi non possiamo fare solo aridi conti, perché, se aridi conti dobbiamo fare, iniziamo a tagliare le spese militari, iniziamo a tagliare quelle spese che non sono efficienti per la persona e che servono all'apparato, pubblico o privato che sia. Con questo, io confermo le positività che il decreto-legge contiene, confermo il lavoro che insieme agli altri gruppi abbiamo fatto e mi preparo a sostenerlo, seppur con questi limiti che ho tentato di evidenziare (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà. Onorevole Tassone, rinunzia?

MARIO TASSONE. Signor Presidente, non so se questo è un suo invito, visto e considerato che ricordo di avere un rapporto un po' antico con lei, anche personale. Poi, se questa è una sua sollecitazione Pag. 30posso anche venire incontro ai suoi desideri.

PRESIDENTE. Assolutamente no; sa che mi fa piacere ascoltarla per qualche minuto.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, non rinuncio, visto e considerato che ho la sua benevolenza e la sua acquiescenza rispetto a questo mio impegno, riferito all'intervento, ovviamente. Vorrei fare qualche considerazione e potrebbe sembrare un po' un'anomalia - visto e considerato che io, nel corso di questa legislatura, mi sto interessando di altri temi e di altri problemi - che io parli in sede di discussione sulle linee generali di un provvedimento quale questo che si riferisce alla sanità, ma ritengo che sia un tema e un argomento che non possa essere sottovalutato e che tocca delle particolari sensibilità. Ritengo che tutti quanti siamo coinvolti in un dibattito, in una discussione estremamente importante e fondamentale, su una tematica, una problematica, che via via nel corso degli anni è andata sempre più sviluppandosi e ha avuto certamente degli avvitamenti. Soprattutto, bisogna registrare che vi sono stati dei traguardi e degli obiettivi molte volte mancati. Ricordo certamente la discussione che ci fu quando questo Parlamento approvò il Servizio sanitario nazionale, la grande riforma, costruita su tre assunti: la prevenzione, la cura e la riabilitazione. Si dava poi, ovviamente, una valutazione d'insieme rispetto a quelle che dovevano essere le strutture sanitarie all'interno del nostro Paese, e si passò ad una considerazione, ad una statuizione, ovviamente anche attraverso la norma, di alcune figure, per quanto riguardava la gestione delle strutture sanitarie, delle strutture ospedaliere. Si tentò allora, nei primi approcci, di dare anche delle risposte attraverso degli organismi collegiali, che potessero avere anche un ruolo di bilanciamento e quindi di sintesi rispetto alla gestione delle strutture ospedaliere. Chi non ricorda ovviamente i comitati di gestione delle strutture ospedaliere, l'espressione delle amministrazioni locali e il ruolo dei sindaci? Quello certamente fu un percorso ritenuto non confacente, non esaustivo, non aderente all'imperio dei temi, degli argomenti e dei problemi della sanità, ma certamente fu quello un tema ricorrente, un tema che più volte abbiamo evocato per dare delle soluzioni a tutte le problematiche che stanno dinanzi a noi.
Ho preso la parola per rilevare alcune questioni. Intanto do atto ai due relatori e al presidente della Commissione del lavoro effettuato, perché so che cosa significa discutere ed esaminare un disegno di legge di conversione di un decreto-legge sulla sanità, anche perché si iniziò a parlare, nella XII Commissione (Affari sociali) e poi in Aula, di un testo (A.C. 799) recante modifiche al decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 502 e altre disposizioni in materia di organizzazione del servizio sanitario nazionale. Era il 2008 e poi...

GIUSEPPE PALUMBO. Ancora prima!

MARIO TASSONE. Prima non so, perché forse c'è un problema di anzianità. Lascio anche in questo a te lo scettro, presidente.
Credo sia andato in Aula nel 2010 e poi nello stesso anno è ritornato in Commissione e lì se ne sono perse le tracce. Alcuni dati e alcuni temi che sono contenuti in questo decreto-legge erano in quel provvedimento, però in tutto questo traghettamento - lo devo dire con estrema chiarezza, onorevoli colleghi, signor Presidente, signor Ministro - abbiamo perso una visione di insieme, una organicità, anche nelle problematiche rispetto a temi ed argomenti che lì erano contenuti.
Non si è capito perché non si è andati avanti su quel provvedimento, visto e considerato che il lavoro della Commissione era stato, anche in quella sede, encomiabile, tanto per sottolineare un aspetto non secondario riguardo a quella che è la centralità del Parlamento e il lavoro svolto dal Parlamento.
Però stavo facendo poc'anzi un ragionamento che riguarda certamente le riforme intervenute. Su questo provvedimento, Pag. 31su cui certamente mi rimetto alle cose dette poc'anzi dall'onorevole Binetti e pertanto alle posizioni assunte dal mio gruppo (e quindi dal mio partito), voglio rilevare alcuni dati sui quali ritengo si sarebbe potuto fare un passo in avanti, monitorando il ruolo delle regioni e soprattutto la figura del direttore generale.
Questo provvedimento rischia di essere scarsamente credibile - lo dico con estrema chiarezza - malgrado gli sforzi che sono stati fatti e che il Ministro ha fatto. Sono soddisfatto pienamente, da vecchio parlamentare, di sentire che alcuni colleghi ringraziano il Ministro per l'assiduità e sopratutto per la partecipazione, il contributo, l'impegno, l'attenzione e la dignità con cui ha seguito il lavoro parlamentare. Di questo gliene debbo dare atto, perché è un fatto importante e molto forte, per quanto ci riguarda.
Ma veniamo alla figura e al ruolo delle regioni. Noi abbiamo delle situazioni che non possono essere più tollerate. Venti-ventuno politiche della sanità nel nostro Paese non possono essere tollerate. Anche gli sforzi che state facendo qui sul territorio, riguardo ai collegamenti, ai poliambulatori, ai medici di base, al rapporto con il territorio, al recupero del territorio, alla figura del medico legato al territorio, al rapporto con i presìdi ospedalieri, rischiano di infrangersi rispetto ad una gestione e soprattutto ad una verticalizzazione da parte delle regioni, che certamente poteva essere attutita.
Ho detto più volte anche di quel provvedimento che si riferisce alla rivisitazione del Titolo V della Costituzione. Visto che qui parliamo di sanità e di sicurezza, ho sempre auspicato in tutte le sedi che la sanità fosse in testa allo Stato. La collega mi ricorda che c'è anche un disegno di legge su questo. Anche nel momento in cui è venuta all'esame della I Commissione (Affari costituzionali) la definizione del ruolo del Ministero (e quindi la revisione degli organici e dei ruoli del Ministero della sanità) non c'è dubbio che - per quanto riguarda le competenze per materia - ho auspicato che questa materia fosse considerata una competenza esclusiva dello Stato e non una materia concorrente rispetto alle regioni. Questo ritengo sia il nodo e il problema grosso su cui oggi ci troviamo a parlare e a discutere.
Un altro nodo è il direttore generale.
Quando abbiamo istituito i direttori generali si era detto che dovevamo svincolare gli enti ospedalieri, gli ospedali, dal condizionamento della politica, dai partiti. Fuori la politica, fuori i partiti, che non possono mettere le mani sulla sanità. E cosa abbiamo fatto? Abbiamo istituito un direttore generale che ha il potere assoluto su tutto, anche sulla nomina dei primari. Anche questo provvedimento non supera alcune opacità, perché si lascia una discrezionalità all'interno di un elenco. C'è un'opacità, a mio avviso, che crea qualche perplessità, almeno a me crea qualche perplessità.
Poi c'è il comitato dei dirigenti, e il direttore sanitario dovrebbe certamente avere un ruolo più spiccato. C'è il problema del direttore sanitario e dei primari. Sono temi che vengono ad essere affrontati, ma non risolti, anche in questo provvedimento. Con riguardo al direttore generale, si era detto di lasciare fuori la politica e di dare agli enti ospedalieri e ai presidi ospedalieri un ruolo quasi manageriale. Vi ricorderete la parola management, la tecnocrazia, il mercato, la concorrenza, l'emulazione: erano questi i temi forti su cui ci si confrontava in quest'Aula.
Il direttore generale è diventato un'appendice di alcuni partiti, di alcune frange, di alcune correnti dei partiti, che gestiscono, non in termini ottusi, non mi permetto di dire questo, ma gestiscono in termini di grande parzialità, di grande non oggettività. Ma come si può dare a una sola persona - ecco perché evocavo i comitati di gestione - il potere di nominare i primari, di gestire le forniture, di intromettersi nel ruolo dell'amministrazione, dei paramedici, dei portantini? Questo è un fatto assurdo. Quante volte lo abbiamo chiesto, quante volte abbiamo fatto il mea culpa per alcuni provvedimenti che avevamo licenziato anche in quest'Aula? Pag. 32
Allora certamente c'è una mia preoccupazione. Questo confronto lo abbiamo fatto anche con lo stesso Ministro, che con grande comprensione e con grande gentilezza, com'è suo costume, ha detto che anche in questa riforma del Titolo V sta prevalendo il primato dello Stato e l'interesse generale. Allora, nel 2001, io votai contro quella riforma che abbiamo approvato, che ha modificato l'articolo 114 della Costituzione, tanto per capirci, dove lo Stato è posto allo stesso livello delle regioni, delle province, dei comuni e delle aree metropolitane e dove è scomparso il problema dell'interesse generale e della supremazia dello Stato.
Ma se ovviamente non manteniamo una gerarchia di valori, di competenze, nell'ambito di un settore che è così delicato e importante, vuol dire che non abbiamo capito - ma l'abbiamo capito tutti quanti perché questo è un Parlamento e un Governo di persone sensibili e attrezzate - che qui si parla dell'uomo, della sua dignità, di una forte dignità dell'uomo. In altre parole, molte volte abbiamo approvato riforme in cui il malato non era al centro dell'ordine del giorno; altre cose e altri interessi erano al centro dell'ordine del giorno.
Perché si fa uno sforzo in questo momento per recuperare il ruolo del medico di base, dei poliambulatori, di questa rete? Per tentare di umanizzare un settore e un servizio importante e fondamentale che era stato disumanizzato, che è disumanizzato, in cui ci siamo inventati i dirigenti di primo e di secondo livello prevedendo i posti non in virtù del malato, ma il malato è stato semplicemente uno strumento per accrescere posizioni di potere e di rendita all'interno delle strutture ospedaliere.
O le riforme si fanno seriamente, oppure i decreti o i provvedimenti sono di razionalizzazione, di riordino. Certamente si tratta di uno sforzo apprezzabile, perché è un passaggio apprezzabile, ma non dà una dimensione forte a quella che è una problematica, e quindi se non dà una dimensione forte, una dimensione completa di quella che è la situazione, di quella che è la problematica, certamente non si possono avere delle soluzioni.
Ma ci sono altri problemi. Vorrei che mi venisse spiegato, anche dai relatori e soprattutto dalla II Commissione (Giustizia), come si misura la colpa lieve o la colpa grave. Sono d'accordo sulla distinzione tra colpa lieve o colpa grave, poi però rimane sempre ovviamente il risarcimento del danno. Ho sentito poc'anzi il mio amico e collega carissimo Barani; ma la colpa lieve come si misura?
Ma qual è la colpa lieve? Si misura rispetto al danno lieve che si arreca al paziente o rispetto ad un comportamento lieve del medico? Non so dare una risposta, perché anche una colpa lieve può provocare dei danni ovviamente alla persona e al fisico. Non andiamo per assunti, per dire che queste sono conquiste di civiltà e di modernità. Sono d'accordo, non le sto contestando. Mi sto ponendo un problema forse per eccessivo scrupolo. Scusate se inserisco anche questo argomento che ritengo possa essere anche utile per valutazioni che potremo fare nella fase emendativa, ma anche in futuro.
Poi ci sono certamente anche temi che riguardano, ad esempio, la formazione dei dirigenti. Per la formazione dei dirigenti, perché non prevediamo le strutture statali? Che la facciamo a fare la formazione soltanto nelle strutture regionali? Come avviene ciò?
Ma poi c'è un altro problema che è venuto fuori, quello della riforma delle pensioni, quella che è la legge Fornero. Questo è un tema e un problema. So che ci sono ovviamente delle resistenze da parte dalla V Commissione (Bilancio), ma non è un problema della resistenza della Commissione bilancio. Signor Presidente, onorevoli colleghi, noi abbiamo discusso fino all'altro giorno degli esodati: stiamo attenti a che cosa facciamo in merito. Noi abbiamo discusso di temi e di problemi che riguardano l'eguaglianza e la giustizia sociale, per cui ci sono categorie benemerite di lavoratori, ma ci sono altre categorie, altrettanto benemerite, che dovrebbero Pag. 33ottenere, o auspicherebbero di ottenere, un trattamento equo, almeno allo stesso livello degli altri.
Ci sono ovviamente problemi che riguardano questo provvedimento. Certamente si è detto anche per quanto riguarda le case farmaceutiche. So, anche per la problematica che ha inserito in questa discussione l'onorevole Binetti, che noi non abbiamo mai pensato minimamente di tutelare le strutture farmaceutiche a discapito della persona e soprattutto del paziente. C'è stata qualche polemica. Non so se è arrivata in Commissione, ma ai margini della Commissione stessa e nei commenti che vengono fatti e che si consumano via via nel tempo. Ritengo che tutto il nostro impegno e la nostra battaglia siano quelli di conservare sempre di più la dignità della persona umana.
Ho voluto prendere la parola in questa fase di discussione proprio per affermare questo. Non so, signor Presidente, signor Ministro, se il Governo porrà la questione di fiducia. Io da parlamentare non lo auspico. Non invito a mettere la fiducia, tanto per capirci. Sarebbe una contradictio in terminis, in termini assoluti, perché causa un depauperamento del ruolo ovviamente del Parlamento. Ci saranno degli emendamenti. Non so in quale dimensione e in quale quantità questo apporto... Mi dicono che sono stati presentati 350 emendamenti: non so, è consistente questo contributo emendativo, ma si può ovviamente - di fronte ad una situazione di questo genere - trovare sempre la mediazione. Sono del centro, ovviamente: c'è chi porta il garofano e io porto qualche altra cosa nel cuore. Ovviamente via via nel tempo l'educazione, la sensibilità e quella cultura non si consumano, non svaniscono e non si esauriscono. Però si può trovare - anche per aree e soprattutto per sintesi - un contributo per mettere e per trovare anche delle soluzioni.
Ritengo che ci siano temi e argomenti che possano trovare una collocazione diversa, altrimenti abbiamo esaurito qui il nostro sforzo: abbiamo fatto la discussione sulle linee generali, poi andiamo in un'altra fase, che è quella del voto di fiducia e che toglie ovviamente spazio ai problemi e ai temi. Ritengo che ci sia stata anche una qualche vicenda o delle vicende defatiganti all'interno delle Commissioni che hanno voluto esprimere il parere: ovviamente nella X Commissione (Attività produttive) per quanto riguarda i succhi di frutta (con la percentuale ridotta da 20 a 12).
Nella Commissione giustizia avete recepito tutto e, in particolare, avete recepito alcune misure, visto che ho posto in essere qualche questione e, soprattutto, qualche interrogativo, con tutto il rispetto che posso avere per i «mostri» di capacità e di preparazione che sono i colleghi della Commissione giustizia. Tuttavia, mi sono permesso, ovviamente, di porre una questione che credo abbia un senso e una sua motivazione. Non ritengo che sia giusta per forza, ma ha una sua motivazione e una sua logica. Ovviamente, ho posto il problema che è emerso qui, anche visto e considerato che la Commissione lavoro ha avuto anche la forza di esprimere il parere. Ricordo, inoltre, che anche la Commissione attività produttive - è stato dimenticato - in un primo tempo aveva espresso parere contrario, per quello che ne so. Dunque, abbiamo un quadro generale, mentre la Commissione bilancio ancora ovviamente - dico «ovviamente» perché la Commissione bilancio fa sempre così, in quanto è la Commissione che ha la maggiore responsabilità - ha delle perplessità e, soprattutto, deve anche effettuare qualche ricognizione in più rispetto alla copertura.
Signor Presidente, termino qui il mio intervento. Come vede, sono stato molto breve. Certo, credo che poi alla fine non ostacoleremo questo provvedimento e, per quanto mi riguarda, non è che esprimerò voto contrario, così come credo che nessuno abbia - almeno la stragrande maggioranza di quest'Aula - la volontà di creare un vulnus e di dire «no». Tuttavia, ritengo che questo provvedimento costituisca seriamente un percorso importante. Diceva l'onorevole Binetti che vi sono cose che lei ha accettato e altre cose che l'hanno soddisfatta meno. Da parte mia, ho posto una questione centrale rispetto a Pag. 34quella che è la natura di questo provvedimento, anche perché molte ricognizioni che ha fatto la Commissione affari costituzionali - e anche alcune condizioni - non sono state neanche accettate né, ovviamente, hanno avuto la cittadinanza e, soprattutto, la possibilità di essere accolte (ovviamente, si tratta del contributo dato dalla I Commissione in sede consultiva).
Di fronte a questo quadro un po' rarefatto, ho presentato pochissimi emendamenti tra cui quell'emendamento che, in un certo articolo, sostituisce la figura del direttore generale con il comitato di gestione. Ne discutiamo, ovviamente. Sarà bocciato? Non lo so! Sarà accolto? Però, è bene che nei lavori parlamentari ognuno si assuma la propria responsabilità e non ci diciamo le cose tra di noi, nel chiuso di alcune stanze oppure nei meandri, negli ambulacri del palazzo. Ma, ritengo che anche questo nodo vada a essere sciolto.
Mi rendo conto che anche la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano ha avuto un ruolo importante e fondamentale. Ma, è il momento, ovviamente, di chiarire alcune posizioni importanti e fondamentali, visto e considerato che, ad esempio, la mia regione è condizionata fortemente dalla spesa sanitaria e che questa si riflette fortemente anche sugli equilibri e, soprattutto, sulle prospettive economiche di quella regione.
Poi, mi viene in mente un altro dato. Su questo punto volevo richiamare l'attenzione dello stesso Ministro. Si tratta del rapporto con i presìdi in relazione, ovviamente, alla riscoperta e al ruolo dei medici di base. Poi vi è l'università su cui ritengo utile un collegamento e un raccordo sempre maggiore. Parlo, ovviamente, e faccio riferimento alla mia esperienza, evidenziando che il problema delle università non è un incidens rispetto a tutto un contesto che riguarda lo sforzo che deve essere compiuto nel campo della sanità.
Volevo rassegnare queste considerazioni affermando, con grande convinzione, che vi sono temi e punti certamente importanti e fondamentali che denotano una buona volontà, da parte di tutti noi altri, ma soprattutto che denotano un'azione da parte del Governo. Mi rendo conto che alcune rivoluzioni non si possono fare e alcuni temi, che ho evidenziato, richiederebbero una grande rivoluzione. Ma sono molti gli interessi che ci sono e che si annidano all'interno della sanità. Però, ritengo che, in questo momento, un po' di chiarezza forse non avrebbe fatto torto a quello che è un comportamento da parte di tutti noi altri.
Rimangono nello sfondo, però, dei problemi non risolti, che sono la premessa fondamentale su cui si è costruito questo tipo di gestione di attività. Mi rendo conto di tanti temi e di tanti argomenti, ma dobbiamo anche capire che, nei passaggi fondamentali, dobbiamo anche monitorare alcune cose.
Voi avete parlato anche dell'Osservatorio: se si costituisce l'Osservatorio, dobbiamo monitorare l'attuazione delle leggi del passato, le cose che sono andate e che non sono andate bene.
Per concludere, con un tema, con un argomento che mi sta molto a cuore: veramente credete che la figura del direttore generale possa essere una garanzia di imparzialità, di democrazia e di oggettività nella gestione? Io ritengo di «no» : è stato fallimentare, al di là degli uomini, delle bravissime persone che hanno lavorato con grande sensibilità e dedizione al servizio dell'istituzione.
Credo che sia sbagliata proprio la figura di gestione di questo organismo, che si è voluto accogliere e limitare soltanto ad una persona. Ritengo che da questo si diparte, si evidenzia e si sviluppa tutto il ragionamento contenuto in questo tipo di provvedimento.
Detto questo, vi ringrazio moltissimo e resterò in attesa degli sviluppi. Se verrà posta la questione di fiducia, la voteremo. Se ci dovesse essere un margine affinché qualche contributo emendativo, in questa fase dei lavori parlamentari, possa essere accolto, tanto meglio, specie se venisse ritenuto importante e migliorativo del testo al nostro esame (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

Pag. 35

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Adinolfi. Ne ha facoltà.

MARIO ADINOLFI. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, rispetto al provvedimento nel suo complesso faccio direttamente riferimento alle parole espresse con compiutezza ed alla posizione del Partito Democratico, riverberata sia dall'intervento dell'onorevole relatore Livia Turco, sia dalle osservazioni acute dell'onorevole Luciana Pedoto, sia, infine, faccio riferimento anche a qualche riflessione critica dell'onorevole Grassi.
Mi preme, in questa sede, sottolineare che non ho lavorato in Commissione affari sociali perché sono stato impegnato nella XIV Commissione e, già in quella sede, ho fatto presente alcune mie perplessità rispetto all'articolo 7 ed all'articolo 8.
Poi, in ossequio alla disciplina di partito, ho votato assieme al gruppo del Partito Democratico in favore del parere della Commissione, ma resta in me la necessità di far presente in quest'Aula, signor Presidente, un elemento di dubbio che permane rispetto all'articolo 7, riguardante le ludopatie.
È, evidentemente, un tema di grandissima rilevanza sociale in questa fase. Signor Ministro, dirò con chiarezza quello che penso: in questo momento c'è un'emergenza tale, che rende il mondo del gioco d'azzardo, come un vero e proprio luogo in cui un'ulteriore tassazione viene spalmata sui ceti medio-bassi. In termini di salute, visto che di questo ci stiamo occupando, in una percentuale di questi casi, arriviamo dentro la fattispecie della ludopatia. Però, bisogna riuscire ad affrontare con grande intelligenza delle cose relativamente a questo comparto, che non è un terreno banale.
Come sapete, gli italiani spendono in giochi, o meglio in questo Paese vengono spesi 80 miliardi l'anno, secondo i dati del 2011. Questo è un dato in crescita, un dato enorme. Ovviamente va depurato dalla cifra che viene poi restituita ai giocatori stessi attraverso le vincite, ma ci troviamo di fronte, comunque, al terzo comparto industriale del Paese.
Non è, quindi, un tema irrilevante anche dal punto di vista economico riuscire a far luce su una distinzione da compiere che, a mio avviso, il provvedimento, nell'articolo 7, non compie appieno.
In particolare, nell'ambito delle norme che riguardano la pubblicità, doverose e importantissime, nel territorio destinato a difendere i minori: un elemento della mia massima preoccupazione è quello di difendere la sensibilità minorile e far sì che i minori non cadano facilmente nei rischi della rete.
Poiché sono un uomo che conosce la rete, so come questa possa attrarre facilmente i minori dentro questo contesto, ma in quel passaggio dell'articolo 7 si parla esplicitamente, come anche in altri passaggi, di giochi con vincite in denaro. È qui, secondo me, che si crea un'ambiguità.
A mio avviso, e i dati sono lì a confortarmi in questa opinione, gli italiani sono in questo momento attratti, e lo ripeto, in particolare i ceti medio-bassi, dal cosiddetto gioco ad aleatorietà pura, che è quello che comunemente chiamiamo gioco d'azzardo. Quanti pensionati vediamo rovinarsi nei bingo, quanti pensionati spendono la pensione in gratta e vinci, quanti soldi vengono immessi in quelle - voglio dirlo - maledette macchinette che vediamo allineate ormai ovunque nelle nostre città, nei nostri comuni, sul territorio nazionale.
Ebbene, da rappresentanti del popolo e da rappresentanti di una responsabilità dello Stato sappiamo bene che lì vi è un elemento di tassazione pura, perché le modalità di vincita, e cioè di riscossione del denaro immesso, sono tali da essere estremamente punitive nei confronti del giocatore.
Nella normativa italiana e - lo segnalo al Presidente e al signor Ministro - in quel che comincia a muoversi anche in Europa, perché il 24 ottobre in Europa si comincerà ad avere materialmente a disposizione una carta che parlerà di giochi e di mercato europeo dei giochi, vi è una distinzione che, a mio avviso, è prioritaria, che è quella tra il gioco d'azzardo e i Pag. 36cosiddetti skill games, che sono giochi di abilità, dove prevale la capacità di un giocatore rispetto a un altro.
In quei giochi la frustrazione dello sconfitto e della propria incapacità ipso facto allontana dal gioco stesso. Se io e lei, signor Presidente, giochiamo a poker, poiché io sono un pokerista piuttosto bravino, tendo a immaginare che quella partita la vincerò io. Se io e lei, insieme, andiamo, signor Presidente, dal tabaccaio e compriamo un gratta e vinci, in quel territorio lei può avere più fortuna di me.
Questa distinzione noi dobbiamo tenerla presente con grande chiarezza, perché non possiamo rassegnarci all'idea o immaginare un'operazione da Stato etico per cui si cancella il mondo del gioco dalla cultura, perché si tratta anche di un pezzo di cultura di questo Paese.
Gli italiani giocano, ma sarà forse il caso di spiegare meglio loro che una cosa è prendere dei soldi e bruciarli direttamente in un camino, che, badate bene, poi alimenta molto i conti dello Stato, e un'altra cosa è, magari, avviare una cultura del gioco, che sappia, ad esempio, distinguere tra un gioco totalmente idiota, quale è quello che consiste nel grattare un gratta e vinci, e un gioco dove, invece, la misurazione di una capacità può rendere evidente anche un elemento di divertimento presente nelle capacità delle persone.
Voglio dirlo perché esiste un movimento molto ampio di persone che giocano a poker. Questo è un territorio sempre molto minato quando se ne parla, ma il campione del mondo di poker ha vinto i campionati del mondo 12 volte: o noi diciamo che questa è una persona particolarmente fortunata o, forse, l'elemento dell'aleatorietà lì non vi è.
Peraltro, vi è una scuola italiana del poker. Abbiamo vinto il campionato del mondo con un ragazzo di 24 anni che si chiama Rocco Palumbo. Nelle scorse annate ne abbiamo vinti altri, vi sono Dario Minieri, Luca Pagano. Sono nomi che, ovviamente, non dicono nulla a chi ha più di 50 anni o forse anche più di 40 o di 30. Nel mondo dei giovani questi sono icone. Sono icone da perseguire? Sono da perseguitare? Sono criminali?
Infatti, qui, sulla ludopatia, passa poi il criterio che giocare è male. Io vorrei che vi fosse anche un intendimento chiaro di questa Aula per cui giocare d'azzardo è male, che essere così cretini da buttare il denaro dentro un caminetto acceso è una follia dal punto di vista delle proprie finanze personali, badate bene, con una curva ascendente di questa spesa ancora più aggravata in fase di crisi del nostro Paese.
È questa la cosa che fa più male a chi valuta questo territorio. Penso che nel provvedimento in esame bisognasse avere maggiore attenzione a questo elemento, perché non credo alla formula da Stato etico: da domani non vi facciamo più la pubblicità e voi smetterete di giocare magicamente. Non funziona così! Probabilmente, se quei meccanismi fossero portati alle estreme conseguenze, avremmo solo un rifluire dentro a dimensioni di criminalità che dobbiamo assolutamente tenere lontano dal mondo dei giochi.
Vorrei dire che vi è un mondo nel gioco, in particolare quello del poker e degli skill games, pulito, che può essere valutato per quello che è, in cui se vi è la pubblicità di un torneo non si sta pubblicizzando o incitando, come dice l'articolo 7 della normativa, al gioco con vincita in denaro, ma si sta valutando un modo di socializzazione non molto differente dall'andarsi a fare una pizza la sera con la propria fidanzata, con costi analoghi. Dunque, questo territorio va affrontato sapendo di cosa si sta parlando, sapendo che bisogna discutere, confrontarsi, avere la capacità di distinguere su questi temi e massimamente lo deve fare quest'Aula, il Governo e lo Stato con i suoi provvedimenti, altrimenti moltissimi praticanti degli skill games - sono centinaia di migliaia, milioni secondo molte statistiche - si sentiranno semplicemente criminalizzati! Questo è un errore da non fare! Vi è anche l'annosa questione della regolamentazione delle sale di poker live che sono state liberalizzate, ma non regolamentate. Pag. 37
Tutto questo mondo, questo comparto - lo ripeto, sano - vive una condizione di criminalizzazione che non va vissuta. Bisogna condannare duramente il gioco d'azzardo, spiegare agli italiani che spendere in quel modo i soldi è veramente una stupidaggine, innestare una cultura del gioco. Da questo punto di vista l'evidenziare, ad esempio, le percentuali di vincita, contenuto nel provvedimento in oggetto, è sicuramente un passo avanti molto importante. Si può e si deve fare di più.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Miotto. Ne ha facoltà.

