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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 668 di mercoledì 18 luglio 2012

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

La seduta comincia alle 15.

GUIDO DUSSIN, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 9 luglio 2012.
(È approvato).

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport, il Ministro per i beni e le attività culturali, il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro per i rapporti con il Parlamento.

(Intendimenti del Governo in relazione all'esercizio della delega di cui alla legge comunitaria 2010 per il riordino della disciplina delle concessioni demaniali marittime con finalità turistico-ricreative - n. 3-02394)

PRESIDENTE. L'onorevole Razzi ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-02394, concernente intendimenti del Governo in relazione all'esercizio della delega di cui alla legge comunitaria 2010 per il riordino della disciplina delle concessioni demaniali marittime con finalità turistico-ricreative (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

ANTONIO RAZZI. Signor Presidente, signor Ministro, la materia delle concessioni demaniali marittime con finalità turistico-ricreative è governata dalla «direttiva servizi» del 2006, in combinato con l'articolo 1, comma 18, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25, per quanto riguarda la determinazione dei criteri e delle modalità di affidamento delle concessioni medesime, ed in combinato con l'articolo 11 della legge n. 217 del 2011 (legge comunitaria 2010), che delega il Governo alla stesura di un decreto legislativo di revisione e di riordino della materia in oggetto.
Signor Ministro, le chiedo se non si ritenga opportuno ed urgente avviare un confronto con le regioni e con gli altri livelli istituzionali sui contenuti di eventuali provvedimenti normativi nella materia in oggetto e se si sia avviato un confronto con la Commissione europea o se si abbia intenzione di avviarlo al fine di valutare la necessità di escludere le concessioni demaniali marittime con finalità turistico-ricreative dall'applicazione della «direttiva servizi».

PRESIDENTE. Il Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport, Piero Gnudi, ha facoltà di rispondere.

PIERO GNUDI, Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. Signor Presidente, mi sia consentito un breve quadro sulla tematica delle modalità di affidamento delle concessioni demaniali marittime. La Commissione europea aveva, a suo tempo, attivato una procedura d'infrazione comunitaria riguardante la sussistenza di meccanismi anticoncorrenziali Pag. 2nell'assegnazione delle concessioni demaniali marittime in Italia. Tale procedura è stata chiusa grazie alla disposta eliminazione del diritto di insistenza dal testo dell'articolo 37 del codice della navigazione.
Con il medesimo provvedimento normativo si è anche prevista, in accordo con la Commissione europea, una forma di proroga delle concessioni con finalità turistico-ricreative sino al 31 dicembre 2015, in vista di un riordino di revisione del quadro normativo in materia di rilascio di concessione di beni demaniali marittimi. Con la legge comunitaria 2010, come ricordava l'onorevole interrogante, di recente approvazione, si è altresì approvata una delega al Governo finalizzata alla revisione e al riordino della legislazione relativa alle concessioni demaniali marittime da esercitarsi entro il 2013.
Il turismo balneare rappresenta circa il 30 per cento dell'intero comparto. Esso ha, quindi, un'importanza fondamentale e il provvedimento di riordino che stiamo preparando per le concessioni demaniali, non dovrà penalizzare il settore, anzi dovrà rappresentare un quadro normativo più certo, che favorisca gli investimenti.
L'intervento normativo sul quale si sta lavorando, e per il quale è stata trasmessa una prima bozza alle altre amministrazioni statali concertanti, intende, per un verso, far sì che la disciplina di riordino sia coerente con le esigenza di tutela della concorrenza di matrice europea e, al contempo, la riforma intende preservare le funzionalità del settore.
Mi sono ben chiare le esigenze e le preoccupazioni degli operatori economici di questo delicato settore, moltissimi dei quali vi lavorano e impegnano risorse ed energie che non vanno disperse e che in svariati casi hanno contribuito alla salvaguardia di preziosi tratti della costa marittima italiana. Il Governo avrà cura di coinvolgere le Commissioni parlamentari competenti, le regioni e gli enti locali, nonché tutte le categorie interessate, nell'iter di adozione del decreto legislativo, come previsto dalla legge n. 217 del 2011.

PRESIDENTE. L'onorevole Razzi ha facoltà di replicare.

ANTONIO RAZZI. Signor Presidente, signor Ministro, sono parzialmente soddisfatto di quello che lei ha precedentemente detto. La questione che si pone è di grande importanza; dobbiamo essere assai attenti a non danneggiare quelle imprese che hanno investito capitali nel miglioramento delle strutture demaniali, a carattere turistico, in loro concessione. Dobbiamo essere ragionevoli; questa non è una questione né politica, né ideologica; qui è necessario salvaguardare gli interessi dei tanti che si sono impegnati economicamente per un lungo periodo al solo scopo di migliorare i servizi di accoglienza. Ciò senza contare che questa incertezza intorno alle concessioni demaniali turistico-ricreative non ha prodotto altro che paura nei concessionari i quali non sono invogliati negli investimenti. Dobbiamo stare attenti, signor Ministro, questo è un settore al quale l'intera penisola è interessata, è un fiore all'occhiello, un cespite importante nelle voci dell'economia nazionale. L'Europa stessa, forse ignara, anzi, certamente, ignara dell'importanza nazionale del settore, non può e non deve prescindere da situazioni e prassi locali che hanno posto in essere meccanismi economici di grande portata. Cambiare le regole in una fase intermedia, all'improvviso, metterebbe in crisi l'intero settore per un tempo la cui durata non è facilmente prevedibile. Su questa tematica il mio gruppo Popolo e Territorio ha presentato una proposta di legge, che vede come primo firmatario il presidente Moffa, atta a risolvere, in via definitiva, le problematiche che rischiano di colpire le oltre trentamila piccole e medie imprese attualmente operanti nel settore (Applausi dei deputati del gruppo Popolo e Territorio).

(Misure per la salvaguardia della Biblioteca dei Girolamini di Napoli - n. 3-02395)

PRESIDENTE. L'onorevole Scalera ha facoltà di illustrare la sua interrogazione Pag. 3n. 3-02395, concernente misure per la salvaguardia della Biblioteca dei Girolamini di Napoli (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

GIUSEPPE SCALERA. Signor Presidente, signor Ministro, ci sono storie che restano indiscutibilmente in quella che è la memoria collettiva della cultura italiana, storie di approssimazione, di malaffare, che espongono l'intero Paese a quelle che sono ormai le critiche e i dileggi che la stampa internazionale spesso ci dedica. La Biblioteca dei Girolamini, come molti sanno, è stata recentemente protagonista di un episodio di gravissima entità. Essa custodisce 159 mila titoli, prevalentemente antichi, rappresenta un patrimonio di circa 5 mila cinquecentine, di numerosi manoscritti, di circa 6 mila 500 composizioni e opere dal XVI al XIX secolo ma, soprattutto, ospita quelle che sono le prime edizioni di Giambattista Vico. Ebbene, i controlli ministeriali, le indagini della procura napoletana, la scomparsa di migliaia di preziosi, inestimabili volumi, sono oggi all'attenzione di tutta la stampa internazionale. Su questo, il Ministero si è mosso, ma riteniamo che l'azione debba essere puntuale, decisa e al tempo stesso estremamente rapida.

PRESIDENTE. Il Ministro per i beni e le attività culturali, Lorenzo Ornaghi, ha facoltà di rispondere.

LORENZO ORNAGHI, Ministro per i beni e le attività culturali. Signor Presidente, ringrazio anche per l'interrogazione a risposta immediata dell'onorevole Scalera perché mi consente di riprendere e di aggiornare il filo di quanto già è stato risposto il 19 aprile all'interpellanza dell'onorevole Bossa. Lo stesso giorno 19 aprile è stato disposto il sequestro cautelativo, dalla procura della Repubblica di Napoli, con la nomina, quale custode giudiziario, del dottor Giancaspro, direttore della Biblioteca nazionale di Napoli.
Come avevo sottolineato nella seduta del 19 aprile - e come ricordo ora -, l'incarico di direttore della Biblioteca dei Girolamini è conferito dal conservatore del monumento nazionale, e tale disposizione è nelle convenzioni che regolano i rapporti fra il Ministero e tutti gli undici monumenti nazionali italiani. Il 15 maggio, il signor De Caro ha rassegnato le proprie dimissioni dall'incarico di direttore della biblioteca, dimissioni accettate con nota in pari data, appunto, dal conservatore. Intanto, già il 26 aprile, con decreto del segretario generale del Ministero, è stato istituito un gruppo tecnico di intervento emergenziale, per la programmazione di tutti gli interventi necessari al ripristino della sicurezza e della normalità della biblioteca. I lavori del gruppo tecnico non interferiranno con il completamento dell'ispezione ministeriale, che sarà ultimata non appena l'autorità giudiziaria disporrà il dissequestro della biblioteca.
Con nota del 21 maggio 2012, il procuratore generale dei Padri Filippini, ha revocato l'incarico di conservatore del monumento, manifestando la disponibilità alla stipula di un accordo grazie al quale il Ministero possa assumere in via interinale tutte le competenze relative alla tutela del patrimonio della biblioteca. La mia amministrazione ed il procuratore generale della confederazione dell'oratorio di San Filippo Neri, hanno intanto siglato un accordo con il quale sono stati nominati il nuovo conservatore, nella persona del dottor Umberto Bile, vice direttore del Museo nazionale di Capodimonte, ed il nuovo direttore della biblioteca annessa, nella persona del dottor Mauro Giancaspro. Ho potuto constatare il concreto impegno dell'amministrazione nell'esperire tutte le possibili attività compatibili con l'attuale situazione di sequestro conservativo dei beni, ivi comprese le misure intraprese per la prevenzione e la tutela del patrimonio librario recuperato. Il lavoro che ci attende non è semplice, perché la biblioteca era priva da decenni di inventari e di schedatura del materiale librario. Occorrerà avviare - è già stata programmata - una catalogazione, per la quale sono già impegnate diverse risorse tecniche del Ministero, e occorrerà avvalersi della collaborazione delle università. Questo Pag. 4lavoro, peraltro, deve tener conto del perdurante sequestro del compendio, e andrà concordato con la magistratura. Vorrei infine concludere riferendo che il 10 luglio scorso, insieme con il segretario generale del Ministero ed il direttore generale della biblioteca, mi sono recato a Napoli, presso il complesso dei Girolamini, dove ho avuto modo anche di incontrare i magistrati inquirenti.

PRESIDENTE. L'onorevole Barbieri, cofirmatario dell'interrogazione, ha facoltà di replicare.

EMERENZIO BARBIERI. Signor Presidente, signor Ministro, la risposta che lei ha fornito all'interrogazione presentata dal collega Scalera, da me e dal collega Baldelli, presenta certamente dei dati positivi, nel senso che lei ha qui spiegato ciò che il suo Ministero ha fatto, e non vi è ombra di dubbio che abbia fatto cose sagge. Però a lei non sfugge che la questione, pesante come un macigno, è quella che lei ha ricordato. Cioè, come è possibile - e qui non si può dare la colpa ai Ministri, perché non credo rientri nei compiti del Ministro fare l'inventario dei libri di questa biblioteca - che per anni e anni nessun funzionario dirigente del Ministero dei beni culturali si sia posto il problema che, in una biblioteca che, come ha ricordato il collega Scalera, è una delle più note e delle più famose, non solo in Italia, ma in Europa, non vi fosse un inventario dei libri? È una cosa - abbia pazienza, signor Ministro Ornaghi - terrificante. Siccome i Ministri passano e i deputati pure, ma vedo che nei Ministeri vi è la tendenza degli alti dirigenti a rimanere sempre, perché fanno lo stesso mestiere con tutti i Ministri e con tutte le maggioranze di questo mondo, bisogna mettere le mani nel piatto; bisogna capire per quale motivo in questa biblioteca di Napoli si è arrivati ad una situazione che definire paradossale è dire metà della verità. Infatti, ciò non può più accadere, perché sennò qui continueremo a presentare interrogazioni e i Ministri che arriveranno dopo di lei continueranno a rispondere alle nostre interrogazioni, ma le questioni strutturali - uso questo termine che non va più di moda, un tempo lo era - non vengono risolte. Quindi, un plauso a ciò che lei ha fatto, ma veda di essere un po' più duro all'interno del suo Ministero.

(Iniziative volte ad evitare che la riduzione dei trasferimenti in materia sanitaria penalizzi regioni già impegnate in consolidati processi di revisione della spesa sanitaria - n. 3-02396)

PRESIDENTE. L'onorevole Oliveri ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-02396, concernente iniziative volte ad evitare che la riduzione dei trasferimenti in materia sanitaria penalizzi regioni già impegnate in consolidati processi di revisione della spesa sanitaria (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

SANDRO OLIVERI. Signor Presidente, signor Ministro, so bene che quello che sto dicendo può sembrare anacronistico, visto quello che riporta la stampa oggi in particolare, e da un po' di tempo, in generale. In pratica, stiamo parlando della spesa sanitaria siciliana; è risaputo - è un dato certificato - che nel 2008, quando si era insediato il Governo regionale che attualmente governa la Sicilia, la spesa sanitaria era tale da essere realmente in una condizione di crisi e vi era la possibilità di commissariamento della stessa sanità siciliana.
A quel tempo fu fatta una scelta molto forte e inusuale, ossia quella di porre un tecnico - ma non un tecnico in senso stretto, quindi un medico - all'assessorato alla sanità che potesse realmente - essendo un magistrato - «mettere le manette» alla spesa; e questo è successo, ed è anche questo un dato certificato, che effettivamente è stato anche riscontrato.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

SANDRO OLIVERI. A questo punto, essendo stato predisposto questo piano di rientro, oggi cosa prevede il suo Ministero Pag. 5quanto ai tagli dei trasferimenti da effettuare per la spesa sanitaria siciliana, in considerazione di questo piano di rientro che ha determinato una condizione di virtuosità della Regione siciliana?

PRESIDENTE. Il Ministro dell'economia e delle finanze, Vittorio Umberto Grilli, ha facoltà di rispondere.

VITTORIO UMBERTO GRILLI, Ministro dell'economia e delle finanze. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole per l'interrogazione. Occorre preliminarmente far presente che le regioni che hanno avviato i piani di rientro, sono quelle che strutturalmente presentavano ingenti perdite di bilancio sanitario, ovvero un eccesso di spesa regionale rispetto al fabbisogno sanitario programmato e al relativo finanziamento disposto con legge nazionale, per garantire l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza (LEA) in condizioni di efficienza e di appropriatezza.
L'eccesso di spesa - che resta a totale carico dei bilanci regionali - viene finanziato a valere sui gettiti derivati dalla massimizzazione delle aliquote fiscali regionali IRAP e di addizionali regionali IRPEF. L'obiettivo dei piani di rientro è, dunque, un generale riequilibrio del sistema di offerta sanitaria per le singole regioni interessate, diretto ad eliminare le inefficienze e a ricondurre la spesa effettiva entro i limiti del predetto fabbisogno programmato e al correlato finanziamento a livello nazionale per la garanzia dei suddetti LEA.
I recenti interventi di cui al decreto-legge n. 95 del 2012 (la cosiddetta «spending review») in materia sanitaria, sono diretti ad eliminare gli eccessi di spesa registrati dal commissario straordinario per la razionalizzazione della spesa pubblica, introducendo misure - anche per l'acquisto di beni e servizi - idonee a garantire economie di spesa rispetto al fabbisogno sanitario e al correlato finanziamento. Per tutte le regioni è stato fatto un lavoro di indagine accurata, prendendo atto dello stato dell'arte del controllo della spesa sanitaria per ogni specifica regione.
Da tali economie - individuate attraverso questa analisi - deriva un corrispondente abbassamento per tutte le regioni e province autonome, del fabbisogno sanitario, da soddisfare dunque, per corrispondente finanziamento, senza alcuna incidenza negativa sul livello dei servizi erogati ai cittadini. In sintesi, le misure introdotte - impropriamente definite come «tagli lineari» nell'interrogazione - sono viceversa dirette ad efficientare la spesa di tutte le regioni.
In particolare, gli interventi previsti dall'articolo 15 del citato decreto-legge n. 95 del 2012, interessano tutte le aree di spesa degli enti del Servizio sanitario nazionale, in quanto riguardano la generalità dei fattori produttivi impiegati dall'intera filiera interessata dall'erogazione del servizio pubblico (la spesa farmaceutica territoriale e ospedaliera, la spesa per beni e servizi, la spesa per acquisti di prestazioni, di assistenza ospedaliera e di assistenza specialistica) e per l'acquisto di funzioni da privati (la spesa per il personale, gli standard dei posti letto, il tasso di ospedalizzazione) disponendo, da un lato, in modo diretto ed immediato alcune economie di spesa, dall'altro, legittimando le azioni di riqualificazione e di efficientamento anche strutturale che le regioni dovranno adottare.
Pertanto, il recente impianto normativo, pur determinando rilevanti economie di spesa e dunque una corrispondente riduzione del fabbisogno sanitario, mantiene inalterato il livello sia qualitativo che quantitativo dei servizi sanitari erogati ai cittadini.

PRESIDENTE. L'onorevole Oliveri ha facoltà di replicare.

SANDRO OLIVERI. Signor Presidente, signor Ministro, le devo confermare che però la risposta non mi ha lasciato soddisfatto perché lei stesso ha confermato che ci sono i tagli lineari ma si è fatta una verifica specifica, riportando i dati, che anch'io ho e che parlano di un deficit che è passato da 617 milioni di euro a 21 milioni di euro, un costo del personale Pag. 6che, nonostante i rinnovi contrattuali, si è ridotto del 5,80 per cento, la mobilità passiva si è ridotta del 10 per cento, la spesa farmaceutica, di cui parlava anche lei, è scesa del 14 per cento, l'indice di ospedalizzazione - tutto questo di cui stiamo parlando riguarda la Sicilia - si è ridotto dal 249 al 174 per mille.
In più la spending review già si è attivata, facendo degli acquisti in regime di centralizzazione di spesa ed è famosa la prima gara Consip da 1 miliardo di euro, che è stata fatta proprio per l'acquisto dei farmaci in Sicilia. Tutto questo proprio nel rispetto della riduzione della spesa che ha visto anche a livello di bilancio una considerevole riduzione della spesa corrente, che è passata dal 2008, quando appunto il Governo regionale si è insediato, che era di 20 miliardi di euro, scendendo a 15 miliardi e 81 milioni di euro nel 2011, superando il record del 2001, che era di 15 miliardi 552 milioni di euro.
Tutto ciò nel momento in cui si effettuano invece dei tagli lineari, non considerando quella che di solito usiamo definire meritocrazia, quindi il dover non penalizzare quelle che sono le regioni virtuose. Completo con la valutazione di Moody's, che retrocede a Baa2 l'Italia, ma con l'Italia la Basilicata, la Liguria, l'Umbria, la Puglia, la Sardegna, la Sicilia, ma anche Milano, Siena, Venezia e il Veneto. Quindi, la situazione della Regione siciliana non è peggio di quella dell'Italia.

(Iniziative di competenza in relazione al piano industriale 2012-2015 del Monte dei Paschi di Siena ed ai connessi effetti occupazionali - n. 3-02397)

PRESIDENTE. L'onorevole Granata ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-02397, concernente iniziative di competenza in relazione al piano industriale 2012-2015 del Monte dei Paschi di Siena ed ai connessi effetti occupazionali (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

BENEDETTO FABIO GRANATA. Signor Presidente, signor Ministro, insieme all'onorevole Lo Presti abbiamo ritenuto doveroso interrogare il Governo sulla volontà di intervenire in una vicenda che riguarda una decisione: cioè il presidente e l'amministratore delegato del Monte dei Paschi di Siena, Alessandro Profumo e Fabrizio Viola, hanno presentato il 27 giugno 2012 il nuovo piano industriale della banca. In questo piano, per gli anni 2012-2015, sono previsti esuberi per 4.600 lavoratori bancari, taglio del contratto integrativo e chiusura di 400 sportelli. Questo per l'industria avrà ovviamente un impatto devastante non solo per il personale e l'occupazione, ma comporterà tutta una serie di conseguenze che sono facilmente intuibili.
Si è rifiutata qualsiasi forma di concertazione e di dialogo con le organizzazioni sindacali, ad iniziare dalla FABI. È una prassi che è assolutamente inedita e certamente non meritevole di essere replicata. In questo senso, noi chiediamo al Governo interventi autorevoli vista la delicatezza della questione posta.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'economia e delle finanze, Vittorio Umberto Grilli, ha facoltà di rispondere.

