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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 678 di martedì 7 agosto 2012

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI

La seduta comincia alle 9,30.

LORENA MILANATO, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 2 agosto 2012.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Boniver, Fallica, Pescante e Paolo Russo sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente quarantatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,35).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 3396 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, recante disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini (Approvato dal Senato) (A.C. 5389) (ore 9,36).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, recante disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini.
Ricordo che nella seduta di ieri il Governo ha posto la questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti e articoli aggiuntivi, dell'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge in esame, nel testo approvato dalla Commissione, identico a quello approvato dal Senato, e che, secondo quanto unanimemente stabilito nella riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo di ieri, la votazione per appello nominale avrà luogo oggi, a partire dalle ore 11, in deroga al termine di cui all'articolo 116, comma 3, del Regolamento (Per l'articolo unico del disegno di legge di conversione, le modificazioni apportate dal Senato e le proposte emendative riferite agli articoli del decreto-legge, nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato, vedi l'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 6 agosto 2012 - A.C. 5389).

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(Dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia - Articolo unico - A.C. 5389)

PRESIDENTE. Passiamo dunque alle dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Iannaccone. Ne ha facoltà.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, il gruppo Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia, voterà contro la fiducia ad un Governo che riteniamo illegittimo e che calpesta l'articolo 1 della nostra Costituzione, che prevede che la sovranità appartenga al popolo.
Abbiamo avuto un riscontro dalle parole del Presidente del Consiglio Monti a Der Spiegel di quanto sia bassa la concezione dell'istituto parlamentare da parte del Presidente del Consiglio e, più in generale, da parte del Governo.
Quando si sostiene che il Governo educa il Parlamento, che il Governo deve orientare il Parlamento, immaginando che, con queste parole, si possa piegare il Parlamento tedesco, evidentemente si fanno queste affermazioni perché chi in questo momento è al Governo del Paese, non ha avuto la legittimazione del consenso popolare.
Quindi, come in Italia, si ritiene che tra la Merkel e il Parlamento tedesco vi sia una distinzione e una differenza. Questa divaricazione esiste solo in Italia: in Italia vi è stato un vulnus della democrazia. Noi riconosciamo la legittimità solo del Governo Berlusconi, rispetto al quale vi possono essere valutazioni diverse: noi abbiamo condiviso l'azione di quel Governo, la sua forte azione di risanamento. Non riconosciamo alcuna legittimazione a questo Governo.
È per questo che voteremo contro la questione di fiducia e nel pomeriggio spiegheremo perché siamo contro anche questo provvedimento inutile.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pisicchio. Ne ha facoltà.

PINO PISICCHIO. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, i deputati di Alleanza per l'Italia voteranno anche oggi la fiducia al Governo, così come hanno fatto in ogni singola occasione in cui sono stati chiamati ad esprimere la propria scelta.
Lo faranno in ragione di un'opzione politica, considerando il Governo Monti come un'esperienza utile per il nostro Paese, e lo faranno anche per una valutazione di merito, poiché considerano necessari interventi di razionalizzazione della spesa pubblica.
Di fronte al gesto della conferma di un consenso fiduciario, e al significato politico che esso assume in un momento estremamente delicato per il Paese, essi rinunceranno anche ad evidenziare gli elementi di perplessità, che pure esistono, in un provvedimento così complesso.
Al netto, pertanto, delle dichiarazioni di fiducia, mi sia consentita una breve notazione, che riguarda il nostro futuro. Ha preso quota, da qualche giorno, negli editoriali degli osservatori politici, una riflessione sul significato del concetto di sovranità nazionale.
La nostra partecipazione all'Unione europea, fino a che punto può limitare la nostra sovranità? Siamo tutti consapevoli che una quota di sovranità viene ceduta nell'atto della creazione di un'entità che ci ricomprende e che consideriamo come la «casa Europa», ma quando gli effetti di questa sovranazionalità travalicano ciò che è stato consapevolmente devoluto e, soprattutto, quando quella stessa sovranazionalità non è la federazione degli Stati europei, ma rischia di essere solo il consorzio degli Stati più ricchi, ci domandiamo se questo schema non contenga insopportabili distonie, anche al limite del nostro dettato costituzionale.
Anche il provvedimento che oggi stiamo per approvare, si muove in una logica che il Governo d'Europa non può non considerare Pag. 3virtuosa, così come virtuosi, oltre ogni aspettativa, si sono dimostrati gli italiani che hanno accettato l'abito non della sobrietà, ma della frugalità.
Noi non chiederemo aiuto alla Banca centrale europea perché non vogliamo commissariamenti del Paese, ma gli italiani hanno diritto di esigere che i loro sacrifici non vengano bruciati da una perversa impennata dello spread e di sapere se quei bagliori alla fine del tunnel sono solo fosfeni di una vista ammalata, oppure l'annuncio di una luce piena, che ci dice che la nottata è passata, finalmente.
Vogliamo rassicurare il Presidente Monti sul fatto che non nutriamo sentimenti antitedeschi. Vogliamo solo - e concludo - che la nostra sovranità sia pienamente tutelata, come dicono la Costituzione e il nostro sentimento di italiani.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Misiti. Ne ha facoltà.

AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, la fiducia chiesta dal Governo sul provvedimento relativo alla spending review, viene dopo la posizione di altre, numerose, questioni di fiducia - circa 33, mi pare - su vari argomenti. Come accaduto in precedenza, la fiducia sarà accordata da questa Camera con un gran numero di voti.
Come Grande Sud abbiamo votato e voteremo anche oggi «sì» alla questione di fiducia, perché ci rendiamo conto della necessità di approvare in tempi brevi provvedimenti importanti, non solo per rassicurare l'Europa sul fatto che l'Italia sa fare bene i compiti a casa, ma anche e soprattutto per continuare su una linea rigorosa di bilancio, che ci renda meno vulnerabili alla speculazione internazionale.
Ci rendiamo, però, sempre più conto che questa linea, se non entreranno in gioco altri fattori, non può reggere a lungo. È necessario che essa sia accompagnata da una politica sovranazionale, europea, molto più unitaria, che assicuri ai mercati, senza mezzi termini, che la fase critica è in via di superamento e che la via dello sviluppo è l'asse portante dell'Europa. Solo così i mercati non valuteranno rischioso investire nel nostro Paese, in Spagna o in altre nazioni dell'Europa del Mediterraneo.
Il Presidente Monti ha fatto bene a segnalare ai tedeschi che gli italiani esprimono forti disagi in questo momento, che potrebbero far crescere un sentimento antico che, evidentemente, ancora esiste nel nostro Paese, speriamo in misura sempre minore, visto e considerato che l'Europa, dopo la tragedia hitleriana, ci ha dato numerosi decenni di pace.
Senza volere accusare la Germania di volere conquistare l'Europa con la forza economica, al posto delle armi, c'è però da osservare che proprio questo appare a tanti onesti cittadini dell'Europa del sud.
Dobbiamo prendere atto che, purtroppo, la crisi ha inciso moltissimo sui rapporti tra Parlamento ed Esecutivo in tutti i Paesi. Monti ha voluto sottolineare questa crisi, che noi non possiamo non vedere. Legiferare, infatti, a colpi di decreto-legge è una dimostrazione lampante di questa crisi. Anche la revisione della spesa ha seguito la stessa sorte, senza potere modificare o implementare, grazie al dibattito parlamentare, la necessaria riduzione drastica delle spese superflue ed inutili.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Misiti.

AURELIO SALVATORE MISITI. Prendendo spunto anche dalle segnalazioni dei cittadini, i risparmi sui beni e servizi della pubblica amministrazione riguarderanno questioni importanti. Ma non è tutto. Sarà difficile affermare che su punti nodali non vi sia una riduzione dei servizi erogati. Mentre per quanto concerne la riduzione degli organici dei ministeri e delle dirigenze degli stessi, l'elaborazione dei ministeri è carente.
Crediamo, quindi, che su questa questione della revisione della spesa bisogna intervenire accogliendo anche quello che Pag. 4viene dal dibattito parlamentare e dall'interno del Paese.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, vorrei partire da una considerazione che riguarda la costituzionalità del decreto-legge di cui stiamo discutendo. Lo dico perché abbiamo ritenuto di non presentare questioni pregiudiziali per permettere all'Assemblea di lavorare più rapidamente, però ciò non toglie che vi siano molti elementi cruciali sui quali dovremmo riflettere.
Leggo. «L'adozione di criteri rigorosi diretti ad evitare sostanziali modificazioni del contenuto dei decreti-legge è indispensabile perché sia garantito, in tutte le fasi del procedimento, il rispetto dei limiti posti dall'articolo 77 della Costituzione alla utilizzazione di una fonte normativa connotata da evidenti caratteristiche di straordinarietà e che incide su delicati profili del rapporto Governo-Parlamento e maggioranza-opposizione» (Giorgio Napolitano, messaggio alle Camere, 18 maggio 2007) (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
Leggo ancora: «Provvedimenti eterogenei nei contenuti e frutto di un clima di concitazione e di vera e propria congestione sfuggono alla comprensione dell'opinione pubblica e rendono sempre più difficile il rapporto tra il cittadino e la legge. È doveroso ribadire oggi che è indispensabile porre termine a simili prassi, specie quando si legifera su temi che riguardano diritti costituzionalmente garantiti e coinvolgono aspetti qualificanti della convivenza civile e della coesione sociale. È in gioco la qualità e la sostenibilità del nostro modo di legiferare» (Giorgio Napolitano, messaggio alle Camere, 15 luglio 2009).
Leggo. «L'inserimento nei decreti di disposizioni non strettamente attinenti ai loro contenuti, eterogenee e spesso prive dei requisiti e di straordinaria necessità, elude il vaglio preventivo spettante al Presidente della Repubblica in sede di emanazione dei decreti-legge. Inoltre, l'eterogeneità e l'ampiezza delle materie non consentono a tutte le Commissioni competenti di svolgere l'esame referente richiesto dal primo comma dell'articolo 72 della Costituzione. Si aggiunga che il frequente ricorso alla posizione della questione di fiducia, realizza un'ulteriore pesante compressione del ruolo del Parlamento» (Giorgio Napolitano, messaggio alle Camere, 22 febbraio 2011).
Leggo ancora. «Valutare l'ammissibilità degli emendamenti riferiti a decreti-legge, con criteri di stretta attinenza allo specifico oggetto degli stessi e alle relative finalità, anche adottando le opportune modifiche dei Regolamenti parlamentari, al fine di non esporre disposizioni, anche quando non censurabili nel merito, al rischio di annullamento da parte della Corte costituzionale per ragioni esclusivamente procedimentali ma di indubbio rilievo costituzionale» (Giorgio Napolitano, messaggio alle Camere, 23 febbraio 2012).
Leggo ancora. «Occorre riflettere su ciò che producono i numerosi decreti legislativi di tipo correttivo. Tutto ciò evidentemente pesa non poco su chi deve giudicare sulla legittimità costituzionale delle leggi. Nel 2010 non poche sentenze della Corte costituzionale si sono dovute riferire all'applicazione più o meno corretta dell'articolo 76 della Costituzione» (Giorgio Napolitano, conferenza stampa di fine anno 2011).
Ohibò, mi viene un dubbio: forse il Presidente della Repubblica presagiva già che vi sarebbe stato un decreto-legge in cui tutti questi rilievi avrebbero potuto trovare spazio. A me pare proprio di sì.
Leggo ancora: Quindi un provvedimento, ripeto, così voluminoso e complesso, quale quello oggi al nostro esame, poco si presta a valutazioni sintetiche e sembra piuttosto caratterizzarsi per l'eterogeneità e non di rado la frammentarietà dei contenuti. Lo ha detto il 2 agosto, nella sua relazione, il relatore di questo provvedimento, Rolando Nannicini. Allora, questo decreto-legge, lo riconosce lui, è la summa delle incostituzionalità. È palese Pag. 5che abbia contenuti eterogenei e frammentari, ha subito modifiche pari a trenta pagine di proposte emendative che lo hanno profondamente modificato rispetto a quando era stato emanato, presenta un'aberrazione costituzionale perché si è inserito un intero decreto-legge dentro un altro decreto-legge, e in più si è aggiunta una questione di fiducia che, come dice il Presidente della Repubblica, quando fosse posta su un decreto-legge realizza un ulteriore pesante compromissione del ruolo del Parlamento.
La posizione di questa questione di fiducia, tra l'altro, era del tutto inutile. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, colpevolmente assente oggi, in sede di Conferenza dei Presidenti di gruppo, dichiarò e ribadì che il Governo si riservava l'apposizione della questione di fiducia in relazione al numero delle proposte emendative. Ebbene, le opposizioni hanno presentato tre, lo ripeto, tre, in tutto tre proposte emendative, dunque il Ministro ha sconfessato se stesso. Capisco che discutere di esodati e di spese militari per questa maggioranza sia tabù, salvo presentare proposte emendative solo per l'Aula, sapendo che non sarebbero mai state discusse. Ora non resta che appellarsi davvero al Presidente della Repubblica, affinché egli riporti tutto al rispetto degli articoli 76 e 77 della Costituzione, qui palesemente violati (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori e di deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Se egli non ritenesse di dare seguito alle sue stesse parole, le ho lette in precedenza - scripta manent - pur ossequiando il ruolo che egli ricopre, non potrei che rivolgere con pieno diritto le mie severe critiche alla persona che quel ruolo ricopre, perché delle due l'una: o il Governo Monti «prende per i fondelli» il Presidente della Repubblica o il Presidente della Repubblica si fa «prendere dai fondelli» dal Governo Monti (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
E nessuno si sogni di darci per questo degli eversivi e degli antistituzionali, anzi, dichiaro che ci onoriamo di essere noi i guardiani di una Costituzione violata da chi per primo dovrebbe osservarla e farla osservare (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
Vengo al merito, Signor Presidente, per dire che noi avevamo contato molto sulla spending review e la proponevamo da almeno tre anni, perché riteniamo che l'intervento sulle spese inutili della pubblica amministrazione sia quanto di più necessario. Ma mi permetta, signor Presidente, siamo di fronte ad un risultato assolutamente deludente, perché qui dentro più che di spending review, ancora una volta siamo in presenza di una logica di tagli lineari anziché quella di una revisione strutturale dei meccanismi che alimentano le spese. Addirittura ho sentito il relatore dire: siamo riusciti ad evitare l'aumento dell'IVA. No, no, forse il relatore si è sbagliato, forse non ha letto bene: l'aumento dell'IVA è spostato al 1o gennaio del prossimo anno. Non è che sia stato eliminato dall'orizzonte temporale che abbiamo di fronte, anzi, si è fatta un'operazione assurda, ed io dico che un mio studente di primo anno non si sognerebbe mai di spezzare un aumento dell'IVA in due tranche, una da 1,5 per cento e l'altra da 0, 5 per cento. Tutti sanno che quando c'è un aumento dell'IVA ci sono gli arrotondamenti, che portano sempre ad aumentare ulteriormente il prezzo finale per il consumatore. Addirittura in questo caso lo spezziamo in due, così ci prendiamo due volte gli arrotondamenti a danno dei cittadini, favorendo l'aumento dell'inflazione, riducendo la capacità di spesa dei cittadini e con effetto depressivo sull'economia. Eppure l'aumento dell'IVA scatterà il 1o gennaio.
Non solo permane la mannaia dell'IVA ma, come è emerso da uno studio della Confesercenti, ci sono in questo decreto-legge ben due miliardi di tasse in più per 18 milioni di cittadini italiani, per la crescita delle addizionali dell'IRPEF che colpiranno le regioni in deficit sanitario. Quindi la pressione fiscale aumenta ancora e farà aumentare la recessione.
Vogliamo parlare dell'aumento delle tasse universitarie per gli studenti fuori corso? Ah, che mi ricordi io, in larga parte Pag. 6gli studenti fuori corso sono studenti lavoratori che dovrebbero essere aiutati e non sicuramente taglieggiati.
Altro che crescita, questa non è la spending review che dovrebbe colpire le spese inutili, e ce ne sono tante a partire dai costi della politica che questo Governo non ha toccato, anzi a questo proposito c'è un nuovo rinvio sulle province e non ne verremo fuori perché ogni volta che c'è un rinvio ci sarà sempre qualcuno che potrà fermare quel processo, tanto più se i rinvii si avvicinano alla fine dell'anno quando poi ci sarà un bel decreto-legge che si chiama milleproroghe e dove tutto verrà prorogato per chi sa quant'altro tempo. Quindi, ancora una volta, quando c'erano da tagliare i costi della politica il Governo si tira indietro, le lobby - come si è visto anche in questo decreto - fanno sentire la loro voce, e in molti casi vi è stata la marcia indietro del Governo, anche sulle società in house: sono diventate una possibilità, ma quando mai in Italia si farà una cosa quando da obbligatoria diventa possibile?
C'è poi la questione del salvataggio del Monte dei Paschi. Facciamo pure i salvataggi, ma perché non poniamo mai vincoli a chi chiede aiuti? Negli Stati Uniti e persino in Spagna hanno imposto una riduzione fortissima di tutte le indennità degli amministratori. Qui non se ne parla, non si parla di nessun limite ad indennità milionarie di personaggi che già hanno creato danni e che se ne vanno da una parte con buonuscite milionarie e subito dopo rientrano dall'altra con nuove indennità milionarie. È una grande delusione, Presidente, perché contavamo molto su questo intervento che fosse davvero capace di porre rimedio al problema delle spese inutili. Non vi è quasi nulla sui costi della politica che in molti casi sono la più inutile di tutte le spese, ma vi è molto poco anche per quanto riguarda l'intervento sulle spese inutili della pubblica amministrazione e degli enti locali, in particolare su enti che continuano a sopravvivere ad onta della loro inutilità, enti posti in liquidazione decine di anni fa; un elenco del Presidente Prodi ne indicava una trentina e sono ancora lì e mangiano ancora i soldi del contribuente.

PRESIDENTE. Deve concludere.

ANTONIO BORGHESI. Non è questa la spending review che il popolo italiano si attendeva. Per queste ragioni diremo «no» alla fiducia che chiedete (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marmo. Ne ha facoltà.

ROBERTO MARMO. Signor Presidente, signori del Governo, onorevoli colleghi, alcuni giorni or sono il Presidente del Consiglio dei ministri intervistato nel corso di una trasmissione in una radio pronunciava le parole che probabilmente per la prima volta sono andate al di là della proverbiale cautela che caratterizza le sue esternazioni: cominciamo ad intravedere la luce in fondo al tunnel, ha detto il Premier, aggiungendo però che i nostri compiti a casa non sono finiti. Nonostante anche la spending review che ci accingiamo - spero - ad approvare, il Paese compie un ulteriore passo in avanti lungo la strada del risanamento, del contenimento della spesa e del recupero di risorse da destinare alla diminuzione delle tasse. Sul provvedimento nella sua complessità, pur critici per alcuni aspetti presenti nelle procedure, esprimiamo un giudizio di insieme positivo, così come pur con tanti «ma» siamo persuasi che nell'interesse del Paese occorra portare a compimento la legislatura e occorra sostenere questo Governo.
Il nostro gruppo voterà a favore della fiducia, e nel contempo ribadisce il suo convinto sostegno responsabile, molto critico e attento ma responsabile, all'Esecutivo guidato dal Presidente Monti. La ragione di questo è che in queste ultime settimane l'Europa ha cambiato passo: probabilmente un cambio decisivo che scaturisce dalla presa di coscienza della Pag. 7ineludibile necessità di coniugare rigore con crescita, e dall'urgenza di porre al riparo l'euro dal cinismo della speculazione internazionale e da chi ha finora letteralmente scommesso sulla debolezza strutturale della nostra moneta.
È bene riaffermare, senza enfasi ma con un pizzico di orgoglio, che l'Italia ha giocato un ruolo particolarmente incisivo che proviene anche dalla cultura europeista che ci ha sempre contraddistinti. L'Italia non deve subire le decisioni di altri Paesi, ma anche noi siamo a dover stabilire come condurre l'Unione verso una ulteriore ed auspicata integrazione politica ed economica. E se qualche partner, Paese l'avesse dimenticato è bene riaffermare che l'Italia è tra gli artefici del destino europeo ed intende esserne protagonista perché è nel nostro Paese che sono nati gli europeisti più convinti, ed è qui che è stata scritta la carta fondamentale di quella che sarebbe poi diventata l'Unione europea.
Siamo fra i propugnatori di questa straordinaria esperienza di integrazione politica, economica ed istituzionale e se è vero, colleghi e signor Presidente, che il destino dell'Italia è inesorabilmente legato al nostro essere parte integrante dell'Unione, è anche vero che l'Europa non può e non deve diventare una realtà fine a se stessa, incapace di coniugare i rigorosi vincoli di stabilità introdotti con le esigenze contingenti degli Stati membri e con la necessità di riportare rapidamente le nostre economie sul binario della crescita.
Al di là dei facili trionfalismi e dell'agevole retorica, il consesso europeo ha aperto un nuovo corso nelle politiche comunitarie. L'intesa sul «pacchetto crescita» e l'accordo tra i Governi dell'Eurozona sulle misure per stabilizzare i mercati ed aiutare i Paesi virtuosi costituiscono, a mio parere, uno degli obiettivi importanti, che possono essere certamente annoverati tra i meriti del nostro Esecutivo e dei partiti che, con il loro sostegno, hanno dato forza alle ragioni ed alla posizione italiana, rappresentata dal Premier e dai suoi Ministri. Inoltre, la recente presa di posizione del presidente della Banca centrale europea, Draghi, è servita ad indicare un percorso che conduca finalmente la BCE ad assumere il ruolo che le deve essere proprio.
Ma queste decisioni devono tradursi in meccanismi operativi realmente e concretamente incisivi, altrimenti ogni sforzo sarà vano e dovremo assistere impotenti all'opera cinica degli speculatori internazionali. Ora passi avanti sono stati compiuti, ma ciò non basta: occorre passare dalle regole agli interventi concreti, che pongano realmente al riparo gli Stati virtuosi dalla speculazione. Dobbiamo essere consapevoli che la crisi della nostra moneta, con le inevitabili conseguenze sulla crescita, è figlia di un processo di integrazione monco. La moneta unica è infatti diventata il punto di arrivo di un processo che paradossalmente non è stato tale da garantirne la stabilità. Dal 2000 in poi, questo processo si è ritrovato in una situazione di impasse, che ha determinato due paradossi: abbiamo 28 Stati senza barriere doganali e 17 di questi con la stessa moneta circolante, ma con 17 diversi parametri di finanziamento del debito. È evidente che ciò non è più sostenibile. Le forze politiche più accorte, i partiti che con grande senso di responsabilità stanno sostenendo questo Governo, hanno il dovere di sollecitare un'accelerazione nel processo di integrazione e anche l'istituzione di un'agenzia di rating comunitaria che ponga fine allo scandalo delle valutazioni «interessate» di Standard and Poor's e Moody's e una rivisitazione dell'attuale struttura istituzionale, che giunga in tempi rapidi all'elezione anche diretta e a suffragio universale del Presidente della Commissione. Abbiamo bisogno di una Banca centrale europea che realizzi quanto dichiarato dal suo Governatore e che ponga in essere realmente tutti gli strumenti necessari, atti a sostenere la moneta unica e ad evitare che Paesi dell'Unione, pur avendo compiuto tutti i sacrifici necessari e richiesti, siano costretti a finanziarsi sul mercato, pagando tassi percentuali eccessivamente ed ingiustificatamente elevati. È necessaria dunque tutta la forza della BCE. Pag. 8
In questo ultimo scorcio di legislatura, dunque, le forze politiche più accorte hanno il dovere di puntellare e stimolare l'Esecutivo affinché spinga ulteriormente l'Unione lungo questo sentiero, vincendo le resistenze interessate di taluni Governi - vedi quello tedesco - ma nel contempo perseverando lungo la strada del risanamento, del contenimento dei costi e delle riforme strutturali necessarie a creare le condizioni per un definitivo rilancio del nostro apparato produttivo.
Sono trascorsi otto mesi da quando le forze politiche più avvedute rappresentate in quest'Aula decisero di sostenere l'esperienza del Governo Monti, al quale fu affidato il preciso compito di aprire una straordinaria fase riformista e di condurre il Paese lungo il sentiero impervio del cambiamento. Siamo ancora oggi dinanzi ad una situazione eccezionale, che richiede una terapia eccezionale, che possa fare affidamento su un consenso ampio e diffuso, su una condivisione responsabile e su una piena consapevolezza della maggior parte dei soggetti politici più rappresentativi delle istanze del Paese.
All'atto del suo insediamento, tre furono i pilastri sui quali il Governo espresse l'intenzione di poggiare l'intero impianto del suo programma: rigore, crescita, equità. È innegabile che, in questi otto mesi, il Governo si sia mosso decisamente lungo il sentiero del risanamento, varando una serie di misure certamente ineludibili, sicuramente improcrastinabili, ma che hanno anche provocato - lasciatemelo dire - un eccessivo aumento della pressione fiscale. Certi obiettivi importanti sono stati raggiunti, ma hanno determinato un'ulteriore contrazione della domanda, che ha avuto effetti recessivi sul nostro, già provato, apparato produttivo.
Il rigore, a mio parere, è stato coniugato, con eccessiva lentezza, con provvedimenti per la crescita che non solo sono giunti in ritardo, ma che, purtroppo, non trovano sponda nel contesto europeo, che è poco incline a favorire misure a sostegno della crescita. Dunque, tanto rigore certamente, ma poco sviluppo e anche qualche mancanza di equità. Ebbene sì, se il rigore non è adeguatamente coniugato con l'equità rischia di trasformarsi in un'insostenibile penalizzazione delle fasce sociali più deboli. Mi riferisco anche e, soprattutto, ai tagli di taluni servizi fondamentali, che hanno finito per colpire i lavoratori, i pendolari, gli studenti, i pensionati con redditi bassi.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ROBERTO MARMO. Il Governo, quindi, ha posto in essere una serie di riforme che abbiamo condiviso. Come ho detto in apertura, approveremo la fiducia e la spending review, che va nella direzione giusta. Possiamo dire di essere persuasi nel sostenere che non si tratta di una manovra che abbiamo apprezzato, ma abbiamo apprezzato lo sforzo teso a promuovere tagli mirati che, diversamente operati, avrebbero prodotto effetti negativi. Quindi, signor Presidente, noi voteremo la fiducia al Governo Monti (Applausi dei deputati del gruppo Popolo e Territorio).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Biagio. Ne ha facoltà.

ALDO DI BIAGIO. Signor Presidente, questo provvedimento e il nome anglofono che lo rappresenta è ormai entrato nell'immaginario collettivo come una sorta di grossa forbice amministrativa che infierisce su tutto e su tutti; un'immagine, certo, fantasiosa, che sta a noi rettificare. Di contro, noi di Futuro e Libertà riteniamo che queste disposizioni possano tramutarsi in una sorta di opportunità, che possano rappresentare una porta normativa e finanziaria attraverso la quale sia possibile accedere ad una nuova pagina della storia amministrativa del nostro Paese.
Il provvedimento che ci accingiamo a votare rappresenta il conto che le generazioni di oggi pagano su quelle passate: anni di gestione leggera, lungimiranza limitata e faciloneria nell'elargire sussidi, incentivi e posti fissi hanno condotto all'impasse di oggi. Ed è inutile stare, qui, fermi Pag. 9ad osservare le rovine di questo sistema, un sistema del quale oggi si cerca di decretare la fine. La spending review non è uno strumento attraverso cui il Governo vuole infierire contro questo o contro quello, ma è un dispositivo attraverso il quale rivedere l'esistente e riportarlo in linea con le esigenze del momento e le prospettive del futuro, per ridare al nostro Paese credibilità e consentire il taglio di ataviche, inutili e pesanti sacche di spreco.
Con questo articolato siamo sulla buona via? Sicuramente sì, ma non possiamo fermarci a considerare il decreto-legge come qualcosa di esaustivo. La strada è lunga: infatti, questo provvedimento, come integrato al Senato, prevede un ampio numero di interventi, la cui comune finalità è il contenimento e la razionalizzazione complessiva della spesa pubblica. Mi riferisco, ad esempio, al miglioramento dell'efficienza della spesa per l'acquisto di beni e servizi delle amministrazioni pubbliche attraverso un rafforzamento e un'implementazione del metodo Consip, attraverso il ridimensionamento degli organici di alcune categorie del pubblico impiego e il ridimensionamento dei compensi degli amministratori con deleghe e dei dipendenti di società controllate.
Degno di nota è l'intervento a sostegno delle popolazioni colpite dal recente sisma, e una disposizione concreta che si colloca nel divieto di conferire consulenze ad ex dipendenti in quiescenza, che rappresenta di certo un presupposto tangibile per consentire il coinvolgimento di forze nuove nell'ambito delle dinamiche di consulenze nella pubblica amministrazione.
Ma ci sono dei punti che bisogna ancora approfondire, e che siamo certi potranno essere occasione di confronto in provvedimenti affini per materia. Infatti, fa riflettere quanto disposto dall'articolo 14, ai commi 24 e 25: l'articolo blocca le dinamiche di riadeguamento retributivo previsto nei confronti del personale a contratto e dipendenti del Ministero degli affari esteri in servizio in numerosi Paesi. Chiediamo al Governo - e lo faremo con un apposito ordine del giorno - che venga a modificare quanto disposto da questo articolo, al fine di procedere agli adeguamenti retributivi necessari e normativamente previsti. Merita qualche riflessione anche quanto disposto sul versante del contenimento di spesa nel comparto sanitario e della spesa farmaceutica. Senza volere entrare nel merito della questione, ritengo sia auspicabile garantire che il ridimensionamento delle risorse collimi con il rispetto della qualità e della garanzia nei confronti dei cittadini utenti. Sappiamo che i primi effetti di questo provvedimento si stanno riscontrando nei complessi ospedalieri, con evidenti tagli alle risorse sui medicinali, stipendi per il personale e vitto per i degenti. Mi rendo conto del rispetto delle ripartizioni delle competenze tra Stato e regioni su un versante così delicato, ma ritengo debba essere prioritario, per un Governo che ambisce a mettere ordine, che si proceda con il rispetto di specifiche linee guida nell'ambito dell'esecuzione delle dinamiche di revisione della spesa.
Un passo avanti è stato fatto sul versante previdenziale, riconoscendo oltre 55 mila unità nell'ambito dei soggetti salvaguardati dall'incremento dei requisiti di accesso al sistema pensionistico. Sebbene il problema resti, vogliamo credere nell'impegno del Governo a trovare una soluzione di portata più ampia nei prossimi provvedimenti.
Come ho avuto modo di evidenziare, il nostro compito, oggi, non è soltanto quello di dare o meno la fiducia al Governo che ha definito questo provvedimento, ma anche quello di dare un senso al cambiamento, evidenziandolo come tale alla società civile e a ogni italiano, al di là della facile demagogia, in cui tutti sono bravi. Sappiamo bene che negli ultimi anni determinate politiche poco lungimiranti hanno consentito l'accumulo di un debito spaventoso, ed è questo mostro finanziario che siamo chiamati a fronteggiare oggi, attraverso un sacrificio, certo, ma che coinvolga tutti, senza distinzione o tutela di caste. Ogni cittadino è chiamato a dare il suo contributo, a lavorare per rimettere in sesto il nostro Paese appesantito da Pag. 10decenni di amministrazione deficitaria. Ma il Governo, proprio in questa fase, deve svolgere un ruolo determinante. Vanno bene i tagli, va bene altrettanto la revisione di spesa, ma senza un attento controllo del Governo tutto questo rischia di assumere delle derive incontrollate. Il Governo si deve fare garante del cambiamento e del rinnovamento, affinché il ridimensionamento auspicato e votato in questa sede non si trasformi in un pretesto per alcuni enti e amministrazioni per tagliare servizi e colpire in questo modo chi ha bisogno di maggiori tutele, lasciando come sempre protette le aree di spreco, che tanto piacciono alle caste e ai vari detentori di poltrone. La revisione di spesa sancita quest'oggi deve essere armonica, democratica ed equilibrata. I cittadini utenti non possono essere immolati sull'altare della spending review. È l'amministrazione a fare il primo passo in questa prospettiva di sacrificio costruttivo. Il Governo, in questo articolato sistema di riorganizzazione, deve fungere da controllato e controllore al medesimo momento, perché le derive siano un lontano ricordo e perché il rispetto dei cittadini resti la priorità. Potremmo stare qui giorni a riflettere sull'opportunità di questa o di quella norma, ma sappiamo tutti che questa o quella norma si deve inserire in un contesto armonico, migliorabile, rettificabile, ma pur sempre necessario. Con oggi pretendiamo di mettere la parola fine agli «enti farsa» costruiti per elargire poltrone, ai posti improduttivi e all'inattivismo sedimentato e costoso. Vogliamo credere che con questo provvedimento vi sia davvero voglia di voltare pagina.
Ci rendiamo conto che quando si interviene, e si interviene con raziocinio e concretezza, non si può non incappare in qualche critica o, perché no, in qualche errore. Fa parte dei rischi dell'attività politica e istituzionale. Di questo siamo e vogliamo essere consapevoli.
Abbiamo accettato i sacrifici di questo provvedimento, così come quelli sanciti da altri, con la prospettiva seria ed urgente di rivedere quanto di buono la politica ancora può fare per il nostro Paese, per il rinnovamento e il patto tra la società civile e la politica, all'insegna di una rinnovata struttura che possa giovare all'una e all'altra, nel pieno rispetto dei diritti e dei doveri e portando a termine quello che invece, per anni, è stato accantonato in un angolo dell'azione politica.
Per tale ragione, e confidando in un miglioramento ancora fattibile che sappia guardare ad un'Italia più bella, più giusta e più equa, Futuro e Libertà vuole dare il proprio voto di fiducia al decreto in esame, mettendoci la faccia e il cuore, come ha sempre fatto (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Occhiuto. Ne ha facoltà.

ROBERTO OCCHIUTO. Signor Presidente, intervengo per dichiarare il voto favorevole dell'UdC alla questione di fiducia posta dal Governo. Però, prima di spiegarne le ragioni, vorrei dire - riferendomi all'intervento di qualche collega, segnatamente a quello del collega dell'Italia dei Valori - che noi non ci aggiungiamo al coro di quelli che si lamentano perché si pone la fiducia oggi, oppure si lamentano dell'uso - a loro giudizio, dell'abuso - della decretazione d'urgenza. Farlo il 7 agosto è strumentale e, per certi aspetti, è ipocrita. Farlo su un provvedimento complesso, come quello che oggi siamo chiamati ad approvare, è sicuramente pretestuoso. C'è invece - questo sì - un problema che appartiene in qualche modo al funzionamento imperfetto del nostro sistema bicamerale, perché questi provvedimenti possono essere valutati solo da una Camera e l'altra si deve limitare in qualche modo a ratificarli, ma questo problema non appartiene né al Governo, né - mi riferisco all'intervento del collega dell'Italia dei Valori - al Capo dello Stato, che spesso viene impropriamente strattonato per la giacca. È un problema che appartiene alla libertà delle Camere, che dovrebbero in qualche modo rivedere il funzionamento così imperfetto, e reso in maniera Pag. 11ancora più evidente imperfetto dalle contingenze della crisi, del nostro sistema. Quindi, chi si lamenta ammette - lamentandosi - la sua incapacità a rivedere il sistema.
Oggi noi siamo chiamati, signor Presidente, ad approvare alcune norme che sarebbe stato dovere della politica approvare negli anni passati. Mettiamo finalmente mano alla spesa pubblica dello Stato, iniziando un percorso di revisione di questa spesa che la politica dovrà continuare ben oltre il Governo, ben oltre questa legislatura, perché la spending review è un processo che non si conclude con questo decreto, semmai è un processo che si avvia virtuosamente con questo decreto. Riduciamo la spesa improduttiva della pubblica amministrazione, tentando di costruire un sistema più efficiente che, organizzando meglio le risorse, sia capace di assicurare le stesse prestazioni, gli stessi servizi, rendendo la spesa dello Stato più produttiva, orientandola ad erogare servizi di migliore qualità. A questo serve il riordino dei livelli di Governo, attraverso l'intervento sulle province (che, in verità, nella previsione contenuta nel decreto scritto dal Governo, era ben più dispositiva ed immediata di quella contenuta nel testo finale per effetto delle modifiche intervenute al Senato). A questo servono la riorganizzazione delle circoscrizioni giudiziarie, gli interventi sulla centralizzazione degli acquisti di beni e servizi. Gran parte della spesa pubblica e gran parte degli sprechi della spesa pubblica del nostro Paese sono riferibili proprio agli acquisti dei beni e dei servizi da parte delle pubbliche amministrazioni. A questo servono le tante altre norme contenute in questo provvedimento. Si riduce la spesa pubblica per ridurre la pressione fiscale, che senza questo decreto - è bene ricordarlo - sarebbe ulteriormente aumentata per effetto dell'incremento dell'IVA.
Molti hanno sostenuto che i tagli previsti dal provvedimento che stiamo approvando sarebbero recessivi, ma quanto più recessivo sarebbe stato invece l'aumento dell'IVA, che avrebbe depresso ulteriormente - quello sì - i consumi privati e gli investimenti da parte delle imprese, e che con questo decreto viene per ora cancellato? Ma come si fa a lamentarsi quando si fanno manovre, come avvenuto negli ultimi anni, che aumentano la pressione fiscale e poi a lamentarsi allo stesso modo quando si mette mano alla spesa pubblica improduttiva per ridurre le tasse? C'è una grande ipocrisia negli argomenti di una certa politica del nostro Paese. Fino a qualche settimana fa, e prima del decreto sulla spending review, tutti concordavamo - e giustamente - sul fatto che non si potesse più intervenire dal lato delle entrate, sul fatto che non si potessero più fare manovre aumentando le tasse. Tutti dicevamo - e giustamente - che l'alta pressione fiscale nel nostro Paese fosse diventata insostenibile e fosse questa stessa un macigno straordinario sulla strada della crescita del PIL (che tutti auspichiamo). Tutti lo sostenevamo, tutti quanti lo dicevamo, lo gridavamo ai quattro venti. Dicevamo che bisognava intervenire dal lato della spesa attraverso la sua revisione e i tagli selettivi. Ebbene, cosa è successo in queste settimane? È successo che il Governo lo ha fatto, proponendo questo decreto sulla spending review, e molti si sono dimenticati di quello che gridavano. Hanno cominciato a praticare il vecchio metodo della politica inconcludente degli ultimi anni, parlando alla pancia dei cittadini e ponendosi alla testa delle proteste localistiche e corporative. Con quale credibilità poi, mi chiedo. Perché mai - mi chiedo - chi protesta dovrebbe giudicare credibili quanti tra i dirigenti politici, pure presenti in quest'Aula, si mettono al loro fianco dopo aver generato la situazione di sfascio del Paese, attraverso i Governi ai quali hanno partecipato, o dopo avere dimostrato di non essere stati capaci di impedirla?
Noi Dell'UdC non ci stiamo a giocare tutte le parti in commedia. Noi vogliamo essere quelli che, avendo per primi denunciato i limiti della politica degli ultimi anni, di quella politica che è stata ostaggio delle sue bipolari debolezze, oggi ci mettono la faccia. Noi siamo orgogliosi di metterci la faccia, siamo fieri di farlo, di Pag. 12sfidare l'impopolarità, insieme al Governo, avendo la coscienza però di chi sta facendo ciò che è giusto e ciò che è necessario per il Paese, che per questo può stare con la schiena dritta, a testa alta, a sfidare l'impopolarità. Sarà sufficiente? Sarà sufficiente il nostro sforzo, quello del Governo? Saranno sufficienti i sacrifici degli italiani, il decreto-legge sulla spending review che oggi approviamo? Non lo so. Io credo di sì, perché sono convinto che l'Europa, alla fine, si salverà. Ma questo dipende non solo dalla nostra attività, da quella del Governo, dai sacrifici degli italiani, dipende dalla capacità che avrà l'Europa di ripensarsi, di ripensare il ruolo della BCE, di ripensare la dimensione e il funzionamento del meccanismo europeo di stabilità, di procedere verso una reale integrazione bancaria, di passare dall'Europa degli Stati agli Stati Uniti d'Europa, procedendo in questo percorso che è necessario verso l'integrazione fiscale e politica.
Ce la faremo se accadranno queste cose e sono convinto che accadranno. Sono certo, però, che oggi possiamo provarci con autorevolezza maggiore e senza pudore. Signor Presidente, colleghi onorevoli, noi eravamo nudi fino a qualche mese fa e portavamo sulle spalle un fardello pesantissimo, quello delle responsabilità per le mancate riforme della politica e per le inadempienze dei Governi passati. Eravamo costretti ad arrossire davanti agli altri leader europei che ci ricordavano queste nostre inadempienze. Oggi non arrossiamo più, oggi non siamo più costretti a vivere con questo pudore e ci presentiamo con il vestito nuovo della credibilità e della dignità. I sacrifici degli italiani, l'impopolarità che sta catalizzando il Governo e le forze che responsabilmente lo sostengono sono stati utili a determinare le condizioni perché il Paese possa crescere in futuro, ma sono stati utili anche a fare in modo che noi abbiamo potuto recuperare quella dignità perduta. Ci siamo potuti presentare, appunto, senza arrossire in Europa, richiamando l'Europa a superare gli egoismi nazionali e facendolo con un'autorevolezza che era sconosciuta all'Europa da parte degli italiani.
Ecco, per questa ragione noi invitiamo il Governo a continuare, esprimendo oggi il nostro voto di fiducia a questo provvedimento e al Governo. È un voto di fiducia che però è anche un auspicio, quello cioè che l'Italia non possa mai più ritornare indietro (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bitonci. Ne ha facoltà.