ANNA MARGHERITA MIOTTO. Signor Presidente, sono state dette molte cose per cui evito qualche ripetizione. Però vorrei fare alcune sottolineature.
Innanzitutto, un decreto-legge è sempre visto criticamente dal Parlamento, ma quello in esame ha un pregio: ha evitato che il lavoro svolto in XII Commissione (Affari sociali) su alcune importanti innovazioni nel sistema sanitario finisse nell'archivio. Mi riferisco al governo clinico, in generale alla dirigenza sanitaria, alle sperimentazioni cliniche, in parte al rischio clinico, all'adeguamento dei LEA.
Quindi, si tratta di un decreto-legge che ha raccolto molte iniziative sorte in Parlamento, l'ultima, appena citata, quella relativa al gioco d'azzardo. A tale proposito, ricordo al collega che, in verità, non so se sappiamo ciò di cui stiamo parlando, se sappiamo interamente e compiutamente ciò di cui ci stiamo occupando, ma certamente un lavoro fatto in sei mesi di indagine conoscitiva ha consentito alla Commissione di produrre un documento importante anche per orientare gli emendamenti a questo decreto-legge. Si tratta, quindi, di un provvedimento importante.
Se dovessi riassumerlo con poche proposizioni, i titoli di questo decreto-legge, secondo me, sarebbero questi: innova nelle cure primarie, esce dall'opacità dell'intramoenia, cerca di affrontare il tema della medicina difensiva, introduce il governo clinico con il collegio di direzione, porta il merito nella dirigenza sanitaria, affronta il tema dell'adeguamento dei livelli essenziali di assistenza, interviene sugli stili di vita - con le norme sul tabacco, sull'alcol, sui giochi d'azzardo, sullo sport, sull'alimentazione e sulla sicurezza alimentare -, cerca di innovare e di moralizzare il settore dei farmaci con la sperimentazione, i comitati etici, nonché con alcune importanti innovazioni che, per il momento, hanno trovato uno stop. Questi sono gli otto capitoli del decreto-legge in oggetto.
Vi sono delle difficoltà importanti che abbiamo trovato e che cito perché sono ancora presenti. Si tratta di una materia concorrente e quindi, nel rapporto con le regioni, la criticità è ancora presente, signor Ministro. La seconda grande difficoltà riguarda il fatto che si tratta di un provvedimento di isorisorse e, quindi, è chiaro che definiamo così anche il profilo, l'ambito, dell'intervento riformatore all'interno di questo vincolo di natura economico-finanziaria molto pesante.
Potrebbe, questo provvedimento, essere quindi definito come come una manutenzione importante del sistema, da un lato (cure primarie, intramoenia, governance, riordino degli enti), ma anche con importanti novità, alcune immediate (rischio clinico, stili di vita, farmaci), altre leggermente differite, entro pochi mesi (nuovi LEA e, in parte, l'assistenza territoriale).
Quindi, un provvedimento, come dire, anche ad efficacia differita in parte, destinato sicuramente a ridisegnare il nostro sistema sanitario secondo però i principi contenuti nella Costituzione.
Il gruppo del Partito Democratico ha dato fin da subito un contributo con gli emendamenti presentati per migliorare il testo. Li cito rapidamente. Volevamo trovare un punto di incontro più ragionevole nello scontro che si è creato ad agosto tra Governo e regioni. Quindi, ci rendiamo conto che abbiamo presentato un emendamento sulle cure primarie che certamente ha scontentato i medici di medicina generale, ma era la condizione necessaria e indispensabile affinché i relatori potessero riformulare un nuovo testo, che io Pag. 38penso sia di comune soddisfazione. Lo ha ottimamente descritto l'onorevole Livia Turco e non mi soffermo.
L'idea che ci ha guidato è quella di dover irrobustire il sistema e perciò introdurre norme a tutela anche dei professionisti, perché sono un pilastro essenziale del sistema sanitario, nel momento in cui dobbiamo evitare le tentazioni cesariste, che sono molto diffuse e che sono così presenti nelle aziende. Si tratta di emendamenti che hanno riguardato: la necessità di essere più rigorosi nell'intramoenia; più equilibrio tra i diritti del paziente ed i diritti del medico, nel rischio clinico; nella dirigenza sanitaria più trasparenza negli incarichi da conferire e più rispetto delle norme contrattuali; nei livelli essenziali volevamo individuare alcune priorità, ma attribuiamo un grande valore al riconoscimento della dipendenza del gioco d'azzardo, che è un'innovazione introdotta dal Governo, oltre alla necessità di rivedere il nomenclatore tariffario per l'assistenza protesica.
Inoltre, a proposito dell'edilizia sanitaria, noi abbiamo attribuito grande importanza alla necessità di sveltire le operazioni per superare gli OPG, ma accanto a questo, la grande attenzione alla presenza di progetti terapeutici individuali per riabilitare il malato di mente, ospitato finora negli ospedali psichiatrici giudiziari.
Negli stili di vita abbiamo proposto nuove norme contro il consumo degli alcolici del minorenne e nuove norme sulla regolamentazione delle attività di prevenzione della dipendenza da gioco d'azzardo. Conseguenze tutte, queste, che devo dire erano già presenti nel documento del 2007 Guadagnare salute e che fanno uscire dall'oblio quell'importante documento. E così anche per le bevande fino ai farmaci (sui farmaci omeopatici abbiamo proposto di rimodulare i diritti da corrispondere per la registrazione).
In larga misura, insomma, sono emendamenti che sono stati accolti secondo uno spirito di larga condivisione, sul merito delle proposte, che ha caratterizzato i lavori della Commissione. Mi sento anch'io di ringraziare la presenza costante del Ministro e l'attività, intensissima, dei relatori.
Non altrettanto è accaduto sull'articolo 11 e la norma sui farmaci. L'articolo 11 - lo dico chiaramente - è stato «saccheggiato» e, da un punto di vista politico, manifesto tutta la contrarietà alla soppressione di norme che erano utili ai pazienti, oltre che funzionali alla sostenibilità del sistema.
Una - casuale? Non lo so - la maggioranza PdL, Lega, UdC - ha detto di no alla revisione del prontuario farmaceutico per poter togliere farmaci non più efficaci. Ha detto di no alla rinegoziazione del prezzo dei farmaci. Ha detto di no alla possibilità di usare un farmaco che costa meno della metà di un altro farmaco non registrato per quella determinata patologia, ma efficace sulla base delle evidenze scientifiche. Ha detto di no alla possibilità per la farmacia ospedaliera di sconfezionare i farmaci e predisporre per i pazienti dimessi la terapia che dovranno seguire a domicilio. Sono operazioni che comportano risparmi? Sì. Sono operazioni che mettono a rischio la salute dei cittadini? No.
È di tutta evidenza che i gruppi di pressione esterni, come ci ha ricordato l'onorevole Binetti, come ha confessato l'onorevole Binetti, qui in Aula, poco fa, hanno fatto breccia. Altrimenti cari colleghi, parliamoci chiaro, sarebbe stato soppresso solo il comma 3 dell'articolo 11, se davvero la preoccupazione, ancorché non sostenuta da valide argomentazioni, avesse riguardato la salute dei cittadini. Invece, è chiara la strumentalità dell'argomento che è stato usato, visto che le norme soppresse, il comma 1 ed il comma 4, in verità non reggono l'argomento della salute. Anzi, di cosa stiamo parlando, cari colleghi? Stiamo parlando di un fatto molto semplice: un farmaco può essere prescritto se è stato riconosciuto efficace e sicuro dall'Aifa, dopo la valutazione di studi clinici effettuati e il giudizio favorevole sui profili di rischio-beneficio, ciò a tutela del paziente. L'industria può rinunciare a chiedere l'autorizzazione per una data condizione Pag. 39clinica, quando dispone di un farmaco alternativo più remunerativo. E così solo il farmaco più costoso è prescrivibile dal medico. Ciò è vero anche quando i due farmaci sono prodotti da aziende diverse e ciò fa emergere possibili accordi collusivi a danno della collettività. Questo è il punto. Questo è il punto. Allora, qui diciamolo pure. Superficialità? Mancanza di coraggio? Mancanza di tenuta rispetto alle argomentazioni che venivano dall'esterno? Un po' tutte queste cose, ma non è sopportabile che due farmaci che possono essere utilizzati per la stessa patologia possano costare 200 euro per la terapia di un anno, oppure 14 mila euro per la stessa patologia, con le stesse evidenze scientifiche. Questo non è sopportabile. Allora, l'intervento del Governo era appropriato, era doveroso, secondo me, proprio perché non navighiamo nell'oro, nella sanità, e devo dire che è stato un errore cancellare quelle norme.
Del resto, ho sentito parlare di liberalizzazioni poco fa. È strano che queste stesse forze politiche che parlano di liberalizzare nella sanità privata - ed io non sono d'accordo a quelle condizioni - poi siano protezioniste quando sia tratta di proteggere alcune aziende farmaceutiche. La contraddizione mi sembra evidente.
Abbiamo rafforzato il sistema - dicevo - con i nostri emendamenti? Penso di sì. Aveva bisogno di questa ordinaria manutenzione? Credo proprio di sì. Ma innanzitutto credo che vadano affrontate tre questioni. In primo luogo, quella del rapporto tra livello centrale e regioni. Non dobbiamo essere sbrigativi su questo punto. Vedo troppa voglia di ritornare a modelli centralisti che hanno prodotto disavanzi mostruosi nel passato. Abbiamo memoria corta, cari colleghi, quando parliamo del ritorno a modelli centrali. Esiste troppa disomogeneità fra le regioni, e questo è vero, ma allora è necessario irrobustire i principi fondamentali, le attività di monitoraggio e di controllo e l'affiancamento alle regioni che non ce la fanno. Ma voglio guardare il decreto dal punto di vista del professionista e dei cittadini.
Cosa cambia per il professionista? Nuovo ruolo nella governance attraverso il collegio di direzione; più autonomia e responsabilità con le norme sul rischio clinico; più integrazione tra ospedale e territorio, e quindi più valore alla presa in carico globale del paziente per il medico di medicina generale, che esce finalmente dalla misera descrizione di uno mero prescrittore di prestazioni e di un esecutore del percorso terapeutico deciso dal collega specialista ospedaliero. E soprattutto la professione esce dalla tirannia delle interferenze improprie della politica. Viva il merito! Vedo che le regioni dicono che c'è poco merito? Forse hanno ragione, hanno spazi che sono praterie per fare leggi regionali che vadano oltre le norme che noi abbiamo approvato. Abbiamo dato un'indicazione che deve essere il merito e che orienta le scelte. Le regioni potranno, con le proprie leggi, andare oltre queste indicazioni e valorizzare ancor di più il merito, e quindi non vedo una critica in questo senso, semmai una sollecitazione, e io sarò contentissima di osservare tra sei mesi come le leggi regionali si saranno adeguate a questo decreto.
Gli incarichi conferiti in modo trasparente privilegino le competenze e non le appartenenze, e sia posto fine alla discrezionalità del direttore generale nell'uso del 15-septies che il decreto manda finalmente in soffitta. Al cittadino cosa diciamo con questo decreto? Consegniamo un sistema che è più capace di ieri di prendersi cura della persona malata con il riordino della medicina territoriale. Consegniamo un sistema sanitario che sceglie i professionisti sulla base del merito. Consegniamo un sistema che persegue il difficile obiettivo dell'appropriatezza, indebolendo - se è possibile - la medicina difensiva. E consegniamo un sistema che si fa carico di nuove patologie, con l'aggiornamento dei LEA, che interviene sugli stili di vita.
Non abbiamo fatto tutto? Certo, manca molto da fare. Non sono stati affrontati nodi, o lo sono stati in modo insufficiente, che meritano attenzione: l'entrata a regime dell'intramoenia; il capitolo della formazione e rapporto con l'università; Pag. 40l'integrazione socio sanitaria e la non autosufficienza; i nuovi LEA, più ampi di quelli che si prefigurano; gli investimenti indispensabili per la riorganizzazione degli ospedali, e quindi il tema delle risorse. Non è pensabile considerare il sistema sanitario come un settore che può costare meno al netto degli sprechi e della non appropriatezza. Ove ci sono sprechi lì ci sono liste di attesa più lunghe, più elevata spesa privata a carico dei cittadini. Ma al netto degli sprechi il sistema non può sopportare nuovi tagli. Già quelli ereditati dal Governo precedente, che si materializzeranno dal 2013, indeboliscono il sistema e mandano tutte le regioni in piano di rientro. Qui dobbiamo capirci, allora. Contratti bloccati, turnover bloccato in mezza Italia, zero investimenti in ammodernamento strutturale e tecnologico, diminuzione del fondo sanitario, costituiscono una miscela micidiale per far proseguire, per far avanzare il sistema sanitario. Questo comporta aumenti delle addizionali, nei ticket, e perciò fuga nel privato, nella spesa privata, accompagnata dalla percezione diffusa di dover pagare tre volte la sanità: una volta con le tasse, la seconda con i ticket, e la terza con le addizionali.
Ma quando il ticket è più caro della prestazione privata rischia di scattare l'obiezione fiscale ed allora lì davvero è un guaio. Lo sappiamo, noi lo sappiamo che nessuna assicurazione privata con 1.900 euro l'anno pro capite è in grado di garantire ciò che il sistema sanitario garantisce. Ma per ricreare un consenso più forte attorno al sistema sanitario è necessario che non sia indebolito con misure che passano anche attraverso l'evidenziazione dei costi reali dei servizi, e che perciò non produca la riduzione del fondo. Per capirci, è giusto ridurre la spesa ai prezzi di riferimento, ma non è coerente ridurre il fondo sanitario. Allora, con preoccupazione leggiamo le anticipazioni della legge di stabilità, ma oso sperare che nel testo ufficiale non se ne trovi traccia. Per noi la bussola che ci orienta è l'esigibilità del diritto alla salute previsto dall'articolo 32 della Costituzione, e i tagli generalmente lo mettono in discussione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Laura Molteni. Ne ha facoltà.

LAURA MOLTENI. Signor Presidente, questo decreto-legge in sostanza è un omnibus della sanità, un decreto che lascia parecchie perplessità soprattutto perché, con questo provvedimento, dovranno essere impegnate notevoli risorse finanziarie anche se è scritto che non vi sono maggiori oneri per la finanza pubblica. Mi chiedo come faranno quelle regioni virtuose a sopportare nuovi oneri, regioni che sinora sono state sottoposte ad una sistematica politica di tagli nella sanità, regioni che, poi, per far quadrare i bilanci - e i bilanci, in molte di queste, sono in pareggio - hanno dovuto applicare una politica di ticket per la quale grazie ai tagli della spesa sanitaria operati dal Governo sono state messe le mani nelle tasche dei cittadini.
Nel nostro Paese, a differenza di altri Paesi, il diritto alla salute è riconosciuto come tale dalla Costituzione, all'articolo 32, sulla base di un concetto universalistico. L'articolo 1 tratta, in sostanza, del riordino dell'assistenza territoriale e della mobilità del personale delle aziende sanitarie. In questo articolo, le regioni definiscono l'organizzazione dei servizi territoriali di assistenza primaria promuovendo l'integrazione con il sociale. Questo tipo di integrazione socio-assistenziale sembra una novità, ma non lo è perché quanto è esposto nell'articolato è già presente in parecchie realtà regionali e si realizza in modelli attivi di partecipazione che prevedono, ad esempio, la nomina, da parte dei comuni, di un consiglio di indirizzo, comune - ASL e di un tavolo di partecipazione del terzo settore attraverso il quale valorizzare, sulla base di un principio di sussidiarietà orizzontale, la collaborazione del sano associazionismo rivolto al volontariato con l'ente locale di riferimento. Dov'è, quindi, la novità di quanto introdotto? Pag. 41
Proseguendo, vengono previste, poi, aggregazioni funzionali territoriali nonché forme organizzative multiprofessionali denominate unità complesse di cure primarie. Nel merito, le regioni sono chiamate a disciplinare tali unità complesse privilegiando la costituzione di reti di poliambulatori territoriali aperti al pubblico per tutto l'arco della giornata - così è espresso nel decreto-legge - nonché nei giorni festivi e prefestivi con idonea turnazione e non h24, secondo gli annunci governativi sbandierati a mezzo stampa. Bene, si vuole ampliare l'offerta sanitaria, cosa che era già stata tentata nel passato. Ma come sarà possibile fare questo visto che, in diverse regioni, i tagli di bilancio hanno inciso enormemente fino a portare, ad esempio, alla chiusura e alla razionalizzazione di certe strutture ospedaliere piuttosto che di certi servizi territoriali? Credo che queste siano belle parole - manifesto che anche in passato, infatti, non hanno poi dato seguito a concretezze per mancanza di un dato fondamentale: i fondi.
Il testo prosegue poi illustrando il fatto che le regioni dovranno avvalersi di idonei sistemi informatici prevedendo procedure di trasmissione telematica delle ricette mediche. Ottima cosa, ma chi paga questi adeguamenti? Voglio ricordare che, fino ad oggi, i medici hanno utilizzato strumenti informatici propri. Chi paga? E poi proseguiamo sul governo delle attività cliniche. Ma cos'è il governo della attività cliniche? Parlare di governo delle attività cliniche significa porre in essere un programma e modalità di gestione e organizzazione in campo sanitario che consentano di migliorare la qualità e l'efficienza dell'attività medica operata a livello di dipartimento di una azienda sanitaria locale ospedaliera. Il governo delle attività cliniche deve garantire un modello organizzativo idoneo a rispondere efficacemente alle necessità di salute dei cittadini e alle esigenze dei professionisti del Servizio sanitario nazionale assicurando il miglioramento continuo nella qualità delle prestazioni secondo criteri di sicurezza, prevenzione, gestione dei rischi, tutela della riservatezza, corretta ed esclusiva informazione al paziente, così come espresso anche dalla Carta europea dei diritti del malato siglata a Bruxelles il 15 novembre del 2002, e nel rispetto dei principi di equità e di universalità nell'accesso ai servizi.
Credo che, quando si parla di aziende sanitarie e, quindi, di aziende, il valore di queste dipenda in gran parte, sia dal patrimonio di competenze sia dal patrimonio di qualità posseduto dalle persone. Credo che management e personale preparato, motivato e collaborativo siano elementi base del buon funzionamento di qualsiasi organizzazione. La riuscita della governance dipende dalla capacità di un'azienda di dotarsi di modelli organizzativi coerenti con la mission aziendale unendo le competenze del personale con il know-how aziendale, prevedendo un sistema efficace e organizzato a tutti i livelli.
Voglio inoltre significare che sono a favore del merito, della trasparenza, della valorizzazione delle competenze e delle professionalità dei singoli medici e di tutti coloro che sono impegnati nel campo medico. Però, come più volte già detto, dopo le modifiche intervenute all'articolo 117 del titolo V della Costituzione, nel 2001, alle regioni è stata demandata l'autonomia nella gestione e nell'organizzazione della sanità. Per questo, il compito dello Stato è oggi ricondotto ad esplicitare i principi fondamentali, mentre spetta alle regioni l'adozione di tutta la normativa di dettaglio. Ben due sentenze della Corte costituzionale hanno poi sottolineato che la materia della sanità, dopo la riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione, ricomprende sia la tutela della salute sia l'organizzazione sanitaria in senso stretto, nella quale le regioni possono adottare una disciplina anche sostitutiva di quella statale (sentenze n. 328 e 181 del 2006, n. 270 del 2005 e 510 del 2002), la quale organizzazione sanitaria inerisce ai metodi e alle prassi di razionale ed efficiente utilizzazione delle risorse umane, finanziarie e materiali, destinate a rendere possibile l'erogazione del servizio (questa è la sentenza n. 105 del 2007). Tant'è che in modo specifico la prima Commissione affari Pag. 42costituzionali ha ricordato più volte, sia nel corso della trattazione del governo clinico sia nel suo ultimo parere sul presente decreto, che molte delle disposizioni contenute nel testo intervengono in sostanza in modo inopportuno, nel dettaglio, sulle materie che regolano o sulla materia contrattualistica. Questo significa che con questo decreto si vanno ad invadere le competenze regionali.
Molte regioni e buona parte di quelle del nord hanno immediatamente messo in pratica la devoluzione di competenze assegnate loro dalle modifiche del titolo V della Costituzione, con risultati straordinari. Vi sono regioni del nord che sono un faro per i pazienti del Paese e un punto di riferimento europeo per i servizi e le prestazioni sanitarie erogate in termini di qualità, efficacia, efficienza, appropriatezza rispetto ai bisogni di salute del cittadino. Vi è invece una parte delle regioni italiane, soprattutto del Mezzogiorno, dove si registrano ancora oggi inefficienze organizzative, sprechi gestionali, inappropriatezza di spese riferite alle prestazioni sanitarie, supporti tecnologici carenti in seno alle strutture ospedaliere e una ramificata distribuzione della rete ospedaliera sul territorio che ancora oggi presenta un numero eccessivo di strutture inefficienti. L'esempio è dato anche dal caso dei troppi punti nascita, in cui si effettuano meno di 500 parti all'anno. E sarà un caso, ma laddove avviene la maggior parte dei casi di malasanità nel nostro Paese, vi è la massima presenza di strutture ospedaliere di dimensioni piccole e dotate di strutture obsolete o poco adeguate. In tutto il contesto nazionale, circa il 30-35 per cento del nostri ospedali è dotato di meno di cento posti letto, con costi che gravano sulle tasche dei cittadini, senza effetti positivi per le risposte alle esigenze di salute dei cittadini medesimi. Al contrario, le regioni virtuose sono quelle che hanno saputo sapientemente organizzare le proprie reti territoriali, andando a chiudere piccole strutture generatrici di problemi e inadeguate alla richiesta di salute territoriale espressa dai cittadini, investendo risorse e tecnologie nella costruzione o nel rafforzamento di grandi poli ospedalieri, in grado di gestire con efficacia e tempestività territori anche molto ampi, attuando politiche di interazione anche con i servizi assistenziali e sociali. Qui voglio ricordare quali sono i disavanzi al 2009: per la regione Calabria di 1.000 milioni di euro, per la regione Lazio di 1.600 milioni di euro, per la regione Campania di 1.000 milioni di euro e via via proseguendo. Quindi, sanità diverse a confronto: una sanità virtuosa ed una inefficiente. Oggi, grazie a questa legge di conversione, si vuole offrire un modello di sanità a tutto il Paese, entrando pesantemente in quelle che sono le competenze regionali nella gestione dell'organizzazione della sanità, dicendo in sostanza che non ce ne importa niente dei modelli gestionali e organizzativi delle regioni virtuose. E noi su questo siamo assolutamente contrari.
È come dire alle regioni virtuose, tramite quello che è il proponimento espresso nel disegno di legge di conversione del decreto-legge: «Avete lavorato bene fino ad oggi, avete un modello di gestione e di organizzazione efficiente ed efficace, a seguito dei tagli adottati dal Governo siete anche riuscite comunque a rimanere in pareggio di bilancio; bene, ora accantonate il vostro modello virtuoso di sanità che dà risposte ai cittadini di tutto il Paese - perché al nord arrivano i cittadini di tutto il Paese - e provate questo nuovo modello». Modello per il quale ho forti perplessità e mi riferisco a ciò che potrà essere introdotto in termini di esplosione dei costi e di sperimentazioni gestionali ed organizzative; un modello incerto in quanto introduce normative che entrano nel dettaglio andando a disciplinare la nomina dei direttori generali, l'introduzione di un collegio di direzione, la nomina dei capi dipartimento e quant'altro. Voglio ricordare ancora che sono a favore della meritocrazia, della professionalità, della competenza ma sono contraria alle ingerenze in quelle che sono le competenze regionali e al riguardo alcune regioni si stanno già muovendo. Sono infatti sul piede di guerra per impugnare il provvedimento. Voglio ricordare che, fino ad Pag. 43oggi, le nomine dei direttori generali sono avvenute tramite gli assessori delle regioni ai quali compete l'indirizzo politico, mentre ai direttori generali nominati spetta l'attuazione degli indirizzi in un rapporto fiduciario con gli assessori e la giunta. È chiaro che, quando fallisce il modello gestionale, è l'assessore a rimetterci la faccia di fronte ai cittadini. Ma sarà un caso che in alcune regioni questo sistema ha prodotto, invece, dei buoni modelli gestionali con dei risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Vi sono, infatti, regioni che, non solo offrono un altissimo livello di sanità in termini di prestazioni, ma sono anche in pareggio di bilancio da più di un decennio. Questo, per dire che non esiste solo una sanità malata per la quale, tra l'altro, la responsabilità penale è individuale, ma esiste il fatto di una mentalità diversa a seconda delle zone del Paese; una mentalità diversa che porta a disavanzi, sprechi, inefficienze e quant'altro nel Mezzogiorno, rispetto ad altre aree del Paese dove, invece, le prestazioni rese ai cittadini sono di grandissimo livello e di grandissima adeguatezza.
In molti casi il management è formato su livelli di responsabilità, basato sulle competenze, e lo troviamo nelle regioni che funzionano, richiedendo margini progressivi di capacità organizzative e gestionali delle risorse tecniche, professionali e cliniche. In altri casi, invece, il management è ancora legato ai livelli di potere, ingenerando situazioni che poi portano alla sfiducia nel sistema da parte dei cittadini, degli stessi medici e degli operatori sanitari. Ad oggi si può quindi desumere che non si tratta di crisi di competenza clinica ma semmai di crisi di competenza manageriale crisi di valori, di quei valori sani che hanno costruito il nostro Paese.
Viene, inoltre, introdotta l'istituzione di un collegio di direzione volto alla partecipazione di tutte le figure professionali presenti nell'azienda o nell'ente, disciplinandone le competenze e i criteri di funzionamento nonché le relazioni con gli altri organi aziendali, andando a concorrere al governo delle attività cliniche con il rischio, se andiamo a fondo della questione, di ingenerare una serie di ingessature del sistema di funzionamento delle aziende ospedaliere e di assumere quasi il ruolo di un piccolo «parlamentino parasindacale», magari finalizzato, perché il direttore generale non piace, a porre sotto scacco il direttore generale medesimo o di entrare nel merito di questioni attinenti la scelta dei capi dipartimento o di struttura; cosa pericolosissima. Dov'è che, qui, viene riconosciuto il merito, dov'è che vengono riconosciute capacità, competenze e quant'altro? L'istituzione di un collegio di direzione con questo tipo di poteri apre la strada a diversi problemi.
Tutto ciò al posto di valutare positivamente l'introduzione di una norma di cedevolezza come la Lega Nord ha più volte proposto - invece il Governo e i colleghi hanno voluto andare avanti - volta a garantire, da un lato, il buon funzionamento delle regioni virtuose che già sono dotate di un buon modello di governance clinica e, dall'altro, volta a permettere alle regioni inefficienti di avere un modello di riferimento tramite il quale operare fino alla produzione di un proprio modello di governance, legiferando appropriatamente nel merito. Un modello di governance che sia, ovviamente, efficiente.
A proposito di intramoenia, viene istituzionalizzata l'intramoenia allargata negli studi professionali privati. Più volte noi, come gruppo, abbiamo espresso riserve e perplessità perché la dizione intramoenia allargata era una formula che stava ad indicare un'attività professionale provvisoria, temporanea, in locali e strutture non di proprietà dell'azienda ma con le stesse regole, tariffe e perfettamente uguale all'attività intramuraria sino all'adeguamento delle strutture sanitarie interne o al recupero di spazi e di strutture facenti parte del patrimonio immobiliare ospedaliero; cosa per la quale alle regioni veniva destinato un apposito fondo per l'edilizia sanitaria.
Dal 1999 ad oggi ben poche regioni hanno fatto questo, disattendendo di fatto la norma, tant'è che ancora oggi l'intramoenia, in tanti casi, viene praticata negli Pag. 44studi professionali privati a seguito di deroga alla legge e alla normativa. Cosa succede? Praticamente, i medici portano nei loro studi professionali privati i pazienti che chiedono di usufruire delle prestazioni libero-professionali in regime di intramoenia, che il medico potrebbe invece svolgere nell'ospedale, lasciando una quota del loro emolumento all'ospedale. Però a me sembra talmente evidente - e qui ragiono da cittadino -, che il paziente, una volta entrato nello studio professionale privato, dica: ho fiducia nel medico, mi sento fidelizzato in un rapporto di fiducia medico-paziente, per cui, perché devo tornare in ospedale a fare la prenotazione di una visita successiva? Non posso andare direttamente nello studio privato? Inoltre, con tutti i carichi di tassazione legati alle pesanti manovre che gravano sulle tasche delle famiglie, il passo successivo, secondo voi, non sarà forse quello per cui il cittadino oggi dica: senta, dottore, per quanto riguarda l'IVA - che adesso verrà alzata anche di un punto -, per piacere, considerato che già non riesco ad arrivare a fine mese, che già ho il coniuge «esodato», che già ho perso il posto di lavoro, per favore niente fattura, lasciamo perdere. Da qui la questione dell'incentivazione all'evasione fiscale.
Si aprono, inoltre, alcuni interrogativi legati al fatto che in tante regioni, sino ad oggi, non vi sia ancora un CUP funzionante, il centro unico di prenotazione che funzioni e grazie al quale non vi dovrebbero essere più lunghissime liste di attesa. Il decreto-legge, invece di risolvere le anomalie, va ad istituzionalizzare un sistema che per anni è stato legato ad un sanità per molti casi malata, ovvero istituzionalizzare l'intramoenia negli studi professionali privati.
In merito all'età pensionabile, viene introdotto nel provvedimento la materia pensionistica, andando ad intervenire sul limite massimo di età per i medici dirigenti del Servizio sanitario nazionale e stabilendo che, al compimento del sessantasettesimo anno di età, su istanza dell'interessato e con l'assenso dell'azienda, tale limite possa essere elevato fino al settantesimo anno di età. Ci mancherebbe, chi direbbe «no» ad una Montalcini? Chi direbbe «no» ad un professionista di fama internazionale? Però bisogna calarsi anche nelle vesti di quel cittadino che viene operato da una persona di settant'anni senza che questa venga sottoposta alla visita di una commissione di medici del lavoro per poter verificare la sussistenza delle condizioni per le quali egli possa continuare, ad esempio, a svolge l'attività chirurgica in sala operatoria.
Altra stortura del decreto-legge è la norma secondo la quale, nelle regioni sottoposte ai piani di rientro dai disavanzi sanitari, nelle quali dovrebbe essere applicato automaticamente il blocco del turnover, tale blocco possa essere disapplicato, nel limite del 25 per cento e in correlazione alla necessità di garantire l'erogazione dei livelli minimi di assistenza, qualora i competenti tavoli tecnici di verifica dell'attuazione dei piani accertino, entro il 31 dicembre 2012, il raggiungimento, anche parziale, degli obiettivi previsti nei piani medesimi; si prevede inoltre che la spesa sostenuta per il personale assunto non possa essere superiore del 25 per cento di quella sostenuta per le spese di personale cessato dal servizio nell'anno precedente. Io dico che non ci si rende conto di come sia la situazione reale del Paese. Tant'è che vi sono regioni in cui l'esplosione della spesa sanitaria è legata anche all'eccessivo numero di persone assunte in anni precedenti. Ciò ha fatto sì, ad esempio, che alcune regioni quali quelle del Sud abbiano circa cinque, sei, sette, otto volte personale in più pro capite rispetto al personale, ad esempio, della regione Lombardia. Certo - e qui mi viene un pensiero -, ci avviciniamo alle elezioni, e parlare di posti di lavoro da assicurare ai propri concittadini sicuramente fa comodo. Questo comunque rientra in una logica della vecchia politica volta all'acquisizione del consenso e del voto. Una logica non al servizio degli interessi del Paese, ma degli interessi di pochi. Questo non va bene!
Quanto alle malattie rare, ci siamo prodigati perché le malattie rare venissero Pag. 45introdotte nei LEA (livelli essenziali di assistenza) da assicurare a tutti i cittadini del Paese. Siamo anche convinti della necessità di aggiornamento degli elenchi delle malattie rare. Si tratta di una misura importante per dare soddisfazione a tutti quei cittadini che, per veder soddisfatte le risposte ai propri bisogni di salute, devono mettere pesantemente mano al portafoglio troppo spesso.
Sul gioco d'azzardo siamo a favore di tutti gli interventi per contrastare il gioco d'azzardo e per intervenire con risposte di prevenzione e cura nella sindrome da gioco patologico e da vincite in denaro. Più volte ci siamo espressi a favore della costituzione di un fondo per la cura e la riabilitazione delle persone affette da ludopatia, attingendo dai proventi dei giochi medesimi.
Nel dibattito in Commissione ci siamo espressi anche a favore del divieto di vendita di bevande alcoliche ai minori, e quindi a favore della promozione di stili di vita sani.
Crediamo anche nella necessità di misure volte a contrastare la diffusione, come dicevo prima, del gioco d'azzardo e del fenomeno della sua dipendenza. Un altro punto importante è l'introduzione del 20 per cento di frutta nelle bevande. Ebbene, questo mi sembra un punto importante e che dia buone garanzie e buon soddisfacimento di quelli che sono i bisogni di salute per i cittadini.
Sport e medicina: crediamo che sia cosa utile l'impiego dei defibrillatori semiautomatici o altri dispositivi salvavita da parte di società sportive dilettantistiche, di scuole secondarie superiori e università dotate di impianti sportivi, nonché da parte di soggetti gestori di impianti ove si svolge una rilevante attività sportiva amatoriale, anche da parte dei non soci.
Sull'articolo 11 sui medicinali, abbiamo più volte ribadito la necessità, durante questi quattro anni e mezzo, di bloccare l'immissione nel nostro Paese di farmaci acquistati via Internet, sostenendo la necessità di controlli più cogenti anche sui principi attivi di provenienza da Paesi terzomondisti ed extra-UE, al fine di poter garantire la tutela della salute dei nostri cittadini. Ma di questo nel decreto non si parla.
Riteniamo importante sostenere che il medico, in scienza e coscienza, possa decidere quale medicinale prescrivere al proprio paziente, tenendo conto dell'effettiva efficacia ed appropriatezza del medicinale medesimo rispetto alle esigenze di salute e nel rispetto dell'individualità del singolo paziente, andando quindi ad esporre nella ricetta il nome del medicinale medesimo.
Abbiamo, altresì, fatto presente, a seguito delle audizioni che si sono svolte in Commissione, che buona parte delle industrie farmaceutiche, per le quali il 50 per cento sono collocate al Nord, si trova in una situazione di crisi: già ad oggi, hanno perso il lavoro circa 11 mila operatori del settore e, a breve, dopo tre decreti di taglio della spesa sanitaria, la spending review e i ritardi nei pagamenti da parte del Servizio sanitario nazionale che arrivano anche con tempi di 500, 600, 700 giorni, la situazione sarà molto grigia. In audizione ci è stato fatto presente che per il 2013 potranno essere messe in mobilità altre diecimila persone circa. Ma il Governo sotto questo aspetto come interviene? Non interviene.
Medicinali omeopatici: in tema di medicina omeopatica ricordo che circa 11 milioni di persone ne fanno uso e pertanto credo sia giunta l'ora che il nostro Paese si adegui ad altri Paesi europei, prevedendo ad esempio, anche per l'utilizzo di questi farmaci, una percentuale di detrazione fiscale nella dichiarazione dei redditi. Ma anche di questo nel decreto non si parla.
Razionalizzazione degli enti sanitari: ecco, invece, di cosa si parla nel decreto. Sotto la voce «razionalizzazione di taluni enti sanitari», al posto di trovare la soppressione di alcuni enti, troviamo che l'Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti e il contrasto delle malattie per la povertà viene trasformato in un ente con personalità giuridica di diritto pubblico, dotato di autonomia organizzativa, amministrativa e contabile e con il compito di promuovere Pag. 46attività di ricerca e assistenza per la salute delle popolazioni migranti e per contrastarne le relative malattie.
Questo ente vedrà impegnate le risorse dei cittadini per 5 milioni di euro fino al 2012, per 10 milioni di euro a partire dal 2013, nonché altri 10 milioni di euro annui mediante rimborsi di prestazioni erogate a carico del Servizio sanitario nazionale e la partecipazione a progetti di ricerca nazionali e internazionali.
Andando poi a leggere il dossier in modo più approfondito, si scopre che, alla fine, questo ente, con i suoi fondi, è legato al San Gallicano di Roma che, se non sbaglio, ha dei bei buchi di bilancio, quando nel Paese invece sono già presenti esempi positivi che trattano la stessa materia, quali ad esempio il centro per le malattie tropicali che è presso l'ospedale Sacco di Milano. Un insulto, questo, un ennesimo insulto a quelle regioni virtuose che sono oggetto di continui tagli da parte dello Stato in tema di sanità; regioni, queste, che sino ad oggi hanno garantito l'attuazione del principio sancito all'articolo 32 della Costituzione, accogliendo anche i cittadini provenienti da altre parti d'Italia e intervenendo concretamente nella risposta alle esigenze di salute legate alle patologie di importazione.
Un altro punto di riserva è quello legato alla responsabilità professionale medica nell'esercizio della professione sanitaria e ai diritti del cittadino nei casi di colpa lieve.
Invece, per quanto riguarda il tema della corruzione, di questo tema non si parla nel decreto-legge. Voglio ricordare che la Guardia di finanza ha accertato nel 2009 un aumento del 229 per cento dei reati di corruzione e del 153 per cento di quelli di concussione. Si tratta di cifre paurose che non sono esclusivamente imputabili al settore sanitario, ma per le quali anche la sanità ha certamente influito. Inoltre, correlate a queste, vi sono parecchie situazioni di buchi di bilancio e disavanzi. In merito, non trovo meccanismi cogenti di contrasto a questi fenomeni nella legge di conversione.
Ma non bastava dare applicazione alla legge delega n. 42 sul federalismo fiscale, approvata il 29 aprile 2009? Sì, perché in quella legge è previsto che gli amministratori che abbiano contribuito a creare, o abbiano causato buchi di bilancio e disavanzi, e qui non voglio elencare le cause (cattiva gestione, mala gestio, incapacità o altro), non potranno essere candidati nelle varie tornate elettorali in comuni, province, regioni e Parlamento, e nemmeno andare a far parte degli organi di gestione di enti pubblici, perché non potranno essere nominati nei consigli di amministrazione.
Infine, muovo un appunto. Questo decreto-legge è decontestualizzato rispetto al decreto applicativo dei costi standard, che è stato procrastinato da questo Governo al 2013. Ma con l'applicazione e l'introduzione dei costi standard non si andrebbero invece a eliminare quelle sacche di inefficienza, quelle sacche di malaffare, quelle sacche di spreco, che hanno portato oggi all'esplosione della spesa sanitaria? Bene, in questo decreto-legge non vi è alcun accenno di ciò.
Abbiamo presentato diversi emendamenti che riteniamo importanti, ad esempio un emendamento che introduce il concetto della norma cedevole, come vi dicevo prima, la quale si applica a quelle regioni che non hanno ancora un modello di governance, un modello di organizzazione e gestione della sanità o che non hanno legiferato in materia sostitutiva di quella statale. Ma per le regioni che invece funzionano, perché non applicare la norma cedevole? Perché non mantenere un modello funzionante, efficace e proprio, che è di riferimento per tutto il Paese e di riferimento europeo?
Poi abbiamo chiesto, attraverso gli emendamenti, l'introduzione del principio di customer satisfaction, per il quale ai cittadini deve essere assicurata, anche in forma anonima, la costante rilevazione del grado di soddisfazione e di eventuali criticità rispetto alle prestazioni sanitarie loro rese, e di questo deve essere tenuto conto quando si parla di governance della sanità.