VITTORIO UMBERTO GRILLI, Ministro dell'economia e delle finanze. Signor Presidente, onorevole Granata, mi sembra importante contestualizzare questo piano d'impresa per capire quali sono i ruoli, in questo caso del Ministero dell'economia e delle finanze. In questo senso è importante premettere che il Consiglio europeo, in data 26 ottobre 2011, ha raggiunto il consenso su un pacchetto di misure per il settore bancario. In particolare, al fine di ristabilire la fiducia nello stesso settore, il Consiglio europeo ha convenuto sulla necessità di potenziare qualità e quantità di capitali nelle banche, portando entro il 30 giugno di quest'anno, 2012, il coefficiente patrimoniale, il cosiddetto «core tier 1 ratio», al 9 per cento, dopo aver considerato la valutazione di mercato dell'esposizione al debito sovrano.
A seguito della citata dichiarazione del Consiglio europeo, l'EBA, European Pag. 7Banking Authority, ha adottato la raccomandazione dell'8 dicembre 2011, destinata alle autorità di vigilanza nazionali, nella quale si chiedeva di assicurare che i principali istituti di credito europei aumentassero la propria dotazione patrimoniale attraverso la costituzione di buffer di capitali eccezionali e temporanei, tale da portare, entro tale data del 30 giugno, il coefficiente del «core tier 1» al 9 per cento. L'esercizio EBA riguarda settantuno istituti bancari, tra i quali sono comprese cinque banche italiane, tra cui il Monte dei Paschi di Siena.
La Banca d'Italia ha comunicato che, a seguito degli sviluppi intervenuti nel frattempo, le perdite del quarto trimestre e l'evoluzione degli attivi a rischio delle azioni in corso di realizzazione da parte della Banca, il fabbisogno patrimoniale da colmare stimato dalla Banca Monte dei Paschi di Siena per raggiungere entro tale scadenza il livello del 9 per cento del «core tier 1» comprensivo del buffer per il rischio sovrano rientrerebbero in un range da 1,3 a 1,7 miliardi.
Quindi, con decreto-legge 27 giugno 2012, n. 87, il Governo, in adempimento agli obblighi internazionali assunti, ha disciplinato l'intervento finanziario a supporto del Monte dei Paschi di Siena, prevedendo la sottoscrizione da parte del Ministero dell'economia e delle finanze di strumenti finanziari computabili nel patrimonio di vigilanza, cioè del «core tier 1». La sottoscrizione dei nuovi strumenti finanziari rappresenta un nuovo regime di aiuti e, come tale, dovrà essere valutato dalla Commissione europea alla luce del quadro normativo dell'Unione europea in materia di aiuto di Stato applicabili alle misure di sostegno alle banche nel contesto della crisi finanziaria così come derivanti dagli impegni presi dal Consiglio europeo.

PRESIDENTE. Ministro Grilli, la prego di concludere.

VITTORIO UMBERTO GRILLI, Ministro dell'economia e delle finanze. In questo caso debbo dire che la Commissione ha ribadito che il beneficio del sostegno pubblico alla ricapitalizzazione ottenuto è vincolato alla presentazione e all'approvazione di un piano di ristrutturazione redatto in conformità di quanto previsto dalla Commissione stessa. Quindi, sarà la Commissione che dovrà valutare la correttezza di questo piano per rendere possibili gli aiuti decisi dal Governo con il nostro decreto-legge.
Posso solo aggiungere che il piano di impresa approvato dal consiglio di amministrazione del Monte dei Paschi per il periodo 2012-2015 presentato al mercato il 27 giugno sarà valutato dalla Banca d'Italia. Gli interventi di razionalizzazione previsti nel citato piano per quanto riguarda il personale, a quanto risulta da tale piano, comportano una riduzione degli organici del gruppo che tuttavia verrebbero realizzati preservando i livelli occupazionali.

PRESIDENTE. L'onorevole Granata ha facoltà di replicare.

BENEDETTO FABIO GRANATA. Signor Presidente, dalla parte finale della risposta del Ministro e del Governo potrei ritenermi parzialmente soddisfatto, anche perché nella dotta risposta è chiaro che emergono degli elementi di ulteriore allarme rispetto al quadro complessivo, che certamente non riguarderà soltanto il Monte dei Paschi di Siena, ma l'intero sistema creditizio italiano.
Ciò che noi abbiamo voluto ribadire e ribadiamo è che deve esistere da parte del Governo, come siamo certi esisterà, un'opera di vigilanza e di controllo sulla vicenda, perché l'atteggiamento di totale dispregio dei diritti sindacali che si è registrato riteniamo sia una questione che vada oltre la declinazione tecnica del dettato della Commissione europea. Peraltro, bisogna poi trovare un livello di coerenza nella crisi che attraversiamo perché la gestione di questo passaggio è affidata ad Alessandro Profumo, che certamente con i suoi 46 milioni di euro di liquidazione da Unicredit avrà contribuito non poco a creare un aggravio nell'equilibrio del sistema Pag. 8delle banche italiane rispetto ai 4.600 lavoratori che vogliono essere - per usare un termine ormai di moda - esodati.
Quindi, la nostra spinta politica riguardo al Governo come forza di maggioranza è nel senso di mantenere - così come sono certo farà il Ministro - grande attenzione e monitorare le varie questioni in campo. Infatti, quei principi di equità, che dal Presidente Monti sono stati opportunamente declinati all'inizio di questo percorso governativo, debbono trovare poi applicazione pragmatica e concreta di fronte a delle sperequazioni che agli occhi dei lavoratori sono evidenti fra - voglio ribadirlo non per fare demagogia - la liquidazione da Unicredit di chi sostiene questa tesi aziendale e i lavoratori che si trovano a dover avere questa prospettiva nera per il loro futuro.

(Iniziative volte alla concessione di contributi per la messa in sicurezza del territorio della provincia di Messina ripetutamente colpito da eventi alluvionali, nonché per la ricostruzione del patrimonio abitativo compromesso e il riavvio delle attività produttive - n. 3-02398)

PRESIDENTE. L'onorevole Libè ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-02398, concernente iniziative volte alla concessione di contributi per la messa in sicurezza del territorio della provincia di Messina ripetutamente colpito da eventi alluvionali, nonché per la ricostruzione del patrimonio abitativo compromesso e il riavvio delle attività produttive (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

MAURO LIBÈ. Signor Presidente, signor Ministro, suo malgrado si trova, purtroppo, in un ruolo che in questo Paese non ha a che fare solo con l'economia, ma anche con la necessità di trovare continue risorse per mettere in sicurezza un territorio che unisce l'Italia, dal nord al sud, in questi eventi calamitosi. Noi ci riferiamo principalmente all'evento del 2011, che ha interessato la provincia di Messina. In questi ultimi periodi sono state emesse delle ordinanze - precisamente un'ordinanza - per dare un po' attuazione, con forte ritardo, a quella che dovrebbe essere la ricostruzione di un territorio.
Noi a lei ci rivolgiamo perché, come avrà letto dal nostro atto, qui vi sono pochissime coperture finanziarie e vi è pochissima richiesta per quanto riguarda la ricostruzione. Chiediamo al Ministero, come dico di solito, una mano al cuore e una al portafoglio per cercare di fare qualcosa.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'economia e delle finanze, Vittorio Umberto Grilli, ha facoltà di rispondere.

VITTORIO UMBERTO GRILLI, Ministro dell'economia e delle finanze. Signor Presidente, cercherò di fare un quadro conciso delle risorse che sono oggi a disposizione.
Innanzitutto, è necessario premettere che lo stato di emergenza è stato dichiarato, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, il 25 novembre 2011 fino al 31 dicembre 2012. Quanto ai provvedimenti conseguenti allo stato di emergenza, è stata adottata l'ordinanza del capo del Dipartimento della protezione civile n. 11 del 25 giugno 2012, emanata ai sensi della legge n. 225 del 1992 sulla protezione civile. Tale ordinanza, in coerenza con la nuova normativa, ha previsto l'assegnazione di risorse al commissario delegato, presidente della regione siciliana, ai fini del finanziamento di un piano di soli interventi emergenziali, diretti al superamento delle situazioni di rischio nell'assistenza della popolazione nonché alla messa in sicurezza delle zone alluvionate e al ripristino della viabilità delle infrastrutture danneggiate. Ciò nel limite di 48 milioni di euro, di cui 30 milioni di euro a carico del programma attuativo regionale della regione siciliana 2007-2013, 3 milioni di euro a valere sulla disponibilità del bilancio del dipartimento regionale della protezione civile e 15 milioni di euro a carico del Fondo della protezione civile. Pag. 9
Altro provvedimento che interessa lo stato di emergenza in questione è l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 4024 del 2012, attuativa dell'articolo 29 del decreto-legge n. 216 del 2011, relativo alla sospensione dei termini degli adempimenti e dei versamenti tributari, contributivi e previdenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali in favore dei soggetti colpiti dagli eventi alluvionali che hanno interessato il territorio nazionale nel 2011. I soggetti inseriti negli allegati della citata ordinanza, che a seguito degli eventi alluvionali hanno subito il fermo della propria attività economica o sono stati oggetto di ordinanza di sgombero da parte della competente autorità comunale ovvero sono destinatari dei provvedimenti di sgombero e di evacuazione della propria abitazione, sono stati riconosciuti beneficiari della sospensione per l'anno 2011, con ripresa della riscossione delle rate sospese a decorrere dal 16 luglio 2012 in un numero massimo di sei rate mensili. Questa è la situazione attuale.
Per quanto concerne, infine, lo stanziamento di ulteriori risorse da destinare al completamento degli interventi e alla concessione dei contributi per il riavvio delle attività produttive, mi occorre ricordare - e già lo ha fatto lei, onorevole - che è necessario cominciare innanzitutto con un'apposita iniziativa legislativa recante idonea copertura finanziaria, atteso che nel vigente stato di emergenza, il cui termine è previsto il 31 dicembre 2012, con ordinanza di Protezione civile potrebbero essere disposti solo ulteriori interventi emergenziali nel limite di risorse disponibili a legislazione vigente ovvero con risorse da reperire attraverso il meccanismo dell'articolo 5 della legge n. 225 del 1992, cioè quello che ha a che fare con le revisioni delle accise sui carburanti.
Al riguardo il Governo, all'interno di un più ampio quadro esigenziale, è pronto ad aprire un dialogo con il Parlamento per potere vedere le vie attraverso cui giungere a tali eventuali ulteriori risorse.

PRESIDENTE. L'onorevole Libè ha facoltà di replicare.

MAURO LIBÈ. Signor Presidente, signor Ministro, noi non ci dichiariamo né soddisfatti né insoddisfatti.
Prendiamo atto della sua relazione e della disponibilità e ancora della chiarezza e della disponibilità che c'è su questo argomento, come UdC abbiamo sempre ritenuto che non lei come Ministro, ma un Governo, qualunque Governo - lo chiediamo da tempo - debba iniziare a mettere mano a tutta questa serie di iniziative che non riguardano solo la gestione dell'emergenza - ma qui l'emergenza è importante da gestire - ma che riguardano anche la pianificazione della tutela del territorio per il futuro. Insieme all'onorevole Naro abbiamo già da tempo chiesto iniziative dai vari Governi, ancora oggi siamo qui ad attenderle.
Per quanto riguarda il fatto specifico noi facciamo un appello principale a lei, perché è oltre che l'erogatore, anche il controllore, affinché queste risorse siano spese velocemente e bene in una regione che presenta forti difficoltà, l'abbiamo visto anche dalle cronache della stampa di questi giorni, e non solo della stampa. Noi abbiamo bisogno, anche questi cittadini, non solo quelli - lo dico chiaramente - della mia Emilia che hanno bisogno e chiedono: il Paese Italia è uno, dev'essere unico, deve essere aiutato tutto, abbiamo bisogno di dare dei segnali anche sulla ricostruzione delle abitazioni, anche sulla ripresa delle attività produttive. Siamo in una regione che ha bisogno di sostegno, questo noi lo chiediamo sapendo di trovare un interlocutore attento per quello che dovrà essere fatto per il futuro.
Su questo noi continueremo a sollecitarla, a sollecitare il Governo, dobbiamo costruire questo futuro insieme rimettendo mano ai dissesti che sono stati creati, però l'equità significa anche non dimenticare che ci sono figli in tutta Italia, non ci sono figli di «serie A» e di «serie B», noi dobbiamo stare attenti a tutti (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

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(Iniziative in ambito comunitario in materia di vigilanza e regolamentazione dei derivati e misure per rafforzare gli strumenti di stabilizzazione e di correzione degli squilibri nei mercati del debito sovrano - n. 3-02399)

PRESIDENTE. L'onorevole Boccia ha facoltà di illustrare l'interrogazione Franceschini n. 3-02399, concernente iniziative in ambito comunitario in materia di vigilanza e regolamentazione dei derivati e misure per rafforzare gli strumenti di stabilizzazione e di correzione degli squilibri nei mercati del debito sovrano (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmatario.

FRANCESCO BOCCIA. Signor Presidente, signor Ministro, mentre noi qui discutiamo in Aula e affrontiamo questa interrogazione il Fondo monetario internazionale ribadisce che la situazione in Europa è molto critica e fa ulteriori correzioni al ribasso della crescita complessiva europea. Allora, le chiedo, fuori da ogni prassi, di provare ad attualizzare la risposta al quesito che gli uffici hanno costruito per il Partito Democratico per provare a dare una risposta a chi è fuori da quest'Aula.
Pesano indubbiamente la revisione al ribasso della cresciuta mondiale fatta da parte del Fondo monetario internazionale e la decisione della Corte costituzionale federale tedesca - a nostro avviso - di rinviare a settembre la sentenza relativa alla riforma dell'ESM.
Sui criteri di vigilanza ai quali noi facciamo riferimento nel nostro quesito le chiedo di dirci una parola di più su cosa intende fare il Governo rispetto alla regolamentazione dei derivati che continua a non esserci - mentre in quest'Aula approviamo provvedimenti, fuori c'è qualcuno che specula - e qual è la posizione italiana sullo scudo «salva-spread» perché ad oggi noi rischiamo di arrivare all'Eurogruppo avendo una posizione poco chiara.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'economia e delle finanze, Vittorio Umberto Grilli, ha facoltà di rispondere.

VITTORIO UMBERTO GRILLI, Ministro dell'economia e delle finanze. Signor Presidente, chiaramente gli argomenti sollevati da lei, onorevole, sono molto ampi e stamattina ho avuto modo di parlare di fronte alle tre Commissioni interessate molto più ampiamente del problema del cosiddetto scudo «salva-Stati» e dei meccanismi emergenziali all'interno dell'Unione europea. Su questo non posso dilungarmi, richiederebbe molto, cerco di concentrarmi sull'altro importante quesito che è quello della regolazione dei prodotti derivati all'interno dell'economia mondiale. Qui l'approccio italiano è in linea con quanto stiamo insieme facendo sia all'interno del G20 che del Financial stability board, che è l'organo delegato dalla comunità mondiale per regolare e seguire queste delicate e molto tecniche vicende.
La riforma che è stata proposta e su cui si sta lavorando si è concentrata sulla standardizzazione dei contratti derivati negoziati al di fuori della Borsa, i cosiddetti over the counter, in maniera da consentire la migrazione verso mercati regolamentati o piattaforme di negoziazione con controparti centrali di compensazione e di regolamento, le cosiddette CCP, nonché sulla previsione di obblighi di reporting per tutte le transazioni verso repertori regolamentati accessibili alle autorità nazionali e internazionali di vigilanza.
L'obiettivo è quello di ridurre il rischio di controparte tipico dei contratti bilaterali mediante l'interposizione delle CCP, che attuano pratiche rigorose di gestione del rischio, prevenendo, quindi, potenziali rischi sistemici. Il Financial Stability Board ha messo in evidenza in un recente rapporto le discrepanze tra i Paesi del G20 nell'implementazione della riforma, segnalando i rischi di arbitraggio regolamentare e i comportamenti opportunistici da parte di alcune giurisdizioni.
Devo dire che gli Stati Uniti, il Giappone e l'Unione europea sono a uno stadio Pag. 11più avanzato di questa trasposizione regolamentare della raccomandazione e degli standard convenuti nel G20, che dovrebbero essere attuati entro la fine del 2012. Qui posso solo ricordare, per quanto riguarda l'Unione europea, il cosiddetto regolamento EMIR, il cui iter si è concluso e di cui si attende la sola pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea.
L'Europa, quindi, sta rispettando sia i tempi sia i contenuti fondamentali di regolamentazione decisi insieme al G20 e poi tecnicamente redatti dal Financial Stability Board. Per quanto riguarda una tipologia specifica di contratti derivati, i credit default swap, i cosiddetti CDS, ricade nell'ambito dell'applicazione di due nuove normative comunitarie, anche queste in fase conclusiva di emissione.
Quindi, riteniamo che, per quanto riguarda sia l'impostazione italiana, che è coerente con quella europea e quella del G20, sia del Financial Stability Board, i progressi sono stati fatti e siamo in fase di arrivo su quasi tutte le nuove regolamentazioni. È chiaro che dobbiamo essere tutti vigili perché simili passi vengano fatti a livello di economie globali, visti i potenziali arbitraggi che possono succedere in questo tipo di mercati.

PRESIDENTE. L'onorevole Boccia ha facoltà di replicare.

FRANCESCO BOCCIA. Signor Presidente, Ministro Grilli, questo messaggio vale per l'intero Governo: a forza di essere coerenti con il Financial Stability Board, noi rischiamo di ritrovarci in una condizione che non ci consentirà, dopo, ex post, di dire che, però, siamo stati coerenti.
L'autorità di vigilanza americana che lei conosce bene, la Commodity Futures Trading Commission, ha dato un orizzonte molto chiaro su un modello di regolamentazione sui derivati. Vi è un aspetto che ci preoccupa, e ci preoccupa ogni giorno di più: da un lato, stiamo chiedendo sacrifici agli italiani, che li stanno realizzando e facendo, dall'altro, abbiamo non l'ipotesi astratta che possa accadere, ma la certezza che sui mercati operano speculazioni evidenti da parte gli stessi operatori che le operavano alcuni mesi fa e gli stessi operatori che hanno, in qualche modo, caratterizzato la storia della crisi finanziaria di questi anni, a partire dal crack della Lehman Brothers.
Se l'Europa continua, anche con il nostro contributo, ad ipotizzare che, di vertice in vertice, di coerenza in coerenza, si possa uscire da questa condizione utilizzando questi strumenti, noi rischiamo ad un certo punto di divaricare, in maniera quasi inevitabile, le posizioni tra Governo e alcuni gruppi parlamentari.
Non possiamo permetterci di raccontare a chi è fuori che i 650 mila miliardi di dollari, pari a oltre dieci volte il PIL mondiale, in qualche modo verranno gestiti attraverso una serie di vertici che, probabilmente, non ci porteranno da alcuna parte. Da questo punto di vista, le anticipo che il gruppo del Partito Democratico chiederà certezze su alcuni temi, in particolar modo su provvedimenti contro i conflitti di interesse evidenti di cui non parla Boccia qui in Aula, ma di cui hanno parlato Draghi, in una deposizione alla procura della Repubblica di Trani, e autorevoli personalità del nostro Paese.
Rispetto a questo noi vorremmo dal Governo e, attraverso il Governo, dall'Europa risposte certe in tempi brevissimi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Presupposti e conseguenze delle scelte di revisione della geografia giudiziaria operate con recenti provvedimenti governativi - n. 3-02400)

PRESIDENTE. L'onorevole Lanzarin ha facoltà di illustrare l'interrogazione Dozzo n. 3-02400, concernente presupposti e conseguenze delle scelte di revisione della geografia giudiziaria operate con recenti provvedimenti governativi (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmataria.