MASSIMO BITONCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, con revisione della spesa pubblica, in inglese spending review, si intende quel processo diretto a migliorare l'efficienza e l'efficacia della macchina statale nella gestione della spesa pubblica. Dovrebbe significare, e non bisogna essere dei grandi esperti di economia, che i capitoli di spesa di uno o più Ministeri vengono passati al setaccio per vedere cosa può essere tagliato e per scoprire se ci sono sprechi da eliminare.
In realtà, questa è una mini manovra finanziaria, non una spending review, venduta come un'importante misura di razionalizzazione della spesa pubblica, ma che poi scopriamo essere esigua tanto che, se si vanno a vedere i saldi effettivi, c'è una riduzione della spesa di circa 4 miliardi di euro, appena sufficienti per sterilizzare l'aumento dell'IVA a breve termine, mentre la vera spesa pubblica quest'anno, secondo il bilancio presentato dal vostro Governo, aumenta di ben 10 miliardi di euro.
La priorità è affrontare quell'immenso debito pubblico, con un valore superiore ai 2 mila miliardi di euro, mentre ci apprestiamo al 123 per cento del prodotto interno lordo. Stiamo superando ogni record e le previsioni del Fondo monetario internazionale sono pessime anche per il 2013 e il 2014. Insomma, la recessione non se ne va e questo ce lo ricorda continuamente anche l'Europa. La troika, e soprattutto la Germania, ci spingono sempre più Pag. 13verso gli aiuti, verso il Fondo salva Stati e anti spread, che ci obbligherebbe ad un'ulteriore cessione di sovranità e un controllo da parte di tutti gli Stati membri. Signor Presidente, c'è una preoccupante analogia con le spinte che vengono dalla Germania e da un recente passato. I tedeschi devono capire che se si vuole un'Europa che conti di più, un'Europa unita, lo si può fare solo attraverso un'unione confederale, e non un'Europa sotto la guida, in stile Terzo Reich (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Noi, signor Presidente, condividiamo lo spirito di questa manovra, ma le vere riforme, il vero controllo della spesa, il pareggio di bilancio, si ottiene solo con l'attuazione del federalismo, con i costi standard, ossia con il controllo diretto della spesa pubblica fatto dai cittadini. Questo era un percorso importante, cominciato con la legge n. 42 del 2009 e poi con l'approvazione dei decreti attuativi. Voi, con il vostro Governo, avete fin da subito deciso di iniziare una nuova fase centralista e anti federalista (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania) prima introducendo l'IMU sulla prima casa e incamerando alle casse statali il 50 per cento delle entrate delle seconde case, i fabbricati e le aziende, poi la cancellazione della compartecipazione IVA a favore degli enti locali, cancellando il federalismo demaniale, bloccando la valorizzazione dei beni. Potevate rivedere il Patto di stabilità dei comuni, Patto che sta bloccando la possibilità di investimento dei nostri enti locali, frenando il pagamento agli artigiani e alle imprese fornitrici dei servizi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
E, invece, con un bluff si prendono in giro i sindaci, impiegando 800 milioni in manovra ma che, in realtà, sono 500, perché 300 vengono presi da un capitolo che riguarda il rimborso alle imprese, che sono proprio quelle che avanzano i pagamenti dalle pubbliche amministrazioni. Quindi, una mera partita di giro (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Ma vi è di peggio. Si ritorna a premiare gli enti non virtuosi, perché di questi 800 milioni, ben 171 vanno alla Sicilia, 32 alla Calabria, 58 alla Campania, 79 al Lazio, 82 alla Sardegna e solo 29 al nostro virtuoso Veneto. Vi sono ancora risorse per la sprecona Sicilia; la Sicilia, secondo la Corte dei conti, dei 17 mila dipendenti regionali, con 1.500 dirigenti, uno ogni dieci dipendenti. Si tratta di un'assurdità, se questi dati li mettiamo in confronto con le regioni del nord. La Sicilia ha più dipendenti regionali di Veneto, Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna, Liguria e Friuli tutti insieme (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). È qui che dovete fare una bella e vera spending review, signori miei! È qui che bisogna applicare i costi standard e bloccare l'assunzione dei dipendenti effettivi, non sulle piante organiche. Questa è un'altra delle prese in giro di questo decreto-legge (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Se tagliate il 20 per cento dei dirigenti e il 10 per cento del personale, calcolati sulle piante organiche e non sui dipendenti effettivi, non otterrete alcun beneficio (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). È noto a tutti, infatti, che le piante organiche sono sempre superiori al numero effettivo dei dipendenti. Per essere seri avreste dovuto tener conto di un semplice parametro da costi standard: il rapporto dei dipendenti in relazione agli abitanti (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), laddove ci sono comuni al nord che hanno meno della metà dei dipendenti di quelli con pari di abitanti al sud.
Attenzione, signor Presidente, perché dalla Sicilia è in arrivo un altro «regalino» per le casse dello Stato, altro che pareggio di bilancio! Sempre dall'audizione della Corte dei conti siciliana in V Commissione (Bilancio), scopriamo che ci sono 15 miliardi di euro di residui attivi, ma molti di questi sono vecchi di anni. Saranno tutti esigibili? Ovviamente no! La Corte dei conti parla solo di 400-500 milioni inesigibili. In realtà, sono molto di più. Il 22 per cento sono tributi e se sappiamo che a livello nazionale l'Agenzia Pag. 14delle entrate riscuote tra il 15 e il 20 per cento di questi tributi residuali; allora i calcoli sono fatti presto: parliamo di altri 3 miliardi e mezzo di tributi che non saranno mai riscossi, ma che vengono mantenuti in bilancio per non evidenziare la mancanza di entrate (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
È così anche per quanto riguarda le entrate in conto capitale. Le entrate in conto capitale della regione Sicilia sono il 47 per cento dei residui. Sono fondi vincolati, che derivano da finanziamenti europei nazionali. Molti di questi progetti, però, non verranno mai iniziati o completati e così oltre al danno vi sarà la beffa. Finanziamenti sprecati e buco di bilancio assicurato che non pagherà l'ex governatore Lombardo di turno, ma proprio noi, cari colleghi e cittadini del nord. Sempre il solito nord che ripiana l'allegra gestione meridionale (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Intanto, il momento è drammatico per tutte le nostre imprese e per tutti i settori. Nel 2012 le chiusure di negozi nel commercio al dettaglio potrebbero superare le nuove aperture di circa 20 mila unità. Secondo Confcommercio nel 2011 le chiusure di negozi sono state pari a 105 mila, contro 71 mila nuove aperture. Questa è recessione vera e voi professori dovreste pensare a come ridurre il cuneo fiscale (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), perché con questo livello di tassazione, il più alto in assoluto in Europa e nel mondo, la ripresa ce la sogniamo, e senza ripresa, che può partire solo dalle nostre aziende al Nord, non vi è né crescita né sviluppo. Senza crescita si contraggono i consumi e le entrate, non vi è il pareggio di bilancio e - utopia - la riduzione del debito pubblico.
Dovevate colpire i privilegi dei dipendenti pubblici, dovevate equiparare i contratti del pubblico con quelli del privato, imporre un tetto agli stipendi dei dirigenti statali e dei manager pubblici (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), ridimensionare il numero dei Ministeri e delle prefetture, privatizzare la RAI e chiudere i «poltronifici pubblici» (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Queste sono le cose che vogliono tutti gli italiani!
Così per le pensioni d'oro. Ne parlate da molto ma nulla è ancora stato fatto, forse perché quelli delle pensioni d'oro siete proprio voi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

MANUELA DAL LAGO. Bravo!

MASSIMO BITONCI. Potevate risolvere il problema degli esodati, sopprimendo gli enti inutili che avete ripescato al Senato, magari senza dare ancora finanziamenti a Roma. Potevate utilizzare i 500 milioni per i clandestini nordafricani. Per loro, il vostro Ministro Riccardi, i soldi li trova sempre. È una vergogna (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
Ora, chiuso il provvedimento proponete di risolvere il problema degli esodati con nuovi giochi d'azzardo. Non avete rovinato abbastanza famiglie con le slot machine, il gioco via Internet e il poker sportivo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)?
Concludo, signor Presidente. Il nostro è un parere assolutamente negativo. Poteva essere fatto molto di più. Vi sono, nel bilancio dello Stato, una miriade di sprechi da tagliare. Non ci vuole un nuovo Ministro dell'economia e un codazzo di tecnici; basta una massaia, una casalinga o un buon padre di famiglia (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), con in tasca l'esperienza di chi fa economia domestica tutti i giorni dell'anno per tirare avanti. Ma, la realtà è che questo Governo non ha alcuna intenzione di cambiare le cose e a voi questo baraccone chiamato Italia sta bene così com'è (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marchi. Ne ha facoltà.

MAINO MARCHI. Signor Presidente, colleghi deputati, rappresentanti del Governo, con questo voto di fiducia, che il Pag. 15Governo ha chiesto, e con l'approvazione e la riconversione in legge del decreto-legge sulla spending review, si chiude una fase intensa del lavoro del Governo e si affronta la questione della spesa pubblica, con modalità diverse da quelle dei tagli lineari dei Governi Berlusconi.
Non tutto il decreto-legge è coerente con questo obiettivo, ma si è avviato un percorso e ritengo che critiche e stimoli sul merito siano più che legittimi da parte di chi, come il Partito Democratico, ha sempre sostenuto questo metodo, dai tempi del Governo Prodi e del Ministro Padoa-Schioppa, in cui si era assunto questo approccio. E poi, di fronte a tutte le manovre di questi anni, che puntualmente ripetevano i tagli lineari, lo ha riproposto.
Mentre ritengo molto meno legittime le critiche - lo dico ai colleghi della Lega Nord Padania - da parte di chi, al Governo per otto dei dieci anni dal 2001 al 2011, ha sempre votato e approvato provvedimenti e manovre con tagli lineari (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), con un federalismo solo annunciato e mai realizzato, con un aumento dei giochi che non si era mai visto, collega Bitonci.
Una fiducia, quindi, che il Partito Democratico dà, in coerenza con gli impegni assunti, ad un Governo che opera per affrontare e superare l'emergenza, consapevoli che il Governo Monti l'emergenza non l'ha né creata né ha concorso a determinarla, ma l'ha ereditata in un momento in cui eravamo sull'orlo del baratro ed ha sviluppato un'azione coerente per poter dire in Europa e a tutti gli interlocutori internazionali: ciò che a noi compete fare, l'abbiamo fatto.
Stiamo ancora come a novembre? No, certo è emerso che lo spread dipende in gran parte dall'Europa e dal contesto internazionale, ma la credibilità internazionale dell'Italia è uguale ad allora? Monti e Hollande, entrambi sostenuti dal Partito Democratico, sono protagonisti dell'avvio ancora timido, ma che c'è, del cambio di passo dell'Europa. Rigore sì, ma anche politiche per lo sviluppo e la crescita, rigore sì, ma insieme a strumenti comuni europei per fermare la speculazione finanziaria contro l'euro e ricostruire una risorsa fondamentale per l'Europa, ossia la solidarietà per un destino comune. È un'azione che va continuamente rafforzata, ma non c'è solo la responsabilità del Governo, c'è una responsabilità di tutti. Se tra chi aspira a governare nel 2013 e negli anni successivi vi sono forze che mandano messaggi del tipo: uscire dall'euro, ritorno alla lira, non pagare il debito pubblico, è evidente che si riduce la fiducia e cresce la diffidenza nei confronti dell'Italia, e con la diffidenza crescono i tassi di interesse che ci chiedono per acquistare i nostri titoli di Stato, ma nella politica italiana ci sono anche forze che non scherzano con il fuoco, come il Partito Democratico, una certezza oggi e in futuro per gli italiani, per l'Europa e per il mondo.
Noi siamo fra coloro che vogliono e operano per gli Stati uniti d'Europa e avanzano proposte per realizzare nel più breve tempo possibile il coordinamento delle politiche economiche e fiscali, e quando c'è da votare per dare seguito a impegni europei, magari assunti in prima istanza da altri, come il fiscal compact, i parlamentari del Partito Democratico ci sono tutti.
Oggi è un passaggio importante di un lavoro del Governo teso prima a mettere al sicuro i conti, a confermare l'obiettivo del pareggio di bilancio con il decreto-legge «salva Italia», seguito da interventi per la crescita, come le liberalizzazioni, la riforma del mercato del lavoro, il decreto-legge sullo sviluppo, insieme alla dimostrazione di serietà e sobrietà di fronte a emergenze come quella del terremoto, e ora a interventi sulla spesa pubblica. Siamo convinti che occorra agire sulla spesa ed evitare aumenti di tasse, si può abbassare l'IMU e mettere una patrimoniale sui grandi patrimoni, ma non aumentare la pressione fiscale, e si deve continuare a rafforzare l'azione contro l'evasione fiscale e sviluppare quella contro la penetrazione delle mafie nell'economia. Pag. 16
Quindi occorre agire sulla spesa, ma con una spending review a trecentosessanta gradi, cioè con un piano industriale di ogni comparto della pubblica amministrazione a base zero, che analizzi ogni euro di spesa e la modifichi, con l'obiettivo di spendere meglio per spendere meno. Questo ancora non c'è pienamente, ci sono azioni mirate, trasversali a tutta la pubblica amministrazione, come per l'acquisto di beni e servizi, ma c'è molto ancora da fare, e c'è un taglio troppo pesante a regioni, province e comuni, pur considerando i miglioramenti introdotti al Senato. Ciò mette a rischio il welfare, che non è solo spesa, è equità e propulsione per l'economia. Tagliare la sanità, azzerare il fondo sociale e tagliare regioni ed enti locali quando i bisogni sociali aumentano con la crisi, vuol dire creare problemi seri, con effetti su welfare, occupazione femminile, lavoro e PIL. Ci sarà bisogno di correzioni e, attenzione, occorre anche l'attenuazione dell'aumento delle tasse universitarie soprattutto verso gli studenti lavoratori.
Ci sono poi diversi elementi positivi nel decreto-legge da sottolineare: si rinvia e si riduce l'aumento dell'IVA, eredità, di fatto, dell'ultima manovra estiva del Governo Berlusconi, e si rinvia alla legge di stabilità per evitarlo completamente anche dal primo luglio 2013; comunque già da ora, fino a quella data, l'aumento è evitato, con un minor gettito di oltre 3 miliardi nel 2012 che arriva quasi a 10 nel 2014, coperto con le riduzioni di spesa; si portano gli esodati salvaguardati da 65 mila a 120 mila, non è sufficiente, per il Partito Democratico nessuno deve rimanere senza lavoro, ammortizzatori e pensioni, però è un passo avanti, anche se non basta; si mettono in movimento, per il terremoto dell'Emilia Romagna, Lombardia e Veneto, 6 miliardi di contributi per la ricostruzione di abitazioni e immobili per le attività produttive, soldi veri, 6 miliardi di finanziamenti immediati con garanzia a carico dello Stato per 450 milioni l'anno; si anticipano poi coperture per spese necessarie, tipo 5 per mille, missioni internazionali, libri di testo, che in precedenza venivano finanziate solo alla fine dell'iter della legge di stabilità. Ritengo condivisibile il percorso per il completo riordino delle province, sono discutibili i parametri individuati dal Governo, ma il percorso che coinvolge, avendo protagonisti regioni ed enti locali, è giusto.
Dopo questo provvedimento non c'è solo il prossimo decreto-legge, il terzo o il quarto, sulla spending review, e la legge di stabilità; ho detto all'inizio che si chiude una fase intensa del lavoro del Governo, intendendo quella chiamata «dei compiti a casa», bisogna prendere di petto il tema Italia e recessione, riduzione del PIL nel 2012 e probabilmente anche nel 2013, calo dell'occupazione, il tema del lavoro ai giovani. Dobbiamo agire per creare lavoro, per favorire opportunità di lavoro. Le riforme fatte servono ma non bastano, occorre accelerare tutto ciò che riguarda i pagamenti della pubblica amministrazione, qualcosa si è mosso ma è una questione gigantesca su cui tenere costante la pressione. Ci vuole un po' di lavoro creato con investimenti diffusi su tutto il territorio nazionale e lo possono fare solo gli enti locali; o si modifica il Patto di stabilità interno o non se ne esce. Serve, come l'ha definita Pier Luigi Bersani, una politica industriale integralmente ecologica; qualcosa si è mosso ma per sviluppare prodotti e servizi innovativi in quei settori che in un mercato globale, sempre più attento alle sfide ambientali, rendano l'Italia un punto di riferimento essenziale, c'è ancora molto da fare.
Occorre, poi, mettere un po' di entrate dalla lotta all'evasione fiscale che il Governo Monti, nel decreto «salva Italia», non aveva già scontato nei saldi per ridurre un po' le tasse su imprese, lavoro e redditi più bassi, per favorire la domanda interna, e occorre attenzione su scuole, università e ricerca. Con poco investimento sul sapere non vi è futuro.
Il Partito Democratico dà la fiducia al Governo per la sua azione, per il contesto in cui avviene e per il merito del provvedimento, e propone anche azioni ulteriori per il lavoro, lo sviluppo sostenibile e la crescita. Rappresentanti del Governo, probabilmente Pag. 17oggi, sia per la fiducia sia per il voto finale, nessun altro gruppo darà tanta fiducia al Governo come il Partito Democratico.
Se ne tenga conto in quell'interazione tra Governo e Parlamento auspicata dal Presidente del Consiglio dei ministri, perché davvero noi, il Partito Democratico, abbiamo pensato e pensiamo prima di tutto all'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alberto Giorgetti. Ne ha facoltà.

ALBERTO GIORGETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, Ministro Grilli, il significato di politica economica e finanziaria del provvedimento al nostro esame è chiaro e vogliamo valutarlo in modo positivo. Da un lato, infatti, il decreto-legge conferma l'indirizzo politico di fondo volto al risanamento della finanza pubblica, ma, in coerenza con le dichiarazioni più volte rese dal Governo, non dà corpo a un'ulteriore manovra finanziaria.
Queste sono le parole con cui ha iniziato il relatore Nannicini, che colgo l'occasione per salutare e ringraziare per il suo lavoro, che credo possano essere prese a sintesi della valutazione del Popolo della Libertà in merito a questo provvedimento, che è un provvedimento indubbiamente importante, per certi versi anche innovativo, ma che merita alcune riflessioni, essendo, sostanzialmente, un provvedimento di natura emergenziale, un «provvedimento ponte», su cui credo la Camera aveva la possibilità di svolgere un lavoro di ulteriore perfezionamento, così com'era stato svolto al Senato; credo che vi fossero elementi puntuali che potevano migliorare il testo e che i tempi non ci hanno consentito di poter esprimere.
Spending review: qualcuno ricordava prima che è una partita individuata all'epoca dal Ministro Padoa-Schioppa. Mi permetto di dire, forse, che è più oggi un'azione selettiva per il risparmio di spesa (vorremmo definirla così), alla luce del fatto che la spending review, in realtà, si costruisce laddove si fissano degli obiettivi da parte del Governo che vengono verificati a distanza di tempo. Quindi, è un istituto che, come insegna il Ministro Grilli, ha caratteristiche notevolmente diverse rispetto a quello che noi abbiamo costruito in Italia.
Ma credo che sia comunque la buona strada dove poter cominciare un'azione selettiva sulle spese, che avevamo già intrapreso con il Governo Berlusconi, che, al di là dei tanto contestati tagli lineari, che, in talune situazioni, si intravedono anche in questo provvedimento, aveva cominciato un'azione specifica per l'individuazione delle partite su cui andare progressivamente a ridurre la spesa, a fare un'azione di riorganizzazione della stessa e a individuare punti di criticità, per poi poter migliorare.
Questo provvedimento inizia questa strada, determina risorse sufficienti per spostare nel tempo l'intervento sull'IVA, e quindi non deprime ulteriormente i consumi, non deprime ulteriormente la domanda, ma non risolve in modo strutturale i problemi del Paese e una percezione, purtroppo, ancora di tenuta difficoltosa sui mercati del sistema Italia e della finanza Italia, che credo debbano essere gli aspetti fondamentali.
Non sono molto d'accordo, pur votando insieme, ovviamente, agli amici che sostengono il Governo Monti, sulle parole entusiastiche dell'onorevole Marchi relativamente alla portata di questo provvedimento. È un provvedimento che ha una rilevanza, ha caratteristiche di «provvedimento ponte», ma dobbiamo anche riconoscere, con grande lucidità e serenità, quelli che sono i punti critici in cui si trova oggi il sistema Paese e accettare, Ministro Grilli, credo con grande attenzione, alcuni suggerimenti che, a mio modo di vedere, vengono dalla maggioranza, ma anche dall'opposizione, su alcune questioni che devono essere affrontate.
La riflessione che più ci sta a cuore è l'andamento degli spread, l'aspettativa sui mercati finanziari nel mese di agosto - ci sta Pag. 18a cuore perché ci preoccupa - rispetto ad argomenti che non restino risolti e che riguardano, soprattutto, l'andamento del debito pubblico.
Su questo, Ministro Grilli, io apprezzo particolarmente, insieme al mio gruppo, la dose di prudenza che lei ha più volte esplicitato in merito ad un percorso di dismissione nel tempo di un patrimonio immobiliare che può garantire risorse sufficienti per andare avanti in una progressione di riduzione del debito.
Noi, come gruppo del Popolo della Libertà, riteniamo che la questione del debito sia cruciale. Anche da valutazioni fatte da autorevoli osservatori esterni e da studi si vede come la percezione del mercato, e quindi, sostanzialmente, il cosiddetto market sentiment, sia sempre più determinante - lei ci insegna - nelle aspettative legate al differenziale tra i bund tedeschi e i titoli di Stato italiani a livello di tassi di interesse; un differenziale che è dato da elementi che non sono legati esclusivamente alle condizioni del Paese, ma sono legati anche ad altri fattori.
Tra questi ultimi, emerge in maniera sempre più chiara il ruolo del debito. Monti ci ha richiamato più volte l'importanza dell'avanzo, che è un aspetto sicuramente positivo per i fondamentali del Paese, ed è giusto rivendicarlo e ribadirlo in sede europea, così come altri fondamentali del Paese: lavorare perché vi sia una percezione legata al debito aggregato, il debito delle famiglie insieme a quello dello Stato; lavorare su fondamentali che riconoscano ancora oggi ai nostri istituti di credito livelli di patrimonializzazione importanti.
Vi è una tenuta dell'economia reale del sistema Paese che può dare certezze per il futuro, però è altrettanto vero che il cosiddetto sentiment sul debito e sulle azioni che il Governo può effettuare in materia di debito è, oggi, assolutamente rilevante.
Allora, proprio per questo, il rischio di liquidità, il rischio di credito, il tema legato alla competitività, rappresentano dei fattori che dovranno essere affrontati con una manovra che noi riteniamo fondamentale. L'abbiamo annunciata nei giorni scorsi: lavorare per un'operazione importante sulla riduzione del debito. Questa è la sfida che noi vogliamo indubbiamente lasciare e su cui vogliamo pungolare il Governo Monti nei prossimi mesi.
Un'importante riduzione del debito dovrebbe costruire le condizioni per ottenere un significativo numero di miliardi di euro che noi abbiamo stimato in 400, ma è una cifra che, come sempre, può essere rivalutata. L'onorevole Nannicini mi fa segno di essere prudente. Lei sa, onorevole Nannicini, che io, generalmente, sono un uomo prudente. Se non saranno 400 miliardi di euro, sarà qualcuno in meno. In ogni caso, lavorare per la riduzione strutturale del debito è per noi un imperativo.
Come ricordava prima nel suo intervento il Ministro Grilli, vi sono varie operazioni possibili, come la vendita di beni pubblici, un intervento forte per la cessione di società, per le concessioni demaniali - tema che abbiamo tentato di affrontare in passato, lo dico anche al Presidente Giancarlo Giorgetti, quando la maggioranza era diversa, ma non è stato comunque così semplice portare a termine l'operazione -, una ripresa dell'argomento legato alla tassazione ordinaria delle attività finanziarie detenute in Svizzera - tema su cui noi riteniamo possa essere svolta un'iniziativa che il Governo potrebbe anche declinare in tempi abbastanza rapidi -, un'ulteriore azione di riduzione strutturale del debito legato al dimezzamento del servizio del debito stesso e una serie di operazioni one-off.
Vorrei anche citare, in particolare, un versante di lavoro possibile, che lascio al Ministro Grilli, ossia quello della valutazione delle concessioni pubbliche in generale, non solo quelle demaniali, ma quelle infrastrutturali, quelle in materia radiotelevisiva, quelle connesse alla materia delle concessioni di monopoli, che oggi potrebbero rappresentare anche un'opportunità straordinaria dal punto di vista delle entrate per l'erario - operazione one shot - e, allo stesso tempo, di estremo interesse perché potenzialmente virtuose nella creazione di ulteriori investimenti. Pag. 19
Insomma, Ministro Grillo e Presidente Monti, noi crediamo che la spending review abbia delle caratteristiche abbastanza positive, ma che debba essere affiancata da un'importante operazione che liberi risorse, che dia un segnale forte a questo sentimento, che nel mercato è comunque debole, rispetto alla nostra capacità di gestione del debito pubblico, per poter avviare una riduzione della pressione fiscale e un'azione che punti sostanzialmente al rilancio dello sviluppo. Questi sono argomenti che devono entrare nell'agenda del Governo.
La spending review è stata un passaggio importante, ma non dobbiamo dimenticare che nella selettività della spesa vi è una parte dell'azione politica. La selettività della spesa ha un senso nel momento in cui attiviamo iniziative che consentano di guardare avanti, di dare ripresa, anche per sostenere gli enti locali su cui oggi vi sono, come ricordava l'onorevole Bitonci, delle sperequazioni evidenti che il Governo dovrà modificare e appianare, ma su cui dovremo anche riprendere il tema fondamentale del federalismo fiscale su cui abbiamo notato qualche incertezza, fino ad oggi, da parte dell'Esecutivo.
Con queste «osservazioni/condizioni» auguro buon lavoro al Ministro Grilli. Vi è il sostegno del Popolo della Libertà, ma lavorando sugli obiettivi che abbiamo ricordato in precedenza (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Galli. Ne ha facoltà per due minuti.

DANIELE GALLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, annuncio comunque il voto favorevole, però vorrei segnalare l'esistenza, a mio giudizio, di due criticità.
Relativamente alle competenze della III Commissione, vorrei far riflettere sul fatto che il decreto-legge in oggetto prevede la riduzione del personale nell'ambito delle rappresentanze estere. Questa è una palese contraddizione per un Paese esportatore, che vive di esportazioni, che ha bisogno di essere rappresentato all'estero. Ritengo che questo aspetto debba essere profondamente rivisitato nei prossimi provvedimenti del Governo.
Vorrei anche sottolineare un'altra criticità, come secondo esempio, che riguarda la sorte dei commi 31 e 38 dell'articolo 12, meritoriamente introdotti dal Ministro Ornaghi nel testo originario, che prevedevano la soppressione del Centro sperimentale cinema. Centralizzandone le funzioni presso il Ministero, si riparava ad una situazione ormai intollerabile in cui il CSC rappresentava un esempio di nepotismo e di sprechi denunciati già da diverse inchieste giornalistiche, tra cui anche da Il Sole 24 Ore, e da un mio atto di sindacato ispettivo.
La proposta originaria salvaguardava i dipendenti e poneva finalmente la parola fine ad una dirigenza disastrosa, ma inspiegabilmente, nella logica della spending review, con l'accoglimento dell'emendamento del senatore Vita del PD, si sono cancellati le suddette disposizioni introdotte meritoriamente dal Ministro Ornaghi.
Non chiedo al senatore Vita e al suo partito il perché di una simile restaurazione, ma chiedo, piuttosto, al Presidente Monti il perché di una retromarcia così imbarazzante nei confronti di una decisione, quanto mai opportuna e indicativa della volontà di risparmio e cambiamento, presa da un componente del suo Governo che ha compiuto ottimamente il suo lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia.

(Votazione della questione di fiducia - Articolo unico - A.C. 5389)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione sulla questione di fiducia.
Indìco la votazione per appello nominale sull'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge 6 luglio 2012, Pag. 20n. 95, nel testo della Commissione, identico a quello approvato dal Senato, sulla cui approvazione, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi, il Governo ha posto la questione di fiducia.
Avverto che la Presidenza ha accolto alcune richieste di anticipazione del turno di voto di deputati appartenenti ai vari gruppi, che ne hanno fatto motivata richiesta per gravi ragioni personali o per impegni legati alla loro carica.
Estraggo a sorte il nome del deputato dal quale comincerà la chiama.
(Segue il sorteggio).

La chiama avrà inizio dall'onorevole Paolo Russo.
Invito i deputati segretari a procedere alla chiama.
(Segue la chiama).

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione sull'articolo unico del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, recante disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini, nel testo della Commissione, identico a quello approvato dal Senato, sulla cui approvazione, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi, il Governo ha posto la questione di fiducia:

Presenti 506
Votanti 489
Astenuti 17
Maggioranza 245
Hanno risposto 403
Hanno risposto no 86

(La Camera approva - Vedi votazioni).

Sono così precluse tutte le proposte emendative presentate.

Hanno risposto sì:

Abelli Gian Carlo
Abrignani Ignazio
Adinolfi Mario
Adornato Ferdinando
Agostini Luciano
Albini Tea
Albonetti Gabriele
Alfano Gioacchino
Amici Sesa
Antonione Roberto
Aracu Sabatino
Argentin Ileana
Baccini Mario
Bachelet Giovanni Battista
Baldelli Simone
Barani Lucio
Barbaro Claudio
Barbi Mario
Barbieri Emerenzio
Baretta Pier Paolo
Bellanova Teresa
Beltrandi Marco
Benamati Gianluca
Berardi Amato
Bernardini Rita
Bernardo Maurizio
Bernini Anna Maria
Berretta Giuseppe
Bersani Pier Luigi
Bertolini Isabella
Biasotti Sandro
Bindi Rosy
Binetti Paola
Bobba Luigi
Bocchino Italo
Bocci Gianpiero
Boccia Francesco
Boccuzzi Antonio
Bonavitacola Fulvio
Bonciani Alessio
Bongiorno Giulia
Bosi Francesco
Bossa Luisa
Braga Chiara
Brancher Aldo
Brandolini Sandro
Bratti Alessandro
Bressa Gianclaudio
Bucchino Gino
Buonfiglio Antonio
Burtone Giovanni Mario Salvino
Buttiglione Rocco
Calderisi Giuseppe Pag. 21
Calearo Ciman Massimo
Calgaro Marco
Calvisi Giulio
Cambursano Renato
Cannella Pietro
Capano Cinzia
Capitanio Santolini Luisa
Capodicasa Angelo
Cardinale Daniela
Carella Renzo
Carfagna Maria Rosaria
Carlucci Gabriella
Carra Enzo
Carra Marco
Casini Pier Ferdinando
Cassinelli Roberto
Castagnetti Pierluigi
Castellani Carla
Catanoso Basilio
Causi Marco
Cavallaro Mario
Cazzola Giuliano
Ceccacci Rubino Fiorella
Cenni Susanna
Cera Angelo
Ceroni Remigio
Cesario Bruno
Ciccanti Amedeo
Cicchitto Fabrizio
Ciccioli Carlo
Ciriello Pasquale
Codurelli Lucia
Colaninno Matteo
Colombo Furio
Compagnon Angelo
Concia Anna Paola
Conte Gianfranco
Conte Giorgio
Corsini Paolo
Coscia Maria
Cosenza Giulia
Costa Enrico
Craxi Stefania Gabriella Anastasia
Crolla Simone Andrea
Cuomo Antonio
Cuperlo Giovanni
D'Alema Massimo
D'Alessandro Luca
Dal Moro Gian Pietro
Damiano Cesare
D'Antona Olga
D'Antoni Sergio Antonio
De Biasi Emilia Grazia
De Camillis Sabrina
De Corato Riccardo
Delfino Teresio
Della Vedova Benedetto
Dell'Elce Giovanni
Del Tenno Maurizio
De Micheli Paola
De Nichilo Rizzoli Melania
De Pasquale Rosa
De Poli Antonio
De Torre Maria Letizia
Di Biagio Aldo
Di Caterina Marcello
D'Incecco Vittoria
Dionisi Armando
D'Ippolito Vitale Ida
Di Virgilio Domenico
Duilio Lino
Esposito Stefano
Fabbri Luigi
Fadda Paolo
Faenzi Monica
Farina Gianni
Farina Renato
Farina Coscioni Maria Antonietta
Farinone Enrico
Ferranti Donatella
Ferrari Pierangelo
Fiano Emanuele
Fiorio Massimo
Fioroni Giuseppe
Fitto Raffaele
Fluvi Alberto
Fogliardi Giampaolo
Fontana Gregorio
Fontanelli Paolo
Formichella Nicola
Formisano Anna Teresa
Foti Antonino
Franceschini Dario
Frassinetti Paola
Frattini Franco
Froner Laura
Fucci Benedetto Francesco
Galletti Gian Luca
Galli Daniele
Garagnani Fabio
Garavini Laura
Garofalo Vincenzo
Garofani Francesco Saverio
Gasbarra Enrico Pag. 22
Gatti Maria Grazia
Gava Fabio
Gelmini Mariastella
Genovese Francantonio
Gentiloni Silveri Paolo
Germanà Antonino Salvatore
Ghiglia Agostino
Ghizzoni Manuela
Giachetti Roberto
Giacomelli Antonello
Giacomoni Sestino
Giammanco Gabriella
Gibiino Vincenzo
Ginefra Dario
Ginoble Tommaso
Giorgetti Alberto
Giovanelli Oriano
Giro Francesco Maria
Gnecchi Marialuisa
Golfo Lella
Gottardo Isidoro
Gozi Sandro
Grassano Maurizio
Grassi Gero
Iannuzzi Tino
Iapicca Maurizio
Laffranco Pietro
La Forgia Antonio
Laganà Fortugno Maria Grazia
Lainati Giorgio
La Loggia Enrico
Lamorte Donato
Landolfi Mario
Laratta Francesco
Lazzari Luigi
Lehner Giancarlo
Lenzi Donata
Leo Maurizio
Leone Antonio
Letta Enrico
Levi Ricardo Franco
Libè Mauro
Lisi Ugo
Lolli Giovanni
Lo Moro Doris
Lo Presti Antonino
Lorenzin Beatrice
Losacco Alberto
Lovelli Mario
Lucà Mimmo
Lulli Andrea
Lunardi Pietro
Luongo Antonio
Lusetti Renzo
Madia Maria Anna
Mannucci Barbara
Mantini Pierluigi
Mantovano Alfredo
Maran Alessandro
Marantelli Daniele
Marcazzan Pietro
Marchi Maino
Marchignoli Massimo
Marchioni Elisa
Margiotta Salvatore
Mariani Raffaella
Marinello Giuseppe Francesco Maria
Marini Cesare
Marmo Roberto
Marrocu Siro
Marsilio Marco
Martella Andrea
Martino Pierdomenico
Mastromauro Margherita Angela
Mattesini Donella
Mazzarella Eugenio
Mazzocchi Antonio
Mazzoni Riccardo
Mazzuca Giancarlo
Mecacci Matteo
Melis Guido
Meloni Giorgia
Mereu Antonio
Merlo Giorgio
Merloni Maria Paola
Meta Michele Pompeo
Migliavacca Maurizio
Miglioli Ivano
Migliori Riccardo
Milanato Lorena
Milanese Marco Mario
Minardo Antonino
Minniti Marco
Miotto Anna Margherita
Misiani Antonio
Misiti Aurelio Salvatore
Mistrello Destro Giustina
Misuraca Dore
Moffa Silvano
Mogherini Rebesani Federica
Mondello Gabriella
Morassut Roberto
Mosella Donato Renato
Motta Carmen Pag. 23
Mottola Giovanni Carlo Francesco
Murer Delia
Muro Luigi
Naccarato Alessandro
Nannicini Rolando
Napoli Angela
Napoli Osvaldo
Narducci Franco
Naro Giuseppe
Nicolucci Massimo
Nirenstein Fiamma
Occhiuto Roberto
Oliverio Nicodemo Nazzareno
Orlando Andrea
Ossorio Giuseppe
Pagano Alessandro
Paglia Gianfranco
Palmieri Antonio
Palumbo Giuseppe
Papa Alfonso
Parisi Arturo Mario Luigi
Parisi Massimo
Patarino Carmine Santo
Pecorella Gaetano
Pedoto Luciana
Pelino Paola
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido
Pepe Mario (PD)
Perina Flavia
Pes Caterina
Petrenga Giovanna
Pezzotta Savino
Pianetta Enrico
Picchi Guglielmo
Piccolo Salvatore
Picierno Pina
Pionati Francesco
Pisicchio Pino
Pistelli Lapo
Pittelli Giancarlo
Pizzolante Sergio
Poli Nedo Lorenzo
Polidori Catia
Pollastrini Barbara
Pompili Massimo
Porta Fabio
Portas Giacomo Antonio
Prestigiacomo Stefania
Proietti Cosimi Francesco
Pugliese Marco
Quartiani Erminio Angelo
Raisi Enzo
Rampelli Fabio
Rao Roberto
Ravetto Laura
Razzi Antonio
Realacci Ermete
Recchia Pier Fausto
Ria Lorenzo
Rigoni Andrea
Roccella Eugenia
Romele Giuseppe
Ronchi Andrea
Rosato Ettore
Rossa Sabina
Rossi Luciano
Rossi Mariarosaria
Rossomando Anna
Rotondi Gianfranco
Ruben Alessandro
Rubinato Simonetta
Ruggeri Salvatore
Rugghia Antonio
Russo Antonino
Ruvolo Giuseppe
Saltamartini Barbara
Samperi Marilena
Sanga Giovanni
Sani Luca
Santagata Giulio
Santelli Jole
Santori Angelo
Sardelli Luciano Mario
Savino Elvira
Sbai Souad
Sbrollini Daniela
Scajola Claudio
Scalia Giuseppe
Scanderebech Deodato
Scandroglio Michele
Scapagnini Umberto
Scelli Maurizio
Schirru Amalia
Sereni Marina
Servodio Giuseppina
Simeoni Giorgio
Siragusa Alessandra
Sisto Francesco Paolo
Speciale Roberto
Stanca Lucio
Stasi Maria Elena
Stracquadanio Giorgio Clelio
Stradella Franco
Strizzolo Ivano Pag. 24
Taddei Vincenzo
Tanoni Italo
Tassone Mario
Tempestini Francesco
Tenaglia Lanfranco
Terranova Giacomo
Testa Federico
Testa Nunzio Francesco
Toccafondi Gabriele
Tocci Walter
Torrisi Salvatore
Tortoli Roberto
Toto Daniele
Trappolino Carlo Emanuele
Tullo Mario
Turco Maurizio
Urso Adolfo
Valducci Mario
Valentini Valentino
Vassallo Salvatore
Vatinno Giuseppe
Velo Silvia
Veltroni Walter
Ventucci Cosimo
Ventura Michele
Verini Walter
Vico Ludovico
Vignali Raffaello
Villecco Calipari Rosa Maria
Viola Rodolfo Giuliano
Vitali Luigi
Vito Elio
Zaccaria Roberto
Zampa Sandra
Zamparutti Elisabetta
Zinzi Domenico
Zucchi Angelo
Zunino Massimo

Hanno risposto no:

Allasia Stefano
Armosino Maria Teresa
Barbato Francesco
Beccalossi Viviana
Bitonci Massimo
Bonino Guido
Borghesi Antonio
Bossi Umberto
Bragantini Matteo
Buonanno Gianluca
Callegari Corrado
Caparini Davide
Castiello Giuseppina
Cavallotto Davide
Cesaro Luigi
Comaroli Silvana Andreina
Consiglio Nunziante
Crosetto Guido
Crosio Jonny
Dal Lago Manuela
D'Amico Claudio
Desiderati Marco
Di Giuseppe Anita
Di Pietro Antonio
Di Stanislao Augusto
Di Vizia Gian Carlo
Donadi Massimo
Dozzo Gianpaolo
Dussin Guido
Evangelisti Fabio
Fabi Sabina
Fava Giovanni
Favia David
Fedriga Massimiliano
Fogliato Sebastiano
Follegot Fulvio
Forcolin Gianluca
Formisano Aniello
Fugatti Maurizio
Gidoni Franco
Giorgetti Giancarlo
Goisis Paola
Grimoldi Paolo
Holzmann Giorgio
Iannaccone Arturo
Iannarilli Antonello
Isidori Eraldo
Lanzarin Manuela
Lo Monte Carmelo
Maroni Roberto
Meroni Fabio
Messina Ignazio
Minasso Eugenio
Miserotti Lino
Molgora Daniele
Molteni Laura
Molteni Nicola
Monai Carlo
Montagnoli Alessandro
Munerato Emanuela
Murgia Bruno
Mussolini Alessandra
Negro Giovanna Pag. 25
Nicco Roberto Rolando
Nizzi Settimo
Paladini Giovanni
Palagiano Antonio
Palomba Federico
Paolini Luca Rodolfo
Piffari Sergio Michele
Pili Mauro
Polledri Massimo
Porcino Gaetano
Rainieri Fabio
Rivolta Erica
Rondini Marco
Rota Ivan
Scilipoti Domenico
Simonetti Roberto
Stucchi Giacomo
Togni Renato Walter
Torazzi Alberto
Vanalli Pierguido
Vella Paolo
Volpi Raffaele
Zazzera Pierfelice

Si sono astenuti:

Aracri Francesco
Bellotti Luca
Bergamini Deborah
Brunetta Renato
Cicu Salvatore
Contento Manlio
Cossiga Giuseppe
De Angelis Marcello
Foti Tommaso
Giulietti Giuseppe
Laboccetta Amedeo
Martinelli Marco
Martino Antonio
Moles Giuseppe
Paniz Maurizio
Scalera Giuseppe
Testoni Piero

Sono in missione:

Boniver Margherita
Brugger Siegfried
Cirielli Edmondo
Colucci Francesco
Commercio Roberto Mario Sergio
Consolo Giuseppe
De Girolamo Nunzia
Fallica Giuseppe
Guzzanti Paolo
Jannone Giorgio
Lombardo Angelo Salvatore
Lupi Maurizio
Melchiorre Daniela
Mosca Alessia Maria
Mura Silvana
Nucara Francesco
Pescante Mario
Pisacane Michele
Russo Paolo
Stefani Stefano

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 5389)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 5389).
Avverto che la Presidenza non ritiene ammissibili, ai sensi dell'articolo 89, comma 1, del Regolamento, in quanto recanti un contenuto estraneo rispetto a quello del provvedimento in esame, i seguenti ordini del giorno: Scandroglio n. 9/5389/9, Centemero n. 9/5389/13, Delfino n. 9/5389/42, Codurelli n. 9/5389/100, De Torre n. 9/5389/144, in materia di obbligatorietà del contributo dovuto all'ENAM; Bosi n. 9/5389/44 e Renato Farina n. 9/5389/52, volti, rispettivamente, ad evitare la soppressione delle sezioni distaccate di tribunale di Portoferraio e di Desio; Cera n. 9/5389/46, in materia di divieto di cumulo tra mandato parlamentare e altre cariche elettive; Burtone n. 9/5389/61, volto ad evitare la soppressione dell'ufficio dell'Agenzia delle entrate di Pisticci; Catone n. 9/5389/62, relativo alla ricongiunzione tra contributi versati all'INPDAP e quelli versati all'INPGI; Giovanelli n. 9/5389/98, relativo alla applicazione della gratuità del mandato dei componenti dei consigli circoscrizionali a decorrere dai prossimi mandati; Meta n. 9/5389/122, volto alla stabilizzazione dei soggetti che hanno partecipato a progetti formativi presso gli uffici giudiziari; Braga n. 9/5389/126, relativo alla gestione della casa Pag. 26da gioco di Campione d'Italia; Stucchi n. 9/5389/132, in materia di riordino della normativa sulle manifestazioni a premio; Forcolin n. 9/5389/135, volto a prevedere un meccanismo di compensazione per il mancato gettito derivante dall'IMU; Fugatti n. 9/5389/137, relativo alla gara per la concessione della A22-Autobrennero; Mazzarella n. 9/5389/146, in materia di procedure per l'abilitazione scientifica nazionale; Lovelli n. 9/5389/152, recante iniziative per far fronte al dissesto del comune di Alessandria; Bucchino n. 9/5389/155, limitatamente al secondo impegno, in materia di IMU a carico dei cittadini italiani residenti all'estero; Vico n. 9/5389/163, concernente le modalità di esecuzione dei lavori in economia mediante i reparti del Genio delle Forze armate.
Avverto, inoltre, che l'ordine del giorno Barbaro n. 9/5389/92 è stato ritirato dal presentatore. Avverto, infine, che per un mero errore tipografico, l'impegno dell'ordine del giorno Brugger n. 9/5389/151 reca un riferimento all'articolo 19, anziché all'articolo 79, del decreto del Presidente della Repubblica n. 670 del 1972.
Ricordo ai colleghi parlamentari che la Conferenza dei presidenti di gruppo ha stabilito che alle ore 14,15 inizierà la diretta televisiva per le dichiarazioni di voto finale e, quindi, abbiamo quest'arco di tempo a disposizione per svolgere il nostro compito e il nostro dovere e, quindi, la Presidenza aiuterà in tal senso.
Avverto che il secondo impegno del dispositivo dell'ordine del giorno Miotto n. 9/5389/120 deve ritenersi facente parte del primo impegno e che le parole «posto che» devono ritenersi soppresse e che la parola «contare» deve ritenersi sostituita dalla seguente: «ritenere».
Sottosegretario Polillo, se lei mi conferma - così do informazione all'Assemblea -, in modo che non vi siano obiezioni su questo aspetto: essendo 166 gli ordini del giorno, cercheremo di individuare insieme gli ordini del giorno per i quali il Governo esprime parere contrario, fornendo il numero dell'ordine del giorno e il nome del presentatore, e poi gli ordini del giorno per i quali è proposta una riformulazione, quelli accettati come raccomandazione e quelli accettati.