Pag. 47

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Laura Molteni.

LAURA MOLTENI. Poi abbiamo introdotto due emendamenti che riguardano uno lo psicologo di base e l'altro i contrattisti medici, e una serie di altri emendamenti che vanno a migliorare la sanità, che deve essere una sanità al servizio degli interessi di una collettività e non degli interessi di pochi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Palagiano. Ne ha facoltà.

ANTONIO PALAGIANO. Signor Presidente, onorevole Ministro, colleghi, credo che quando si ha il privilegio di avere un incarico istituzionale, specie se di tipo elettivo come quello di un parlamentare, si dovrebbero recepire le esigenze dei cittadini, le richieste dei cittadini e fare un po' come se loro fossero qui, in Parlamento, a dire: ci serve questo, non vogliamo quell'altro.
Questo è lo spirito che dovrebbe guidare il legislatore.
Oggi il Ministro Balduzzi ha fortemente voluto questo decreto-legge, che, secondo quanto recita il titolo, deve promuovere un più alto livello di tutela della salute. Allora, il Ministro Balduzzi avrebbe dovuto chiedersi che cos'è che non va nella sanità italiana. Forse lo sappiamo un po' tutti, ma i cittadini, sicuramente attenti a far quadrare i conti, hanno a cuore la qualità della salute d'Italia e, quindi, sentono il problema dell'eterogeneità delle prestazioni. Come hanno già rilevato alcuni colleghi, la sanità non è uguale da Catania a Bolzano, esistono 20 modelli di sanità.
Il cittadino viene assistito in base alla fortuna, in base cioè a dove è nato. Se è nato in una regione virtuosa, viene servito e curato bene. Se, purtroppo, nasce in una regione nella quale la sanità è male organizzata, purtroppo deve emigrare, se ha questa capacità. Quindi, vi è una disomogeneità sul territorio, probabilmente dovuta ai vincoli che tutta la Commissione ha incontrato (il ministro in primis) nella Conferenza Stato-regioni e, quindi, riguardo alla modifica del Titolo V della Costituzione, che, in qualche modo, lega le mani al Parlamento. Ma sicuramente una sanità disomogenea, oltre ad essere incostituzionale, perché viola l'articolo 32 della Costituzione, signor Ministro, è fortemente immorale. Quindi, bisognava andare in questa direzione.
Un altro punto che credo stia a cuore agli italiani è quello di spezzare l'anello perverso che lega la sanità alla politica. Ho sentito in discussione sulle linee generali tutto e il contrario di tutto: ad esempio colleghi che sostengono il Governo, appartenenti a forze politiche che si sono poste in una posizione di «deaziendalizzazione», quindi contro il direttore generale che, di fatto, resta il deus dell'azienda sanitaria, colui che tutto può e decide, perfino chi vince nei concorsi per dirigenti di struttura complessa e per primario, potendo scegliere in una terna, operando anche una scelta diversa da quella basata su una graduatoria, su quello che viene definito il punteggio nella legge. Quindi, vengono affidate ancora grande autonomia e discrezionalità a questa figura politica che, nominata dalla politica, risponde soltanto alla parte politica che lo ha nominato.
Sicuramente c'è il problema degli sprechi, delle ruberie, della mala gestio. C'è il problema dell'aggiornamento dei LEA molto sentito dagli italiani. Si dice: «Aggiorniamo i livelli essenziali di assistenza». Li abbiamo aggiornati in una maniera piuttosto singolare: per compensazione, tagliando alcuni e mettendo gli altri, escludendo alcune patologie e inserendone altre. Avevamo proposto al Ministro di intervenire andando a verificare che venissero applicati i LEA, non soltanto che i LEA fossero aggiornati. Era doveroso: è dall'inizio della legislatura che sento parlare di aggiornamento dei LEA. Finalmente arriva lei, aggiorna i LEA, ma non ne garantisce l'applicazione.
Le ricordo che già adesso in Calabria (parlo della Calabria per dire di una regione che non eccelle per virtuosità in campo sanitario, e dove c'è un grandissimo Pag. 48esodo di circa 60.000 cittadini in altre regioni del Nord) purtroppo si notano i disservizi della sanità italiana e i LEA evidentemente non vengono garantiti. Avremmo voluto che ci fosse un impegno maggiore in proposito.
Agli italiani sicuramente sta a cuore l'aggiornamento del nomenclatore tariffario di ausili e protesi, che - lo ricordo - come recita la legge, deve essere aggiornato periodicamente, al massimo ogni tre anni. È fermo al 1999. All'interno ci sono degli ausili che risalgono agli inizi degli anni '90. Avevamo la buona occasione di rinnovarlo in questo dispositivo. È stato rimandato a maggio, quando probabilmente lei non sarà più Ministro. Mi auguro di non tirarle i piedi, ma verosimilmente i quattro quinti di quest'Aula forse non sarà in Parlamento, il Governo sarà probabilmente diverso, non lo so, ma sicuramente non è stata data la disposizione: «Facciamolo noi, visto che oggi contiamo qualcosa e visto che oggi abbiamo la possibilità di farlo». Quindi, «sì» all'aggiornamento, però dopo, esattamente come è stato fatto fino ad ora.
Credo che bisognasse intervenire sull'accesso gratuito, specialmente per le fasce sociali più deboli, per gli operai, per quelli che non arrivano a 2 mila euro al mese, al sistema della diagnosi e della terapia. Oggi per un cittadino italiano sottoporsi a una serie di indagini di laboratorio significa dover metter fuori dalla tasca almeno 200-300 euro. Avremmo voluto che questi ticket, che continuano a crescere a dismisura anche nelle regioni che non hanno disavanzo - ma che li utilizzano per poter portare avanti l'equilibrio di bilancio - fossero, in qualche maniera, rivisitati.
Inoltre, avremmo voluto una maggiore sensibilità nei confronti delle malattie rare. Tutti ricorderanno che in quest'Aula abbiamo votato, all'unanimità, una mozione che si impegnava per i farmaci orfani, quei farmaci su cui si fa poca ricerca e sviluppo da parte delle multinazionali del farmaco, perché si tratta di soggetti, in genere bambini, che sono affetti da malattie rare, che hanno un'incidenza inferiore o uguale a cinque su 10 mila. In realtà, l'incidenza è molto più rara (1 su 100 mila, almeno nella maggior parte dei casi). Volevamo che l'Italia fosse un Paese che si distinguesse per sensibilità e solidarietà. Volevamo creare un'oasi felice, in cui poter venire a fare ricerca a favore di questi bambini, il più delle volte, affetti da malattie rare. Era un impegno del Governo. Comprendo le situazioni di bilancio, ma questa era l'occasione buona per dimostrare effettivamente che in Italia si è sensibili a certe patologie ma, purtroppo, anche questo non si è verificato.
Credo che tutta una serie di misure - non voglio andare oltre nell'elencare quello che gli italiani avrebbero desiderato - si sarebbero potute fare nel suo provvedimento. Ma, il problema qual è? I problemi sono due. Il primo è quello che, purtroppo, lei non ha potuto stanziare un euro. Poi, per ironia della sorte, nel momento in cui la XII Commissione (Affari sociali) licenzia il testo del disegno di legge, contemporaneamente lo stesso giorno - anzi, la stessa notte - il Consiglio dei Ministri che cosa fa? Anziché finanziarlo taglia un ulteriore miliardo di euro al comparto sanitario. Quindi, è difficile migliorare la qualità della sanità quando poi non si dispone di un quattrino.
Così siamo rimasti piuttosto perplessi per quelli che erano un po' tutti gli articoli che, le ricordo, sono stati un po', come dire, assaltati da una serie di emendamenti che hanno interessato anche i partiti che sostengono il Governo Monti. Vi sono stati 725 emendamenti, di cui 414 presentati dai partiti che sostengono il Governo Monti. Credo, quindi, che la criticità del provvedimento sia un po' sotto gli occhi di tutti. Poi, alcuni emendamenti sono stati dichiarati inammissibili (una novantina circa), mentre altri sono stati riproposti dal Presidente della Camera per, in un certo senso, una serie di riconsiderazioni che, però, magari valuteremo un'altra volta.
Sicuramente, ho sentito anche nella discussione sulle linee generali, appunto, una serie di contraddizioni, come quella, che prima faceva presente l'onorevole Pag. 49Miotto, sull'aggiornamento del prontuario farmaceutico. Sottoscriverei quello che lei ha detto che, però, è stato stranamente stralciato per un voto del partito del Popolo della Libertà, dell'UDC e anche della Lega. Questo, ovviamente, mi ha molto rammaricato, in quanto non sarà più possibile fare questo aggiornamento, che comportava togliere farmaci che oramai sono obsoleti, e sostituirli con farmaci migliori, nonché valutare e rivalutare il prezzo e il costo dei farmaci, perché magari sono troppo vecchi. Insomma, vi sarebbe stata una forma di economia e di aggiornamento ma, purtroppo, questo tema è stato tolto, così come anche il discorso degli off label. Quindi, vi sono state, evidentemente, anche delle pressioni che, in questo momento, così difficile per il nostro Paese, e in cui anche la sanità, in un certo senso, non si distingue per particolari meriti, avrebbero dovuto essere accantonate per pensare soltanto agli interessi del Paese, considerando sì il bilancio, ma soprattutto la salute dei cittadini.
Quindi, venendo agli articoli, non voglio fare una disamina, come ha fatto l'onorevole Laura Molteni che mi preceduto, su tutti gli argomenti. Vorrei soltanto esaminare quelli che hanno avuto una maggiore criticità e che mi hanno soddisfatto un po' meno. Il primo sicuramente è quello relativo alla presenza dei poliambulatori h24, che possono essere visti favorevolmente dai cittadini perché - ci mancherebbe altro - se vi è un ambulatorio in cui si può essere curati per tutta la giornata, anche il sabato e la domenica, ben venga.
Ovviamente, ciò deve essere fatto entro i limiti delle disponibilità delle singole regioni, e poiché il testo recita che questi ambulatori devono essere dotati di strumentazioni di base ed essere in collegamento telematico, immagino che debbano garantire servizi essenziali, come la spirometria, l'elettrocardiogramma e l'ecografia. Insomma, dovrebbero un po' sostituire i pronto soccorso, decongestionare cioè i nostri pronto soccorso perché il cittadino - quando ha un lieve malore - non dovrebbe andare direttamente in ospedale. Questo immagino che sia lo spirito della disciplina, ma poi ho pensato che già esistono delle case della salute, per esempio in Toscana e in altre parti d'Italia, e pertanto non c'era bisogno del decreto-legge «Balduzzi» per attivare queste realtà che, laddove possono essere attivate, sono già state previste dalle regioni.
Cosa accadrà? Accadrà che le regioni meno virtuose, o quelle che avranno dei piani di rientro, potranno destinare pochi soldi per attrezzare dei poliambulatori, che sulla carta vanno benissimo, ma che, di fatto, avranno delle difficoltà a sorgere e quindi a garantire l'assistenza al cittadino nelle ore diurne ed in quelle notturne.
Sicuramente, il discorso dell'implementazione della medicina territoriale era auspicabile anche per decongestionare gli ospedali in assoluto e anche in previsione dei tagli di posti letto che, attraverso la spending review, devono essere effettuati entro il mese di novembre di quest'anno: si tratta del 3,7 per mille - ricordo che l'Europa ha una media del 5,5 per mille e quindi siamo ben al di sotto della media europea. Ricordo il pronto soccorso del Cardarelli: c'è una media di circa 200 persone che restano lì, in quel salone di attesa, sulla barella e, per togliere la gente dalla barella, ci sono due possibilità: o si fa un filtro territoriale come si deve, o si aumentano i posti letto. Noi, invece, facciamo un filtro quasi facoltativo e abbiamo un numero di posti letto che scende. Quindi, credo che questo non risolverà il problema, ma è auspicio degli italiani quello di poter essere assistiti h24, come prevede il suo decreto-legge.
L'articolo 2 interviene sull'attività libero professionale dei medici: non mi voglio dilungare, ma sicuramente sono state poste in essere delle restrizioni, che prevedono comunque l'esercizio della professione in ambulatori sotto controllo, quindi in rete, con tracciabilità dei pagamenti, e sono stati recepiti anche degli emendamenti del gruppo dell'Italia dei Valori, che prevedevano l'accesso anche durante le ore notturne, in caso di emergenza. Tuttavia, non ci convince quel 5 per cento, che sarà ulteriormente prelevato ai Pag. 50medici per contribuire ad un fondo che serve per accorciare le liste di attesa, perché queste sono realtà territoriali: possono essere diverse da una regione all'altra e, quindi, non si capisce l'automatismo, ossia come il contributo del 5 per cento possa risolvere il problema. Avremmo preferito che quel 5 per cento fosse la quota di partecipazione a quel fondo, anche previsto dal suo decreto-legge, in cui i medici, in qualche maniera, si sentirebbero più protetti per combattere la medicina difensiva.
Ma una criticità, a mio avviso - e, a tal proposito, la prego di prestare una particolare attenzione - è quella sulla responsabilità professionale. Secondo il testo - leggo quello che riporta - «chi esercita una professione sanitaria, attenendosi alle linee guida, non risponde penalmente per colpa lieve». È stato introdotto il discorso del «danno senza colpa», di quella che viene definita la medicina riparativa, in virtù della quale il chirurgo - che magari ha a suo favore una grandissima casistica positiva - che, alla fine della sua carriera, causa un incidente, che deve essere lieve, alla fine, non ne risponde.
Le perplessità sono tante: innanzitutto, è stravagante che si parli di colpa lieve in campo penale e non in campo civile. Poi mi chiedo chi sarà a determinare l'entità della colpa, cioè se si tratta di colpa grave o di colpa lieve: probabilmente il perito ed il consulente tecnico d'ufficio; avevamo proposto di lasciare ai magistrati l'ampia discrezionalità di poter chiamare anche un luminare, un professore ordinario, che magari non è iscritto negli albi regionali, ma che sicuramente ha un'esperienza conclamata e comprovata.
Invece, adesso, se questo testo verrà approvato, potranno soltanto scegliere fra gli specialisti in quella materia che sono iscritti all'albo. Le ricordo che molto spesso è il giovane medico appena laureato o appena specializzato, che non ha ancora un impiego, che si va a iscrivere. Sicuramente ci sono tante persone preparate, ma vi sono anche giovani che non potranno poi decidere, per una insufficiente esperienza, se si tratta di colpa lieve o colpa grave.
Allora, chiedo chi stabilirà se si tratta di colpa lieve o di colpa grave. Poi, un medico che, magari, ha seguito pedissequamente le linee guida che sono state adottate dalla comunità scientifica, perché questo è il punto della situazione, e, magari, si è macchiato di negligenza e imprudenza, non avrà colpa? Si rischia, cioè, di non garantire la tutela penale, in questi casi. Credo, insomma, che l'obiettivo che lei si era prefissato attraverso l'introduzione di questa normativa fosse un po' quello di rendere il medico più sereno e più libero, per evitare la «medicina difensiva», che è quella che attanaglia la sanità italiana, che è responsabile del 62 per cento dei tagli cesarei in Campania, che fa spendere quattrini. Dai dati del Ministero - mi pare che non vi sia una fonte più autorevole - sarebbero circa 12 miliardi di euro i soldi che vanno via con la «medicina difensiva». Credo che l'obiettivo non sia stato raggiunto. Proprio dai dati della Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali emerge che il 98,8 per cento dei casi di lesioni colpose viene archiviato e dall'indagine conoscitiva che fu fatta dal mio predecessore, l'onorevole Leoluca Orlando, si ricava che su 357 casi censiti, sempre di lesioni colpose, soltanto due sono state le condanne che sono state registrate.
Insomma, l'articolo è un po' nebuloso e andrebbe rivisitato; credo che abbia anche dei profili di incostituzionalità e non mi convince perfettamente. Per quanto riguarda l'articolo 4, sul governo delle attività cliniche, le ricordo che vi abbiamo lavorato tantissimo dall'inizio della legislatura, in Commissione, dal 2008, dopodiché è stato in qualche maniera incluso e vi è qualcosa che ancora non ci convince. Avremmo preferito, sicuramente, una rivisitazione del ruolo del direttore generale, soprattutto attraverso una sua maggiore responsabilità. In merito a chi è stato responsabile del dissesto finanziario nelle varie regioni d'Italia - ricordo che otto Pag. 51regioni d'Italia sono responsabili dell'80 per cento del disavanzo totale del nostro Paese -, questi politici non hanno mai risposto personalmente di quello che hanno causato.
E mi stupisce che sia passato un emendamento, votato da tutti i partiti che sostengono il Governo, che toglie ogni limite di età per i direttori generali. Non solo ce li teniamo, non solo evitiamo il ricambio generazionale, non solo non li facciamo pagare per quello che hanno fatto, ma, addirittura, consentiamo loro di restare su quella poltrona dorata, con uno stipendio d'oro, magari con una pensione d'oro, fino a 80 o 90 anni. Questo, signor Ministro, ha dell'incredibile e i cittadini italiani non potranno mai comprendere che si tengano in servizio, in posizioni apicali, dei personaggi che spesso - non sempre, ma spesso - hanno causato il danno economico del nostro Paese.
Così come il discorso sulle nomine dei primari. Ho parlato prima della discrezionalità di questa terna e della facoltà che ha il direttore generale, che risponde alla parte politica che lo ha nominato, di poter decidere sul primario e su chi sarà nominato vincitore, al di là del punteggio. Oltre a questa anomalia, a questa grande discrezionalità, avremmo preferito, per esempio, che le regioni adottassero lo stesso metodo, lo stesso metro: quanto vale una pubblicazione impattata, quanto vale una citazione su una pubblicazione, quanto vale il volume di lavoro che hanno svolto fino a quel momento. Purtroppo, non è così. Ogni regione valuterà autonomamente i titoli, per cui un primario che, magari, è idoneo in Basilicata non lo sarà in Lombardia o viceversa. Credo che questo sia sicuramente frutto della mala politica e lascia ancora discrezionalità alla commissione, che, per quanto verrà sorteggiata, e questo è un punto in avanti, avrà il profilo del medico che sarà dato dall'azienda alla commissione stessa. Questo profilo, quindi, potrà essere ritagliato su misura per il candidato vincitore. Vi erano, insomma, degli interventi da fare per garantire che il merito venisse fuori. Il merito si può misurare, come un chilo di zucchero, come un chilo di farina, come un litro di latte.
Ci voleva soltanto la volontà per poter stabilire effettivamente chi fosse il migliore.
Dare il primariato al medico bravo credo sia un dovere per tutto il Parlamento, per il Governo, perché conviene, perché il paziente viene sicuramente curato con maggiore appropriatezza, perché il medico bravo sbaglia di meno e, quindi, vi sono meno recidive, meno reinterventi, meno complicanze, si spende di meno e si vive di più, ma neanche questo è stato fatto.
Che cosa dire sulla ludopatia? Sulla ludopatia lei ha dovuto fare marcia indietro, lo deve ammettere. Prima, mi ricordo il testo originale, era un testo sicuramente più interessante, perché prevedeva i vincoli di 500 metri prima, poi sono diventati 200 metri, prevedeva la retroattività. Adesso non vi è più niente di questo, si parla di divieto di pubblicità per le trasmissioni rivolte ai minori, come se vi fossero delle barriere, come se vi fossero dei muri. Invece tutti sanno che la pubblicità è qualcosa che interessa la televisione, ma non soltanto, anche i siti Internet, a tutte le ore del giorno. Come se non fosse vero, fra l'altro, che le persone anziane, i pensionati, spendono di più durante il giorno in cui ritirano la pensione per acquistare queste maledette lotterie che vengono proposte e riproposte in un Stato schizofrenico che, da un lato, incentiva, attraverso la pubblicità, le lotterie e il gioco d'azzardo e, dall'altro lato, inserisce nei LEA le stesse patologie che egli stesso ha generato. Un articolo che non ci piace, quello che riguarda la ludopatia, anche perché recita una frase molto grave che, in pratica, lo Stato deve contenere le pubblicità, ma deve anche, appunto, tenere conto di quelle che sono le entrate. Quindi, fanno comodo sicuramente le entrate del gioco d'azzardo e quindi, tutto sommato, un po' di pubblicità è bene che la facciano.
Io non voglio continuare su ogni articolo, Ministro. Ho considerato un poco quelli che erano gli articoli un po' più Pag. 52cruciali, quelli che meriterebbero un'ulteriore «apertura» da parte del Governo. Noi, che siamo sempre stati presenti anche in Commissione con un contributo migliorativo di tipo emendativo - di cui devo riconoscere lei è stato sicuramente molto gentile nell'accoglimento, sono stati accolti più di 20 emendamenti dell'Italia dei Valori - faremo la nostra parte anche in Aula, se ci sarà consentito. Per cui io auspico che non verrà chiesta la fiducia e di poter dare un ulteriore contributo per poter migliorare un testo che, attualmente, per quanto possa essere un testo apparentemente innovativo, poco può fare per la mancanza di fondi (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo - A.C. 5440-A)

PRESIDENTE. Prendo atto che i relatori non intendono replicare.

GIUSEPPE PALUMBO, Presidente della XII Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE PALUMBO, Presidente della XII Commissione. Signor Presidente, Ministro, non voglio toglierle la parola, voglio solo ringraziare tutti per gli interventi che sono, evidentemente, stati molto precisi e che hanno richiamato il grande lavoro fatto dalla Commissione, da tutti i componenti, dal Ministro in prima persona, che ha fatto parte integralmente della Commissione.
Ho visto che sono stati presentati oltre 350 emendamenti in Aula. Ecco, avevamo sperato che non fossero tanti. Ministro, lei lo sa quale era l'ultima richiesta che avevo fatto in Commissione. Tuttavia, ritengo che, anche nel caso - siccome me lo hanno chiesto in moltissimi - dovesse ricorrere, per forza di cose, ad un voto di fiducia, sono sicuro che il Ministro terrà conto di tutto quello che la Commissione, unanimemente - non di tutto il decreto, ma del 90 per cento del decreto - ha approvato (Applausi).

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

RENATO BALDUZZI, Ministro della salute. Signor Presidente, intervengo brevemente.
Volevo chiedere alla cortesia del Presidente la possibilità di intervenire anche domani nel corso della discussione sugli emendamenti, anche per ritornare su alcune delle tante cose dette nella discussione sulle linee generali.
Quindi mi limiterei ad alcune considerazioni solo di metodo, partendo naturalmente da un ringraziamento, anche per quanto mi riguarda, per il lavoro proficuo. Il ringraziamento va naturalmente al presidente della Commissione, ai due relatori, ai componenti della Commissione e - anche da parte mia con una sottolineatura - per il lavoro fatto dagli uffici.
Quattro osservazioni di metodo, la prima a conferma del carattere «unitivo» del Servizio sanitario nazionale. C'è stata una concordia complessiva dei due relatori e la sostanziale adesione, su molti punti, dell'intera Commissione. Su un solo punto, peraltro di grande importanza, si è registrato appunto un affievolimento di tale concordia ed è stato già messo in rilievo nella discussione.
Seconda considerazione. Volevo sottolineare un altro elemento, cioè l'attenzione nei confronti del lavoro svolto dalla Camera, e in particolare dalla Commissione XII, che il Governo ha avuto nel redigere il testo del decreto-legge. Su alcuni punti - governo clinico, ludopatia, intramoenia e sperimentazione clinica - questa attenzione si è tradotta nel recepimento non pedissequo, ma attento dei punti d'arrivo, talvolta annosi, della discussione parlamentare. Su altri - i LEA, la sicurezza alimentare e il tabagismo - l'attenzione si è estesa ad atti di indirizzo della Camera, in particolare ad alcuni di quegli ordini Pag. 53del giorno che erano stati presentati in occasione della discussione sia sul decreto-legge sulle liberalizzazioni sia sulla parte sanitaria della spending review.
Terza considerazione. Per onestà di rappresentazione, il notevole numero di emendamenti approvati in Commissione, approvati nella stragrande maggioranza con il consenso attivo del Governo. Non nascondo che su alcuni articoli la Commissione ha valutato a maggioranza, nonostante la non adesione del Governo - che in qualche caso si è rimesso alla Commissione e all'Aula - oppure, in qualche limitato caso, anche nonostante la contrarietà del Governo. Ma questo mi pare che appartenga alla fisiologia della discussione democratica.
Infine segnalo anche la notevole collaborazione delle altre Commissioni permanenti e del Comitato per la legislazione. Credo che può essere confortante, anche come segnale di un'attenzione culturale e politica ai temi sanitari. C'è stato e c'è ancora un importante programma europeo: «salute in tutte le politiche», health in all politics. Credo che quest'attenzione possa essere preparatoria ad un rinnovato impegno in questa direzione.
Mi riservo per il resto, di intervenire domani.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Organizzazione dei tempi di discussione dei disegni di legge di ratifica (ore 19,20).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione dei progetti di legge di ratifica nn. 5434-A, 5446-A, 5417, 5418, 5420, 5421 e 5422.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati all'esame dei progetti di legge di ratifica all'ordine del giorno è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 12 ottobre 2012.

Discussione del disegno di legge: Adesione della Repubblica italiana alla Convenzione delle Nazioni Unite sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni, fatta a New York il 2 dicembre 2004, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno (A. C. 5434-A) (ore 19,21).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge di ratifica: Adesione della Repubblica italiana alla Convenzione delle Nazioni Unite sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni, fatta a New York il 2 dicembre 2004, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 5434-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il vicepresidente della Commissione affari esteri, onorevole Narducci, ha facoltà di svolgere la relazione in sostituzione del relatore.

FRANCO NARDUCCI, Vicepresidente della III Commissione. Signor Presidente, abbiamo molte ratifiche da discutere ed approvare e per quanto concerne la Convenzione delle Nazioni Unite sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni, fatta a New York, come lei ha ricordato, chiedo che la Presidenza autorizzi - con la sua autorizzazione, con quella del relatore e del Presidente della III Commissione (Affari esteri) - la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Narducci, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti. Pag. 54
Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

STAFFAN de MISTURA, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, intervengo solo per dire, dato che conosco il testo - o meglio ho l'impressione di conoscere il testo -, che il Governo lo sostiene fortemente. È una ratifica urgente ed importante per il Governo.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, l'Italia non possiede, al pari di molti altri Stati e a differenza degli Stati Uniti d'America, della Gran Bretagna, dell'Australia, del Canada, del Pakistan, di Singapore e del Sudafrica, una legislazione interna specifica sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni. Questo è l'incipit dell'ampia relazione introduttiva del disegno di legge governativo al nostro esame e noi lo sappiamo bene, verrebbe da dire, visto che già nel maggio 2010 avevamo affrontato questo argomento, stigmatizzando in quella occasione il ritardo nel recepimento della Convenzione con la presentazione di vari ordini del giorno, che impegnavano il Governo a farlo nel più breve tempo possibile.
Finalmente oggi siamo alla ratifica di questa Convenzione, del 2004, che consente quindi di ridurre notevolmente i margini di ambiguità interpretativa connaturati alla dimensione del diritto internazionale generale, consentendo un più certo quadro di riferimento, essenziale anche in considerazione del sempre maggior coinvolgimento degli Stati e degli enti di diritto pubblico in attività commerciali di tipo privatistico. Dunque, il provvedimento che ci accingiamo a ratificare riveste una considerevole importanza, sia sotto il profilo istituzionale che sul piano internazionale, con evidenti ricadute positive sulle aspettative di quanti attendono di porre rimedio a situazioni insostenibili. Posso quindi preannunciare il voto favorevole del gruppo dell'Italia dei Valori sul disegno di legge in oggetto (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pianetta. Ne ha facoltà.

ENRICO PIANETTA. Signor Presidente, voglio soltanto aggiungere una brevissima considerazione per dire che l'adesione alla Convenzione di New York contribuisce alla certezza dei rapporti giuridici, consentendo di disporre di criteri univoci volti ad orientare la giurisprudenza. Infatti, se sotto molteplici profili la Convenzione è largamente riproduttiva del diritto internazionale consuetudinario, su taluni delicati aspetti la Convenzione potrà costituire la base per una regolamentazione organica della materia nei settori nei quali la giurisprudenza non ha ancora espresso soluzioni consolidate.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Pianetta, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Allasia. Ne ha facoltà.

STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Allasia, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 5434-A)

PRESIDENTE. Prendo atto che il presidente della III Commissione ed il rappresentante del Governo non intendono replicare.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Pag. 55

Discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Bureau International des Expositions sulle misure necessarie per facilitare la partecipazione all'Esposizione Universale di Milano del 2015, fatto a Roma l'11 luglio 2012 (A.C. 5446-A) (ore 19,30).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Bureau International des Expositions sulle misure necessarie per facilitare la partecipazione all'Esposizione Universale di Milano del 2015, fatto a Roma l'11 luglio 2012.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 5446-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Ha facoltà di parlare, in sostituzione del relatore, l'onorevole Narducci, vicepresidente della III Commissione (Affari esteri).

FRANCO NARDUCCI, Vicepresidente della III Commissione. Signor Presidente, in Commissione affari esteri abbiamo analizzato ampiamente questo Accordo e ci siamo confrontati con il Governo. Sappiamo, come tutte le forze politiche del Parlamento, che occorre una rapida approvazione del provvedimento, proprio per sottolineare l'impegno del Parlamento italiano a contribuire alla migliore riuscita dell'evento milanese che veramente mette l'Italia al centro del mondo e in questa occasione diventerà una vetrina ed è quindi importante per la promozione complessiva della nostra economia.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Narducci, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

STAFFAN de MISTURA, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, non ho molto da aggiungere, anzi, quasi nulla. Per il Governo, per Milano, per l'Italia, questo è molto importante e anzi è anche urgente.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Piffari. Ne ha facoltà.

SERGIO MICHELE PIFFARI. Signor Presidente, stiamo ratificando un Trattato internazionale che, come hanno già evidenziato il rappresentante del Governo e i precedenti interventi, è importante per Milano, per la Lombardia e per il mondo stesso. Tra l'altro, è una di quelle ratifiche internazionali che si fanno in corso d'opera, quindi si può dire che stiamo «martellando il ferro caldo».
L'Ufficio (Bureau) internazionale delle esposizioni, il BIE, è un'organizzazione intergovernativa, gestisce le esposizioni universali internazionali (le Expo) ed è stata creata nel 1928 tramite la Convenzione di Parigi, divenendo effettiva a partire dal 1931. Inizialmente il BIE aveva solo compiti amministrativi legati all'organizzazione delle esposizioni internazionali. Con il tempo però il suo ruolo si è evoluto in quello di ente a supporto amministrativo, ma è anche in grado di offrire esperienze professionali nelle materie soggetto delle esposizioni universali, partecipare attivamente alla promozione delle stesse, garantendone la qualità, regolare la frequenza delle esposizioni e la loro regolamentazione con rispetto delle leggi internazionali; inoltre, è importante il suo ruolo come organizzazione capace di favorire il dialogo e la cooperazione internazionale. Al momento, i membri del BIE sono 161 Stati, ognuno rappresentato da uno o più delegati, al massimo tre. Qualsiasi Paese può diventare membro dell'organizzazione Pag. 56a patto di sottoscrivere la Convenzione del 1928 e i successive Protocolli.
Fatto questo breve cappello storico, come è stato già ricordato, l'Italia è tenuta, in qualità di Stato ospitante, sulla base della citata Convenzione parigina, a garantire una serie di benefici ed esenzioni, anzi privilegi - come indicato nel testo - per i partecipanti ufficiali e non ufficiali, e agevolazioni fiscali per l'ente organizzatore, l'Expo 2015 Spa. Inoltre, nel dossier di registrazione trasmesso nel 2010 dal Governo italiano al segretario generale del BIE, l'Italia si è impegnata alla stipulazione di un accordo di sede di cui appunto stiamo affrontando l'iter parlamentare. L'accordo trova quindi fondamento negli impegni assunti dall'Italia e nelle prassi adottate dai Paesi ospitanti nelle precedenti esposizioni universali. Per la realizzazione delle opere e delle attività connesse allo svolgimento dell'esposizione universale è stata già autorizzata, con l'articolo 14 del decreto - legge n. 112 del 2008, la spesa di 30 milioni per il 2009, 45 per il 2010, 59 per il 2011, 223 per il 2012, 564 per il 2013, 445 per il 2014, e 120 per il 2015. Di fatto, ci siamo impegnati per un miliardo e mezzo, solo naturalmente come Stato italiano, poi potremmo ricordare le risorse impegnate dalla regione Lombardia, la provincia di Milano, dal comune di Milano e anche dal comune di Rho.
Più o meno, quello che abbiamo impegnato come Stato è quello che impegniamo in un anno nelle missioni internazionali. Accennavo poc'anzi ai privilegi e alle agevolazioni fiscali previsti nell'accordo, eccessivi a mio parere e allora ne faccio un breve report: concessione gratuita del visto; rilascio di una carta d'identità che esime dalla richiesta del permesso di soggiorno; assegnazione di frequenze radiomobili; esenzione dall'imposta sui redditi delle società (l'IRES); imposta regionale sulle attività produttive (IRAP); esenzione dal pagamento dell'imposta municipale IMU; esenzione dal pagamento di imposte di bollo, di registro ipotecarie e catastali, e non imponibilità, ai fini dell'imposta sul valore aggiunto (l'IVA); esenzione dall'accisa sull'energia elettrica o sul gas; esenzione dall'imposta provinciale di trascrizione, tasse automobilistiche e di possesso sui veicoli; esenzione per il personale da ogni forma di tassazione diretta sul reddito derivante da fonti al di fuori della Repubblica in corrispettivo dell'attività lavorativa svolta in occasione dell'esposizione; esenzione da IRES e IRAP per i partecipanti non ufficiali nell'ambito delle loro attività non commerciali svolte all'interno del proprio spazio espositivo; esenzione dal pagamento dell'imposta municipale propria, ove applicabile, per i fabbricati posseduti; infine creazione di una fondazione o di un centro volto a garantire l'eredità tematica di Expo Milano 2015 senza comportare oneri per lo Stato.
Voglio sgombrare il campo comunque da qualsiasi ipotesi di strumentalizzazione di un evento senza dubbio rilevante per il Paese, molto sentito proprio nella città di Milano dove dovrà svolgersi l'Expo 2015; ma credo sia nostro dovere interrogarci e capire, come sempre accade dopo grandi eventi come questo, quali effetti e quali conseguenze ci saranno per il territorio interessato una volta terminati i lavori e chiusa l'esposizione. Considerato il consumo drammatico di suolo viene da chiedersi se abbia ancora un senso questa strategia del cemento.
Altra preoccupazione riguarda tutto ciò che concerne la legalità ovvero come assicurare che concretamente vengano applicati i protocolli già previsti e sottoscritti, permettendo al prefetto, a tutte le forze istituzionali e sociali e ai sindacati di lavorare coralmente al fine di consegnare alla città una Expo 2015 con «infiltrazioni zero». È bene ricordare che, naturalmente, Expo è una fiera non commerciale e, quindi, non c'è un business come in tantissime altre fiere a cui siamo abituati. Intanto, una nota così di suggerimento: una serie di queste agevolazioni possono essere utilizzate anche per tante altre manifestazioni nel campo della cultura e in campo sportivo che ci sono sul territorio italiano di valenza internazionale. Faccio un semplice esempio per rendere conto di come ci comportiamo: l'utilizzo Pag. 57delle frequenze radiomobili, dove è legittimo non applicare tariffe. Quando abbiamo discusso sulla riforma della Protezione civile in Italia, ci siamo incartati perché si chiedeva, almeno da parte di Italia dei Valori, l'esenzione, per le associazioni che operano nella Protezione civile, della tassa sulle frequenze radiomobili che, tra l'altro, era calcolata all'epoca dai nostri uffici del servizio studi qui della Camera in un milione di euro. Ritengo che ciò non sia legato solo agli eventi internazionali e mi riferisco anche a quanto oggi hanno annunciato come Protezione civile su Roma e in tante altre parti d'Italia. Perciò, riusciamo a capire perché sono importanti anche strumenti di questo tipo. Su questo, però, ci si irrigidisce spesso. Ricordo che facciamo eventi di altissima qualità in campo culturale, anche solo le stagioni teatrali nelle nostre grandi città, oppure sportivi con eventi in diversi campi appunto dello sport.
Questa è la parte positiva che vorrei fosse sempre presa un po' ad esempio e, quindi, non utilizzata come misura straordinaria da applicare solo in questo caso perché ce lo chiede un organo collegiale internazionale come il BIE. Tra l'altro, domani è la giornata internazionale della lotta contro la fame nel mondo, se così possiamo definirla, e, quindi, molti dei temi che domani vengono evidenziati a livello mondiale credo siano in continuità con quello che vuole Expo 2015 circa lo sviluppo del pianeta, con l'energia per la vita e quant'altro. Di queste discussioni ce ne sono state in questi anni e sempre più nei mesi vengono rafforzate. Vorrei concentrarmi, però, su alcuni problemi che oggi ancora sono sul tappeto, visto che c'è il Governo che ascolta. Intanto, la questione della criminalità organizzata. È vero che è stato siglato un protocollo, che è stato emanato un codice etico e che sono stati assunti alcuni criteri quindi da utilizzare nelle gare, però il mal di pancia mi viene anche perché ho sotto agli occhi gli eventi recenti e penso al prefetto di Milano Lombardi - quindi quello che dovrebbe sovrintendere anche in questo campo - il quale aveva dichiarato e annunciato pubblicamente che di mafia e di criminalità organizzata radicata nelle amministrazioni e sul tessuto economico della Lombardia non se ne parlava. Questo pone un dubbio: sarà sereno nel fare questo lavoro o ci saranno state altre questioni?
C'è una questione aperta con la regione Lombardia con infiltrazioni nella giunta, nel consiglio regionale e nelle imprese perché le imprese delle famiglie calabresi sono state trovate negli appalti di scavi, a partire dal nuovo palazzo della Pirelli solo qualche anno fa quando hanno cominciato a fare le fondamenta. Insomma, il primo business incomincia dall'inizio. Mi riferisco anche alla gestione delle cave e del traffico ancora oggi di materiali inerti nell'hinterland di Milano.

PRESIDENTE. Onorevole Piffari, le ricordo che il suo gruppo ha 13 minuti compresa la dichiarazione di voto e lei è già a quota dieci minuti.

SERGIO MICHELE PIFFARI. Grazie Presidente, cercherò di concludere ricordando anche che, nel frattempo, diversamente da tutte le altre Expo, noi abbiamo un commissario straordinario per i rapporti con il mondo internazionale e, quindi, anche con il BIE, che è Roberto Formigoni.
Alla luce della situazione attuale, inviterei il Governo veramente a riprendere visione di questa delega per decreto. Dall'altra parte, abbiamo il sindaco di Milano come commissario. Credo che due figure così non ci servano più, perché ognuno mi pare che voglia difendere il suo pacchetto di azioni nell'ambito di tale questione. L'ultimo appello, lo aveva già fatto il revisore dei conti della società proprietaria dei terreni, che non è Expo naturalmente, ma è l'altra, sempre controllata dagli enti territoriali, è che si impegnavano a sottoscrivere un disciplinare sul vincolo sul diritto di superficie. Ad oggi non c'è, c'è un accordo, però era stato annunciato nell'autunno del 2011. Se ne parla, ma credo sia importante che questo venga siglato velocemente, altrimenti si applicano gli strumenti che la legge prevedeva, ossia gli espropri. Pag. 58
Chiedo scusa per il tempo signor Presidente, ero convinto di averne molto di più. Mi riserverò comunque in Aula di prendere il tempo durante la discussione sulle linee generali.

PRESIDENTE. La Presidenza autorizza la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna, sulla base dei criteri costantemente seguiti, del testo degli interventi dei deputati Pianetta e Allasia, che ne hanno fatto richiesta.
Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 5446-A)

PRESIDENTE. Prendo atto che il vicepresidente della III Commissione ed il rappresentante del Governo non intendono replicare.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Ratifica ed esecuzione del secondo protocollo aggiuntivo che modifica la convenzione tra l'Italia e il Belgio in vista di evitare la doppia imposizione e di prevenire la frode e l'evasione fiscale in materia di imposte sui redditi ed il protocollo finale, firmati a Roma il 29 aprile 1983, fatto a Bruxelles l'11 ottobre 2004 (A.C. 5417).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione del secondo protocollo aggiuntivo che modifica la convenzione tra l'Italia e il Belgio in vista di evitare la doppia imposizione e di prevenire la frode e l'evasione fiscale in materia di imposte sui redditi ed il protocollo finale, firmati a Roma il 29 aprile 1983, fatto a Bruxelles l'11 ottobre 2004 (A.C. 5417).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 5417)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che la Commissione affari esteri si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Pianetta, ha facoltà di svolgere la relazione.

ENRICO PIANETTA, Relatore. Signor Presidente, il protocollo al nostro esame è volto a modificare la disciplina convenzionale vigente, al fine di disciplinare in maniera più equilibrata e non discriminatoria i rapporti economico-fiscali fra l'Italia e il Belgio. Ciò avrà effetti positivi per i numerosi cittadini italiani che prestano la propria attività in Belgio, compresi coloro che prestano la propria attività presso le rappresentanze diplomatiche dello Stato italiano e le rappresentanze permanenti dell'Unione europea e della Nato. Questo è un elemento fondamentale. Per il resto, signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Pianetta, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

STAFFAN de MISTURA, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, il Governo ritiene questo accordo importante ed utile per l'economia italiana.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, siamo in un campo classico, per quanto riguarda le ratifiche di convenzioni per evitare le doppie imposizioni. Si tratta di trattati internazionali con i quali i Paesi contraenti regolano l'esercizio della propria Pag. 59potestà impositiva al fine di eliminare appunto le doppie imposizioni sui redditi o sul patrimonio dei rispettivi residenti. Oltre ad evitare la doppia imposizione, la convenzione e le convenzioni in genere hanno anche lo scopo di prevenire l'evasione e l'elusione fiscale. A questo fine si prevedono appunto alcune disposizioni sulla cooperazione amministrativa.
Anche con il Belgio, come con tanti altri Paesi, l'Italia ha sottoscritto fin dal 1983 una convenzione, resa esecutiva poi nel 1989. Il provvedimento oggi al nostro esame intende modificare le disposizioni in materia di trattamento fiscale dei redditi derivanti dallo svolgimento di funzioni pubbliche e lo fa appunto con un protocollo aggiuntivo firmato nel 2004, il quale, allo scopo di semplificare l'attribuzione della potestà impositiva tra l'Italia e il Belgio per questa tipologia di redditi, stabilisce che i redditi corrisposti da uno Stato per prestazioni effettuate nell'altro Stato contraente siano assoggettate a tassazione esclusiva nello Stato della fonte, se corrisposte a cittadini di tale Paese, indipendentemente dal fatto che i medesimi siano divenuti o no residenti nello Stato in cui svolgono la propria attività. Come ha già ricordato il relatore, tale norma riguarda in particolare i numerosi cittadini italiani che prestano la propria attività in Belgio, compresi coloro che lavorano presso le rappresentanze diplomatiche dello Stato italiano, le rappresentanze permanenti dell'Unione europea e della Nato.
Costoro, fino ad oggi, sono stati tassati in Belgio quand'anche fossero residenti permanentemente in quel Paese per motivi di servizio e che ora verrebbero, invece, tassati esclusivamente in Italia. A noi, dunque, non resta che ratificare questo protocollo, e il gruppo al quale appartengo non farà senz'altro mancare il proprio sostegno.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Touadi. Ne ha facoltà.

JEAN LEONARD TOUADI. Signor Presidente, mi rifaccio a quanto detto dal relatore per sottolineare l'importanza di questo accordo che riguarda il Belgio e la sua capitale, Bruxelles, che è caratterizzata dalla sua notevole internazionalizzazione in quanto sede dell'Unione europea, della NATO, ma anche della rappresentanza dei Paesi ACP. Quindi, un numero importante di persone che operano sul piano transnazionale beneficerà di questa modifica perché qui siamo, appunto, nel caso tipico di una novella legislativa, tesa ad introdurre modifiche e integrazioni a disposizioni vigenti all'accordo che è stato citato dal relatore poc'anzi. È importante anche perché questo Paese nel campo privatistico è stato invece oggetto di una fuga da parte di operatori economici della Francia, per esempio, verso il Belgio almeno in ambito pubblico e questa possibilità di evasione fiscale o di doppia imposizione viene in qualche modo contrastata con questo protocollo, per il quale preannunzio, ovviamente, il voto favorevole del Partito Democratico.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Allasia. Ne ha facoltà.

STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Allasia, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 5417)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore e il rappresentante del Governo rinunziano alla replica.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Pag. 60

Discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo fra il Governo della Repubblica italiana e il Governo degli Stati Uniti d'America sul rafforzamento della cooperazione nella prevenzione e lotta alle forme gravi di criminalità, fatto a Roma il 28 maggio 2009 (A.C. 5418) (ore 19,47).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge di ratifica: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo fra il Governo della Repubblica italiana e il Governo degli Stati Uniti d'America sul rafforzamento della cooperazione nella prevenzione e lotta alle forme gravi di criminalità, fatto a Roma il 28 maggio 2009.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 5418)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
L'onorevole Narducci, in sostituzione del relatore, ha facoltà di svolgere la relazione.

FRANCO NARDUCCI, Vicepresidente della III Commissione. Signor Presidente, consegnerò il testo della relazione ma l'importanza di questo Accordo è evidente e quindi vorrei segnalare ai colleghi presenti e al Governo soltanto due condizionalità molto importanti riguardanti altrettanti argomenti sensibili. Nell'Accordo, infatti, vengono indicati i limiti di trattamento dei dati e delle informazioni, le procedure per la rettifica, il blocco o la cancellazione dei dati, le modalità di documentazione, le misure tecniche e organizzative tese alla sicurezza. In secondo luogo, è sancita la trasparenza delle procedure nonché la non incidenza dell'Accordo sui diritti e sugli obblighi derivanti da altri accordi internazionali bilaterali o multilaterali, sottoscritti dall'Italia e dagli Stati Uniti d'America.
Signor Presidente, chiedo, quindi, che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della relazione.

PRESIDENTE. Onorevole Narducci, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

STAFFAN de MISTURA, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, l'importanza per la sicurezza e per la collaborazione per quello che riguarda la lotta alla criminalità organizzata di questo provvedimento e di questa ratifica è evidente. Il Governo la sostiene e ringrazia il relatore.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, il disegno di legge che affrontiamo riguarda un accordo italo-statunitense che, come è stato ricordato da lei stesso, è stato sottoscritto a Roma nel 2009, esattamente il 28 di maggio, e che riguarda la cooperazione nella prevenzione e lotta alle forme più gravi di criminalità, quelle transfrontaliere e quelle terroristiche. Tale Accordo si presenta sul piano pattizio-bilaterale con connotati piuttosto innovativi poiché più che individuare nuovi settori di collaborazione, si incentra sulle nuove metodologie di contrasto al crimine, quale ad esempio quella basata sui grandi progressi recenti nella rilevazione delle tracce di DNA e delle impronte digitali.
Gli scambi di dati investigativi inclusivi di informazioni dattiloscopiche e sul DNA, sono già stati oggetto di discussione in quest'Aula qualche anno fa, in occasione della ratifica di un trattato già richiamato, il Trattato di Prüm, del 2005. Uno dei suoi punti qualificanti, infatti, era ed è, senza dubbio, l'istituzione della Banca dati nazionale del DNA, delle impronte digitali e dell'immatricolazione dei veicoli e dello scambio di detti dati secondo tre livelli Pag. 61diversi di tutela, in base alla delicatezza del dato trattato, oggetto di scambio. Nella fattispecie, per quanto attiene al rafforzamento di tali operazioni di contrasto, occorreva garantire una maggiore condivisione delle informazioni, ed uno sviluppo di tecnologie automatizzate, per favorire più incisive forme di controllo, soprattutto alle frontiere. È per questo che, dopo un proficuo lavoro tra il nostro Dipartimento di pubblica sicurezza presso il Ministero dell'interno e, per gli Stati Uniti d'America, del Dipartimento giustizia e del Dipartimento della sicurezza interna, si è giunti all'elaborazione dell'Accordo che ci accingiamo a ratificare, il cui contenuto è stato ben tracciato, anche se per sommi capi, dal relatore. Noi, come già accaduto con la ratifica di altri trattati, arriviamo con qualche anno di ritardo a perfezionare uno strumento che ci ponga al livello di altri Paesi europei. È chiaro che poi, queste banche dati nazionali, andranno, e vadano, inserite in un circuito di lettura che coinvolga gli altri Paesi che hanno aderito e sottoscritto il Trattato di Prüm, in modo da consentire, anche nella lotta alla criminalità transfrontaliera, di disporre di uno strumento di aggressione e di contrasto particolarmente efficace. Quindi, ben venga questo Accordo, rispetto al quale non faremo senz'altro mancare il nostro appoggio.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pianetta. Ne ha facoltà.

ENRICO PIANETTA. Signor Presidente, come hanno fatto i colleghi anch'io vorrei sottolineare l'importanza di questo Accordo, perché ha l'obiettivo di contrastare la criminalità, in particolare la criminalità nelle sue forme più gravi, e anche il terrorismo. Quindi, questo Accordo mira a rafforzare la cooperazione di polizia, in particolare la collaborazione tra i due Dipartimenti della pubblica sicurezza, attraverso una più ampia diffusione delle informazioni e anche un migliore sviluppo delle tecnologie automatizzate.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Pianetta, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti. È iscritto a parlare l'onorevole Allasia. Ne ha facoltà.

STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, non vorrei essere ridondante questa sera ma, tenendo conto che si tratta di un provvedimento che il gruppo Lega Nord Padania assolutamente appoggia, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Allasia, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 5418)

PRESIDENTE. Prendo atto che il vicepresidente della III Commissione ed il rappresentante del Governo rinunziano alla replica.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione degli Emendamenti alla Costituzione dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni, adottati a Ginevra il 24 novembre 1998 (Approvato dal Senato) (A.C. 5420) (ore 19,55).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Ratifica ed esecuzione degli Emendamenti alla Costituzione dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni, adottati a Ginevra il 24 novembre 1998.

Pag. 62

(Discussione sulle linee generali - A.C. 5420)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Narducci, ha facoltà di svolgere la relazione.

FRANCO NARDUCCI, Relatore. Signor Presidente, tutti i trattati internazionali sono importanti per definizione, questo è evidente, e anche per tale Ratifica preannunzio che chiederò alla Presidenza l'autorizzazione a consegnare il testo integrale della mia relazione. Tuttavia, vorrei delineare alcuni tratti distintivi di questa ratifica, che sono veramente molto importanti, come importante è l'Organizzazione internazionale per le migrazioni, l'OIM, fondata nel 1951 - lo voglio ricordare - per assistere il rientro dei profughi del secondo conflitto mondiale e per promuovere migrazioni ordinate. Nel frattempo l'Organizzazione è stata attiva praticamente in occasione di tutti i principali disastri, naturali o provocati dall'uomo, tanto da raggiungere un budget annuale di 1,3 miliardi di dollari USA nel 2011, con 7.800 unità di personale operanti in più di cento Paesi, e impegnato in un numero di progetti che ha raggiunto la cifra veramente ragguardevole di 2.700. Basti pensare che, sul piano finanziario, meno del 3 per cento dei fondi dell'OIM proviene da contributi fissi degli Stati membri, mentre più del 97 per cento è dato da contribuzione volontaria su specifici progetti. L'OIM, inoltre, può vantare una delle minori percentuali di costi amministrativi rispetto a quelli operativi tra tutte le organizzazioni internazionali, con un'incidenza del solo 5 per cento.
Non mi soffermo sulle particolarità dell'articolato e degli Emendamenti apportati alla Costituzione dell'Organizzazione, e chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia relazione.

PRESIDENTE. Onorevole Narducci, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

STAFFAN de MISTURA, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, abbiamo visto l'OIM (o IOM) in più riprese essere veramente efficace nell'aiutare ciò che a noi preme molto: il ritorno di rifugiati e il ritorno di persone displaced, come è stato recentemente in Libia. Quindi, ringrazio il relatore e concordo con la sua posizione, dando sostegno al Governo.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, davvero questo provvedimento meriterebbe un approfondimento, però mi rendo conto dei nostri tempi stretti, per cui sottolineo anch'io, come è stato accennato, che l'Italia è uno dei Paesi fondatori e vanta una lunga consuetudine di collaborazione con l'organizzazione internazionale per le migrazioni, sul piano strettamente bilaterale, intendo.
L'ufficio OIM di Roma ha uno status di capofila regionale con competenza estesa, oltreché all'Italia e a Malta, al rango di rappresentanza regionale per il Mediterraneo. L'OIM è la principale organizzazione intergovernativa in ambito migratorio e attualmente gli Stati membri sono 146 e quelli con lo status di osservatori sono 17 (tra i quali Cina, Cuba, Indonesia, Russia, Santa Sede, San Marino, oltre al Sovrano ordine militare di Malta), a cui si aggiungono ben 85 tra organizzazioni intergovernative e non governative. L'OIM ha una struttura flessibile ed ha oltre 460 uffici dislocati in più di 100 Paesi.
Pur senza far parte del sistema delle Nazioni Unite, dal 1992 mantiene lo status di Osservatore all'Assemblea generale e collabora strettamente con le agenzie specializzate delle Nazioni Unite. Il quartier generale dell'OIM è a Ginevra, ma l'OIM - mi preme sottolinearlo - è soprattutto presente sia a Lampedusa, presso il centro Pag. 63di soccorso e prima accoglienza dell'isola, sia in Sicilia presso i centri di Trapani, Caltanissetta e Siracusa e sviluppa e sostiene campagne di informazione sia nei Paesi di origine, sia di destinazione, anche attraverso le ricerche tematiche per promuovere una maggiore comprensione dei fenomeni migratori.
Senza scendere troppo nel dettaglio, gli Emendamenti alla Costituzione dell'OIM che ci accingiamo a ratificare, modificano dapprima lo status di Paese membro, prevedendo che l'accettazione dello stesso - requisito essenziale per il godimento dello status di membro - debba avvenire nel rispetto delle procedure previste negli ordinamenti costituzionali interni dei singoli Stati, quindi si è scelto di operare una modifica anche in merito all'esercizio del diritto di voto per gli Stati in arretrato con i contributi finanziari.
Per essi si prevede che perdano automaticamente il diritto di voto se l'ammontare dei contributi dovuti è uguale o eccede l'ammontare di due anni di contributi stessi. Infine, viene previsto il limite del doppio mandato relativamente all'elezione e al mandato del direttore e del vicedirettore generale, oltre che la modifica del quorum per l'adozione degli Emendamenti alla Costituzione OIM e la soppressione del Comitato esecutivo.
Dunque, l'Italia dei Valori voterà convintamente a favore di questo provvedimento con l'auspicio che detto organismo possa lavorare di più e meglio, in sinergia con i Governi nazionali degli Stati membri e non, e soprattutto con l'Agenzia ONU per i rifugiati e il suo Commissario, oltre che con i suoi rappresentanti in tutto il mondo e, per quanto ci riguarda da vicino, ovviamente con chi si occupa di immigrazione nel bacino del Mediterraneo.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pianetta. Ne ha facoltà.

ENRICO PIANETTA. Signor Presidente, desidero soltanto evidenziare una particolarità relativamente agli Emendamenti alla Costituzione dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni, perché questi Emendamenti perseguono l'obiettivo di razionalizzare questa istituzione, con la chiara volontà di offrire procedure decisionali semplificate, un meccanismo di sanzioni in caso di ritardi di pagamento e anche una limitazione della durata del mandato della dirigenza generale.
Quindi, si tratta di obiettivi per rendere più efficace l'opera meritoria dell'OIM in un periodo, in un tempo di grandi migrazioni e di grandi movimenti. Quindi, questa semplificazione penso che possa senz'altro contribuire a dare più capacità operativa all'OIM.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Allasia. Ne ha facoltà.

STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, ritenendo opportuno specificare, nell'intervento che consegnerò, le differenziazioni tra migrazione e immigrazione, considerato poi che il nostro gruppo è sempre stato accusato e tacciato di razzismo, essendo favorevoli alla migrazione delle popolazioni e soprattutto sostenendo un corretto equilibrio tra gli Stati e tra i popoli, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Allasia, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 5420)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore e il rappresentante del Governo rinunciano alla replica.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Pag. 64

Discussione del disegno di legge: S. 3285 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione culturale e di istruzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Serbia, fatto a Roma il 13 novembre 2009 (Approvato dal Senato) (C. 5421) (ore 20,01).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione culturale e di istruzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Serbia, fatto a Roma il 13 novembre 2009.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 5421)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Renato Farina, ha facoltà di svolgere la relazione.

RENATO FARINA, Relatore. Signor Presidente, questa ratifica non è assolutamente formale, ha un contenuto, vorrei dire, altamente morale. Ero in Serbia tra il marzo del 1999 e il giugno di quello stesso anno allorché Belgrado fu bombardata e presi le bombe con i serbi. Al di là del giudizio che si può dare su quanto accaduto, ricordo il dolore fortissimo non tanto del Governo serbo, di cui non mi interessa, quanto del popolo serbo, e specialmente dei giovani, nel vedere come un popolo che loro ritenevano quasi un modello, un modello in tutti i sensi, dalla musica al vestirsi al modo di intendere la vita, era diventato improvvisamente nemico.
Io questo non lo credo, non credo che questi popoli siano nemici. Diciamo, quindi, che l'alto contenuto morale di questo accordo per la cooperazione culturale, risiede nel fatto che entrambi riconosciamo che dobbiamo costruire una pace forte in questa zona dell'Europa che è stata attraversata da conflitti sanguinosi e che ci riguardano direttamente. Per questo l'Italia sostiene convintamente l'ingresso della Serbia in Europa, perché in questo caso l'Europa è proprio quella che merita il Nobel per la pace se è se stessa, cioè se diventa l'ambito in cui i popoli non si fanno la guerra.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia relazione, con i punti più precisi di questo accordo, del quale ribadisco l'importanza.

PRESIDENTE. Onorevole Renato Farina, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

STAFFAN de MISTURA, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, ringrazio il relatore per quello che ha detto e che riflette esattamente la posizione del Governo.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, anch'io chiedo di poter consegnare un testo scritto, anzi un doppio testo scritto, uno con riferimento alla cooperazione culturale e uno con riferimento alla cooperazione scientifica e tecnologica, se lei me lo permette.

PRESIDENTE. Onorevole Evangelisti, il secondo testo scritto riguarda la ratifica successiva?

FABIO EVANGELISTI. Sì, signor Presidente; chiedo quindi che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

Pag. 65

PRESIDENTE. Onorevole Evangelisti, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pianetta. Ne ha facoltà.

ENRICO PIANETTA. Signor Presidente, come ha del resto sottolineato bene il relatore, questo accordo di cooperazione culturale e di istruzione rinsalderà i rapporti bilaterali tra Italia e Serbia, e questo è un fatto importante.
Del resto, la visita del Ministro Terzi nell'estate scorsa e anche la visita in Italia la scorsa settimana del presidente serbo stanno a testimoniare gli ottimi rapporti, che potranno essere ulteriormente rinsaldati e promossi.
Ma, al tempo stesso, mi preme sottolineare l'importanza che la Serbia possa entrare a far parte dell'Unione europea. Infatti, credo che, se quella martoriata realtà dell'area balcanica in un futuro farà parte integrante dell'Unione europea, avremo la possibilità di avere un'area di pace e di sviluppo, come del resto lo è stata tutto il resto dell'Europa occidentale nella visione dei grandi fondatori europei Adenauer, De Gasperi e Schuman. Credo che, quindi, questo sviluppo sia da vedere con grande interesse e anche con nostra grande partecipazione, in modo tale che anche quell'area balcanica possa essere un'area di pace e di sviluppo e che si possa dimenticare tutto ciò che di negativo c'è stato negli anni scorsi, come anche in anni precedenti.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Pianetta, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Touadi. Ne ha facoltà.