MANUELA LANZARIN. Signor Presidente, signor Ministro, l'ultimo provvedimento Pag. 12approvato dal Consiglio dei ministri, che prevede la revisione della geografia giudiziaria, ci appare un provvedimento discutibile, ma soprattutto che non va incontro alle esigenze ed alle peculiarità dei territori.
Il fatto che vengono eliminati ed accorpati gli uffici dei giudici di pace, le sedi distaccate dei tribunali, i tribunali minori e le procure, sicuramente non tiene conto di quelle che sono le condizioni dei singoli territori, ma anche dei parametri che erano stati inseriti nella legge delega. Si doveva tenere conto di una serie di parametri, di cui questo Governo non ha tenuto conto.
Ci chiediamo come mai sia stata operata una scelta così discutibile, una scelta soprattutto che causerà dei costi eccessivi e soprattutto dei ritardi per quanto riguarda la risposta in termini appunto di tempi di giustizia.
Quindi vorremmo chiedere proprio al Governo quali sono le condizioni che stanno alla base di questa scelta, ma soprattutto se ha tenuto conto delle ripercussioni che si avranno nei territori in termini di economie di scala, di giustizia e di risposte rispetto alle scelte che sono state prese.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Dino Piero Giarda, ha facoltà di rispondere.

DINO PIERO GIARDA, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, con l'atto di sindacato ispettivo che stiamo discutendo, gli onorevoli interroganti evidenziano come la consistenza dell'intervento, operato attraverso i due schemi di decreto legislativo approvati dal Consiglio dei ministri, sia tale da non assicurare un'efficiente allocazione delle risorse e da porre in dubbio l'osservanza dei principi direttivi e delle specificità geografiche, demografiche e sociali, richiamati dal legislatore delegante.
Sul punto si evidenzia che è stato istituito un gruppo di studio, incaricato di individuare i criteri oggettivi idonei a realizzare una più razionale distribuzione sul territorio degli uffici di primo grado. Si tratta di criteri formalizzati nella relazione finale approvata nel marzo del 2012.
Sulla base di ulteriori approfondimenti è stato elaborato il progetto di revisione delle circoscrizioni giudiziarie, recepito nello schema di decreto legislativo approvato il 6 luglio ultimo scorso.
Fermi restando, quindi, gli specifici vincoli imposti dalla legge delega, le linea guida dell'intervento sono state specificamente descritte nella relazione illustrativa allegata allo schema di decreto legislativo, dalla quale emerge l'applicazione puntuale dei criteri oggettivi ed omogenei (estensione territoriale, numero degli abitanti, carichi di lavoro ed indici delle sopravvenienze) nonché delle ulteriori specificità (situazione infrastrutturale e tasso di impatto della criminalità organizzata), indicati dal legislatore.
L'analisi compiuta ha consentito di delineare i parametri oggettivi degli uffici giudiziari potenzialmente più efficienti, quelli di medie dimensioni, sulla base di elaborazioni statistiche e standard di riferimento, documentati nella richiamata relazione illustrativa, nelle schede analitiche, nonché nelle tabelle allegate poste a disposizione delle Commissioni parlamentari.
L'obiettivo primario che si è inteso perseguire è stato quello di garantire che ciascun ufficio giudiziario possa acquisire, anche mediante la ridefinizione dei suoi confini territoriali e non necessariamente attraverso accorpamenti conseguenti a soppressione, una dimensione media quanto più possibile vicina al modello ottimale di ufficio giudiziario sotto il profilo dell'efficiente allocazione delle risorse umane, per la razionale distribuzione delle dotazioni strumentali, nel corretto livello della domanda di giustizia, che è in grado di esprimere tendenzialmente il miglior valore di produttività e, quindi, la migliore fruizione del servizio giustizia per il cittadino.
Non si esclude, naturalmente, che, in esito ai pareri resi dalla Commissione giustizia di Camera e Senato, nonché dal Pag. 13Consiglio superiore della magistratura, lo schema di decreto attuativo possa essere ulteriormente migliorato.

PRESIDENTE. L'onorevole Lanzarin, ha facoltà di replicare.

MANUELA LANZARIN. Signor Presidente, sinceramente non siamo per nulla soddisfatti della risposta che ci ha fornito il Ministro. Non ci sembra che i parametri inseriti nella legge delega, ossia l'estensione del territorio, il numero di abitanti, il carico di lavoro, il tasso di criminalità organizzata e la situazione infrastrutturale siano stati considerati, quando si parla proprio di chiusura di 600 uffici del giudice di pace, 220 sedi distaccate di tribunale, 37 tribunali minori e 38 procure: chiaramente si stanno effettuando dei tagli lineari sulla scia della spending review. Si pensa di tagliare in maniera indiscriminata e senza conoscere, ma senza soprattutto avere cognizione di cosa sono i territori, di come sono organizzati, di come sono strutturati e soprattutto del bacino che gravita attorno a questi territori. Sappiamo infatti benissimo che da questa riorganizzazione deriveranno dei carichi eccessivi sui tribunali di provincia, carichi non solo di lavoro ma pensiamo anche alla logistica di questi tribunali, che non potranno contenere i tribunali minori né tanto meno le sedi distaccate. Quindi ci saranno costi ancora maggiori per l'erario e lo Stato. Cito un caso che conosco e credo sia un caso emblematico: il Veneto ha un unico tribunale minore rispetto ai sette tribunali dei capoluoghi di provincia e il tribunale di Bassano. Anche il tribunale di Bassano quindi subisce la sforbiciata che sta subendo tutto il Paese. Se però pensiamo che si tratta di un tribunale in fase di costruzione che è costato al Ministero 12 milioni di euro - quindi, insomma, una cifra molto importante - e che verrà inaugurato a settembre, credo che se parliamo di spending review, se parliamo di risparmi, siamo proprio nella direzione opposta. Quindi non credo che il Governo possa permettersi un atteggiamento di questo tipo, credo invece che il Ministro dovrebbe farsi dei giri, capire qual è la situazione del Paese, qual è la situazione dei territori, quali sono i carichi - perché poi sappiamo che ci sono zone con carichi economici molto importanti - e non operare invece un accorpamento così selvaggio e un taglio indiscriminato e non equo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

(Problematiche riguardanti la riorganizzazione della struttura dell'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali - n. 3-02401)

PRESIDENTE. L'onorevole Zazzera ha facoltà di illustrare l'interrogazione Donadi n. 3-02401 concernente problematiche riguardanti la riorganizzazione della struttura dell'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmatario.

PIERFELICE ZAZZERA. Signor Presidente, provo a spiegare di cosa stiamo parlando in questa nostra interrogazione al Governo che riguarda la direttiva 2000/43/CE che chiede agli Stati membri dell'Europa di dotarsi di uffici che servano a garantire il rispetto dei diritti contro le discriminazioni e contro il razzismo. Con decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215, nasce quindi l'Ufficio nazionale antidiscriminazioni e antirazzismo. Opera bene, tanto è vero che nell'ultimo periodo ci viene riconosciuto grande merito e il rafforzamento dell'ente. Solo che con una circolare della Presidenza del Consiglio viene di fatto azzerato il personale e viene non prorogato il presidente. Di fatto stiamo smantellando un ente utile, un fiore all'occhiello del Paese.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Dino Piero Giarda, ha facoltà di rispondere.

DINO PIERO GIARDA, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, l'onorevole Donadi e gli altri onorevoli Pag. 14interroganti hanno richiamato l'attenzione sulla necessità di garantire continuità gestionale all'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, al fine di consentire l'attuazione degli impegni assunti dal Governo italiano sul piano internazionale a tutela dei diritti fondamentali delle persone vittime di discriminazione. Al riguardo, ho l'onere di ribadire il costante impegno del Governo nel contrasto ad ogni forma di discriminazione. Si sottolinea che l'UNAR costituisce uno strumento di fondamentale importanza nella lotta alle discriminazioni, soprattutto nei confronti di quelle fondate sulla razza e sull'origine etnica, al quale pertanto non vi è alcuna intenzione di rinunciare. Inoltre si tiene a precisare che il Governo intende migliorare l'azione dell'UNAR rendendone più incisiva l'attività e sviluppandone potenzialità e sinergie.
Riguardo alla questione sollevata dall'interrogante relativa alla continuità gestionale dell'UNAR, in disparte da valutazioni e apprezzamenti circa l'operato del titolare pro tempore dell'ufficio, si fa presente che l'avvicendamento alla guida dell'UNAR in dipendenza della scadenza del contratto dell'attuale titolare costituisce un fatto del tutto fisiologico riconducibile alla logica del buon funzionamento dell'istituzione in una ottica che consenta di valorizzare le risorse umane della Presidenza del Consiglio evitando duplicazioni e razionalizzando l'impiego delle risorse. Occorre pertanto tenere ben distinte le valutazioni che attengono al ruolo ed alle prerogative dell'UNAR dalla vicenda personale del titolare pro tempore dell'ufficio. Alla stessa finalità corrisponde la razionalizzazione in atto del personale assegnato all'ufficio intesa a meglio utilizzare le risorse interne dell'amministrazione valorizzandone le competenze professionali.
A tal fine si assicura che saranno assegnati alla struttura dell'UNAR risorse interne alla Presidenza del Consiglio dei ministri e al comparto Ministeri senza alcun pregiudizio per la continuità dell'attività dell'ufficio. Peraltro si sottolinea che l'articolo 2, comma 20 del decreto- legge n. 95 del 2012 prevede che gli incarichi di prima e seconda fascia conferiti ai sensi dell'articolo 19, comma 6 del decreto legislativo n. 165 del 2001 cessano alla scadenza dell'attuale mandato governativo ovvero, se antecedentemente, alla data stabilita nel decreto di conferimento dell'incarico. In ogni caso si fa presente che sarà cura del Governo individuare in tempi molto brevi la professionalità più esperta e tecnicamente più idonea da collocare alla guida della complessa e delicata attività dell'UNAR nella prospettiva di accrescerne ulteriormente operatività ed efficienza.

PRESIDENTE. L'onorevole Zazzera ha facoltà di replicare.

PIERFELICE ZAZZERA. Signor Ministro, guardi, noi dell'Italia dei valori rispetto alla sua risposta non possiamo essere soddisfatti perché la questione non riguarda la persona che oggi ricopre l'incarico di direttore generale dell'UNAR, ma riguarda il rispetto degli accordi che l'Europa ci chiede con la direttiva n. 2000/43. Che cosa dice la direttiva n. 2000/43? Chiede il rafforzamento dell'UNAR e chiede autonomia e indipendenza gestionale dell'UNAR, cioè di chi guida l'ente. Invece con il vostro furore di tagli lineari, di riduzione della spesa, tagliando anche le cose che funzionano in questo Paese, sottomettete l'UNAR ad una rappresentanza interna alla Presidenza del Consiglio, quindi facendogli di fatto perdere l'autonomia e l'indipendenza che gli enti internazionali come l'ONU e la Comunità europea ci chiedono.
Quindi di fatto voi non state rispettando queste prerogative e state indebolendo, di fatto state facendo uscire il nostro Paese dall'Unione europea in termini di diritti e di civiltà. Voglio ricordarle, Ministro, che l'Italia continua ad essere un Paese che discrimina al suo interno: le donne guadagnano meno degli uomini; per razza e per etnia si viene discriminati ancora nel nostro Paese, per non parlare dei diversamente abili. Noi vogliamo stare nell'Europa dei popoli e nell'Europa dei diritti, dove voi invece non Pag. 15volete stare. Voi volete stare nell'Europa dei banchieri (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata. Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 16,05 con una deliberazione in merito alla costituzione in giudizio della Camera dei deputati in relazione ad un conflitto di attribuzione sollevato innanzi alla Corte Costituzionale.

La seduta, sospesa alle 16, è ripresa alle 16,05.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alessandri, Brugger, Consolo, D'Alema, Della Vedova, Distaso, Donadi, Dozzo, Fallica, Ferranti, Frassinetti, Galletti, Iannaccone, Lucà, Lusetti, Mantini, Misiti, Moffa, Mura, Nucara, Paniz, Pisacane, Pisicchio, Paolo Russo e Zaccaria sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantacinque, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Modifica nella costituzione di una Commissione permanente.

PRESIDENTE. Comunico che nella seduta odierna la I Commissione permanente (Affari costituzionali) ha proceduto all'elezione del deputato Barbara Pollastrini a vicepresidente, in sostituzione del deputato Roberto Zaccaria, dimissionario dalla carica.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 16,09).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
Sospendo pertanto la seduta che riprenderà alle ore 16,30.

La seduta, sospesa alle 16,10, è ripresa alle 16,30.

Sull'ordine dei lavori.

SANDRA ZAMPA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SANDRA ZAMPA. Signor Presidente, richiamo la sua attenzione, oltre che ovviamente quella dei colleghi, sul fatto che questa mattina i sindaci di due comuni della Locride, il comune di Riace e quello di Caulonia, sostenuti dalla rete dei comuni solidali, hanno iniziato uno sciopero della fame. Lo scopo di tale sciopero è segnalare al Governo, e in particolare ai Ministri Fornero e Riccardi, la mancata corresponsione dei contributi dovuti per l'accoglienza degli immigrati, sia quelli adulti, ma anche dei minorenni, della cosiddetta Primavera araba. In questi comuni - sono soltanto due quelli che io ho citato, ma in realtà la situazione di cui sto parlando riguarda ormai centinaia di comuni di tutta Italia, dal nord al sud - la situazione è drammatica e sta mettendo a dura prova le casse dei comuni, già, a loro volta, profondamente provate dai tagli e dai mancati trasferimenti. Quello che sta accadendo, e che forse il Governo dovrebbe tenere presente, è che le comunità di accoglienza e le case di accoglienza devono pagare tutti i mesi lo stipendio ai propri lavoratori e che ci sono lavoratori che attendono di essere pagati - questo, appunto, in tutta Italia - da sette, otto, sei o cinque mesi.
Vorrei anche ricordare al Governo - mi sembrava superfluo, ma sono costretta Pag. 16a farlo - che i bambini mangiano tutti i giorni. Risulterebbe che dopo la proroga della cosiddetta emergenza Africa si stia provvedendo a un rifinanziamento, ma è evidente che il rifinanziamento non può far fronte a problemi di cassa immediati e che quindi occorrerà trovare una soluzione per far fronte al pregresso. Io credo che in un momento drammatico come questo mettersi anche sotto i piedi le vite di molti lavoratori italiani, oltre che degli immigrati, non sia davvero un buon segnale. Comprendo che i conti pubblici siano molto importanti, ma - l'ho già detto una volta in quest'Aula e lo ripeto - le vite umane credo vengano prima (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Signor Presidente, oggi tutti i giornali aprono la prima pagina con la notizia del rischio fallimento della regione Sicilia. Il Presidente Monti ha convocato il presidente della regione, dopo avergli inviato una lettera con rilievi sull'indebitamento e con la richiesta di conoscere la data delle dimissioni dello stesso presidente. È evidente che la Sicilia non è una regione qualsiasi: è una regione a statuto speciale, che purtroppo in questa fase registra dati drammatici nella disoccupazione e nella crescita della povertà. Questa notizia non fa che accentuare le preoccupazioni e le incertezze della comunità. Qui non siamo più alla pantomima dei «forconi», ma siamo in presenza di una situazione gravissima. In qualità di parlamentare eletto in Sicilia, chiedo al Presidente della Camera che il Presidente Monti possa venire a riferire, dopo aver incontrato il presidente della Regione siciliana.

GIORGIO LA MALFA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, faccio seguito all'intervento del collega Burtone, che ha appena fatto riferimento alla notizia di una situazione molto grave della Regione siciliana. Vorrei chiedere alla Presidenza della Camera che, a sua volta, si faccia interprete presso il Presidente del Consiglio della necessità di fornire alla Camera dati esatti su questa situazione. Infatti, nella lettera del Presidente del Consiglio al presidente della regione Sicilia si legge: ricevo diverse segnalazioni sulle gravi criticità finanziarie della Regione siciliana.
È bene che il Parlamento sia informato, ma è anche bene che tutti ricordino che la regione Sicilia è una regione, ma è anche una regione a statuto speciale: sarebbe molto grave se si creasse una condizione, sul piano istituzionale, di conflitto fra una regione a statuto speciale e lo Stato, e il Governo nazionale.
Signor Presidente, la prego di volersi fare interprete presso il Governo della delicatezza di questa materia, della necessità di un'assoluta prudenza in ordine alla stessa ed anche della necessità di informare il Parlamento.

SANDRO OLIVERI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà, per due minuti.

SANDRO OLIVERI. Signor Presidente, intervengo soltanto per richiamare l'attenzione su quanto è accaduto oggi durante il question-time, in cui si è trattato l'argomento su cui abbiamo sentito il collega...

PRESIDENTE. Onorevole Oliveri, non ci può informare su questo. La ringrazio, ma abbiano già trattato l'argomento.
Onorevoli colleghi, un attimo di attenzione, per cortesia. Venerdì, è nata Maria Nilde, la nipotina del Vicepresidente Leone. Vorremmo formulare al nonno tanti, tanti auguri e, naturalmente e soprattutto, ai genitori oltre che alla bambina (Applausi).

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Deliberazione in merito alla costituzione in giudizio della Camera dei deputati in relazione ad un conflitto di attribuzione sollevato innanzi alla Corte costituzionale dal Tribunale ordinario di Roma - I sezione civile di cui all'ordinanza della Corte costituzionale n. 97 del 2012 (ore 16,40).

PRESIDENTE. Comunico che nella riunione dell'11 luglio 2012 l'Ufficio di Presidenza, vista l'ordinanza n. 97 del 2012 della Corte costituzionale, pervenuta alla Presidenza della Camera in data 18 giugno 2012, che dichiara ammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato dal giudice della I sezione civile del tribunale di Roma nei confronti della Camera dei deputati; considerato che la Giunta per le autorizzazioni, cui gli atti sono stati deferiti come da prassi al fine di acquisirne l'orientamento in ordine alla costituzione in giudizio, ha rilevato, nelle sedute del 27 giugno e 4 luglio 2012, che la notifica dell'atto risulta carente sotto il profilo dell'integrità della copia del ricorso per conflitto, essendo la versione notificata alla Camera priva delle pagine pari; considerato l'avviso espresso dalla Giunta per le autorizzazioni nel senso che la Camera dei deputati si costituisca in giudizio, evidenziando l'incompletezza dell'atto notificato e, comunque, evitando di entrare nel merito della correttezza della deliberazione impugnata, in modo da scongiurare la possibilità che il vizio della notifica possa essere considerato sanato dall'intervenuta costituzione in giudizio, ha deliberato di proporre alla Camera la costituzione in giudizio innanzi alla Corte costituzionale, ai sensi dell'articolo 37 della legge n. 87 del 1953, per resistere, nei termini sopra illustrati, al conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato dal tribunale ordinario di Roma, I sezione civile, dichiarato ammissibile dalla Corte costituzionale con ordinanza n. 97 del 2012, in relazione alla deliberazione della Camera del 22 settembre 2010, con la quale è stata dichiarata - ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione - l'insindacabilità delle opinioni espresse dall'onorevole Silvio Berlusconi nei confronti dell'onorevole Antonio Di Pietro.
Su tale proposta, concederò la parola ad un deputato contro e ad uno a favore per non più di cinque minuti ciascuno, ai sensi dell'articolo 41, comma 1, del Regolamento.
Ha chiesto di intervenire contro la proposta di costituzione in giudizio della Camera l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signora Presidente, illustro l'intervento che chiedo sia allegato al resoconto della seduta in maniera completa. L'Italia dei Valori voterà contro la proposta di costituzione in giudizio della Camera. Apprezziamo lo sforzo del presidente Castagnetti di limitare in chiave procedurale l'ingresso della Camera nel procedimento, ma non possiamo dimenticare che la Camera dei deputati andrebbe pur sempre a difendere un deliberato incredibile, quello per cui l'avere, l'allora Presidente del Consiglio, attribuito, in un comizio televisivo, in occasione della solita intervista in ginocchio davanti a Vespa, al cittadino e deputato Antonio Di Pietro, di non avere una laurea autentica, sarebbe un fatto insindacabile. In materia siamo al secondo evento surreale, surreale, lo ripeto, per il quale il deputato Di Pietro, per vizi e inadempienze procedurali, non a lui attribuibili, rischia di vedere pregiudicato il proprio diritto a che un giudice gli renda giustizia nei confronti di una delibera che manda, come al solito, impunito, con l'ennesima compiacente delibera della Camera, il deputato diffamante. Contro questa delibera il giudice del tribunale di Roma ha elevato conflitto di attribuzione che è stato dichiarato ammissibile dalla Corte costituzionale...