MARIO LOVELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARIO LOVELLI. Signor Presidente, intervengo sull'inammissibilità degli ordini del giorno e chiederei al rappresentante del Governo, che si appresta a esprime i pareri, di rivalutare l'inammissibilità del mio ordine del giorno n. 9/5389/152.

PRESIDENTE. Onorevole Lovelli, mi scusi, ma la devo interrompere, non per mancanza di rispetto, ma perché non deve rivolgersi al Governo sulle inammissibilità, in quanto le inammissibilità sono decise dalla Presidenza e, quindi, il Governo, da questo punto di vista, non può assolutamente fare nulla.

MARIO LOVELLI. Signor Presidente, la ringrazio dell'osservazione, che era dovuta. Quindi, rivolgendomi alla Presidenza, chiedo alla stessa di rivalutare l'inammissibilità dell'ordine del giorno n. 9/5389/152, perché, a mio parere, essendo un ordine del giorno che va ad affrontare un tema di rilevante interesse per un comune, che si trova ad affrontare, per la prima volta, un iter complesso come quello della dichiarazione di dissesto ai sensi delle nuove norme approvate, richiede di poter essere discusso, anche, eventualmente, con una riformulazione che può essere proposta. Quindi, chiedo alla Presidenza di rivalutare la sua inammissibilità.

PRESIDENTE. Avendo dato la parola all'onorevole Lovelli, chiedo se vi sono altri colleghi, a cui è stato dichiarato dalla Presidenza il proprio ordine del giorno inammissibile, che desiderano intervenire, per un minuto al massimo, perché, come ho detto, abbiamo tempi molto ristretti.

FRANCESCO BOSI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Pag. 27

FRANCESCO BOSI. Signor Presidente, intervengo anch'io sull'inammissibilità del mio ordine del giorno n. 9/5389/44.
Trattandosi di una questione di taglio delle spese di funzionamento del settore della giustizia, non vedo come si possa considerare inammissibile questo nel contesto della spending review. Vorrei che mi fosse fornito qualche chiarimento, perché...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Bosi, è molto chiaro.

LUDOVICO VICO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUDOVICO VICO. Signor Presidente, in riferimento al mio ordine del giorno n. 9/5389/163, la invito vivamente - lei e i suoi uffici - a rileggere con maggiore attenzione l'ordine del giorno, per la ragione che la materia è perfettamente coerente con tutta la parte della spending review. Pensi anche ai costi che alcune norme hanno già previsto. In questo caso, si tratta di riconoscere semplicemente un contratto collettivo nazionale per i lavoratori del Genio campale, ed è coerente con la revisione della spesa. Io sono convinto che lei sarà in grado di rivederlo, con parere positivo.

PRESIDENTE. Va bene, grazie. Comunico nel frattempo che l'ordine del giorno Mattesini n. 9/5389/114 è stato ritirato.

EUGENIO MAZZARELLA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà, per un minuto.

EUGENIO MAZZARELLA. Signor Presidente, mi rivolgo a lei appunto per riconsiderare l'ammissibilità del mio ordine del giorno n. 9/5389/146, per due motivi: il primo, perché riprende - a mia notizia - un emendamento che al Senato era stato presentato ed era stato dichiarato ammissibile nei lavori parlamentari sulla spending review - quindi mi sembra già strano che al Senato sia sostanzialmente ammissibile e qui sia inammissibile - e per il secondo motivo, relativo alla spending review. Poiché materia dell'ordine del giorno è l'ipotesi che la normativa che viene richiamata generi un imponente contenzioso con l'amministrazione, molto probabilmente con soccombente, visto che la normativa per le abilitazioni è stata impegnata dai costituzionalisti italiani, sarebbe un elemento di legislazione prudenziale per far risparmiare soldi all'erario dello Stato.

CHIARA BRAGA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CHIARA BRAGA. Signor Presidente, chiedo alla Presidenza di rivalutare l'ammissibilità dell'ordine del giorno a mia prima firma n. 9/5389/126, che chiede un impegno del Governo a rivedere la normativa per la gestione della casa da gioco di Campione d'Italia, in linea con quello che è il resto delle altre situazioni italiane, soprattutto perché questo ordine del giorno è stato frutto di una condivisione e di una discussione approfondita già nel corso dell'esame al Senato anche con il Governo, rispetto al quale si è in qualche modo trovata una soluzione di mediazione e una disponibilità del Governo. Quindi, siccome l'ordine del giorno affronta anche il tema della revisione della spesa e della diversa riorganizzazione, più funzionale, di una gestione, comunque rilevante per un territorio come il nostro, le chiedo di rivalutare l'ammissibilità.

RAFFAELE VOLPI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RAFFAELE VOLPI. Signor Presidente, noi le chiediamo di rivalutare gli ordini del giorno Stucchi n. 9/5389/132, Forcolin n. 9/5389/135 e Fugatti n. 9/5389/137. Non le spiego nemmeno il merito del perché dovrebbe essere rivalutati, ma per la stessa valutazione per cui è stato concesso Pag. 28di presentare un provvedimento così eterogeneo, la Presidenza dovrebbe consentire nella maniera più assoluta - almeno per gli ordini del giorno - ai deputati la possibilità di esprimersi su alcuni argomenti. Quindi, parimenti come è stata concessa la presentazione di questo provvedimento, le chiedo di rivedere le inammissibilità.

MASSIMO POLLEDRI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà, per un minuto.

MASSIMO POLLEDRI. Signor Presidente, intervengo semplicemente per chiedere di apporre la mia firma agli ordini del giorno di Stradella n. 9/5389/3 e Tommaso Foti n. 9/5389/4.

PRESIDENTE. Sta bene.

FRANCO NARDUCCI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCO NARDUCCI. Signor Presidente, intervengo sulla dichiarazione di inammissibilità del secondo quesito dell'ordine del giorno Bucchino, di cui sono cofirmatario. Vede, Presidente, il Governo, rivedendo le norme sull'IMU (e il Parlamento del resto), ha creato due categorie di cittadini italiani (che costituzionalmente sono tutti uguali): una categoria di «serie A» e una categoria di «serie B». Vada il Governo a spiegare ai nostri operai sessantenni a Wolfsburg e in altre parti del mondo, che hanno fatto il bene di questo Paese e hanno investito i loro risparmi in Italia, per quale motivo devono pagare la loro casa, adibita a loro esclusivo uso personale, come i cittadini italiani. Non capiamo perché debba essere inammissibile questo quesito.

PRESIDENTE. Con riferimento a tutti gli ordini del giorno dei quali è stata contestata l'inammissibilità, la Presidenza non può che confermare il criterio generale, sempre seguito per la valutazione di ammissibilità degli ordini del giorno, che è fondato sull'estraneità dei diversi ordini del giorno rispetto al contenuto del provvedimento. Ribadendo tale principio, la Presidenza non può che confermare tutte le dichiarazioni di inammissibilità pronunciate.
Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sugli ordini del giorno presentati.

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, ci troviamo di fronte ad una situazione abbastanza complessa, perché come lei ha giustamente ricordato, abbiamo un numero molto elevato di ordini del giorno. Noi li abbiamo valutati tutti quanti. Devo dire che nel parere che esprimerò non si tratta tanto di una contrarietà di merito, in quanto tutti gli argomenti sollevati sono degni della massima attenzione, ma molti di questi però erano fuori dal contesto in cui è avvenuta la spending review.
Quindi, proporrei l'invito al ritiro per un certo numero di ordini del giorno presentati, proprio per evitare che il Governo esprima un parere contrario, considerata, molte volte, la rilevanza dell'argomento contenuto nell'ordine del giorno, trattandosi, quindi, non di una contrarietà di merito assoluta, quanto di una contrarietà relativa al contesto in cui sono stati collocati, mentre per tutti gli altri esprimerei un parere favorevole, invitando però tutti i presentatori ad una riformulazione.
In altre parole, propongo di sostituire le parole «impegna il Governo» con le parole «valuti l'opportunità di» e comunque di aggiungere alla frase le parole «nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica». In questo caso noi potremmo esprimere parere favorevole per la restante parte degli ordini del giorno.

PRESIDENTE. Quindi la riformulazione proposta è «impegna il Governo a valutare l'opportunità di». È corretto?

Pag. 29

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Sì, signor Presidente.

PRESIDENTE. Perfetto. Allora partiamo dagli ordini del giorno per i quali il Governo formula un invito al ritiro o esprime parere contrario.

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, si tratta degli ordini del giorno Ghiglia n. 9/5389/6, Mario Pepe (PD) n. 9/5389/7, Garagnani n. 9/5389/14, Vincenzo Antonio Fontana n. 9/5389/23, De Camillis n. 9/5389/28, Occhiuto n. 9/5389/35, Capitanio Santolini n. 9/5389/39, Garofalo n. 9/5389/48, Bernardini n. 9/5389/53, Frassinetti n. 9/5389/59, Donadi n. 9/5389/67, Paladini n. 9/5389/71, Mura n. 9/5389/74, Palomba n. 9/5389/77, Di Stanislao n. 9/5389/80, Naro n. 9/5389/82, Mereu n. 9/5389/83, Borghesi n. 9/5389/85, Menia n. 9/5389/88, De Girolamo n. 9/5389/94, De Pasquale n. 9/5389/138, Antonino Russo n. 9/5389/141, Sereni n. 9/5389/150 e Rubinato n. 9/5389/153.
Quindi, questi sono gli ordini del giorno in cui, in questa fase del procedimento, dobbiamo purtroppo esprimere un invito al ritiro, con l'intesa però che l'argomento non muore qui ma potrà essere ripreso durante l'iter degli ulteriori provvedimenti. Per tutti gli altri ordini del giorno, invece, si esprime un parere favorevole con l'avvertenza che dicevo prima, ossia di modificarli tutti nel senso di aggiungere le parole «nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica» e sostituire le parole «impegna il Governo» con le parole «invita il Governo a valutare l'opportunità di».

PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, io procederei in questo modo: chiamerei gli ordini del giorno e il primo firmatario e andrei di seguito in modo che, laddove il primo firmatario non accetti la riformulazione, chiede di intervenire. Pertanto, ove il presentatore non chieda di intervenire, si intende che accetti la riformulazione, con il parere favorevole del Governo, e che non insista per la votazione.
Prendo atto che i presentatori degli ordini del giorno Toccafondi n. 9/5389/1, Gottardo n. 9/5389/2, Stradella n. 9/5389/3, Tommaso Foti n. 9/5389/4, Aracri n. 9/5389/5 non chiedono di intervenire.
Prendo atto che il presentatore dell'ordine del giorno Ghiglia n. 9/5389/6 accede all'invito al ritiro formulato dal Governo.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro dell'ordine del giorno Mario Pepe (PD) n. 9/5389/7 formulato dal Governo.

MARIO PEPE (PD). Signor Presidente, non ho chiesto la parola per parlare nel merito dell'ordine del giorno. Lo dovevo fare, era mio diritto e dovere istituzionale. Mi sono reso conto che il sottosegretario ha tentato di banalizzare la sostanza dell'ordine del giorno, che era anche un fatto dirimente rispetto alla grave questione delle amministrazioni provinciali. La ringrazio e lo ritiro.

PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori degli ordini del giorno Antonino Foti n. 9/5389/8, Cazzola n. 9/5389/10, Catanoso n. 9/5389/11, Alberto Giorgetti n. 9/5389/12 non chiedono di intervenire.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro dell'ordine del giorno Garagnani n. 9/5389/14 formulato dal Governo.

FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, intervengo brevissimamente. Io non intendo ritirare questo ordine del giorno perché fa riferimento ad un problema particolarmente sentito, nella realtà bolognese e non solo, e si riferisce alle città e aree metropolitane. Noi riteniamo che la città di Bologna non abbia i numeri per essere considerata città metropolitana, soprattutto in considerazione della sua estensione territoriale, della popolazione, del futuro incerto riservato a molti comuni non solo dell'hinterland, ma dell'intera provincia, che distano addirittura 80 chilometri dal capoluogo. È un'insensatezza. Pag. 30
A volte si diceva che il sonno della ragione crea mostri. Ecco, questo è un tipico mostro giuridico, credo, che assolutamente rischia di devastare un territorio che ha una sua omogeneità culturale e sociale particolare. Non si sa il futuro di quella parte della città metropolitana o area metropolitana non compresa nei confini, di conseguenza noi votiamo un provvedimento che è privo totalmente di una sua logica economica, sociale e territoriale.
Questa è la ragione per cui, pur nella consapevolezza della contrarietà del Governo, peraltro manifestata dai Governi precedenti perché ho proposto questo problema anche nei Governi precedenti, ritengo di non poter ritirare l'ordine del giorno a mia firma perché fa riferimento ad esigenze profondamente sentite dal sottoscritto e dalla mia collettività.

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, vorrei rettificare il parere sull'ordine del giorno Bernardini n. 9/5389/53.

PRESIDENTE. No, dopo lo tratteremo. Adesso dobbiamo votare l'ordine del giorno Garagnani n. 9/5389/14.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Garagnani n. 9/5389/14, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Chiedo ai colleghi di prendere posto ... Onorevoli Scandroglio, Scilipoti, Bucchino, Damiano, Baretta... Presidente Migliori, ben tornato in Aula! Onorevole De Pasquale, ha votato? Onorevoli Ruben, Marrocu, Pionati, Borghesi... Onorevole Dussin, vuole votare? Onorevole Casini... Onorevole La Morte, l'aspettiamo... il più lontano possibile, vero onorevole La Morte? Voti adesso.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 448
Votanti 436
Astenuti 12
Maggioranza 219
Hanno votato
65
Hanno votato
no 371).

Prendo atto che le deputate Mastromauro e Golfo hanno segnalato che non sono riuscite ad esprimere voto contrario e che il deputato Genovese ha segnalato che non è riuscito a votare.
Prendo atto che i presentatori degli ordini del giorno Faenzi n. 9/5389/15, Nastri n. 9/5389/16, Barbieri n. 9/5389/17, Pagano n. 9/5389/18, Palmieri n. 9/5389/19, Fucci n. 9/5389/20, Bellotti n. 9/5389/21 ed Esposito n. 9/5389/22 non chiedono di intervenire.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Vincenzo Antonio Fontana n. 9/5389/23 accedono all'invito al ritiro formulato dal Governo.
Prendo atto che i presentatori degli ordini del giorno Berardi n. 9/5389/24, Gava n. 9/5389/25, Antonio Pepe n. 9/5389/26 e Pizzolante n. 9/5389/27 non chiedono di intervenire.
Chiedo ai presentatori se accedono all'invito al ritiro dell'ordine del giorno De Camillis n. 9/5389/28 formulato dal Governo.

SABRINA DE CAMILLIS. Signor Presidente, prima di procedere al ritiro del mio ordine del giorno chiederei al Governo... Signor sottosegretario...

PRESIDENTE. Signor sottosegretario... Scusate, sta parlando l'onorevole De Camillis. Prego, onorevole.

Pag. 31

SABRINA DE CAMILLIS. Riguardo al mio ordine del giorno n. 9/5389/28, signor sottosegretario, io ne procederei al ritiro se avessi, però, delle spiegazioni sulle motivazioni in modo da capire perché non si riesce ad accogliere, da parte del Governo, un ordine del giorno in cui si chiede un impegno, ossia quello di verificare, in sede di applicazione, per quanto riguarda il riordino delle province, quello che accadrà, anche sotto il profilo costituzionale, per le regioni Molise, Basilicata e Umbria, dove i confini provinciali coincideranno con i confini regionali, di fatto andando in contrasto con l'articolo 116 della Costituzione, laddove per le regioni a statuto speciale questo è previsto specificatamente, e in contraddizione anche con l'articolo 114 della Costituzione, laddove si dice che le regioni sono suddivise in province, comuni e città metropolitane.
Quindi, ritengo che questo poteva essere un ordine del giorno in cui il Governo si impegnava ad approfondire questa materia. Pertanto, chiederei una motivazione da parte del Governo.

PRESIDENTE. Sta bene. Proviamo a sentire il Governo. Signor sottosegretario, conferma il parere espresso sull'ordine del giorno De Camillis n. 9/5389/28?

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, purtroppo questo è stato un argomento che è stato oggetto di lunghe discussioni nell'altro ramo del Parlamento. Quindi, per il momento non posso che, con grande rammarico, confermare il parere contrario del Governo.

PRESIDENTE. Sta bene.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno De Camillis n. 9/5389/28 non accedono all'invito al ritiro formulato dal Governo ed insistono per la votazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno De Camillis n. n. 9/5389/28, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Chi deve votare? Onorevoli Mondello, Adornato, Paolini, Cicu... Onorevole Cicu, ha votato?
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 458
Votanti 446
Astenuti 12
Maggioranza 224
Hanno votato
89
Hanno votato
no 357).

Prendo atto che la deputata Golfo ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario e che il deputato Genovese ha segnalato che non è riuscito a votare.
Prendo atto che i presentatori degli ordini del giorno Lorenzin n. 9/5389/29, Minardo n. 9/5389/30, Laffranco n. 9/5389/31, Compagnon n. 9/5389/32, Bonciani n. 9/5389/33 e Rao n. 9/5389/34 non chiedono di intervenire.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Occhiuto n. 9/5389/35 accedono all'invito al ritiro formulato dal Governo.
Prendo atto che i presentatori degli ordini del giorno Binetti n. 9/5389/36, Lusetti n. 9/5389/37 e Carlucci n. 9/5389/38 non chiedono di intervenire.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro dell'ordine del giorno Capitanio Santolini n. 9/5389/39 formulato dal Governo.

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Signor Presidente, volevo chiedere al sottosegretario se davvero non può accogliere questo ordine del giorno, perché ci sembra importante sollevare la questione dei rettori a cui non diamo una risposta e una soluzione definitiva. Chiediamo solo di avere la possibilità di riprendere il discorso, di ripensarci, di cercare soluzioni alternative, perché ci sembra che questa questione dei rettori, così come era stata prevista dalla legge di riforma dell'università, Pag. 32fosse regolamentata da una norma condivisibile (ed è condivisa dalla stragrande maggioranza degli atenei).
Non capiamo perché un ordine del giorno così generico, che non impegna il Governo a soluzioni tassative, ma chiede al Governo semplicemente di riprendere in mano la questione, di ripensare a norme diverse, non possa essere accolto. Sono anche disponibile a ritirare il mio ordine del giorno, ma vorrei sapere davvero perché il Governo non accoglie questo ordine del giorno.

PRESIDENTE. Chiedo, dunque, al Governo di spiegare la ragione per cui non accetta l'ordine del giorno Capitanio Santolini n. 9/5389/39.

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, vi è anche l'ordine del giorno Frassinetti n. 9/5389/59 che riguarda la stessa materia.
Se i presentatori sono d'accordo, propongo di riformulare il dispositivo degli ordini del giorno in questione e in questo caso il Governo potrebbe accettarli. Riferendomi in particolare all'ordine del giorno Frassinetti n. 9/5389/59, propongo di riformularlo: «invita il Governo a valutare l'opportunità di» e sostituire le parole: «impedire che in futuro vengano predisposte proroghe del mandato» con le seguenti: «ad adoperarsi affinché in futuro non vengano predisposte proroghe del mandato».

PRESIDENTE. Sta bene.
Dunque, con questa riformulazione il Governo accetta gli ordini del giorno Capitanio Santolini n. 9/5389/39 e Frassinetti n. 9/5389/59.
Prendo atto, dunque, che il presentatore accetta la riformulazione e non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Capitanio Santolini n. 9/5389/39, accettato dal Governo, purché riformulato; ciò vale anche per l'ordine del giorno Frassinetti n. 9/5389/59.
Prendo atto che i presentatori degli ordini del giorno Poli n. 9/5389/40 e Volontè n. 9/5389/41 non chiedono di intervenire. Onorevole Tassone, insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/5389/43?

MARIO TASSONE. Signor Presidente, ringrazio il Governo per il parere favorevole, ma visto e considerato come si stanno svolgendo i nostri lavori, vorrei richiamare il Governo non certamente per l'impegno che assume rispetto a questo atto di indirizzo parlamentare, ma sulla peculiarità della materia che l'ordine del giorno tratta, ovvero della riduzione delle risorse per le Forze armate, le difficoltà che ci sono per quanto riguarda le nostre missioni all'estero e il turnover per le Forze di polizia e il Corpo dei vigili del fuoco.
Pertanto, Signor Presidente, considerato che questa è una materia estremamente delicata, che riguarda ovviamente i volontari e le assunzioni, particolarmente significative e impegnative, insisto per la votazione su questo ordine del giorno.

PRESIDENTE. Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Tassone n. 9/5389/43, nel testo riformulato, accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Stradella, Gnecchi...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 468
Votanti 457
Astenuti 11
Maggioranza 229
Hanno votato
389
Hanno votato
no 68).

Prendo atto che la deputata Siragusa ha segnalato che non è riuscita ad esprimere Pag. 33voto favorevole e che il deputato Genovese ha segnalato che non è riuscito a votare.
Prendo atto che i presentatori degli ordini del giorno Calgaro n. 9/5389/45 e Ossorio n. 9/5389/47 non chiedono di intervenire.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'ordine del giorno Garofalo n. 9/5389/48 formulato dal Governo.

VINCENZO GAROFALO. Signor Presidente, ho ascoltato il Governo mentre rendeva i pareri; francamente non mi ha convinto della proposta che ha fatto di ritirare questo ordine del giorno, perché innanzitutto non è assolutamente fuori dal contesto della spending review, perché altrimenti non ci sarebbe stato l'elemento al quale agganciare questo nostro ordine del giorno, che è l'articolo 3-bis attraverso il quale si stanziano dei fondi e si danno delle agevolazioni ai territori colpiti dalle calamità naturali, in quel caso terremoti, per i quali è giusto che il Governo faccia quello che ha fatto in questo provvedimento ed anche nel decreto «cresci Italia», però non è giustificabile che non venga garantita parità di trattamento agli italiani che hanno subito altro genere di calamità, e mi riferisco alle alluvioni. Ovviamente, io sono a conoscenza maggiormente delle alluvioni del territorio messinese, ma credo che questo dovrebbe vedere anche nelle alluvioni di altri territori italiani.
Aggiungo pure che nel precedente provvedimento «cresci Italia», un ordine del giorno della stessa materia è stata accolto dal Governo. Ricordo pure che il Ministro Grilli, anche in una risposta ad un'interpellanza, ha manifestato la necessità di intervenire su questo, quindi o il Governo rivede il parere, anche riformulandolo con la formula che ha adottato per altri, altrimenti io non sono disposto a ritirarlo, per i motivi che ho espresso, cioè l'assenza di parità di trattamento per analoghe calamità.

PRESIDENTE. Prendo atto che il Governo non rivede il parere espresso. Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Garofalo n. 9/5389/48, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Razzi, Ghiglia, Mondello, Traversa, Carfagna...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 482
Votanti 477
Astenuti 5
Maggioranza 239
Hanno votato
83
Hanno votato
no 394).

Prendo atto che i presentatori degli ordini del giorno Froner n. 9/5389/49, Farinone n. 9/5389/50, Peluffo n. 9/5389/51 non chiedono di intervenire.

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, chiedo scusa a tutti gli onorevoli, c'è stato un errore tecnico, il parere sull'ordine del giorno Bernardini n. 9/5389/53 è favorevole, con riformulazione.

PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori degli ordini del giorno Bernardini n. 9/5389/53, D'Anna n. 9/5389/54, Scilipoti n. 9/5389/55 e Gianni n. 9/5389/56 non chiedono di intervenire.
Onorevole Galli, accetta la riformulazione del suo ordine del giorno n. 9/5389/57, accettato dal Governo, purché riformulato?

Pag. 34

DANIELE GALLI. Signor Presidente, accetto la riformulazione, ma vorrei chiedere al Governo se è possibile, quando c'è l'impegno del Governo a mantenere le parole «impegna il Governo» e non «valuti l'opportunità di», in quanto l'ordine del giorno introduce due concetti importanti: il primo è la costituzione dello Stato quando c'è la violazione del made in Italy, il secondo è quello di consentire a chi acquista qualcosa in Italia di conoscere la filiera, la provenienza esatta di tutti i componenti del proprio bene. Garantisco, non è una posizione anti-tedesca.

PRESIDENTE. Prendo atto che il Governo mantiene la riformulazione espressa. Prendo altresì atto che il presentatore dell'ordine del giorno Galli n. 9/5389/57 accetta la riformulazione.

PIPPO GIANNI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIPPO GIANNI. Signor Presidente, non ho capito il parere espresso dal Governo sugli ordini del giorno D'Anna n. 9/5389/54, Scilipoti n. 9/5389/55 e Gianni n. 9/5389/56, sono stati accettati o cosa? Non si è capito, è possibile chiarirlo?

PRESIDENTE. Onorevole Gianni, il parere del Governo sugli ordini del giorno D'Anna n. 9/5389/54, Scilipoti n. 9/5389/55 e Gianni n. 9/5389/56 è favorevole, con la riformulazione solita che lei, da esperto parlamentare, conosce molto bene.
Prendo atto che i presentatori degli ordini del giorno Cavallaro n. 9/5389/58 e Frassinetti n. 9/5389/59 non chiedono di intervenire.

MANUELA GHIZZONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANUELA GHIZZONI. Signor Presidente, vorrei apporre la mia firma all'ordine del giorno Frassinetti n. 9/5389/59.

PRESIDENTE. Sta bene.
Onorevole Ria, accetta la riformulazione del suo ordine del giorno n. 9/5389/60, accettato dal Governo, purché riformulato?

LORENZO RIA. Signor Presidente, il Governo ha dato parere favorevole sugli ordini del giorno purché riformulati, nel senso di prevedere nel dispositivo le parole «a valutare l'opportunità di» e «nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica». Siccome il mio ordine del giorno, che affronta il problema della fusione tra comuni, contiene già la formula «a valutare l'opportunità di» e poiché non può prevedere la formula relativa ai limiti di bilancio, perché si tratta di dare l'input alle regioni perché procedano con i referendum, devo ritenere che il parere del Governo sul mio ordine del giorno sia favorevole senza alcuna riformulazione. Vorrei avere la conferma da parte del Governo.

PRESIDENTE. Prendo atto che il Governo conferma che è come dice lei, onorevole Ria.
Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Ria n. 9/5389/60.
Prendo atto che i presentatori degli ordini del giorno Monai n. 9/5389/63, Palagiano n. 9/5389/64 e Piffari n. 9/5389/65 non chiedono di intervenire.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Messina n. 9/5389/66 non accedono all'invito al ritiro formulato dal Governo ed insistono per la votazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Messina n. 9/5389/66, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Scusate, revoco l'indizione della votazione. Sottosegretario Polillo, vi era un invito al ritiro sull'ordine del giorno Messina n. 9/5389/66 o sull'ordine del giorno Donadi n. 9/5389/67?

Pag. 35

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, l'invito al ritiro era sull'ordine del giorno Donadi n. 9/5389/67.

PRESIDENTE. Quindi, il parere del Governo sull'ordine del giorno Messina n. 9/5389/66 è favorevole, purché riformulato.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Messina n. 9/5389/66 non chiedono di intervenire.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Donadi n. 9/5389/67 non accedono all'invito al ritiro formulato dal Governo ed insistono per la votazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Donadi n. 9/5389/67, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Farina Coscioni, Martinelli, Sardelli, Vitali, Cossiga, Ghizzoni...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 485
Votanti 477
Astenuti 8
Maggioranza 239
Hanno votato
72
Hanno votato
no 405).

Prendo atto che il deputato Tullo ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario e che il deputato Genovese ha segnalato che non è riuscito a votare.
Prendo atto che i presentatori degli ordini del giorno Rota n. 9/5389/68 e Zazzera n. 9/5389/69 non chiedono di intervenire.
Chiedo al presentatore se accetti la riformulazione dell'ordine del giorno Barbato n. 9/5389/70, accettato dal Governo, purché riformulato.

FRANCESCO BARBATO. Signor Presidente, intervengo per ricordare che sull'AAMS, l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, il Governo Prodi nel 2007 e il Governo Berlusconi nel 2011 avevano predisposto, con propri atti, la trasformazione in agenzia, perché ormai AAMS ha un profilo industriale rilevante almeno per tre motivi: per il contrasto alle ludopatie, che stanno diventando un male sociale connesso ai giochi; per avere un maggior controllo sugli assetti societari in ordine alle infiltrazioni criminali in questo settore, perché vi è una rete parallela; non ultimo, per essere attenti sul non creare danni erariali, perché sappiamo che da questo settore lo Stato ogni anno incassa circa 9 miliardi di euro, perché questa è ormai la più grande industria italiana.
Per questa ragione, noi chiediamo che il Parlamento si esprima in tal senso, cioè se sia il caso di monitorare maggiormente questa operazione di fusione, che di per sé è stridentemente in contrasto con le diverse attività di AAMS, con l'Agenzia delle dogane e se non sia il caso, in attesa della trasformazione che dovrebbe avvenire a dicembre 2012, di spostare più avanti, eventualmente, la fusione per incorporazione, visto l'importante ruolo che ricopre oggi l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, e quindi per dare un contributo serio...

PRESIDENTE. Se ho ben capito, onorevole Barbato, lei accetta la riformulazione del suo ordine del giorno proposta dal Governo, ma chiede di porlo in votazione?

FRANCESCO BARBATO. No, signor Presidente, non accetto la riformulazione e chiedo che si voti l'ordine del giorno così com'è stato presentato, visto che vi era un precedente impegno del Governo...

PRESIDENTE. Chiarissimo (Commenti)! Scusate, colleghi, è stata la Presidenza che non aveva capito. Prendo atto che il Governo esprime parere contrario sull'ordine del giorno Barbato n. 9/5389/70 nella sua formulazione originaria.
Passiamo ai voti. Pag. 36
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Barbato n. 9/5389/70, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Sardelli, Bruno, Traversa, Calgaro, Cicchitto, Fioroni, Pezzotta...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 496
Votanti 487
Astenuti 9
Maggioranza 244
Hanno votato
72
Hanno votato
no 415).

Prendo atto che i deputati Genovese e Pionati hanno segnalato che non sono riusciti a votare.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'ordine del giorno Paladini n. 9/5389/71, formulato dal Governo.

GIOVANNI PALADINI. Signor Presidente, volevo solamente far presente al Governo che il mio ordine del giorno prevede un impegno a valutare gli effetti applicativi dell'articolo 14, commi 13 e 14, in un settore che è molto importante. Il provvedimento in esame, all'articolo 14, comma 13, reca disposizioni concernenti il transito di personale docente nei ruoli del personale amministrativo, tecnico e ausiliario.
La questione è molto complessa, signor Presidente, signor sottosegretario, perché questo provvedimento, in particolare all'articolo 14, comma 13, riguarda il personale docente dichiarato sia permanentemente sia temporaneamente inidoneo alla funzione per motivi di salute e stabilisce che il personale docente dichiarato permanentemente inidoneo alla propria funzione per motivi di salute, ma idoneo per altri compiti, transita nei ruoli del personale ATA con la qualifica di assistente amministrativo o tecnico, con decreto del direttore generale.
Durante l'esame del Senato è stato, inoltre, previsto che il personale in questione, successivamente all'immissione nei ruoli del personale ATA, può anche transitare presso amministrazioni pubbliche in cui possono essere proficuamente utilizzate le professionalità a valere, naturalmente, sulle facoltà di assunzione delle stesse amministrazioni, nel rispetto delle procedure previste.
Ora, signor sottosegretario - vedo che non le interessa e non sta neppure ascoltando quello che le sto dicendo perché parla con altri -, vorrei farle presente che in riferimento al personale docente dichiarato temporaneamente inidoneo alla propria funzione per motivi di salute, ma idoneo però per altri compiti previsti al comma 13 nel testo modificato dal Senato, si dispone che l'utilizzazione entro 20 giorni dalla data...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

GIOVANNI PALADINI. Signor Presidente, devo cercare di spiegare che esiste anche la possibilità che il suddetto personale sia immesso nei ruoli su posti vacanti.
Chiedo quindi se il Governo si può impegnare su questo semplicissimo aspetto. È solo un impegno sulla modifica, non si tratta di un'assunzione di responsabilità.

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, posso anche accogliere una riformulazione limitatamente alla lettera a). Se i presentatori accettano di sopprimere la lettera b) il parere è favorevole, sempre con la clausola indicata in precedenza.

Pag. 37

PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Paladini n. 9/5389/71, accettato dal Governo, purché riformulato. Onorevole Paladini, la sua spiegazione ha convinto il Governo.
Prendo atto che i presentatori degli ordini del giorno Evangelisti n. 9/5389/72 e Favia n. 9/5389/73 non chiedono di intervenire.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Mura n. 9/5389/74 non accedono all'invito al ritiro formulato dal Governo ed insistono per la votazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Mura n. 9/5389/74, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Misuraca, Torrisi, Cossiga, Martinelli, Iapicca, Crosetto, Rosso...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 495
Votanti 487
Astenuti 8
Maggioranza 244
Hanno votato
69
Hanno votato
no 418).

Prendo atto che i deputati Genovese e Pionati hanno segnalato che non sono riusciti a votare.
Prendo atto che i presentatori degli ordini del giorno Di Pietro n. 9/5389/75 e Di Giuseppe n. 9/5389/76 non chiedono di intervenire.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'ordine del giorno Palomba n. 9/5389/77.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, insieme al collega onorevole Monai - friulano, mentre io sono sardo -, abbiamo presentato l'ordine del giorno in oggetto contro una disposizione totalmente discriminatoria nei confronti delle lingue minoritarie non straniere.
Si dà un'interpretazione autentica in base alla quale il personale scolastico per l'insegnamento di queste lingue verrebbe drasticamente ridotto proprio perché le lingue minoritarie vengono identificate con quelle straniere e mi pare che in Italia non ve ne siano. Questo va contro i diversi orientamenti dell'Unione europea e discrimina pesantemente due regioni a statuto speciale.
Vorrei approfittare di questa occasione per esporre un'ulteriore ragione per la quale voterò contro il provvedimento in esame. Infatti, questo va contro le autonomie speciali, non rispetta le specialità delle regioni e, sostanzialmente, le priva di tante prerogative che hanno. Questo non si può fare se non si cambia la Costituzione. Attualmente esistono cinque regioni a statuto speciale e queste devono essere rispettate da tutti i Governi. Non erano state rispettate dal Governo Berlusconi e adesso la musica non è cambiata, anzi è la stessa.
Sto per concludere, signor Presidente.
Vorrei dire che nel provvedimento in esame vi sono ulteriori, forti, fortissime discriminazioni nei confronti della Sardegna come quando, per esempio, non si riconoscono alla Sardegna stessa le quote di entrata e di assegnazione che le spettano sulla base di impegni assunti dai Governi precedenti, cosa che costringerà la regione Sardegna a compiere degli atti esecutivi di fronte alla magistratura.
Per queste ragioni, poiché questo Governo perpetua una linea antistituzionale e antispecialitaria delle regioni, il mio voto sarà contrario.

PRESIDENTE. Sta bene. Prendo atto che insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/5389/77. Prendo atto che il Governo conferma il suo parere.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Monai. Ne ha facoltà.

CARLO MONAI. Signor Presidente, come ricordava l'onorevole Palomba, anch'io ho sottoscritto l'ordine del giorno in questione. Pag. 38
Vorrei solo ricordare che in Friuli Venezia Giulia, nella zona dell'isontino, vi è stato un boom di domande da parte dei familiari degli studenti e degli scolari che è cresciuto del 30 per cento rispetto all'anno scorso.
L'articolo 6 della Costituzione, le convenzioni europee sulle lingue minoritarie, la legge n. 482 del 1999 stabiliscono dei principi sacrosanti e non mi pare il caso che vengano messi «sotto i piedi» da una spending review e sia fatto strale di questo diritto all'identità linguistica che il popolo friulano rivendica e per il quale merita attenzione.
Per cui invito l'Aula a votare a favore dell'ordine del giorno in questione perché oggi tocca ai friulani e ai sardi, ma domani può toccare a tanti altri diritti personali che vengono in qualche modo compromessi da una manovra finanziaria discutibile.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pes. Ne ha facoltà.

CATERINA PES. Signor Presidente, chiedo al sottosegretario di ripensare l'accoglimento dell'ordine del giorno in oggetto, anche perché il Governo ha accettato l'ordine del giorno n. 9/5389/143 a mia prima firma e a firma dei colleghi deputati sardi del PD che richiama lo stesso principio. Quindi non capisco. Sottosegretario, mi piacerebbe che lei ascoltasse perché mi sto rivolgendo a lei.
Vorrei ricordare che questo ordine del giorno richiama lo stesso riconoscimento dell'ordine del giorno da voi accolto, il n. 9/5389/143, che porta la mia firma. Vorrei ricordare anche al Governo che la legge n. 482 del 1999 - che viene, in questo caso, messa in discussione - riconosce e tutela le lingue minoritarie presenti in Italia e che tra queste è riconosciuta anche la tutela del sardo e del friulano.
Vorrei ricordare inoltre che la differenza linguistica e le diversità socio-culturali sono una ricchezza riconosciuta anche dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Questo è un fatto importante perché il comma 16 dell'articolo 14 mette in discussione anche la possibilità di riconoscere un diverso tipo di dimensionamento scolastico esistente nelle autonomie scolastiche dove lo spopolamento è ormai, purtroppo, un triste destino.
Ecco perché chiedo ancora una volta al Governo di accettare l'ordine del giorno n. 9/5389/77 a prima firma Palomba e che io vorrei sottoscrivere.

PRESIDENTE. Prima di dare la parola ad altri che vogliono sottoscrivere questo ordine del giorno, ricordo al sottosegretario Polillo che vi è un'osservazione da parte dell'onorevole Pes secondo la quale l'ordine del giorno in questione è simile al suo ordine del giorno n. 9/5389/143 sul quale il Governo ha espresso un parere favorevole, a condizione che fosse riformulato.
Quindi si chiede al Governo di verificare se anche sull'ordine del giorno Palomba n. 9/5389/77 vi è la possibilità di una riformulazione, nel modo espresso dal Governo precedentemente.

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, sull'ordine del giorno Palomba n. 9/5389/77 abbiamo un problema di risorse che non si pone con l'ordine del giorno Pes n. 9/5389/143. Questo spiega il perché c'è stata una difforme valutazione dei due ordini del giorno.

PRESIDENTE. Sta bene, quindi rimane il medesimo parere del Governo. Chi vuole sottoscrivere l'ordine del giorno può farlo.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Strizzolo. Ne ha facoltà.

IVANO STRIZZOLO. Signor Presidente, intervengo oltre che per aggiungere la mia firma a entrambi gli ordini del giorno, Palomba n. 9/5389/77 e Pes n. 9/5389/143, anche per mettere in evidenza un fatto. Pag. 39
Il Governo, mentre sulla spending review ha introdotto questo comma 16 all'articolo 14 che va ad incidere su un principio costituzionale, allo stesso tempo ha presentato un disegno di legge nelle Commissioni che è oggetto di esame - anzi in alcune Commissioni è già stato dato il parere favorevole - per la ratifica ed esecuzione della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie.
Quindi, da parte del Governo, si sta mettendo in atto un atteggiamento assolutamente contraddittorio. Per questo anch'io, associandomi a quanto detto dai colleghi che mi hanno preceduto, invito il Governo a ripensare al parere formulato.

PRESIDENTE. L'onorevole Sbai aggiunge la sua firma. Chiunque altro voglia aggiungere la propria firma è autorizzato a farlo.

FULVIO FOLLEGOT. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FULVIO FOLLEGOT. Signor Presidente, nel condividere l'ordine del giorno Palomba n. 9/5389/77, chiedo di aggiungere anche la mia firma e credo che il Governo, al di là delle risorse, dovrebbe rivedere il proprio parere.

MANLIO CONTENTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANLIO CONTENTO. Signor Presidente, nel chiedere di aggiungere la mia firma, vorrei rivolgermi al Governo perché l'ordine del giorno su cui il Governo ha espresso parere favorevole, richiamato dalla collega del PD, è vero che chiede di «valutare l'opportunità», ma sul piano delle conseguenze comporta esattamente - qualora fosse accolto e quell'opportunità fosse ritenuta tale - le stesse conseguenze finanziarie dell'ordine del giorno a firma Italia dei Valori. Infatti è proprio su quella definizione legale, riferita alle aree su cui insistono le minoranze linguistiche, che si opera quel taglio dirigenziale a cui lei, signor sottosegretario, ha indirettamente fatto riferimento nella replica.
Forse sarebbe bene che il Governo chiedesse - ed è un suggerimento - a Italia dei Valori di formulare il dispositivo negli stessi termini in cui è stato formulato l'ordine del giorno della collega del PD di cui si è appena discusso: se il Governo proponesse una riformulazione ed Italia dei Valori accettasse, probabilmente supereremmo quest'impasse.

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, come ho detto prima, non c'è una contrarietà in linea di principio, quindi non c'è nessun comportamento contraddittorio da parte del Governo. Abbiamo soltanto un problema di oneri aggiuntivi. Quindi, se si accetta una diversa riformulazione che attenui questo drenaggio sulle risorse pubbliche, per il Governo va bene. Quindi la proposta di riformulazione è non che «sia mantenuta la regola» ma che sia «opportunamente valutata la regola», che fissa a 400, invece che a 600, il numero minimo di alunni.

PRESIDENTE. Onorevole Palomba, accetta la riformulazione?

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, siccome la formulazione è identica - cambiano solo le parole - non accetto la riformulazione e insisto per la votazione del mio ordine del giorno n. 9/5389/77.

PRESIDENTE. L'onorevole Palomba, quindi, non accetta le diverse proposte di riformulazione e insiste per la votazione.

SETTIMO NIZZI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Pag. 40

SETTIMO NIZZI. Signor Presidente, vorrei soltanto chiedere al sottosegretario e al Governo: noi abbiamo votato...

PRESIDENTE. Onorevole Nizzi, la interrompo semplicemente perché il sottosegretario ha proposto già la sua riformulazione. L'onorevole Palomba non accetta la riformulazione, quindi bisogna votare. Lei può sottoscrivere o fare una dichiarazione di voto, a favore o contro.

SETTIMO NIZZI. Signor Presidente, sottoscrivo l'ordine del giorno Palomba n. 9/5389/77 ed preannunzio il mio voto favorevole (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Sta bene. Anche l'onorevole Murgia sottoscrive l'ordine del giorno Palomba n. 9/5389/77.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Palomba n. 9/5389/77, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Nizzi, Lainati...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 499
Votanti 487
Astenuti 12
Maggioranza 244
Hanno votato
132
Hanno votato
no 355).