JEAN LEONARD TOUADI. Signor Presidente, nonostante l'ora tarda mi permetterà di svolgere alcune brevissime considerazioni, perché gli accordi che stiamo per ratificare, riguardano non solo un paese, ma l'area dei Balcani, estremamente importante non solo per la stabilità dell'Europa, ma anche per la proiezione del nostro Paese in una buona, mirata, intelligente ed efficace politica di buon vicinato. La Serbia per noi è un paese importante, non solo perché è stata protagonista di una delle pagine più tristi e drammatiche della recente storia europea, insieme alla Bosnia Erzegovina e alla Croazia.
Non a caso, proprio questi paesi hanno intrapreso un cammino di avvicinamento alla famiglia europea, che è fatto di luci e ombre, ma i cui progressi positivi sono da registrare e da incoraggiare. Sappiamo tutti che questo paese ha dovuto fare i conti con le responsabilità di alcuni suoi esponenti negli eventi che hanno funestato l'Europa, e c'è stata una positiva collaborazione della Serbia con il Tribunale penale internazionale in questo senso. Quindi, la Serbia, che ha ancora, a detta di tutti, molti problemi da risolvere anche ai suoi confini (ad esempio la questione del Kosovo), registra però dei passi estremamente veloci e positivi verso questo obiettivo di ancoraggio - speriamo definitivo e irreversibile - all'Europa.
Per quanto riguarda l'Italia, anche la parte relativa alla partnership economica e commerciale è importante. Il nostro Paese è il terzo partner commerciale di Belgrado, con un interscambio commerciale molto importante, di 2.229 milioni di euro, e con un saldo commerciale positivo a favore dell'Italia, e si potrebbe continuare in questo modo. Sia l'altro accordo di collaborazione tecnologica e scientifica, sia questo sull'interscambio culturale, sono importanti, perché è attraverso la capacità di forgiare un immaginario comune, non solo in materia di letteratura, di lingua, di cinema e di tutti gli strumenti culturali, che si crea l'Europa e si allargano i suoi confini. Quindi, siamo estremamente favorevoli a questi accordi che aggiungono Pag. 66un tassello in più all'avvicinamento di questo importante Paese alla famiglia europea.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Allasia. Ne ha facoltà.

STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, questa è la «serata delle consegne». Pertanto, anche per quanto riguarda questa ratifica internazionale, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Allasia, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 5421)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore e il rappresentante del Governo rinunziano alle repliche.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: S. 3286 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica di Serbia, con Allegato, fatto a Roma il 21 dicembre 2009 (Approvato dal Senato) (A.C. 5422) (ore 20,10).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica di Serbia, con Allegato, fatto a Roma il 21 dicembre 2009.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 5422)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Ha facoltà di parlare, in sostituzione del relatore, l'onorevole Narducci, vicepresidente della III Commissione (Affari esteri).

FRANCO NARDUCCI, Vicepresidente della III Commissione. Signor Presidente, a quanto pare sta imperversando un temporale pazzesco, per cui dovremo rimanere qualche minuto ancora qui dentro.
Vorrei dire che la ratifica ed esecuzione di questo Accordo è in linea un po' con il precedente provvedimento, di cui era relatore il collega Renato Farina. L'impegno italiano nei confronti della Repubblica di Serbia è già particolarmente dinamico e vive oggi una fase di grande espansione, anche in considerazione del forte partenariato commerciale. Ne abbiamo bisogno, soprattutto in questo periodo in cui l'economia interna soffre veramente in un modo in cui non ha mai sofferto, mentre le nostre esportazioni riescono, insomma, a battersi molto bene. Infatti, il progressivo dispiegamento dell'investimento FIAT, che mobilita intorno al miliardo di euro, assieme al consolidamento del polo tessile italiano, e alla nostra presenza di leadership in ambito finanziario, fa dell'Italia, attualmente, l'investitore più visibile e significativo in Serbia.
Il nostro Paese viene percepito come interlocutore di importanza strategica, anche in virtù dei variegati richiami scientifico-tecnologici che contraddistinguono le relazioni tra i due Paesi. In tale contesto, la cooperazione scientifica e tecnologica ricopre un ruolo fondamentale nel rafforzamento dei rapporti bilaterali. Numerose collaborazioni e attività in materia sono già state intraprese e necessitano di una più strutturata organizzazione e di Pag. 67una migliore finalizzazione, anche alla luce di un'imprescindibile partecipazione agli specifici programmi dell'Unione europea e di altri organismi internazionali e regionali.
Per quanto riguarda i chiarimenti e le illustrazioni degli articoli che compongono il provvedimento, rimando alla lettura della mia relazione e, signor Presidente, chiedo altresì che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia relazione.

PRESIDENTE. Onorevole Narducci, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

STAFFAN de MISTURA, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, confermo la posizione del Governo, come per il precedente provvedimento. Per noi si tratta di una priorità. Infatti, questo è un Accordo che sostituisce il precedente Accordo tra Italia e Jugoslavia, a suo tempo chiamata così, firmato a Roma il 10 luglio 1980. Ma questo è molto più articolato ed efficace.
In più, come ha detto giustamente il vicepresidente della III Commissione, noi siamo in un momento in cui le industrie italiane e l'imprenditoria italiana sono molto attive in settori strategici proprio in quel Paese (energia, infrastrutture, settori bancario, assicurativo e altri).
In conclusione, siamo fortemente a favore affinché questo disegno di legge sia ratificato.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, come lei sa sono molto avanti. Avevo già preannunziato, se lei me lo permette signor Presidente, la richiesta che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Evangelisti, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Pianetta. Ne ha facoltà.

ENRICO PIANETTA. Signor Presidente, anche io vorrei consegnare il mio intervento scritto. Come, del resto, hanno detto il vicepresidente della III Commissione e il rappresentante del Governo, a fronte degli ottimi rapporti di natura commerciale ed economica che si stanno potenziando tra l'Italia e la Serbia, questo Accordo vede l'Italia come un interlocutore importante e strategico per quanto riguarda le possibilità di collaborazione nell'ambito scientifico e tecnologico, e non può che, appunto, dare un ulteriore contributo e rafforzare i rapporti tra i due Paesi.
Quindi, credo che sia un provvedimento di ratifica che va nella direzione giusta, anche per consolidare, appunto, i rapporti tra i nostri due Paese e, come ho citato precedentemente, nell'auspicio che, quanto prima, tutte le trattative tra l'Europa e la Serbia possano concludersi positivamente consentendo l'ingresso della Serbia nell'Unione europea.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Pianetta, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Allasia. Ne ha facoltà.

STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, come nel caso delle precedenti ratifiche, procederei alla consegna del testo. Potrei fare una battuta: fosse stata la notte degli Oscar, con tutte queste consegne, lei sarebbe stato il più premiato questa sera.
Signor Presidente, chiedo quindi che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Allasia, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti. Pag. 68
Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 5422)

PRESIDENTE. Prendo atto che il vicepresidente della III Commissione e il rappresentante del Governo rinunziano alla replica.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Sull'ordine dei lavori (ore 20,17).

PRESIDENTE. Dovremmo ora passare alla discussione dei progetti di legge di Ratifica ed esecuzione del Protocollo di attuazione della Convenzione per la protezione delle Alpi del 1991 nell'ambito dei trasporti, fatto a Lucerna il 31 ottobre 2000 (A.C. 5465) e di Ratifica ed esecuzione del Protocollo opzionale alla Convenzione delle Nazione Unite contro la tortura e altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti, fatta a New York il 18 dicembre 2002 (A.C. 5466).
Ha chiesto di parlare il vicepresidente della III Commissione. Ne ha facoltà.

FRANCO NARDUCCI, Vicepresidente della III Commissione. Signor Presidente, la ringrazio per avermi dato la possibilità di puntualizzare rispetto al progetto di legge A.C. 5465 e all'abbinata proposta di legge, relativi alla ratifica del Protocollo di attuazione della Convenzione per la protezione delle Alpi, nell'ambito dei trasporti, e al progetto di legge A.C. 5466 e all'abbinata proposta di legge, relativi alla ratifica del Protocollo opzionale alla Convenzione ONU contro la tortura, che risultano iscritti all'ordine del giorno dell'Assemblea, ove ne sia stato concluso l'esame in sede referente.
Faccio presente che la Commissione III (Affari esteri) ha preso atto della richiesta formulata dalla Commissione V (Bilancio) al Governo di presentare, entro la data di oggi, una relazione tecnica in ordine alla copertura finanziaria ed ha quindi ritenuto di non procedere a licenziare i predetti provvedimenti in attesa di tale scadenza.
Orbene, è intenzione della Commissione Affari esteri concludere nella giornata di domani il procedimento in corso, una volta che la Commissione bilancio abbia espresso il suo parere affinché l'Assemblea possa comunque iniziare al più presto la discussione sulla ratifica dei due atti internazionali, da lungo tempo attesa.
Vorrei sottolineare - proprio, veramente con due brevissime battute - che questa sulla Convenzione delle Alpi non può, ancora una volta, diventare l'indice di un balletto indescrivibile. Abbiamo bisogno di modernizzare il nostro sistema di trasporto delle merci e delle persone e, per farlo, dobbiamo procedere assolutamente a ratificare questa Convenzione. Questa è l'intenzione emersa nella Commissione affari esteri e credo di riportare fedelmente il pensiero delle altre forze politiche.
Colgo, altresì, l'occasione per preannunziare che la III Commissione sta concludendo l'esame anche di un altro urgente disegno di legge di ratifica in materia di trasferimento delle persone condannate tra Italia ed India, il cui tempestivo inserimento all'ordine del giorno dell'Assemblea, signor Presidente - vorrei che le giungesse questo messaggio - sarebbe particolarmente opportuno, per i motivi che tutti noi cogliamo.

PRESIDENTE. Onorevole Narducci, domani si terrà la Conferenza dei Presidenti dei gruppi per cui vi sarà occasione per affrontare la questione.
Quindi, la discussione sulle linee generali e l'esame di tali progetti di legge, sarà pertanto iscritta all'ordine del giorno della seduta di domani, sempre con la clausola «ove conclusa dalla Commissione».

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Pag. 69

Martedì 16 ottobre 2012, alle 12,30:

1. - Svolgimento di interrogazioni.

(ore 16)

2. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, recante disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute (C. 5440-A).
- Relatori: Barani e Livia Turco.

3. - Seguito della discussione dei disegni di legge:
Adesione della Repubblica italiana alla Convenzione delle Nazioni Unite sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni, fatta a New York il 2 dicembre 2004, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno (C. 5434-A).
- Relatore: Barbi.
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Bureau International des Expositions sulle misure necessarie per facilitare la partecipazione all'Esposizione Universale di Milano del 2015, fatto a Roma l'11 luglio 2012 (C. 5446-A).
- Relatore: Stefani.
Ratifica ed esecuzione del secondo protocollo aggiuntivo che modifica la convenzione tra l'Italia e il Belgio in vista di evitare la doppia imposizione e di prevenire la frode e l'evasione fiscale in materia di imposte sui redditi ed il protocollo finale, firmati a Roma il 29 aprile 1983, fatto a Bruxelles l'11 ottobre 2004 (C. 5417).
- Relatore: Pianetta.
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo fra il Governo della Repubblica italiana e il Governo degli Stati Uniti d'America sul rafforzamento della cooperazione nella prevenzione e lotta alle forme gravi di criminalità, fatto a Roma il 28 maggio 2009 (C. 5418).
- Relatore: Tempestini.
S. 3178 - Ratifica ed esecuzione degli Emendamenti alla Costituzione dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni, adottati a Ginevra il 24 novembre 1998 (Approvato dal Senato) (C. 5420).
- Relatore: Narducci.
S. 3285 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione culturale e di istruzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Serbia, fatto a Roma il 13 novembre 2009 (Approvato dal Senato) (C. 5421).
- Relatore: Renato Farina.
S. 3286 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica di Serbia, con Allegato, fatto a Roma il 21 dicembre 2009 (Approvato dal Senato) (C. 5422).
- Relatore: Stefani.

4. - Discussione delle proposte di legge:
S. 3086 - D'iniziativa dei senatori: PETERLINI ed altri: Ratifica ed esecuzione del Protocollo di attuazione della Convenzione per la protezione delle Alpi del 1991 nell'ambito dei trasporti, fatto a Lucerna il 31 ottobre 2000 (Approvata dal Senato) (ove conclusa dalla Commissione) (C. 5465).
e dell'abbinata proposta di legge: BRUGGER ed altri (C. 5086).
S. 3354 - D'iniziativa dei senatori: MARCENARO ed altri: Ratifica ed esecuzione del Protocollo opzionale alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti, fatto a New York il 18 dicembre 2002 (Approvata dal Senato) (ove conclusa dalla Commissione) (C. 5466). Pag. 70
e dell'abbinata proposta di legge: MECACCI ed altri (C. 4765).

5. - Seguito della discussione della proposta di legge:
S. 601-711-1171-1198 - D'iniziativa dei senatori: GIULIANO; CASSON ed altri; BIANCHI ed altri; MUGNAI: Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense (Approvata, in un testo unificato, dal Senato) (C. 3900-A).
e delle abbinate proposte di legge: CONTENTO; PECORELLA; CAVALLARO; CAPANO ed altri; BARBIERI; MANTINI ed altri; FRASSINETTI ed altri; CASSINELLI ed altri; MONAI; RAZZI ed altri; CAVALLARO ed altri (C. 420-1004-1447-1494-1545-1837-2246-2419-2512-4505-4614).
- Relatore: Cassinelli.

6. - Seguito della discussione delle mozioni Bersani, Cicchitto, Casini, Misiti, Angela Napoli, Moffa, Belcastro e Mosella n. 1-01118, Di Pietro ed altri n. 1-01129 e Nucara ed altri n. 1-01170 concernenti iniziative a favore della Calabria.

7. - Seguito della discussione delle mozioni Dozzo ed altri n. 1-01146, Misiti ed altri n. 1-01158, Aniello Formisano ed altri n. 1-01159, Ossorio ed altri n. 1-01162, Fitto ed altri n. 1-01164, Boccia ed altri n. 1-01165 e Iannaccone ed altri n. 1-01167 concernenti criteri di riparto delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione.

8. - Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
DAMIANO ed altri; DOZZO ed altri; PALADINI ed altri: Modifiche alla vigente normativa in materia di requisiti per la fruizione delle deroghe in materia di accesso al trattamento pensionistico (C. 5103-5236-5247-A).
- Relatore: Muro.

9. - Seguito della discussione delle mozioni Fiano ed altri n. 1-01140, Di Pietro ed altri n. 1-01147, Di Biagio ed altri n. 1-01157, Galletti ed altri n. 1-01160, Gidoni ed altri n. 1-01161 e Mantovano ed altri n. 1-01163 concernenti iniziative per garantire adeguate risorse ai comparti della sicurezza, della difesa e del soccorso pubblico, con particolare riferimento all'assunzione di nuovo personale.

La seduta termina alle 20,20.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO LUCIO BARANI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 5440-A