PRESIDENTE. Colleghi, un po' di attenzione per cortesia.

FEDERICO PALOMBA. Ma qui è successo quel pasticcio che non è attribuibile Pag. 18alla persona offesa Di Pietro e cioè che la fotocopia è stata eseguita male e solo tre pagine su cinque sono state mandate. Tuttavia, non inganniamoci ancora una volta perché dal fascicolo del giudizio presso la cancelleria del tribunale civile di Roma è emerso che già in data 19 gennaio 2012, quando il tribunale decise di elevare il conflitto di attribuzione, la cancelleria notificò alla Camera dei deputati il testo integrale del ricorso introduttivo del giudizio per conflitto di attribuzione tra i poteri dello Stato. Questa notifica è stata effettuata regolarmente il 20 gennaio 2012 e allora, di quale incompletezza stiamo parlando? Ci vogliamo ancora una volta ingannare pur di tenere fuori dalla giustizia ordinaria il deputato Berlusconi? È chiaro, quindi, che non c'è nessuna lesione del diritto di difesa della Camera dei deputati posto che la stessa Camera ha già, agli atti del proprio fascicolo, il testo integrale sia del ricorso che dell'ordinanza. Peraltro, è bene che la Camera prenda atto, della possibilità, per il soggetto terzo coinvolto nel giudizio per conflitto di attribuzione tra i poteri dello Stato, di intervenire ad adiuvandum dell'autorità che ha elevato il conflitto nel giudizio di merito dinanzi alla Corte costituzionale. Quindi, l'onorevole Di Pietro valuterà l'opportunità di intervenire senz'altro nel procedimento dinanzi alla Consulta, cosa del tutto raccomandabile per una piena tutela del suo diritto, affinché cessi l'aberrante pratica del ricorso alla giustizia politica del Parlamento attraverso la illegittima dichiarazione di insindacabilità, per bloccare il corso della giustizia ordinaria e quindi il diritto della persona lesa dal comportamento illecito del parlamentare ad ottenere soddisfazione dinanzi ad un giudice per la lesione subita.
È bene, inoltre, che la Camera sappia e prenda atto che lo stesso deputato Di Pietro, in caso di esito negativo, potrà ricorrere alla Corte europea dei diritti dell'uomo che gli renderà finalmente giustizia accertando la violazione del diritto al giusto processo, come già accaduto in altri casi, e cioè in quelli di Cordova, di Cofferati, di Patrono e di Onorato, tutti insultati da parlamentari che erano stati indebitamente ritenuti coperti da immunità ad opera delle Camere di appartenenza. Quindi, ci sono dei rimedi che saranno attivati contro delibere inaccettabili e incredibili come quella che ha ritenuto insindacabili le diffamatorie dichiarazioni del deputato Berlusconi. Ecco perché voteremo «no» e invitiamo la Camera a fare altrettanto (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
Signora Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Palomba, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di intervenire a favore della proposta di costituzione in giudizio della Camera l'onorevole Follegot. Ne ha facoltà.

FULVIO FOLLEGOT. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il tribunale ordinario di Roma ha elevato conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato a seguito della deliberazione della Camera dei deputati del 22 settembre 2010, con la quale si è stabilito che le dichiarazioni dell'onorevole Silvio Berlusconi, di cui al documento IV-ter n.8 di questa legislatura, sono ritenuti insindacabili ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione. Ricordo, per inciso, che dette dichiarazioni erano dirette all'onorevole Di Pietro. La Corte costituzionale ha deciso per l'ammissibilità di tale conflitto. La Camera, dunque, è chiamata a decidere se costituirsi o meno nel procedimento. Il presidente della Giunta per le autorizzazioni, nelle sue comunicazioni, aveva osservato, fin da subito, che la documentazione notificata alla Camera non era completa, in quanto la copia del ricorso era mancante delle pagine pari. Si tratta dunque di capire se questo vizio procedurale incida sulla instaurazione del contraddittorio. Non vi è dubbio che, per la corretta instaurazione del contraddittorio, il ricorso Pag. 19debba rispondere ai principi di completezza e autosufficienza, e ciò vale sia nei confronti della Corte costituzionale, sia nei confronti della Camera. Alla luce di quanto sopra, è dunque necessario che la Camera si costituisca, per far valere il vizio citato, che è causa di inammissibilità del conflitto stesso, evitando, peraltro, di entrare nel merito, in quanto ogni ulteriore passo potrebbe essere considerato come sanante il vizio stesso. Quindi, la proposta è per la costituzione in giudizio nei termini sopra illustrati.

ANTONIO DI PIETRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Onorevole Di Pietro, non posso darle la parola, anche perché ha già parlato l'onorevole Palomba.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, intervengo solo per far risultare agli atti che, essendo in conflitto di interesse, ritengo mio dovere non votare.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, la proposta di costituzione in giudizio della Camera innanzi alla Corte costituzionale, ai sensi dell'articolo 37 della legge n. 87 del 1953, per resistere al conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato dal giudice della I sezione civile del tribunale ordinario di Roma di cui all'ordinanza della Corte costituzionale n. 97 del 2012.

Onorevoli Cicchitto, Antonione, Ginoble, Molteni, D'Antoni, Prestigiacomo, Paolini, Mondello, Giammanco, Mantovano, Cesaro, Laura Molteni, Martella...
(È approvata).

La Camera approva per 466 voti di differenza.

La Camera ha pertanto deliberato di costituirsi in giudizio innanzi alla Corte costituzionale.

Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 28 giugno 2012, n. 89, recante proroga di termini in materia sanitaria (A.C. 5323-A) (ore 16,50).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 28 giugno 2012, n. 89, recante proroga di termini in materia sanitaria.
Ricordo che nella seduta della 16 luglio 2012 si è conclusa la discussione sulle linee generali, ed il rappresentante del Governo è intervenuto in sede di replica, mentre il relatore vi ha rinunziato.

(Esame dell'articolo unico - A.C. 5323-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (Vedi l'allegato A - A.C. 5323-A), nel testo recante le modificazioni apportate dalla Commissione (Vedi l'allegato A - A.C. 5323-A).
Avverto che le proposte emendative presentate si intendono riferite agli articoli del decreto-legge nel testo recante le modificazioni apportate dalla Commissione (Vedi l'allegato A - A.C. 5323-A).
Ricordo che le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri (Vedi l'allegato A - A.C. 5323-A), che sono distribuiti in fotocopia.
Avverto che prima della seduta è stato ritirato dalla presentatrice l'emendamento Miotto Dis.1.1.
Avverto, inoltre, che la Presidenza non ritiene ammissibile, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 7, del Regolamento, l'emendamento Binetti 1.29, in materia di riorganizzazione della Croce Rossa italiana, di contenuto analogo all'emendamento Miotto Dis.1.1, in relazione al quale in sede referente sono stati rilevati profili di dubbia ammissibilità.
Avverto, infine, che la Commissione ha presentato una nuova formulazione dell'emendamento 1.100 (Vedi l'allegato A - A.C. 5323-A) che è in distribuzione, con Pag. 20riferimento al quale risulta alla Presidenza che i rappresentanti dei gruppi abbiano rinunciato al termine per la presentazione di subemendamenti.
Ha chiesto di parlare sul complesso delle proposte emendative l'onorevole D'Anna. Ne ha facoltà.

VINCENZO D'ANNA. Signor Presidente, intervengo sul complesso degli emendamenti essendo riservato l'intervento sul voto finale all'onorevole Gianni. Intervengo sostanzialmente per stigmatizzare alcuni aspetti che riguardano la proroga per la cosiddetta intramoenia allargata, ovvero la proroga al 31 dicembre di quest'anno della possibilità, per i medici e gli altri professionisti operanti nell'ambito del sistema sanitario nazionale, di poter effettuare la libera professione all'interno dei propri studi professionali, laddove l'azienda ospedaliera o l'azienda sanitaria non abbiano disponibilità di poter garantire agli stessi professionisti delle idonee strutture ove svolgere l'attività libero-professionale.
Ragioniamo su di un dato falso, almeno per il centro-sud dell'Italia, ovvero diamo per scontato che da qui a pochi mesi le strutture ospedaliere o le strutture ambulatoriali direttamente gestite dalle aziende sanitarie locali, possano essere messe in condizione di poter ospitare i professionisti per lo svolgimento della loro attività intramoenia.
Così non è, e mi corre l'obbligo, in quest'Aula, di dire ciò che molte persone ancora tacciono, ossia che per quanto riguarda le strutture ambulatoriali a gestione diretta, cioè quelle gestite direttamente dallo Stato - cosa peraltro che dovrebbe ben conoscere anche il Ministro Balduzzi - l'82 per cento di esse sono prive del decreto di esercizio all'apertura ed al funzionamento, il che significa che, se i NAS si dovessero rivolgere ai direttori generali o ai responsabili di queste strutture, non potrebbero far altro che apporre i sigilli per mancanza dei requisiti minimi per l'esercizio dell'attività. Pertanto, credo sia abbastanza ottimistico il pensiero che queste strutture nel corso dei prossimi sei mesi possano essere sufficientemente idonee ad ospitare l'attività libero-professionale.
Vorrei approfittare anche della presenza e dell'attenzione del Ministro per dire che esistono altre strutture che fanno parte comunque del Servizio sanitario nazionale e sono quelle istituzionalmente accreditate che per essere tali devono aver conseguito il decreto di autorizzazione all'esercizio ed al funzionamento, ovvero devono aver già superato il vaglio critico, per quanto concerne i requisiti minimi organizzativi, tecnologici, strumentali, strutturali e di personale, oltre agli ulteriori requisiti di qualità che le regioni hanno imposto alle strutture per l'accesso delle medesime all'accreditamento istituzionale.
Perché non si possono utilizzare queste strutture per l'attività libero-professionale, che non è un'attività che ha punti di contiguità con le forme di accreditamento o con l'erogazione di prestazioni con oneri a carico del Servizio sanitario nazionale? Perché la partita deve svolgersi tutta all'interno del campo della gestione statale? Anche quando non vi è contiguità, anche quando non vi è concorrenzialità, noi ci muoviamo all'interno di un concetto monopolistico della sanità, continuando a voler per forza confondere paradigmaticamente la pubblicità del servizio, che è tale per le finalità che ha, con la statalità o il monopolio statale della gestione.
Ancora una volta noi, anche in questo frangente, signor Ministro, escludiamo strutture che potrebbero ospitare questi professionisti e che certamente hanno i requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi che né gli studi dei singoli professionisti hanno, perché non sono assoggettati per legge a questo tipo di verifiche, né li hanno le strutture ospedaliere o le strutture ambulatoriali pubbliche, perché non si sono ancora adeguate a quella che è la normativa in materia di requisiti minimi e di requisiti ulteriori.
Pertanto, anche quando questo non costa niente e anche quando questo ha un riverbero positivo sul sistema, senza costare appunto alcunché a nessuno, noi Pag. 21continuiamo a ragionare all'interno della turris eburnea della sanità a gestione statale, facendo venir meno una ricchezza di rete sanitaria che può contribuire a migliorare il servizio sanitario anche per quanto riguarda l'attività intramoenia. Quindi, l'invito che io le faccio è di farsi relazionare dalla regione perché noi abbiamo strutture nel comparto privato accreditato che sono all'avanguardia e, quindi, hanno requisiti già adesso operativi che le strutture che dovrebbero ospitare l'intramoenia non hanno.
Altra questione è quella del rinnovo delle commissioni. Bene, le si rinnovi senza neanche le pruderie di dover precisare ogni volta «senza aumento di spesa» o «senza aumento del numero dei partecipanti», perché io credo che lo spreco abissale della sanità non derivi dal gettone di presenza dei componenti del Consiglio superiore di sanità o dei componenti delle commissioni consultive.
Tuttavia, in questo elenco di commissioni ne manca una, quindi l'invito è quello di istituirla. Si tratta della commissione per l'analisi dei costi standard, per l'analisi delle tariffe di remunerazione, signor Ministro, che non può essere affidata al decreto della spending review, dove il Ministero vuole una sorta di privativa contra legem volendo derogare all'articolo 8-sexies del decreto legislativo n. 229 del 1999 e pretende di formulare tariffe di remunerazione senza l'analisi dei costi di produzione. Perché? A chi serve questo tipo di operazione? Probabilmente ai burocrati apicali del Ministero che non vogliono procurarsi i dati, che non vogliono lavorare correttamente seguendo l'istruttoria per la costruzione delle tariffe, che è il primo presidio per la qualità delle prestazioni sanitarie che si erogano.
Quindi, signor Ministro, in questa sequela di commissioni, ne istituisca un'altra fatta da economisti, fatta da rappresentanti delle associazioni di categoria, delle società scientifiche, degli stessi tecnici del Ministero, perché si possa finalmente ragionare su dati di fatto, si possa finalmente arrivare all'analisi dei costi di produzione, che oggi sono un'araba fenice nel comparto della sanità pubblica, dove esistono centri di costo che non sono in grado di calcolare il costo della singola prestazione ma solo del servizio in quanto tale.
Pertanto, concludo il mio intervento segnalando la necessità, signor Ministro, in un'epoca in cui le risorse economiche sono un bene estremamente limitato, di introdurre dei minimi principi di competizione e collaborazione tra entrambi i mondi che concorrono a formare il servizio pubblico sanitario.
Pertanto, la invito ad istituire la commissione per l'analisi dei costi standard, che non può essere delegata al Ministero dell'economia e delle finanze. Infatti, il MEF non fa altro che tagliare e parlarci di risparmio. Noi dovremmo parlare, invece, di rapporto tra costi e benefici, tra costi e qualità delle prestazioni. Non dovremmo solo diventare un addendo all'interno di una tabella che il Ministero dell'economia le propone.
Quindi, l'invito che le faccio è ad utilizzare per l'intramoenia allargata anche le strutture sanitarie accreditate che siano in possesso di quei requisiti che ancora mancano alla sanità a gestione statale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Laura Molteni. Ne ha facoltà.

LAURA MOLTENI. Signor Presidente, egregio Ministro, voglio ricordare a quest'Assemblea che a partire dal 1992 e successivamente disciplinata nel 1999, è stata introdotta nel nostro Paese per i medici la possibilità di esercitare l'attività libero-professionale intramuraria in regime ambulatoriale. Successivamente, le aziende ospedaliere delle regioni, con fondi a loro destinati annualmente per l'edilizia sanitaria (si parla di fondi che ammontano a circa 826 milioni di euro) avrebbero dovuto adeguare le strutture sanitarie e quelle presenti sul territorio, per far sì che all'interno di esse venisse svolto l'esercizio dell'attività libero-professionale intramuraria.
Ma quanti anni sono passati dal 1992 ad oggi? Siamo nel 2012, anni nei quali Pag. 22non si è data applicazione allo spirito e ai principi della legge istitutiva (se ricordo bene, signora Presidente Bindi, i principi erano quelli del decreto legislativo n. 502 del 1992 e successive modificazioni come quelle di cui al decreto legislativo n. 229 del 1999 e alla legge n. 488 del 1999. Ebbene, tante regioni non hanno utilizzato i fondi a loro destinati dallo Stato per l'edilizia sanitaria per adeguare le strutture sanitarie interne, gli spazi a disposizione degli ospedali o anche strutture facenti parte del patrimonio immobiliare ospedaliero, per poter dare la possibilità ai medici che volevano svolgere, terminato il loro orario di lavoro nel pubblico, l'intramoenia.
Cosa è stato fatto? Si è proceduto con deroghe e continue proroghe che si sono succedute nel tempo, con i fondi che dalle regioni venivano utilizzati in parte e, in tanti casi, non utilizzati. Siamo nuovamente all'ennesima proroga: alla proroga della proroga. Si tratta di una cosa veramente sorprendente e io credo che, per svolgere l'intramoenia, la premessa indispensabile sia innanzitutto che la direzione generale di un'azienda ospedaliera garantisca il lavoro ordinario dell'azienda, affinché venga reso il miglior servizio possibile al cittadino, nel rispetto dei principio di appropriatezza delle prestazioni e di efficacia, ma anche nel rispetto di un principio di umanizzazione della medicina, dedicando il giusto tempo al cittadino portatore di una certa patologia.
Ritengo anche che spetti alle direzioni generali delle singole aziende sanitarie svolgere opportune verifiche, ovvero la verifica dei livelli qualitativi dell'attività libero-professionale svolta dal medico in regime di intra moenia, del numero delle prestazioni adeguate svolte dallo stesso in quanto dipendente dell'azienda e, quindi, in primo luogo in quanto dipendente pubblico nonché del tempo impiegato, delle prestazioni effettuate dal medesimo medico in regime di intramoenia e del controllo delle fatturazioni al fine di evitare l'elusione fiscale.
Credo che sia poi compito delle regioni portare avanti una serie di monitoraggi e di verifiche complessive. Credo anche che sia compito, a questo punto, dello Stato, visto che si parla di soldi pubblici, verificare perché in certe regioni i fondi per l'edilizia sanitaria non sono stati utilizzati del tutto, solo in parte o come mai non si è arrivati, dopo tanti anni, a un completamento delle ristrutturazioni necessarie affinché i medici possano svolgere la libera professione all'interno delle aziende ospedaliere, nelle quali sono dipendenti, durante la giornata.
Questo apre una serie di interrogativi. Allo stesso modo, apre una serie di interrogativi il fatto che in tante regioni non sia ancora stato organizzato un CUP, un centro unico di prenotazioni, e che in alcune regioni vi siano liste di attesa lunghissime. Ma di grande rilievo è il fatto, invece, che l'intramoenia in alcune regioni viene praticata, ancora oggi, negli studi professionali privati, grazie a una serie di deroghe alla legge e alla normativa. Praticamente, i medici portano nei loro studi professionali privati i pazienti che chiedono di fruire delle prestazioni libero-professionali in regime di intramoenia che il medico potrebbe invece svolgere nell'ospedale, lasciando una quota del loro emolumento all'ospedale. Però, è chiaro - e a me sembra talmente evidente - che una volta che il paziente arriva nello studio professionale privato avviene una sorta di fidelizzazione del paziente, per cui il cittadino dice: «Perché devo tornare in ospedale a fare la prenotazione di una visita successiva? Non posso andare direttamente nello studio privato? Non posso andare direttamente nella struttura convenzionata e chiedere di poter avere quella prestazione privatamente?». Dunque, alla fine, il pubblico, che potrebbe introitare dei soldi anche da questo tipo di prestazioni, nel tempo ne introiterà sicuramente di meno.
Dunque, mi chiedo se questo sistema dell'intramoenia allargata non sia fatto apposta e se non vi siano dietro altri discorsi o altri percorsi, perché non credo che in Italia vi sia, per ogni medico che effettua questo tipo di prestazioni nello studio professionale privato come intramoenia allargata, chi va poi a controllare. Pag. 23Ebbene, credo che nel nostro Paese bisogna anche avere il coraggio di dire la parola fine a queste situazioni. Quindi, abbiamo visto che era stato deciso, nell'ultimo «milleproroghe», che dovesse trattarsi dell'ultima proroga; era stato posto un ultimo termine inderogabile per dare uno stop a questa situazione. Credo che sia veramente il caso di porre un freno a questa situazione e di non procrastinare oltre, con altre proroghe, questo andazzo.
Siamo in un Paese dove vi è un sistema che non funziona, in un Paese malato, che ha bisogno di una cura e le cure, dopo tanti anni di tentativi, penso che debbano essere risolutive. Per questo motivo abbiamo predisposto un emendamento che vuole eliminare il comma 1 dell'articolo 1 del provvedimento, per dare uno stop definitivo a questo sistema, che non farà altro che procrastinare una sorta di insana consuetudine, perché è diventata una consuetudine quella delle proroghe.
Poi abbiamo presentato altri emendamenti, anche riferiti al riordino degli enti: con uno di questi, in sostanza, si chiede che non sia il Ministro a nominare il presidente del Consiglio superiore di sanità, ma che sia l'assemblea, in quanto organo collegiale, per rispettare i principi di democrazia, così come è sempre stato sino ad ora. Allo stesso modo, abbiamo predisposto altri emendamenti perché vi sia un'effettiva riduzione dei componenti di questi organismi, che sono tantissimi e che potrebbero essere accorpati. Peccato che in questo provvedimento, inserendo la questione della proroga di certi organismi, si vada invece ad eludere un po' quello che è lo spirito della spending review, che è quello dell'effettiva riduzione dei costi.
Siamo, altresì, favorevoli alla previsione dell'obbligo di assicurare i medici da parte delle assicurazioni: tale obbligo l'avevamo già inserito, grazie ad un emendamento a firma Lega e PdL, nel decreto sulla sperimentazione clinica, fermo nei cassetti del Senato. Questo andrebbe a favore dei medici che così si sentirebbero più tutelati anche nel loro operato, ma anche a favore dei cittadini, i quali, a loro volta, si sentirebbero più tutelati nella loro giusta richiesta di risarcimenti, qualora venga accertato che è stato compiuto un errore sanitario a loro danno.
Quindi, questo è l'intervento sul complesso degli emendamenti: non è mia intenzione svolgere altri interventi nella discussione sui singoli emendamenti. Interverremo successivamente, in sede di dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