Prendo atto che il deputato Ruben ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Aniello Formisano n. 9/5389/78 non chiedono di intervenire. Prendo altresì atto che i presentatori dell'ordine del giorno Porcino n. 9/5389/79 non chiedono di intervenire.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro dell'ordine del giorno Di Stanislao n. 9/5389/80 formulato dal Governo.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, chiedo un attimo di attenzione ai colleghi. Siccome questa è una battaglia che io sto conducendo quasi in solitudine assieme al mio gruppo, vorrei quantomeno informare l'Aula del perché io porto avanti tale battaglia e parto da un presupposto che è reso da un organismo terzo. Si tratta di un rapporto internazionale del 2012 che dice che l'Italia quest'anno ha speso oltre 34 miliardi di dollari, aggiungendo che la spesa militare dell'Italia è meno che trasparente, nel senso che è distribuita tra budget di diverse amministrazioni. Dice inoltre che le spese per le missioni militari all'estero sono approvate dal Parlamento italiano in un bilancio separato da quello del Ministero della difesa e - ancora - che oltre un miliardo di euro di forniture militari addizionali sono ogni anno finanziate dal Ministero dello sviluppo economico.
Arrivo anche al punto della questione. L'Italia partecipa al programma pluriennale relativo all'acquisizione dei sistemi d'arma degli F-35 e alla realizzazione dell'associata linea FACO. Dall'ultimo rapporto della Corte dei conti statunitense (il Gao) sul programma F-35, reso pubblico lo scorso 20 marzo, emerge che i nuovi cacciabombardieri sono gravemente difettosi e richiederanno modifiche progettuali che ne faranno lievitare ulteriormente i costi.
Nel documento si legge che: «lo sviluppo dei sistemi che garantiscono la capacità di combattimento degli F-35 rimane in ritardo e a rischio. Ad oggi solo il 4 per cento dei requisiti sono stati verificati (...). I caschi dei piloti con i display integrati si sono rivelati il problema più rischioso (...). Altri problemi ci sono con i radar, con il processore integrato, con gli equipaggiamenti di comunicazione e navigazione e con le capacità di guerra elettronica (...). Lo scorso ottobre collaudatori hanno denunciato problemi anche con il sistema di Pag. 41visione notturna e con la manovrabilità del velivolo e in generale una scarsa affidabilità». «Lo sviluppo del software di bordo» - arrivo a dimostrare alcune cose al sottosegretario - «il più complesso mai realizzato, sta prendendo più tempo del previsto e pone rischi tecnici significativi (...)». «La variante del velivolo per le portaerei non si è dimostrata adatta all'imbarco per problemi con l'uncino di coda, richiedendo una riprogettazione (...)». «Vanno ancora fatti i collaudi sul volo a bassa quota, sul funzionamento dei sistemi d'arma e di attacco in picchiata e potrebbero riservare altre sorprese».
Pertanto, siccome questo documento è frutto di un organismo terzo e anche del Gao, chiedo al sottosegretario e al Parlamento di fare una cosa molto semplice: la mia parola, la parola del Gao contro quella del Governo e del Parlamento e votiamo per parti separate, la premessa che appartiene a un organismo terzo e l'impegno che appartiene al sottoscritto. Chiedo pertanto la votazione per parti separate.

ENRICO GASBARRA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ENRICO GASBARRA. Signor Presidente, chiedo di apporre la mia firma all'ordine del giorno in esame.

PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Di Stanislao n. 9/5389/80, relativamente al dispositivo, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 496
Votanti 487
Astenuti 9
Maggioranza 244
Hanno votato
88
Hanno votato
no 399).

Prendo atto che i deputati Scanderebech, Calvisi, Antonino Foti e Zacchera hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario e che il deputato Berardi ha segnalato che non è riuscito ad esprimere il voto.
La premessa dell'ordine del giorno Di Stanislao n. 9/5389/80 si intende pertanto decaduta.
Onorevole Formichella, insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/5389/81, accettato dal Governo, purché riformulato?

NICOLA FORMICHELLA. Signor Presidente, intervengo solo per chiedere al Governo, considerato che l'ordine del giorno chiede l'emissione di una circolare interpretativa del comma 15 dell'articolo 1, che sembra un po' confuso, se manteniamo il rispetto degli impegni di finanza pubblica e soprattutto se manteniamo la seguente riformulazione: «impegna il Governo a valutare la possibilità di», essendo semplicemente una richiesta di emissione di una circolare.

PRESIDENTE. Sì, onorevole Formichella, il Governo ha chiesto la seguente riformulazione del dispositivo: «a valutare la possibilità di». Dunque, prendo atto che il presentatore accetta la riformulazione e non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Formichella n. 9/5389/81.
Prendo atto che il presentatore dell'ordine del giorno Naro n. 9/5389/82 accede all'invito al ritiro formulato dal Governo.
Prendo atto che il presentatore dell'ordine del giorno Mereu n. 9/5389/83 accede all'invito al ritiro formulato dal Governo.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Cimadoro n. 9/5389/84 non chiedono di intervenire. Pag. 42
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'ordine del giorno Borghesi n. 9/5389/85, formulato dal Governo.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, l'ordine del giorno in esame attiene la questione delle fondazioni bancarie che sono, come noto, il fallimento della privatizzazione delle banche, perché sono apparentemente organismi di natura di diritto privato, ma di fatto hanno trasferito la gestione politica delle banche dal centro, come era prima, alla periferia, con danni ancora più gravi di quanto ci si possa immaginare. Tra l'altro, anche sul piano gestionale, hanno una gestione assai discutibile, se si pensa che i costi di struttura di questi organismi, spesso eccedono l'80 per cento delle erogazioni - mi riferisco ad alcune fondazioni Casse di risparmio - e in qualche caso addirittura arrivano al 120 per cento e al 180 per cento, quando normalmente nelle fondazioni americane i costi di gestione sono pari a circa l'8 per cento e non superano il 10 per cento. In particolare, hanno una riduzione fortissima della produttività del loro personale nel corso del tempo. Non voglio prendere molto tempo, però noi chiedevamo semplicemente al Governo di richiamare le fondazioni ad una maggiore diversificazione dei loro impieghi, cosa che stava addirittura scritta nelle disposizioni quando si prevedeva che dovesse essere diluita la loro presenza all'interno delle banche. Quindi, a noi sembrava che fosse, tra l'altro proprio per la rischiosa strategia di investimenti che hanno perseguito in alcuni casi, come nel caso lampante del Monte dei Paschi di Siena, per il quale oggi dobbiamo fare un intervento di salvataggio, forse si poteva evitare. Non capisco perché il Governo non potesse immaginare, magari riformulando e dicendo...

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, ne approfitto per ringraziare l'onorevole Borghesi e per spiegare il motivo per cui non abbiamo potuto accogliere alcune proposte emendative senza entrare minimamente nel merito del dispositivo dell'ordine del giorno. Non le abbiamo potute accogliere perché, come l'onorevole Borghesi sa, le fondazioni sono istituti di diritto privato e di conseguenza il Governo non può intervenire sulle fondazioni, se non attraverso un'apposita legge.

PRESIDENTE. Il parere del Governo dunque non cambia. Chiedo dunque ai presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato dal Governo. Onorevole Borghesi, adesso deve rispondere «sì» oppure «no».

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, che il sottosegretario dica che il Governo non può richiamare le fondazioni ad una maggiore diversificazione a me pare assolutamente non consono al significato di che cosa è un Governo di un Paese.

PRESIDENTE. Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Borghesi n. 9/5389/85, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Cicchitto, onorevole Laffranco, onorevole Porcino... l'onorevole Mondello ha votato? Onorevole Burtone, onorevole Zunino. Ci siamo?
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 500
Votanti 492
Astenuti 8
Maggioranza 247
Hanno votato
21
Hanno votato
no 471).

Pag. 43

Prendo atto che il deputato Scilipoti ha segnalato che non è riuscito a votare.
Chiedo al presentatore se accetti la riformulazione dell'ordine del giorno Raisi n. 9/5389/86, accettato dal Governo, purché riformulato.

ENZO RAISI. Signor Presidente, chiedo al Governo che spieghi esattamente cosa intenda con la riformulazione di questo ordine del giorno. Per intendersi, e per far capire anche dai nostri colleghi, parliamo dell'annosa questione del commissariamento dell'Aero Club d'Italia. Il commissario è un senatore della Repubblica, tra l'altro è il terzo commissariamento, in spregio allo statuto dell'Aero Club d'Italia. Parliamo di un senatore della Repubblica, se fosse stato un deputato sarebbe stato costretto a dimettersi, perché qui tutti i deputati che erano stati nominati o appartenevano a organismi di nomina ministeriale si sono dovuti dimettere, mentre al Senato no, e questa è una cosa molto strana. Detto questo, perché le chiedo una spiegazione sul significato della riformulazione? Perché non solo il senatore Leone, che è appunto il commissario, si è fatto da solo questo emendamento al provvedimento in esame, ma se lo è fatto votare in spregio a che cosa? Alla materia. Il Comitato per la legislazione della Camera ha rilevato che, per quanto riguarda questo emendamento votato al Senato, non c'era la competenza per materia, quindi è stato fatto un errore.
Abbiamo dovuto votare la fiducia, non abbiamo potuto fare alcuna modifica, allora dico al Governo che, evidentemente, se vuole riparare a questo errore, come dice anche il Comitato per la legislazione della Camera, deve farlo dando un segnale forte. Se non ci mette l'impegno e non prevede la data di fine di questo commissariamento, lei capisce che non ha alcun valore. L'errore lo individua il nostro Comitato per la legislazione. È stato fatto. Chiediamo da parte del Governo un impegno in questo senso, perché la situazione è veramente paradossale.

PRESIDENTE. Onorevole Raisi, accetta la riformulazione oppure no?

ENZO RAISI. Vorrei sapere qual è.

PRESIDENTE. La riformulazione è la solita: «invita il Governo a valutare l'opportunità di».
Sottosegretario è così o non è così?

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, non ho capito se il presentatore accetti o no la riformulazione.

PRESIDENTE. No, vuole sapere qual è la riformulazione.

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Avevamo detto: «a valutare l'opportunità di assicurare che in tempi certi sia effettivamente ripristinata (...)».

PRESIDENTE. Sta bene. Prendo atto che l'onorevole Raisi non accetta la riformulazione proposta dal Governo ed insiste per la votazione dell'ordine del giorno Raisi n. 9/5389/86. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Raisi n. 9/5389/86, non accettato dal Governo...

ETTORE ROSATO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Revoco l'indizione della votazione. Prego, onorevole Rosato, ne ha facoltà.

ETTORE ROSATO. Signor Presidente, come avevo anticipato intervengo su un ordine del giorno che non è il mio. Signor sottosegretario, se presta un momento di attenzione, ci sono ordini del giorno che bisogna valutare. Qui non c'è un ordine del giorno da valutare. Il Governo deve dire se è d'accordo o no a rimuovere un commissario la cui proroga è stata inserita in maniera inspiegabile all'interno di questo provvedimento. È inspiegabile e c'è una complicità del Governo nell'inserimento di una norma peraltro proposta da un senatore dell'opposizione. Quindi non capisco Pag. 44che cosa debba valutare il Governo. È lì per valutare le cose, non per fare altro (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo). Quindi mi attenderei, su questi ordini del giorno, che non sono di spesa, una risposta più chiara, in maniera da consentire all'Aula di esprimersi in modo coerente (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

ANDREA MARTELLA. Chiedo di parlare

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANDREA MARTELLA. Signor Presidente, intervengo solo per aggiungere la mia firma, come avevo anticipato in Commissione, all'ordine del giorno.

PRESIDENTE. Sta bene, eviterei di intervenire per apporre la firma. Possono farlo tutti.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, vorrei far presente che almeno in una Commissione, se non in più Commissioni, l'ordine del giorno che stiamo discutendo, era posto come condizione al parere favorevole. Evidentemente alla condizione non si è potuto ottemperare in funzione del fatto che si è votata la fiducia. Quindi chiederei al Governo, proprio anche per il rapporto che deve esistere tra Parlamento ed Esecutivo, di tenere conto di questa cosa ed eventualmente, anziché pronunciarsi in maniera contraria, di rimettersi all'Aula su questo ordine del giorno, anche perché non era nel testo originario del decreto, ma è stato oggetto di una modifica impropria da parte dell'altro ramo del Parlamento.
Impegnare il Governo semplicemente a tener conto del fatto che vada messa una data di scadenza al commissariamento, mi sembra che possa essere una modalità utile a fare di nuovo chiarezza, anche sul modo di legiferare delle Camere, compresa la nostra.

PRESIDENTE. Volevo ricordare ai parlamentari che stanno protestando, che ci siamo dati un metodo di lavoro, ma che ogni parlamentare potrebbe, senza nessun problema, intervenire non sull'ordine dei lavori, ma nel merito, visto che l'ordine del giorno è stato posto in votazione.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Signor presidente, telegraficamente, noi avevamo capito che la riformulazione consistesse solamente nel togliere «entro tre mesi», e non nell'aggiungere la formula « a valutare». Per le ragioni che aveva detto Raisi, credo che la formulazione che tolga il tempo perentorio dei tre mesi, ma che lasci «ad assicurare in tempi celeri» e così via, sarebbe una riformulazione accettabile.

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, di fronte ad una tensione così forte da parte dell'Aula, il Governo accetta la riformulazione proposta e quindi alla fine risulterà: «impegna il Governo ad assicurare che in tempi certi sia effettivamente ripristinata (...)».

PRESIDENTE. Quindi il Governo propone una nuova riformulazione.
Prendo atto che il presentatore accetta la nuova riformulazione e non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Raisi n. 9/5389/86.

Pag. 45

ANTONIO DI PIETRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Su che cosa, onorevole Di Pietro? Non c'è più l'ordine del giorno.

ANTONIO DI PIETRO. Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, posso farlo mio quell'ordine del giorno.

PRESIDENTE. No, perché non è stato ritirato e comunque non può farlo proprio.

ANTONIO DI PIETRO. Perché no?

PRESIDENTE. L'ordine del giorno è un atto individuale e quindi non si può fare.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Paglia n. 9/5389/87 non chiedono di intervenire.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Menia n. 9/5389/88 accedono all'invito al ritiro formulato dal Governo.
Prendo atto che i presentatori dei rispettivi ordini del giorno Di Biagio n. 9/5389/89, Proietti Cosimi n. 9/5389/90 e Toto n. 9/5389/91 non chiedono di intervenire.
Ricordo che l'ordine del giorno Barbaro n. 9/5389/92 è stato ritirato dal presentatore.
Prendo atto che il presentatore dell'ordine del giorno Della Vedova n. 9/5389/93 non chiede di intervenire.
Prendo atto che il presentatore dell'ordine del giorno De Girolamo n. 9/5389/94 accede all'invito al ritiro formulato dal Governo.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Naccarato n. 9/5389/95 non chiedono di intervenire.
Chiedo ai presentatori se accettino la riformulazione dell'ordine del giorno Bratti n. 9/5389/96, accettato dal Governo, purché riformulato.

ALESSANDRO BRATTI. Signor Presidente, qui siamo in una situazione simile alla prima, nel senso che l'ordine del giorno è stato proposto per chiedere un chiarimento rispetto ad una norma che presenta delle ambiguità. Quindi, se si mette il dispositivo proposto dal Governo: «si impegna a valutare l'opportunità di», vorrei capire se il Governo ritiene che non sia necessario promuovere delle iniziative per interpretare il fatto che le agenzie ambientali non sono nel novero di quegli enti che subiscono il taglio del 20 per cento o se invece si rimane nella situazione di ambiguità. Infatti l'ordine del giorno serviva semplicemente per capire, in maniera più definita, l'interpretazione del comma 1 dell'articolo 9. Se si mette «a valutare l'opportunità di» si aggiunge un'ambiguità ad un'ambiguità, pertanto chi lo deve poi approvare si può trovare in una situazione per cui in una regione si dà un'interpretazione e ed in un'altra ancora un'interpretazione diversa.

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, qui potremmo pensare ad una diversa riformulazione: «a rappresentare, in sede di Conferenza unificata Stato-regioni, un'interpretazione dell'articolo...».

PRESIDENTE. Va bene così, prendo atto che è accettata la riformulazione in questa nuova versione.

GIANFRANCO ROTONDI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANFRANCO ROTONDI. Signor Presidente, intervengo senza rubare molto tempo. Mentre noi doverosamente stiamo lavorando nell'interesse del Paese e stiamo Pag. 46sostenendo lealmente il Presidente del Consiglio ed il Governo in questa opera di revisione della spesa, che prosegue peraltro un impegno che era già stato attestato nell'ultimo decennio dai Governi che si erano succeduti (Berlusconi, Prodi, Berlusconi) - perché naturalmente non si tratta di provvedimenti che appaiono come fiori nel deserto, ma prosecuzioni di opere già avviate - mentre noi siamo qui impegnati, le agenzie lanciano una dichiarazione del Presidente del Consiglio Monti resa ad un giornale straniero che obiettivamente mette in grande imbarazzo chi è stato membro del Governo Berlusconi e pure sta qui a fare il proprio dovere.

PRESIDENTE. Va bene, non riapriamo il dibattito.

GIANFRANCO ROTONDI. Non riapro nulla, ma signor Presidente...

PRESIDENTE. Onorevole Rotondi, questo tipo di interventi va a fine seduta.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Mariani n. 9/5389/97 non chiedono di intervenire.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Albini n. 9/5389/99 non chiedono di intervenire.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Boccia n. 9/5389/101 non chiedono di intervenire.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Rugghia n. 9/5389/102 non chiedono di intervenire.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Causi n. 9/5389/103 non chiedono di intervenire.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Zampa n. 9/5389/104 non chiedono di intervenire.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Cenni n. 9/5389/105 non chiedono di intervenire.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Losacco n. 9/5389/106 non chiedono di intervenire.
Chiedo ai presentatori se accettino la riformulazione dell'ordine del giorno Motta n. 9/5389/107, accettato dal Governo, purché riformulato.

CARMEN MOTTA. Signor Presidente, il Governo chiede di modificare nel senso di formulare: «impegna il Governo a valutare l'opportunità di»; ma questo ordine del giorno, signor sottosegretario, mette già in pratica questa formulazione: «impegna il Governo a valutare...». Quindi chiedo al Governo se lo può accettare integralmente così com'è.

PRESIDENTE. Prendo atto che il Governo accoglie, riguardo a questa riformulazione, il suggerimento dell'onorevole Motta.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Fiorio n. 9/5389/108 non chiedono di intervenire.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Realacci n. 9/5389/109 non chiedono di intervenire.
Chiedo ai presentatori se accettino la riformulazione dell'ordine del giorno Bobba n. 9/5389/110, accettato dal Governo, purché riformulato.

LUIGI BOBBA. Signor Presidente, voglio rivolgermi al Governo perché anche qui, come nel caso dell'ordine del giorno dell'onorevole Bratti, si tratta semplicemente di un dubbio interpretativo e dunque non ha senso ed è illogico scrivere la formula: «a valutare l'opportunità di». O si dà una chiarezza interpretativa o non la si dà, quindi chiedo di riconsiderare la formula, così come è accaduto per l'ordine del giorno Bratti n. 9/5389/96.

PRESIDENTE. Sottosegretario?

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, credo che qui abbia ragione il presentatore: possiamo accontentarci soltanto della formula «nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica».

PRESIDENTE. Sta bene.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Damiano n. 9/5389/111 non chiedono di intervenire. Pag. 47
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Lenzi n. 9/5389/112 non chiedono di intervenire.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Rampi n. 9/5389/113 non chiedono di intervenire.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Pedoto n. 9/5389/115 non chiedono di intervenire.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Sbrollini n. 9/5389/116 non chiedono di intervenire.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Murer n. 9/5389/117 non chiedono di intervenire.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Bossa n. 9/5389/118 non chiedono di intervenire.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Grassi n. 9/5389/119 non chiedono di intervenire.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Miotto n. 9/5389/120 non chiedono di intervenire.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Carella n. 9/5389/121 non chiedono di intervenire.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Concia n. 9/5389/123 non chiedono di intervenire.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Rossa n. 9/5389/124 non chiedono di intervenire.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Boccuzzi n. 9/5389/125 non chiedono di intervenire.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Zucchi n. 9/5389/127 non chiedono di intervenire.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Brandolini n. 9/5389/128 non chiedono di intervenire.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Bragantini n. 9/5389/129 non chiedono di intervenire.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Rondini n. 9/5389/130 non chiedono di intervenire.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Fedriga n. 9/5389/131 non chiedono di intervenire.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Negro n. 9/5389/133 non chiedono di intervenire.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Montagnoli n. 9/5389/134 non chiedono di intervenire.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Rivolta n. 9/5389/136 non chiedono di intervenire.
Sull'ordine del giorno De Pasquale n. 9/5389/138 c'è un invito al ritiro. Ha facoltà di parlare l'onorevole De Pasquale.

ROSA DE PASQUALE. Signor Presidente, chiedo al Governo di rivalutare la sua opinione. Infatti qui si tratta di un settore molto sensibile, che è quello della scuola. Noi abbiamo avuto numerosissimi tagli, abbiamo avuto degli accorpamenti di plessi scolastici e ci troviamo in grandissime difficoltà. Ora io posso comprendere il Governo, e tra l'altro la dicitura «a valutare l'opportunità» l'avevo già inserita. Ora sarebbe importante che il Governo desse un segno di prendere in considerazione la situazione del personale della scuola, che si trova ad affrontare in questo momento delle grandi difficoltà e soprattutto i dirigenti scolastici, che magari devono gestire un numero enorme di plessi o situazioni molto complesse. Quindi io chiederei eventualmente anche di riformulare l'ordine del giorno, magari proprio per riconoscere o valorizzare in qualche modo queste mansioni, che spesso vengono svolte da docenti anche a costo zero e spesso rimettendoci anche delle proprie risorse. Sarebbe davvero, da parte del Governo, un segnale di presa in considerazione della buona volontà, che spesso è la cosa che tiene in piedi la nostra scuola, da parte dei docenti e da parte dei lavoratori della scuola stessa.

PRESIDENTE. Sottosegretario Polillo?

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, devo confessare che ho delle difficoltà a prevedere una riformulazione dell'ordine del giorno in oggetto, perché si fa riferimento esplicito alla possibilità Pag. 48di reperire nuove e maggiori risorse. In questo caso, francamente, la vedo estremamente difficile.

PRESIDENTE. So che è spiacevole, ma non si può riformulare. Prego, onorevole De Pasquale, lo ritira o chiede di metterlo in votazione?

ROSA DE PASQUALE. Signor Presidente, dicevo questo: anche se non parliamo di risorse, bisognerebbe riconoscere in ogni caso e valorizzare quello che è il lavoro che il personale, in questo caso, svolge all'interno della scuola. Per me va bene anche togliere la parola «risorse» o la parola «retribuzione». Si potrebbe inserire «a valorizzare» o «a riconoscere» il lavoro che questo personale svolge, togliendo, per esempio, il discorso delle risorse.

PRESIDENTE. Onorevole De Pasquale, il Presidente ha un compito spiacevole: deve chiedere se lo vuole porre in votazione oppure no, perché il sottosegretario si è già espresso. Lo ritira o chiede che sia posto in votazione?

ROSA DE PASQUALE. Signor presidente, in questo caso, io penso davvero che, con uno sforzo, il Governo avrebbe potuto farlo. Comunque, lo ritiro.

PRESIDENTE. Sta bene.
Chiedo al presentatore se accetti la riformulazione dell'ordine del giorno Bachelet n. 9/5389/139, accettato dal Governo, purché riformulato.

GIOVANNI BATTISTA BACHELET. Signor Presidente, potrebbe dirmi quale era la riformulazione?

PRESIDENTE. La riformulazione era volta ad inserire nel dispositivo l'espressione: «a valutare l'opportunità di». È una riformulazione che lei conosce.

GIOVANNI BATTISTA BACHELET. Signor Presidente, tale espressione era già contenuta nel testo originario: «a valutare gli effetti applicativi (...), al fine di verificare l'opportunità di reperire (...)».

PRESIDENTE. A questo punto, sottosegretario Polillo, mi sembra che l'ordine del giorno Bachelet n. 9/5389/139 già contenga una valutazione in tal senso. Onorevole Bachelet, si aggiunge solo l'espressione: «nei limiti delle disponibilità di bilancio». Accetta la riformulazione? Viene solo aggiunta l'espressione «nei limiti delle disponibilità di bilancio» al testo da lei presentato.
Prendo dunque atto che il presentatore accetta la riformulazione e non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Bachelet n. 9/5389/139, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Coscia n. 9/5389/140 non chiedono di intervenire.
Prendo atto che il presentatore dell'ordine del giorno Antonino Russo n. 9/5389/141 accede all'invito al ritiro formulato dal Governo.
Prendo atto che i presentatori dei successivi ordini del giorno Siragusa n. 9/5389/142, Pes n. 9/5389/143, Lolli n. 9/5389/145, Tocci n. 9/5389/147 e De Biasi n. 9/5389/148 non chiedono di intervenire.
Chiedo al presentatore se accetti la riformulazione dell'ordine del giorno Ghizzoni n. 9/5389/149, accettato dal Governo, purché riformulato.

MANUELA GHIZZONI. Signor Presidente, intervengo solo per invitare il Governo ad una riflessione. Il mio impegno è ad assumere una visione strategica, non c'è, in effetti, un impegno di spesa. Quindi, la formuletta «a valutare l'opportunità di», personalmente, la ritengo inaccettabile: o il Governo si assume la decisione di avere una visione sulla tassazione universitaria e il diritto allo studio, oppure no.

PRESIDENTE. Il Governo?

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, si potrebbe far riferimento agli effetti di bilancio.

Pag. 49

PRESIDENTE. Dunque, nei limiti delle disponibilità di bilancio. Sta bene, come nuova formulazione: è il testo originario con l'aggiunta «nei limiti delle disponibilità di bilancio».
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'ordine del giorno Sereni n. 9/5389/150, formulato dal Governo.

MARINA SERENI. Signor Presidente, io accolgo l'invito al ritiro del Governo, ma vorrei che rimanesse agli atti di questa nostra discussione che questo ordine del giorno riguardava quelle regioni, come l'Umbria e la Basilicata, che, in virtù della riorganizzazione delle province, hanno una coincidenza tra il territorio regionale e il territorio provinciale, anche in presenza dei requisiti possibili di una riorganizzazione che rispetti i requisiti previsti dalla legge.
Poiché è comparsa una nota sul sito del Ministero della funzione pubblica che dice che sono fatti salvi i procedimenti anteriori alla deliberazione del Consiglio dei ministri - cioè prima di luglio -, chiedo al Governo, invece, di mantenere aperta questa riflessione. Mi pare che questo fosse il senso dell'invito al ritiro del sottosegretario Polillo. In altri termini, in presenza di una proposta dei consigli delle autonomie locali (CAL) e delle regioni che rispetti tutti e due i requisiti, o almeno uno dei due, io credo che il Governo dovrebbe accedere alla valutazione e all'accettazione di questa proposta di riordino. Quindi, ritiro l'ordine del giorno in oggetto, ma vorrei che restasse agli atti l'impegno del Governo a tenere in considerazione le eventuali deliberazioni dei consigli delle autonomie locali e delle regioni interessate.

PRESIDENTE. Sta bene.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Brugger n. 9/5389/151 non chiedono di intervenire.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro dell'ordine del giorno Rubinato n. 9/5389/153, formulato dal Governo.

SIMONETTA RUBINATO. Signor Presidente, anche se so che il tasso di attuazione degli ordini del giorno è quello che è, vorrei far rilevare che il mio ordine del giorno va nella direzione di chiedere una maggiore e più stringente applicazione di una norma - l'articolo 23-ter - che abbiamo votato nella manovra «salva Italia» in materia di tetto alle retribuzioni a carico della finanza pubblica.
Il mio ordine del giorno semplicemente chiede di mettere in un atto avente valore di legge, avente forza di legge, quanto è già stabilito da un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri: chiede di estenderlo come tetto non solo a coloro che hanno un rapporto di lavoro dipendente o autonomo con le amministrazioni statali, ma a tutti coloro che sono a carico delle finanze pubbliche; chiede, infine, che questo limite valga effettivamente come tetto per quelli hanno retribuzioni superiori, affinché siano ridotte, e non invece per aumentare le retribuzioni che sono inferiori al limite della retribuzione spettante al primo presidente della Corte di Cassazione, pari, nel 2011, a circa 292 mila euro. Il mio ordine del giorno va nella direzione della manovra «salva Italia» e, dunque, per ragioni di equità e di rigore, ne chiedo la votazione.

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente chiedo scusa, ma credo che ci sia stato un errore nella valutazione. Su questo ordine del giorno possiamo esprimere parere favorevole, sempre con le stesse clausole di stile.

PRESIDENTE. I ripensamenti e le conversioni sono sempre utili. Prendo, dunque, atto che l'onorevole Rubinato accetta la riformulazione testé espressa dal Governo e non insiste per la votazione.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Rosato n. 9/5389/154 non chiedono di intervenire. Pag. 50
Chiedo ai presentatori se accettino la riformulazione dell'ordine del giorno Bucchino n. 9/5389/155, accettato dal Governo, purché riformulato.

GINO BUCCHINO. Signor Presidente, non è assolutamente sufficiente un mero impegno formale indebolito da una riformulazione con l'espressione «a valutare l'opportunità di». Gli italiani all'estero sono pronti a fare la loro parte e a contribuire ai sacrifici che ci vengono richiesti, non sono però disponibili ad accettare che sull'intera questione venga messa una definitiva pietra tombale. Non possiamo vedere azzerata l'offerta di lingua e di cultura italiana; non possiamo vedere ridotta al lumicino la rete consolare; non possiamo accettare la logica e la regola dei tagli lineari. Assieme al gruppo del PD, che oltre che condividere questo ordine del giorno, si è impegnato a chiedere con forza un impegno finalmente serio e ragionato al nostro Governo, e assieme anche a tutti i parlamentari eletti all'estero degli altri gruppi, chiediamo, attraverso questo ordine del giorno, una risposta dignitosa all'altrettanto dignitosa richiesta di attenzione ai 5 milioni di nostri concittadini che vivono all'estero. Chiedo, pertanto, al Governo, di rivedere il suo parere e di accettare la formulazione originaria di questo ordine del giorno. In caso contrario, devo chiedere il voto sullo stesso.

PRESIDENTE. Sottosegretario Polillo, modifica il parere del Governo?

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, propongo una diversa riformulazione, lasciando le parole «impegna il Governo» e «nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica», tutto a favore, ho delle forti perplessità sul secondo impegno: se quello si potesse sopprimere vi sarebbe un parere favorevole completo del Governo su tutto.

PRESIDENTE. Signor sottosegretario, il secondo impegno è stato dichiarato inammissibile, quindi è già espunto dal testo. Vi sono, quindi, il primo e il terzo impegno e, siccome nel suo parere vi era un invito al ritiro riguardo al secondo impegno, prendo atto che conferma il parere - stante il secondo impegno inammissibile - favorevole, nei limiti, ovviamente, delle disponibilità di bilancio.
Prendo atto che i presentatori degli ordini del giorno Belcastro n. 9/5389/156, Iannaccone n. 9/5389/157, Marinello n. 9/5389/158, Gioacchino Alfano n. 9/5389/159 e Bonavitacola n. 9/5389/160 non chiedono di intervenire. Signor sottosegretario, in merito all'ordine del giorno Contento n. 9/5389/161, devo segnalare che vi è già l'espressione «a valutare l'opportunità di», provi a verificarlo.

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, l'ordine del giorno Contento n. 9/5389/161 va bene così com'è.

PRESIDENTE. Signor sottosegretario, quindi l'ordine del giorno Contento n. 9/5389/161 va bene così e non propone una sua riformulazione, nel senso che quell'espressione vi è già. Prendo atto che l'onorevole Contento non chiede di intervenire.
Chiedo al presentatore se accetti la riformulazione dell'ordine del giorno Mantovano n. 9/5389/162, accettato dal Governo, purché riformulato.

ALFREDO MANTOVANO. Signor Presidente, mi rivolgo al Governo: ho appena votato la fiducia e voterò nel merito il provvedimento, ma ho veramente difficoltà ad accogliere la riformulazione, che riguarda, non soltanto l'indicazione di stile «a valutare l'opportunità di», ma due capoversi su tre dell'ordine del giorno. In due battute: stiamo parlando di Fondo unico giustizia, cioè di quel fondo alimentato con il cash sequestrato e, soprattutto, confiscato alla criminalità mafiosa.
Come tutti sappiamo, questo Fondo è destinato, sulla base della legge che lo ha istituito nel settembre del 2008, al 49 per cento a integrare le esigenze del Ministero Pag. 51dell'interno e al 49 per cento del Ministero della giustizia. In un precedente ordine del giorno, approvato all'unanimità da quest'Aula il 3 luglio e accolto dal Governo - in termini generali era il primo provvedimento sulla spending review -, si diceva che si doveva tener conto della consistenza e della disponibilità di questo Fondo, prima di intervenire con i tagli una volta entrati nel dettaglio.
Con questo provvedimento si entra nel dettaglio, e il rappresentante del Governo, in Commissione Bilancio, ha detto qual è la disponibilità di questo Fondo: questo Fondo, oggi, in un momento in cui si tagliano 120 milioni di euro all'anno al Ministero della giustizia e 131 milioni di euro al Ministero dell'interno, ha la disponibilità di 2 miliardi 212 milioni di euro. Il Governo ci dice che non tutti questi fondi sono disponibili, perché sappiamo che i funzionari del Ministero dell'economia e delle finanze trovano difficoltà a «piazzare» alcuni titoli monetizzabili sul mercato. Tuttavia, le risorse disponibili, in base a quello che ci dice il Governo, sono 661 milioni di euro, e oggi, non accogliendo quest'ordine del giorno, esso ci dice che, nel momento in cui sta tagliando su sicurezza e giustizia, in una fase di grande riorganizzazione, con l'accorpamento delle sedi e con le difficoltà a pagare i canoni dei presidi di polizia, non vuole mettere mano a queste che sono risorse disponibili.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Mantovano.

ALFREDO MANTOVANO. Concludo signor Presidente. La spending review ha come presupposto l'efficienza della spesa pubblica: avere 661 milioni di euro e non spenderli è qualcosa che va contro lo spirito di questo provvedimento. Per cui, chiedo il voto su questo ordine del giorno (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANFRANCO POLILLO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, di questo argomento abbiamo già discusso durante la fase referente in V Commissione (Bilancio), e abbiamo fornito anche tutti gli elementi di valutazione contabile sull'andamento del Fondo. Vi è, evidentemente, una diversità di interpretazione e di valutazione delle norme contabili e credo non sia questa la sede per affrontarla. Comunque, siamo disponibili per fornire tutte le informazioni necessarie, per quanto riguarda soltanto il primo periodo, mentre sul secondo e il terzo periodo, che prefigurano una tesi che può essere difficilmente accettabile, chiederei la soppressione.

PRESIDENTE. Signor sottosegretario, mi sembra che il firmatario non accetti la riformulazione e prendo atto che alcuni colleghi, come Laboccetta e Marinello, chiedono di sottoscrivere questo ordine del giorno.

EMANUELE FIANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

EMANUELE FIANO. Signor Presidente, voglio intervenire sull'argomento per segnalare due punti: intanto che noi, come sempre, ci atterremo al parere del Governo, che sosteniamo e per il quale abbiamo votato la fiducia, ma che nel merito delle questioni poste dall'ordine del giorno del collega Mantovano ovviamente anche noi vorremmo, in qualsiasi modo possibile, porre rimedio agli effetti gravi che, sia il provvedimento sulla spending review, sia i tagli compiuti dal Governo precedente negli ultimi tre anni, creano ai comparti sicurezza, difesa e anche soccorso pubblico di questo Paese.
Di fronte, però, alla certificazione del sottosegretario al tesoro che quanto è scritto nell'ordine del giorno del collega Mantovano, cioè che quei fondi siano realmente immediatamente disponibili, non è vero, noi non possiamo che concordare Pag. 52con il parere del Governo, pur mantenendo fede al fatto che ciò che denuncia il collega Mantovano, ossia la necessità di reperire fondi, rimane anche per noi un'esigenza primaria.

PRESIDENTE. Prendo atto che gli onorevoli Maroni e Paglia intendono sottoscrivere l'ordine del giorno Mantovano n. 9/5389/162. Tutti gli altri che vogliano sottoscrivere l'ordine del giorno possono farlo. Ricordo che dobbiamo fare un altro voto sulle dimissioni di una nostra collega e poi inizierà la diretta televisiva. Prendo atto che anche l'onorevole Moffa intende sottoscrivere l'ordine del giorno Mantovano n. 9/5389/162.

GIOVANNI PALADINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà, per un minuto.

GIOVANNI PALADINI. Signor Presidente, voglio intervenire perché, a prescindere dalla capacità dell'onorevole Mantovano, che ha ben sintetizzato il problema, vi è l'incapacità delle amministrazioni interessate a monetizzare questo problema. Non riesco a capire come il Governo, con soldi già accreditati all'interno di un percorso chiaro e di un capitolo chiaro, oggi venga qui in Aula a dirci cosa dovremmo fare con quei soldi. Invece di fare questo, il sottosegretario vada dall'amministrazione che dirige a chiedere come mai questa amministrazione non è capace di amministrare e monetizzare quello che è già presente a favore delle Forze dell'ordine e a favore comunque dello Stato, perché entrambe attribuzioni potrebbero essere immediatamente sostenibili.

PRESIDENTE. Prendo atto che l'onorevole Bosi intende sottoscrivere l'ordine del giorno Mantovano n. 9/5389/162.

ROLANDO NANNICINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà, per un minuto.

ROLANDO NANNICINI. Signor Presidente, la natura del fondo è che c'è una spesa annuale in conto capitale e investimenti, ma non può essere un fondo che impegna per gli anni, perché ha una natura momentanea, annuale. Il grave è che il Governo deve lavorare su un fondo di 661 milioni, come ha detto l'onorevole Mantovano, però è chiaro che se ha una redditività va nell'impegno corrente, ma non potendo andare nell'impegno corrente, si impegnerà a rafforzare le spese in conto capitale, perché è un anno solo, è momentaneo. Non si possono confondere gli elementi di bilancio in questa maniera, dicendo che ci sono dei fondi che nessuno utilizza.

FRANCESCO BOSI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Onorevole Bosi, lei intende sottoscrivere l'ordine del giorno Mantovano n. 9/5389/162?

FRANCESCO BOSI. Signor Presidente, intendo sottoscriverlo e voglio anche dire che rimandare a un successivo provvedimento cose di questa vitale importanza non mi sembra che possa far scattare pareri non favorevoli da parte del Governo che, comunque, ha un provvedimento legislativo di riserva nel quale può inserire quello che meglio crede.

PRESIDENTE. Prendo atto che gli onorevoli Vanalli e Cicu sottoscrivono l'ordine del giorno Mantovano n. 9/5389/162.

ALFREDO MANTOVANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALFREDO MANTOVANO. Signor Presidente, intervengo solo per dire che, se fosse vero quello che ha detto il sottosegretario, non si spiegherebbe perché nella nota della Ragioneria generale dello Stato si parla dell'utilizzazione di questo fondo Pag. 53per spese a regime, correnti, per esempio per la mediazione stragiudiziale o per il finanziamento del fondo vittime della mafia. Quindi, si possono utilizzare per le destinazioni indicate nell'ordine del giorno.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Mantovano n. 9/5389/162, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Mazzuca... Laboccetta... Nizzi... Calderisi... Pili... Fitto... Mondello... Goisis...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania - Vedi votazioni)

(Presenti 448
Votanti 439
Astenuti 9
Maggioranza 220
Hanno votato
261
Hanno votato
no 178).

Prendo atto che il deputato Scilipoti ha segnalato che non è riuscito a votare.
Prendo atto che i presentatori dei successivi ordini del giorno Fiano n. 9/5389/164, Frattini n. 9/5389/165 e D'Incecco n. 9/5389/166 non richiedono di intervenire.
È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.
Ricordo che, come stabilito ieri dalla Conferenza dei presidenti di gruppo, dobbiamo passare ora al punto n. 2 dell'ordine del giorno, che reca le dimissioni dell'onorevole Parenti. Dobbiamo quindi ancora effettuare un voto prima della pausa. Successivamente, a partire dalle ore 14,15, riprenderà l'esame del provvedimento in materia di revisione della spesa pubblica, con lo svolgimento delle dichiarazioni di voto finale, con ripresa televisiva diretta. Seguirà quindi la votazione finale.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI (ore 13,58)

Dimissioni della deputata Marilena Parenti.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca le dimissioni della deputata Marilena Parenti. Prego i colleghi di prestare attenzione.
Comunico che in data 30 luglio 2012 è pervenuta alla Presidenza la seguente lettera dell'onorevole Marilena Parenti:
«Egregio Presidente,
con la presente sono a rassegnare le mie dimissioni dalla carica di Deputato assunta in data 7 giugno 2012.
Dopo la seria e approfondita riflessione che una tale opportunità merita, e confesso non senza sentimenti contrastanti, mi trovo a dover prendere atto della mia impossibilità di svolgere tale ruolo con l'energia, l'impegno e la dedizione che meriterebbe.
Tengo a sottolineare che le ragioni di una tale decisione sono esclusivamente personali ed essenzialmente legate alla mia situazione di vita, profondamente diversa da quella in cui mi trovavo 4 anni fa, quando risultai prima dei non eletti nella mia circoscrizione (Lodi, Pavia, Cremona e Mantova).
Pochi mesi dopo le elezioni del 2008 presi la decisione di trasferirmi a Londra per motivi personali. Qui ho realizzato i miei progetti di vita professionale e personale. Vivo tutt'oggi nel Regno Unito col mio compagno.
La notizia delle dimissioni di Antonello Soro, lo scorso Giugno, e l'automatica mia proclamazione a deputato sono arrivate in un momento delicato della mia vita: fra poco più di tre mesi io e il mio compagno diventeremo genitori di una bambina» (Applausi).
«Se, da una parte, ho sempre creduto nella necessità di una conciliazione dei Pag. 54tempi della vita personale e professionale, specialmente per le donne, dall'altra parte so che essere deputato non è un lavoro come un altro. Fatto con la serietà, l'onestà e l'energia che una simile carica merita, un tale impegno può necessariamente limitare il ruolo che voglio avere nella vita di mia figlia, soprattutto in una fase iniziale, e in qualche modo dividere la nostra famiglia frapponendo migliaia di chilometri fra i suoi membri.
Allo stesso tempo, nei prossimi mesi, peraltro i mesi finali della legislatura, il mio contributo come deputato sarebbe estremamente limitato, rendendo il mio ruolo ineffettivo. Servire il mio Paese e avere la possibilità di agire a livello nazionale portando avanti i valori in cui credo sarebbe stata una delle esperienze più rilevanti del mio percorso personale e politico. Credo però, con la serenità che ho oggi, che ci siano modi e tempi nella vita e che questo sia per me il tempo di fare scelte diverse.
Chiedo dunque che le mie dimissioni vengano accolte. Ringrazio dell'attenzione e porgo cordiali saluti. Firmato: Marilena Parenti» (Applausi).
Avverto che, ai sensi dell'articolo 49, comma 1, del Regolamento, la votazione avrà luogo a scrutinio segreto mediante procedimento elettronico.

FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, c'è una prassi consolidata nel nostro Parlamento per cui, quando un deputato rassegna le dimissioni, per un atto di cortesia in genere vengono respinte. La lettera che lei ha appena letto imporrebbe, proprio per la nobiltà dei contenuti, che quest'Aula respingesse queste dimissioni, perché sono davvero motivate in una maniera che tocca la coscienza di ciascuno di noi e ci interroga in un momento in cui i rappresentanti del popolo, eletti in questo Parlamento, non godono proprio di chiara fama.
Tuttavia, mi rendo conto della situazione in cui ci si trova...

PRESIDENTE. Colleghi, vi prego.

FABIO EVANGELISTI. Per questo motivo, pur affidandoci al voto segreto, non ho alcuna difficoltà ad annunciare che il voto dell'Italia dei Valori darà un voto a favore, nel rispetto delle valutazioni e delle volontà della collega, a cui faccio i migliori auguri (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sull'accettazione delle dimissioni della deputata Parenti.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Zeller, Brugger, Bosi...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:

Presenti 379
Votanti 371
Astenuti 8
Maggioranza 186
Voti favorevoli 279
Voti contrari 92
(La Camera approva - Vedi votazioni).

Prendo atto che il deputato Scilipoti ha segnalato che non è riuscito a votare.

Proclamazione di un deputato subentrante (ore 14,04).

PRESIDENTE. Dovendosi procedere alla proclamazione di un deputato, a seguito della accettazione delle dimissioni della deputata Marilena Parenti, comunico che la Giunta delle elezioni ha accertato, nella seduta del 1o agosto 2012, ai sensi dell'articolo 86, comma 1, del testo unico delle leggi per l'elezione della Camera dei deputati (decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957), che il candidato Pag. 55che, nell'ordine progressivo della lista n. 12, Partito Democratico, nella V circoscrizione Lombardia 3, segue immediatamente l'ultimo degli eletti risulta essere Ezio Zani.
Do atto alla Giunta di questo accertamento e proclamo deputato, a norma dell'articolo 17-bis, comma 3, del Regolamento, per la V circoscrizione Lombardia 3, Ezio Zani. Si intende che da oggi decorre il termine di venti giorni per la presentazione di eventuali ricorsi.