LUCIO BARANI, Relatore. Cari Colleghi, vorrei iniziare la mia relazione alla legge di conversione dei decreto legge n. 158 sulla sanità ribadendo quanto già affermato in Commissione Affari Sociali la scorsa settimana e cioè che il decreto sanità uscito da Palazzo Chigi rappresentava già di per sé un buon provvedimento e che la Commissione di merito di questo ramo del Parlamento ha contribuito a migliorarlo, visto che negli ultimi 12 anni la Commissione non aveva mai lavorato su un provvedimento del genere che interviene su molte materie, dal governo clinico, alle ludopatie, alla riforma della medicina di base.
L'esame del provvedimento iniziato lo scorso 19 settembre, oltre alla fase di discussione e di approvazione degli emendamenti si è articolato anche attraverso lo svolgimento di un'intensa attività conoscitiva, mediante audizioni informali dei rappresentanti delle Associazioni dei medici e dei veterinari, dei farmacisti e della Conferenza delle regioni e delle province autonome. Il dibattito è stato molto ampio ed articolato anche perché sono stati presentati più di 700 emendamenti al testo iniziale del provvedimento, il cui contenuto Pag. 71ha subito varie modifiche oltre che ovviamente per il proficuo lavoro dei Commissari, anche grazie alla continua presenza del Ministro Balduzzi alle sedute della Commissione stessa. L'atteggiamento del Ministro, che ha sempre cercato un confronto sia con i relatori sia con gli altri commissari, si è rilevato fondamentale per il licenziamento del testo e per questo lo ringrazio ancora quest'oggi in aula. Raramente accade infatti che il Parlamento si possa giovare di una così assidua presenza ai propri lavori da parte dei rappresentanti del governo.
Entrando nel merito, il decreto-legge in esame, composto da 16 articoli suddivisi in quattro Capi, procede ad una riorganizzazione di alcuni fondamentali aspetti del Servizio sanitario Nazionale. Tale riassetto presenta carattere di urgenza a seguito del profondo ridimensionamento dell'offerta assistenziale di tipo ospedaliero e, più in generale, della contrazione delle risorse destinate al SSN, derivante dai provvedimenti legislativi degli ultimi anni e, più recentemente, dalle disposizioni del decreto legge n. 95/2012, recante Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario.
Viene quindi operato un riassetto del sistema delle cure territoriali, di alcuni aspetti della governance del personale dipendente del SSN, nonché il completamento della riqualificazione e razionalizzazione dell'assistenza farmaceutica. Vengono inoltre adottate misure urgenti su alcune specifiche tematiche del settore sanitario.
Il provvedimento che ha subito modifiche nel corso dell'esame presso la XII Commissione affari sociali, si suddivide in IV Capi e in 16 articoli.
Qui di seguito si darà una sintetica illustrazione del contenuto del testo come risultante dagli emendamenti approvati nel corso dell'esame in Commissione.
Il capo I (artt. 1-6-bis), contiene norme per la razionalizzazione dell'attività assistenziale e sanitaria. L'articolo 1, interamente riscritto in Commissione, dispone in tema di riordino dell'assistenza territoriale e di mobilità del personale delle aziende sanitarie. La norma in esame procede alla riorganizzazione citata dettando alcuni principi fondamentali in tale ambito nonché, mediante alcune modifiche puntuali all'articolo 8, comma 1, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, innovando la disciplina del rapporto tra il Servizio sanitario nazionale e i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta e gli specialisti ambulatoriali, definita dagli accordi collettivi nazionali di durata triennale, sulla scorta di quanto, in parte, già delineato dagli Accordi medesimi.
Spetta alle regioni definire l'organizzazione dei servizi territoriali di assistenza primaria, promuovendo l'integrazione con il sociale, anche con riferimento all'assistenza domiciliare, e con i servizi ospedalieri prevedendo forme organizzative monoprofessionali e multiprofessionali che erogano, in coerenza con la programmazione regionale, prestazioni assistenziali tramite il coordinamento e l'integrazione dei medici, delle altre professionalità convenzionate con il Servizio sanitario nazionale, degli infermieri, delle professionalità ostetrica, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione e del sociale a rilevanza sanitaria. Verrà privilegiata la costituzione di reti di poliambulatori territoriali, dotati di strumentazione di base e aperti al pubblico per tutto l'arco della giornata nonché nei giorni prefestivi e festivi con idonea turnazione.
Principi analoghi in tema di riordino delle cure primarie, vengono posti con le citate modifiche all'articolo 8 del D.lgs n. 502/1992, relativamente alla garanzia, nell'ambito dell'organizzazione distrettuale del servizio, dell'attività assistenziale per l'intero arco della giornata e per tutti i giorni della settimana (principi tra l'altro già affermati nella formulazione previgente dell'articolo 8, comma 1, lettera e), nonché di un'offerta integrata delle prestazioni mediche mediante l'adozione di forme organizzative monoprofessionali e multi professionali, alla facoltà per le Pag. 72aziende sanitarie di adottare, anche tramite il distretto sanitario, forme di finanziamento a budget per le forme organizzative multi professionali, alla previsione dei modi attraverso i quali le aziende sanitarie locali, coerentemente con gli indirizzi regionali e nazionali, individuano gli obbiettivi e concordano i programmi di attività delle nuove forme aggregative, alla possibilità per le aziende sanitarie, di stipulare accordi per l'erogazione di specifiche attività assistenziali con particolare riguardo ai pazienti affetti da patologia cronica. Viene inoltre prevista l'adesione obbligatoria dei medici all'assetto organizzativo e al sistema informativo definiti da ciascuna regione, nonché al Sistema Informativo Nazionale (SIS), compresi gli aspetti relativi al sistema della tessera sanitaria e all'implementazione della ricetta elettronica. Viene stabilito il termine di 180 giorni per l'adeguamento degli accordi collettivi nazionali relativi alla disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale, e con gli specialisti ambulatoriali ai principi sopra esposti: decorso inutilmente tale termine con decreto ministeriale, sentita la Conferenza delle regioni e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative vengono emanate disposizioni che, nelle more delle conclusioni delle trattative, attuano in via provvisoria i nuovi principi. Infine viene consentito alle regioni, per comprovate esigenze di riorganizzazione della rete assistenziale, previo confronto con le organizzazioni sindacali firmatarie dei Contratti collettivi nazionali, di attuare processi di mobilità del personale dipendente dalle ASL.
L'articolo 2 reca modifiche alla legge n. 120/2007, con l'intento di delineare il passaggio a regime dell'attività libero professionale intramuraria, fissando al 31 dicembre 2012 il termine per la ricognizione straordinaria degli spazi da dedicare all'attività libero professionale intramuraria. Gli spazi ambulatoriali potranno essere acquisiti anche tramite l'acquisto o la locazione presso strutture sanitarie autorizzate non accreditate, nonché tramite la stipula di convenzioni con altri soggetti pubblici. Le regioni e le province autonome nelle quali siano presenti aziende sanitarie nelle quali risultino non disponibili gli spazi per l'esercizio dell'attività libero professionale, possono autorizzare, limitatamente alle medesime aziende sanitarie, l'adozione di un programma sperimentale che preveda lo svolgimento delle stesse attività, in via residuale, presso gli studi privati dei professionisti collegati in rete, previa sottoscrizione di una convenzione annuale rinnovabile tra il professionista interessato e l'azienda di appartenenza. È prevista l'adozione di sistemi che consentano il controllo dei volumi delle prestazioni libero-professionali, che non devono essere superiori a quelli eseguiti nell'orario di lavoro. Entro il 31 marzo 2013 dovrà essere attivata una infrastruttura di rete per il collegamento in voce o in dati, ed entro il 30 aprile 2013 il pagamento di tutte le prestazioni dovrà essere corrisposto al competente ente o azienda del SSN, mediante mezzi di pagamento che assicurino la tracciabilità della corresponsione di qualsiasi importo. Alla stessa data dovrà essere adottato un programma sperimentale che preveda lo svolgimento dell'attività libero-professionale intramuraria, presso gli studi privati dei professionisti collegati in rete. Le autorizzazioni finora concesse per l'attività intramuraria allargata in studi professionali cessano al 31 dicembre 2012. Oltre quella data, l'autorizzazione può essere prorogata fino all'attivazione del collegamento dello studio professionale alla infrastruttura di rete e comunque non oltre il 30 aprile 2013. Dal 28 febbraio 2015 l'intramoenia allargata potrà essere posta a regime, previa verifica della sua funzionalità tramite strumenti di controllo, in parte già previsti dalla legge n. 120/2007. È stata infine prevista la rideterminazione delle tariffe, attraverso la definizione di un tariffario.
L'articolo 2-bis, inserito nel corso dell'esame presso la commissione, mediante l'inserimento di un comma all'articolo 15 del decreto-legge n. 95/2012, prevede l'istituzione, con decreto non regolamentare del Ministro della salute da adottare entro 15 giorni dalla data di entrata in vigore Pag. 73della legge di conversione, di una Commissione per la formulazione di proposte per l'aggiornamento delle tariffe per la remunerazione delle prestazioni sanitarie. La Commissione è composta da rappresentanti del Ministero della salute, dell'economia e della Conferenza Stato-regioni e conclude i suoi lavori entro 60 giorni dalla data dell'insediamento.
L'articolo 3 disciplina alcuni aspetti della responsabilità professionale, stabilendo il principio che, l'esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica nazionale e internazionale non risponde penalmente per colpa lieve, salvo comunque l'obbligo di cui all'articolo 2043 del codice civile: nella determinazione del risarcimento del danno il giudice tiene debitamente conto della condotta sopra descritta. Tale norma rivoluziona, con realistica sensibilità, il sistema-sanità, offrendo la giusta attenzione al professionista che sia adempiente alle linee guida e ligio alle indicazioni della scienza. Con tale innovazione, il medico, se dovesse rispondere per colpa lieve, sarà sempre tenuto a risarcire il danno, ma non andrà incontro a responsabilità penali. Con questa scelta, modernissima, si è dato un durissimo colpo ai guasti della medicina cosiddetta difensiva (il medico, temendo responsabilità, evita di agire), stimolando un percorso virtuoso che, ad effetto domino, porterà il professionista ad essere più attento all'adempimento, con beneficio per i pazienti e per l'intero sistema-sanità».
Viene poi demandato ad un provvedimento regolamentare, da emanare nel rispetto di alcuni criteri, la disciplina delle procedure e dei requisiti minimi ed uniformi per l'idoneità dei contratti di assicurazione degli esercenti le professioni sanitarie, anche in attuazione dell'articolo 3, comma 5, lettera e) del decreto-legge n. 138/2011 che statuisce il principio dell'obbligo del professionista di stipulare, a tutela del cliente, idonea assicurazione per i rischi derivanti dall'esercizio dell'attività professionale.
Viene consentito il risarcimento del danno biologico conseguente all'attività dell'esercente della professione sanitaria mediante il rinvio alle tabelle di cui agli articoli 138 e 139 del D.Lgs. n. 209/2005.
L'articolo 3-bis, inserito durante l'esame in Commissione, prevede l'istituzione di unità di risk management all'interno delle aziende ospedaliere e ospedaliere-universitarie, degli IRCSS di diritto pubblico, degli ospedali classificati e delle strutture di ricovero private accreditate, con il compito di individuare le situazioni e le prestazioni sanitarie potenzialmente rischiose, di interagire con i soggetti coinvolti e con l'assicuratore nel caso in cui si verifichi un fatto che comporti l'attivazione della copertura assicurativa obbligatoria e di prestare consulenza in materia assicurativa. Oltre ad attribuire competenze ulteriori alle unità sopra descritte le regioni e province autonome possono istituire unità di risk management all'interno delle strutture sanitarie e osservatori regionali dei contenziosi. Viene prevista l'istituzione presso il Ministero della salute di un Osservatorio nazionale per il monitoraggio del rischio clinico.
L'articolo 4 detta disposizioni in tema di dirigenza sanitaria e di governo clinico. Il comma 1 reca modifiche ed integrazioni ad alcuni articoli (3, 3-bis, 7-quater, 15, 15-ter, 15-septies, 15-novies e 17) del decreto legislativo n. 502/1992. Vengono disciplinate le modalità di nomina dei direttori generali delle aziende e degli enti del servizio sanitario regionale da parte delle regioni, tenute ad attingere obbligatoriamente ad un elenco regionale di idonei, aggiornato almeno ogni due anni, costituito mediante una selezione effettuata, secondo criteri individuati dalle regioni, da una commissione di cui è disciplinata la composizione, costituita dalla regione medesima. Vengono definiti gli strumenti e le modalità di valutazione dei dirigenti medici e sanitari; per assicurare un'omogeneità nella valutazione dell'attività dei direttori generali viene rimesso alle regioni il compito di concordare, in sede di Conferenza delle regioni, criteri e sistemi di verifica sulla base di parametri Pag. 74definiti. Viene poi stabilita una nuova e specifica disciplina per il conferimento degli incarichi di direttore di struttura complessa e di responsabile di struttura semplice. Per i direttori di struttura complessa viene previsto che una commissione - composta dal direttore sanitario e da tre direttori di struttura complessa nella medesima disciplina dell'incarico da conferire - individui una terna di candidati idonei tra i quali la scelta viene effettuata dal direttore generale, con l'obbligo di una motivazione analitica qualora si discosti dal criterio del miglior punteggio. Sono assicurate adeguate forme di pubblicità agli atti del procedimento di nomina ed è prevista una conferma al termine di un periodo di prova di sei mesi - prorogabile di altri sei. Vengono poi definite le modalità per il conferimento degli incarichi di responsabile di struttura semplice, intesa come articolazione interna di una struttura complessa - in tal caso l'incarico è attribuito dal direttore generale su proposta del direttore della struttura complessa di afferenza - e di responsabile di struttura semplice intesa come articolazione interna di un dipartimento - incarico attribuito dal direttore generale, sentiti i direttori delle strutture complesse di afferenza al dipartimento, su proposta del direttore di dipartimento -. Inoltre il collegio di direzione viene inserito tra gli organi dell'azienda e vengono fissati contestualmente, alcuni principi in merito alla sua composizione e alle sue funzioni.
Con una norma inserita durante l'esame in Commissione, vengono inoltre dettate disposizioni sul collocamento a riposo dei dirigenti medici e sanitari del SSN, stabilito al compimento del sessantasettesimo anno di età ma che può avvenire fino al settantesimo anno di età su istanza dell'interessato, con l'assenso dell'azienda, e senza che quest'ultima aumenti il numero complessivo dei propri dirigenti. Inoltre, con un'altra disposizione inserita durante l'esame in commissione (comma 5) viene consentito ai dipendenti del Servizio sanitario nazionale in possesso dei requisiti anagrafici e contributivi che avrebbero consentito la decorrenza del trattamento pensionistico entro il 31 dicembre 2014, di richiedere l'accesso al trattamento pensionistico entro tale data con il riconoscimento di un periodo aggiuntivo fino a 30 mesi. Sono poi poste contestualmente una serie di obblighi a carico dell'azienda sanitaria e di limitazioni nella corresponsione del trattamento di fine rapporto al personale citato. Quest'ultima norma permette di favorire il pensionamento per tutti gli addetti del SSN ed in particolare per coloro che ricoprono incarichi che nel tempo sono stati esternalizzati, ma solo per quelli che abbiano maturato i requisiti, come già previsto dal provvedimento sulla spending review articolo 2, comma 11, legge n. 135 del 2012. Si tratta di cuochi, addetti alle pulizie, uscieri, guardie a carico delle strutture sanitarie, le cui mansioni sono state però affidate a società esterne. Ciò consentirebbe di assumere medici ed infermieri, uno ogni cinque addetti pensionati in linea con le altre misure finalizzate ad elevare gli standard qualitativi della sanità italiana. In sostanza si tratta di alleggerire economicamente il Sistema Sanitario Nazionale, pensionando quanti sono impossibilitati a svolgere il proprio lavoro, causa l'affidamento a terzi delle loro mansioni, a beneficio del bene primario della salute.
Nel corso dell'esame in Commissione è stato inserito un nuovo articolo 4-bis che detta disposizioni dirette a consentire, allo scopo di assicurare la costante erogazione dei servizi sanitari e il rispetto dei livelli essenziali di assistenza, l'assunzione di personale a tempo indeterminato e determinato da parte delle aziende sanitarie locali, anche in deroga alla normativa vigente in tale ambito, nel rispetto degli equilibri programmati di finanza pubblica. Per le stesse finalità viene consentita una disapplicazione del blocco automatico del turn over nelle regioni sottoposte ai Piani di rientro dai disavanzi sanitari, nel rispetto di criteri stabiliti.
L'articolo 5 prevede l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (LEA) con prioritario riferimento alle malattie croniche ed, alle malattie rare. Viene prevista Pag. 75l'emanazione, entro il 31 dicembre 2012, di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano e con il parere delle Commissioni parlamentari competenti.
È inoltre prevista l'istituzione di un fondo da parte del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con quello della salute, attingendo ai proventi dei giochi autorizzati dall'Amministrazione Autonoma dei monopoli di Stato, per garantire copertura finanziaria ai LEA con riferimento alle prestazioni di prevenzione e cura della ludopatia ed è previsto l'aggiornamento del nomenclatore tariffario entro il 31 maggio 2013.
L'articolo 6 dispone diverse misure in materia di edilizia sanitaria, per sviluppare il coinvolgimento del capitale privato nei lavori di ristrutturazione e di realizzazione di strutture ospedaliere, per semplificare l'applicazione della normativa antincendio alle strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e private e per accelerare l'utilizzazione delle risorse per la realizzazione di strutture di accoglienza dei detenuti degli ex ospedali psichiatrici giudiziari. In questo ultimo caso vengono anche consentite alcune deroghe alla procedura di attuazione del programma pluriennale di interventi in edilizia sanitaria. Una specifica attenzione viene dedicata all'adeguamento delle strutture sanitarie per le cure pediatriche alle esigenze dei bambini ed a quelle di accoglienza e soggiorno dei genitori che li assistono.
L'articolo 6-bis, inserito nel corso dell'esame in Commissione, prevede che le eventuali plusvalenze derivanti dalla vendita di immobili consentita alle regioni non in piano di rientro ai fini del ripiano del disavanzo sanitario, possono essere utilizzate dalle regioni per finalità extrasanitarie. Esso inoltre estende fino al 31 dicembre 2013 il divieto di intraprendere o proseguire azioni esecutive nei confronti delle regioni sottoposte a piano di rientro e commissariate ed estingue di diritto i pignoramenti e le prenotazioni a debito sulle rimesse finanziarie trasferite dalle regioni alle aziende sanitarie locali e ospedaliere.
Il capo II (artt. 7-9) dispone in tema di riduzione dei rischi sanitari connessi all'alimentazione e alle emergenze veterinarie.
L'articolo 7 reca disposizioni in materia di vendita di prodotti del tabacco e di bevande alcoliche, di misure di prevenzione per contrastare la ludopatia nonché disposizioni relative all'attività sportiva non agonistica. Vengono stabiliti obblighi e divieti relativamente alla vendita di tabacco e di bevande alcoliche ai minorenni - anche mediante distributori automatici - la cui violazione è punita con l'applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie. Inoltre al fine di contenere la diffusione delle dipendenze dalla pratica di gioco con vincite in denaro, è posto il divieto di messaggi pubblicitari dei giochi di cui sopra in trasmissioni televisive o radiofoniche e di rappresentazioni teatrali o cinematografiche rivolte ai minori nei trenta minuti precedenti e successivi alla trasmissione delle stesse, nonché la pubblicità sulla stampa periodica o quotidiana ad essi rivolta e il divieto di ingresso dei minorenni nelle aree destinate al gioco. Peraltro i gestori di sale da gioco e di esercizi a queste assimilabili sono tenuti ad esporre nei locali il materiale informativo predisposto dalle ASL diretto ad evidenziare i rischi correlati al gioco e la presenza sul territori odi servizi dedicati alla cura e al reinserimento sociale dei soggetti affetti da queste patologie. Anche in tal caso sono previste sanzioni amministrative pecuniarie. Viene poi contemplato un piano annuale di controlli, predisposto da AAMS, d'intesa con la SIAE, la Polizia di Stato, l'Arma dei carabinieri e la Guardia di finanza di almeno diecimila verifiche specificamente destinati al contrasto del gioco minorile, nei confronti degli esercizi commerciali in cui sono presenti apparecchi di gioco o attività di scommessa su eventi sportivi e non sportivi, collocati in prossimità di istituti scolastici Pag. 76primari e secondari, di strutture sanitarie ed ospedaliere, di luoghi di culto e la pianificazione dal parte dell'AAMS di una progressiva ricollocazione degli apparecchi di gioco a moneta (AWP), territorialmente prossimi alle strutture di cui sopra, relativamente alle concessioni di raccolta di gioco pubblico bandite successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Viene poi istituito un Osservatorio presso l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato per individuare le misure più efficaci per contrastare la diffusione del gioco d'azzardo e il fenomeno della dipendenza grave. Particolari obblighi relativi alla certificazione medica e ad idonei controlli, sono poi previsti al fine di salvaguardare la salute dei cittadini che praticano un'attività sportiva non agonistica o amatoriale e per questo la Commissione ha voluto migliorare ulteriormente il testo prevedendo che anche i piccoli italiani che si avvicinano allo sport vengano più tutelati grazie a visite mediche e controlli ad hoc. Infatti è stato approvato in Commissione Affari Sociali l'emendamento che estende le tutele previste dal decreto «Balduzzi» anche ai bambini dai 6 anni in poi, una misura importante, perché lo sport fa bene, ma deve essere sicuro e può diventare un'arma di prevenzione per maggiori controlli, specie nell'età dello sviluppo, potendo così evidenziare patologie congenite e consentire interventi precoci». Il dicastero disporrà inoltre le linee guida per effettuare controlli sanitari sui praticanti e per la dotazione e l'impiego, da parte di società sportive «sia professionistiche che dilettantistiche», di defibrillatori semiautomatici e di eventuali altri dispositivi salvavita.
L'articolo 8 reca norme in materia di sicurezza alimentare e di bevande. Al fine di aggiornare la normativa nazionale dedicata ai prodotti per esigenze nutrizionali particolari e di trasferire le relative competenze alle regioni, province autonome e aziende sanitarie locali (ASL), viene attribuito a queste ultime il riconoscimento degli stabilimenti di produzione e confezionamento, previo controllo del rispetto della normativa comunitaria e di alcuni requisiti e viene attribuita al Ministro della salute la facoltà di compiere verifiche ispettive. Al fine di garantire la sicurezza alimentare dei consumatori, sono poi stabiliti alcuni obblighi riguardanti il commercio di pesce, di latte crudo e di bevande analcoliche. Si tratta di obblighi informativi sulle caratteristiche e il corretto trattamento del prodotto la cui violazione è punita con sanzione amministrativa. Viene poi stabilito che le bevande analcoliche devono essere commercializzate con un contenuto di succo naturale non inferiore al 20%. Tuttavia le bevande prodotte anteriormente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto prive del contenuto minimo obbligatorio possono essere commercializzate entro i successivi otto mesi. L'innalzamento della percentuale di frutta nelle bevande con denominazioni di fantasia costituisce un vero e proprio traguardo lungo il percorso di tutela dalla salute dei cittadini ed in particolare dei giovani.
L'articolo 9, non modificato nel corso dell'esame in commissione, al fine di procedere in presenza di malattie infettive e diffusive del bestiame, anche di rilevanza internazionale, all'eradicazione prescritta dalla normativa dell'Unione europea, reca disposizioni in materia di emergenze veterinarie.
Il Capo III (artt. 10-13) reca Disposizioni in materia di farmaci e di servizio farmaceutico.
L'articolo 10 reca disposizioni in materia di farmaci. Il comma 1 snellisce alcuni adempimenti finora richiesti per la produzione e l'immissione in commercio dei medicinali. I commi seguenti, intendono invece assicurare, su tutto il territorio nazionale, l'erogazione e l'utilizzo uniforme dei medicinali innovativi di particolare rilevanza, garantendo la parità di trattamento di tutti gli assistiti nei vari ambiti regionali. Le disposizioni in esame riproducono quasi fedelmente l'Accordo del 2010, stipulato in sede di Conferenza Stato-regioni, ma mai completamente attuato, testualmente richiamato. Infine, per Pag. 77poter valutare in maniera puntuale il requisito di innovatività, viene prevista una procedura di riesame, su istanza regionale, che permetterà una attenta valutazione, da parte dell'AIFA, di tutti gli eventuali nuovi elementi che, a giudizio delle regioni, possono porre in dubbio il requisito in precedenza riconosciuto.
L'articolo 11 contiene disposizioni finalizzate ad una revisione straordinaria del Prontuario farmaceutico nazionale nonché disposizioni dirette a favorire, da parte del SSN, l'impiego razionale ed economicamente compatibile dei medicinali. La misura è stata resa necessaria per adeguare il settore farmaceutico convenzionato agli interventi sulla spesa farmaceutica attuati con il decreto-legge n. 95/2012, che hanno fra l'altro ridotto gli spazi economici destinati alla rimborsabilità dei farmaci. A tal fine, si prevede che, entro il 30 giugno 2013 l'AIFA proceda ad una revisione straordinaria del Prontuario farmaceutico nazionale escludendo dalla rimborsabilità i farmaci terapeuticamente superati. Tuttavia se alla scadenza di un accordo sul prezzo di un medicinale stipulato tra l'AIFA e un'azienda farmaceutica il medicinale viene escluso dalla rimborsabilità, l'AIFA può stabilirne l'ulteriore dispensazione a carico del SSN ai soli fini del completamento della terapia per i pazienti già in trattamento. Va ricordato che il testo originario del provvedimento includeva nella revisione straordinaria sopracitata anche i farmaci la cui efficacia non risulti sufficientemente dimostrata alla luce delle evidenze rese disponibili dopo l'immissione in commercio. Prevedeva anche, in relazione ai farmaci che non soddisfino il criterio di economicità in rapporto al risultato terapeutico previsto, l'avvio, da parte dell'AIFA, della procedura di rinegoziazione del prezzo, stabilendo al 31 dicembre 2013 il termine per l'eventuale esclusione di questi ultimi prodotti dal Prontuario farmaceutico nazionale. Queste disposizioni sono state soppresse nel corso dell'esame in commissione, per dare certezza in merito al rispetto della tutela brevettuale, nella fase del rimborso dei farmaci equivalenti. Non si comprende, pertanto, la necessità di inserire tale misura in un provvedimento di legge, che in termini perentori sancisce delle scadenze temporali, senza considerare le condizioni e i termini degli accordi negoziali in essere tra AIFA e azienda. Peraltro con cadenze specifiche tale attività è già svolta dall'AIFA.
Viene inoltre consentito alle regioni e alle province autonome di sperimentare sistemi di riconfezionamento e distribuzione dei medicinali agli assistiti presso strutture ospedaliere e residenziali in modo da eliminare sprechi e consumi impropri. È stato soppresso da un emendamento della Commissione il comma 3, che prevedeva che potessero essere utilizzati farmaci off label (cioè farmaci fuori etichetta che possono essere utilizzati anche per indicazioni diverse da quelle per le quali sono stati autorizzati al commercio). La Legge n. 648/96 vigente consente di erogare a carico del Servizio Sanitario Nazionale un medicinale per un'indicazione non autorizzata solo in mancanza di una valida alternativa terapeutica. Tali medicinali, che acquisiscono parere favorevole dalla Commissione Tecnico Scientifica dell'AIFA, vengono inseriti in un elenco periodicamente aggiornato. La misura contenuta nel testo base del DL estendeva la possibilità di utilizzare i medicinali per indicazioni non approvate anche nei casi in cui l'alternativa terapeutica è presente attraverso un prodotto autorizzato, ma giudicato eccessivamente oneroso per il Servizio Sanitario Nazionale. Questa norma privava i pazienti di un medicinale ad hoc presentando rischi per la salute dei cittadini, in quanto il meccanismo proposto era volto al contenimento della spesa del SSN piuttosto che all'efficacia 'dimostrata' della cura.
Inoltre una disposizione del genere pone forti perplessità sotto il profilo della disciplina concorrenziale, provocando un danno per tutte le aziende che hanno investito in ricerca, sviluppo e innovazione su farmaci che hanno indicazioni terapeutiche autorizzate, a vantaggio di prodotti che non hanno un'esplicita autorizzazione, Pag. 78favorendo così l'uso nei pazienti di farmaci non sufficientemente testati. Per questo si è ritenuto non snaturare i principi alla base della Legge n. 648/96 che garantisce sempre un medicinale regolarmente autorizzato sulla base di studi conformi alle normative europee, che forniscono le necessarie garanzie ai pazienti ai quali è destinato e che ha completato le procedure di contrattazione del prezzo con AIFA. Sotto un profilo giuridico si sarebbe configurato una palese violazione della normativa comunitaria, dal momento che le modifiche introdotte istituivano un vero e proprio processo regolatorio alternativo e competitivo a quello definito in sede europea, poiché destinato a consentire, di fatto, l'immissione in commercio generalizzata di farmaci al di fuori delle indicazioni autorizzate attraverso il corretto iter.
Credo sia facile intuire che la norma originariamente proposta nel Decreto Balduzzi, non genera alcun contenimento della spesa ed espone invece le strutture ospedaliere e le istituzioni coinvolte alle richieste di risarcimento da parte dei pazienti che potrebbero subire danni se curati con terapie non idonee.
L'articolo 11-bis, inserito durante l'esame in commissione, vieta il trasferimento per atto tra vivi dell'autorizzazione sanitaria all'esercizio della farmacia, in caso di condanna con sentenza di primo grado per il reato di truffa ai danni del Servizio sanitario nazionale, fino alla conclusione del procedimento penale a seguito di sentenza definitiva.
L'articolo 12, ampiamente modificato nel corso dell'esame in commissione, reca interventi sulle procedure di classificazione dei medicinali. Esso stabilisce preliminarmente che la domanda di classificazione di un medicinale tra quelli erogabili a carico del SSN è istruita dall'AIFA contestualmente alla contrattazione del relativo prezzo; viene poi disposto che le aziende farmaceutiche possono presentare all'AIFA la domanda sopracitata soltanto dopo aver ottenuto l'autorizzazione all'immissione in commercio dello stesso medicinale. Derogano a tale disposto i farmaci orfani, quelli di eccezionale rilevanza terapeutica e sociale e quelli utilizzabili esclusivamente in ospedale per i quali la domanda di classificazione può essere presentata anteriormente all'autorizzazione all'immissione in commercio. Nelle more di un'eventuale domanda di diversa classificazione da parte dell'azienda interessata, i medicinali che ottengono un'AIC comunitaria o nazionale sono automaticamente collocati in una apposita sezione dedicata ai farmaci non ancora valutati ai fini della rimborsabilità e classificati nei medicinali di Fascia C, interamente a carico dell'assistito. I medicinali generici e quelli biosimilari vengono automaticamente collocati nella classe di rimborso a cui appartiene il medicinale di riferimento, qualora l'azienda titolare proponga un prezzo di vendita di evidente convenienza per il SSN.
Per quanto riguarda la sperimentazione clinica, L'AIFA viene riconosciuta l'Autorità competente e viene ridimensionato il numero di Comitati etici. Entro il 30 giugno 2013 ciascuna delle regioni e delle province autonome provvede a riorganizzare i comitati etici presenti nel proprio territorio sulla base di alcuni criteri tra i quali l'attribuzione a ciascun comitato etico della competenza territoriale di una o più province, in modo che sia rispettato il parametro di un comitato per milione di abitanti.
L'articolo 13 interviene in materia di medicinali omeopatici e di adempimenti riguardanti la macellazione degli animali, al fine di semplificare l'attuazione delle norme. Viene confermato per i medicinali omeopatici presenti sul mercato italiano alla data del 6 giugno 1995, il termine del 31 dicembre 2015 per avviare la procedura di registrazione. Viene introdotta la facoltà per le aziende titolari produttrici dei medicinali omeopatici presenti sul mercato alla data del 6 giugno 1995, in alternativa alla documentazione richiesta dal modulo 4 di cui all'allegato 1 al D.Lgs. n. 219 del 2006, di presentare, per la suddetta registrazione, una dichiarazione autocertificativa con particolari caratteristiche. Viene poi rimesso ad un decreto del Ministro Pag. 79della salute da adottare entro il 30 novembre 2012, un aggiornamento delle tariffe con un incremento del 10% degli importi applicabile dal 1o gennaio 2013, e la determinazione del diritto annuale dovuto per ciascuna registrazione di medicinale omeopatico o di origine vegetale. Disposizioni particolari vengono poi stabilite per i medicinali veterinari omeopatici e in relazione agli allevamenti animali.
Il capo IV (artt. 14-16), reca le Norme finali.
L'articolo 14 dispone la razionalizzazione di taluni enti sanitari.
Il comma 1 sopprime e pone in liquidazione la società consortile CO.AN.AN, le cui funzioni saranno trasferite, per quanto di competenza, ai due dicasteri dell'Agricoltura e della Salute. I commi da 2 a 7 provvedono a configurare come ente con personalità giuridica di diritto pubblico l'Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti (INMP), e a dettarne la conseguente disciplina. Le disposizioni citate, al fine di limitare gli oneri per il servizio sanitario nazionale per l'erogazione delle prestazioni in favore delle popolazioni immigrate qualificano l'INMP come ente con personalità giuridica di diritto pubblico, dotato di autonomia organizzativa, amministrativa, contabile, posto sotto la vigilanza del Ministero della salute e avente quale compito istituzionale la promozione di attività di assistenza, ricerca e formazione per la salute delle popolazioni migranti e il contrasto delle malattie della povertà. I commi 8 e 9 dell'articolo pongono fine al contenzioso conseguente all'articolo 52, comma 23, legge n. 289/2002 (legge finanziaria 2003) ed alla sentenza della Corte Costituzionale n. 190/2007, stabilendo la misura del contributo obbligatorio alla Fondazione ONAOSI, a carico dei sanitari dipendenti pubblici, iscritti ai rispettivi ordini professionali italiani dei farmacisti, dei medici chirurghi e odontoiatri e dei veterinari, per il periodo 1o gennaio 2003-21 giugno 2007. Viene disposto che le somme versate alla Fondazione ONAOSI per il periodo 1o gennaio 2003 - 21 giugno 2007 sono trattenute dalla Fondazione a titolo di acconto dei contributi da versare. Con delibera della Fondazione è stabilita la procedura, le modalità e le scadenze per l'eventuale conguaglio o rimborso. Dalla data di entrata in vigore del decreto in esame sono estinti ogni azione o processo relativo alla determinazione, pagamento, riscossione o ripetizione dei contributi di cui al primo periodo.
I commi da 9-bis a 12, intervengono sugli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS), con disposizioni volte a precisare la procedura per il riconoscimento, la revoca del medesimo e la documentazione a tal fine necessaria. L'intervento viene attuato intervenendo sul D.Lgs. n. 288/2003. Entro il 31 dicembre 2012 dovrà essere inoltre adottato un decreto del Ministro della salute, sentiti il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e la Conferenza Stato-regioni, in cui saranno stabiliti i criteri di classificazione degli IRCCS non trasformati, delle Fondazioni IRCCS e degli altri IRCCS di diritto privato sulla base di indicatori quali-quantitativi di carattere scientifico di comprovato valore internazionale. Il medesimo decreto dovrà individuare le modalità attraverso cui realizzare l'attività di ricerca scientifica in materia sanitaria a livello internazionale.
L'articolo 15 disciplina il trasferimento alle regioni delle funzioni di assistenza sanitaria del personale navigante (marittimo e dell'aviazione civile) e le prestazioni soggette a tariffa rese dal Ministero della salute. Al fine di semplificare l'attuazione delle norme che trasferiscono l'assistenza sanitaria del personale navigante, l'articolo 15 rivede la normativa vigente contenuta nell'articolo 4 della legge 12 novembre 2011, n. 183 (Legge di stabilità 2012).
L'articolo 15-bis inserito nel corso dell'esame in commissione, detta alcune disposizioni in tema di acquisto di beni e servizi da parte degli enti del servizio sanitario nazionale o, per essi, delle regioni e province autonome, nonché sulla determinazione dei prezzi di riferimento. L'articolo 16 dispone sull'entrata in vigore del provvedimento. Pag. 80
Il risultato fin qui ottenuto è quindi più che soddisfacente ma ci sono ancora margini di miglioramento su questioni come l'esercizio abusivo della professione, le cure palliative, la riorganizzazione della Dirigenza Sanitaria del Ministero della Salute e del CNR, le disciplina di alcune professioni mediche come i biologi, che potranno essere trattate in Aula nel corso del restante iter di conversione del decreto.

CONSIDERAZIONI INTEGRATIVE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO LIVIA TURCO IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 5440-A

LIVIA TURCO, Relatore. Il provvedimento in esame «Conversione in legge del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, recante disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute» costituisce uno strumento importante e lungimirante, ma anche urgente, per promuovere l'ammodernamento del sistema sanitario, la qualità e la sicurezza delle cure.
In questo provvedimento la salute dei cittadini è, finalmente, considerata parte integrante dello sviluppo del Paese sia nel senso che, migliorare la salute dei cittadini significa promuovere i valori costituzionalmente tutelati della dignità della persona e del suo benessere psicofisico sia nella consapevolezza che il benessere della persona costituisce un capitale umano prezioso per garantire sviluppo e crescita del Paese.
D'altra parte «la filiera della salute» è un comparto fondamentale della struttura produttiva e della ricerca scientifica del nostro Paese. Obiettivo del decreto-legge messo a punto dal Governo e dal Ministro Balduzzi è proprio quello di accrescere la competitività di questo comparto sia migliorando la qualità dell'assistenza e delle cure sia accrescendo i livelli di efficienza nel funzionamento del sistema.
Abbiamo imparato, nel corso degli anni, quanto sia prezioso il circolo virtuoso tra l'equità, l'efficienza, l'appropriatezza.
Il rilancio e l'aggiornamento alla luce dei problemi attuali del circolo virtuoso tra equità, efficienza, appropriatezza costituisce infatti il filo conduttore che unisce i sedici articoli del presente decreto-legge. A ciò dobbiamo aggiungere, in ogni momento, l'attenzione forte ai cittadini, alle loro percezioni del sistema sanitario, alle loro competenze per far crescere il sentimento di fiducia verso il sistema sanitario pubblico, universalistico e solidale.
È questo, peraltro, il cuore di un buon Governo della sanità: rendere il cittadino protagonista e responsabile verso la cura della sua persona e verso il sistema sanitario.
La sanità funziona se il cittadino vede rispettati i suoi diritti ma anche se percepisce i suoi doveri. Il dovere di non ammalarsi, il dovere di rispettare ed avere cura del Servizio Sanitario Nazionale per contribuire a renderlo universalistico e solidale deve accompagnarsi alle rivendicazioni dei diritti. Altro aspetto cruciale del buon Governo della sanità è la partecipazione attiva dei professionisti, attraverso il metodo della trasparenza, del coinvolgimento, della valutazione dei risultati ottenuti in termini di salute della popolazione, della promozione delle capacità e della selezione sulla base del merito.
Per queste ragioni è cruciale l'articolo 4 di questo decreto-legge che raccoglie, peraltro, un lungo ed importante lavoro, svolto nel corso della legislatura nell'ambito della Commissione Affari Sociali.
Il testo che approda in Aula, è il decreto del Governo che però ha avuto la saggezza di ascoltare i suggerimenti del dibattito parlamentare e del lavoro dei componenti della Commissione Affari Sociali che attraverso lo strumento delle audizioni ha coinvolto ed ascoltato le istituzioni, a partire dalle Regioni, le professioni, le forze economiche e sociali impegnate nel settore.
L'ammodernamento del sistema sanitario ed il miglioramento delle qualità e della sicurezza delle cure non può che partire da una presa in carico dei nuovi Pag. 81bisogni di salute. Cronicità, lunga convivenza con la malattia, nuovi disturbi e patologie connesse agli stili di vita, al disagio assistenziale, l'accentuarsi delle diseguaglianze nella salute in relazione agli effetti che i «determinanti» della salute (lavoro, reddito, istruzione, legami familiari e personali, differenza di genere) hanno sulla vita delle persone: questi sono gli aspetti cruciali dal punto di vita epidemiologico e dello stato della salute della nostra popolazione. Ad essi si riferiscono gli articoli del decreto-legge in esame. A partire dall'articolo 1 che propone la costruzione, finalmente, del secondo pilastro della sanità, l'assistenza territoriale che è e deve sempre più essere la medicina vicina ai cittadini.
L'articolo 1 pone in essere un cambiamento dell'organizzazione sanitaria già avviato in molte regioni, già tentate nei precedenti provvedimenti legislativi. Mi si consenta di citare l'articolo 5 del disegno di legge collegato alla finanziaria 2008 «Interventi per la qualità e la sicurezza del Sistema Sanitario Nazionale».
L'articolo 1 del decreto-legge completa il cambiamento avviato e lo traduce in un sistema coerente. È stato importante il confronto serrato che si è svolto con le Regioni e con i sindacati medici, in particolare la FIMG, che hanno dato un contributo importante di idee e proposte.
L'articolo 1 reca il «riordino dell'assistenza territoriale e della mobilità del personale delle aziende sanitarie». Il sistema dell'assistenza territoriale delineato nell'articolo 1 demanda alle Regioni, sulla base di chiari principi, il compito di organizzare il sistema delle cure primarie.
I principi sono: l'integrazione tra servizi sociali e sanitari compresi quelli ospedalieri; il tema multi professionale per realizzare il dialogo ed il lavoro comune tra diverse professionalità al fine di garantire la continuità assistenziale e la presa in carico del paziente nella sua globalità, avendo come oggetto e come fine la persona e non il corpo malato.
L'integrazione di servizi e la collaborazione tra professionali è cruciale per migliorare la qualità dell'assistenza per prendere in carico quei nuovi bisogni di salute come le cronicità, la lunga convivenza con la malattia, la formazione di stili di vita salutari.
A ciò servono le aggregazioni funzionali territoriali (AFT) che prevedono forme organizzative monoprofessionali che hanno il compito di condividere in forme strutturate, obiettivi e percorsi assistenziali, strumenti di valutazione della qualità assistenziale, linee guida e le forme organizzative multi professionali denominate Unità complesse di cure primarie (UCCP) che erogano, in coerenza con la programmazione regionale, prestazioni assistenziali tramite il coordinamento e l'integrazione dei medici, delle altre professioni convenzionate con il sistema sanitario, gli infermieri, della professionalità ostetriche tecniche, della riabilitazione, della prevenzione e del sociale a rilevanza sanitaria.
In particolare le Regioni disciplinano le unità complesse di cure primarie, privilegiando la costituzione di reti di poliambulatori territoriali dotati di strumenti di base, aperti al pubblico per tutto l'arco della giornata, nonché nei giorni prefestivi e festivi con idonea turnazione, che operano in coordinamento ed in collegamento telematico con la struttura ospedaliera. Quando sarà realizzato tutto ciò la Sanità italiana avrà un altro volto e sarà davvero più amica dei cittadini.
È dunque fondamentale il coinvolgimento dei professionisti, la loro valorizzazione, a partire dai medici di famiglia e dal personale convenzionato, così come proposto nei commi 2 e 3 dell'articolo.
L'articolo 2, primo comma, prevede che le unità complesse di cure primarie e le aggregazioni funzionali territoriali eroghino l'assistenza primaria attraverso il personale convenzionato.
L'articolo 3 individua il personale convenzionato nei medici di medicina generale, nei pediatri di libera scelta e negli specialisti ambulatoriali. Quest'ultima è una novità importante ed inderogabile per realizzare l'obiettivo della continuità assistenziale. Per i medici di medicina generale è istituito il ruolo unico, disciplinato dalla convenzione nazionale. Si tratta di Pag. 82una misura importante che pone fine alla frammentazione delle categorie e figure di medici di medicina generale e ne qualifica la professionalità.
Cruciale è il comma 4 che va a novellare l'articolo 8 del decreto legislativo 502 del 1992 «disciplina dei rapporti per l'erogazione delle prestazioni assistenziali» relativamente al rapporto tra Servizio Sanitario Nazionale ed i medici di medicina generale.
Le innovazioni introdotte nell'articolo 8 del decreto legislativo 502, da questo comma 4, sono di grande rilievo e vanno nella direzione di rendere più stringente il rapporto tra Servizio Sanitario Nazionale e medicina generale, logica conseguenza della scelta di costruire il sistema delle cure primarie di cui i medici di famiglia, i pediatri, gli apprendisti ambulatoriali sono il perno.
Pertanto le attività disciplinate dalla convenzione sono individuate tra quelle previste dai livelli essenziali di assistenza - articolo 4 comma a). La nuova organizzazione dell'assistenza territoriale rientra nei compiti delle convenzioni e dunque diventa cogente per le figure mediche convenzionali, comma 4 B-bis. Importante è anche l'innovazione contenuta al comma 4 lettera h) là dove si prevede che l'accesso al ruolo unico per le funzioni di medico di medicina generale del Servizio Sanitario Nazionale avviene attraverso una graduatoria unica per titoli, predisposta annualmente a livello regionale. Analoga situazione vale per i pediatri e gli specialisti ambulatoriali (per questi ultimi la graduatoria è provinciale).
La riformulazione dell'articolo 8 del decreto legislativo n. 502 secondo i contenuti prima indicati consente di promuovere una valorizzazione delle figure mediche della medicina generale e della pediatria rendendo strategica tale professionalità nell'ambito della nuova assistenza territoriale.
Questo è l'amore e la responsabilità per i medici di famiglia, i pediatri, che loro stessi hanno auspicato, dimostrando lungimiranza per una professione che cresce quando è al servizio di un miglioramento complessivo dell'oggetto assistenziale e dunque contribuisce a realizzare un miglioramento nella qualità e nella sicurezza delle cure rivolte ai cittadini. In questo caso, le professionalità dei medici di medicina generale, la loro disponibilità ad innovare l'esercizio della professione attraverso l'associazionismo e il team multi professionale è dirimente per adeguare il nostro sistema sanitario all'impellente bisogno di salute che è la cronicità e la lunga convivenza con la malattia, coglierlo da parte loro e decidere di praticare queste innovazioni è il modo migliore per onorare se stessi e far accrescere il prestigio delle loro professioni.
L'articolo 2 («Esercizio delle attività libero professionale intramuraria») si fa carico delle criticità emerse nell'applicazione della legge n. 120 del 2007 che governa in modo organico la materia e con l'intento di delineare il passaggio a regime dell'attività libero professionale intramuraria, ne indice le tappe applicative: ricognizione straordinaria degli spazi; infrastruttura di rete per il collegamento telematico; mezzi di pagamento che ne aggancino la tracciabilità; convenzione annuale per il collegamento in rete tra studi privati ed aziende sanitarie; rideterminazione delle tariffe.
L'articolo 3: (responsabilità professionale dell'esercente le professioni sanitarie) affronta un tema cruciale al fine di promuovere la relazione di fiducia tra il medico ed il paziente che è il cuore della buona sanità. Evitare il contenzioso medico legale superare la medicina difensiva è possibile se il medico svolge la sua opera in un ambiente sicuro che gli consente di prevenire gli errori e se sa che è perseguito penalmente quando c'è il dolo e non per colpa lieve, quando c'è un sistema di assicurazione che lo tutela. In particolare, è importante il comma 1, riformulato secondo i pareri della Commissione giustizia e dei suggerimenti pervenuti nelle audizioni. «L'esercente la professione sanitaria che nello svolgimento delle proprie attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa Pag. 83lieve. In tali casi resta comunque fermo l'obbligo di cui all'articolo 2043 del Codice Civile. Il giudice, anche nella determinazione del risarcimento del danno, tiene debitamente conto della condotta di cui al primo periodo».
È importante altresì la formazione di un Fondo per garantire idonea copertura assicurative agli esercenti le professioni sanitarie di fronte a determinate e ben definite categorie di rischio professionale - articolo 2 lettera a). Per creare una relazione di fiducia oltre alla tutela del medico vi deve essere quella del paziente così come indice il nuovo comma c bis) del comma 2, articolo 1.
Per prevenire il rischio clinico e per promuovere la sicurezza delle cure è necessario estendere la costituzione in ogni struttura ospedaliera della Unità di Risk management con l'obiettivo in particolare indicato nel comma 1, lettera a).
Non mi soffermo sull'articolo 4 già illustrato dall'onorevole Barani. Sottolineo l'importanza dell'articolo 4-bis che, al fine di garantire i livelli essenziali di assistenza, consente l'assunzione di personale, con misure volte a superare le condizioni di precarietà.
L'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza è il contenuto dell'articolo 5. Un articolo importante perché indica una data 3 dicembre 2012 entro cui il Ministero si impegna ad emanare il decreto di aggiornamento dei medesimi indicando tra le priorità la riformulazione dell'elenco delle malattie rare e delle malattie croniche.
Si chiude così una fase di grave incertezza che ha attraversato l'intera legislatura, dopo che il Governo Berlusconi, appena insediato decise la revoca del decreto sui nuovi LEA varato dal Governo Prodi.
Il dibattito nella Commissione ha arricchito l'articolo con due proposte importanti. L'impegno del Governo a procedere entro il 31 maggio 2013 all'aggiornamento del nomenclatore tariffario sulle protesi e gli ausili. La costituzione di un fondo per finanziare i livelli essenziali di assistenza con riferimento alle prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione rivolte alle persone affette da ludopatia intesa come patologia che caratterizza i soggetti affetti da sindrome da gioco con vincita in danaro così come definite dall'OMS attingendo ai proventi dei giochi autorizzati dall'Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato.
Parlando di livelli essenziali di assistenza il mio pensiero si sofferma su una particolare forma di dolore e sofferenza, di quella delle persone che vivono la fase terminale della vita. Questo Parlamento ha varato in materia una legge importante che deve essere applicata e rispetto alla quale il Ministro ha dimostrato sensibilità.
Per questo esprimo il rammarico profondo per il fatto che sia stato giudicato inammissibile un emendamento dei relatori che prevedeva il riconoscimento dell'esperienza maturata negli ospedali dai medici palliativisti prevedendone l'assunzione dal sistema sanitario. Mi auguro che tale emendamento venga riproposto nel corso del dibattito in Aula.
Il Capo II del decreto-legge è dedicato alla «Riduzione dei rischi sanitari connessi all'alimentazione ed alle emergenze veterinarie».
Si tratta di misure importanti perché affrontano disagi e disturbi emersi in questi ultimi anni nella nostra società, coinvolgendo in modo particolare i giovani, come l'abuso di alcool, la dipendenza da giochi, la crescita dell'obesità.
La discussione in Commissione, anche avvalendosi dei contributi emersi nel corso delle audizioni ha migliorato il sistema delle tutele. Mi riferisco alla sanzione amministrativa pecuniaria nei confronti di chi vende bevande alcoliche ai minori di diciotto anni.
L'ultimo capitolo cruciale è quello relativo ai farmaci.
Il settore farmacologico è cruciale per la tutela della salute ed è essenziale l'investimento nella ricerca. Esso costituisce un pilastro fondamentale del comparto produttivo del nostro Paese. È fondamentale una politica pubblica del farmaco che investe nella ricerca e nella innovazione e sostenga questo bene prezioso. Pag. 84
Nei vari provvedimenti relativi alla crescita ed allo sviluppo presentati da questo Governo è utile ed auspicabile che siano previste misure di sostegno ma questo settore cruciale. Quello farmaceutico è anche il settore in cui insieme agli investimenti bisogna perseguire con scrupolo la valutazione dell'appropriatezza, il superamento di diseconomie e sprechi.
Riteniamo pertanto essenziale l'articolo 11 che prevede la revisione straordinaria del Prontuario farmaceutico e le collocazioni in fascia e dei farmaci terapeuticamente superati e quelli la cui efficacia non risulti sufficientemente dimostrata, alla luce delle evidenze rese disponibili dall'immissione in commercio consideriamo molto grave la cancellazione, avvenuta in Commissione, dei commi 3 e 4. Ci auguriamo che il confronto in Aula solleciti un ripensamento dei colleghi ed un intervento del Governo per ripristinare, con una formulazione che metta maggiormente in risalto il legame tra economicità del farmaco e tutela della salute, i commi che sono stati soppressi. Concludo manifestando ancora una volta in questa sede che una preoccupazione sfugge nel corso di tutto il dibattito parlamentare: quella delle risorse.
Questa legge se non già dotata di adeguate risorse si tradurrà in una legge manifesto. È fondamentale dunque invertire tendenza e tornare ad investire nella salute.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO FRANCO NARDUCCI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI RATIFICA N. 5434-A