CARMINE SANTO PATARINO, Relatore. Signor Presidente, la Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli emendamenti Laura Molteni 1.23, Scilipoti 1.30 e Miotto 1.21. La Commissione invita al ritiro degli identici emendamenti Palagiano 1.14 e Laura Molteni 1.25, altrimenti il parere è contrario, e invita, altresì, al ritiro dell'emendamento Laura Molteni 1.26, altrimenti il parere è contrario. La Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli emendamenti Binetti 1.28, Palagiano 1.15 e Miotto 1.22, invitando eventualmente i presentatori a trasfonderne il contenuto in un ordine del giorno. La Commissione invita al ritiro dell'emendamento Palagiano 1.31, altrimenti il parere è contrario. Ricordo che l'emendamento Binetti 1.29 è stato dichiarato inammissibile. La Commissione invita formula un invito al ritiro dell'emendamento Palagiano 1.1, altrimenti il parere è contrario. La Commissione formula altresì un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli identici emendamenti Palagiano 1.6 e Laura Molteni 1.27 e raccomanda l'approvazione del suo emendamento 1.100, nella nuova formulazione.
Ricordo, infine, che l'emendamento Miotto 1.1 è stato ritirato.

PRESIDENTE. Il Governo?

RENATO BALDUZZI, Ministro della salute. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal Pag. 24relatore, salvo per quanto riguarda l'emendamento Miotto 1.21, per il quale si rimette all'Assemblea.

PRESIDENTE. Passiamo all'emendamento Laura Molteni 1.23. Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro, formulato dal relatore.

LAURA MOLTENI. No, signor Presidente, insisto per la votazione.

PRESIDENTE. Passiamo dunque ai voti.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Laura Molteni 1.23, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Fiano, Gasbarra, Brandolini, Mondello, Cesaro, Pionati, Briguglio, Fontanelli, Fogliardi, Carfagna, La Forgia, Esposito, Vaccaro...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 515
Votanti 513
Astenuti 2
Maggioranza 257
Hanno votato
55
Hanno votato
no 458).

Prendo atto che la deputata Garavini ha segnalato che non è riuscita a votare.
Prendo atto che il presentatore dell'emendamento Scilipoti 1.30 non accede all'invito al ritiro formulato dal relatore.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Scilipoti 1.30, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Marchioni, Armosino, Giammanco, Granata, Mondello, Cesaro, Zazzera...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 515
Votanti 463
Astenuti 52
Maggioranza 232
Hanno votato
12
Hanno votato
no 451).

Prendo atto che il deputato Marco Carra ha segnalato che non è riuscito a votare.
Prendo atto che il presentatore dell'emendamento Miotto 1.21 lo ritira.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro degli identici emendamenti Palagiano 1.14 e Laura Molteni 1.25, formulato dal relatore.

ANTONIO PALAGIANO. No, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO PALAGIANO. Signor Presidente, vorrei spiegare di cosa stiamo parlando. A sentir dire è un banale proroga termini in materia sanitaria, in realtà sottende ben altro. Non è il problema dell'intramoenia, su cui ci siamo molto spesi in quest'Aula, io ricordo mentre il presidente Di Pietro esponeva, nel corso dell'esame del milleproroghe, la miopia di vedere tutto risolto entro il 30 giugno e lei strillava. In realtà siamo stati lungimiranti, perché adesso siete voi stessi che state indicando la proroga. Soltanto otto regioni in Italia sono riuscite ad adeguare gli spazi per l'intramoenia e il rapporto di esclusiva è retto dal 95 per cento dei medici. Non è possibile, non è possibile, onorevole Presidente, interrompere quel rapporto indissolubile che esiste fra medico e paziente perché le strutture, la politica non hanno intercettato i migliori e quindi spesso il Pag. 25cittadino si rivolge al medico chiedendo il suo diretto rapporto. Noi chiediamo che questo venga fatto nell'ambito della struttura sanitaria, ma per l'ultima volta e definitivamente bisognerà mettere le regioni in condizione di identificare gli spazi in cui questa attività viene svolta. Ripeto, per l'ultima volta e seriamente. Adesso ci troviamo davanti alla Camera in cui, bene o male, si dice quello che avevamo detto noi: non si può fare entro il 30 giugno. Io ricordo che il milleproroghe lo prevedeva e un emendamento a prima firma della mia collega Miotto anticipò questo termine al 30. Il Ministro Balduzzi disse: rispetto il Parlamento. In realtà era impraticabile la messa in sicurezza e l'individuazione di queste strutture.
Prendo atto, quindi, che siete venuti nella nostra stessa direzione, ma il problema - è quello che noi chiediamo con questo emendamento - fondamentalmente è l'elenco delle nomine. La polpa di questa proroga non è tanto l'intramoenia, che si farà all'interno delle strutture (di questo sono certo).
Il problema sono le nomine: signor Ministro, ricordo che l'articolo 2, comma 4, della legge n. 183 del 2010 prevedeva tassativamente che, entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente legge, si sarebbe proceduto al riordino degli organi collegiali sotto la sua direzione. Come? Attraverso l'eliminazione delle duplicazioni, la razionalizzazione delle competenze, l'unificazione, specialmente, dei doppioni, la diminuzione del numero dei componenti e degli organismi.
Ebbene, lei, da un lato, annuncia tagli per 7,9 miliardi di euro alla sanità e per prima cosa, anziché intervenire subito, riducendo questi enti, questi organi collegiali, decide di fare le nomine. Si tratta di 31 nomine di presidenti e di componenti di organi collegiali in cui lei, anziché dire che la prima cosa da fare è dare l'esempio ai cittadini, tagliando e razionalizzando questi enti, si trincera dietro l'intra moenia e si fa le sue nomine, come facevano quelli della prima Repubblica. Credo che questo sia un atteggiamento inaccettabile, che offende la dignità del Parlamento. Lei avrebbe dovuto parlarne in Commissione e vedere quelli che erano gli enti da eliminare, anziché fare un blitz governativo. Noi, soltanto la settimana scorsa, giovedì, abbiamo discusso gli emendamenti, che, come si vede, sono blindati. Tutti gli emendamenti che sono stati presentati sono stati respinti. Ricordo che lo stesso relatore ha presentato emendamenti identici a quelli dell'Italia dei Valori, ma adesso non vi è spazio per nessuno. È un provvedimento blindato. Noi chiediamo, con il nostro emendamento, di evitare queste nomine, che sono politiche, l'ennesima invasione della politica nell'ambito dei tecnici e di quelli che operano nel settore della sanità, da lei controllati. Quindi, le chiediamo di invertire la tendenza. Facciamo vedere ai cittadini che i veri costi della politica, che sono quelli che si annidano all'interno dei ministeri, vengono tagliati e diamo noi il buon esempio (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Miotto. Ne ha facoltà.

ANNA MARGHERITA MIOTTO. Signor Presidente, voteremo contro questo emendamento, per le ragioni esattamente opposte a quelle che il collega Palagiano ha testé esposto. Le commissioni tecniche sono organismi fondamentali per il governo della sanità. Se vogliamo togliere la politica dalla sanità e i partiti dalle nomine, dobbiamo affidarci ai professionisti per le linee guida, caro collega Palagiano. Le commissioni tecniche servono a questo, sono fatte da professionisti, dagli esponenti delle società scientifiche che danno i loro pareri tecnici sulle linee guida, sui provvedimenti del Governo in campi decisivi per la qualità del Servizio sanitario nazionale. Penso ai LEA, penso ai dispositivi medici, penso all'applicazione della legge n. 38 del 2010 sulle cure palliative e agli altri 30 organismi che vengono rinnovati, compreso il Consiglio superiore di sanità. Ma voi pensate che la sanità possa essere governata senza l'ausilio tecnico del Pag. 26Consiglio superiore di sanità? Ma dove vivete? Ma possibile che si faccia polemica su queste cose? Facciamola sulle cose serie, ma non su queste questioni, che tecnicamente sono ineccepibili.
Credo, francamente, che, se vogliamo fare polemica, ripeto, abbiamo altri campi, altri argomenti sui quali riflettere, ma non certamente il rinnovo di commissioni tecniche che sono essenziali per il governo della sanità. Perciò, voteremo contro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Barani. Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, anche noi, come gruppo del Popolo della Libertà, voteremo contro gli identici emendamenti Palagiano 1.14 e Laura Molteni 1.25. Effettivamente, abbiamo bisogno degli esperti nella sanità: è come farsi curare senza il medico, è come rivolgersi ai guaritori.
No, qui abbiamo bisogno di esperti, che aiutino la politica a far sì che gli aggiornamenti scientifici, l'innovazione e la meritocrazia siano ben visibili e ben coordinati. Ovviamente, il signor Ministro, che in questo caso ha tutta la nostra comprensione, dovrà con propri decreti rinnovarli, senza accrescerne il numero. «Senza accrescere il numero» vuol dire che il Ministro è libero anche di ridurlo. «Senza accrescere il numero» significa che, se sono 31, li può ridurre anche ad un numero inferiore o li può accorpare e valutare quelli che sono superflui.
Quindi noi convintamente esprimiamo un voto ovviamente contrario a questi identici emendamenti.
Se mi è possibile e se mi è permesso fare un'ultima battuta, noi ci auguriamo che sparisca - almeno per quanto concerne la sanità - la foto di Vasto. Infatti, se due partiti di tre che erano in quella foto, la pensano in maniera così diametralmente opposta, significa che abbiamo di che temere per il futuro, almeno riguardo alla salute pubblica (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Patarino. Ne ha facoltà.

CARMINE SANTO PATARINO. Signor Presidente, io capisco che da parte dell'Italia dei Valori si debba fare la polemica e si debba alimentarla.
Per quanto ci riguarda, ci ponemmo questo problema, quando siamo passati alla fase di discussione nell'ambito della Commissione e ponemmo la questione al Ministro, il quale ci garantì che avrebbe provveduto nella fase di riordino e di riorganizzazione di tutte quante le commissioni, nel caso, anche agli accorpamenti, alla contrazione ed alla riduzione.
Noi siamo tranquilli e siamo certi che il Ministro non verrà meno alla parola. Abbiamo presentato anche degli ordini del giorno e, proprio grazie a quegli ordini del giorno ed all'orientamento che nasce dall'intera Aula, siamo certi che il Ministro si comporterà conseguentemente affinché, finalmente, la politica, o meglio i partiti, escano dalle istituzioni, soprattutto quelle che riguardano la sanità.
Pertanto noi voteremo contro questi identici emendamenti (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Palagiano 1.14 e Laura Molteni 1.25, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Pelino, Scilipoti, Mazzuca, Della Vedova, Scandroglio, Giorgio Conte, Cesaro, Vanalli, Capodicasa, Tocci... ancora l'onorevole Pelino... ancora l'onorevole Capodicasa... onorevole Rampelli...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 516
Votanti 512 Pag. 27
Astenuti 4
Maggioranza 257
Hanno votato
72
Hanno votato
no 440).

Prendo atto che il deputato Vanalli ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Passiamo all'emendamento Laura Molteni 1.26. Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Laura Molteni 1.26 non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Laura Molteni 1.26, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Pianetta, Giorgio Conte, Mazzuca, Cossiga, Corsaro, Paladini, Vatinno...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 507
Votanti 504
Astenuti 3
Maggioranza 253
Hanno votato
68
Hanno votato
no 436).

Prendo atto che il deputato Ruben ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.
Passiamo all'emendamento Binetti 1.28. Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Binetti 1.28 accedono all'invito al ritiro.
Passiamo all'emendamento Palagiano 1.25. Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro dell'emendamento Palagiano 1.25 formulato dal relatore.

ANTONIO PALAGIANO. No, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO PALAGIANO. Signor Presidente, il relatore poc'anzi ha invitato al ritiro.
Vorrei specificare che anche in questo caso l'argomento riguarda il Ministro della salute, che con propri decreti può rinnovare «senza accrescere» il numero dei componenti.
Noi avevamo proposto con il nostro emendamento una riduzione, non riuscendo a capire perché soltanto nel Consiglio superiore di sanità si opera una riduzione da 50 a 40, negli altri enti, invece, resta tutto tale e quale. Allora, vista l'indisponibilità del Governo e del relatore, presentiamo un ordine del giorno che va in questa direzione in cui il Ministro valuta l'opportunità di ridurre il numero dei componenti per dare un segnale al Paese che davvero questi carrozzoni vanno snelliti.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 17,30)

RENATO BALDUZZI, Ministro della salute. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RENATO BALDUZZI, Ministro della salute. Signor Presidente, mi rivolgo all'onorevole Palagiano. Lei sa che in sede di Commissione ho già avuto modo di dare un'interpretazione di quel verbo che senza accrescere può significare anche ridurre. Ciò vuol dire che non è possibile, nel rinnovare questi organismi, aumentarne il numero ma non è vietato diminuirli, e dunque io accoglierò ben volentieri l'ordine del giorno.
Mi permetto soltanto, onorevole Palagiano, di dissentire su un passaggio del suo ultimo intervento. Questi organismi collegiali che sono organismi tecnico-scientifici, sono organismi normalmente abbastanza contenuti come numeri, sono organismi formati dalle migliori energie che ha il Pag. 28nostro Paese. Tutto di questi organismi si può dire, onorevole Palagiano, salvo che siano dei carrozzoni.

PRESIDENTE. Prendo dunque atto che il presentatore ritira l'emendamento Palagiano 1.15.
Prendo altresì atto che il presentatore ritira l'emendamento Miotto 1.22.
Onorevole Palagiano, accede all'invito al ritiro del suo emendamento 1.31 formulato dal relatore?

ANTONIO PALAGIANO. Signor Presidente, si tratta di un emendamento soltanto tecnico e collegato al precedente, dunque lo ritiro.

PRESIDENTE. Sta bene. Ricordo che l'emendamento Binetti 1.29 è stato dichiarato inammissibile.
Onorevole Palagiano, accede all'invito al ritiro del suo emendamento 1.1 formulato dal relatore?

ANTONIO PALAGIANO. Signor Presidente, il Consiglio superiore di sanità è un organo consultivo tecnico del Ministero. Qui c'è da un lato qualcosa di apprezzabile che il Ministro Balduzzi ha fatto riducendo alcuni componenti da 50 a 40, e questa è l'unica cosa positiva, però io ricordo, Ministro Balduzzi, che come lei ben sa, il decreto ministeriale n. 342 del 2003 prevede, all'articolo 2, che il presidente di questo prestigioso organo collegiale venga eletto dall'assemblea in sede di prima convocazione a maggioranza assoluta. Lei vuole prendersi il ruolo di decidere questo organo tecnico da chi debba essere presieduto. Siamo alla scadenza dei termini, anzi, siamo oltre la scadenza dei termini. Il buonsenso avrebbe consigliato di prorogare il termine fino all'emanazione del decreto del Presidente della Repubblica, invece ci si vuole impossessare della presidenza del Consiglio superiore di sanità.
Con il nostro emendamento chiediamo di eliminare questa norma, affinché il presidente venga eletto dall'assemblea alla prima riunione come previsto dall'ordinamento vigente.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Delfino. Ne ha facoltà.

TERESIO DELFINO. Signor Presidente, vedendo l'allegato 1 di questo decreto-legge ho verificato (ma il signor Ministro mi potrà senz'altro illustrare eventuali situazioni diverse) che su 31 commissioni e organismi vari solo sette risulterebbero costituiti prima del 2000, tra cui anche ovviamente il Consiglio superiore della sanità, della cui importanza sono totalmente convinto. Ciò a significare che questa esplosione, questa necessità di coinvolgimento dei tecnici è cresciuta a dismisura nel nostro Paese, non solo a livello nazionale, perché man mano che diminuivano le competenze in capo al Ministero della salute noi avevamo la crescita degli organismi tecnici. Ma con una rapida visione di quello che succede a livello regionale abbiamo una conferma che sempre di più questi organismi tecnici (che poi, guarda caso, ovviamente essendo tecnici sono fatti dal mondo dei sanitari e delle organizzazioni professionali sanitarie) riducono tutta la gestione della sanità non tanto ad una gestione di una buona politica. Infatti il diritto alla salute trova la sua prima ragion d'essere nella Costituzione e quindi questo grido che si leva ogni tanto in modo dissennato lo trovo assolutamente inappropriato perché la salute deve trovare anche un punto di riferimento in una gestione democratica, non può essere assolutamente e totalmente affidata ai tecnici come qualsiasi altro comparto, tanto più questo comparto che tocca uno dei settori fondamentali. Allora, siccome siamo con un Governo molto impegnato a disboscare, a ridurre le rappresentanze democratiche negli enti eletti democraticamente dal popolo, le rivolgo questo invito che condivido totalmente, ma poi la prima firmataria, la collega Binetti l'ha ritirato: faccia una analisi attenta severamente sul fatto se tutte queste commissioni abbiano una ragione d'essere o se invece proprio quella revisione che deve essere portata avanti nella nostra pubblica amministrazione non richieda anche una Pag. 29riduzione di questi organismi, di questi comitati e di questi vari elementi di gestione che noi abbiamo inserito e che comunque - lei sa, signor Ministro - hanno comunque delle spese, perché mi risulta (ma vorrei essere contraddetto) che comunque comportano delle spese.
Allora, se il nostro Paese deve tutelare prima di tutto il diritto alla salute dei cittadini, credo che questo si possa fare anche in modo oculato garantendo che le funzioni, che una volta non vedevano tutta questa esplicitazione di organismi eppure venivano certamente esercitate con scienza e coscienza dai professionisti, dai medici e da tutti gli operatori sanitari, possano continuare senza assistere ancora una volta ad un rinnovo, ad una proroga tout court di organismi che hanno una loro ragione magari quando vengono istituiti, ma che nel tempo potrebbero anche aver perso importanza e trovata la possibilità di essere più ridotti non soltanto come numero ma anche come competenze (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

RENATO BALDUZZI, Ministro della salute. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RENATO BALDUZZI, Ministro della salute. Signor Presidente, volevo dare un riscontro a quest'ultimo intervento dell'onorevole Delfino nel senso di rassicurare che questa ultrattività di tali organismi, alcuni dei quali sono già prorogati e, quindi, un qualche limitato rinnovo interno potrebbe essere utile, non significa la loro pietrificazione, la loro perennizzazione, anzi nello schema di regolamento che già abbiamo trasmesso alla Presidenza del Consiglio e che sta proseguendo l'iter - un regolamento di delegificazione, quindi ha un iter piuttosto complesso - posso già garantire che lo sfoltimento c'è ed è molto cospicuo e c'è una riduzione generalizzata dei componenti. Per quanto riguarda il passaggio dell'onorevole Palagiano relativamente al Consiglio superiore di sanità e al suo presidente, la modifica relativa alle procedure di nomina del presidente è una modifica, come ho già avuto modo di dire in Commissione, che va nella direzione di una maggiore responsabilizzazione e trasparenza della nomina stessa.