Modifica nella composizione di un gruppo parlamentare.

PRESIDENTE. Comunico che il deputato Zani, proclamato in data odierna, ha dichiarato di aderire al gruppo parlamentare Partito Democratico.

Su lutti dei deputati Giovanna Melandri ed Elio Vittorio Belcastro.

PRESIDENTE. Comunico che la collega Giovanna Melandri è stata colpita da un grave lutto, la perdita del padre. Alla collega la Presidenza della Camera ha già fatto pervenire le espressioni della più sentita partecipazione al suo dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.
Comunico altresì che il collega Elio Vittorio Belcastro è stato colpito da un grave lutto, la perdita della madre. Al collega la Presidenza della Camera ha già fatto pervenire le espressioni della più sentita partecipazione al suo dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.
Poiché, come stabilito in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo, le dichiarazioni di voto finale, con ripresa televisiva diretta, sul decreto-legge Atto Camera n. 5389 avranno luogo a partire dalle ore 14,15 sospendo la seduta fino a tale ora.

La seduta, sospesa alle 14,05, è ripresa alle 14,15.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Brugger, Buonfiglio, Caparini, Cicchitto, Commercio, Gianfranco Conte, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Dozzo, Fava, Gregorio Fontana, Franceschini, Iannaccone, La Loggia, Lucà, Mazzocchi, Migliavacca, Misiti, Moffa, Pisicchio, Stucchi e Valducci sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente quarantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Si riprende la discussione.

PRESIDENTE. Ricordo che prima della sospensione della seduta si è esaurito l'esame degli ordini del giorno.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 5389)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ricordo che, a seguito della riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo di ieri, è stata disposta la ripresa televisiva diretta delle dichiarazioni di voto finale dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zeller. Ne ha facoltà per due minuti.

KARL ZELLER. Signor Presidente, con le misure inserite nel presente decreto-legge, relativo alla spending review, il Governo ha deliberatamente e nuovamente violato le prerogative costituzionali delle autonomie speciali ma anche di quelle ordinarie, la loro autonomia finanziaria e il principio di leale collaborazione. Le modifiche introdotte al Senato, che dovrebbero salvaguardare le procedure e le norme di attuazione previste dagli statuti Pag. 56di autonomia, nella definizione del concorso agli obiettivi di contenimento della spesa, in realtà sono soltanto un passo - e neppure sostanziale - che non può modificare la nostra scelta di opposizione al provvedimento.
Vorrei anche ricordare ai colleghi che la Corte costituzionale, con una recente sentenza, ha stabilito che i tagli unilaterali sono consentiti solamente in via temporanea, dichiarando illegittimi tutti i tagli unilaterali del Governo a partire dal 2014. Ha, quindi, dell'incredibile che questo Governo, un Governo di professori e di tecnici che dovrebbe conoscere la giurisprudenza della Corte ma anche la Costituzione stessa, abbia nuovamente riproposto e ci riproponga nuovamente gli stessi tagli addirittura maggiorati, che non possono non essere dichiarati incostituzionali e, a stretto rigore, il Presidente della Repubblica dovrebbe rifiutare la promulgazione, non solo per aperta violazione della Carta costituzionale ma anche per mancanza di copertura finanziaria. Come si fa, dopo una pronuncia resa poche settimane fa, a ripetere un errore che è già stato fatto nelle precedenti manovre?
Per questo noi, come Minoranze linguistiche, voteremo contro questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Minoranze linguistiche).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Commercio. Ne ha facoltà per due minuti.

ROBERTO MARIO SERGIO COMMERCIO. Onorevoli colleghi, da mesi il Governo è impegnato a fronteggiare la più seria crisi economica e sociale dal dopoguerra nel nostro Paese. Si lavora ora alla crescita, dopo lunghi anni di stagnazione che hanno visto l'Italia perdere posizioni tra i grandi Paesi avanzati. Un nuovo percorso di ripresa non può prescindere dalla crescita economica del Sud che, occorre ricordarlo, costituisce oggi non solo un vincolo più stringente che nel passato, ma anche una nuova opportunità, anche grazie alle risorse sottoutilizzate che custodisce e che riguardano la collocazione logistica, il potenziale energetico, il patrimonio culturale e ambientale, le conoscenze scientifiche radicate nelle università e il know-how diffuso in agricoltura e nel campo manifatturiero.
Con la spending review il Governo ha decisamente imboccato un'altra strada, stabilendo quale dovesse essere la quota di risparmi da realizzare a carico delle autonomie locali, suggerendo loro anche la voce di bilancio su cui agire prioritariamente, ovvero i consumi intermedi. Le cifre sono abbastanza chiare e definiscono, ancora una volta in modo consueto, un taglio lineare di risorse al sistema delle autonomie locali, quelle che costituiscono il vero tessuto connettivo del Paese anziché, come avremmo preferito, un efficientamento della spesa, che fatichiamo ad immaginare come possa realizzarsi con invarianza di servizi per i cittadini.
Secondo le proiezioni elaborate dalla Svimez sugli effetti della spending review, il PIL delle regioni meridionali scenderà, già da questo anno, del 2,9 per cento contro l'1,4 del Centro-nord. Si tratta di una «stangata», che si tradurrà in un costo medio pari a 450 euro per cittadino residente in quei territori.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Commercio.

ROBERTO MARIO SERGIO COMMERCIO. In conclusione, signor Presidente, queste sono alcune delle ragioni che ci inducono oggi ad esprimere un voto di astensione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Iannaccone. Ne ha facoltà.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, viene posta, per l'ennesima volta, la questione di fiducia dal Governo e questo è un segno di scarsa considerazione dell'istituzione parlamentare senza - e lo dico con rammarico - che le più alte cariche istituzionali e rappresentative della Repubblica, di questa Camera e dell'altra, abbiano fatto notare a questo Governo, Pag. 57non legittimato dal consenso popolare, che ha determinato un corto circuito istituzionale.
Il Presidente del Consiglio, in una delle inutili trasferte, di queste passeggiate che ogni tanto va a fare all'estero, ha rilasciato un'intervista ad un giornale tedesco, in cui ha tranquillamente sostenuto che i Parlamenti si devono allineare alla volontà dei Governi. Così è venuto meno a ben due articoli della nostra Costituzione: in primo luogo l'articolo 1, che recita che la sovranità appartiene al popolo (ma questo è un Governo che è stato calato dall'alto, che è stato partorito in virtù di manovre strane che si sono consumate all'interno e all'esterno di quest'Aula); in secondo luogo, l'articolo 94 della Costituzione, che prevede che il Governo deve avere la fiducia del Parlamento e, quindi, che non può fare a meno del Parlamento.
Comunque, in conclusione, Signor Presidente, la componente politica Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia voterà contro questo provvedimento, che è modesto, inutile e penalizza il Sud. Questo Governo è a trazione nordista e questa trazione ha fortemente penalizzato il Sud. Noi abbiamo votato contro la fiducia e votiamo coerentemente contro il provvedimento, così come è stato presentato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ossorio. Ne ha facoltà, per tre minuti.

GIUSEPPE OSSORIO. Signor Presidente, il gruppo dei repubblicani-azionisti lega il voto alla consapevolezza di ciò che sul Corriere della sera stamani un giornalista acuto per le sue analisi ha efficacemente scritto, Ernesto Galli della Loggia. Abbiamo, egli ha scritto, la netta sensazione che abbiamo vissuto anni allegramente, con un debito pubblico che ha alimentato aspettative e necessità, già oggettive e giuste, ma al di sopra delle nostre possibilità. Ecco perché noi voteremo a favore del provvedimento sulla revisione della spesa e sulla dismissione del patrimonio pubblico, ma riproponiamo al Presidente del Consiglio e ai rappresentanti del Governo, i punti della lettera del collega Francesco Nucara che, già nel mese di novembre, rivolse e spedì al Presidente del Consiglio, Mario Monti, nel quale elencava dieci punti essenziali per il programma, suggeriti da questa componente, di cui probabilmente questo Governo dovrebbe anche tenere conto. Uno di questi punti riguarda il budget zero: noi abbiamo una spesa pubblica sostanzialmente - non lo devo dire agli onorevoli colleghi né a lei - che è in libera uscita, senza controllo, ed è soprattutto la spesa pubblica degli enti locali, delle regioni e delle partecipate. Se non mettiamo un freno a questa spesa pubblica, altro che spending review, altro che revisione della spesa pubblica che il Governo intende fare in quella dello Stato e dei Ministeri.
Ben altro deve essere il motivo della nostra attenzione, per esempio: i controlli nei confronti degli enti locali, della qualità e della quantità di questa spesa pubblica, noi crediamo che non vi siano affatto; noi riteniamo che vada tenuta in grande considerazione l'autonomia locale e anche la forza legislativa delle regioni, però...

PRESIDENTE. Onorevole Ossorio, la invito a concludere.

GIUSEPPE OSSORIO. ... ciononostante - signor Presidente, mi avvio alla conclusione - abbiamo un senso di ripensamento su quello che una volta erano i comitati di controllo, i comitati di controllo sulla spesa degli enti locali e quello presso le prefetture, per quanto riguardava gli interventi della regione.
Ecco perché noi abbiamo votato la fiducia e votiamo favorevolmente su questo provvedimento, però il Governo dovrebbe essere attento a questo (Applausi dei deputati del gruppo Misto-R-A).
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Onorevole Ossorio, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti. Pag. 58
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mosella. Ne ha facoltà, per tre minuti.

DONATO RENATO MOSELLA. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, il provvedimento sulla revisione della spesa al nostro esame è un passaggio indispensabile sul cammino del risanamento dei conti pubblici, da cui non è possibile prescindere se si vogliono avere le risorse per alimentare le politiche di sviluppo in grado di portare l'Italia fuori dalla recessione. C'è un grande lavoro da fare, lo sappiamo.
La Banca d'Italia avverte che il prodotto interno lordo italiano si ridurrà del 2 per cento quest'anno e dello 0,2 per cento nel 2013, i consumi privati, come pure gli investimenti, sono al palo, l'indebitamento delle famiglie è cresciuto a livelli preoccupanti, segno che stanno esaurendosi anche i risparmi di una vita. Tutti gli indicatori economici sono di segno negativo e siamo ben consapevoli che la difficile congiuntura economica impone scelte dolorose e impopolari, come quelle che il Governo sta via via assumendo attraverso provvedimenti ai quali noi non abbiamo fatto mancare il nostro sostegno, nonostante le riserve e le perplessità che pure ci hanno suscitato e che non abbiamo mancato di esprimere in questa sede.
Le sfide che ancora ci attendono sono molteplici e insidiose, l'instabilità dei mercati finanziari, la speculazione, le incertezze sulle prospettive future di gestione della crisi, unite a quelli che facilmente possono essere definiti i mali strutturali dell'economia italiana, hanno ancora una volta confermato la necessità di un intervento immediato per mettere al sicuro i bilanci pubblici ed assicurare la stabilità finanziaria. La politica dei tagli lineari, portata avanti negli anni, ha prodotto effetti distorsivi, lasciando inalterati gli sprechi a danno delle eccellenze, a cominciare dal settore della ricerca scientifica, in danno dei giovani che oggi pagano un prezzo altissimo. È viva la preoccupazione per noi per il fatto che, nonostante il rigore ed i sacrifici a cui il nostro Paese si è sottoposto, non cresce la fiducia dei nostri partners europei, che ci tengono sotto tutela imponendoci condizioni lesive della nostra sovranità nazionale.
Il mandato al governo è chiaro per noi di Alleanza per l'Italia, risanare per porre le basi di meccanismi di sviluppo tali da innescare la crescita dell'Italia dal nord al sud. Le misure introdotte dal provvedimento in esame hanno l'ambizioso obiettivo di avviare un complesso processo di ristrutturazione della spesa pubblica non più rinviabile, cercando finalmente di superare interessi particolari e logiche di corporazione che per anni hanno tenuto il Paese con il freno a mano tirato.
Apprezziamo in particolare il fatto che, con i risparmi di spesa ottenuti dall'entrata a regime delle misure, si andrà a scongiurare il temuto aumento dell'IVA. Sono state inoltre trovate le risorse per estendere la clausola di salvaguardia in materia pensionistica. La ridefinizione della spesa al nostro esame è un primo traguardo nell'ottica di un'azione complessiva di riduzione degli sprechi. Auspichiamo che il Governo proceda in questa direzione, anche con le successive fasi della revisione, e annunciamo per questo provvedimento il nostro voto favorevole (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alleanza per l'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sardelli. Ne ha facoltà, per tre minuti.

LUCIANO MARIO SARDELLI. Signor Presidente, noi dei Liberali per l'Italia apprezziamo la manovra del Governo di contenimento dei costi e di revisione della spesa, la apprezziamo perché ha il coraggio di colpire privilegi, sprechi e regalie che si erano andate negli anni a stratificare. C'è stata anche una forte resistenza degli interessi parassitari che esistono nel Paese. Lo Stato nazionale è un grande corpo dentro il quale si annidano parassiti che creano malattie, che determinano inadeguate funzionalità dell'amministrazione pubblica e che aumentano i costi. Quindi la manovra ha avuto il coraggio di tagliare, Pag. 59anche chirurgicamente, vecchi e nuovi privilegi.
Tutto questo non basta, secondo noi. Andavano aggredite e vanno aggredite con maggiore attenzione - voglio farlo comprendere al Governo - soprattutto alcune grandi voci di spesa. Penso ai trasporti pubblici locali, dove le società provinciali e comunali sono assolutamente disorganiche tra loro e, alcune volte, si sovrappongono nei costi, negli sprechi e nelle clientele, dove il trasporto su gomma e su rotaia non ha alcuna sintesi e alcuna visione complessiva.
Su questo, pensiamo che il Governo debba intervenire e riflettere maggiormente. Un punto su cui chiedevamo più coraggio e sul quale ne abbiamo visto poco è l'abbattimento del debito, così come da alcuni mesi vanno dicendo grandi esperti come il professor Savona o la Link Campus University, con la costituzione di una società a patrimonio mobiliare e immobiliare dello Stato.
Si può lavorare per un abbattimento consistente di centinaia miliardi di euro, che, sicuramente, darebbe un segnale forte anche ai mercati. Su questo, vediamo che il Governo tentenna, forse perché ha paura di avventurarsi in un percorso infido e difficile, anche per gli interessi che va a colpire. Noi speriamo che il Governo prenda coraggio e provvedimenti seri in questa direzione e su questo il nostro gruppo dei Liberali per l'Italia solleciterà, anche con proposte di legge, una forte iniziativa del Parlamento.
Torniamo a dire che questo è un buon inizio, ma bisogna lavorare in maniera più ampia per una revisione strutturale della spesa, andando al di là del contingente (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Liberali per l'Italia-PLI).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Misiti. Ne ha facoltà, per cinque minuti.

AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, i dieci deputati di Grande Sud hanno votato la fiducia e voteranno «sì» anche al provvedimento in esame, perché ritengono che esso sia un avvio alla razionalizzazione della spesa pubblica, che può essere incrementata con successivi provvedimenti, già preannunziati dallo stesso Esecutivo.
Per preparare il provvedimento di oggi vi sono stati altri due precedenti decreti-legge, di cui uno, il n. 87 del 2012, viene inglobato nel provvedimento attuale, nel decreto-legge n. 95 del 2012. Questo terzo provvedimento prevede un ampio ventaglio di interventi, la cui finalità è il contenimento e la razionalizzazione degli oneri a carico della finanza pubblica.
Queste disposizioni hanno come obiettivo quello di far rientrare il funzionamento dell'apparato statale entro un quadro razionale di valutazione e programmazione attraverso l'ottimizzazione delle procedure e delle articolazioni dello Stato, inclusa la parte giudiziaria, l'accorpamento o dismissione di enti non necessari e una progressiva riduzione degli organici, privilegiando la distribuzione razionale delle risorse umane e materiali a disposizione delle pubbliche amministrazioni.
La riduzione degli eccessi di spesa della pubblica amministrazione per la parte relativa ai beni e ai servizi è frutto di un lavoro svolto dal commissario straordinario, la cui analisi ha permesso di individuare un cosiddetto benchmark di riferimento, in base al quale stimare l'eccesso di spesa in capo alle amministrazioni dello Stato, mentre la riduzione delle dotazioni organiche delle pubbliche amministrazioni è frutto di un lavoro svolto dai Ministeri caso per caso.
È chiaro che su quest'ultima parte relativa ai Ministeri bisogna ancora lavorare, perché ritengo che vi siano ancora molti sprechi e molte possibilità di intervento per ridurre la spesa. In questo provvedimento hanno trovato posto anche altre parti che riguardano il pubblico impiego: ha trovato posto l'estensione a 55 mila esodati della possibilità di essere recuperati, ha trovato spazio, soprattutto nel comparto sanitario, una razionalizzazione della spesa, che porterà dei risparmi abbastanza ampi, tali da poter evitare Pag. 60l'aumento dell'IVA per gli ultimi tre mesi del 2012 e per i primi sei mesi del 2013.
Un altro intervento importante è quello sull'università, sugli enti di ricerca e sulla scuola. Sono settori assolutamente importanti, dove va razionalizzata la spesa, ma non dimentichiamo nemmeno il fatto che in questi settori è necessario intervenire soprattutto aumentando gli investimenti, in modo tale che essi possano contribuire allo sviluppo e alla ripresa economica del nostro Paese.
Un gruppo di misure riguarda la valorizzazione e dismissione degli immobili pubblici. Anche qui, è necessario procedere con cautela, ma con vigore, perché questo potrebbe permettere la riduzione del debito pubblico, che è necessario affrontare rapidamente, secondo quanto ci viene detto anche in Europa.
Infine, e non ultimo, vi è l'intervento sulla Banca Monte dei Paschi di Siena, che, evidentemente, è difficile spiegare in pochi secondi. Ritengo che il tutto meriti la nostra approvazione, e quindi il voto dei deputati di Grande Sud è favorevole al provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Grande Sud-PPA).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Pietro. Ne ha facoltà, per dieci minuti.

ANTONIO DI PIETRO. Signori del Governo, l'Italia dei Valori vota contro questo provvedimento e nega la fiducia a questo Governo; la nega per ragioni di merito e per ragioni di metodo.
Siccome non vogliamo nasconderci dietro le ragioni di metodo, elenco prima, sommariamente, le ragioni di merito.
Stiamo parlando di un provvedimento che doveva servire a riqualificare la spesa pubblica, cioè andare a vedere dove bisognava spendere e dove bisognava evitare di spendere, specialmente quelle spese inutili e dannose. Noi dell'Italia dei Valori ci siamo battuti e ci battiamo affinché vi sia una vera lotta ai privilegi della casta, alle consulenze d'oro, alle assunzioni clientelari, alle esternalizzazioni improprie fatte solo per favorire gli amici, alla separazione tra politica e gestione della cosa pubblica. Ci battiamo per contrastare al massimo l'illegalità.
Abbiamo anche indicato, in due soli emendamenti che abbiamo proposto, dove andare a trovare questi soldi. Abbiamo detto che, forse, rinunciando all'acquisto di un centinaio di aerei F-35 da combattimento si potevano risparmiare 15 miliardi di euro e, quindi, evitare tagli su settori importanti ed essenziali della spesa sociale. Abbiamo indicato anche quale poteva essere la soluzione per gli esodati, circa 400 mila lavoratori. Abbiamo preso atto, prendiamo atto e denunciamo che, invece, questo Governo e la sua maggioranza stanno votando una manovra ingiusta, iniqua, inefficace, pericolosa per la tenuta del sistema dei servizi ai cittadini perché è una manovra fatta di tagli lineari, non di lotta agli sprechi, non di vera lotta agli sprechi.
Volete che ve ne cito una? Vi cito, per esempio, l'ipocrisia che è avvenuta in quest'Aula e al Senato con riferimento al comma 26-bis dell'articolo 7 del vostro maxiemendamento. Avete previsto un'ulteriore proroga per il commissario straordinario dell'Aeroclub d'Italia, cioè avete previsto di spendere ulteriori soldi, e lo avete fatto con un maxiemendamento al Senato. Qui alla Camera avete accettato - e questo Parlamento, la vostra maggioranza, ha ritenuto congruo - che voi vi dovete impegnare per cambiare questa norma perché è una norma ingiusta! Cosa voglio dire? Voglio dire che voi stessi avete fatto e state facendo una norma che sapete che dovrete cambiare perché è una norma che va esattamente al contrario di quello che è il fine che vi siete prefissi a parole.
In realtà, il vostro è un decreto che non riorganizza, non razionalizza, non investe sul lavoro, semplicemente taglia. Taglia risorse in maniera indistinta e generalizzata, taglia posti di lavoro, sopprime uffici e servizi, liquida attività pubbliche, privatizza beni comuni, riduce i posti letto ospedalieri pubblici, licenzia decine di migliaia di lavoratrici e lavoratori precari, taglia i buoni pasto, riduce in maniera indistinta i finanziamenti, penalizzando, in Pag. 61questo modo, enti e amministrazioni virtuosi, penalizzando i livelli essenziali di prestazione.
Ecco, ho voluto indicare le ragioni di merito affinché resti agli atti che noi dell'Italia dei Valori riteniamo questo provvedimento ingiusto, iniquo.
Ma lasciatemi dire ancora qualche altra cosa, adesso, prima di entrare nel metodo. Mentre il vostro Presidente del Consiglio si fa grande nelle interviste internazionali dicendo meno male che è arrivato lui in Italia altrimenti il precedente Governo avrebbe portato lo spread a 1200 punti, o qualcosa di simile, oggi la produzione industriale, ci dice l'ISTAT, è diminuita dell'8,2 per cento rispetto all'anno scorso. Sempre l'ISTAT ci dice che in tutti i settori la produzione sta crollando. La CGIL oggi ci ricorda che solo quest'anno vi sono stati 525 mila in cassa integrazione. Cioè, c'è una realtà del Paese totalmente diversa da quello che state raccontando.
Premesso questo, e quindi dato atto di queste ragioni sostanziali per cui nel merito noi contestiamo questo provvedimento, lasciatemi dire un'altra cosa del metodo. Questo è un provvedimento incostituzionale! Non lo dico io, perché se dovessi dirlo io, come al solito, offenderei le istituzioni! Allora lasciate che rilegga insieme a voi quali sono i parametri fondamentali per ritenere un decreto-legge costituzionale e quando questo diventa incostituzionale. Non lo dico io, lo ha detto il Presidente della Repubblica, uno sconosciuto Presidente della Repubblica - nel senso che mi è difficile riconoscere nel suo atteggiamento attuale il Presidente della Repubblica Napolitano - in ben quattro messaggi alle Camere.
Ricordo a me stesso che i messaggi formali alle Camere sono atti di manifestazione del pensiero del Presidente della Repubblica in funzione di controllo, di proposta, di denuncia di eventuali violazioni costituzionali. Bene, lui per quattro volte è intervenuto su questo tema e ci ha detto, il 18 maggio 2007: signori delle Camere, state attenti, dobbiamo rispettare i limiti posti dall'articolo 77 della Costituzione. Una fonte normativa connotata da evidenti caratteristiche di straordinarietà e che incide sui delicati profili del rapporto Governo-Parlamento e maggioranza-opposizione è una fonte normativa a cui si può ricorrere soltanto in via straordinaria. Ce l'ha ricordato ancora il 15 luglio 2009, con un altro messaggio formale alle Camere, quello sconosciuto Presidente della Repubblica! Ci ha detto che i provvedimenti eterogenei nei contenuti e frutto di un clima di concitazione rendono sempre più difficile il rapporto fra il cittadino e la legge e che è doveroso ribadire oggi che è indispensabile porre termine a simile prassi. Non è Di Pietro che parla, è lo sconosciuto Presidente della Repubblica Napolitano il 15 luglio 2009. Il 22 febbraio del 2011 quello sconosciuto Presidente della Repubblica vi ha ricordato che l'inserimento nei decreti di disposizioni non strettamente attinenti ai loro contenuti non è possibile. Non si possono inserire nei decreti provvedimenti non attinenti ai loro contenuti e, soprattutto, vi ha detto che vi sono spesso inserimenti di provvedimenti e di emendamenti privi dei necessari requisiti di straordinaria necessità ed urgenza, cioè privi dei requisiti previsti dall'articolo 77 della Costituzione.
Bene, non è finita. Ancora il Presidente della Repubblica, sempre quello sconosciuto Presidente della Repubblica, ha detto, il 22 febbraio 2011: vedete, signori delle Camere, il frequente ricorso alla posizione della questione di fiducia realizza un'ulteriore, pesante, compressione del ruolo del Parlamento e del ruolo della maggioranza e dell'opposizione.
E, ancora, il 23 febbraio 2012, sempre quello sconosciuto Presidente della Repubblica ha aggiunto: finiamola a fare decretazione di urgenza al fine di non esporre disposizioni che, quando non censurabili nel merito, rischiano l'annullamento della Corte costituzionale.
Insomma, se questi sono i parametri a cui dobbiamo attenerci, questo provvedimento ci si è attenuto? Leggo insieme a voi cosa ha detto il relatore di questo provvedimento, in quest'Aula, l'altro ieri. Ha detto testualmente che trattasi di un Pag. 62provvedimento voluminoso e complesso, quale quello oggi al nostro esame - ce lo ha ricordato l'onorevole Borghesi questa mattina - che poco si presta a una valutazione sintetica e sembra piuttosto caratterizzarsi per l'eterogeneità e, non di rado, la frammentarietà dei contenuti. Cioè il relatore del provvedimento ci dice esattamente che questo provvedimento viola l'articolo della Costituzione che prevede, appunto, i casi e i ricorsi al provvedimento di urgenza.
Ma in realtà, non ce lo dice soltanto il relatore: ce lo ha detto lo stesso Governo.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Di Pietro.

ANTONIO DI PIETRO. Il Governo - e mi avvio a conclusione - ha detto testualmente - lo ha detto il sottosegretario Polillo l'altro giorno - che trattasi di un provvedimento troppo generico, dettato dalla necessità di trovare 4 miliardi e che la fretta ci ha obbligati a non andare tanto per il sottile e questo lo si deve ammettere: sulla sanità abbiamo dovuto fare i salti mortali e negli enti locali non abbiamo potuto distinguere comportamenti virtuosi e meno virtuosi.
Allora, se le cose stanno veramente così, ma vi rendete conto che state violando la Costituzione? Non lo dico io! Rispettate almeno le parole del Presidente della Repubblica, rispettate almeno le parole di questo Parlamento, che per bocca del suo relatore vi ha detto che non è un provvedimento che può essere fatto (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Di Pietro.

ANTONIO DI PIETRO. Da ultimo aggiungo che voi stessi lo sapete che per attuare questo provvedimento - che voi dite contingibile e urgente - ci vogliono una marea di decreti legislativi e una ventina di decreti del Presidente del Consiglio dei ministri. Sono provvedimenti che devono essere emananti entro il 2016. Quale urgenza, allora? Ce n'è una sola, la verità è una e una sola.

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Di Pietro.

ANTONIO DI PIETRO. Concludo, signor Presidente. Voi, ma soprattutto questo Parlamento, avete rinunciato a mantenere la democrazia in questo Paese, asservendovi ad un signore che, in nome della quadratura dei conti, sta distruggendo l'economia e lo Stato sociale (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cesario. Ne ha facoltà, per dieci minuti.

BRUNO CESARIO. Signor Presidente, signori del Governo, onorevoli colleghi, quello che ci accingiamo ad approvare è un provvedimento promosso dal Governo Monti per ridurre la spesa pubblica ed efficientare il sistema Paese al fine di determinare un'inversione di tendenza sui mercati, ma che purtroppo è risultato insufficiente rispetto agli andamenti ondivaghi di un mercato che non tiene conto dei sacrifici e delle importanti riforme e modifiche portate avanti in questi mesi, essendo regolato da meccanismi estranei a quelli che soprattutto il popolo italiano, in termini di sacrifici, sta portando avanti, anche attraverso il lavoro del Parlamento.
Come gruppo parlamentare Popolo e Territorio abbiamo dato il nostro voto e la fiducia al Governo ogni volta che è stata richiesta. Lo abbiamo fatto con enorme senso di responsabilità, anche se a volte questo ci è costato una certa fatica, convinti come siamo che su certi provvedimenti si sarebbe potuto lavorare in maniera più proficua se il Parlamento avesse avuto maggiori possibilità di intervenire. Nonostante ciò, dobbiamo ammettere tutti quanti con estrema franchezza che la situazione in questi ultimi quattro mesi non è migliorata. Si è riusciti a contenerla in alcune fasi, ma è chiaro che l'andamento Pag. 63dello spread e i risultati delle borse non hanno niente a che fare con la credibilità del nostro Paese. A chi per mesi, tra organi di stampa e gruppi politici che oggi sostengono la maggioranza di Governo, hanno sostenuto che lo spread saliva per colpa di Berlusconi, risponde la realtà dei fatti, fatti che parlano di una crisi mondiale, non certo momentanea, e che neanche le misure portate avanti dal Governo Monti hanno saputo neutralizzare. Quando Monti, infatti, ha ricevuto l'incarico di Governo, lo spread era a 531 punti. Lo scorso 24 luglio ha toccato i 537 punti. Non è un attacco al Presidente del Consiglio Monti, ma mi riferisco all'atteggiamento di alcune parti politiche, caratterizzato da pregiudizio costante e cieco, che non aiuta certo a risolvere la grave situazione in cui versa il Paese.
Nel disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 95 del 2012 sono state introdotte disposizioni per la revisione della spesa pubblica, intervenendo tra l'altro sulla spesa dei beni e servizi delle amministrazioni pubbliche: il ridimensionamento degli organici in alcuni settori del pubblico impiego, il riordino delle province, il contenimento delle spese del comparto sanitario e l'utilizzo del patrimonio del demanio. Pur condividendo l'impostazione e le motivazioni del provvedimento, abbiamo individuato alcuni punti critici. Il lavoro delle Commissioni si è limitato per lo più ad esprimere dei pareri. Nel caso dell'XI Commissione si è sottolineato come il decreto intervenga in maniera totalmente insufficiente sulla vicenda dei cosiddetti esodati. Nonostante siano state salvaguardate altre 55 mila unità, è chiaro che non ci possiamo dimenticare le altre migliaia di persone, che per effetto della riforma delle pensioni si ritrovano senza stipendio e senza pensione. Su questo tema abbiamo sollecitato più volte il Governo ad intervenire per trovare una soluzione definitiva per tutti gli interessati e in Commissione lavoro ci impegniamo a redigere un testo che non potrà essere ignorato dal Governo.
Per quanto riguarda le disposizioni che interessano direttamente gli enti locali, è certamente virtuoso ridurre la spesa pubblica se i tagli vanno ad incidere sui reali sprechi e non sui servizi ai cittadini. Questi tagli rischiano di incidere, infatti, su settori fondamentali: lavoro, scuola, ricerca e sanità. Occorre non riservare lo stesso trattamento, poi, per gli enti locali virtuosi rispetto a quelli che effettuano sprechi a discapito della collettività. Un punto critico a tal proposito, riscontrato durante l'esame del provvedimento, è stato infatti il comma 6 dell'articolo 16, che presenta, infatti, aspetti sperequativi e penalizzanti per le amministrazioni comunali che risultano adempienti rispetto ai loro obblighi istituzionali.
Nello specifico, in riferimento ai dati sulle spese risultanti al Siope, comporta che vengano presi in considerazione non solo i pagamenti relativi all'anno 2011 in conto competenza ma anche quelli relativi agli anni precedenti e quelli in conto residui, effettuati però nel 2011. Può accadere, cioè, che una amministrazione che nel 2011 non abbia pagato il servizio dei rifiuti o di trasporto locale, subisca tagli più leggeri, in quanto la norma prevede l'applicazione di tagli minori per le amministrazioni comunali che abbiano risparmiato. Un principio di equità nella ripartizione dei tagli tra i singoli comuni fa riferimento o alle spese effettive dei contratti di servizio relativi al 2011, depurate dai pagamenti in conto residui o all'utilizzo dello stesso sistema valido per il Patto di stabilità, che prende in esame la media triennale. Dobbiamo pertanto tenere conto del grido di allarme che amministratori locali di estrazione politica diversa stanno lanciando in merito all'impossibilità di aprire le scuole superiori nel prossimo mese di settembre se non si rivedranno il capitolo dei fondi messi loro a disposizione.
Su temi come questi, non ci può essere indeterminatezza: gli italiani, i genitori e le famiglie, devono sapere quali sono i rischi reali e quali sono i servizi di cui non potranno più usufruire e questo al di là della fascia economica di appartenenza. Queste cose vogliamo saperle adesso e non il giorno prima dell'apertura delle scuole. Pag. 64
Anche per la sanità valgono le stesse considerazioni: non si possono penalizzare realtà sanitarie virtuose solo perché si tende a penalizzare l'intero territorio regionale di riferimento in base alla situazione del debito sanitario. E oltre alla situazione difficile della sanità, non si può non fare riferimento al pesante depauperamento del Fondo nazionale per le politiche sociali, che per l'anno 2012 risulta pressoché azzerato. Spread, recessione e disoccupazione giovanile, e non solo, sono i segnali preoccupanti con i quali ci troviamo a fare i conti tutti giorni. Per questo siamo convinti che agli interventi strutturali bisogna dare seguito con interventi che portino risorse che sappiano agevolare l'accesso al credito, favorendo così nuove attività produttive. Allo stesso tempo, dobbiamo continuare a lavorare affinché si possa ricominciare ad attirare investimenti dall'estero puntando a semplificare il sistema imprese e puntando ad una riduzione sostanziosa del peso fiscale come possibile garanzia di una ripresa dello sviluppo.
Noi abbiamo cominciato a lavorare già da prima che arrivasse il Governo Monti per far sì che l'Italia si avviasse, attraverso le riforme strutturali, sulla strada dell'efficienza e dell'innovazione, per far diventare il nostro Paese competitivo, in un mercato sempre più globale e complesso. È evidente che in ogni caso quanto è stato fatto è risultato sino adesso insufficiente e che sarà necessario continuare a lavorare sul fronte della crescita e dello sviluppo, non solo con un'operazione di lungo periodo, ma con interventi che diano immediato ossigeno al mondo produttivo e alle famiglie, che rischiano di essere travolti dagli effetti della crisi.
A questo proposito è necessario lavorare ancora di più relativamente alla gestione delle dismissioni del patrimonio pubblico, nell'ottica di rafforzare i fondi già previsti presso la Cassa depositi e prestiti, come il Fondo strategico, per scongiurare l'abbandono del territorio italiano da parte di imprese ad alto valore tecnologico e creando un fondo ad hoc proprio per le imprese in grave difficoltà, sfruttando così i proventi delle cessioni immobiliari non solo per fare ridurre il debito degli enti proprietari.
Nell'ottica sempre di un utilizzo che crei sviluppo delle risorse risparmiate è necessario lavorare sempre di più sui tagli alla burocrazia, che attualmente ha un costo per le imprese che ammonta a 61 miliardi di euro. Noi ci vogliamo impegnare, come gruppo, a lavorare per riuscire a ridurre tale costo anche del 25 per cento, avendo così un aumento del PIL dell'1,7 per cento. I risparmi poi provenienti dai tagli alla burocrazia dovrebbero essere utilizzati proprio per le imprese e i cittadini.
Allo stesso tempo dobbiamo fare in modo che i tagli previsti gravino sugli italiani in maniera proporzionale alle capacità contributive di ciascuno. Sappiamo bene che ci troviamo di fronte ad una crisi non passeggera e per questo i Governi, di qualsiasi colore essi siano, dovranno continuare a fronteggiare una situazione di estrema precarietà, sapendo coniugare i risparmi di spesa con la necessità di sviluppo. Una possibilità in relazione al credit crunch che grava in maniera pesante come una spada sulle imprese...

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Cesario.

BRUNO CESARIO. ...sarebbe la riduzione proprio dalla dipendenza dal finanziamento bancario, potenziando invece la raccolta sul mercato obbligazionario e l'utilizzo dei confidi. Per quanto riguarda i prestiti alle famiglie le banche italiane potrebbero ricorre a processi di trasformazione dei prestiti in titoli collocabili sul mercato, in modo da ridurre la quantità di debito ipotecato iscritto nel loro attivo.
Signori del Governo, noi voteremo a favore di questo provvedimento sapendo che il momento è difficile. Il Parlamento più volte ha cercato di rendere più forte l'azione del Presidente Monti e del Governo in Europa, attraverso voti di fiducia e l'approvazione di atti di sindacato ispettivo.

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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lo Presti. Ne ha facoltà.

ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente, signori del Governo, onorevoli colleghi, a nome del gruppo di Futuro e Libertà pronuncerò la dichiarazione di voto finale sul provvedimento di revisione della spesa. Sarà una dichiarazione di voto brevissima, perché brevissimo è stato l'iter parlamentare, soprattutto alla Camera, di questo importante provvedimento, ma non sarà tuttavia una dichiarazione di voto di circostanza, perché non di circostanza o estemporanee sono le norme che regolano i provvedimenti che sul fronte della spesa pubblica il Parlamento oggi approverà.
Questa mattina la Camera ha confermato la fiducia al Governo con un consistente numero di voti. È la trentatreesima fiducia, se non erro: una cifra record per il Governo Monti, e non solo. Qualcuno se ne è lamentato, come segno di debolezza o di incapacità di confrontarsi con il Parlamento per un Governo non legittimato dal consenso popolare. Noi riteniamo, invece, che se di fiducia record si tratta, lo è perché record sono, nell'ordine, il discredito internazionale del nostro Paese, che appena un anno fa aveva in campo un Governo alla deriva. In secondo luogo, il differenziale degli interessi sui titoli di Stato, meglio noto come spread, che a novembre 2011 prefigurava l'imminente crollo della nostra economia. Terzo, gli indici della Borsa di Milano, indirizzati in un abbrivo negativo drammatico ed inarrestabile. Quarto, il tasso di disoccupazione generale giovanile, femminile in particolare, mai così basso negli ultimi otto anni.
Quinto, l'evasione fiscale senza precedenti e il corrispondente tasso di corruzione del Paese tra i più elevati del pianeta, che insieme rappresentano ancora oggi un decimo circa dell'intero prodotto interno lordo. Sesto, il crollo del PIL e infine il crollo inarrestabile della fiducia nella politica da parte dei cittadini che hanno assistito esterrefatti all'evoluzione di un Governo, quello precedente, che nel tentativo di rassicurare mercati e popolazione, faceva professione di ottimismo e non affrontava un solo problema di natura corrente o strutturale, pensando solo alla propria sopravvivenza politica. Allora, se di «fiducia record» oggi parliamo, è bene che i cittadini sappiano, ma per la verità lo hanno già oggi ben compreso, che solo in questo modo si è potuta affrontare l'emergenza creata dai record che ho appena elencato. C'è stata poca discussione nel merito del provvedimento, è vero, ma lo scarso confronto ha purtroppo una giustificazione e una necessità: fare presto per evitare che l'ennesimo mostro finanziario divori il Paese e la sua economia.
A settembre probabilmente potremo affrontare con maggiore impegno e auspicio di buoni risultati le questioni legate alla crescita, ma oggi il Paese e i cittadini devono prendere atto che se in fondo al tunnel - come ha detto il Presidente Monti - si intravede una luce, lo si deve al coraggio di assumere provvedimenti anche impopolari che - diciamoci la verità, cari colleghi - la politica non sarebbe mai stata in grado di prendere, quella politica che di legittimazione popolare ne ha avuta eccome, e che non è servita però a nulla. Controllare la spesa, ridurre la spesa, sacrificare i privilegi, eliminare gli sprechi, sono i termini di un'equazione che ha come risultato finale la stabilizzazione del debito pubblico e la sua progressiva riduzione, e come prospettiva nell'immediato, l'uscita da una crisi senza precedenti.
Votare oggi questo provvedimento non è soltanto un atto di responsabilità e di condivisione del merito delle scelte sofferte e spesso impopolari che in quest'anno sono state fatte; votare questo provvedimento è anche e soprattutto un contributo forte per creare un nuovo spirito e una più forte identità sociale della nostra comunità nazionale; significa dare agli italiani la possibilità di sentirsi protagonisti di un vero cambiamento culturale e sociale, che prelude ad un radicale cambiamento politico che dobbiamo assecondare e non ostacolare, anche a costo di qualche sacrificio. Siamo convinti, noi di Pag. 66Futuro e Libertà, che l'autorità dell'esperienza di questi mesi, resa possibile soprattutto da forze come le nostre, che più di chiunque altro sostengono il Governo, si sta facendo strada nel senso comune dei nostri concittadini che avvertono, anche a denti stretti qualche volta, che un progetto nobile e alto sta prendendo corpo: fare del nostro Paese una comunità di destino dove ognuno goda dei propri diritti, ma sopporti anche i sacrifici in nome di un interesse nazionale che è la nostra unica ancora di salvezza. Per tutte queste ragioni i deputati di Futuro e Libertà voteranno questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ciccanti. Ne ha facoltà.

AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, compito della politica è scrivere le regole di una comunità locale, nazionale, internazionale. Le regole devono servire a promuovere la persona umana, a difendere i più deboli. Chi è forte le regole se le fa da solo. Questo vale per le persone e per gli Stati, soprattutto in un mondo che è cambiato. Nel 1975 eravamo quattro miliardi di persone su questa terra e le regole venivano scritte dagli Stati Uniti e dall'Unione Sovietica. Oggi siamo sette miliardi di persone. Il mercato è diventato globale. Compriamo anche attraverso Internet auto, moto, vestiti, e prodotti di consumo personale dall'estero a cui vendiamo però prodotti italiani. Andate in un parcheggio e vedrete che sette auto su dieci non sono italiane, così come nove moto su dieci. Si compra e si vende secondo un rapporto prezzo-qualità, secondo convenienza. Chi decide è il consumatore. La stessa cosa succede nel mondo della finanza, chi decide è il risparmiatore, la regola è il profitto, gli investitori (grandi o piccoli) devono rendere conto della remuneratività dei loro investimenti sia che si tratti di prodotti finanziari che di attività produttive.
Si sceglie il Paese più conveniente. Ognuno gioca una partita a sé. Gli Stati sono divisi, la politica è debole e le regole per moralizzare i profitti, come per esempio per i derivati, non si riesce a scriverle e soprattutto a farle rispettare. Con concorrenti come Cina, India, Russia, Brasile e Stati Uniti o si gioca una partita come Europa oppure non c'è partita. Altro che uscire dall'euro. Lo abbiamo inventato per non farci governare dal dollaro e per unire l'Europa. Adesso dobbiamo difenderlo. Ci si dice che l'euro è una moneta senza Stato. Se è così dobbiamo costruire un'Europa che funzioni come uno Stato, non rinunciare all'euro. Dobbiamo convergere con regole uniche di bilancio, di controlli ad attività bancarie, di trasporto, di uso delle energie, di servizi. Convergere, unire, queste sono le nostre parole d'ordine.
L'Italia del Governo Monti sta già su questa strada. Abbiamo chiesto più Europa e non meno Europa per avere più regole, per ostacolare la speculazione finanziaria. Si pensi allo scudo anti-spread. Altro che Governo delle banche. È stato detto che abbiamo fatto bene i compiti a casa e abbiamo i parametri di finanza pubblica in ordine. Nel 2013 chiuderemo il bilancio in pareggio senza fare debiti, un risultato senza precedenti in 66 anni di Repubblica. Gli italiani hanno pagato un prezzo, la minore disponibilità di reddito, un prezzo però che ne ha evitato un altro maggiore, come è toccato pagarlo a greci, spagnoli, portoghesi e irlandesi. Abbiamo il debito più alto d'Europa, ma non siamo la prima economia d'Europa. Nel 2015 dobbiamo ridurlo di un ventesimo del PIL, e siamo pronti a farlo con un avanzo primario per pagare gli interessi del 5,5 per cento del PIL.
Da otto mesi l'Italia si è messa sulla strada giusta, grazie anche al Presidente della Repubblica, al quale va il nostro sentito riconoscimento ed anche la nostra solidarietà, viste le polemiche di questi giorni (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo). Finite le risse, gli insulti, gli inutili contrasti ideologici, salvo qualche nostalgico ancora in pista, finalmente si parla di problemi Pag. 67del Paese, di tasse, di pensioni, di spesa pubblica, di lavoro, quello che da anni voleva l'UdC con il presidente Casini. Siamo sostenitori dell'arte nobile della politica, che sa conciliare il desiderabile con il realizzabile. Dobbiamo isolare demagoghi e populisti, sapendo di parlare il linguaggio della verità e delle cose possibili. Questo Governo ha ereditato difficoltà enormi: è nato con uno spread a 575 punti, ha trovato un buco di bilancio di 70 miliardi per debiti non pagati dallo Stato alle piccole e medie imprese, una spesa che cresceva più del PIL, che da dieci anni è cresciuto dello 0,2 per cento di media, 5 volte in meno di quello europeo e 15 volte in meno rispetto a quello del resto del mondo. Mentre gli altri correvano, noi per dieci anni siano stati fermi. La conseguenza è stata una disoccupazione in crescita, soprattutto giovanile, ed una stampa internazionale che ci ridicolizzava. Il mondo ci stava girando le spalle. Mattone su mattone, abbiamo cominciato a riparare la nostra casa. L'opera prosegue. Lo diciamo a quegli elettori che ci dicono di staccare la spina al Governo: prima viene l'Italia, poi vengono i nostri interessi elettorali. Ha detto bene il Presidente Monti, citando De Gasperi: «I politici pensano alle prossime elezioni, gli statisti alle prossime generazioni». Con l'IMU sulla prima casa e il contributivo e la pensione a 67 anni per tutti sapevamo di perdere voti, ma abbiamo pensato che non era giusto lasciare ai figli ed ai nipoti un debito pubblico di 2.000 miliardi di euro, a cui voi della Lega non siete estranei (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo - Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Con la lotta all'evasione fiscale e la revisione della spesa pubblica come priorità che non avete portato avanti, abbiamo pensato di ridurre la pressione fiscale per ridare competitività alle imprese e reddito alle famiglie e ai consumi. Non è giusto che in un Paese civile ci sia il 22 per cento del PIL di sommerso e che i lavoratori dichiarino il doppio del reddito del proprio datore di lavoro. Non è giusto che in questo Paese ci sia una pubblica amministrazione costosa ed inefficiente, e che la burocrazia sia una palla al piede per famiglie ed imprese e sia una deterrenza per gli investimenti stranieri. Il Presidente Monti queste criticità le ha capite ed ha cominciato a misurare la ricchezza degli italiani rispetto a quello che dichiarano al fisco e lo potevate fare anche voi. Chi evade mette le mani in tasca agli italiani e vizia la concorrenza, mettendo fuori gioco le imprese buone ed oneste. Noi siamo d'accordo, ma non basta. Per non tagliare servizi al cittadino, abbiamo deciso tagli selettivi e non tagli lineari, quindi tagliare gli enti inutili, tagliare 64 province su 110, tagliare posti pubblici inutili con mobilità del personale della pubblica amministrazione, per dare più efficienza al sistema. Queste sono le misure che stiamo decidendo e stiamo votando.
Ma c'è di più: vendere beni pubblici che costano e non rendono, dismettere scuole, caserme, uffici e aree ferroviarie che non sono più utili, è un dovere morale, se gli introiti servono per non aumentare l'IVA al 23 per cento e alla ricostruzione dei comuni terremotati dell'Emilia-Romagna (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo). Ma non sono stati abbandonati a se stessi nemmeno altri 55.000 lavoratori cosiddetti esodati. Spendere meglio per spendere meno, è il nostro motto, è il motto dell'UdC, di questo Governo e di questa maggioranza. Non è giusto che la crisi sia pagata da una sola parte degli italiani, come è stato fatto finora. Ognuno deve portare il suo mattone, diceva La Pira. La spending review è un programma per liberare risorse per la crescita. Ci saranno altri decreti-legge: quello del Ministro Grilli per le dismissioni, quello del professor Giavazzi per la revisione degli incentivi e quello del professor Giuliano Amato sui costi della politica. L'Unione di Centro non farà mancare il suo sostegno.
Per tali motivi, signor Presidente, dichiaro il voto favorevole dell'Unione di Centro sulla legge di conversione del decreto-legge n. 87 e del decreto legge n. 95, ben sapendo di fare un servizio agli italiani (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo - Congratulazioni).

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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Simonetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO SIMONETTI. Signor Presidente e rappresentanti del Governo, anche con questo provvedimento il Governo...

PRESIDENTE. Attenda, onorevole Simonetti: pregherei i colleghi dell'Unione di Centro di complimentarsi con l'onorevole Ciccanti senza impedire all'onorevole di Simonetti di pronunciare il suo discorso. Onorevole Ciccanti, la prego! Ha diritto di parlare l'onorevole Simonetti.

ROBERTO SIMONETTI. Questo provvedimento del Governo, sorretto da una maggioranza PD-PDL (questo è sempre bene ricordarlo), certifica che la fase federalista di questa legislatura è finita ed è stata sostituita da una fase centralista. Infatti il nostro federalismo fiscale è stato distrutto da tutti i vostri provvedimenti: l'introduzione dell'IMU sulla prima casa e dell'IMU sulla seconda casa, incassata dallo Stato per il 50 per cento. Il federalismo demaniale, nato per valorizzare i comuni, ora invece viene utilizzato proprio per far fronte a quel debito pubblico nazionale che è nato proprio per le politiche del compromesso storico dell'Unione di Centro, che è di fatto la reincarnazione della Democrazia Cristiana, che insieme al Partito Comunista Italiano ha creato un debito pubblico di 2.000 miliardi di euro (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). La compartecipazione IVA da regionalizzata è stata nazionalizzata da voi, favorendo così i territori con maggiore evasione fiscale (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Per non parlare poi dei costi e fabbisogni standard, che sono il vero pilastro di una vera revisione della spesa, non questa vostra, che rimangono però un semplice miraggio, perché non volete calcolarli, perché preferite il vecchio metodo dei tagli lineari e della spesa storica pagata a piè di lista, che mortifica l'efficienza, la virtuosità, premiando l'incapacità e l'irresponsabilità. Un esempio è quello della Sicilia, che con questo provvedimento si prende 171 milioni degli 800 messi a disposizione dei comuni per l'abbattimento del loro debito nei confronti dei fornitori e delle imprese, contro gli 83 milioni destinati alla Lombardia e 47 al Piemonte.
Come sempre, si premia chi più spreca, e questo ne è un esempio lampante (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Con questo provvedimento si prendono in giro le imprese, che sono i beneficiari finali di questi trasferimenti, perché questi fondi vengono detratti da un capitolo di spesa dell'Agenzia delle entrate, che è già loro dedicato proprio per i rimborsi statali alle imprese stesse. Si cambiano i capitoli, ma i soldi sono sempre gli stessi: praticamente un semplice maquillage contabile e finanziario, e purtroppo, all'interno del provvedimento non è l'unico.
Così, infatti, anche il tanto sbandierato taglio dei dipendenti pubblici - il 20 per cento dei dirigenti e il 10 per cento del personale - rimarrà squisitamente solo un buon lancio mediatico, ma niente di più. Infatti, il taglio non viene previsto sui reali lavoratori, ma sulle piante organiche, che sono certamente più numerose, tanto che praticamente pochissimi verranno colpiti dalla revisione. Una revisione che, però, avrebbe dovuto basarsi, per esempio, nel raffronto del numero dei dipendenti dell'ente rispetto al numero dei residenti, in modo tale da colpire precisamente e con giudizio lo sperpero di chi utilizza i soldi pubblici a fini squisitamente assistenziali e clientelari. E, certamente, non è il Nord, che ha la metà dei dipendenti pubblici a parità di popolazione: il Sud è, in questo caso, oggetto di revisione, appunto, dei dipendenti pubblici (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Politiche fortemente centraliste, appunto, contro il Nord, contro le imprese, le famiglie e gli enti locali del Nord: il tutto, come sempre, approvato con un voto di fiducia, attraverso un decreto-legge - e Pag. 69abbiamo sentito che ce ne saranno almeno un'altra decina da qui a settembre -, questioni di fiducia che umiliano e commissariano la democrazia, che obbligano il Parlamento a sottostare ai diktat dell'Europa, continente in cui è sempre più scarsa la legittimazione democratica delle iniziative governative. E non ci stupisce affatto la scarsa considerazione che il Premier Monti ha del Parlamento nella sua ultima intervista ad un giornale tedesco e, quindi, della sovranità popolare. Da quando si è insediato al Governo, ha sempre proceduto con decreti-legge, a colpi di voti di fiducia, mortificando le prerogative del Parlamento, considerato come un freno alla sua volontà di comando.
Ma se noi capiamo il Presidente Monti, anche se non lo giustifichiamo, perché si è trovato ad essere nominato senatore a vita e Presidente del Consiglio senza neanche mai essere eletto consigliere comunale, non ha partecipato ad alcuna elezione (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), non è mai stato sottoposto al giudizio del popolo sovrano, noi non possiamo capire né tollerare, però, l'atteggiamento del Presidente della Camera, Gianfranco Fini, l'onorevole Fini, che siede in quest'Aula da ben trent'anni. Presidente Fini, lei non ha detto una sola parola per difendere la sovranità popolare, non ha detto nulla in difesa delle prerogative di quest'Aula e dei deputati (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), non un gesto per fermare questa deriva tecnocratica e antidemocratica.
Non è più sopportabile che il Parlamento venga zittito dalla posizione della questione di fiducia - oggi è stata la trentaquattresima in otto mesi -, con la quale il Governo attua provvedimenti iniqui con i più deboli e, ovviamente, aiuta sempre i più forti. E, anche in questo caso, aiuta una banca - nel dettaglio, il Monte dei Paschi di Siena che, tra l'altro, ha una connotazione politica ben precisa -, che viene salvata dallo Stato mediante un impegno di acquisto dei sui titoli per un valore di almeno 4 miliardi di euro, trovati mediante l'accensione di debito pubblico. Ma come? Per le imprese, per le famiglie, per gli enti locali non si può finanziare la crescita e lo sviluppo attraverso il debito e, invece, per salvare una banca sì (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)? Allora, bisogna ragionare come ragiona questo Governo e capire se, effettivamente, la modifica costituzionale che abbiamo fatto serve solo a costrizione degli enti locali e, invece, per le banche non serve. Vedremo, almeno, se questo verrà considerato aiuto di Stato dalle autorità europee.
Di più. L'importo della salvezza di questa banca è lo stesso dei tagli previsti dalla spending review. Infatti, per l'anno 2012, si prevedono minori spese per 4,5 miliardi di euro, la stessa cifra regalata al Monte dei Paschi. Queste minori spese, però, non vengono dai tagli qui a Roma, ma vengono dai tagli alle regioni, alle province, ai comuni, alla sanità, enti locali che dovranno così per forza fornire minori servizi. A fronte dei tagli draconiani - il 72 per cento quest'anno e il 67 per cento della manovra è in capo agli enti locali - dovranno o ridurre i servizi o aumentare i propri tributi. Tagli che, nel biennio, arrivano ad ammontare a 8 miliardi di euro per gli enti locali e a 3 miliardi di euro per la sanità. Saranno così i cittadini, ricevendo meno servizi, a pagare il salvataggio di una banca.
Avete creato un mondo alla rovescia, un mondo in cui l'operaio, il piccolo imprenditore e la casalinga devono svenarsi per salvare le banche (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Un mondo che boccia il nostro emendamento, l'unico emendamento presentato in Commissione bilancio, finalizzato a dare copertura ad ulteriori 2 mila lavoratori esodati, il cui valore era più o meno di 30 milioni di euro. Piuttosto che aiutare 2 mila famiglie, avete preferito bocciare il nostro emendamento e dare 30 milioni di euro a Roma Capitale, simbolo davvero internazionale dell'inefficienza e dell'incapacità di gestire il bene pubblico (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Sì, Roma può essere capitale, ma la capitale dello sperpero dei soldi pubblici Pag. 70che voi vergognosamente continuate a foraggiare a pie' di lista (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
È un decreto-legge manifesto, praticamente finalizzato esclusivamente a posticipare l'aumento dell'IVA che avevate previsto per l'autunno e che noi abbiamo già contrastato nelle scorse manovre. Numeri certi, però, dell'introito IVA sostituiti con numeri incerti derivanti da una razionalizzazione della spesa che non verrà, che non darà i frutti economici attesi, perché state perseguendo la strada sbagliata delle riforme. State centralizzando al massimo il potere dello Stato e mortificate le autonomie locali, non solo economicamente, come ha già detto, ma anche istituzionalmente. Mi riferisco all'abolizione confusa delle istituzioni provinciali, che ne può essere un simbolo: cancellare una provincia solo per fare cassa non significa cancellare un ente locale, significa cancellare un'identità, un valore di appartenenza, un'anima territoriale su cui si fonda la coscienza della comunità. Bisogna sì riordinare, ma con giudizio, con intelligenza, riordinare i territori in modo organico, comprendendo una revisione delle prefetture, per esempio, e anche di quelle piccole regioni che saranno ancora più piccole delle nuove province (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
State creando un Paese sempre più centralista, che imbocca la strada del futuro contromano e qualcuno mi dice anche con i fari spenti. Infatti, per far vivere l'euro, la moneta unica, si dovrà perdere sempre più la sovranità nazionale degli Stati, arrivando ad un'unità europea politica e monetaria. E voi, piuttosto che rafforzare i territori e le regioni, piuttosto che intraprendere la strada delle macroregioni e delle euroregioni, uniche realtà istituzionali che nel prossimo futuro potranno garantire il bilanciamento territoriale come contrappeso al Governo unico europeo, colpite a morte gli enti locali virtuosi del Nord, le piccole e medie imprese del Nord, le famiglie del Nord.
Solo una drastica riduzione dello Stato, a favore delle autonomie locali, potrà dare all'impresa la forza necessaria per essere competitiva con le aree produttive europee ed internazionali. Solo un vigoroso autonomismo potrà dar fiato all'economia e produrre maggiore ricchezza, maggior prodotto interno lordo. Non vi è, però, nulla di tutto questo nel provvedimento: non avete toccato le pensioni d'oro; non avete messo il tetto agli stipendi dei manager pubblici; non avete ridotto il numero dei Ministeri; non vi è un euro per le imprese; non vi è un euro per lo sviluppo e la crescita; non avete trovato un euro per abbassare la pressione fiscale, che è la più alta del mondo. Ecco perché voteremo contro questa revisione della spesa, che più che una spending review è una spendine rewind, nel senso che riavvolgete sempre il nastro e fate pagare lo scotto del debito pubblico sempre agli stessi, sempre alle autonomie virtuose del nord (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Il nord, però, non si arrende, è un nord che lotta, che vuole raggiungere al più presto la sua autonomia; nord che qui noi rappresentiamo a testa alta e che vota contro questo provvedimento iniquo e dannoso per la sua economia reale (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Baretta. Ne ha facoltà.

PIER PAOLO BARETTA. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, voteremo a favore del provvedimento di revisione della spesa pubblica, innanzitutto perché condividiamo la scelta di aggredire le inefficienze e gli sprechi tuttora presenti nello Stato e nella pubblica amministrazione. Tagliare gli sprechi, infatti, è giusto. I cittadini, che stanno facendo pesanti sacrifici, chiedono - e hanno il diritto di farlo - che arrivino loro messaggi espliciti che si fa sul serio. Ciò fa parte di quella politica dell'equità che è alla base del Governo Monti e sulla quale più volte, in questi mesi, abbiamo richiamato l'Esecutivo. Sappiamo che non è una scelta facile, una strada scontata: come Pag. 71per le liberalizzazioni, le resistenze si annidano ovunque, ma vanno battute, e finalmente il Governo ha cominciato, e i limiti presenti nel provvedimento non annullano l'importanza di questo avvio.
Voteremo a favore anche perché contenere e razionalizzare la spesa pubblica non solo è giusto, ma anche assolutamente necessario. La crisi economica è grave ed è urgente la necessità di recuperare risorse per ridurre il nostro debito pubblico e liberarne altre per favorire la crescita e gli investimenti. Gli impegni europei che ci attendono sono stringenti ed il Fondo «salva Stati», che rappresenta un successo internazionale del nostro Governo e che ha reso più realistica la linea di salvataggio non soltanto dei singoli debitori, ma dell'euro stesso, non ci esonera da uno sforzo tutto nostro. Così come questa crisi ci impone una particolare attenzione alle crescenti difficoltà sociali di reddito e occupazionali. Il Governo, su nostro stimolo, ha fatto molto, anche con questo provvedimento, per ampliare la copertura per gli esodati, ma non è sufficiente. Nessuno - e sottolineo nessuno - può restare senza protezione in balia di una congiuntura così pesante (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Servono, dunque, nuove ed ingenti risorse, ma la strada di agire sulle entrate è esaurita. Il Governo Monti lo ha fatto nel suo primo provvedimento, il «salva Italia», obbligato dai vincoli contratti dal precedente e fallimentare Esecutivo, ma, come ha dichiarato lo stesso Presidente del Consiglio, la via delle tasse non è più praticabile. A dire la verità, lo spazio per richiedere un contributo straordinario ai grandi patrimoni vi è, ed appare ancor più giustificato alla luce di scelte sbagliate, come, ad esempio, l'aumento delle tasse universitarie (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Scelte sbagliate ed addirittura sgradevoli dato che - dispiace dirlo, ma va detto - il Governo ha modificato unilateralmente un accordo, fatto in Commissione, che le riduceva. Ma in generale non si può imporre agli italiani, almeno a quelli che le pagano, ulteriori tasse. La pressione fiscale è sin troppo alta e, semmai, è arrivato il momento di pensare alla riduzione del cuneo fiscale sul lavoro e sull'impresa. Ecco, dunque, l'importanza di una buona revisione della spesa. In quest'ottica è importante la scelta fatta di sostituire le maggiori entrate, che sarebbero affluite dall'aumento dell'IVA, ma che avrebbero penalizzato i consumi, già pesantemente contratti, con le minori uscite che derivano dall'intervento sulla spesa. Con lo stesso approccio apprezziamo l'introduzione delle agevolazioni fiscali per la ricostruzione delle aree terremotate. Ma la bontà della spending review è il risultato di un processo delicato che vogliamo affrontare collaborando preventivamente con il Governo, non soltanto approvando proposte emendative e provvedimenti che, necessariamente, in Parlamento, per ragionevoli ragioni di necessità ed efficacia, hanno poco tempo disponibile.
Il Governo ha potuto misurare, in questi mesi, la lealtà della maggioranza ed indubbiamente del Partito Democratico, ma anche la nostra capacità, la capacità del Parlamento - direi, per restare in tema, la sua flessibilità - di intervenire per migliorare le manovre presentate. La revisione della spesa, infatti, non si esaurisce con questo atto. Questo è già il terzo di un percorso, e la confluenza in itinere, in questo provvedimento, di quello relativo alle dismissioni, ci dice quanto sia impegnativa la strada intrapresa ed ancor più quella che ci attende. Sono, infatti, già annunciati in agenda altri importanti capitoli relativi alle agevolazioni fiscali e a i contributi pubblici. Il Governo colga in positivo il messaggio che vogliamo lanciare qui oggi: rendiamo evidente e trasparente ai cittadini l'intero percorso e gli obiettivi che vogliamo raggiungere. Se i provvedimenti si discutono necessariamente uno alla volta, il disegno complessivo sia chiaro e si gestiscano gli intrecci che si determinano tra i vari capitoli. La trasparenza è alla base della responsabilità e la responsabilità è la capacità di guardare dentro i problemi ed affrontarli per quello che sono davvero. La revisione e la razionalizzazione Pag. 72della spesa pubblica è, infatti, un obiettivo ambizioso, che interferisce con la diffusa rete di servizi pubblici, che assicura una risposta ai bisogni essenziali della popolazione. Per questo motivo non va assolutamente praticata la strada dei tagli lineari, soprattutto quando parliamo di sanità e di patto per la salute, che rappresenta un pezzo forte della spending review. La spesa sanitaria è cresciuta molto, in questi anni, ma complessivamente abbiamo una sanità che assicura standard internazionalmente invidiabili e invidiati.
Si proceda, dunque, al risanamento, ma si dimostri di essere capaci di distinguere rigorosamente tra sprechi e servizi, tra virtuosi e viziosi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). L'accordo con le regioni, chiamate alla loro responsabilità dalla produzione di dati certi e dettagliati, non è un limite alla decisione, ma una condizione di praticabilità dell'obiettivo. O, quando parliamo di enti locali, a cominciare dai comuni, così tartassati in questi anni, diciamoci la verità: a cosa serve, in una situazione nella quale si vuole concretizzare uno sforzo collettivo di risanamento, essere vincolati dalla trappola di un Patto di stabilità che impedisce ai migliori di operare e deresponsabilizza i peggiori (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)?
È arrivato il momento, davvero è arrivato, di affrontare insieme questo problema. In questo provvedimento si è operato un intervento calmieratore, ma sono le regole che non vanno. Modifichiamo, riformiamo il Patto, liberiamo i comuni, consentiamo loro di investire per fare manutenzione alle loro scuole, di agire con la dovuta prevenzione e tempestività a fronte del dissesto idrogeologico - e Dio sa quanto ce n'è bisogno - e di pagare i fornitori, immettendo così un po' di liquidità nel mercato locale.
Infine, voglio richiamare l'attenzione sulla delicata questione dell'università e della ricerca. Non servono molte parole, signori del Governo, a chiarire il concetto. Ieri su Marte è sbarcata un po' di tecnologia italiana e una immagine di Leonardo. Pochi giorni fa le cronache, non solo scientifiche, si sono occupate del contributo italiano alla scoperta del Bosone di Higgs. Ebbene, il tema è semplice: quale progetto abbiamo per il futuro del nostro Paese? A quale livello competitivo lo vogliamo collocare nel mondo? E, di conseguenza: quanto intendiamo investire per la nostra scuola, per l'educazione dei nostri giovani, per la loro specializzazione universitaria, insomma per il loro futuro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)?
Il Ministro Giarda sa bene che negli anni la spesa pubblica è aumentata in quasi tutte le voci, salvo che nell'istruzione. Dovremmo dunque, anche nel campo della revisione della spesa, saper scegliere le nostre priorità. Il nostro voto favorevole, signor Presidente, è dunque un voto sincero ed onesto, un voto convinto dalla importanza e dalla ineludibilità della strada da percorrere, convinto della linea generale che il Governo Monti porta avanti per far uscire il nostro Paese dal tunnel, ma anche lucido nei problemi da affrontare, negli ostacoli da rimuovere e nelle correzioni di rotta da apportare, un voto rafforzato dall'impegno - che confermiamo - di voler essere protagonisti di questa importante fase di cambiamento e di riforme. Protagonisti, non spettatori (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e del deputato Mario Pepe (Misto-R-A) - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lupi. Ne ha facoltà.

MAURIZIO LUPI. Signor Presidente, signori esponenti del Governo, voteremo positivamente e favorevolmente a questo provvedimento, per due semplici ragioni che, sin dall'inizio della genesi del provvedimento, ci hanno visto convintamente aderire a questo progetto di revisione della spesa pubblica.
Il primo obiettivo che esplicitamente questo provvedimento si pone è molto semplice, ma molto importante: evitare l'aumento a ottobre - era così previsto dal Pag. 73decreto «salva Italia» - di due punti di IVA. Devo dire che la posizione del PdL fu da subito molto chiara su questo tema: non si poteva - nove mesi fa lo avevamo detto - e non si può oggi accettare che l'IVA aumenti di nuovo di due punti. Qualche Ministro di questo Governo tecnico forse non aveva ancora preso mano con il Parlamento e aveva detto che l'aumento dell'IVA sarebbe stato inevitabile. Oggi ci troveremmo, con i dati che l'ISTAT ha dato (ma noi andiamo in mezzo alla nostra gente e quindi sappiamo cosa vuol dire la crisi) e che parlano di una recessione che vede il -2,5 per cento di prodotto interno lordo, in particolare una recessione sui consumi. Proviamo a immaginarci cosa avrebbe voluto dire a ottobre un aumento di due punti di IVA.
Questo è stato il nostro primo motivo per cui noi appoggiamo convintamente e realisticamente questo provvedimento. Ricordo anche che questo motivo dice - e lo diciamo con chiarezza - la modalità con cui vogliamo appoggiare questo Governo. Siamo responsabili - non c'è il Presidente del Consiglio, professor Monti, ma glielo ricordiamo e lo ricordiamo a tutto il Governo - ma appoggiare il Governo Monti vuol dire appoggiarlo con responsabilità e - lo diciamo con chiarezza - non come un tappetino sdraiato (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà) dove tutti i provvedimenti che vengono proposti sono buoni, ma in rapporto di lealtà e responsabilità tra Governo e Parlamento - apro e chiudo la parentesi: la nostra rimane ancora una Repubblica parlamentare (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà), lo dico con molta chiarezza - occorre cercare di migliorare e di indirizzare i provvedimenti che il Governo ha preso.
Voglio qui ricordare con orgoglio - e lo dico anche a chi ci ascolta - quattro punti su cui, sin dall'inizio, noi abbiamo battuto e ci siamo battuti. Primo, lo abbiamo detto, «no» all'aumento dell'IVA. Secondo, lo avevamo detto con chiarezza e qualche membro del Governo ci aveva preso un po' in giro, la compensazione crediti e debiti della pubblica amministrazione. Lo dicevamo con franchezza e con chiarezza: è impossibile pretendere che i cittadini paghino le tasse e paghino puntualmente le tasse, quando lo Stato non paga puntualmente i debiti che ha nei confronti del cittadino privato.
Il terzo punto su cui ci siamo battuti sul quale il «decreto sviluppo» ha visto il contributo fondamentale del Popolo della Libertà è l'IVA per cassa. Sembra una parolaccia, ma è la cosa più importante ed è esattamente il connotato politico della nostra presenza del Popolo della Libertà, dare a 4 milioni e 700 mila imprese, il 97 per cento delle imprese italiane, piccole e medie che fanno il nostro tessuto, il nostro scheletro produttivo, la possibilità di pagare l'IVA solo quando incassano le proprie fatture. Ciò vuol dire dare un respiro non astratto, ma molto concreto, a questi eroi del quotidiano, che tengono alta la testa e che ci aiutano a guardare con positività al futuro (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
L'ultimo elemento che abbiamo ottenuto - l'abbiamo detto con molta chiarezza - era stato nella correzione alla riforma del lavoro voluta dalla Fornero, e cioè aumentare la flessibilità in entrata. Questo significa dare la possibilità, in maniera molto concreta, ai giovani di essere assunti, con protezioni sociali più ampie. Ebbene, il secondo obiettivo che questo provvedimento ha e su cui nasce è un elemento che per noi è sempre stato fondamentale, e cioè la riduzione della spesa pubblica, il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica.
Lo dico fra tutti e lo ricordo con orgoglio: le nostre riforme dei primi tre anni, la riforma Brunetta proprio di riforma della pubblica amministrazione. Lo ricordo qui, lo hanno ricordato gli amici della Lega: la riforma del federalismo fiscale è un'idea molto semplice, che sarebbe la più semplice applicazione della revisione della spesa pubblica, ossia basta applicare i costi storici, ogni regione spende quello che ha sempre speso, applichiamo i costi standard, cioè si paghi ciò che mediamente si paga in tutta Italia in modo che l'efficienza della spesa sia Pag. 74attenta all'esigenza dei cittadini. Ecco, questa seconda linea di azione ci ha convinto ad appoggiare questo provvedimento di revisione della spesa pubblica. Lo abbiamo fatto, lo avevamo detto e c'erano tutti i presupposti per farlo perché questo contenimento della spesa pubblica doveva e deve avvenire secondo un criterio molto semplice: il rapporto costi ed efficienza, il rapporto benefici che il cittadino ne riceve e costi che il cittadino deve pagare. Perché, lo ricordiamo a tutti, alla fine i soldi che lo Stato spende sono i soldi dei nostri cittadini.
Ricordo ancora oggi che è ormai insostenibile una pressione fiscale che raggiunge il 55 per cento dei redditi (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). I 55 su 100 euro che vengono incassati, che vengono guadagnati da un cittadino, vanno alle tasse. Non si è mai vista, in nessun Paese del mondo, una crescita e uno sviluppo con questa pressione fiscale. Purtroppo, l'ha detto con molta franchezza il sottosegretario Polillo, l'obiettivo di evitare l'aumento di due punti di IVA ha fatto intervenire nella revisione della spesa pubblica - ma sono certo che sarà un primo passo - in maniera molto generica. Volevamo evitare i tagli lineari, ancora una volta si è andati sui tagli generali, proprio perché il tempo non c'era.
Ma veniamo alla seconda questione che ci preme dire e, in questa occasione, dirla a chi ci ascolta. Il professor Monti ha più volte ribadito e ha più volte detto - apro e chiudo una parentesi: devo dire che ormai anche i tecnici hanno imparato a fare politica, quindi fanno dichiarazioni sui giornali, il professor Monti fa interviste sui giornali, ogni tanto è costretto a smentirle, ci era venuto il dubbio che il professor Monti non parlasse il tedesco, ma lo parla correntemente e quindi, quando ha detto che il ruolo dei Parlamenti e dei Governi appunto poteva essere di un certo tipo, ha dovuto smentirlo - che stiamo facendo i compiti a casa, e li stiamo facendo in un certo modo. Io credo che su questo tema noi dobbiamo essere molto chiari. Stiamo affrontando insieme, tutti insieme, una sfida fondamentale, che è quella di portare fuori l'Italia dal guado in cui si è trovata nella crisi mondiale, finanziaria ed economica. Lo stiamo facendo con una certezza, e Monti lo ha ripetuto più volte, ogni tanto se lo dimentica, ossia che il problema non è innanzitutto l'Italia, che deve ovviamente riformarsi e riformarsi nel modo in cui noi stiamo facendo, ma è innanzitutto la debolezza dell'Europa.
Lo ricordo a chi ci ascolta che, guardate il paradosso, è bastata una conferenza stampa del Governatore della Banca centrale europea, male compresa, per fare alzare di 120 punti in quattro ore lo spread oppure una revisione della comprensione di quelle parole per farlo abbassare di 140 punti. Lo ricordo anche al professor Monti, che oggi ha dichiarato che con il Governo Berlusconi ancora in carica lo spread sarebbe arrivato a 1.200 punti, di guardare con molta attenzione la realtà.
A novembre dello scorso anno alcuni colleghi dell'opposizione dicevano che sarebbero bastate le dimissioni del Presidente del Consiglio Berlusconi per far scendere lo spread immediatamente di 300 punti. Ebbene, si è visto in nove mesi di Governo e in trentatré fiducie che il problema esattamente non è questo, perché lo spread è rimasto esattamente identico (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Il problema è quello che tutti noi sappiamo: è che troppe volte una concezione della politica, legata ad abbattere il nemico e a descrivere il nemico come il male assoluto, ci ha fatto dimenticare qual era il vero problema. Abbiamo voluto costruire gli Stati Uniti d'Europa, abbiamo fatto una moneta, non abbiamo fatto invece l'Europa. E l'Europa la si deve volere tutti insieme. La Germania per prima deve volere questa Europa. Non a caso ieri ancora Monti ha detto: attenzione Germania, attenzione Francia - lo ricordo anche qui con molta chiarezza -, guardate che il salvataggio della Grecia, così come il salvataggio delle banche spagnole, non avviene solo grazie al vostro intervento, ma innanzitutto anche grazie all'intervento Pag. 75degli italiani e del Governo italiano, che stanno salvando la Grecia. Monti, inoltre, ha detto ai tedeschi: attenzione, senza il salvataggio dell'Italia nei confronti della Grecia il nostro debito pubblico non sarebbe al 123 per cento, ma sarebbe al 120 per cento. Sapete qual è l'unica differenza? Che chi ne ha guadagnato sono state le banche francesi e le banche tedesche, perché tutti i debiti della Grecia li avevano «in pancia» le banche tedesche e le banche francese, e non le banche italiane (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Allora, veniamo alla conclusione. Queste potrebbero essere ancora viste come le solite parole dei politici, che discutono tra di loro per dire di chi è la colpa dello spread o meno, e intanto i tecnici fanno il loro lavoro. Noi abbiamo posto con molta chiarezza, con coraggio ed ambizione, una proposta al Governo Monti. Domani il segretario Alfano presenterà questa proposta e la presenterà in maniera molto chiara.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Lupi.

MAURIZIO LUPI. Bisogna con coraggio - e vado verso la conclusione - finalmente mettere mano al debito pubblico. Bisogna abbatterlo, bisogna conferire i beni immobili e alcuni beni mobili in un fondo, che può essere di 400 miliardi di euro, e pagheremmo 20 miliardi di euro in meno di interessi. Non solo pagheremmo 20 miliardi di euro in meno di interessi l'anno, ma avremmo finalmente a disposizione 20 miliardi di euro per abbattere il costo del lavoro, per abbattere la pressione fiscale, per guardare finalmente a ciò che a noi interessa, guardare con coraggio e possibilità al futuro, perché il futuro non è solo nella politica che pensa di interpretare il Paese, ma nel Paese che si aspetta che la politica lo serva e lo serva bene (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Popolo e Territorio - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Si sono così conclusi gli interventi dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto, per i quali è stata disposta la ripresa televisiva diretta. Vi sono adesso quattro colleghi che intervengono a titolo personale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Beccalossi. Ne ha facoltà, per due minuti.

VIVIANA BECCALOSSI. Signor Presidente, intervengo per annunciare il mio voto contrario a questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Voterò convintamente «no» al decreto-legge sulla spending review, o meglio revisione della spesa, perché non si capisce com'è che questo Governo tecnico, non votato democraticamente dal popolo italiano, usi e si trinceri dietro terminologie straniere per giustificare manovre assolutamente inique nei confronti del popolo italiano.
Ho votato «no» sulla questione di fiducia, perché credo che sia esagerato, dopo otto mesi e 33 fiducie su provvedimenti, tutti decreti-legge, prontamente firmati dal Presidente della Repubblica, che nessuno vada a richiamare la sovranità parlamentare, come invece veniva puntualmente richiamata quando vi era il Governo Berlusconi. Questa è una maggioranza che più ampia non potrebbe essere, eppure si continua a lavorare per decreti-legge blindati, ai quali noi parlamentari siamo chiamati, se si vuole, semplicemente a presentare vacui ordini del giorno nei quali si prendono vacui impegni da parte del Governo, con terminologie abbastanza ridicole tipo «mi impegno a riflettere» sull'ordine del giorno di questo o di quella deputata.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Beccalossi.

VIVIANA BECCALOSSI. Signor Presidente, solo un attimo.

PRESIDENTE. Onorevole Beccalossi, il tempo vale anche per lei!

VIVIANA BECCALOSSI. Signor Presidente, solo un secondo. Io credo che Pag. 76quando il Presidente Monti ha detto a Der Spiegel che ogni Governo ha il dovere di educare il proprio Parlamento abbia, di fatto, spiegato bene quello che pensa della sovranità parlamentare...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Beccalossi.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Minasso. Ne ha facoltà, per due minuti.

EUGENIO MINASSO. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, intervengo per dichiarare e giustificare il mio voto in dissenso dal gruppo. Nonostante condivida molte parti del decreto-legge, ritengo necessario votare contro, non condividendo il metodo ed i criteri utilizzati dal Governo per l'accorpamento o, come poi rettificato, per il riordino delle province.
Sono d'accordo: si era esagerato con la loro proliferazione spropositata. Si dovevano - e sono d'accordo - e si deve ridurre il numero delle province, ma ci voleva, a mio giudizio, un percorso più approfondito, più ragionato. Vivo in una provincia di confine, un confine di Stato - questo è importante - che storicamente ci ha causato grandi disagi. Molti di voi non lo sapranno, ma la provincia di Imperia, anticamente chiamata provincia di Porto Maurizio, fu istituita 152 anni fa, un anno prima del Regno d'Italia, dopo la divisione da Nizza e Savoia.
Cari colleghi, non penso che 152 anni di storia si possano cancellare con un tratto di penna.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole De Camillis. Ne ha facoltà.

SABRINA DE CAMILLIS. Signor Presidente, colleghi, rappresentanti del Governo, intervengo per tentare di spiegare, in pochi secondi, il mio voto di astensione su questo provvedimento. Dopo aver votato la fiducia al Governo, per rispetto dell'impegno politico che il mio partito e il mio gruppo hanno dato e continuano a dare al Governo, nel merito del provvedimento esprimo tutta la mia preoccupazione, perché vi sono delle iniziative che, invece di rivedere la spesa pubblica, purtroppo comporteranno nuovi costi per i cittadini e/o maggiori disservizi per i cittadini stessi. Un esempio per tutti è dato dai tagli al settore della sanità. In quel settore si possono prevedere dei tagli, ma soltanto nel caso in cui si ha la capacità di prevedere una diversa organizzazione del sistema sanitario, perché con questi tagli chi avrà i soldi si potrà curare ma chi non avrà i soldi non si potrà più curare.
Poi, chiaramente, esprimo perplessità anche per le cose dette dal mio collega Minasso. Il riordino delle province rischia, tra l'altro, di bloccare questo provvedimento perché per quanto riguarda tre regioni, cioè il Molise, l'Umbria e la Basilicata, i confini dell'unica provincia che rimarrà coincideranno con i confini della regione. Ma questo caso specifico, previsto dall'articolo 116 della Costituzione, è possibile soltanto per le regioni a statuto speciale. Per questo il percorso di revisione dei livelli istituzionali va affrontato nel rispetto della democrazia, nel rispetto del Parlamento.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole De Camillis.

SABRINA DE CAMILLIS. Non si può immaginare di riordinare le istituzioni guardandole soltanto dal lato del taglio della spesa e...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole De Camillis.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Argentin. Ne ha facoltà.

ILEANA ARGENTIN. Signor Presidente, voterò a favore di questo provvedimento, così come ho fatto per la fiducia. Voterò a favore di questo Governo, ma ho Pag. 77l'esigenza e la necessità di dire che conosco il limite personalmente e sono in quest'Aula perché rappresento il mondo della disabilità.
Io non sono attaccata alla poltrona, perché la poltrona me la porto da casa. Questo fa la differenza. Quindi, ve lo dico onestamente: nel caso di un Governo politico avrei potuto capire la scelta di un documento in cui i tagli fossero stati fatti con un'attenzione tecnica ma non etica, ma quello che mi sconvolge è l'idea che quando si parla di non autosufficienza - come ho già detto in Commissione e come ripeto oggi al Governo - se ne parla facendo di alcuni i primi e di altri i secondi. Ebbene, questa è una questione intollerabile e inaccettabile!
Infine, signor Presidente, chiedo scusa di aver rubato ulteriore tempo, ma la cosa che non tollero è che si parli di decentramento - e, quindi, si creda nel decentramento agli enti locali - e poi si taglino i fondi degli enti locali quando, invece, l'assistenza è la garanzia ma è decentrata alle regioni, alle province e ai comuni. Se tagliamo a loro taglieremo a chi ha più bisogno e di questo ne dovete essere consapevoli, proprio perché tecnici e non politici. Per me sarebbe stato più facile dare ad alcuni rispetto ad altri, perché io sono eletta. Ma voi no! Quindi, vi pregherei di dare un'attenzione maggiore a chi ne ha bisogno.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Libè. Ne ha facoltà.

MAURO LIBÈ. Signor Presidente, ero dubbioso se votare in dissenso, perché questo provvedimento doveva fare anche altre cose che avevamo annunciato e andare più avanti. Ma, dopo aver sentito gli interventi di tante persone che si sono redente, gente che parlava dei furbetti delle quote latte, come l'onorevole Beccalossi, e in quest'Aula ha votato quelle leggi del Governo Berlusconi, oggi sono convinto di votare per questo provvedimento (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 5389)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.

Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge n. 5389, di cui si è testé concluso l'esame.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Mondello, Boccuzzi, Benamati, Scanderebech, Laboccetta, Fabi...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
S. 3396 - «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, recante disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini» (Approvato dal Senato) (5389):

Presenti 479
Votanti 457
Astenuti 22
Maggioranza 229
Hanno votato 371
Hanno votato no 86.
(La Camera approva - Vedi votazioni).

Prendo atto che la deputata Rossomando ha segnalato che non è riuscita a votare.
Onorevoli colleghi, prego di prestare attenzione, invito coloro che devono abbandonare l'Aula a farlo con sollecitudine.

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Commemorazione degli onorevoli Giuseppe Chiarante e Renato Nicolini (ore 15.57).