FRANCO NARDUCCI. Vicepresidente della III Commissione. Prima di illustrare il contenuto del disegno di legge in esame, mi corre l'obbligo di ricordare che il Parlamento si è già dovuto occupare della problematica soggiacente alla Convenzione che ne fa oggetto: l'assenza di un'adeguata legislazione interna riguardante le immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni.
Il decreto-legge n. 63 del 2010, senza prevedere regole sostanziali sull'immunità, si è limitato a prescrivere la sospensione delle misure esecutive a carico degli stati nelle more di procedimenti davanti a istanze giurisdizionali internazionali, facendo implicito riferimento al contenzioso allora in corso con la Germania circa il risarcimento degli internati italiani nella seconda guerra mondiale. Tale sospensione, per volontà parlamentare, è stata però vincolata a un termine temporale, poi prorogato al 31 dicembre del corrente anno, che è quindi in scadenza.
In quella fase parlamentare, abbiamo perorato l'adesione italiana alla Convenzione di New York del 2 dicembre 2004 con un ordine del giorno accolto dal Governo il 25 maggio 2010. La presentazione del disegno di legge in esame adempie quindi a tale atto di indirizzo.
La Convenzione, adottata per consensus il 2 dicembre 2004 dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite, contribuisce alla certezza dei rapporti giuridici, consentendo di disporre di criteri univoci volti a orientare la giurisprudenza.
La Convenzione entrerà in vigore il trentesimo giorno successivo al deposito del trentesimo strumento di ratifica, accettazione, approvazione o accessione. Ad oggi, ventotto Stati hanno firmato la Convenzione e soltanto tredici Stati l'hanno ratificata o vi hanno aderito. Per quanto la Convenzione non sia ancora entrata in vigore, né stia presumibilmente per entrarvi in tempi brevi, occorre rilevare che è vigente sul piano internazionale, per lo Stato firmatario, l'obbligo di agire in buona fede, ossia di comportarsi in modo non contraddittorio e contrastante rispetto alla disciplina fissata nel testo convenzionale.
La Convenzione si compone di un preambolo e di trentatré articoli suddivisi in sei parti. La parti prima e seconda (articoli 1-9) fissano gli scopi generali. La parte terza (articoli 10-17) disciplina le ipotesi in cui l'immunità non può essere invocata dallo Stato convenuto. La parte quarta (articoli 18-21) detta norme in Pag. 85materia di immunità dalle misure di esecuzione e dalle misure cautelarci. La parte quinta (articoli 22-24) prevede disposizioni di natura procedurale. Infine, la parte sesta contiene clausole finali, tra le quali spicca per importanza quella relativa al sistema di soluzione delle controversie.
La Convenzione enuncia l'immunità quale regola generale: lo Stato-parte è tenuto a darvi immediato effetto, astenendosi dall'esercitare la giurisdizione in un procedimento pendente davanti ai propri tribunali contro un altro Stato e dovendo assicurare che i suoi tribunali accertino d'ufficio che l'immunità dell'altro Stato sia rispettata.
La Convenzione enumera una serie di eccezioni nelle quali la giurisdizione civile può essere esercitata. In particolare, la Convenzione individua tre categorie di procedimenti a seconda del loro oggetto: la prima attiene alle transazioni commerciali tra Stati e persone fisiche e giuridiche straniere. L'applicazione di tale disposizione della Convenzione nell'ordinamento italiano non dovrebbe comportare problemi particolari alla luce della prassi giurisprudenziale.
Anche recentemente, con riferimento al noto caso dei bonds argentini, la Corte di cassazione ha applicato il criterio della natura dell'atto, concludendo che la collocazione sul mercato di obbligazioni da parte di uno Stato straniero rientra nella categoria degli atti privatistici, per i quali è esclusa l'immunità, e che, invece, i provvedimenti di moratoria, che perseguono la funzione pubblica di tutela dei bisogni primari di sopravvivenza economica della popolazione, devono essere sottratti dal controllo giurisdizionale.
Una seconda importante categoria di eccezioni alla regola generale dell'immunità comprende i procedimenti relativi a contratti di lavoro, su cui ha richiamato l'attenzione in sede consultiva la competente Commissione parlamentare.
Ai sensi della Convenzione, devono sussistere cumulativamente ai fini del riconoscimento dell'immunità sia il criterio dell'accessorietà rispetto alle pubbliche funzioni sia quello della patrimonialità della pretesa azionata. Pertanto, a confronto con il consolidato orientamento della giurisprudenza italiana, la Convenzione potrebbe considerarsi meno protettiva dei diritti del lavoratore. Tuttavia occorre rilevare che sono molto rari i casi in cui il giudice italiano ha riconosciuto sussistente la giurisdizione rispetto a domande di carattere non patrimoniale (quali la reintegrazione nel posto di lavoro o l'inquadramento superiore).
La terza categoria di procedimenti per i quali non è possibile invocare l'immunità concerne i procedimenti relativi al risarcimento dei danni derivanti da morte o lesioni personali e dei danni ai beni.
L'indirizzo seguito dalla Convenzione è in linea con le soluzioni cui perviene la giurisprudenza italiana, secondo cui non è lo Stato straniero a essere soggettivamente immune dalla giurisdizione esecutiva, ma sono i suoi beni a non poter essere oggetto di esecuzione se destinati all'adempimento delle sue funzioni pubbliche.
Ai fini di una migliore comprensione del contesto giuridico-internazionale nel quale si colloca l'adesione italiana alla Convenzione di New York, ricordo la sentenza resa dalla Corte internazionale di giustizia il 3 febbraio 2012 a definizione della controversia apertasi tra Italia e Germania sulle riparazioni dovute a cittadini italiani per crimini di guerra. La Corte ha riconosciuto che l'immunità dalla giurisdizione impedisce alle vittime di ricorrere in giudizio contro la Germania, rinviando la soluzione del problema ad un eventuale negoziato diretto tra i due stati.
Colgo l'occasione per sottolineare come questa strada debba essere politicamente ripresa dal nostro Governo per dare una soluzione all'annoso problema e dare soddisfazione anche morale alle vittime superstiti ed ai loro familiari.
La disposizione dell'articolo 3 del disegno di legge di ratifica serve pertanto ad evitare situazioni incresciose come quella creatasi dinanzi alla Corte dell'Aja. Pag. 86
Si tratta di un intervento legislativo necessitato alla luce dell'interpretazione che la stessa Corte internazionale ha dato dell'articolo 59 del proprio Statuto, che risulta avallato dal parere favorevole reso dalla Commissione giustizia.
L'articolo 3 del provvedimento mira quindi a conformare l'ordinamento interno a pronunce della Corte internazionale di giustizia che escludano la sussistenza della giurisdizione civile relativamente a condotte adottate da uno Stato estero, posta la loro qualificazione in termini di atti iure imperii.
A fronte dunque di una pronuncia della Corte che nega la giurisdizione del giudice civile nazionale nei confronti di altro Stato, il disegno di legge delinea due strade. Se la causa civile in Italia è ancora in corso, demanda al giudice adito davanti al quale pende la controversia di dichiarare, d'ufficio, in qualsiasi stato e grado del giudizio, il proprio difetto di giurisdizione. Se la causa civile è già conclusa consente la revocazione della sentenza in deroga alle disposizioni generali del codice di procedura civile.
Segnalo, infine, che nel corso dell'esame in sede referente è emersa l'opportunità di modificare, tramite l'approvazione di un emendamento, la natura del provvedimento in esame da «ratifica» ad «adesione», dal momento che il nostro Paese non ha sottoscritto la Convenzione entro la scadenza prevista.

TESTO INTEGRALE DEGLI INTERVENTI DEI DEPUTATI ENRICO PIANETTA E STEFANO ALLASIA IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI RATIFICA N. 5434-A.

ENRICO PIANETTA. I principi di indipendenza e sovrana uguaglianza tra gli Stati ha dato luogo alla norma consuetudinaria sull'immunità e da questa derivava la impossibilità di giudicare gli atti e i comportamenti di uno stato straniero senza il consenso dello stesso Stato.
Ma con l'andar del tempo la giurisprudenza interna di alcuni stati, e tra questi l'Italia, ha ristretto progressivamente l'ambito della immunità dello Stato concepita in senso assoluto ed è diventata e la si è intesa come immunità ristretta o relativa: vige per gli atti che uno stato compie secondo i suoi poteri sovrani ma non per gli atti compiuti come se fosse un privato.
Ma se da un punto di vista teorico questa distinzione è agevole, la stessa norma consuetudinaria si è rivelata di non facile applicazione in ordine alle incertezze interpretative collegate alla distinzione tra Diritto Pubblico e Diritto Privato.
Anche perché l'intensificarsi dei rapporti tra stati e di enti di diritto pubblico in attività commerciali e di tipo privatistico impone l'esigenza di poter operare sulla base di regole certe e condivise per quanto attiene un corretto bilanciamento tra il rispetto della eguaglianza sovrana degli Stati e la tutela giurisdizionale.
L'adesione alla Convenzione di New York contribuisce alla certezza dei rapporti giuridici, consentendo di disporre di criteri univoci volti a orientare la giurisprudenza. Infatti, se sotto molteplici profili la Convenzione è largamente riproduttiva del diritto internazionale consuetudinario, su taluni delicati aspetti la Convenzione potrà costituire la base per una regolamentazione organica della materia in settori nei quali la giurisprudenza non ha ancora espresso soluzioni consolidate (specie nel campo delle misure esecutive e cautelari nei confronti di beni appartenenti a Stati esteri).
La Commissione Lavoro, in sede consultiva, ha sottolineato la necessità di assicurare che l'adesione ed esecuzione della Convenzione diano luogo ad un'applicazione del principio dell'immunità giurisdizionale, per quanto attiene la specifica fattispecie del diritto del lavoro, che possa riconoscere la corretta distinzione degli atti compiuti in funzione delle attività gestionali, tipici del rapporto privatistico, per i quali appare appropriato riconoscere Pag. 87il ruolo della giurisdizione interna, con particolare riferimento a tutte le mansioni che non attengono alla pura sfera diplomatica.

STEFANO ALLASIA. La convenzione è del 2004 e più volte si è evidenziato come la sua mancata ratifica, al pari di una normativa interna non appropriata, abbia creato incertezza giuridica che si è poi ripercossa nei rapporti tra stati, creando tensioni internazionali come nel conosciuto caso con la Germania, già citato da altri colleghi.
Già nel 2010 si era tentato solo di tamponare la situazione con il decreto-legge n. 63 del 2010 che tuttavia si limitava a prescrivere la sospensione delle misure esecutive nelle more di procedimenti davanti a istanze giurisdizionali internazionali.
Va detto tuttavia che il tema delle immunità è delicato per tutti i Paesi e non solo il nostro ha a lungo rinviato la ratifica, segno che la questione non va affrontata con leggerezza. Nel panorama ONU ad oggi solo 13 stati l'hanno ratificata, il che significa che indipendentemente dalla nostra ratifica, la convenzione è oggi ancora molto lontana dall'entrare in vigore. Vogliamo dunque assumerci questo impegno in via praticamente volontaria e senza garanzia di reciprocità da parte di altri Stati. Sappiamolo.
La Convenzione è articolata e completa, e si basa sulla regola principale dell'immunità, a cui si può derogare in casi di eccezione ben definiti: nel caso di transazioni commerciali tra Stati, laddove prevale la natura dell'atto e non delle Parti, in linea peraltro con la giurisprudenza prevalente in materia anche nel nostro Paese, nei procedimenti relativi ai contratti di lavoro e nei procedimenti relativi al risarcimento dei danni derivanti da morte o lesioni personali e dei danni ai beni causati da comportamenti dello Stato.
Come anticipato, le previsioni della Convenzione sono in linea generale allineate alla tradizione giuridica del nostro Paese e questo dovrebbe facilitarne l'applicabilità.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO FRANCO NARDUCCI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI RATIFICA N. 5446-A.

FRANCO NARDUCCI, Vicepresidente della III Commissione. L'Accordo al nostro esame, tra l'Italia ed il Bureau International des Expositions (BIE), concluso a Roma l'11 luglio scorso, fissa alcune misure intese a facilitare lo svolgimento dell'Esposizione di Milano del 2015.
L'Italia, in qualità di Stato ospitante dell'edizione 2015, nel rispetto delle disposizioni previste dalla Convenzione di Parigi del 1928 e dai Regolamenti BIE, è tenuta a prevedere una serie di meccanismi volti a facilitare i partecipanti ufficiali e non ufficiali e a garantire loro taluni privilegi ed esenzioni, indispensabili per il pieno successo dell'evento.
L'ambito dell'Accordo riguarda, in primo luogo, i privilegi e le agevolazioni da accordare al personale permanente dei partecipanti ufficiali, ossia ai rappresentanti dei Governi o delle organizzazioni internazionali intergovernative che intendano partecipare all'esposizione, al personale accreditato presso le singole Sezioni, ai familiari a carico e al personale dipendente al seguito.
L'Accordo include anche i privilegi e le agevolazioni che l'Italia intende concedere ai soggetti autorizzati dal Commissario generale dell'Esposizione (partecipanti non ufficiali). Ciò alla luce della crescente importanza che vanno assumendo il settore privato e la società civile.
L'Accordo prevede, infine, agevolazioni fiscali per la società di gestione Expo 2015 Spa (ente organizzatore), che comportano una rinuncia a maggiori gettiti, al fine di ottimizzare le risorse finanziarie messe a sua disposizione da parte del Governo e degli altri azionisti (Comune di Milano, Regione Lombardia, Provincia di Milano e Camera di commercio di Milano).
Segnalo il rilievo dell'articolo 21 che raccomanda la continuità nel tempo dell'EXPO di Milano attraverso la costituzione Pag. 88di una fondazione, ovvero analogo ente, che coinvolga il mondo scientifico ed il mondo finanziario, senza tuttavia oneri per lo Stato, come recita la relazione tecnica allegata al disegno di legge.
Per l'attuazione della presente legge è prevista una spesa di euro 135.000 per l'anno 2014 e di euro 315.000 per l'anno 2015. Tali oneri derivano sostanzialmente dai mancati introiti per la concessione dei visti gratuiti. Segnalo che, nel corso dell'esame in sede referente è stato approvato un emendamento volto a recepire una condizione tecnica posta dalla Commissione Bilancio in relazione alla formulazione della norma relativa alla copertura finanziaria.
Segnalo, inoltre, che il parere favorevole espresso dalla Commissione Ambiente richiama l'assoluta necessità, ai fini dell'effettivo rispetto degli impegni assunti in sede internazionale dall'Italia, che tutti i protagonisti, a partire dal Governo nazionale, diano piena e completa attuazione alle misure contenute nel decreto-legge n. 83 del 2012, a partire dalla reintegrazione degli stanziamenti originariamente previsti per la realizzazione delle opere e delle attività connesse allo svolgimento dell'Expo.
Raccomando la rapida approvazione del provvedimento per sottolineare l'impegno del Parlamento italiano a contribuire alla migliore riuscita dell'evento milanese, così importante anche per la promozione della nostra economia.

TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEI DEPUTATI ENRICO PIANETTA E STEFANO ALLASIA IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI RATIFICA N. 5446-A.

ENRICO PIANETTA. L'Accordo in esame, tra l'Italia ed il Bureau International des Expositions (BIE), concluso a Roma l'11 luglio scorso, fissa alcune misure intese a facilitare lo svolgimento dell'Esposizione di Milano del 2015. L'Italia, in qualità di Stato ospitante dell'edizione 2015, nel rispetto delle disposizioni previste dalla Convenzione di Parigi del 1928 e dai Regolamenti BIE, è tenuta a prevedere una serie di facilitazioni per i partecipanti ufficiali e non ufficiali e a garantire loro taluni privilegi ed esenzioni, indispensabili per il pieno successo dell'evento.
Si tratta quindi di disposizioni dovute in ragione di accordi sottoscritti. Voglio soltanto evidenziare l'importanza di questo evento sia per la dimensione, per il tema e anche per i riflessi e benefici che ne potranno derivare al nostro Paese.
La dimensione di EXPO:
Area espositiva: 110 ettari
Paesi previsti: 130 (oggi 105) + 10 organizzazioni internazionali;
Visitatori previsti: 21 milioni (1/3 stranieri);
Benefici economici per il territorio: 34 miliardi;
Investimenti: urbano e regionale 11,8 miliardi - sito espositivo 1,7 miliardi;
Nuovi posti di lavoro: 70.000 in 5 anni.

I temi e gli obiettivi:
1) Rafforzare la qualità e sicurezza dell'alimentazione.
2) Debellare la malnutrizione che oggi colpisce 850 milioni nel mondo: è il 1o obiettivo di sviluppo del Millennio: dimezzare il numero di chi soffre la fame entro il 2015. Bisogna quindi assicurare alimentazione sana e di qualità a tutti gli essere umani per eliminare fame, sete, mortalità infantile.
3) Per contro è necessario prevenire le grandi malattie sociali della nostra epoca (obesità, cardiovascolare).
4) Migliorare la filiera alimentare.
5) Educare ad una corretta alimentazione.
6) Valorizzare le tradizioni alimentari. Pag. 89
EXPO sarà anche occasione per rilanciare i punti di forza e le tante eccellenze italiane. Potrà promuovere le tecnologie della nostra filiera produttiva: macchine agricole, macchine per le lavorazioni alimentari, agrofarmaci e fertilizzanti, trasporto e conservazione degli alimenti.
L'industria italiana è all'avanguardia e dispone di brevetti e tecnologie riconosciuti e apprezzati in tutto il mondo.
Anche nei rapporti con i paesi di nuova industrializzazione. EXPO 2015 potrà contribuire ad essere il primo grande evento italiano per il dopo crisi perché permetterà all'Italia di porsi al centro delle relazioni internazionali. Come ha detto il Presidente del Consiglio Monti il 12 ottobre a Milano durante l'incontro con i paesi aderenti: l'Italia non ha mai deluso nelle precedenti manifestazioni internazionali: Roma 1960 - Torino 2006.

STEFANO ALLASIA. La Lega sostiene convintamente questo provvedimento, come sostiene ogni atto, iniziativa e finanziamento utile alla buona riuscita dell'Expò 2015 di Milano, che ha sostenuto fin dalla candidatura della città come sede dell'esposizione.
È innanzitutto questo il concetto chiaro che il nostro partito intende esprimere con il voto su questo provvedimento, che dal punto di vista del contenuto appare come un atto dovuto e non presenta particolari nodi critici, a nostro avviso.
Il nostro Paese infatti, che ospiterà un evento Regolato appunto, dal BIE, è tenuto a sottoscrivere un accordo per garantire il quadro organizzativo nel quale si muoveranno poi tutti i partecipanti all'evento.
Una parte dell'accordo inoltre, oltre che ai rapporti con l'esterno, riguarda le particolari condizioni di operatività della società di gestione EXPO 2015 Spa (ente organizzatore), che opererà in regime di particolare agevolazione fiscale, per altro con una partita di giro di evidente buonsenso, laddove le risorse degli enti pubblici che sostengono l'ente non dovranno essere utilizzate per generare gettito fiscale a favore dello stato né degli enti stessi.
Il provvedimento ha richiesto uno stanziamento di euro 135.000 per l'anno 2014 e di euro 315.000 per l'anno 2015 che non riguarda spese per l'expò e che potrà essere attinto dagli accantonamenti del ministero degli esteri perché spesa direttamente connessa ai mancati introiti per la concessione dei visti gratuiti.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO ENRICO PIANETTA IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI RATIFICA N. 5417.

ENRICO PIANETTA, Relatore. Il Protocollo al nostro esame è volto a modificare la disciplina convenzionale vigente al fine di disciplinare, in maniera più equilibrata e non discriminatoria i rapporti economico-fiscali tra l'Italia e il Belgio.
Il protocollo ha per oggetto la modifica dell'articolo 19, paragrafo 1, lettera b), della Convenzione del 1983 - resa esecutiva in Italia dalla legge n. 148 del 1989 - riguardante le remunerazioni pagate, a fronte di servizi resi allo Stato, ovvero a una sua suddivisione o ente locale (cosiddette «funzioni pubbliche»).
La disposizione attualmente vigente attribuisce il diritto di imposizione su questa tipologia di redditi allo Stato che ha effettuato i pagamenti, mentre il paragrafo 1, lettera b), prevede alcune deroghe a questo principio qualora la persona fisica sia residente nell'altro Stato e ivi svolga la sua attività lavorativa.
Il protocollo, firmato l'11 ottobre 2004, prevede che le remunerazioni in questione siano assoggettate a tassazione esclusiva nello Stato della fonte se corrisposte a cittadini di tale Paese, indipendentemente dal fatto che i medesimi siano divenuti o no residenti nello Stato in cui svolgono la propria attività al solo fine della prestazione del servizio.
Ciò avrà effetti positivi per i numerosi cittadini italiani che prestano la propria attività in Belgio, compresi coloro che prestano la propria attività presso le rappresentanze diplomatiche dello Stato italiano Pag. 90e le rappresentanze permanenti dell'Unione europea e della NATO.
La relazione illustrativa sottolinea la presumibile esiguità delle ipotesi applicative interessate e l'assenza, pertanto, di effetti complessivi significativi in termini di oneri finanziari, che dovrebbero essere in ogni caso di segno netto positivo.
La Commissione Affari esteri raccomanda pertanto la celere approvazione del provvedimento.

TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO STEFANO ALLASIA IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI RATIFICA N. 5417.

STEFANO ALLASIA. Grazie Presidente, segnalo che il Protocollo in esame è volto a modificare la disciplina convenzionale vigente al fine di disciplinare in maniera più equilibrata e non discriminatoria i rapporti economico-fiscali tra l'Italia e il Belgio.
Il protocollo ha per oggetto la modifica dell'articolo 19 della Convenzione del 1983, riguardante le remunerazioni pagate, a fronte di servizi resi allo Stato, ovvero a una sua suddivisione o ente locale (cosiddette «funzioni pubbliche»). La disposizione attualmente vigente attribuisce il diritto di imposizione su questa tipologia di redditi allo Stato che ha effettuato i pagamenti.
Il protocollo firmato nel 2004, prevede che le remunerazioni in questione siano assoggettate a tassazione esclusiva nello Stato della fonte se corrisposte a cittadini di tale Paese, indipendentemente dal fatto che i medesimi siano divenuti o no residenti nello Stato in cui svolgono la propria attività al solo fine della prestazione del servizio.
Si osserva, che ciò avrà effettivi effetti positivi per i numerosi cittadini italiani che prestano la propria attività in Belgio, compresi coloro che prestano la propria attività presso le rappresentanze diplomatiche dello Stato italiano e le rappresentanze permanenti dell'Unione europea e della NATO. Ricorda che sottolineo la presumibile esiguità delle ipotesi applicative interessate e l'assenza, pertanto, di effetti complessivi significativi in termini di oneri finanziari, che dovrebbero essere in ogni caso di segno netto positivo.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO FRANCO NARDUCCI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI RATIFICA N. 5418.

FRANCO NARDUCCI, Vicepresidente della III Commissione. L'Accordo che siamo chiamati ad esaminare, in materia di cooperazione di polizia tra l'Italia e gli Stati Uniti nella prevenzione e lotta alle forme gravi di criminalità, sancisce l'impegno dei nostri due Paesi a collaborare, nell'azione di prevenzione e di attività investigativa, attraverso la facoltà di interrogazioni automatizzate dei dati dattiloscopici e dei profili del DNA.
Gli organismi designati per l'esecuzione dell'Accordo sono, per l'Italia, il Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno e, per gli Stati Uniti d'America, il Dipartimento di giustizia e il Dipartimento per la sicurezza interna.
La conclusione dell'Accordo, i cui negoziati hanno avuto inizio il 13 febbraio 2009, si è resa necessaria per rafforzare la cooperazione di polizia, attraverso una condivisione delle informazioni e uno sviluppo di tecnologie automatizzate che favoriscano più incisive forme di controllo, soprattutto alle frontiere.
L'intesa, nel suo articolato, concentra la propria portata applicativa sulla prevenzione e sulla lotta contro le forme gravi di criminalità transfrontaliera e il terrorismo, ispirandosi al Trattato intergovernativo fatto a Priim il 27 maggio 2005, a cui l'Italia ha aderito ai sensi della legge n. 85 del 2009.
Ai fini dell'attuazione dell'intesa, le Parti garantiscono la disponibilità dei dati di riferimento (profili e dati identificativi del DNA, dati dattiloscopici e identificativi delle impronte digitali), creati per la prevenzione Pag. 91e le investigazioni sulle forme gravi di criminalità, purché non consentano l'identificazione diretta del soggetto interessato. Non v'è bisogno che sottolinei la rilevanza che questo tipo di dati sta assumendo nelle tecniche investigative e l'opportunità del loro utilizzo per una lotta a tutto campo alla grande criminalità transnazionale.
L'Accordo, nel rispetto delle competenze degli organi attuatori, autorizza i rispettivi punti di contatto nazionali ad accedere, tramite interrogazioni automatizzate effettuate singolarmente, ai dati di riferimento contenuti sia nei sistemi nazionali di identificazione delle impronte digitali appositamente creati, sia negli schedari dei profili del DNA.
Le intese attuative definiscono i limiti quantitativi delle richieste e le modalità tecniche e procedurali di accesso alle banche dati con riferimento a un gruppo esaustivo di reati, che sono sostanzialmente individuabili nelle fattispecie punibili con una pena privativa della libertà superiore nel massimo ad un anno o con una pena più severa.
Qualora si constati la concordanza di dati dattiloscopici o di profili del DNA, nell'ambito della procedura esaminata, la trasmissione degli ulteriori dati avviene in base alle procedure della Parte richiesta e nel rispetto della propria legislazione nazionale.
Nell'Accordo vengono indicati i limiti al trattamento dei dati e delle informazioni, le procedure per la rettifica, il blocco o la cancellazione dei dati, le modalità di documentazione e le misure tecniche e organizzative tese alla sicurezza.
È sancita la trasparenza delle procedure nonché la non incidenza dell'Accordo su diritti e su obblighi derivanti da altri accordi internazionali, bilaterali o multilaterali, sottoscritti dall'Italia e dagli Stati Uniti d'America (articolo 18).
Per quanto attiene agli oneri dell'Accordo, pari a 10.164.000 euro per l'anno 2012, si farà fronte mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2012-2014, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2012, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri.
Tali oneri, come si desume dalla relazione tecnica, sono in larga parte (9.922.000 euro) riconducibili alla sviluppo del sistema automatizzato di identificazione delle impronte (AFIS), ivi incluso l'adeguamento delle infrastrutture hardware, nonché specifici interventi di software e l'aggiornamento del sistema.

TESTO INTEGRALE DEGLI INTERVENTI DEI DEPUTATI ENRICO PIANETTA E STEFANO ALLASIA IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI RATIFICA N. 5418.

ENRICO PIANETTA. L'accordo mira a rafforzare la cooperazione di polizia in particolare con una specifica collaborazione tra i due dipartimenti di pubblica sicurezza attraverso una più ampia diffusione delle informazioni e uno sviluppo delle tecnologie automatizzate. Ciò al fine di favorire, soprattutto alle frontiere, più valide e incisive forme di controllo per contrastare la criminalità in particolare nelle sue forme più gravi e il terrorismo secondo il trattato intergovernativo del 27 maggio 2005.
Non c'è bisogno di dire che questo accordo si inserisce nell'ambito degli ottimi rapporti bilaterali Italia/USA.
Anche le recenti dichiarazioni del Segretario di Stato Hilary Clinton in occasione dell'incontro con il nostro Ministro degli Esteri Terzi, lo attestano, quando ha affermato che l'Italia è stata cruciale in Libia. Da Sigonella sono partite 4000 missioni; e ancora «avete aiutato l'FBI nella missione dopo l'attacco al Consolato di Bengasi».
Ritornando all'Accordo, le Parti si impegnano, a rafforzare la cooperazione di polizia, nel rispetto delle competenze attribuite Pag. 92dalla legislazione nazionale, nella prevenzione e nell'attività investigativa, senza incidere sulle vigenti procedure di assistenza giudiziaria internazionale, attraverso la condivisione di informazioni secondo il principio della disponibilità e reciprocità. (articolo 2).