PRESIDENTE. Saluto gli studenti ed i docenti del liceo «Decio Celeri» di Lovere (Bergamo), che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Palagiano 1.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Moles, Cesaro, Marinello, Calderisi, Anna Teresa Formisano, Tanoni, Marini, D'Antona, Rossomando...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 516
Votanti 514
Astenuti 2
Maggioranza 258
Hanno votato
76
Hanno votato
no 438).

Passiamo agli identici emendamenti Palagiano 1.6 e Laura Molteni 1.27.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro degli identici emendamenti Palagiano 1.6 e Laura Molteni 1.27 formulato dal relatore.

ANTONIO PALAGIANO. Signor Presidente, non voglio focalizzare l'attenzione soltanto sul Consiglio superiore di sanità, qui non stiamo parlando solo di questo. Non so se tutti i colleghi presenti in Aula hanno avuto il tempo di andarsi a spulciare tutti gli enti che, a mio avviso, andrebbero accorpati, e dovrebbe essere la prima misura. Se parliamo soltanto della materia veterinaria e dei consumatori abbiamo la Consulta delle associazioni dei consumatori e dei produttori in materia di Pag. 30sicurezza alimentare, il Nucleo nazionale per la sorveglianza sui medicinali veterinari e il Comitato per la sicurezza alimentare. Poi ci sono la Commissione per la dietetica e la nutrizione, la Commissione consultiva sui fitosanitari, la Commissione tecnica sui mangimi e la Commissione tecnica per la protezione degli animali di allevamento. Insomma, si potrebbe accorpare tutta quella che è materia veterinaria o di sicurezza alimentare in un unico ente controllato da lei, ma non si può pensare prima di nominare i vertici in attesa del decreto del Presidente della Repubblica. Credo che il Governo non possa avere questa dicotomia o peggio schizofrenia che, da un lato, si lavora per la produzione del decreto del Presidente della Repubblica che verrà emanato entro fine anno e, dall'altro lato, si comincia con le nomine. Diamo un buon esempio, iniziamo con il Consiglio superiore di sanità e restituiamo all'assemblea la possibilità di nominare il presidente.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Palagiano 1.6 e Laura Molteni 1.27, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Cesaro, Tanoni, Crosetto, Anna Teresa Formisano, D'Antona...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 521
Votanti 515
Astenuti 6
Maggioranza 258
Hanno votato
79
Hanno votato
no 436).

Prendo atto che la deputata Concia ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.100 (Nuova formulazione) della Commissione, accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Ria, Granata, Cesaro, Sanga, Franceschini, Gasbarra, Giammanco...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 518
Votanti 515
Astenuti 3
Maggioranza 258
Hanno votato
502
Hanno votato
no 13).

Prendo atto che la deputata Concia ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole.
Avverto che, consistendo il disegno di legge in un solo articolo, non si procederà alla votazione dell'articolo unico, ma dopo l'esame degli ordini del giorno si procederà direttamente alla votazione finale, a norma dell'articolo 87, comma 5, del Regolamento.

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 5323-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 5323-A).
Avverto che la Presidenza non ritiene ammissibili, in quanto estranei rispetto al contenuto del provvedimento, i seguenti ordini del giorno: Gianni n. 9/5323-A/3, in materia di esenzione dall'obbligo della specializzazione per talune categorie di laureati in medicina e chirurgia; Miotto n. 9/5323-A/12, concernente la riorganizzazione della Croce Rossa Italiana.
Se nessuno chiede di intervenire per illustrare gli ordini del giorno, invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere.

Pag. 31

RENATO BALDUZZI, Ministro della salute. Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Iannaccone n. 9/5323-A/1. Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Pedoto n. 9/5323-A/2. Ricordo che l'ordine del giorno Gianni n. 9/5323-A/3 è inammissibile.
Il Governo invita al ritiro, altrimenti il parere è contrario, dell'ordine del giorno Garagnani n. 9/5323-A/4. Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Scilipoti n. 9/5323-A/5. Il Governo esprime parere contrario sull'ordine del giorno Perina n. 9/5323-A/6.
Il Governo esprime parere favorevole sui seguenti ordini del giorno: Nunzio Francesco Testa n. 9/5323-A/7, De Poli n. 9/5323-A/8, Calgaro n. 9/5323-A/9, Binetti n. 9/5323-A/10 e Patarino n. 9/5323-A/11. Ricordo che l'ordine del giorno Miotto n. 9/5323-A/12 è inammissibile.
Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Lenzi n. 9/5323-A/13.
Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Laura Molteni n. 9/5323-A/14.
Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Castellani n. 9/5323-A/15.

PRESIDENTE. Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Iannaccone n. 9/5323-A/1, sul quale il Governo ha espresso parere favorevole. Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Pedoto n. 9/5323-A/2, accolto dal Governo come raccomandazione.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro dell'ordine del giorno Garagnani n. 9/5323-A/4 formulato dal Governo.

FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, non ci penso nemmeno lontanamente a ritirare questo mio ordine del giorno, anche perché fa riferimento in modo significativo e costruttivo al mancato adeguamento, in alcune realtà regionali, fra cui la mia, delle strutture sanitarie che proprio consentono la libera professione intramoenia, evitando generalizzazioni, ma ponendo un problema preciso e che fa riferimento a recenti disposizioni di legge. Ora, quando si chiede, come ha fatto il sottoscritto, un'intramoenia libera in presenza di un provvedimento che rechi anche una disciplina organica dell'attività libero-professionale, prevedendo nei tempi questa disciplina che consenta la possibilità veramente di svolgere un'attività come questa, com'è prevista dalla normativa vigente, in presenza invece di una sorta di disattenzione o di ostruzionismo di alcuni vertici delle aziende sanitarie locali, credo che si fotografi una realtà che è presente nel Paese e sulla quale si sono soffermati alcuni colleghi. Soprattutto si sottolinea l'importanza di una valorizzazione della professione medica all'interno del Servizio sanitario nazionale, in un momento in cui si parla di liberalizzazione e si parla di valorizzazione.
In questo senso, invece, si mantiene questa funzione pubblica della sanità, riconoscendo, però, al medico un ruolo significativo e la possibilità di svolgere a tutti gli effetti la libera professione in strutture che non esistono.
Credo che l'invito - che poi è un impegno - al Governo per la definizione di una disciplina più organica sia quanto di più esaustivo, ma nel contempo comprensibile, si possa concepire in un ordine del giorno che riguarda una normativa transitoria, come quella di cui stiamo parlando, in previsione del provvedimento che il Governo si appresta a definire in termini precisi, almeno sulla base di ciò.
Alla luce di questo, ritengo di non poter ritirare l'ordine del giorno in oggetto e, sinceramente, gradirei da parte del Ministro una spiegazione delle motivazioni sulla base delle quali ha espresso il suo invito al ritiro esprimendo altrimenti un parere contrario. Ciò, anche perché faccio riferimento ad una serie di riflessioni che mi sono state date da medici della mia regione, ma non solo, proprio in presenza di una palese contraddizione fra quello Pag. 32che la legge o le leggi dicono e la possibilità effettiva di svolgere la libera professione intramoenia.

RENATO BALDUZZI, Ministro della salute. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RENATO BALDUZZI, Ministro della salute. Signor Presidente, raccolgo volentieri l'invito e avevo già chiesto la parola, perché ho premura di rappresentare il senso dell'invito al ritiro, del parere non favorevole. Tale parere, infatti, non è, evidentemente, relativo all'esigenza di un'attività libero-professionale intramuraria seria e seriamente organizzata - come, d'altra parte, veniva anche esposto in alcuni degli altri interventi, in particolare il primo, quello dell'onorevole D'Anna -, ma alla formulazione dell'ordine del giorno dell'onorevole Garagnani, in cui si parla di un'attività libero-professionale del personale sanitario meno restrittiva.
Non credo che sia questo il problema: credo che il problema sia quello di dare all'attività libero-professionale intramoenia una connotazione di serietà, che sia tracciabile, che si sappia che cosa sta facendo in questo momento il personale sanitario, come è avvenuta la prenotazione, che si sappia come sono le prescrizioni in termini di pagamento. Questo mi sembra il senso e penso che lei, onorevole Garagnani, condividerà ciò. Dunque, la formulazione in quel senso, meno restrittiva o più restrittiva, mi pareva che non cogliesse il punto, come, tra l'altro, invece, opportunamente, lei ha colto nell'intervento. Pertanto, l'invito al ritiro era soltanto nel senso che le preoccupazioni di fondo che lei ha espresso saranno già contenute nel provvedimento che il Governo avrà l'onore di sottoporre alla valutazione del Parlamento prossimamente, mentre la formulazione dell'ordine del giorno qualche problema poteva ben crearlo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Romele. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE ROMELE. Signor Presidente, agganciandomi agli interventi dell'onorevole Garagnani e del Ministro, penso che la soluzione l'abbia già trovata il Ministro, proponendo, eventualmente, una riformulazione, invece di un non accoglimento. Infatti, ritengo che lo spirito che sottintende l'ordine del giorno dell'onorevole Garagnani sia condivisibile e condiviso da tutto il Parlamento; è un invito, tra l'altro, al Governo, che sta per ampliare e creare nuove condizioni normative, una nuova impostazione normativa. Pertanto, lo spirito è un invito. Se questo è vero, come pare sia vero, il Ministro dovrebbe quanto meno accogliere l'ordine del giorno con una riformulazione che accontenti tutti. Diversamente, chiedo di sottoscrivere l'ordine del giorno in oggetto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Polledri. Ne ha facoltà.

MASSIMO POLLEDRI. Signor Presidente, intervengo a titolo personale per sottoscrivere l'ordine del giorno in oggetto. Mi stupisce un po', perché un'attività libero-professionale non dovrebbe essere restrittiva: apprendo che il Governo pensa che vi sia un'attività libero-professionale restrittiva. Visto che i principi da cui ci muoviamo con il Ministro sono un po' diversi, noi abbiamo fiducia in un'attività libero-professionale regolamentata, come quella delle norme, perché abbiamo fiducia che i medici, svolgendo il loro mestiere oltre l'orario di servizio, possano creare una ricchezza e un buon servizio per se stessi e per i pazienti. Questo da una cultura liberale possiamo aspettarcelo, non da una cultura socialista come quella che lei rappresenta.

PRESIDENTE. Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Garagnani n. 9/5323-A/4, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Pag. 33

Onorevoli Fiano, Bernardini, Cimadoro, Bossa, Coscia, Concia....
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 511
Votanti 458
Astenuti 53
Maggioranza 230
Hanno votato
135
Hanno votato
no 323).

Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Scilipoti n. 9/5323-A/5, accettato dal Governo, e che l'ordine del giorno Perina n. 9/5323-A/6, è stato ritirato dal presentatore.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione degli ordini del giorno Nunzio Francesco Testa n. 9/5323-A/7, De Poli n. 9/5323-A/8, Calgaro n. 9/5323-A/9, Binetti n. 9/5323-A/10, Patarino n. 9/5323-A/11 e Lenzi n. 9/5323-A/13, accettati dal Governo.
Prendo atto, altresì, che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Laura Molteni n. 9/5323-A/14, accolto dal Governo come raccomandazione, e che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Castellani n. 9/5323-A/15, accettato dal Governo.

ANTONIO PALAGIANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO PALAGIANO. Signor Presidente, quando ho ritirato il mio emendamento ne avevo subordinato il ritiro alla presentazione di un ordine del giorno che immediatamente ho presentato al Ministro il quale, adesso, dovrebbe esprimersi su di esso. È stata una cosa contestuale.

PRESIDENTE. Onorevole Palagiano, a me non risulta che sia stato presentato un suo ordine del giorno. Evidentemente è stato presentato tardivamente.

RENATO BALDUZZI, Ministro della salute. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RENATO BALDUZZI, Ministro della salute. Signor Presidente, volevo comunque rassicurare l'onorevole Palagiano perché il suo ordine del giorno aveva un contenuto identico a quello di un ordine del giorno che è stato approvato.

PRESIDENTE. Bene, abbiamo salvato capra e cavoli.
È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 5323-A)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ossorio. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE OSSORIO. Signor Presidente, signor Ministro, secondo stime che risalgono al 2010, i medici che sono impegnati in intramoenia sono stati fra 1.200 e 1.800. Essi hanno scelto l'esclusività del lavoro con il Servizio sanitario. Sono ancora pochi, secondo noi; troppo pochi, signor Ministro. L'intramoenia allargata, come sappiamo, è possibile se l'azienda sanitaria non ha organizzato gli spazi necessari e adatti all'interno delle strutture. A tutt'oggi solo otto regioni hanno compiuto questo sforzo che è uno sforzo organizzativo e hanno realizzato il 100 per cento del programma previsto. La proroga comporta, quindi, procedure tali che queste strutture dovranno, necessariamente, attuare, altrimenti non ha significato. Dobbiamo assicurare il definitivo passaggio al regime ordinario del sistema dell'attività libero-professionale intramuraria. Nel prendere in esame il decreto, rileviamo, senza polemica, signor Ministro, che il comma 3 dell'articolo 1 attribuisce a lei la facoltà di rinnovare il Consiglio superiore di sanità. Pag. 34
Riguardo, a questo punto, glielo diciamo con garbo, riteniamo che la discrezionalità riconosciuta al Ministro sia ampia, e che per il rinnovo del Consiglio superiore della sanità sarebbe opportuno un maggior coinvolgimento dei naturali interlocutori. Riteniamo anche che l'intramoenia allargata non si risolva pensando a successive proroghe, andrà fatta una scelta definitiva. Questo Governo ha tutta l'autorevolezza per adempierla. Dichiariamo il nostro voto favorevole, raccomandando al Ministro di avere un colloquio ampio con tutti gli interlocutori che operano nella sanità e che quotidianamente assicurano un servizio che, a nostro modo di vedere, è ancora di alto livello.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mosella. Ne ha facoltà.

DONATO RENATO MOSELLA. Signor Presidente, signor Ministro, il dibattito, anche sulle proposte emendative e sugli ordini del giorno, ha avuto toni un po' accesi; noi vogliamo dare un modesto contributo, provando ad inquadrare il provvedimento che ci apprestiamo a votare, che ha un duplice intento: assicurare la continuità di norme che tutelano il diritto alla salute della popolazione e le funzioni essenziali in seno all'amministrazione sanitaria centrale.
Le proroghe che il decreto contiene riguardano, nello specifico, la facoltà di utilizzare gli studi privati per l'esercizio di attività libero-professionale intramuraria e la durata in carica degli organi collegiali che operano presso il Ministero della salute, in modo tale da garantire quella riorganizzazione che deve essere preludio ad una maggiore efficienza. L'attività intramoenia è una risorsa per i cittadini, per i medici e anche per le stesse aziende sanitarie, perché consente una migliore presa in carico dei pazienti da parte della struttura sanitaria, assicurando continuità nel percorso di cura dei degenti, maggiore trasparenza e anche la riduzione delle liste di attesa, che stanno diventando sempre più un problema. I medici hanno la possibilità, quindi, di continuare a svolgere la loro attività all'interno degli stessi ospedali, garantendo qualità ed efficienza nei servizi offerti ai cittadini, mentre le aziende sanitarie possono operare un controllo maggiore e ricavare risorse utili da investire nel potenziamento delle strutture. La proroga che consente lo svolgimento straordinario dell'attività libero-professionale intramuraria presso gli studi privati dei medici, pur essendo l'ennesima di una lunga serie, è necessaria. Noi confidiamo, Ministro, che essa aprirà una fase meramente transitoria, al termine della quale saranno finalmente completate le riforme necessarie ed organiche del sistema sanitario, che possono dar vita ad un nuovo modello che preveda, anzitutto, un riordino ed una più efficace gestione dell'attività intramoenia tale da consentire ai medici di svolgere al meglio la loro attività libero-professionale all'interno di spazi adeguati nell'ambito del servizio pubblico, così come ribadito da lei in Commissione affari sociali. Dobbiamo fare quanto possibile per garantire ai cittadini prestazioni sanitarie di qualità, anche e soprattutto adesso, che le maglie strette di una politica di contenimento e di razionalizzazione delle spese rischiano di abbassare il livello delle prestazioni che vengono erogate ai cittadini.
La stessa proroga della durata in carica degli organi collegiali e degli organismi che operano presso il Ministero della salute deve essere l'occasione per ripensare il sistema in un'ottica di riorganizzazione ed efficienza delle strutture pubbliche sanitarie. Lei dovrà avere il coraggio di farlo, e noi la appoggeremo. Quindi, voteremo a favore del provvedimento, confidando che il tempo in più che offre sia utilizzato per ragionare sulla revisione delle strutture operative del Ministero proprio in chiave di riduzione della spesa con l'intelligenza che lei sta mettendo in questa circostanza. La macchina sanitaria ha bisogno di apparati snelli, efficienti, e qualificati sotto il profilo professionale, attenti ai talenti del Paese e alle conoscenze emergenti nei contesti internazionali più autorevoli e ai quali sia possibile accedere per meriti Pag. 35dettati unicamente da competenze e capacità (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alleanza per l'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Stagno D'Alcontres. Ne ha facoltà.