PRESIDENTE. (Si leva in piedi e, con lui, l'intera Assemblea e i membri del Governo). Onorevoli colleghi, com'è noto, nei giorni scorsi sono venute a mancare due illustri personalità della vita politica e culturale italiana, già membri della nostra Assemblea. Il 31 luglio è deceduto all'età di 83 anni Giuseppe Chiarante, il 4 agosto all'età di 70 anni si è spento Renato Nicolini.
Giuseppe Chiarante, deputato nella VI e nella VII legislatura e senatore dall'VIII alla XI legislatura, era nato a Bosco Marengo, in provincia di Alessandria, il 31 luglio 1929. Laureato in filosofia, giornalista, iniziò la sua lunga militanza politica nella corrente di base della Democrazia Cristiana, aderendo poi alla fine degli anni Cinquanta al Partito Comunista Italiano di cui divenne, in particolare durante la segreteria di Enrico Berlinguer, un esponente di vertice.
Testimone attento e partecipe degli anni della cosiddetta Guerra fredda, si impegnò in prima persona nell'elaborazione di una sintesi tra le istanze del cattolicesimo sociale e democratico, e la riflessione intellettuale e politica della sinistra italiana e del mondo comunista. Direttore della rivista Rinascita e poi di Critica marxista, si è sempre impegnato, sia nella veste di uomo politico sia in quella di intellettuale, nella tutela e nella valorizzazione del nostro patrimonio e dei beni culturali italiani.
Eletto alla Camera dei deputati per la prima volta nel 1972, iscritto al gruppo del Partito Comunista Italiano, fu componente della Commissione istruzione e belle arti, della Commissione difesa, della Commissione di indirizzo e vigilanza sui servizi radiotelevisivi, nonché della Commissione parlamentare per le riforme istituzionali. Al Senato fu tra l'altro membro e vicepresidente della Commissione istruzione pubblica e ricoprì nel corso della XI legislatura l'incarico di presidente del gruppo del Partito Democratico della Sinistra. Nel 1999, in occasione del conflitto in Kosovo, si allontanò dai Democratici di Sinistra, divenne membro della presidenza dell'associazione per il rinnovamento della sinistra, continuò ad offrire il proprio autorevole contributo all'elaborazione di una proposta politica ispirata ad una proficua convergenza tra le diverse componenti della cultura progressista italiana ed europea.
Nel corso della sua lunga attività parlamentare, l'onorevole Chiarante si dedicò con grande passione e competenza in particolare ai problemi della scuola e dell'università, contribuendo all'elaborazione e redazione di iniziative legislative, molte delle quali divenute leggi, in materia di stato giuridico del personale insegnante, di edilizia scolastica e di diritto allo studio. Fu inoltre primo firmatario di proposte di legge, anch'esse approvate, relative ai diritti elettorali attivi e passivi degli studenti e al riordino degli organi collegiali della scuola nonché in materia di formazione professionale.
Con la morte di Giuseppe Chiarante scompare quindi un uomo di grande cultura ed un protagonista della storia della sinistra italiana che ha saputo coniugare con passione le sue idee ed i suoi principi morali e religiosi con il suo forte impegno politico e sociale.
Renato Nicolini, intellettuale poliedrico ed innovativo, docente universitario, è stato esponente politico e componente di questa Camera dal 1983 al 1994. Nato a Roma il 1 marzo 1942, compiuti gli studi di architettura, seppe contemperare l'impegno culturale e professionale con l'intensa passione civile e politica, assumendo ampia notorietà nazionale per le iniziative in particolar modo promosse come assessore alla cultura del comune di Roma nel periodo dal 1976 al 1985, nelle amministrazioni dei sindaci Giulio Carlo Argan, Luigi Petroselli, Ugo Vetere.
A partire dal 1983, fu deputato nelle legislature IX, X e XI, eletto nel 1983 e nel 1987 nelle liste del Partito Comunista Italiano e nel 1992 in quelle del Partito Democratico della Sinistra, fece parte Pag. 79della Commissione cultura, scienza e istruzione, della Commissione affari della Presidenza del Consiglio e Interni, e della Commissione per l'indirizzo e la vigilanza sui servizi radiotelevisivi. Nell'esercizio del mandato parlamentare, continuò ad occuparsi attivamente dei temi inerenti la promozione e la diffusione della cultura, anche attraverso una serie di iniziative legislative, alcune delle quali approvate, in materia di tutela delle aree e dei beni di interesse ambientale e paesaggistico, di cooperazione culturale e riforma degli istituti italiani di cultura all'estero, di divieto dell'interruzione pubblicitaria dei film, di inventariazione dei beni culturali.
Autore teatrale, dal 1988 fino al 1996 fu vicepresidente della fondazione Festival dei due Mondi di Spoleto e dal 1996 al 2000 commissario del Teatro stabile dell'Aquila. Dal 1994 al 1997 assunse l'incarico di assessore alla cultura del comune di Napoli nella giunta del sindaco Bassolino. Per il carattere fortemente innovativo di iniziative culturali legate al suo impegno di docente universitario, di amministratore locale e di parlamentare nazionale, la figura di Renato Nicolini è sicuramente entrata a far parte della cultura e del costume della storia del nostro Paese negli ultimi cinquant'anni.
Nella memoria collettiva il suo nome rimane legato, al di là delle appartenenze politiche, in particolare all'esperienza di assessore alla cultura del comune di Roma, una carica che per certi versi fu inventata da Renato Nicolini. A lui si deve l'ideazione e la promozione del ciclo di eventi culturali e di manifestazioni dell'Estate romana, che grazie al successo ottenuto nella capitale, ebbero ampia diffusione su tutto il territorio nazionale come efficace modello di valorizzazione dei diversi spazi urbani e di coesione sociale tra le diverse e molteplici fasce della popolazione cittadina.
Geniale sintesi della grande tradizione educativa della cultura nazionalpopolare italiana, il ciclo di iniziative per rivitalizzare le realtà urbane durante il periodo estivo costituì una risposta efficace sia all'emarginazione delle periferie sia all'isolamento individuale, alimentato dall'inquietudine e dalla violenza di quegli anni, che furono gli «anni di piombo».
Si trattò, in particolare, di una vera e propria anticipazione di quelle contaminazioni culturali che oggi caratterizzano, nel nostro tempo, i più innovativi movimenti di avanguardia a livello europeo e internazionale, in cui le culture e le società interagiscono riempiendo di nuovi spazi e di nuovi tempi la vita e la comunicazione individuale e collettiva.
Questa intuizione dell'onorevole Nicolini non passò inosservata anche oltre i confini nazionali e contribuì a fare riacquisire alla vitalità della cultura italiana un'ampia attenzione e considerazione nel contesto europeo. Ne è riprova l'onorificenza che nel 1985 il Ministro francese della cultura Jack Lang volle conferire a Nicolini, iscrivendolo tra gli ufficiali dell'Ordine delle arti e delle lettere della Repubblica francese.
Con Renato Nicolini scompare, quindi, una figura di intellettuale e di esponente politico di primaria ricchezza e originalità, capace di interpretare le istanze profonde della cultura del suo e del nostro tempo, ricomponendo nei contenuti salienti di un'innovativa politica culturale la leggerezza concettuale del cosiddetto «effimero» con la serietà e la profondità dell'impegno politico e sociale; una personalità e un'intelligenza le cui tracce sono tuttora vive e vitali non solo nella nostra percezione e nella nostra esperienza, ma anche nel dinamismo della vita culturale delle nostre città.
La Presidenza ha già fatto pervenire ai familiari dei nostri due colleghi le espressioni della più sentita partecipazione al loro dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea. Invito, pertanto, l'Assemblea ad osservare un minuto di silenzio (L'Assemblea osserva un minuto di silenzio - Generali applausi, cui si associano i membri del Governo).

MICHELE VENTURA. Chiedo di parlare.

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PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Prego i colleghi di non soffermarsi nell'emiciclo, se non intendono ascoltare.

MICHELE VENTURA. Signor Presidente, come ella ha ricordato, la scomparsa di Giuseppe Chiarante, uomo di grande impegno sui temi della pace, della scuola e della cultura, ci rammenta una parte della nostra storia che dagli anni della ricostruzione in poi è sempre stata volta all'integrazione e al dialogo con quella parte del Paese che rifiutava ogni estremismo, ogni radicalismo, guardando costantemente alla crescita del mondo del lavoro come fattore fondante dello sviluppo.
Il rifiuto del radicalismo non era in lui assenza di determinazione. Radicale era in lui il pensiero sulla priorità dell'uomo all'interno di una società che doveva essere a sua misura, e non viceversa. Proveniva dalla sinistra dossettiana. Anni di permanenza nei gruppi giovanili della Democrazia Cristiana lo avevano, però, portato a non condividere la gestione fanfaniana del suo partito e a lasciare la Democrazia Cristiana per entrare nel Partito Comunista Italiano.
Negli anni Sessanta fu chiamato a Roma per dirigere la sezione culturale del PCI, cui si dedicò con impegno, pur mantenendo nel riserbo tipico della sua provenienza il suo cattolicesimo. Ebbe sempre particolarmente a cuore la questione tra comunisti e cattolici, soprattutto dopo il Concilio Vaticano II, che sembrava potenziarne le possibilità di realizzazione.
Come ella ha ricordato, Beppe Chiarante ha fatto parte della segreteria del PCI nel momento in cui il partito fu diretto da Enrico Berlinguer. Ha aderito poi all'Associazione per il rinnovamento della sinistra. Aveva in mente uno sviluppo e una trasformazione della sinistra che non riusciva ad abitare più nelle scelte dei partiti dati di quel periodo.
In questi movimenti credo si possa dire che passa senza ambiguità tutto il carattere di un intellettuale con grande autonomia nelle scelte, aperto al dialogo con la diversità, al dubbio, senza diventare indulgente nel sospetto nei confronti del suo interlocutore. Questo gli veniva dalla sua provenienza culturale e da quel dialogo che aveva saputo personalmente coltivare con persone anche tanto caratterialmente diverse da lui, come Lucio Magri, compagno di molte battaglie.
Nella sua visione, l'incontro tra il mondo cattolico e il mondo comunista non avrebbe potuto fondarsi che sui valori, sulle questioni fondamentalmente umane più che sui tecnicismi e sulle sovrastrutture. Ci ha lasciato una lucida analisi del dopoguerra in molti suoi lavori, scritti che colgono il passaggio di diverse generazioni dal dopoguerra ad oggi, anni di cambiamento, da lui visti nell'ottica dell'integrazione delle due principali componenti della società italiana, sempre volte alla priorità e al rispetto dell'individuo e del suo sviluppo culturale, piuttosto che alla sua dimensione prettamente economicistica.
Leggendoli oggi ritroviamo non solo tutta la lungimiranza della sua visione pacata e riflessiva sugli anni che abbiamo attraversato, ma un'apertura molto forte al futuro.
Nella discussione interna al Partito Comunista sostenne sempre le posizioni di chi, pur partendo dalla condivisione delle scelte gradualiste e democratiche di Palmiro Togliatti, richiedeva uno sforzo ulteriore per sostenere esigenze riformatrici e trasformatrici, soprattutto man mano che il Paese passava da sostanzialmente agricolo a realtà industrialmente avanzata.
Aveva scelto con determinazione - sto concludendo - di mantenere una posizione forse scomoda all'interno del partito, ma ha saputo tenerla con quella dignità dell'uomo di cultura, convinto delle proprie idee, ma senza lasciarsi sopraffare da quell'egocentrismo che talvolta emerge di ritenere di essere sempre nel giusto. Da figure come Chiarante, credo che da tutto il suo percorso umano, culturale e politico, vi sia una lezione anche per l'avvenire (Applausi).

WALTER TOCCI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

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WALTER TOCCI. Signor Presidente, Renato se ne è andato con leggerezza, con il sorriso, prendendoci d'inciampo, seguendo lo stile inconfondibile della sua vita.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI (ore 16,15).

WALTER TOCCI. È stato il migliore assessore nella città di Roma, deputato impegnato, politico raffinato e uno dei più geniali tra gli intellettuali italiani del secondo Novecento. Con la sua estate romana ha inventato una politica per la città imitata in Europa e nel mondo.
Ieri, alla camera ardente in Campidoglio, un fiume di persone, giovani e anziani, artisti e impiegati, ricchi e poveri, di destra e di sinistra, è andata a porgergli l'ultimo saluto nei modi più diversi, chi suonando, chi parlando, chi piangendo, chi pregando. Come mai un uomo controverso come Renato, che in vita ha suscitato tanti contrasti e polemiche, ha avuto solo in punto di morte questo riconoscimento unanime? È una domanda amara che vorrei condividere con voi, cari colleghi.
Nel generale moto di commozione convergono tanti sentimenti. Chi gli ha sempre voluto bene e non ha mai smesso di farglielo sapere, chi lo avversò e oggi ne riconosce lealmente la grandezza umana e politica. Vi è poi la nostalgia di un'intera generazione che negli anni bui del terrorismo riscoprì per merito suo il desiderio della vita, ritornò festosamente nelle piazze - ricordo il cinema di Massenzio, il circo a piazza Farnese, la poesia a Castelporziano - ritrovò l'immaginazione del futuro, il privilegio di vivere nella bella Roma.
Con il grande sindaco e grande sostenitore di Renato, Luigi Petroselli - che anche in quegli anni lancia il sogno del parco archeologico dei fori - Roma diventa davvero capitale del Paese, un secolo dopo porta Pia, non solo come sede di Ministeri, ma nell'unico modo che trasforma una città in capitale, cioè con l'elaborazione di codici culturali validi per l'intero Paese, con la capacità di connettere le avanguardie culturali con il sentire profondo della nazione.
Ma nella commozione di questi giorni vi è anche una nota più dolorosa perché abbiamo scoperto solo adesso quanto ci mancherà. Renato è stato anche dimenticato, soprattutto il Paese non ha saputo utilizzare pienamente il suo ingegno. È una riflessione ancora da sviluppare e non riguarda solo la sua persona, ma un intero ciclo della nostra storia culturale. Alla fine degli anni Settanta la creatività italiana ebbe forse i suoi ultimi bagliori nelle arti, nei saperi e nel saper fare, poi vinse il conformismo, il timore verso le innovazioni irregolari, e da tutto ciò si è scivolati fino al disprezzo della cultura degli ultimi anni.
Infine, pochi sanno che Nicolini è stato anche un uomo di partito, prima del Partito Comunista Italiano e poi del Partito Democratico. Lo è stato nel modo migliore, con la finezza politica, la lungimiranza e anche l'appartenenza che sapeva conciliare con l'inesauribile senso critico. Vi è da riflettere sul giovane Nicolini che investe il suo talento nella militanza politica e viene valorizzato dal suo partito come assessore della capitale a poco più di trent'anni. I paragoni non sono facili, me ne rendo conto, ma saremo capaci di creare nuovi partiti solo se la politica tornerà ad attrarre le menti migliori e a metterle a frutto.
Con questi pensieri rivolgiamo un abbraccio ai suoi figli, alla sua compagna, ai suoi cari. Ciao Renato, ti ricorderemo, indicheremo ai giovani di oggi il tuo ingegno, torneremo a studiare la tua opera e, soprattutto, cercheremo di capirti meglio di come abbiamo saputo fare quando eri in vita.
Dicevo che se ne è andato da par suo, prendendoci d'inciampo, convocandoci per l'estremo saluto nella Chiesa di Santa Maria del popolo. Mossa imprevedibile per tanti suoi amici non abituati a quella liturgia. No, non era una conversione tardiva, se conosco Renato, e neppure un pensiero sulla morte, anzi l'opposto, un senso forte della vita, l'acuta sensibilità di Pag. 82un'eccedenza, di un'irriducibilità e, quindi, di un sapere della vita che supera le ideologie e le fedi. Di ciò ha dato testimonianza come persona e come intellettuale. Questa sapienza non è solo sua, ma di un carattere profondo della storia nazionale che si è espresso in forme diverse, ma sempre nei momenti alti dello spirito italiano. È da questa energia culturale, non solo dalle manovre economiche, che il Paese troverà lo slancio per uscire dagli affanni del nostro tempo.
Grazie Renato, compagno carissimo della nostra vita (Applausi - Congratulazioni).

SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, il ricordo personale che ho di Renato Nicolini origina da una circostanza curiosa, grazie alla quale mi ritrovai giovanissimo, nei primi anni Novanta, a collaborare per un brevissimo periodo con il suo ufficio stampa.
Ricordo un uomo di grande intelligenza, un uomo di grande cultura, di grande passione politica, con l'aria apparentemente svagata, con i capelli arruffati, un uomo impegnato grandemente per la cultura e per la sua città, una figura atipica, per tanti versi autonoma e, per alcuni aspetti, anche eretica rispetto ad alcune impostazioni, ad alcune logiche ed anche ad alcuni poteri, una personalità politica capace di declinare alta cultura e dimensione popolare, raffinatezza intellettuale e periferia, arte come mezzo positivo, non elitario, ma di massa. Questo ha significato per Nicolini portare poeti come Allen Ginsberg a Capocotta o proiettare Luchino Visconti a Massenzio. Quel modo di fare cultura è stato innovativo, coraggioso e in qualche modo rivoluzionario. Questo forse è il senso più profondo dell'effimero di Renato Nicolini, un messaggio, il suo di cui oggi ancora fanno tesoro tante amministrazioni - lo ha ricordato prima il Presidente della Camera - un messaggio che ha visto Nicolini ideatore e protagonista, che ha regalato a Roma una delle pagine più belle della propria storia amministrativa recente. È per questo che oggi quella pagina viene ricordata ed è stata ricordata al momento della sua scomparsa con un coro unanime di apprezzamento da tutte le parti politiche, finanche dal Colle.
Credo che questo sia un momento importante, un riconoscimento di fronte ad una figura che ha dato molto da parlamentare, da amministratore, da uomo sinceramente appassionato di politica e di cultura, per quanto le due cose possano essere trattate diversamente, per Nicolini forse la cultura e la politica erano esattamente sovrapponibili e probabilmente erano la stessa identica cosa, e per questo oggi tutti, unanimemente, riconoscono la grandezza di questa figura, di questo simpatico assessore, che non è mai diventato sindaco e che ci lascia un'eredità così bella e così importante (Applausi).

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Signor Presidente, un ricordo di Renato Nicolini da chi lo ha visto da lontano, da un'altra parte, da un'altra città italiana. Quell'assessore, a cui qualcuno rimproverava il gusto dell'effimero, dell'esperienza strana - magari qualcuno anche la considerava stravagante - ha in realtà inventato - e questo credo sia un lascito indelebile - un modo classico, un nuovo modo classico di intendere il rapporto tra politica e cultura.
A chi in realtà, magari non comprendendolo o non comprendendolo subito, lo accusava di degradare la cultura facendone un baraccone di massa, in realtà la risposta è che, grazie a quel tipo di esperienza, la cultura è stata innalzata, è stata portata più in alto e quindi resa visibile a tutti, frequentabile e frequentata come uno spettacolo appassionante e popolare. Nel ricordarlo, anche per quanti non vengono e non venivano dal suo mondo, ma sono stati attraversati da quell'esperienza, Pag. 83il sentimento più acuto, oltre alla vicinanza ai familiari ed agli amici che ne piangono la morte, è quello della riconoscenza per le sue intuizioni più originali, di cui dovremmo e dovremo tutti, anche in futuro, continuare a fare tesoro. Un'offerta di cultura per tutti e una domanda di cultura di tutti. Questa era la scommessa di Nicolini, questa rimane la scommessa cruciale per tutte le città italiane, e non solo a Roma (Applausi).

FURIO COLOMBO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FURIO COLOMBO. Signor Presidente, per ricordare di Renato Nicolini un aspetto che è assolutamente estraneo a tutti coloro che per qualsiasi ragione fanno politica, ed è l'allegria, un'allegria che non si contrappone alla mancanza di serietà per una persona profondamente seria ed allegra, una persona profondamente complessa e ricca di pesi e contrappesi culturali, di vita e di esperienza politica, di carichi, di cose fatte e di progetti e di cose da fare, ma era una persona allegra e questa sua allegria rendeva tutto ciò che ha fatto immediatamente facile, comunicabile e condivisibile, aveva un senso del «noi» e dello stare insieme alle persone per cui e con cui faceva alle cose, che non è tipicamente politico e non contraddistingue molti di coloro che facendo politica lo hanno ricordato dal punto di vista del politico.
C'è un aspetto in più di Nicolini che è entrato nella mia vita attraverso il fatto di vivere in America mentre lui faceva ciò che faceva, a Roma. Da un lato la testimonianza di Allen Ginsberg, che una sera, al Continental Divide, un luogo in cui lui inventava poesie mentre Larry Rivers suonava il sassofono, ha dedicato una sera a raccontare la sua esperienza di vita a Roma, ripetendo il nome di Nicolini, come se fosse una conoscenza comune di tutta la platea, di tutti coloro che ascoltavano in questo locale di jazz della 3th avenue di Manhattan, a New York.
L'altro incontro con Nicolini che ho avuto attraverso l'America è stato ad una conferenza politica afro-americana, incontrando LeRoi Jones che già aveva preso il nome di Amiri Baraka che mi ha chiesto: ma quel ragazzo c'è ancora a Roma? That guy is still there?
Mi ha chiesto di Nicolini ed io ho gli ho detto: «Sì, sì, c'è ancora, ma non fa più le cose che faceva, non gliele fanno più fare, ma è ancora a Roma». E la risposta di Amiri Baraka è stata: «A guy like that should be forever», una persona così ci dovrebbe essere per sempre. Ed è il pensiero che noi oggi gli dedichiamo (Applausi).

Sull'ordine dei lavori (ore 16,25).

ANTONIO DI PIETRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, mi perdoni se affronto un tema particolare, ma è una richiesta che devo fare alla Presidenza della Camera, come deputato. Ci sono due prese di posizione importanti, che riguardano l'una la Presidenza della Repubblica e una il vicepresidente del Senato, a cui io credo che bisogna dare una risposta, perché sono due prese di posizione importanti che si rivolgono direttamente alla Presidenza della Camera. Chiedo formalmente che lei possa investire il Presidente della Camera di assumersi una tale responsabilità.
Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, dopo essere intervenuto con quattro formali messaggi alle Camere con cui chiedeva di stare attenti nel valutare la decretazione di urgenza e il ricorso abnorme alla votazione di fiducia, il 23 febbraio di questo anno, 2012, ha mandato un formale messaggio alla Camere in cui testualmente ha detto di adottare, se ritenuto necessario, le opportune modifiche dei Regolamenti parlamentari, al fine di non esporre disposizioni che, quando non censurabili nel merito, rischiano l'annullamento Pag. 84da parte della Corte costituzionale, perché egli stesso aveva rilevato che poteva trovarsi di fronte a decretazione d'urgenza la cui ammissibilità era a rischio per difetto di attinenza allo specifico oggetto tra la decretazione di urgenza e i provvedimenti emanati.
A questa richiesta formale della Presidenza della Repubblica noi crediamo che bisogna dare una formale risposta, perché il messaggio formale - vorrei ricordare a voi, ma anche a me stesso - del Presidente della Repubblica è controfirmato dal Presidente del Consiglio, e quindi c'è una assunzione di responsabilità, signor rappresentante del Governo, anche da parte vostra, perché l'avete sottoscritto questo provvedimento.
A ciò si aggiunga un'altra richiesta, informale questa volta, che però proviene oggi dal Vicepresidente del Senato, il quale dice testualmente...

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Ma è l'articolo 90!

ANTONIO DI PIETRO. Ma perché dà così fastidio ai colleghi?

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. C'è una Costituzione della Repubblica, è l'articolo 90!

PRESIDENTE. Onorevole Quartiani, le chiedo scusa, l'onorevole Di Pietro concluderà e poi interverrà il Presidente. Prego, onorevole Di Pietro.

ANTONIO DI PIETRO. Sto chiedendo semplicemente al Presidente della Camera di rispettare un messaggio intervenuto dal Presidente della Repubblica, sto chiedendo di rispettare un messaggio, non sto offendendo nessuno, cui si aggiunge una richiesta di oggi del vicepresidente del Senato, il senatore Chiti, che è del Partito Democratico, come l'onorevole Quartiani e oggi il senatore Chiti ha dichiarato testualmente, rivolgendosi al Presidente della Camera e del Senato - quindi, io da deputato, chiedo al mio Presidente della Camera di prendere atto di ciò che dice il vicepresidente del Senato e di farsene carico perché lo condivido - che sta passando sotto silenzio un susseguirsi pressoché continuo di decreti-legge del Governo, approvati con il voto di fiducia - con quello di oggi, alla Camera siamo a 33 in otto mesi - e aggiunge: «così non si può continuare. Il ruolo del Parlamento diventa inesistente. Chiediamo passi concreti nei confronti del Governo da parte dei Presidenti di Camera e Senato, perché spetta a noi e non ad altri tutelare la funzione del Parlamento».

PRESIDENTE. La richiesta è chiara, onorevole Di Pietro.

ANTONIO DI PIETRO. Io chiedo a lei, di chiedere al Presidente della Camera che, così come chiede il vicepresidente del Senato - di queste persone che hanno così tanto la coda di paglia - e così come chiede il Presidente della Repubblica, una volta per tutte si prenda carico del ruolo da assegnare ai decreti-legge e non si abusi di essi.

ANGELO COMPAGNON. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà... ricordo che la seduta non è finita.

ANGELO COMPAGNON. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori, signor Presidente.

PRESIDENTE. Gli interventi sono tutti sull'ordine dei lavori, dipende dal contenuto, ma lei, onorevole Compagnon, so che conosce bene il Regolamento.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori. Chiedo scusa se intervengo prima dell'informativa - lo avevo già chiesto prima - ma volevo leggere, lo ritengo importante, una mail che è arrivata da parte di un imprenditore che sta in Libia. Si tratta di un argomento che più volte è stato discusso in questa Aula e nei confronti del quale sono state presentate tante interrogazioni, Pag. 85alle quali non è stata data risposta. È anche stato approvato un ordine del giorno che non ha avuto seguito.
Comunque, a seguito dello scoppio dell'autobomba di qualche giorno fa presso un posto di polizia, l'ambasciata italiana ha mandato una nota a tutti quelli che sono in Libia, raccomandando in particolare cautela negli spostamenti nei centri urbani e dichiarando sia a disposizione per informazioni. Diciamo una generica comunicazione di routine, come di solito sono quelle di allerta per il cattivo tempo che manda la Protezione civile per mettere le mani davanti. Evidentemente, invece, non è mai stato affrontato il problema.
La mail che mi è arrivata dice questo: "Caro onorevole, io sono in Libia per farmi pagare, visto che lo Stato italiano ha altro a cui pensare. Nella situazione in cui mi trovo viene voglia di andarsene definitivamente dalla nostra beneamata Italia. Sono trascorsi sedici mesi da quando abbiamo abbandonato la Libia ed ora dobbiamo da soli rischiare la pelle per incassare quei crediti che lo Stato poteva pagarci con i fondi congelati o con i proventi del petrolio o con i fondi del Trattato di amicizia che risultano congelati.
Invece di pensare solo all'ENI o all'Impregilo potrebbero dedicarsi a tutta quella miriade di piccole imprese che rischiano in solitario per mantenere le maestranze e creare quello sviluppo economico di cui tanto si parla. Forse queste notizie faranno capire al Governo, al Ministero degli affari esteri e a tutti quelli che comandano, in quale situazione ci troviamo; forse capiranno quali sono le reali necessità di chi è in prima linea. Se dovesse capitarmi qualcosa potrete dire al sottosegretario de Mistura che l'avevamo avvertito".

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ANGELO COMPAGNON. Scusi Presidente, spero che qualche giornalista dia il giusto peso a questo grido disperato ancorché responsabile, ma soprattutto credo che nei confronti di questi piccoli e medi imprenditori che stanno rischiando tutto, questo Governo e questo Parlamento devono una risposta. Ritenevo di fare questo perché è una situazione veramente delicata.

PRESIDENTE. È spiacevole per il Presidente interrompervi, ma questo tipo di argomenti - lei sa molto bene - dovrebbero andare a fine seduta, pur essendo molto importanti, anche perché so che ci sono altri colleghi iscritti (l'onorevole Sbai, l'onorevole Pili), per cui se non rispettiamo il Regolamento diventa un problema.

ANTONINO LO PRESTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente, il mio intervento è sull'ordine dei lavori nel senso che io chiedo che si riprenda l'ordine dei lavori. Non abbiamo terminato la seduta e con tutto il rispetto per i problemi che hanno sollevato i colleghi, molto importanti e significativi, ritengo che sia giusto che la Presidenza si attenga strettamente all'ordine del giorno. Semmai di questi problemi fondamentali parliamo alla fine della seduta.

PRESIDENTE. Se lei me lo permette passiamo all'ordine del giorno.

Informativa urgente del Governo sull'incendio che ha interessato la discarica di Bellolampo a Palermo (ore 16,35).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di una informativa urgente del Governo sull'incendio che ha interessato la discarica di Bellolampo a Palermo. Dopo l'intervento del rappresentante del Governo interverranno i rappresentanti dei gruppi in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica, per cinque minuti ciascuno. Un tempo aggiuntivo è attribuito al gruppo Misto.

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(Intervento del sottosegretario di Stato per l'interno)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per l'interno, Giovanni Ferrara.

GIOVANNI FERRARA, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, onorevoli deputati, accogliendo la richiesta avanzata dai gruppi parlamentari di rendere l'informativa urgente sull'incendio che ha interessato la discarica di Bellolampo nel comune di Palermo, sono stati immediatamente disposti i necessari accertamenti per il tramite del prefetto di Palermo, del Dipartimento dei vigili del fuoco e del Dipartimento della protezione civile. Prima di soffermarmi sulla ricostruzione dei fatti, devo subito precisare che l'episodio è stato seguito nelle sue diverse fasi, dal momento in cui si è sviluppo l'incendio alle operazioni di spegnimento e alla contestuale messa in sicurezza dell'impianto, dal prefetto di Palermo che ha esercitato una funzione di rete sul territorio, promuovendo gli interventi dei vari soggetti responsabili a livello locale (comune, provincia, regione) e coordinando le varie strutture interessate (Corpo forestale, Protezione civile, personale della società AMIA incaricata della gestione dell'impianto). Veniamo ai fatti. Nel pomeriggio del 29 luglio, intorno alle ore 17, veniva comunicato dal Corpo forestale regionale alla locale prefettura che era in atto un incendio di sterpaglie in località Bellolampo al confine con la discarica, e che il fuoco aveva interessato anche una delle vasche di raccolta dei rifiuti della stessa. Il comandante dei vigili del fuoco, prontamente contattato dalla prefettura di Palermo, rappresentava che era già stato disposto un primo intervento presso la discarica per accertare, con l'ausilio delle apparecchiature in uso al comando, la natura dei fumi che si stavano sprigionando in maniera copiosa e per una prima valutazione delle iniziative da adottare per contenere e domare l'incendio.
Le operazioni d'intervento sul posto sono state immediatamente monitorate dal Nucleo batteriologico, chimico e radiologico dal gruppo dei vigili del fuoco formalmente competente e tecnicamente attrezzato per questo tipo di emergenza, che ha verificato in tempo reale la situazione, anche al fine di attuare forme speciali di protezione degli operatori impegnati sul posto. Il predetto nucleo non ha riscontrato la necessità di forme di protezione di livello emergenziale perché, pure in presenza di una situazione critica, non sono mai stati superati i livelli di guardia. Le prime analisi effettuate sui fumi hanno infatti consentito di escludere la presenza di sostanze tossiche. Tuttavia, secondo le valutazioni del comandante provinciale dei vigili del fuoco, si rendeva necessario l'intervento di mezzi aerei per abbattere i fumi e permettere al personale della discarica di ricoprire le parti della vasca incendiate con sabbia e terreno, unica modalità ritenuta idonea a contrastare quel tipo di incendio.
Per la particolare tipologia e quantità di materiale in combustione infatti, non risultava praticabile lo spegnimento con gli agenti ordinariamente usati. Il dirigente generale dello Corpo forestale regionale disponeva pertanto l'immediato trasferimento su Palermo di un canadair impegnato nello spegnimento di un altro incendio in una zona limitrofa. Tenuto conto della pericolosità dell'intervento, segnalata anche dagli elicotteristi, per la presenza di gabbiani, i primi lanci venivano effettuati la stessa sera del 29 luglio dal predetto canadair finché la presenza di luce solare lo consentiva. Intorno alle 20,30 il comandante provinciale dei vigili del fuoco confermava che l'azione di contenimento aveva avuto buoni risultati, che le ruspe avevano cominciato a spargere terreno sull'area dell'incendio e che i focolai tra le sterpaglie intorno alla discarica erano stati spenti. Nelle prime ore del giorno successivo lo stesso comandante rappresentava la necessità di ulteriori lanci di acqua da parte dei mezzi aerei. La prefettura pertanto provvedeva ad attivare l'intervento dei mezzi canadair della Protezione civile, mediante apposita richiesta al Centro operativo aereo unificato. Veniva così disposta Pag. 87dal predetto centro del Dipartimento della protezione civile l'impiego di velivoli per alcuni giorni.
Il protrarsi dell'intervento aereo sulla discarica è stato determinato dalla permanenza di fumi intensi dovuti a focolai ancora attivi che impediva l'abbassamento delle temperature limitando in tal modo sia l'intervento del vigili del fuoco che quello dei mezzi impiegati per soffocare le fiamme. In particolare dal 30 luglio al 4 agosto scorso sono state effettuate circa 80 ore di volo, di cui circa 70 ad opera dei velivoli canadair, durante le quali sono stati versati circa 2,2 milioni di litri di acqua.
Nella stessa giornata, in seguito ad un ulteriore sopralluogo effettuato sulla discarica, il comandante dei vigili del fuoco evidenziava la necessità di ricoprire i rifiuti con sabbia e terreno. Chiedeva alla società AMIA, che gestisce la discarica, e alla protezione civile regionale di incrementare il numero dei mezzi in attività sul sito, rappresentando nel contempo l'avvenuto fermo e messa in sicurezza dell'impianto di biogas presente all'interno della discarica ed utilizzato per la produzione di energia elettrica. Gli addetti dell'AMIA sono intervenuti direttamente per la copertura dei roghi appena spenti con terra, riducendo anche il percolato derivante dall'ingente quantitativo di acqua utilizzato per lo spegnimento delle fiamme. Tale opera di copertura è stata coadiuvata anche da uomini e mezzi del quarto reggimento del genio. I vigili del fuoco inoltre, in considerazione dell'allarme destato nella popolazione da notizie giornalistiche per la presenza di fumi, richiedevano la collaborazione dell'ARPA, l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente, per effettuare le rilevazioni sui fumi con mezzi più sofisticati. Le verifiche effettuate non rilevavano la presenza di sostanze tossiche nell'aria, per cui non appariva necessaria l'evacuazione delle abitazioni più vicine al sito.
L'incendio aveva intanto determinato la temporanea chiusura della discarica, con la conseguente impossibilità di procedere alla raccolta dei rifiuti nel capoluogo. Pertanto, per affrontare la situazione di emergenza, fin dal pomeriggio del 30 luglio scorso il dirigente generale del dipartimento di protezione civile regionale provvedeva ad istituire un apposito tavolo di lavoro, al fine di adottare le determinazioni necessarie per il superamento delle criticità, anche per il tramite dei soggetti attuatori, nominati con ordinanza della Presidenza del Consiglio nel 2010, che ha dichiarato lo stato di emergenza dei rifiuti nell'isola.
In primo luogo si è cercato di intervenire sul blocco della raccolta dei rifiuti urbani, provvedendo all'individuazione di discariche alternative ed al reperimento dei mezzi necessari per trasportare i rifiuti cittadini presso altri siti fuori dal territorio provinciale. Al riguardo, con disposizione del commissario delegato per l'emergenza rifiuti, è stato chiesto all'AMIA di mettere a disposizione un'altra area, ubicata presso la stessa discarica di Bellolampo, in attesa del trasferimento dei rifiuti presso le discariche di Trapani e Campobello di Mazara, nonché all'occorrenza presso quelle di Gela, Catania e Motta Sant'Anastasia e Mazzarà Santandrea. Tale determinazione ha consentito la ripresa dei servizi di raccolta da parte degli operatori dell'AMIA, sia pure con qualche lentezza, dovuta anche alla quantità di materiale accumulato per le strade cittadine.
Sotto l'aspetto del contrasto ai focolai di incendio ancora attivi, nel corso della riunione del predetto tavolo di lavoro era stata prospettata la necessità di accelerare la copertura dei rifiuti con materiale inerte, al fine di soffocare la combustione che covava nel sottosuolo, anche in considerazione del fatto che i canadair erano riusciti a raffreddare l'area interessata, consentendo l'espletamento del lavoro sul suolo. Nelle giornate successive quindi le squadre di intervento dei vigili del fuoco, coadiuvate da personale dell'AMIA, hanno proseguito le operazioni di interramento di rifiuti ubicati nelle vasche della discarica interessate all'incendio. Allo stato degli accertamenti effettuati dai comandi territoriali, sotto il coordinamento della Pag. 88procura della Repubblica di Palermo, non appaiono emergere elementi tali da far supporre un'origine dolosa dell'evento.
Dalle verifiche svolte dagli organi competenti è emersa una carente attività di bonifica delle sterpaglie, sia all'interno del sito sia nelle aree esterne adiacenti, al fine di prevenire il diffondersi ed il proliferare degli inneschi, peraltro favoriti dalla presenza di una vegetazione incolta. Per quanto riguarda invece i controlli di prevenzione incendi, sottolineo che la discarica, in quanto tale, pur non essendo soggetta ai controlli di prevenzione incendi, ha al suo interno attività che ricadono nella previsione del controllo di prevenzione incendi, cioè dei gruppi elettrogeni per la produzione di energia elettrica alimentati dal biogas estratto dalla discarica stessa e un impianto di distribuzione carburante gestito da AMIA. Tali attività, sottoposte a controllo da parte del competente comando provinciale dei vigili del fuoco, risultano conformi alle prescrizioni della vigente normativa tecnica di sicurezza antincendio. Dal 2 agosto sono stati inoltre avviati gli accertamenti sulle misure di sicurezza antincendio, demandati, per gli aspetti di competenza, al Corpo dei vigili del fuoco nell'ambito della legislazione in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro. A partire dalla giornata di sabato non si è reso più necessario l'intervento del mezzo aereo per l'abbattimento dei fumi, attesi gli esiti positivi dell'attività di interramento dei rifiuti svolta dalle squadre, che sono ancora al lavoro presso la discarica unicamente per ultimare le operazioni di spegnimento dell'ultimo focolaio rimasto e per completare le attività di messa in sicurezza dell'impianto. Al momento l'incendio può essere considerato tecnicamente spento. Assicuro comunque che l'intera problematica, soprattutto per i paventati pericoli per la salute pubblica, è attualmente all'esame di un apposito tavolo tecnico istituito proprio nella giornata di oggi presso l'assessorato regionale della salute, che sta valutando gli esiti delle rilevazioni effettuate nell'arco della scorsa settimana per l'elaborazione di un documento conclusivo e per stabilire i tempi e le modalità di riapertura della discarica, una volta terminate le necessarie verifiche tecniche. Aggiungo infine che risulta aperto, presso la procura di Palermo, un fascicolo contro ignoti per incendio e per disastro.

(Interventi)

PRESIDENTE. Passiamo agli interventi dei rappresentanti dei gruppi.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Misuraca. Ne ha facoltà, per cinque minuti.

DORE MISURACA. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario per l'intervento rassicurante su ciò che è successo in questi giorni a Palermo. Lei, signor sottosegretario, ha fatto la storia ed ha rappresentato quali sono stati gli attori di questa vicenda: dalla prefettura all'AMIA, dall'azienda regionale per il controllo delle attività ambientali e anche, attore importante, l'Asp di Palermo, che avrebbe dovuto verificare quei risultati che lei, nella sua relazione, ha rappresentato come assolutamente rassicuranti sugli esami svolti dagli organismi regionali nella prima fase dell'incendio. Infatti l'incendio, come lei ha rappresentato, è stato, con l'intervento della forestale, domato. Però ciò che rimane da chiarire - e abbiamo il dovere di rassicurare i cittadini palermitani - è cosa sia successo nei giorni in cui si interveniva sull'incendio.
Le autorità preposte avrebbero dovuto controllare se c'era presenza di diossina nell'aria. Io non voglio essere allarmista, sono soltanto preoccupato per i miei concittadini, perché il gioco del rimbalzo delle responsabilità e una certa campagna di stampa impongono di ricercare la verità. Questo, però, non per il piacere della ricerca e della polemica, ma per rassicurare i cittadini palermitani: non soltanto quelli del comprensorio intorno a Bellolampo, ma un po' tutti coloro che in questi giorni stanno vivendo una condizione di grande disagio.
Infatti, ha ragione lei, signor sottosegretario, quando sostiene che, a Palermo, Pag. 89si è dovuta interrompere la raccolta dei rifiuti per alcuni giorni e che è intervenuta la Protezione civile, chiedendo un intervento di soggetti privati, perché Palermo ha la necessità di una raccolta assolutamente significativa. Si calcola che, ogni giorno, devono essere rimosse circa mille tonnellate di rifiuti: dai dati in mio possesso, l'AMIA, oggi, con l'attività straordinaria della Protezione civile e, lo ripeto, l'iniziativa cara, costosa dei privati, riesce a smaltirne all'incirca 700.
La parte dell'informativa al riguardo, a mio avviso, è carente. Atteso che l'AMIA è amministrata da tre commissari governativi di nomina del Ministero dell'economia e delle finanze, andrebbe fatta chiarezza - così come lei ha fatto, signor sottosegretario - sull'osservanza delle norme all'interno del sito. Dovrebbe farsi chiarezza - perché lo dobbiamo ai cittadini palermitani - su come verrà affrontata l'emergenza estiva per la raccolta dei rifiuti, atteso che la quinta vasca è praticamente inutilizzabile. Credo che, anche attendendo l'attività della procura - e dalle sue parole, signor sottosegretario, sembrerebbe che non ci sia assolutamente un'attività dolosa -, siano state rispettate tutte le procedure all'interno del sito. Credo che con queste risposte dobbiamo rassicurare i cittadini palermitani, che affrontano una condizione di disagio da una settimana.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

DORE MISURACA. Anche perché la domanda è la seguente: se gli interventi di misurazione dell'aria e della presenza di diossine sono stati immediati, quale sarebbe stato l'intervento - e concludo, signor Presidente - da parte delle aziende sanitarie per una campagna d'informazione ai cittadini palermitani per verificare quali dovevano essere gli interventi dal punto di vista del controllo alimentare?

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Siragusa. Ne ha facoltà.

ALESSANDRA SIRAGUSA. Signor Presidente, innanzitutto, vorrei ringraziare il Governo per aver voluto rendere questa informativa urgente al Parlamento su un terribile incendio che dura da domenica 29 luglio e che solo da ieri si può dire tecnicamente spento, mentre ancora i vigili del fuoco e gli operai stanno lavorando per spegnerlo. Sui giornali abbiamo letto che la procura della Repubblica sta indagando su un'ipotesi di incendio doloso.
Sono tante le manifestazioni strane che si sono verificate in discarica in questi anni, come molte autocombustioni di mezzi dell'Azienda municipalizzata di igiene ambientale. Bene, quindi, l'indagine della procura della Repubblica, tuttavia, io credo che anche la politica e le istituzioni debbano approfondire la vicenda, perché a quell'incendio si potrebbe legare il destino di AMIA, l'azienda municipalizzata di igiene ambientale, interamente partecipata dal comune di Palermo.
Che vi siano interessi mafiosi intorno alla discarica lo dice già, nel 2007, l'allora procuratore aggiunto della Direzione distrettuale antimafia di Palermo, Roberto Scarpinato, quando alla Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti dice: per quanto riguarda l'ecomafia, diverse indagini svolte dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo, nel corso degli anni, hanno evidenziato come l'organizzazione mafiosa sia incisivamente intervenuta per acquisire il controllo dell'intero ciclo economico dello smaltimento dei rifiuti. Di particolare interesse sono le risultanze emerse in un processo che recentemente si è concluso - dice così, allora, Scarpinato - con una sentenza di condanna per numerosi imputati. Si tratta del processo che riguarda le condotte criminose poste in essere da mafiosi, politici, professionisti e imprenditori per aggiudicarsi il monopolio degli appalti nella discarica di Bellolampo, per la progettazione e la realizzazione dell'inceneritore.
Se parliamo di interessi intorno alla discarica, parliamo di interessi intorno ad AMIA, al centro degli appetiti di molti.
Il Sole 24 Ore, in un articolo pubblicato nel 2010, ipotizzava che al termine dei due anni di commissariamento, AMIA sarebbe stata privatizzata e, nell'articolo, si faceva Pag. 90perfino riferimento a chi poteva essere interessato ad entrare nell'affare dell'acquisto dell'azienda, una volta risanata dai debiti. Un'ipotesi assolutamente verosimile.
Oggi, anche i sindacati parlano apertamente di operazione mafiosa per svalutare definitivamente - sto citando testualmente - il valore industriale dell'AMIA, farla fallire ad ottobre, per poi favorirne la svendita (o, comunque, la cessione a poco del servizio raccolta rifiuti a Palermo) ad un gruppo privato di probabili «carissimi amici». Lo stesso pericolo è stato paventato dal sindaco di Palermo, Leoluca Orlando.
Onorevoli colleghi e rappresentanti del Governo, oggi Palermo si ritrova, ancora una volta, in ginocchio: dopo aver affrontato più volte un'emergenza rifiuti forse più grave di quella di Napoli, emergenze legate alla mancata raccolta dei rifiuti, ma anche alla fuoriuscita di percolato dalla discarica - che è, a detta di chiunque l'abbia vista, io tra gli altri, un vero e proprio girone dell'inferno -, oggi, la mia città si ritrova a combattere con un incendio doloso, probabilmente, e il rischio di diossina. Ma occorre combattere anche contro gli sprechi di un'economia dell'emergenza, di amministratori straordinari, che risulterebbero essere superpagati per cifre, però, rimaste segrete e mai pubblicate sul sito delle aziende, che non hanno modificato fin qui le perdite strutturali, che non hanno realizzato condizioni di trasparenza gestionale e che non rispondono all'amministrazione comunale.
Oggi, Palermo ha un nuovo sindaco e una nuova giunta, eletti dal desiderio di discontinuità dei cittadini rispetto alla passata gestione tanto compromessa con il crac di AMIA.
Occorre adesso pensare di restituire l'azienda al comune e alla città e di scommettere su un futuro diverso. Le chiedo, signor sottosegretario, di interrompere il ciclo perverso e criminale che tanto male ha fatto ai palermitani, chiedendo conto agli amministratori di AMIA, nominati dal Ministero dello sviluppo economico, della regolarità del loro operato e lavorando, con il comune di Palermo, ad una gestione più trasparente ed efficace dell'azienda, che metta in sicurezza la discarica e consenta una regolare gestione dei rifiuti. Chiediamo, anche, che la Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti apra una nuova pagina su Palermo e sulla discarica. Chiediamo che sia messa finalmente la parola fine alla malagestione, al malaffare, a questa iattura che la città non si merita (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Libè. Ne ha facoltà.