STEFANO ALLASIA. Grazie Presidente, onorevoli colleghi. Vorrei rammentare che l'Accordo in esame, in materia di cooperazione di polizia tra l'Italia e gli Stati Uniti nella prevenzione e lotta alle forme gravi di criminalità, sancisce l'impegno dei due Paesi a collaborare, nell'azione di prevenzione e di attività investigativa, attraverso la facoltà di interrogazioni automatizzate dei dati dattiloscopici e dei profili del DNA.
Gli organismi designati per l'esecuzione dell'Accordo sono, per l'Italia, il Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno e, per gli Stati Uniti d'America, il Dipartimento di giustizia e il Dipartimento per la sicurezza interna. La conclusione dell'Accordo, i cui negoziati hanno avuto inizio il 13 febbraio 2009, si è resa necessaria per rafforzare la cooperazione di polizia, attraverso una condivisione delle informazioni e uno sviluppo di tecnologie automatizzate che favoriscano più incisive forme di controllo, soprattutto alle frontiere.
L'intesa, nel suo articolato, concentra la propria portata applicativa sulla prevenzione e sulla lotta contro le forme gravi di criminalità transfrontaliera e il terrorismo, ispirandosi al Trattato intergovernativo fatto a Prum il 27 maggio 2005. Ai fini dell'attuazione l'Italia ha aderito ai sensi della legge e l'intesa; le Parti garantiscono la disponibilità dei dati di riferimento (profili e dati identificativi del DNA, dati dattiloscopici e identificativi delle impronte digitali), creati per la prevenzione e le investigazioni sulle forme gravi di criminalità, purché non consentano l'identificazione diretta del soggetto interessato.
Sottolineo la rilevanza che questo tipo di dati sta assumendo nelle tecniche investigative e l'opportunità del loro utilizzo per una lotta a tutto campo alla grande criminalità transnazionale. L'Accordo, nel rispetto delle competenze degli organi attuatori, autorizza i rispettivi punti di contatto nazionali ad accedere, tramite interrogazioni automatizzate effettuate singolarmente, ai dati di riferimento contenuti sia nei sistemi nazionali di identificazione delle impronte digitali appositamente creati, sia negli schedari dei profili del DNA. Le intese attuative definiscono i limiti quantitativi delle richieste e le modalità tecniche e procedurali di accesso alle banche dati con riferimento a un gruppo esaustivo di reati che formeranno oggetto di cooperazione, che sono sostanzialmente individuabili nelle fattispecie punibili con una pena privativa della libertà superiore nel massimo ad un anno o con una pena più severa.
Qualora si constati la concordanza di dati dattiloscopici o di profili del DNA, nell'ambito della procedura esaminata, la trasmissione degli ulteriori dati avviene in base alle procedure della Parte richiesta e nel rispetto della propria legislazione nazionale. Nell'Accordo vengono indicati i limiti al trattamento dei dati e delle informazioni, le procedure per la rettifica, il blocco o la cancellazione dei dati, le modalità di documentazione e le misure tecniche e organizzative tese alla sicurezza.
È sancita la trasparenza delle procedure nonché la non incidenza dell'Accordo su diritti e su obblighi derivanti da altri accordi internazionali, bilaterali o multilaterali, sottoscritti dall'Italia e dagli Stati Uniti d'America (articolo 18).
Per quanto attiene agli oneri dell'Accordo, pari a 10.164.000 euro per l'anno 2012, si farà fronte mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2012-2014, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2012, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri. Tali oneri, come si desume dalla relazione tecnica, sono in larga parte riconducibili alla sviluppo del Pag. 93sistema automatizzato di identificazione delle impronte (AFIS), ivi incluso l'adeguamento delle infrastrutture hardware, nonché specifici interventi di software e l'aggiornamento del sistema.
In conclusione, manifesto l'apprezzamento per il rispetto nell'Accordo in esame delle necessarie garanzie connesse all'estrema delicatezza delle informazioni trattate, pur nella consapevolezza dell'esigenza di rafforzare gli strumenti per la lotta al crimine transnazionale.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO FRANCO NARDUCCI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI RATIFICA N. 5420.

FRANCO NARDUCCI, Relatore. L'Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM) è stata fondata nel 1951 sotto il nome di «Comitato intergovernativo provvisorio per i movimenti migratori dall'Europa: per assistere il rientro dei profughi del secondo conflitto mondiale e per promuovere migrazioni ordinate. Successivamente, mutando denominazione nel 1989, l'Organizzazione ha cambiato progressivamente la propria missione, trasformandosi da agenzia prevalentemente logistica ad agenzia migratoria. L'Organizzazione è stata attiva praticamente in tutti i principali disastri naturali o provocati dall'uomo: l'espansione della sua sfera d'intervento ha fatto sì che essa crescesse fino a raggiungere un budget annuale di 1,3 miliardi di dollari USA nel 2011, con 7.800 unità di personale operanti in più di 100 paesi, impegnato in un numero di progetti che ha raggiunto la cifra di circa 2.700. Sul piano finanziario, meno del 3 per cento dei fondi per l'OIM proviene da contributi fissi degli Stati membri, mentre più del 97 per cento per cento è dato da contribuzioni volontarie su specifici progetti. Inoltre, l'OIM può vantare una delle minori percentuali di costi amministrativi rispetto a quelli operativi tra tutte le Organizzazioni internazionali, con un'incidenza del 5 per cento.
Segnalo inoltre che l'8 novembre 2011 l'OIM e la Commissione europea hanno fumato un Accordo-quadro per agevolare ulteriormente la reciproca collaborazione nei progetti finanziati o coofinanziati da Bruxelles e messi in atto dall'OIM.
Attualmente l'Organizzazione internazionale per le migrazioni conta 146 Stati membri, oltre ai paesi con lo status di osservatore. Il nostro Paese - che ha aderito all'OIM nel 1953 - si colloca al sesto posto tra i principali contribuenti, garantendo un importante sostegno al budget dell'organizzazione: nel 2009 il contributo obbligatorio è stato di circa 2,1 milioni di franchi svizzeri (pari a 1,7 milioni di euro).
La risoluzione n. 997 adottata dal Consiglio dell'OIM nel corso della 76' sessione tenutasi il 24 novembre 1998, contiene alcuni emendamenti alla Costituzione dell'organizzazione, con lo scopo di rafforzarne il processo decisionale.
Le modifiche proposte entreranno in vigore quando saranno state ratificate dai due terzi dei membri della organizzazione, (attualmente vi hanno proceduto 62 membri).
Per quanto attiene allo status di Paese membro, l'articolo 2 viene modificato per chiarire che l'accettazione della Costituzione - requisito essenziale per il godimento della membership - deve avvenire nel rispetto delle procedure previste negli ordinamenti costituzionali interni dei singoli Stati.
L'emendamento all'articolo 4 prevede che lo Stato membro in arretrato con i pagamenti perda automaticamente il diritto di voto se l'ammontare dei contributi dovuti eccede l'ammontare di due anni di contributi. La percentuale dei contributi rimasti insoluti è attualmente pari al 18,8 per cento per cento del budget amministrativo dell'OIM.
L'articolo 18, riguardante l'elezione del Direttore e del Vice direttore generale, viene emendato nel senso di limitare ad un Pag. 94solo mandato la possibilità di rielezione dei vertici dell'OIM.
La nuova formulazione dell'articolo 30 prevede che solo gli emendamenti «fondamentali» alla Costituzione e quelli che comportano nuove obbligazioni per gli Stati membri debbano essere accettati dai due terzi degli Stati membri. Gli altri emendamenti entreranno in vigore con la semplice adozione da parte del Consiglio dell'OIM, a maggioranza di due terzi dei voti. Sarà il Consiglio stesso, sempre a maggioranza di due terzi, che deciderà se un emendamento deve essere considerato o no «fondamentale». Il nuovo sistema ha lo scopo di facilitare le procedure di emendamento, ritenute eccessivamente complesse e onerose.
Viene inoltre prevista l'eliminazione del Comitato esecutivo (ExCom) che ha oggi una limitata rilevanza operativa e costituisce una duplicazione dell'attività del Comitato permanente finanze e programmi. Come si evince dalla relazione illustrativa del provvedimento, con l'abolizione di tale organo, l'OIM realizzerebbe un risparmio di risorse materiali e umane.
Segnalo, infine, che l'attuazione del provvedimento - licenziato dal Senato il 7 agosto scorso - non implica nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.

TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO STEFANO ALLASIA IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI RATIFICA N. 5420.

STEFANO ALLASIA. L'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) nasce nel 1951 con sede a Ginevra da un patto intergovernativo, al di fuori quindi dal sistema Onu con il quale tuttavia ha inevitabili relazioni, tanto da godere dello status di osservatore all'Assemblea Generale. È oggi l'autorità internazionale di riferimento nel campo delle migrazioni.
In realtà quando è stata concepita l'Organizzazione doveva occuparsi del rientro dei profughi del secondo conflitto mondiale e per promuovere una emigrazione ordinata, in un momento di grossi flussi migratori verso le Americhe. L'Italia è stato paese fondatore ed oggi è il sesto contributore al Bilancio dell'OIM a livello mondiale: nel 2009, ultimo dato fornito dal governo, il contributo obbligatorio è stato di 2.135.024 franchi svizzeri, pari a 1,7 milioni di euro. Attualmente gli Stati Membri sono 146 e quelli Osservatori 13, a cui si aggiungono 85 tra Organizzazioni Intergovernative e non Governative.
L'OIM ha una struttura di oltre 460 uffici dislocati in più di 100 paesi.
In Italia, la sede di Roma svolge anche il coordinamento per Malta e per tutta l'area Mediterranea.
Quelle che oggi siamo chiamati a ratificare sono alcune modifiche allo statuto dell'Organizzazione, che dovrebbero rafforzarne il processo decisionale.
Certo fa un po' sorridere pensare che queste modifiche sono state definite dal Consiglio dell'OIM ben nel 1998. Noi ci proponiamo di ratificarle dopo 14 anni, ma non è detto che entreranno in vigore presto perché occorre comunque raggiungere un numero di ratifiche pari ai 2 terzi dei Paesi membri.
Certo è evidente che il processo decisionale vada riformato, e soprattutto velocizzato, ma pensare che ci vogliano 15 anni per ratificare questi emendamenti fa nascere certamente dubbi sull'impegno degli stati membri o almeno sulla attenzione all'Organizzazione. Dopo 15 anni non sappiamo nemmeno se queste modifiche non siano già superate e non più opportune.
Su una delle modifiche in particolare siamo certamente d'accordo, e riguarda l'esercizio del diritto di voto per gli Stati in arretrato con i contributi finanziari, necessaria per contrastare la brutta abitudine di molti paesi che, a differenza del nostro, non onorano gli impegni assunti. Quasi il 20 per cento del bilancio dell'OIM risulta non onorato da parte dei Paesi contributori, verso i quali non è prevista alcuna sanzione.

Pag. 95

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO RENATO FARINA IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI RATIFICA N. 5421.

RENATO FARINA, Relatore. Lo scopo principale dell'Accordo al nostro esame, già approvato dal Senato, è il consolidamento e l'armonizzazione dei legami tra l'Italia e la Serbia nella comprensione reciproca, fornendo al contempo una risposta efficace alla forte richiesta di cultura e lingua italiana in Serbia. L'Accordo è strettamente connesso a quello sulla cooperazione scientifica e tecnologica che illustrerà a seguire il vicepresidente Narducci.
L'Accordo faciliterà l'attuazione di progetti di cooperazione nella conservazione, tutela, restauro e valorizzazione del patrimonio artistico con particolare attenzione alla tutela del patrimonio archeologico, efficacemente contrastando altresì i trasferimenti illeciti di beni culturali. L'Accordo rappresenterà inoltre un valido strumento volto ad assicurare la protezione dei diritti d'autore e della proprietà intellettuale, in ottemperanza alle norme internazionali e nazionali.
Le Parti sono chiamate a cooperare mediante scambi di artisti, studiosi, docenti universitari e studenti. Verrà dato impulso alla cooperazione tra istituzioni universitarie e di ricerca culturale dei due Paesi; inoltre, si promuoverà la collaborazione nei settori bibliotecario e archivistico, nonché fra i rispettivi enti radiofonici e televisivi, nonché la traduzione e la pubblicazione di opere letterarie e scientifiche dell'altra Parte contraente, con particolare riguardo alle scienze umane e sociali e al settore archeologico.
Sul versante dell'istruzione si mirerà anzitutto ad una maggiore reciproca conoscenza e comprensione dei rispettivi patrimoni artistici e culturali mediante l'insegnamento della lingua e letteratura dell'altra Parte contraente. Lettori e assistenti di ciascuna delle due lingue verranno scambiati, in regime di reciprocità.
È prevista, sempre in regime di reciprocità, la concessione di borse di studio di livello universitario e post-universitario per lo svolgimento di studi e ricerche.
L'Accordo prevede altresì una stretta collaborazione nei campi dell'archivistica e della biblioteconomia, dell'informazione, dell'editoria, delle attività sportive nonché degli scambi giovanili.
L'articolo 3 del disegno di legge, al comma 1, quantifica gli oneri derivanti dall'applicazione dell'Accordo, in 340.300 euro a decorrere dal 2012, oltre a 22.900 euro per il 2012 e il 2013, e a 26.320 euro a decorrere dal 2014 per le spese di missione. È altresì previsto un monitoraggio delle spese di missione per gli scambi culturali che coinvolge i Ministeri degli affari esteri, per i beni e le attività culturali e dell'istruzione.
Come emerso anche nel corso delle recente visita del Presidente Nikolic, al quale anche questa Assemblea ha riservato una calda accoglienza, la Serbia considera l'Italia un punto di riferimento nel suo percorso di avvicinamento all'Unione europea.
Non dimentichiamo le ferite delle recenti guerre di Bosnia e del Kosovo. Hanno segnato, oltre che lutti per i popoli coinvolti, anche una grave lacerazione dei rapporti tra le Repubblica di Serbia e il popolo serbo con i popoli europei. Il nostro compito di Paese vicino e amico è di sostenere un cammino di pacificazione.
Il nostro Paese è fortemente impegnato per agevolare il raggiungimento di tale obiettivo ed opera attivamente anche per la tutela dei luoghi santi ortodossi in Kosovo ciò che, a mio avviso, rappresenta un aspetto imprescindibile di una seria cooperazione culturale bilaterale.
Nella consapevolezza della primaria importanza strategica che riveste l'impegno italiano nei confronti della Serbia, auspico pertanto una pronta approvazione del provvedimento al nostro esame.

Pag. 96

TESTO INTEGRALE DEGLI INTERVENTI DEI DEPUTATI FABIO EVANGELISTI, ENRICO PIANETTA E STEFANO ALLASIA IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI RATIFICA N. 5421.

FABIO EVANGELISTI. Il 3 dicembre 1960 fu firmato a Roma un Accordo con la Repubblica federale popolare di Jugoslavia che, anche alla luce di quanto storicamente accaduto con il suo disfacimento, necessitava di essere rivisto e strutturato per realizzare un nuovo quadro normativo di riferimento volto a disciplinare ogni forma di cooperazione culturale tra il nostro e uno dei Paesi «nati» dalla sua frammentazione, la Serbia. Ciò ha condotto i due Stati a sottoscrivere un nuovo Accordo di cooperazione in materia di cultura e istruzione, firmato a Roma il 13 novembre 2009, che si inserisce significativamente nel processo di avvicinamento della Serbia all'Unione europea dopo l'attuale processo di stabilizzazione del contesto balcanico. La Serbia ha fatto molto in questi ultimi anni: un percorso che di certo l'ha vista adoperarsi enormemente per tentare di rispettare vincoli e requisiti fissati a livello europeo per un suo futuro ingresso e il nostro Paese ha in questi anni dato sempre molta importanza a tale processo di integrazione europea, questione strategica per la politica italiana.
Va detto su questo, però, che le ultime notizie che ci giungono da quella regione non sembrano far ben sperare. Infatti, nei giorni scorsi una delegazione europea guidata da Vincent Degert, capo della missione europea a Belgrado per l'allargamento, ha presentato il rapporto sui progressi serbi verso la sua integrazione ma la richiesta fatta dalla Commissione europea alla Serbia di rispettare l'integrità territoriale del Kosovo potrebbe portare all'interruzione del dialogo tra Belgrado e Pristina. A dirlo è stato il primo ministro serbo, Dacic, che commentando il citato report dell'esecutivo comunitario sul paese balcanico, ha ribadito testualmente «...la strategia di allargamento dell'Ue prevede il riconoscimento dell'integrità territoriale del Kosovo ma tale riferimento sarà di ostacolo alla ripresa del dialogo. A questo punto non sappiamo di cosa dovremo parlare». Staremo a vedere.
Tornando al provvedimento in esame, al di là di un punto di vista meramente politico e commerciale, ai fini di un impegno italiano che sia di primaria importanza strategica, la cooperazione culturale, oggetto di questa importante ratifica, ne è senza dubbio una delle chiavi di svolta, strettamente legata a quella affronteremo a seguire e che riguarda la cooperazione scientifica e tecnologica, accordo firmato, infatti, appena un mese dopo, il 21 dicembre 2009, rispetto a quello di cui discutiamo adesso. Di certo, una buona cooperazione che fondi le sue basi su una prioritaria lettura culturale, non può scindersi da un più ampio percorso di integrazione che investa ambiti applicativi differenti, come quello economico, tecnologico e commerciale.
In questo senso, infatti, molte collaborazioni e attività in materia sono già state intraprese e necessitano di una più strutturata organizzazione e di una migliore finalizzazione anche alla luce di un'imminente partecipazione ai programmi dell'Unione europea.
E sono stati molti i funzionari diplomatici italiani in Serbia a rassicurare sul fatto che il nostro Paese sempre si sarebbe adoperato per cercare di rinforzare e migliorare le relazioni culturali tra i due Paesi, di presentare al pubblico italiano il prezioso panorama di arte moderna, così come la tradizione e l'identità culturale della Serbia.
Per questi motivi accogliamo certamente con favore le norme previste da questo Accordo volte ad assicurare la protezione dei diritti d'autore e della proprietà intellettuale, della conservazione, tutela, restauro e valorizzazione del patrimonio artistico (con particolare attenzione alla tutela di quello archeologico), a dare Pag. 97un nuovo impulso alla cooperazione tra istituzioni universitarie e di ricerca culturale, a incentivare gli scambi di informazioni e pubblicazioni a carattere scientifico concernenti l'insegnamento delle rispettive lingue, nonché informazioni sui due sistemi di istruzione (segnalo in particolare l'articolo 5 che prevede espressamente il sostegno di ciascuna Parte contraente all'attività degli istituti di cultura dell'altra Parte, e, da parte serba, dei Comitati della Società Dante Alighieri per la tutela e la diffusione della lingua italiana nel mondo), e ancora l'incoraggiamento agli scambi giovanili e alle attività sportive e per una crescita nella collaborazione tra i rispettivi Enti territoriali e Regioni.
Rilevante appare anche l'articolo 14 in base al quale le Parti si impegnano a una comune azione a favore dei diritti umani, in particolare contro il razzismo e le altre forme di discriminazione, mediante l'organizzazione di conferenze e seminari.
Insomma, certamente questo è uno di quegli Accordi sui quali il nostro gruppo non farà mancare il proprio voto favorevole.

ENRICO PIANETTA. L'impegno-italiano nei confronti della Serbia è di primaria importanza strategica, sia da un punto di vista politico che commerciale e la cooperazione culturale ne è una delle chiavi di volta. La Serbia considera l'Italia un punto di riferimento nel suo percorso di avvicinamento all'Unione europea, anche a fronte di ostacoli ora rimossi.
Lo scopo principale dell'Accordo è quello di consolidare e di armonizzare i legami e la comprensione reciproca, fornendo al contempo una risposta efficace alla forte richiesta di cultura e lingua italiana in Serbia. Saranno favorite iniziative e collaborazioni in ambito artistico-culturale, attraverso l'organizzazione di eventi, nonché le cooperazioni a livello universitario e scolastico, consentendo l'offerta di borse di studio. L'Accordo faciliterà cooperazioni anche nella conservazione, tutela, restauro e valorizzazione del patrimonio artistico con particolare attenzione alla tutela del patrimonio archeologico, efficacemente contrastando altresì i trasferimenti illeciti di beni culturali. L'Accordo rappresenterà inoltre un valido strumento volto ad assicurare la protezione dei diritti d'autore e della proprietà intellettuale, in ottemperanza alle norme internazionali e nazionali.
Il presidente Nikolic ha definito «molto solidi» gli investimenti italiani in Serbia (da Fiat, al Gruppo Maccaferri, a Benetton ma anche Banca Intesa Sanpaolo e UniCredit) e ha ricordato di aver firmato anche l'accordo energetico (accordo intergovernativo di cooperazione energetica del 2009) dichiarando di essere aperto e disponibile a entrare con l'Italia in una fase superiore e sottolineando che gli scambi con l'Italia sono ormai pari a quelli con la Russia.
La Serbia è un Paese ufficialmente candidato all'adesione all'Unione europea dal 1o marzo 2012: secondo la valutazione della Commissione europea «la Serbia deve continuare il suo impegno costruttivo nella cooperazione regionale e nel rafforzamento delle relazioni con i Paesi vicini». In tale contesto «una prima serie di risultati è stata raggiunta nel dialogo con Pristina - riconosce Bruxelles - ma l'applicazione degli accordi raggiunti non è stata uniforme». Nel rapporto annuale sui progressi europei dei Paesi aspiranti membri, la Commissione europea non ha fissato per la Serbia una data di inizio dei negoziati di adesione all'Unione europea, ribadendo la condizione di voler vedere prima «visibili e sostenibili miglioramenti nelle relazioni con il Kosovo». La Serbia non accetterà mai l'indipendenza del Kosovo e se questo dovesse diventare un ostacolo Belgrado sceglierà di rimanere fuori dall'Unione europea.
Gli ha risposto il commissario europeo all'allargamento Stafan Fuele, che ha precisato l'11 ottobre 2012 che non si sono nuove condizioni per la Serbia nel suo cammino verso la integrazione europea. La posizione della UE resta neutrale riguardo Pag. 98allo status del Kossovo ma al tempo stesso è una posizione contraria ad una divisione del Kossovo. Per l'UE l'obiettivo resta quello di raggiungere una soddisfacente normalizzazione delle relazioni con il Kossovo in modo che nessuna delle parti blocchi l'altra nel processo di integrazione nella UE. Quindi non è il Kossovo la questione ma alla Serbia sono richiesti miglioramenti in altri 3 campi cruciali:
riforma del settore giudiziario;
intensificazione della lotta alla corruzione e criminalità;
garantire la libertà di espressione ai media e alle minoranze (es. Rom).

Il Premier Dacic si è detto soddisfatto di questi chiarimenti europei e si è detto disponibile a riprendere i negoziati con Pristina.

STEFANO ALLASIA. L'Accordo di cooperazione culturale e di istruzione con la Serbia è il classico strumento giuridico di riferimento per avviare qualsiasi iniziativa e progetto di scambio culturale tra i due Paesi. Esso sostituirà, come è stato fatto e si sta facendo per gli altri Paesi dell'area, il precedente Accordo con la Repubblica federale popolare di Jugoslavia firmato a Roma nel 1960, ma che è venuto meno per le note vicende storiche lasciando di fatto tabula rasa in materia nei confronti della Serbia, benché nei fatti le iniziative bilaterali non siano mai venute meno.
Da qui la necessità di provvedere celermente a questa ratifica.
Non penso sia necessario ricordare ancora una volta l'importanza strategica della Serbia per il nostro Paese e per la nostra economia, né la qualità dei nostri reciproci legami culturali che ancor più esigono un simile accordo.
Ci tengo invece a ricordare ai colleghi quanto la Serbia guardi a noi come punto di riferimento nel suo dialogo non sempre facile con il resto dell'Europa e dell'Occidente.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO FRANCO NARDUCCI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI RATIFICA N. 5422.

FRANCO NARDUCCI, Vicepresidente della III Commissione. L'Accordo al nostro esame è strettamente connesso a quello appena illustrato dal collega Farina, costituendone in un certo senso il naturale completamento poiché delinea la cornice necessaria per qualsiasi iniziativa e progetto di scambio scientifico e tecnologico tra i due Paesi.
L'impegno italiano nei confronti della Repubblica di Serbia, già particolarmente dinamico, vive oggi una fase di grande espansione, anche in considerazione del forte partenariato commerciale.
Il progressivo dispiegamento dell'investimento FIAT che mobilita attorno al miliardo di euro, assieme al consolidamento del polo tessile italiano ed alla nostra presenza di leadership in ambito finanziario, fa dell'Italia attualmente l'investitore più visibile e significativo in Serbia.
Il nostro Paese viene percepito come interlocutore di importanza strategica anche in virtù dei variegati richiami scientifico-tecnologici che contraddistinguono le relazioni tra i due Paesi. In tale contesto, la cooperazione scientifica e tecnologica ricopre un ruolo fondamentale nel rafforzamento dei rapporti bilaterali.
Numerose collaborazioni ed attività in materia sono già state intraprese e necessitano di una più strutturata organizzazione e di una migliore finalizzazione, anche alla luce di una imprescindibile partecipazione agli specifici programmi dell'Unione europea e di altri organismi internazionali e regionali.
Lo scopo principale dell'Accordo è quindi di consolidare e di armonizzare i legami e la comprensione reciproca, fornendo al contempo una risposta efficace alla forte richiesta di innovazione tecnologica in particolare in Serbia.
Pag. 99
L'articolato si divide essenzialmente in quattro parti: la prima delinea le finalità dell'Accordo mentre la seconda individua i campi di collaborazione (biomedicina e biotecnologie; agricoltura e tecnologie alimentari; energia e tutela dell'ambiente; informatica e telecomunicazioni etc.).
La terza parte fissa invece le modalità di esecuzione della cooperazione scientifica e tecnologica ed incoraggia la cooperazione multilaterale nell'ambito più ampio degli specifici programmi dell'Unione europea e degli altri organismi internazionali. Tali programmi di cooperazione saranno definiti da un'apposita Commissione mista italo-serba.
La quarta parte riunisce le clausole relative all'esecuzione dell'Accordo, alle sue eventuali modifiche, alla soluzione delle controversie, ed alla sua entrata in vigore, alla durata ed alla sua eventuale denuncia.
Gli oneri finanziari derivanti dall'applicazione dell'Accordo, già approvato dal Senato il 7 agosto scorso, sono valutati per le spese di missione in 35.000 euro per il 2012 e il 2013, e in 37.940 euro a decorrere dal 2014, mentre le spese per le attività sono valutate in 172.320 euro a decorrere dal 2012.
Nell'ambito dell'applicazione dell'Accordo, segnalo al Governo l'opportunità di condurre ogni biennio un'analisi di impatto della relativa regolamentazione, come indicato nel parere espresso dalla Commissione Cultura.
Conclusivamente, auspico che la rapida approvazione di questo accordo in sede parlamentare contribuisca a testimoniare, come già è accaduto per l'approvazione dell'Accordo di Associazione tra la Serbia e l'UE, la speciale attenzione, con la quale il Parlamento italiano guarda a Belgrado, nella consapevolezza del ruolo centrale che questo Paese riveste ai fini della stabilizzazione dell'intero quadro regionale.

TESTO INTEGRALE DEGLI INTERVENTI DEI DEPUTATI FABIO EVANGELISTI, ENRICO PIANETTA E STEFANO ALLASIA IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI RATIFICA N. 5422.

FABIO EVANGELISTI. Il 10 luglio 1980 tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo dell'allora Repubblica socialista federativa di Jugoslavia fu sottoscritto un Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica che, come nel caso dell'Accordo appena esaminato, è stato necessario rivedere e aggiornare per ovvi motivi già accennati. L'Accordo in esame dunque sostituisce il precedente e risulta necessario per ovviare alla mancanza di ogni riferimento pattizio in materia, creatasi proprio a seguito dei ben noti cambiamenti storici e politici, e per realizzare un nuovo quadro normativo di riferimento volto a disciplinare ogni forma di collaborazione scientifica e tecnologica tra i Governi della Repubblica italiana e della Serbia.
L'Accordo in questione contiene delle previsioni secondo le quali le parti si impegneranno ad aumentare la cooperazione nel campo dei progetti di ricerca, dei programmi di studio e di scambio di docenti e discenti, nell'organizzazione congiunta di seminari e conferenze e, non per ultimo, nell'attivazione di borse di studio. Tutti elementi essenziali per ottenere un efficace rapporto collaborativo soprattutto se con il Paese in questione sono già in essere rapporti proficui o di buon vicinato sia per collocazione geografica sia per affinità culturale.
Anche il ministro Terzi, nelle sue recenti visite a Belgrado, ha più volte ribadito che per l'Italia i rapporti con la Serbia e con il resto dei Balcani hanno assoluta priorità, soprattutto da quando il primo marzo dal Consiglio europeo è giunto il via libera alla concessione di status di Paese candidato. Certamente un passo storico, considerando il ruolo di Belgrado nelle guerre balcaniche degli anni '90.
In questo contesto, non va dimenticato che l'Italia è stata fin dal primo momento Pag. 100sostenitore instancabile a favore della concessione alla Serbia dello status di Paese candidato a far parte dell'Unione europea, come già ricordato.
Anche l'Accordo alla nostra attenzione contiene dunque disposizioni e valide forme di cooperazione, che potranno contribuire a segnare un iter di crescita e sviluppo. Soprattutto se teniamo conto, in materia di collaborazione scientifica e tecnologica, che proprio lo scorso giugno, a margine di un convegno organizzato dall'Ambasciata d'Italia in collaborazione con l'Università della capitale serba, che ha visto la partecipazione di numerosi esponenti istituzionali e del mondo scientifico dei due Paesi, è stato dato avvio a una neonata Associazione di ricercatori italiani e serbi (Ais), impegnati in ambito scientifico e tecnologico, al fine di aggiungere un ulteriore tassello alle relazioni bilaterali tra i due Paesi. Relazioni politiche, economiche, culturali che meritano di essere anche valorizzate nel campo scientifico e tecnologico.
È noto che molte aziende italiane che operano in Serbia, lo fanno in comparti ad alto contenuto tecnologico; si tratta di aziende che fanno ricerca, che assumono personale specializzato, ingegneri, tecnici esperti.
Pertanto, mi sembra evidente che anche rafforzare la collaborazione in questi settori, possa facilmente contribuire a creare sempre nuove opportunità di crescita per le rispettive economie o per dare anche strumenti validi a giovani che intendono essere impiegati in settori ad alto contenuto tecnologico, dove la competizione è già ad alti livelli, ma dove, forse, vi è ancora la possibilità di formarsi e ricevere gratificazioni.
Per tutti questi motivi, nonché per un'oggettiva necessità di colmare ogni vuoto che possa permettere efficaci azioni di piena integrazione europea, preannuncio il voto favorevole dell'Italia dei valori anche su questo secondo Accordo con la Serbia.

ENRICO PIANETTA. Il presente Accordo risulta necessario per ovviare alla mancanza di ogni riferimento legislativo in materia, creatasi per i ben noti rivolgimenti storico-politici.
Come noto, l'impegno italiano nei confronti della Repubblica di Serbia, già particolarmente dinamico, è in fase di espansione, anche in considerazione del primario partenariato commerciale. La Repubblica di Serbia considera altresì l'Italia punto di riferimento cruciale nel suo percorso di avvicinamento all'Unione europea; l'Italia è percepita come interlocutore di importanza strategica anche in virtù dei variegati richiami scientifico-tecnologici che contraddistinguono le relazioni tra i due Paesi. In tale contesto, la cooperazione scientifica e tecnologica ricopre un ruolo fondamentale nel rafforzamento dei rapporti bilaterali. Molte collaborazioni e attività in materia sono già state intraprese e necessitano di più una strutturata organizzazione e di una migliore finalizzazione, anche alla luce di una imprescindibile partecipazione agli specifici programmi dell'Unione europea e di altri organismi internazionali e regionali.
Lo scopo principale dell'Accordo è quindi di consolidare e di armonizzare i legami e la comprensione reciproca, fornendo al contempo una risposta efficace alla forte richiesta di innovazione tecnologica in Serbia.
L'Accordo al di là della operazione strettamente scientifico-tecnologico prevede l'applicazione della tecnologia anche nella conservazione, tutela, restauro e valorizzazione dei beni culturali, riservando la dovuta attenzione alle innovazioni ed ai temi sensibili quali l'energia e la tutela dell'ambiente. L'Accordo rappresenterà inoltre un valido strumento al fine di assicurare la protezione della proprietà intellettuale in ottemperanza alle norme internazionali e nazionali, come previsto dall'Allegato che è parte integrante dell'Accordo.

STEFANO ALLASIA. Al pari di quanto già espresso in merito all'AS 3286, anche Pag. 101in campo tecnologico e scientifico è necessario approvare al più presto un bilaterale con la Serbia che superi l'attuale situazione di incertezza dovuta al venire meno della Jugoslavia.
Come quello culturale, e forse ancor di più, il campo tecnologico è fondamentale per sostenere il partenariato economico commerciale con Belgrado, che richiede tecnologia italiana ed investimenti.
L'Accordo rappresenterà inoltre un valido strumento ad assicurare la protezione della proprietà intellettuale in ottemperanza alle norme internazionali e nazionali, come previsto dall'Allegato che è parte integrante dell'Accordo.