FRANCESCO STAGNO d'ALCONTRES. Signor Presidente, la componente politica Grande Sud voterà a favore del provvedimento. Si tratta di un provvedimento di rilievo, contenente norme riguardanti il Consiglio superiore di sanità, che è un organo che risale, niente di meno, che allo statuto Albertino.
È un organo di consulenza tecnico-scientifica del Ministro e riteniamo opportuno che anche il Ministro abbia un'interlocuzione molto forte con questo organo. Dobbiamo pensare che i presidenti del Consiglio superiore di sanità sono stati grandi scienziati italiani. Basta citare Bufalini, Valdoni, Baccelli, Marchiafava, Frugoni e devo dire che è un organo importantissimo di consulenza tecnico-scientifica del Ministro e quindi condividiamo le attenzioni del Ministro verso questo organo, considerato che svolge un ruolo importante.
Circa l'intra moenia allargata e sulla proroga di questa intra moenia - che è stata varata originariamente dal Ministro Bindi con la sua riforma in modo diverso e poi piano piano si è andata attenuando - è anche vero che i medici del servizio sanitario nazionale hanno diritto a svolgere la loro attività in ambienti adeguati e non negli stessi reparti dove si svolgono le attività routinarie quotidiane e quindi che ci siano reparti dedicati. Quindi crediamo che il Ministro, nel presentare la riforma dell'intra moenia, valuti attentamente anche l'applicazione di un provvedimento di questo genere per la soddisfazione degli utenti che si rivolgono alla struttura pubblica e che pagano due volte, perché una volta pagano il servizio sanitario nazionale e un'altra volta pagano per ottenere quel tipo di prestazione, affinché abbiano appunto un servizio adeguato e di qualità. Pertanto, ci aspettiamo dal Ministro un'attenzione in questo senso.
Inoltre, devo essere particolarmente grato al Ministro per aver valutato il provvedimento che riguarda il sistema assicurativo dei medici, che scadeva il 13 agosto. La sua sensibilità ci ha dato la possibilità di prorogarlo al 13 agosto 2013, perché dal 13 agosto in poi i medici dal punto di vista assicurativo rischiavano di non essere coperti, in quanto le strutture sanitarie non avrebbero provveduto alla copertura assicurativa. In questo caso, quindi, abbiamo dato una proroga importante ed anche il tempo per poter valutare attentamente anche queste condizioni.
Devo dire che, nel complesso, è un provvedimento di proroga, però nella proroga vi sono anche interventi innovativi che consentono di guardare con speranza a un progetto di piccola riforma del sistema sanitario nazionale che possa dare gratificazione ai medici. Allo stato delle cose sappiamo benissimo che il sistema sanitario vive un momento di difficoltà. L'80 per cento dei medici è a rischio di denuncia e in questo momento circa il 47 per cento dei medici ha subito cause. Dovete pensare che, su dieci cause fatte a medici, 9 vengono risolte con l'assoluzione e con l'archiviazione, mentre solo una su dieci è impugnata dal paziente per malasanità o per inappropriata prestazione.
Quindi, devo dire che l'attenzione del Ministro - ne ha parlato anche in Commissione - è notevole anche sulla medicina difensiva, che ha un costo elevatissimo per il sistema sanitario italiano (14 miliardi di euro è il budget della spesa farmaceutica). Se interveniamo nella tutela dei soggetti primari della sanità italiana - e qui mi riferisco sia al medico che al personale paramedico, ma anche ai pazienti - possiamo dare un servizio giusto alla comunità (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Grande Sud-PPA).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palagiano. Ne ha facoltà.

ANTONIO PALAGIANO. Signor Presidente, credo che quello che c'era da dire sulle criticità di questo disegno di legge di Pag. 36conversione, che consiste di un solo articolo, è stato abbondantemente detto. In questa sede non voglio fare una difesa corporativa della categoria dei medici, perché verrei meno a quel principio di responsabilità e di professionalità che rappresenta il cardine per chi vuole il sistema sanitario efficiente. C'era, signor Ministro, una chiara necessità. Lei stesso ha dichiarato che sono stati erogati oltre 800 mila euro per adeguare le regioni e che soltanto alcune (otto di esse, oltre alla provincia autonoma di Trento e Bolzano) sono riuscite a completare l'iter di adeguamento.
Che ci volesse una proroga e che ci volesse il tempo giusto era un fatto ovvio, purché sia l'ultima proroga e affinché tutti possano «mettere» effettivamente gli ambulatori secondo la legge n. 120 del 2007 e, quindi, stabilire una volta per tutte che il medico non può fare concorrenza a se stesso, ma deve essere messo nelle condizioni di poter lavorare all'interno della struttura. Tuttavia, al di là di questa necessità, l'Italia dei Valori non ha ravvisato quelle caratteristiche di estrema urgenza nel dover riformulare le nomine, visto che esiste un decreto del Presidente della Repubblica che stiamo aspettando e il Governo, come ho detto durante l'esposizione in sede di discussione generale, da un lato lavora per il decreto del Presidente della Repubblica e, dall'altro lato, si affretta a fare le nomine. Questo è stato il lato, secondo me, più offensivo nei confronti del Parlamento, un lato piuttosto schizofrenico del disegno di legge perché un Ministro di buonsenso, che ha a cuore le sorti del Paese, avrebbe prima accorpato, prima eliminato quegli enti - come dicevo - che sono un po' superati o che si occupano dello stesso oggetto, proprio per dare un segnale al Paese, e dopo magari avrebbe provveduto a nominarne i componenti di propria competenza. Questo purtroppo non è accaduto, mi sarei aspettato una reazione diversa da parte dei partiti politici in Commissione e in Aula. Questo non è accaduto e si tratta di un fatto molto sospetto se lo aggiungiamo anche alle modalità con cui è avvenuta l'approvazione.
Le cose fatte in gran fretta e, oserei dire, quasi in gran segreto, passando soltanto marginalmente per le Commissioni, non accettando emendamenti, sono le cose che più offendono la democrazia e più offendono il ruolo di questo Parlamento. Proprio perché non abbiamo partecipato a questi lavori e proprio perché non condividiamo quelle che sono state le scelte, specialmente del comma 2 e del comma 3, che riguardano proprio il Consiglio superiore della sanità, noi dell'Italia dei Valori rivendichiamo l'orgoglio della nostra solitudine e voteremo contro questo provvedimento inadeguato (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gianni. Ne ha facoltà.

PIPPO GIANNI. Signor Presidente, certo, dopo l'intervento del collega D'Anna, che è stato puntuale nelle sue citazioni, preciso nella descrizione sul complesso degli emendamenti, mi viene difficile poter andare oltre. Ma voglio completare il suo pensiero soltanto con un paio di appunti, signor Ministro, che in qualche modo sono stati corretti in Commissione, anche se ritengo che probabilmente, visto che a dicembre 2012 saremo a ridosso dello scioglimento delle Camere e non avendo le possibilità gli ospedali di mettere a disposizione i locali e quant'altro, sarebbe stato meglio forse allungare al 31 dicembre 2013. Sarebbe stato più opportuno e anche più serio, diciamolo con franchezza.
Infatti, l'attività libero-professionale intramuraria, che è anche un tentativo di far crescere sempre di più le possibilità per l'ospedale di avere un ritorno economico, ha bisogno di un'attenzione particolare. Il termine che alla Commissione è sembrato poco congruo, quello che avevate stabilito nel decreto-legge, che portava la scadenza ad ottobre e che è stato fissato poi al 31 dicembre 2012, di fatto è soltanto un tentativo timido di far vedere come vi sia un'attenzione sui colleghi medici negli ospedali pubblici.
L'auspicio è che questa proroga possa servire al Ministro per guardare con più Pag. 37attenzione la distribuzione delle risorse, per poter dare la possibilità ai colleghi di poter operare all'interno delle mura dell'ospedale, di dare ai cittadini un servizio efficiente, puntuale e preciso, di poter consentire a chiunque di avere un riferimento nell'ospedale e nella professionalità dei medici. È un passaggio che io ritengo, al momento, virtuale.
Anche il fatto dell'articolo 1, comma 2, dove è prevista la proroga al 31 dicembre di tutta questa serie di organi collegiali - che certamente hanno bisogno di essere riordinati per ridurre anche le spese nel numero e nella quantità e probabilmente passare a un po' di accorpamenti non sarebbe male - ci fa pensare che, anche in questo caso, a ridosso dello scioglimento delle Camere, forse poteva essere visto in maniera diversa.
Signor Ministro, il segnale lo vediamo, anche se non è completo, ma personalmente le avrei votato contro. Tuttavia, il gruppo di Popolo e Territorio mi impone di votarle a favore, con tutte le contestazioni e con tutto quello che ritengo sia un percorso da rivedere da parte sua (Applausi dei deputati del gruppo Popolo e Territorio).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Patarino. Ne ha facoltà.

CARMINE SANTO PATARINO. Signor Presidente, signor Ministro, nell'anticipare il voto favorevole di Futuro e Libertà, mi rifarò a quanto da me dichiarato nella mia relazione di avantieri, limitandomi solo ad alcune brevi considerazioni. Come i colleghi hanno avuto modo di vedere, il provvedimento che stiamo per licenziare si compone di un unico articolo, diviso in tre commi. I commi 1 e 2 riguardano concessioni di proroga. Il comma 3, invece, dà facoltà al Ministro della salute di provvedere al rinnovo del Consiglio superiore di sanità, nominando il presidente e i componenti, riducendo il loro numero a quaranta.
Il primo comma è quello - diciamo così - più pesante, quello sul quale c'è stato un più ampio dibattito, perché dispone una proroga, l'ennesima proroga, per consentire ai medici e ai dirigenti sanitari dipendenti del Servizio sanitario nazionale di esercitare la libera professione intramuraria in strutture private. Abbiamo approvato una tale decisione non perché vogliamo che una attività importante come quella continui ad essere svolta in molte regioni d'Italia in condizioni di provvisorietà, una provvisorietà che dura da venti anni, ma perché la relazione dell'osservatorio, come ci ha fatto notare, mette in evidenza che alcune regioni hanno ottemperato a quanto loro richiesto, mentre tantissime altre non l'hanno fatto, addirittura alcune non hanno neanche iniziato.
Questo riporta a tutti quanti noi al pensiero e alla necessità di mettere una materia così importante come quella della sanità non in una condizione come quella nella quale si trova oggi, di concorrenza tra lo Stato e le regioni. Alcune regioni, infatti, si comportano come dovrebbero, utilizzano il denaro nella migliore delle condizioni; altre, invece, non rispettano la legge, le indicazioni e non fanno quello che è necessario debba essere fatto per i cittadini, per tutti quanti i cittadini. Così accade che un cittadino talvolta si senta un cittadino di «serie A». Accade cioè che un cittadino di una regione non è sicuro quando entra in un ospedale e, per avere questa sicurezza, questa garanzia di sicurezza e di tutela della sua salute, spesso è costretto a fare i famosi «viaggi della speranza».
Noi vogliamo, invece, che la salute sia salute in ogni parte d'Italia intesa alla stessa maniera, qualitativamente e quantitativamente. La sanità non può essere amministrata in maniera diseguale. La salute è un diritto primario di ogni cittadino e deve essere garantita per qualità e quantità di servizi e prestazioni nell'identica maniera in ogni angolo d'Italia. Ciò vale anche per l'attività libero-professionale intramuraria. Noi ci auguriamo che sia l'ultima proroga e che una legge nuova ne definisca i contorni una volta per tutte. Pag. 38Ci auguriamo, inoltre, che le regioni che non abbiano ancora ottemperato lo facciano e lo facciano presto.
Quando è stato presentato questo decreto-legge, la proroga per l'attività intramuraria era indicata al 31 ottobre. Noi avremmo aderito tranquillamente a quella posizione, assunta dal Governo. Però, abbiamo avuto il timore, che veniva ben dimostrato anche dalla relazione dell'osservatorio, che le regioni non facessero, in 2-3 mesi, a fare in tempo ciò che era loro dovuto e una legge, considerando anche che siamo al mese di luglio e quindi di agosto, non facesse in tempo ad evitare, ancora una volta, una richiesta di proroga.
Ciò vale, quindi, per l'attività libero-professionale e ci auguriamo, come dicevo, che vi sia finalmente una nuova legge e che si rinnovino, quindi, anche le commissioni, secondo quel principio, che ho anche espresso nella mia relazione e che ho ribadito nel mio ordine del giorno, di contrazioni, di accorpamenti e di riduzioni, anche per quanto riguarda il numero dei componenti. Il principio e i criteri a cui dobbiamo ispirarci, soprattutto per quanto riguarda la salute, devono essere i criteri e i principi di trasparenza, di capacità e di competenza.
Ed è proprio - e concludo - seguendo questi criteri, signor Ministro, che noi ci aspettiamo, così come lo aspetta il Paese, anche l'approvazione di un altro grande, importante provvedimento che è all'esame del Parlamento, quello del governo clinico, che non riguarda soltanto il personale sanitario. Non riguarda soltanto i medici e gli infermieri, riguarda tutti i cittadini, di ogni parte d'Italia, che vorrebbero una sanità diversa, vorrebbero che ovunque si possa essere curati alla stessa maniera, cioè bene. Pertanto, noi vogliamo che finalmente si vada avanti, si vada avanti in maniera spedita e che speditamente si faccia l'attività libero-professionale intramuraria. Andiamo avanti perché si faccia speditamente il riordino e la riorganizzazione delle commissioni. Si vada avanti perché si concluda anche il grande capitolo del governo clinico che è atteso, come dicevo prima, da tutti quanti i cittadini.
Con la speranza che tutto questo accada noi di Futuro e Libertà esprimiamo il nostro voto favorevole (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nunzio Francesco Testa. Ne ha facoltà.

NUNZIO FRANCESCO TESTA. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, il provvedimento che ci apprestiamo a votare, pur nella sua linearità, ha alimentato un proficuo dibattito in Commissione, dove la discussione si è esaurita in poche, ma concise sedute.
Questo provvedimento racchiude in sé l'ormai nota polemica legata alla necessità di una riforma organica dell'attività libero-professionale dei medici, unitamente a una riorganizzazione del sistema sanitario nazionale. Da tempo, infatti, è in discussione in Commissione il provvedimento noto come «governo delle attività cliniche», un testo che in parte aveva anche l'obiettivo di venire incontro a queste esigenze, anche se nel corso delle varie sedute in Commissione è stato enormemente modificato rispetto alla sua formulazione iniziale.
Il decreto-legge che abbiamo esaminato e che sta per essere convertito in legge si inserisce nel novero di numerosi provvedimenti che si sono succeduti nel corso degli anni e che interessano l'attività libero-professionale intramuraria dei dirigenti medici nel settore sanitario. Non è superfluo ricordare che tale attività può essere svolta o in regime ambulatoriale intramurario, cioè all'interno del presidio ospedaliero cui appartiene il dirigente medico in rapporto di lavoro esclusivo, o presso lo studio privato dello stesso (la cosiddetta intramoenia allargata), qualora l'azienda sanitaria non sia in grado di garantire spazi e strutture idonei per lo svolgimento della stessa.
Il tema che stiamo trattando, dunque, è stato oggetto di numerosi interventi normativi che hanno interessato prevalentemente le proroghe dei termini concessi nel Pag. 39corso degli anni. I provvedimenti normativi con cui venivano accordate le predette proroghe erano finalizzati ad ampliare il periodo di tempo messo a disposizione delle aziende sanitarie ospedaliere del servizio sanitario, per predisporre appositi spazi in cui far svolgere ai dirigenti medici con rapporto di lavoro esclusivo la libera professione.
Nello specifico, l'articolo 15-quinquies del decreto legislativo n. 502 del 1992 aveva previsto che, in caso di carenza di strutture o di spazi idonei allo svolgimento delle attività libero-professionali in regime ambulatoriale, fino alla data di completamento da parte dell'azienda sanitaria di appartenenza degli interventi strutturali necessari e comunque entro il 31 luglio 2003, le aziende avessero la possibilità di autorizzare i medici ad utilizzare i propri studi privati. Il predetto termine poi è stato più volte posticipato fino al 30 giugno 2012.
Non è possibile far riferimento solo alle norme che ci apprestiamo a modificare e questo ce lo impediscono sia i cittadini, che alla sanità fanno costantemente ricorso, sia i numerosi casi, ormai tristemente quotidiani, legati alla sanità malata ed alle regioni che non riescono ad adempiere ai compiti ed agli impegni dettati dalla normativa nazionale, o peggio che non riescono ad assolvere per mancanza di risorse, fondi o personale ai doveri dettati dalla loro professione. In tutto questo contesto è chiaro che non siamo contro l'estensione di una proroga anche se, nell'articolo che costituisce il testo che andremo a votare, approveremo per la quarta volta la possibilità per i medici dipendenti del Servizio sanitario nazionale di svolgere l'attività intramoenia allargata. Appare chiaro che la difficoltà degli interventi di ristrutturazione edilizia presso le aziende sanitarie locali, nonché la mancanza di acquisizione di spazi per l'esercizio della libera professione non può nuocere né ai dirigenti medici, che in regime di rapporto di lavoro esclusivo vogliono continuare a svolgere la propria attività libero-professionale, né ai pazienti, che chiedono di poter scegliere liberamente il medico dal quale farsi curare. L'attività intramoenia allargata risponde al diritto del malato a scegliere il medico da cui farsi curare e al dovere del medico a rispettare una serie di regole che garantiscono l'eccellenza del suo servizio prima e, prima di tutto ancora, nella struttura pubblica di cui fa parte, come prerequisito per poter dedicare una parte ulteriore del suo tempo alla cura di altri pazienti che ne sollecitano l'intervento. Com'è stato evidenziato già dalla collega Binetti in sede di discussione sulle linee generali, l'attività intramoenia allargata per il paziente significa poter essere ricevuto in uno studio privato di un medico di sua piena fiducia con criteri e condizioni fissati a monte da una norma che stabilisce con chiarezza diritti e doveri per il professionista. È evidente quindi l'importanza che riveste per il paziente poter scegliere un medico di cui fidarsi ed essere seguito da lui per tutto il corso delle cure di cui ha bisogno, stabilendo con lui un rapporto diretto. Il paziente deve avere la possibilità, inoltre, di contattare e di vedere facilmente il medico ogni qual volta lo ritenga necessario. Per questi motivi e per la necessità di veder difeso il diritto alla salute dei cittadini, la discussione del provvedimento in Commissione è stata incentrata per lo più sul significato e sul perché delle numerose proroghe, e la risposta più fornita è stata la necessità di una riforma organica, piuttosto che continue e prevedibili proroghe.
In Commissione abbiamo addirittura proposto una proroga più ampia, nella consapevolezza dell'impossibilità che il termine previsto, quello della fine di ottobre, venisse rispettato, piuttosto che far continuo ricorso alla decretazione d'urgenza che, comunque, ha come immediata conseguenza solo quella di intasare i provvedimenti in Aula.
Occorre approvare con tempestività il testo in esame per assicurare la continuità dello svolgimento dell'attività libero-professionale intramuraria allargata, essenziale per garantire il bisogno legittimo di scelta del medico da parte dei cittadini. Lo ripeto perché così è. Le disposizioni contenute Pag. 40nel provvedimento prorogano, altresì, gli organismi in imminente scadenza elencati nell'allegato al testo in esame: si tratta, in particolare, di trentuno organismi, tra i quali si ricordano la Commissione per la vigilanza ed il controllo sul doping, la Consulta tecnica permanente per il sistema trasfusionale, il Consiglio superiore di sanità con funzioni consultive, ma anche propositive, la Commissione nazionale per la definizione e l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, tutti questi organismi indispensabili al buon funzionamento del sistema sanitario nazionale.
Abbiamo apprezzato in Commissione anche l'intervento del Ministro Balduzzi, che ha evidenziato, rispondendo alle nostre richieste, come l'intenzione iniziale del Governo fosse quella di inserire la proroga all'interno di un mega decreto-legge che avrebbe dovuto disciplinare i numerosi aspetti della materia sanitaria.
Comprendiamo anche come mancassero i presupposti per l'emanazione di un provvedimento articolato, dal momento che mancava ancora il pronunciamento fondamentale delle regioni, senza il quale non è possibile e pensabile attuare una riforma del genere. Tuttavia confidiamo che nei prossimi mesi venga posta l'attenzione su qualcosa che concretamente dimostri che c'è la volontà di porre mano, non solo ad una riforma organica dell'attività libero-professionale dei medici, ma anche regolamentare altri temi connessi alla materia sanitaria.
Temo però che il provvedimento che è alle porte, meglio noto come «spending review», in discussione al Senato, renderà ancora più difficile il lavoro delle regioni e delle province. Siamo consapevoli di essere di fronte all'emergenza crisi e al contenimento della spesa pubblica; ciò vuol dire ancora di più porre l'accento sulla necessità di salvaguardare i servizi ai cittadini e tutelare il diritto alla salute in termini universalistici. Il malessere è evidente, lo denunciano gli organi di stampa ormai espressione di polemiche che possiamo definire bipartisan dal momento che investono non solo chi ai servizi fa ricorso ma anche chi i servizi li fornisce, mi riferisco alla categoria dei medici, degli infermieri e di tutto l'apparato tecnico. La sanità va difesa perché all'interno di essa operano soprattutto professionalità che agiscono avendo a cuore le nostre strutture sanitarie e che rappresentano la maggior parte dei dipendenti del sistema sanitario nazionale, tuttavia da più parti emergono diatribe e scontenti legati alla riduzione delle risorse finanziarie destinate al Servizio sanitario nazionale, attuate in questi ultimi anni in modo pressoché progressivo.
Noi intendiamo ribadire, anche per i provvedimenti che in futuro verranno trattati e che interesseranno la sanità, che è necessario difendere il diritto alla salute, soprattutto attraverso la tutela dei LEA, perché non possiamo accettare in questo campo la logica dei tagli. Abbiamo dichiarato la nostra disponibilità ad un'opera di razionalizzazione selettiva della spesa, in grado di individuare e colpire gli sprechi e gli eccessi di spesa; abbiamo evidenziato più volte e in diverse occasioni il nostro appoggio al Governo. Tutto ciò si può realizzare attraverso una profonda riorganizzazione del sistema sanitario nazionale; occorre un'effettiva costruzione di un meccanismo di verifica e di valutazione trasparente ed incisivo sugli indirizzi delle regioni, ma anche un rilancio della prevenzione partendo dal principio che la difesa della salute è un tema prioritario da affrontare.
Purtroppo il Servizio sanitario nazionale è caratterizzato da un profondo divario territoriale che genera enormi disuguaglianze fra i cittadini in merito al diritto alla salute, su questo piano bisognerà trovare gli strumenti per un governo regionale della sanità che sia effettivamente integrato e verificato in un contesto di coesione nazionale. Confidiamo nei provvedimenti futuri del Governo nella consapevolezza che i nodi irrisolti vengano presto affrontati come assicurato. Apprezziamo il lavoro frutto della condivisione delle diverse posizioni tenute in Commissione e per questi motivi diamo il nostro voto favorevole al provvedimento in esame Pag. 41nella speranza che il Governo tenga fede, come formalmente dichiarato in diverse occasioni, agli impegni presi già a partire dai prossimi provvedimenti annunciati (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Laura Molteni. Ne ha facoltà.