MAURO LIBÈ. Signor Presidente, rappresentante del Governo, la questione che stiamo vivendo con apprensione da un po' di tempo su Palermo riguarda molte realtà italiane. È una questione che vede ritrovarci qui in Parlamento ad ascoltare le considerazioni, le notizie raccolte dal Governo - e noi per questo lo ringraziamo - e l'elenco degli interventi, però, poi, passata l'emergenza - perché anche questa è un'emergenza - non si pensa a come uscirne. La vicenda di Palermo è ancora più grave perché insiste in un territorio che presenta dei problemi che non sono solo ambientali, che non sono solo industriali, ma sono anche di altro tipo, come è stato fatto rilevare già dai precedenti interventi. Noi, questi aspetti, li abbiamo evidenziati già da tempo. Quando, anche parlando di altri provvedimenti, richiamiamo a una certa coerenza nelle valutazioni e nei comportamenti, ci riferiamo anche a questi aspetti. La vicenda di Bellolampo deriva sicuramente da una cattiva gestione, questo ormai è appurato, perché è appurato dalla Commissione di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e appurato dalle inchieste fatte dalla magistratura, però la politica, che conosce le questioni, non solo siciliane, ma anche di tante altre realtà del Paese e non solo del sud, fa poco per intervenire.
Vorrei ricordare che in Sicilia non vi è stata una pianificazione - non dico neanche seria, mi basterebbe una pianificazione - Pag. 91su come uscire dall'emergenza. Abbiamo parlato e abbiamo sentito parlare di tanti piani per la realizzazione degli impianti, del ciclo integrato e dei termovalorizzatori, ma vorrei ricordare che, quando abbiamo discusso gli ultimi provvedimenti sulla Campania, vi è stata la maggior parte del Parlamento - il mio partito no - che ha votato per dare ancora il sostegno dei CIP6 ai termovalorizzatori siciliani, che si mantengono da soli, e nonostante questo non sono stati realizzati. Vi è una situazione di difficoltà che oggi viene pagata, in un'emergenza particolare, dai cittadini. Sicuramente vi è malagestione, incapacità e sottovalutazione, perché vi è una regione che non è stata in grado, ma vorrei anche ricordare che il sindaco di Palermo, che fino a che svolgeva un ruolo diverso, urlava «al lupo, al lupo» e tutti i giorni era in trincea per evidenziare le cose che non andavano, adesso ha steso un velo pietoso dicendo che non vi è emergenza, dicendo che vi sono dei problemi ma che sono risolvibili in loco, non curandosi dei rischi igienico-sanitari. Infatti, quando vi è tutto quel percolato - e lo sa anche un bambino, perché basta vederlo per inorridire -, si capisce benissimo che rischio igienico-sanitario vi è. Il sindaco di Palermo, da quando è sindaco, ha scelto altre strade, anche qui la coerenza vorrei capire dov'è andata a finire.
Abbiamo bisogno di dare certezze ai cittadini, lo dico principalmente alle persone del nord che ci ascoltano, perché non è vero che questo è un Paese diverso a secondo della latitudine. Vi è tanta gente seria e onesta al sud, che paga le tasse e non ha i servizi, e si vede puntata il dito addosso, che è additata e classificata diversa dagli altri, ma noi non accettiamo ciò. Se la politica vuole essere seria deve risolvere l'emergenza - bravo il Governo in questo -, ma deve iniziare a pianificare seriamente, di corsa, quelli che saranno gli interventi per evitare le prossime emergenze, perché a quei cittadini che anche al sud pagano le tasse la politica seria deve qualcosa, anzi, deve molto (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lo Presti. Ne ha facoltà.

ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario, per l'informativa esaustiva e rassicurante. Ovviamente quello che doveva essere detto è stato detto, e l'illustrazione copre, evidentemente, tutte le preoccupazioni che in questi giorni hanno segnato l'opinione pubblica. Tuttavia, un aspetto salta immediatamente all'occhio: le ragioni per le quali, ad esempio, un obiettivo così sensibile come Bellolampo non sia stato sottoposto ad alcun controllo preventivo. Infatti, nessuno, in città, poteva immaginare che una discarica così imponente non avesse anche un sistema di sorveglianza che potesse, in qualche modo, allertare tempestivamente su una disgrazia come questa o che mettesse in qualche modo le autorità in guardia da possibili responsabili. Infatti, sono convinto, come credo sia convinta la maggior parte dei colleghi che mi hanno preceduto, che di incendio doloso si sia trattato. Ha ragione il sindaco Orlando a paventare, ovviamente, la longa manus della mafia su questa vicenda, così come non è un mistero che la mafia ha sempre avuto grandi interessi sul ciclo dei rifiuti, tant'è - ed è giusto dare a Cesare quel che è di Cesare - che è stato merito del Governo regionale che si è appena dimesso aver sventato il più colossale affare di questo secolo in materia di termovalorizzatori, per i quali la mafia e una certa imprenditoria avevano fatto i loro accordi sulle spalle dei siciliani. Testimonia ciò una copiosa e puntuale relazione della Commissione sul ciclo dei rifiuti, che è stata citata dalla collega Siragusa, ma che va ben oltre quello che la collega ha citato, per quanto riguarda il fatto specifico di Bellolampo.
Quindi, la preoccupazione dei palermitani non si ferma qui. È chiaro che adesso bisognerà vedere se ci saranno conseguenze sulla salute per quanto riguarda il Pag. 92precipitato dei fumi che inevitabilmente ci sarà nelle prossime settimane sulla città.
Purtuttavia invito il governo, soprattutto il Governo nazionale, ma anche le autorità locali, il sindaco di Palermo che comunque sta facendo il suo dovere - gliene va dato atto - e le autorità locali a non abbassare la guardia su questa questione e soprattutto a cercare in qualche modo di segnare la strada perché in Sicilia, e soprattutto a Palermo, si possa arrivare quanto prima ad una soluzione definitiva sulla completezza del ciclo dei rifiuti che in questo momento subisce qualche défaillance. Infatti, la discarica di Bellolampo, sappiamo tutti, è prossima alla saturazione e quindi sarà necessario trovare delle alternative immediate. Quindi, una sinergia tra istituzioni non è sbagliata. I cittadini palermitani e le forze politiche palermitane, presenti o non presenti in consiglio comunale, credo che dovranno dare responsabilmente - come daremo noi di Futuro e Libertà - tutto il sostegno alle autorità locali e nazionali perché questo problema vada affrontato e risolto, con un occhio vigile soprattutto su quei tentativi denunciati da colleghi di utilizzare magari qualche emergenza per far sì che di straforo entrino interessi sporchi nella vicenda che riguarda il ciclo dei rifiuti. In questo senso, quindi, esprimo la nostra condivisione sull'analisi fatta dal Governo e sull'informativa che abbiamo appena ascoltato (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Gianni. Ne ha facoltà.

PIPPO GIANNI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, ho ascoltato con attenzione il suo intervento, che non mi ha per nulla tranquillizzato, perché l'emergenza c'è stata e c'è ancora e, se anche dovesse finire l'incendio nella quinta vasca, nessuno ci potrà garantire che non avverrà una seconda, una terza volta o tutte le volte che, o in maniera autonoma, o per mano della mafia, o per mano di chiunque altro, di un cretino qualunque, si reincendi Bellolampo che, a differenza del nome, non è per niente bello. C'è il lampo, ma non è bello.
La situazione sul fronte dei rifiuti a Palermo si fa sempre più difficile, certamente a causa dell'incendio che brucia nella quinta vasca da diversi giorni. Il 5 agosto sembrava che la cosa dovesse migliorare e invece no: la discarica ha ripreso a bruciare. In città si sono formati cumuli di immondizia ovunque, che marcisce, si è bloccata la raccolta, si è fatta crescere la rabbia e l'esasperazione dei palermitani per la mancanza della pulizia delle strade, con un grave danno anche al turismo, perché certo i turisti non hanno visto l'ora di andare via.
Roghi di cassonetti ovunque, a macchia di leopardo in tutte le borgate, in tutte le strade, una situazione certamente gravissima, che ha inondato di diossina la città di Palermo. Abbiamo sperato che almeno le forze naturali come le forze atmosferiche, il vento, ci dessero una mano per evitare il peggio, una situazione che risalta ancora di più per l'inammissibile, inammissibile ritardo nell'erogazione da parte del Governo dei 60 milioni di fondi FAS già destinati dal Governo al comune e dal comune all'AMIA, ma mai trasferiti e mai giunti a Palermo.
Non voglio fare polemica con i colleghi della Lega che oggi avevano da ridire sugli interventi economici a favore della regione siciliana, ma vorrei ricordare a me stesso e ai colleghi della Lega Nord che i fondi FAS nel meridione della Sicilia sono stati utilizzati in una grande parte per le aziende del nord che avevano bisogno di risorse (cassa integrazione e quant'altro).
Io qui devo ringraziare certamente di operatori ecologici, il prefetto, la Protezione civile, i vigili del fuoco, i canadair, il Corpo forestale e quanti altri si sono adoperati, ma il Governo nazionale, signor sottosegretario, ha il dovere di intervenire immediatamente, vista anche la demagogia con la quale trattiamo l'argomento. Non me ne voglia il collega Lo Presti, che è andato via, ma io non posso bloccare tutto quello che mi viene in mente, perché altrimenti interviene la mafia. Delle due Pag. 93l'una: se i termovalorizzatori non vanno bene, o i rigassificatori, o qualunque altra cosa, si dia una alternativa.
Per quanto lodevole possa essere il fatto della raccolta differenziata, a Palermo - così come in molte altre città dell'Italia del meridione - è a zero e anche quando la stessa fosse eccellente, vorrei sapere: la raccolta differenziata dove va a finire? Certamente in discarica, quindi passiamo da una discarica all'altra; qualche volta è una discarica indifferenziata, qualche altra una discarica differenziata. Per fare cosa? Per fare cosa? Nulla, soltanto demagogia. Mi dispiace per il collega Lo Presti, che è andato via, ma vorrei ricordare che tutto questo non è frutto di un destino cinico e baro. È il risultato della fallimentare politica di raccolta e smaltimento o del piano integrale dei rifiuti portato avanti dal Governo regionale, dal Governo Lombardo e da chi ne faceva parte.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Gianni.

PIPPO GIANNI. Diciamolo con estrema franchezza: non vogliamo lasciare alibi a nessuno, ma la salute dei cittadini innanzitutto. Concludo, signor Presidente. La modalità di conferire i rifiuti non va bene. Prendiamo atto che non bastano le parole, le chiacchiere, le proposte e tutto quello che le pare, signor sottosegretario, ma dobbiamo toglierci dalla demagogia e dalle chiacchiere.

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Gianni.

PIPPO GIANNI. Non possiamo nemmeno prendere le navi e portare i rifiuti all'estero, come avviene in qualche altra città del meridione. Ognuno deve poter smaltire i propri rifiuti, senza demagogia e con la certezza per i cittadini che la salute questo Governo ci tiene a farla mantenere bene.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Messina. Ne ha facoltà.

IGNAZIO MESSINA. Signor Presidente, signor sottosegretario, ho ascoltato con attenzione il sottosegretario rispetto alla relazione che ha fatto. I dati sono quelli obiettivamente noti e che già sui giornali di oggi vengono individuati, per cui nulla di nuovo. Io vorrei entrare invece nel merito della questione, che ha due sfaccettature. Rassicurare sull'oggi va bene, anche se l'incendio tecnicamente sembra spento, ma in realtà di fatto non lo è, e continua dal 29 luglio, quindi da nove giorni.
Devo dire, da palermitano, che ci siamo svegliati domenica mattina sotto la cenere sulla città, perché continua a bruciare dopo diversi giorni e ovviamente ciò ha creato disagi notevoli. C'è la diossina? Non c'è la diossina? Ancora oggi questo non è dato sapere, perché il dato non è certo. Quindi, noi speriamo che non ci sia, però bisogna cominciare a pensare che non si può solo attenzionare un'emergenza. Ed è questo proprio il problema: da un lato rassicurare sull'oggi in qualche modo, così come il sottosegretario ha ritenuto di fare, dall'altro rassicurare sul futuro, e in questo caso il Governo ha delle responsabilità notevoli, non indifferenti.
Io non entro nel merito, ma una puntualizzazione, rispetto all'intervento che il collega Libè ha fatto, è dovuta. Il collega credo che abbia espresso poche idee, ma di una enorme confusione. Non si è reso conto che il partito a cui lui appartiene ha governato la Sicilia per circa quindici anni e quindi, se c'è un problema di disfunzione del piano rifiuti regionale, probabilmente è ascrivibile in parte, se non in toto, anche a lui. La seconda questione riguarda il fatto che egli parlava di una posizione del sindaco di Palermo, che oggi ha cambiato strategia. Voglio ricordare - non c'è, ma lo ricordo lo stesso, al collega Libè - che si è votato a maggio, quindi forse si riferiva al sindaco precedente, che anche lui ha sostenuto il Governo, perché da maggio ad oggi, da fine maggio ad oggi, il sindaco Orlando si è trovato davanti a questa emergenza, che sta affrontando nel migliore dei modi possibili. Aggiungo che si è trovato davanti ad un'azienda commissariata Pag. 94dallo Stato, in amministrazione straordinaria per debiti, che certamente non si sono verificati in due mesi, considerato che è in amministrazione straordinaria da due anni. Credo, quindi, che questo vada puntualizzato.
Detto questo, e non con spirito polemico, ci sono due problemi. Un problema riguarda la sicurezza della discarica. Intanto è chiaro che un ringraziamento va certamente alla Protezione civile, va certamente al Corpo forestale dello Stato, ai Vigili del fuoco, va soprattutto ai dipendenti, ai lavoratori della stessa AMIA, che con grande difficoltà per primi hanno individuato e guidato in questo inferno che si è creato a Palermo per cercare di risolverlo. Voglio sottolineare questo primo punto che sottopongo al Governo nella speranza che non rimanga lettera morta, ma possa essere preso in seria considerazione.
La discarica manca delle più elementari condizioni di sicurezza, anche di carattere generale. Si pensi che i teloni sono tenuti, per non farli volare via col vento, da vecchi copertoni. Allora voi immaginate come non si pensa di evitare gli incendi quando, da questo punto di vista, non si hanno i minimi canoni di sicurezza rispettati. Anche il personale non è adeguatamente equipaggiato e anche questo è un tema molto serio. Si è verificata inadeguatezza degli impianti antincendio, quindi è chiaro che c'è un problema. La mancanza di copertura giornaliera: non viene fatta quotidianamente, ed è un riscontro che credo abbia anche il sottosegretario. In una discarica di questo tipo, se tu non copri quotidianamente con la terra, l'acqua serve a poco perché devi compattare in questo senso.
Poi c'è un problema di gestione ulteriore della raccolta differenziata a Palermo, che è al 2 per cento in questo momento, quindi ovviamente è praticamente nulla e non può certo portare a delle soluzioni. Dall'altra parte, e qui il sottosegretario sicuramente, con la sua competenza e professionalità mi può ben comprendere, c'è la mafia. Contrariamente a quello che diceva chi mi ha preceduto, l'onorevole Gianni, c'è la mafia che è interessata al ciclo dei rifiuti, e come è interessata.
Questa amministrazione straordinaria, questi incendi, la via degli incendi che è stata seguita, dimostra che ci sono diversi focolai in diversi punti, addirittura punti strategici. Poi verrà accertato, ma la maggior parte di chi se ne sta occupando pensa che sia doloso un incendio e, quindi, dietro un dolo c'è un interesse, un interesse non lecito. Su questo bisogna intervenire.
Allora, il problema serio, ed ecco lì il Governo deve fare tanto, è che il commissariamento non va più bene. I commissari straordinari oggi devono andare via, considerato che c'è una nuova realtà amministrativa che si deve assumere la responsabilità di gestire un'azienda totalmente municipalizzata. Quindi, non è una partecipata di maggioranza o di minoranza, è totalmente comunale. In altre parole, c'è un comune che ha una nuova amministrazione, che deve governare la città, ma che si vede governata dai rifiuti da tre commissari straordinari, nominati dal Ministro dello sviluppo economico.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Messina.

IGNAZIO MESSINA. Tutto ciò non funziona. Sto concludendo, Presidente.

PRESIDENTE. Onorevole Messina, è già oltre un minuto.

IGNAZIO MESSINA. Un minuto solo. Mi faccia finire. È troppo importante la salute dei cittadini palermitani. Manca un solo intervento, Presidente.

PRESIDENTE. Anche gli altri hanno fatto un solo intervento. Concluda, onorevole Messina.

IGNAZIO MESSINA. Concludo dicendo che non è tollerabile tenere i commissari straordinari, ma vanno immediatamente tolti. Non si possono tenere pagandoli un milione di euro l'anno, senza che si sappia Pag. 95per certo, in un'azienda che perde 20 milioni di euro l'anno. Tutte queste cose credo siano uno scandalo. Se si vuole arrivare non a garantire il presente, ma a rassicurare sul futuro, bisogna prendere decisioni. Questo Governo dimostri di volerlo fare (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Onorevole Messina, ha approfittato della distrazione del Presidente.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Terranova. Ne ha facoltà, per due minuti.

GIACOMO TERRANOVA. Signor Presidente, cercherò di stare all'interno dei tempi, anche perché la gran parte delle cose sono state già illustrate dai colleghi, cittadini di Palermo come me, che hanno seguito sulla propria pelle, in diretta, gli episodi di questi giorni. Un elemento su tutti, perché mi pare che nell'intervento del collega Messina sia prevalente l'interesse a togliere i commissari straordinari, come se potessero essere in qualche modo loro la cosa di cui in questa sede oggi dobbiamo occuparci. Quello è un aspetto diverso. Quello che a me interessa sottolineare e su cui intendo richiamare l'attenzione è se tutto quello che si poteva fare nell'interesse della salute dei cittadini è stato fatto. Mi dispiace, sottosegretario, ma non ci crede quasi nessuno al fatto che la matrice non sia dolosa.
Sembra talmente geometrica e puntuale la posizione dei focolai, da lasciar propendere quasi naturalmente per l'esatto contrario, cioè per una matrice dolosa, con tutti quegli scenari che sono stati illustrati dai colleghi che mi hanno preceduto.
Quello che a me preme sottolineare - lo ripeto - è se, comunque, nelle ore immediatamente successive al momento in cui gli incendi sono divampati, dunque in un difficile momento di interpretazione di ruoli e competenze, tutto quello che si poteva fare è stato fatto in ordine alle azioni di contenimento dei possibili danni, sul fatto che questa diossina sia presente nell'aria o sia precipitata e se sono state date alla popolazione le giuste rassicurazioni riguardo alle modalità di contrasto. Credo che questo sia il primo elemento di cui occuparci. Del resto credo che potremo occuparci successivamente degli scenari drammatici di un'azienda come l'Amia, che rappresenta, purtroppo, la sintesi di tante negatività, e delle azioni che il Governo dovrà assumere di conseguenza. Quello che credo sia importante capire è cosa fare per la salute dei cittadini.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Vatinno. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE VATINNO. Signor Presidente, membri del Governo, onorevoli colleghi, se gli incendi in generale sono fonte di grave apprensione, il rogo della discarica di Bellolampo a Palermo ha creato, per la sua peculiarità, una situazione di obiettiva preoccupazione e di disagio, sia per le possibili cause sia per le conseguenze sull'ambiente e sulla popolazione.
Per le prime occorre sapere se vi sono origini criminali, come dice il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, e se sì, quali misure il Governo intenderà seguire per individuare i colpevoli e per prevenire il ripetersi di fenomeni analoghi. Per le seconde, il Governo ci deve dire il livello di inquinamento da diossina e da altre sostanze e come intende comportarsi per contenere e limitare il fenomeno. Altresì, vorremmo sapere, trattandosi come detto di un incendio particolare, perché avvenuto in una discarica, se sono state seguite tutte le misure precauzionali per quanto riguarda il gestore, cioè l'azienda pubblica di igiene ambientale, attualmente commissariata, e che, a detta del sindaco di Palermo, presenta disfunzioni generali, come l'inadeguatezza dell'impianto antincendio e la mancanza di dotazioni di dispositivi di protezione individuali.
Inoltre, in una prospettiva più generale, ricordiamo che non solo la Sicilia ma molta parte dell'Italia brucia nei mesi estivi, provocando danni ingentissimi al patrimonio ambientale, oltre che comprensibile preoccupazione nella popolazione. È per questo che chiediamo anche Pag. 96al signor Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di mettere in azione tutti i provvedimenti preventivi del caso. Lo Stato, infatti, dovrebbe avere una funzione fiduciaria e di tutela presso la pubblica opinione. Per fare questo, il Governo e le istituzioni devono sempre agire per il meglio, sia in funzione preventiva sia fattuale. Solo così potremo riguadagnare quella fiducia nel rapporto tra cittadini e istituzioni che da troppo tempo si è indebolita o manca del tutto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Oliveri. Ne ha facoltà.

SANDRO OLIVERI. Signor Presidente, signor sottosegretario, la ringrazio per la sua relazione rassicurante. Avendo sentito - ho preso appunti - di messa in sicurezza, di incendio tecnicamente spento, di valori nella norma possiamo intendere che il problema sia risolto e, quindi, archiviato. Siccome tengo particolarmente alla salute dei cittadini, devo dire che non è così, pur essendo vera la sua relazione, perché ho avuto modo di verificarlo, effettivamente, la situazione è questa. Però, ci troviamo di fronte a una situazione che perdurerà in tale condizione, nell'impossibilità di poter effettuare la raccolta e il conferimento in discarica per almeno 15 giorni.
Quindi, il fenomeno che finora ha bloccato la raccolta a Palermo e che ha determinato una condizione di invivibilità, se non di pericolo per la salute, per lo stazionamento di parecchi cumuli di rifiuti per le strade, tenderà a peggiorare, perché, come abbiamo sentito, circa un milione di tonnellate di rifiuti viene prodotto al giorno, ma se ne smaltiscono circa 600, 700 mila tonnellate. Quindi, il fenomeno che finora si è presentato andrà ad aggravarsi. A questo aggiungiamo che esiste a Palermo un'usanza, che è quella di dare fuoco a questi cumuli, forse nella convinzione che si possano ridurre, invece sprigionando - forse in misura maggiore di quello che avviene a Bellolampo - tutta una serie di veleni, gravi e pericolosi. Pertanto, possiamo capire come il problema non sia assolutamente risolto.
Dunque, mi preme, con il mio intervento, dare delle indicazioni per poter risolvere quelli che sono i problemi che ancora si presenteranno. Abbiamo già sentito che con la delibera CIPE n. 69 del 2009 erano stati stanziati 60 milioni per la messa reale in sicurezza, ma finora non è stato dato un euro. Con l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri nel 2010 sono stati stanziati 200 milioni, ma non è stato erogato un euro. Dunque, la messa in sicurezza reale finora non è avvenuta.
Termino, quindi, dicendo che è necessario erogare immediatamente alcuni fondi, per far fronte all'emergenza immediata, per poter smaltire questi rifiuti che ancora stazionano e stazioneranno per le strade di Palermo. È necessario provvedere immediatamente.

PRESIDENTE. È così esaurita l'informativa urgente del Governo.

Sull'ordine dei lavori ed articolazione dei lavori dell'Assemblea nella prima settimana di settembre 2012 (ore 17,20).

PRESIDENTE. Si è riunita stamane la Conferenza dei presidenti di gruppo per definire l'organizzazione dei lavori nelle prossime settimane. È stato innanzitutto stabilito che la Camera potrà tornare a riunirsi nel corso del mese di agosto per l'esame di questioni urgenti o per la presentazione di disegni di legge di conversione di decreti-legge.
In tale periodo potranno altresì convocarsi le Commissioni (che in ogni caso torneranno a riunirsi dal 3 settembre) per l'esame di eventuali questioni urgenti di propria competenza. In particolare, la Commissione bilancio, secondo quanto concordato con la Presidenza della Camera, manterrà durante il mese di agosto i contatti con i competenti rappresentanti del Governo al fine di garantire che la Camera sia tempestivamente informata in merito ad ogni circostanza rilevante per la finanza pubblica. Pag. 97
È stata inoltre definita la seguente articolazione dei lavori dell'Assemblea per la prima settimana di settembre:

Mercoledì 5 settembre
Ore 15

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata (question time).

Dalle ore 16
Discussione sulle linee generali dei disegni di legge di ratifica:
C. 4250 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di coproduzione cinematografica tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica popolare cinese, firmato a Pechino il 4 dicembre 2004, con Nota di interpretazione dell'articolo 10 fatta il 19 marzo 2008 ed il 10 aprile 2008 (approvato dal Senato);
C. 5076 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo quadro tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall'altra, fatto a Bruxelles il 10 maggio 2010;
C. 5108 - Ratifica ed esecuzione della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Mongolia per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio e per prevenire le evasioni fiscali, con Protocollo aggiuntivo, fatta a Ulan Bator l'11 settembre 2003;
C. 5180 - Ratifica ed esecuzione del Memorandum d'intesa sulla cooperazione nel settore della difesa tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica islamica del Pakistan, fatto a Roma il 30 settembre 2009;
C. 5193 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo sul partenariato e la cooperazione di lungo periodo tra la Repubblica italiana e la Repubblica islamica dell'Afghanistan, fatto a Roma il 26 gennaio 2012.

Discussione sulle linee generali della mozione Montagnoli, Beccalossi, Fogliardi, Moroni, Borghesi ed altri n. 1-01078 concernente iniziative in materia di gestione del servizio pubblico di navigazione sui laghi prealpini.

Giovedì 6 settembre (ore 10 e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna e nella giornata di venerdì 7 settembre) (con votazioni).

Seguito dell'esame dei disegni di legge di ratifica:
C. 4250 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di coproduzione cinematografica tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica popolare cinese, firmato a Pechino il 4 dicembre 2004, con Nota di interpretazione dell'articolo 10 fatta il 19 marzo 2008 ed il 10 aprile 2008 (approvato dal Senato);
C. 5076 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo quadro tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall'altra, fatto a Bruxelles il 10 maggio 2010;
C. 5108 - Ratifica ed esecuzione della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Mongolia per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio e per prevenire le evasioni fiscali, con Protocollo aggiuntivo, fatta a Ulan Bator l'11 settembre 2003;
C. 5180 - Ratifica ed esecuzione del Memorandum d'intesa sulla cooperazione nel settore della difesa tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica islamica del Pakistan, fatto a Roma il 30 settembre 2009;
C. 5193 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo sul partenariato e la cooperazione di lungo periodo tra la Repubblica italiana e la Repubblica islamica dell'Afghanistan, fatto a Roma il 26 gennaio 2012.

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Seguito dell'esame della mozione Montagnoli, Beccalossi, Fogliardi, Moroni, Borghesi ed altri n. 1-01078 concernente iniziative in materia di gestione del servizio pubblico di navigazione sui laghi prealpini.

Esame di un documento in materia di insindacabilità ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento civile nei confronti del deputato Lo Presti (Doc. IV-quater, n. 21).

Svolgimento di interpellanze urgenti.
La Conferenza dei presidenti di gruppo tornerà a riunirsi giovedì 6 settembre per definire il calendario delle restanti settimane del mese.
L'organizzazione dei tempi per la discussione degli argomenti previsti sarà pubblicata in calce al resoconto stenografico della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori (ore 17,25).

SOUAD SBAI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Onorevole Barbato, non solo per questioni di galanteria ma perché si è iscritta prima di lei. Onorevole Barbato, almeno non tradisce la sua provenienza da una regione che ha fatto della cortesia e della galanteria uno dei suoi punti di forza.

SOUAD SBAI. Signor Presidente, la ringrazio per la sua galanteria, vorrei ringraziarla per avermi dato la parola e ringrazio tutti i cari colleghi.
Da ieri in Tunisia lo Stato assicura la protezione dei diritti della donna sotto il principio della - udite - complementarità, non uguaglianza, nei confronti dell'uomo, in seno alla famiglia, una qualità di associata all'uomo nello sviluppo della patria. Ecco come l'estremismo governa oggi la Tunisia, tratta le donne e le rende libere. Siamo alla palese eliminazione dell'uguaglianza fra uomo e donna nel testo costituzionale tunisino. È lo schiaffo più duro alle donne, non solo del mondo arabo ma anche delle donne che vivono nell'Occidente, delle donne occidentali.
Il codice dello statuto personale delle donne in Tunisia del 1956, ad opera di Bourguiba, aveva eliminato la poligamia e il ripudio, aveva riconosciuto di fatto l'uguaglianza totale tra uomo e donna, i diritti delle minoranze e la libertà religiosa. Ora è carta straccia. Ecco il frutto della «Primavera araba», caro Presidente, ecco il frutto del salafismo radicalista a cui l'Occidente ha consegnato il mondo arabo, un certo Occidente. Siamo stati zitti sulla questione delle donne afgane, sulle donne saudite, senza parlare di tante donne che vivono nel mondo arabo. Chiedo anche formalmente al Ministro Terzi di Sant'Agata di verificare se e come sia possibile mantenere ancora un rapporto di amicizia e collaborazione con un Paese che nei fatti umilia le donne, i diritti umani e le minoranze. Proprio ieri un italiano è stato sgozzato - un italiano, caro Presidente - è stato sgozzato in Tunisia, perché la pensava in un'altra maniera.
Consiglio al Presidente della Tunisia, Marzouki - come ho fatto già sulla stampa araba in questi giorni - invece di criticare la monarchia marocchina, che esiste da 14 secoli e che da 18 anni porta avanti le riforme per i diritti umani e per quelli assoluti delle donne, anzi gli chiedo di vergognarsi, al signor Marzouki, per il bel regalo che ha fatto alle donne tunisine; ma io credo alla forza delle donne tunisine, che hanno già comunicato che a questo affronto non ci stanno e anche noi non ci stiamo, noi come donne italiane, come donne occidentali, come donne, non ci stiamo a questa vergogna. Le donne tunisine sono portate a combattere questo pensiero integralista e wahabita che vorrebbe annullare totalmente la figura femminile come ha già fatto in Afghanistan e in altri Paesi.
Vorrei ringraziare le colleghe, l'onorevole Bertolini e l'onorevole Bergamini, per tutti i comunicati che hanno fatto questi giorni per le donne tunisine.

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FRANCESCO BARBATO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BARBATO. Signor Presidente, intervengo per sollecitare, proprio in ordine ai lavori della Camera, visto quanto abbiamo sentito anche nella giornata odierna in ordine alla «saturazione» o «commissariamento» se preferite dell'attività parlamentare, per quanto riguarda le ripetute richieste di voti di fiducia, e quindi di lavoro che facciamo a rimorchio del Governo, e non diretto, su un altro aspetto che davvero incrina sempre di più a questo punto davvero la democrazia, perché nel lavoro del parlamentare c'è anche la funzione, o meglio, il potere del sindacato ispettivo che può espletare nei suoi compiti. Ebbene, anche su questo versante, io mi permetto di segnalare alla Presidenza un ritardo o delle non risposte ad interrogazioni; io ho delle interrogazioni, addirittura del 2008, che sono rimaste a tutt'oggi senza alcuna risposta.
Allora, poiché, signor Presidente, io intendo, come componente dell'Italia dei Valori, guadagnarmi lo stipendio che percepisco da parlamentare, e poiché percepisco uno stipendio importante, allora io voglio dare delle risposte a quei cittadini che anche il sabato e la domenica vengono a casa mia a segnalarmi ingiustizie, diritti negati, o le e-mail che mi scrivono da tutta Italia, o le lettere che trovo qui nella buca della posta dove mi segnalano le anomalie e le ingiustizie, che sono tantissime in questo Paese; allora io ritengo di dover dare delle risposte a questi cittadini.
È questa la ragione per la quale, proprio nella sola giornata di oggi, ho presentato cinque interrogazioni, perché a noi di Italia dei Valori piace ascoltare, interpretare e portare avanti le istanze che ci vengono dai cittadini; però poi questo lavoro viene interrotto dall'interlocutore istituzionale che abbiamo, ovvero il Governo, che non ci dà delle risposte. Ci sono delle mie interrogazioni che, come le dicevo, risalgono addirittura al 2008, a cui non ho ancora ricevuto risposta; oppure ad esempio interrogazioni del 2011, come quella sull'Istituto Pascale di Napoli sui tumori, o su temi sui quali il tempo non è una variabile indipendente.
Penso, ad esempio, alla mozzarella di bufala in Campania, dove si rischia di perdere il marchio DOP, o, addirittura, ai grandi temi del lavoro. Penso all'interrogazione che abbiamo presentato sui lavoratori dell'industria conserviera AR di Sant'Antonio Abate, dove pure lei è stato, signor Presidente, conosce quelle zone, e a tanti altri casi, soprattutto nel mondo del lavoro.
Concludo ricordando un'interrogazione sulla FIAT di Marchionne dell'aprile 2011, altre sull'Irisbus di Avellino, sui lavoratori della SNAI, su quelli della Meridiana, sui lavoratori in nero presso le Poste Italiane. Signor Presidente, la richiesta che le faccio è la seguente: perché dobbiamo aspettare sempre i dispositivi della magistratura, le risposte che dà la magistratura per le responsabilità penali? Ad esempio, sulla Biblioteca dei Girolamini a Napoli ho presentato un'interrogazione: hanno arrestato, hanno cacciato, stanno facendolo le cause. Ma che aspettiamo, che ci vengano dichiarate le responsabilità da altre sedi?
Noi, invece, dovremmo fare intervenire le responsabilità amministrative, e questo lo dovrebbero fare i Ministeri. Il Governo presso i Ministeri ha tanto personale, abbiamo tanta spesa pubblica, di cui abbiamo parlato, abbiamo una sovrabbondanza, sono affollatissimi, vi sono tanti comandati, distaccati, raccomandati e così via. Perché non li mettiamo a lavorare, così almeno ci danno risposte in tempi ragionevoli? Infatti, darci risposte fuori tempo significa non averci fatto fare bene il nostro lavoro. Poiché il Premier Monti ha detto che prenderà solo sette giorni di vacanze, occupiamo questo periodo, se cortesemente si fa portavoce di questa nostra richiesta, signor Presidente, per sollecitare i Ministeri, i Ministri, il Governo a darci delle risposte, perché io, Pag. 100parlamentare dell'Italia dei Valori, voglio guadagnarmi il mio stipendio (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

MAURO PILI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAURO PILI. Signor Presidente, come lei ha annunciato, oggi il Parlamento va in ferie, mentre alcune realtà industriali del Sulcis e della Sardegna rischiano, invece, ad agosto, di chiudere definitivamente. Intervengo per chiedere che il Governo venga qui a riferire su due questioni che in queste ore stanno assumendo un tono di grande preoccupazione per la nostra regione, ma, soprattutto, per il Paese.
Mi riferisco, in particolar modo, alle vertenze che riguardano il Sulcis Iglesiente e, più in generale, il sistema industriale sardo. Vi sono due fatti eloquenti, signor Presidente: quello della società Alcoa e quello relativo alla miniera Carbosulcis del progetto integrato miniera-centrale.
Per quanto riguarda il tema dell'Alcoa, è di queste ultime ore la notizia che il Governo ci ha dato, e cioè che la trattativa di vendita è sostanzialmente fallita: un percorso che abbiamo detto sin dall'inizio essere sbagliato nella sostanza e nel metodo. Occorreva individuare puntualmente una strada che affrontasse il vero tema, cioè quello del costo energetico - voglio richiamarlo qui -, un costo superiore del 70 per cento a quello della media nazionale, che ha condizionato il mantenimento di quella fabbrica, che dal 1o settembre chiuderà.
È ormai ufficiale, è stato scritto nell'accordo al Ministero dello sviluppo economico: dal 1o settembre inizierà la fermata degli impianti, un fatto drammatico per il Sulcis Iglesiente, un fatto devastante sul piano nazionale, considerato che questa azienda è la prima produttrice di alluminio primario in Italia ed è una delle principali in Europa, e che sostanzialmente, l'alluminio è uno di quei materiali che costituisce l'ossatura di un sistema produttivo del Paese che certamente non può essere abbandonato. Quindi, in questa direzione, la mia forte richiesta è che il Governo venga a riferire in Aula su questo tema non appena riprenderà l'attività parlamentare, ma che intanto, in questi giorni, si attivi per quella risposta sostanziale che riguarda il costo energetico e l'obbligo, che deve essere imposto sul piano politico della persuasione, all'ENEL perché si sottoscrivano accordi bilaterali, gli unici possibili, gli unici che possono davvero affrontare il riequilibrio del costo energetico nel nostro Paese, e in particolar modo in Sardegna. Noi non chiediamo incentivi: chiediamo il riequilibrio del costo energetico rispetto al livello nazionale e a quello comunitario.
Il secondo tema è quello della Carbosulcis: è di queste ore la notizia che la Commissione europea ha chiesto, per la terza volta, ulteriori chiarimenti al Governo italiano sulla realizzazione del sistema integrato miniera-centrale cattura e stoccaggio di CO2, cioè uno di quegli elementi che poteva mettere davvero l'Italia all'avanguardia sul tema del risparmio energetico, ma anche sul piano ambientale, con la cattura e lo stoccaggio di CO2.
Stiamo parlando, nella complessità, di circa 3 mila posti di lavoro, tra diretti e indiretti, che rischieranno, entro il mese di agosto, di essere abbandonati a se stessi, senza una strategia di merito.
Aggiungo che, per quanto riguarda la parte della Carbosulcis, si registra un atteggiamento del Governo lassista e assolutamente incapace di tracciare una linea su come affrontare questo tema. Si registra una condivisione del Governo della posizione di contrarietà dell'ENEL: il Governo, cioè, è appiattito sulle posizioni dell'ENEL, che non vuole in alcun modo che venga rotto il monopolio in Sardegna di governo dell'energia e della trasmissione elettrica attraverso Terna, e quindi, si fa davvero carico di un crollo del sistema industriale della Sardegna.
Il Governo su questo tema è latitante: il sottosegretario ha comunicato avant'ieri, di fatto, delle difficoltà oggettive secondo il Governo, tra le quali la parte finanziaria. Quest'ultima è sancita da un decreto del Presidente della Repubblica del 1994, reiterato Pag. 101con leggi importanti fatte da questo Parlamento. Credo che sia assolutamente necessario che il Governo intervenga per evitare che, entro la fine di questo mese, si metta a segno un duro colpo al sistema industriale della Sardegna e, soprattutto, a quello occupazionale.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Mercoledì 8 agosto 2012, alle 17,30:

Comunicazioni del Presidente.

La seduta termina alle 17,40.

TESTO INTEGRALE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO FINALE DEL DEPUTATO GIUSEPPE OSSORIO SUL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 5389

GIUSEPPE OSSORIO. Leghiamo il nostro voto alla consapevolezza di ciò che sul Corriere della Sera ha efficacemente scritto Ernesto Galli della Loggia. Abbiamo vissuto per anni indebitandoci allegramente. Voteremo a favore del provvedimento sulla revisione della spesa e sulla dismissione del patrimonio pubblico ma i Repubblicani ripropongono al Presidente del Consiglio i punti della lettera del collega Francesco Nucara e vogliamo sottolineare il punto che riguarda i bilanci preventivi che non devono prevedere aumento della spesa.
Il provvedimento reca in se un obiettivo: al netto della riduzione della spesa pubblica, i servizi ai cittadini devono essere almeno più efficienti, e non possono essere compressi oltre un limite possibile per essere accettati. Con una pressione fiscale tanto elevata non è possibile rendere ai cittadini un basso livello di servizi pubblici e, in molti casi, anche di scarsa qualità. È tutto qui il punto centrale della politica di austerità imposta agli italiani. Ai Repubblicani pare che manchi la consapevolezza della unitarietà dei provvedimenti di austerità, della contestuale qualità dei servizi e della elevatissima pressione fiscale.
Non capiamo il peronismo liberista di chi afferma l'urgenza di abbassare l'inasprimento fiscale. E chi è che disconosce questa necessità! I Repubblicani sommessamente fanno presente agli economisti e ai giornalisti polemisti: chi sosterrebbe la spesa pubblica? Quindi il provvedimento del Governo è necessario e con responsabilità lo votiamo. Però ci pare di poter suggerire la necessità di dare una spinta alle liberalizzazioni del capitalismo comunale e regionale che ancora oggi sono al palo.

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ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME DEI DISEGNI DI LEGGE DI RATIFICA NN. 4250, 5076, 5108, 5180 E 5193 E DELLA MOZIONE N. 1-01078

Disegni di legge di ratifica nn. 4250, 5076, 5108, 5180 e 5193

Tempo complessivo: 2 ore per ciascun disegno di legge di ratifica.

Relatore 5 minuti
Governo 5 minuti
Richiami al Regolamento 5 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 11 minuti (con il limite massimo di 2 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 1 ora e 29 minuti
Popolo della Libertà 13 minuti
Partito Democratico 13 minuti
Lega Nord Padania 14 minuti
Unione di Centro per il Terzo Polo 6 minuti
Futuro e Libertà per il Terzo Polo 5 minuti
Popolo e Territorio 5 minuti
Italia dei Valori 13 minuti
Misto: 20 minuti
Grande Sud-PPA 2 minuti
Alleanza per l'Italia 2 minuti
Liberali per l'Italia-PLI 2 minuti
Fareitalia per la Costituente Popolare 2 minuti
Repubblicani-Azionisti 2 minuti
Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud 2 minuti
Iniziativa liberale 2 minuti
Liberal Democratici-MAIE 2 minuti
Minoranze linguistiche 2 minuti
Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia 2 minuti
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Mozione n. 1-01078 - Servizio pubblico di navigazione sui laghi prealpini

Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*).

Governo 25 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 59 minuti (con il limite massimo di 10 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 21 minuti
Popolo della Libertà 59 minuti
Partito Democratico 58 minuti
Lega Nord Padania 29 minuti
Unione di Centro per il Terzo Polo 25 minuti
Futuro e Libertà per il Terzo Polo 22 minuti
Popolo e Territorio 21 minuti
Italia dei Valori 21 minuti
Misto: 26 minuti
Grande Sud-PPA 6 minuti
Alleanza per l'Italia 3 minuti
Liberali per l'Italia-PLI 3 minuti
Fareitalia per la Costituente Popolare 2 minuti
Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud 2 minuti
Repubblicani-Azionisti 2 minuti
Iniziativa liberale 2 minuti
Liberal Democratici-MAIE 2 minuti
Minoranze linguistiche 2 minuti
Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia 2 minuti

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 5 minuti per l'illustrazione della mozione.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Ddl 5389 - odg 9/5389/14 448 436 12 219 65 371 21 Resp.
2 Nom. odg 9/5389/28 458 446 12 224 89 357 21 Resp.
3 Nom. odg 9/5389/43 rif. 468 457 11 229 389 68 21 Appr.
4 Nom. odg 9/5389/48 482 477 5 239 83 394 21 Resp.
5 Nom. odg 9/5389/67 485 477 8 239 72 405 21 Resp.
6 Nom. odg 9/5389/70 496 487 9 244 72 415 21 Resp.
7 Nom. odg 9/5389/74 495 487 8 244 69 418 21 Resp.
8 Nom. odg 9/5389/77 499 487 12 244 132 355 21 Resp.
9 Nom. odg 9/5389/80 496 487 9 244 88 399 20 Resp.
10 Nom. odg 9/5389/85 500 492 8 247 21 471 20 Resp.
11 Nom. odg 9/5389/162 448 439 9 220 261 178 20 Appr.
12 Segr Dimissioni On. M. Parenti 379 371 8 186 279 92 20 Appr.
13 Nom. Ddl 5389 - voto finale 479 457 22 229 371 86 20 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.