LAURA MOLTENI. Signor Presidente, voglio premettere che noi siamo favorevoli all'intramoenia che, ricordo, riguarda quei medici che sono dipendenti del Servizio sanitario nazionale che, terminato il proprio orario di lavoro nel pubblico, esercitano nel pubblico, nel quale sono impegnati in un regime di esclusività di rapporto, la libera professione, giustamente dentro le mura dell'ospedale, giustamente con delle regole ben precise e giustamente con dei controlli ben precisi perché giustamente deve essere assicurato prima di tutto il servizio pubblico al quale sono contrattualmente legati. Diversamente, è l'intramoenia che viene svolta negli studi professionali privati e non all'interno delle aziende sanitarie alle quali sino ad oggi è stata data la possibilità di adeguare le proprie strutture grazie ai fondi dell'edilizia sanitaria, fondi che sono rimasti per certi versi non utilizzati o parzialmente utilizzati e in qualche caso totalmente inutilizzati; fondi assegnati alle regioni. Voglio ricordare che nell'ultimo «milleproroghe» votato a febbraio 2012 veniva stabilita una nuova proroga, al 30 giugno 2012, proroga scaduta e che segue da più di un decennio ad altre proroghe scadute, tant'è che dal 1999 (decreto legislativo n. 229 e legge n. 488) ad oggi nulla è cambiato.
In certe regioni sembra quasi che venga perseguita sistematicamente l'intramoenia allargata, ovvero esercitata negli studi professionali privati al posto che negli spazi che dovrebbero essere riservati all'uopo nelle aziende ospedaliere; regioni nelle quali, poi, si trovano ospedali con 20 posti letto, senza specialità, strutture che andrebbero chiuse e che, magari, potrebbero essere proprio utilizzate per esercitare l'intramoenia; regioni nelle quali per tanti anni si è perseguita e si persegue, invece, ancora oggi, la logica dell'intramoenia allargata al posto di sistemare la propria edilizia sanitaria e le proprie strutture, al fine di erogare servizi e prestazioni efficienti, mirate e appropriate ai cittadini, e al posto di erogare servizi di tal genere dentro l'azienda medesima.
Ed ecco le proroghe di questi ultimi anni, proroghe di un sistema perverso; la proroga che maschera l'inganno, che è poi quel detto per cui, fatta la legge, fatto l'inganno. È un sistema perverso per il quale i dirigenti sanitari si trovano, in tanti casi, ancora oggi, nella non condizione di poter svolgere all'interno delle strutture pubbliche la loro attività a beneficio della popolazione, in raccordo con i piani di riorganizzazione delle reti ospedaliere territoriali conseguenti al piano di rientro dal disavanzo del sistema sanitario regionale.
A questo proposito, si ha la netta sensazione che le liste di attesa, soprattutto in alcune parti del Paese, restino, forse, appositamente e artatamente lunghe, per far sì che poi il cittadino, non trovando soddisfazione dei propri bisogni di salute, debba necessariamente rivolgersi direttamente alla struttura privata o all'intramoenia allargata negli studi professionali privati dei signori medici che di giorno sono in ospedale.
Ma la cosa ancor più paradossale sta nel fatto che oggi, dopo che in tante regioni le aziende sanitarie non hanno, di fatto, ottemperato alla legge e le stesse regioni non hanno ottemperato alla legge, non utilizzando detti fondi, vi siano politici che ragionino nell'ottica di redigere una nuova legge in grado di disciplinare in modo libero, in modo meno restrittivo, ma in maniera organica, un nuovo esercizio della libera professione in intramoenia.
Tutto questo al posto di indagare sulle motivazioni sottostanti al mancato utilizzo di detti fondi, sull'eventuale conseguente perdita di pazienti in carico al servizio sanitario pubblico, dal momento in cui questi passano, attraverso il pubblico, negli Pag. 42studi professionali privati, e sulle successive perdite economiche legate a questo modo di procedere.
Invece, in questo provvedimento il Ministero della salute, per l'ennesima volta, si limita a sottolineare la straordinaria necessità ed urgenza del presente decreto-legge, per garantire lo svolgimento delle attività professionali intramurarie in attesa degli interventi di ristrutturazione sanitaria - tanti anni sono già passati, voglio ricordarlo - attesa che si protrae da ormai troppo lungo tempo.
Questo è uno scandalo del nostro Paese che deve finire. Nel Nord è tutto molto più organizzato e, direi, anche più trasparente. I dirigenti sanitari esercitano la loro attività a beneficio della popolazione all'interno delle strutture pubbliche nelle migliori condizioni. Vi sono centri unici di prenotazione, ma questa cosa non è la prassi, soprattutto se riferita alle regioni del Sud. Si tratta di aree nelle quali i cittadini, in questo sistema malato, vorrebbero, ma non ottengono mai, soddisfazione dei loro diritti di salute in termini di un normale percorso di accesso alle prestazioni mediche e ai servizi.
Credo che, prima degli interessi di categoria, prima degli interessi di parte, debbano venire tutelati gli interessi dei cittadini e gli interessi del sistema sanitario. Signor Ministro, taglio corto: le ricordo che il Governo, nel gennaio 2012, in occasione del decreto «milleproroghe» che prevedeva l'intramoenia allargata fino al giugno 2012, aveva posto la questione di fiducia, sancendo, di fatto, una scadenza anticipata di sei mesi per l'intramoenia allargata, prevedendo all'uopo la scadenza per la ristrutturazione delle aziende ospedaliere e di spazi da dedicare all'intramoenia.
Signor Ministro, le ricordo che lei stesso annunciò, nel febbraio 2012, che non vi sarebbero state ulteriori proroghe. Signor Ministro, in un'intervista al Corriere della Sera del febbraio 2012 lei diceva non solo mai più deroghe, ma che, dopo l'ultima proroga, il 30 giugno, non vi sarebbero stati più slittamenti per l'intramoenia allargata. Invece, ecco una nuova proroga, l'ennesima di un sistema malato.
Passando ad un altro argomento, voglio ricordare in quest'Aula che, in tema di assicurazione obbligatoria dei medici, è stato introdotto, grazie ai membri dell'intera Commissione, un emendamento, l'unico passato perché il provvedimento era marcatamente chiuso. Infatti, si tratta di un provvedimento «bulgaro», visto che questo è stato l'unico emendamento passato, emendamento peraltro che è passato, ma la cui materia non era neanche ricompresa all'interno del disegno di legge, presentato come proroga in materia sanitaria. Vuol dire che il Ministero non aveva previsto questa proroga. Direi che questo è abbastanza grave.
Invece per quanto riguarda la seconda parte del decreto-legge, quella relativa agli organi collegiali, voglio ricordare che, se da una prima lettura si evinceva una logica condivisibile di risparmio per la possibilità di non accrescimento dei membri di questi enti, da una lettura più approfondita emergeva invece un doppio blitz: uno relativamente alle nomine in 31 enti (quindi 31 presidenti più tutti i membri delle varie commissioni e comitati e quant'altro); l'altro in riferimento ai numerosi enti che con questo provvedimento non saranno ridotti o accorpati e non rientreranno in quella che sarà la spending review (articolo 12, comma 20).
In sostanza, questi enti saranno alla fine salvati. È una logica perversa per la quale, signor Ministro, in un momento di serie difficoltà economiche e di alti costi della politica, che non riguardano solo i parlamentari ma anche gli enti, si procede con questo decreto di proroga, proprio con riferimento agli organi collegiali, mentre per alcuni di questi - lo ribadiamo - potrebbero esserci degli opportuni accorpamenti.
Non solo. A differenza di quanto previsto dal decreto ministeriale n. 342 del 2003 all'articolo 2 in tema di elezione del presidente del Consiglio superiore di sanità, con questo decreto il presidente non viene eletto nella prima assemblea, ma, in barba ai principi di democrazia e di Pag. 43collegialità, in base a quanto inserito nel comma 3 di questo decreto, viene nominato direttamente dal Ministro. Lo nomina lei, signor Ministro.
Si tratta di un vero e proprio superblitz in tema di occupazione di troni (le presidenze), poltrone, poltroncine e seggiolini.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Laura Molteni.

LAURA MOLTENI. In tutto questo iter, in Aula e in Commissione, i cittadini di questo Paese devono sapere che PdL, PD e UdC sono tutti dalla stessa parte.
In particolare il Partito di Democratico ha acconsentito ad un'ulteriore dilazione temporale della proroga in tema di intramoenia, pur non condividendola, considerato che nel «milleproroghe» aveva spinto per una contrazione del termine di scadenza.
Questo è un provvedimento «bulgaro», che però non risolve i problemi legati alla sanità di questo Paese. Questa è una vera e propria resa di fronte ad un sistema Paese che non funziona, un Paese malato, che, invece, inderogabilmente necessita di cure risolutrici (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Burtone. Ne ha facoltà.

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Signor Presidente, signor Ministro, negli anni scorsi, quando si è trattata la proroga dei termini per autorizzare l'attività libero-professionale di professionisti della sanità dipendenti del Sistema sanitario nazionale in locali non di proprietà dell'azienda sanitaria, come Partito Democratico abbiamo certamente avanzato perplessità e resistenza, a differenza dei colleghi della Lega Nord, che più volte hanno votato questo provvedimento, ed a differenza dei colleghi dell'Italia dei Valori, che proprio nel provvedimento «proroga termini» avevano indicato un lungo tempo per dare la possibilità di utilizzare ancora l'intramoenia allargata.
A nostro parere l'attività libero-professionale intramoenia svolta in sedi esterne, ovvero negli studi privati, cosiddetta intramoenia allargata, proprio perché non controllata, è a rischio: a rischio di conflitti di interesse ed a rischio di forme di concorrenza sleale.
Per utilizzare parole di verità, c'è anche la possibilità di qualche irregolarità, dunque anche questa proroga mantiene, fa sopravvivere l'anello debole dell'attività libero-professionale in particolare in alcune regioni. Perché allora ancora una volta viene approvata e noi del Partito Democratico diamo il nostro voto favorevole? Le motivazioni vanno ricercate nel lavoro che è stato avviato dal Ministro e dalla Commissione. Obiettivo di questo lavoro è quello di governare questa fase di ulteriore proroga, ma nel contempo avere anche pensieri lunghi che vadano oltre, rivisitare quindi complessivamente la materia.
Governare i processi dell'emergenza significa lavorare per conoscere, avere dimensione delle caratteristiche: una ricognizione straordinaria che il Ministro deve fare, anche perché la conoscenza è molto parziale: sul volume delle prestazioni e anche sul rendiconto economico. È evidente che in alcune regioni viene applicata la legge in un certo modo, in altre regioni lo è in maniera assai carente, quindi le informazioni saranno fondamentali per definire intanto l'ampiezza degli interventi necessari in quelle regioni che non hanno dato una risposta adeguata nel far svolgere l'attività di intramoenia all'interno dei locali aziendali.
Il Ministro si è impegnato in sede di Commissione a svolgere un'azione di pressing sulle regioni perché svolgano fino in fondo il loro impegno, perché sappiano che questa potrebbe essere veramente l'ultima deroga. E diventa imperativo anche per le regioni svolgere un proprio lavoro perché utilizzino subito le risorse per mettere in condizione i dirigenti medici di lavorare all'interno delle strutture pubbliche. Tra l'altro, lo sappiamo, sono notizie di tutti giorni, vengono chiusi ospedali a volte ristrutturati da poco tempo. In quelle sedi sono stati investiti milioni di euro: Pag. 44perché le aziende non debbono utilizzare questi locali? Perché non devono essere riadattati proprio per far svolgere in questi locali delle attività di poliambulatorio per l'intramuraria? Potrebbe essere importante anche per superare le lunghe liste di attesa che purtroppo caratterizzano la sanità di alcuni territori.
Riguardo alla nuova normativa non è corretto che anticipi in questa sede le questioni discusse in sede di Commissione. Alcune cose, però, brevemente, voglio dirle, perché il punto di partenza è la cornice della legge sull'intramoenia, il corpo, il cuore di quella norma che, diciamolo con franchezza, nel momento in cui è stata applicata correttamente è stato un segno di moralizzazione dell'attività professionale dei medici e ha conferito efficacia ed efficienza ad alcune strutture. Certo, bisogna lavorare per una attività di manutenzione di quella legge e specificamente bisogna dire che le regioni che non applicheranno fino a fondo, doverosamente le norme dovranno subire delle sanzioni sui trasferimenti. Così come le aziende di alcune regioni dovranno sapere che potranno essere commissariate, che i direttori generali rischiano su questo versante, che può essere un obiettivo fondamentale quello di applicare fino in fondo questa norma.
Quello che approveremo non è un provvedimento qualsiasi, è un provvedimento importante, anche perché associa a questa proroga altre proroghe. Mi riferisco all'importante questione - lo hanno detto i colleghi - della copertura assicurativa dei medici ma anche delle commissioni che operano nella sanità. Il collega Palagiano è andato via e non è presente in questo momento.
A me pare che il collega Palagiano abbia confuso enti con commissioni. Qui non parliamo di enti, parliamo di commissioni che sono importantissime. Tra l'altro la gran parte delle commissioni - bisogna dirlo perché qui è stata fatta confusione - sono a titolo gratuito. Ci vanno i rappresentanti delle società internazionali, ci vanno i rappresentanti tecnici. Non è il posto di sottogoverno, onorevole Palagiano, parliamo di commissioni importantissime, quelle che devono verificare i livelli essenziali di assistenza, quelle che devono avere attenzione che nel Paese, in tutto il Paese vengano applicate le cure palliative. Parliamo, onorevole Palagiano, dell'Istituto superiore di sanità (quindi non di un ente), di una commissione tecnica che ha una funzione fondamentale nel dare supporto al Ministero. Sono queste le considerazioni che io volevo fare. Sappiamo che non abbiamo fatto una legge qualsiasi di proroghe di termini.
Certo, il Ministero - lo ha detto il Ministro in Commissione - è impegnato ad accorpare anche queste commissioni, a razionalizzarle - dobbiamo dare il tempo - però non può una commissione tecnica essere fermata. Quando parliamo della commissione per i dispositivi medici non parliamo di una commissione qualunque, parliamo del diritto alla salute dei cittadini. Ecco perché il Partito Democratico voterà a favore di questo provvedimento ed ha la consapevolezza che il Ministro, nel momento in cui attuerà alcune norme, lo farà con grande rigore morale guardando alle migliori professionalità presenti nel nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Barani. Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, signor Ministro, ovviamente questo disegno di legge di conversione di proroga di termini in materia sanitaria è un provvedimento la cui gestazione ha contribuito a creare molte aspettative, in particolare da parte del mondo della sanità, ma anche da parte dello stesso Parlamento. Al riguardo le ricordo - ma non ce n'è bisogno, Ministro Balduzzi - che lo scorso marzo in sede di esame dell'ulteriore testo unificato recante principi fondamentali in materia di governo delle attività cliniche, con relatore il collega Di Virgilio, nella seduta del 7 marzo lei aveva annunciato l'imminente presentazione da parte del Governo di un decreto Pag. 45o disegno di legge in materia di attività libero-professionale dei medici, per una miniriforma definita da lei stesso una soluzione intermedia tra due posizioni estreme, di coloro i quali interpretano l'intramoenia in senso assolutamente restrittivo e di coloro che invece sono favorevoli - come il gruppo del Popolo della Libertà - all'intramoenia completamente libera più che allargata.
Le ricordo anche che lei ha dato parere favorevole su due ordini del giorno sull'argomento, a prima firma Palumbo l'uno, e Laura Molteni l'altro. Ora, signor Ministro, è inutile che le dica - come già detto dai miei colleghi che mi hanno preceduto - quanto sia importante quell'impegno che lei ha ribadito in Commissione, che spostando in avanti di qualche mese il percorso resta comunque quello concordato, per cui l'ulteriore proroga del termine della cosiddetta intramoenia allargata è da intendere come una sorta di dilazione tecnica, in attesa della presentazione che farà nei primi giorni del mese di agosto per quell'ingorgo di decreti che c'è stato in questo periodo, per permettere ai due rami del Parlamento di convertirli entro le prime settimane di ottobre.
Ci sarà questo grosso decreto in materia sanitaria in occasione del quale ovviamente ci sarà la regolamentazione dell'intramoenia. Come del resto i colleghi sanno, è già pronto il lavoro (è già stato fatto), i gruppi ne sono a conoscenza, è grosso modo condiviso e pertanto riteniamo che questo sia un lavoro che è già stato fatto. Credo anche che in quel decreto di revisione della materia sanitaria nell'interesse della salute pubblica ci sia anche la questione della cosiddetta medicina difensiva, cioè il cercare di fare in modo di regolamentare a livello di pronto soccorso la tutela del medico per difenderlo eventualmente dagli attacchi che sono fatti a scopo di risarcimento.
Mi riferisco ancora all'assicurazione obbligatoria che abbiamo come termini spostato con un emendamento della Commissione. Ricordo comunque al signor Ministro che questo ramo del Parlamento, all'unanimità di tutti i gruppi, nella sperimentazione clinica, aveva già messo una sorta di responsabilità civile sanitaria come la RC-auto dove le assicurazioni avevano l'obbligo di assicurare il personale sanitario dai rischi ovviamente civili. E poi ancora il governo clinico, com'è uscito dalla Commissione, che potrebbe trovare allocazione all'interno di questo decreto-legge o come la rivisitazione dei decreti legislativi nn. 502 e 517. Come, signor Ministro, la rivisitazione dell'assistenza della professione infermieristica che, come sappiamo, tra gestione separata previdenziale e gestione separata INPS ha portato a dei problemi in campo previdenziale degli infermieri che svolgono la libera professione. Signor Ministro, ovviamente le diamo l'appoggio di tutto il gruppo perché poi, in fin dei conti, si tratta di una proroga termini tecnica in attesa di avere contezza del decreto che emanerà.
Le ribadisco, quindi, il nostro totale appoggio a questa proroga tecnica che è propedeutica a quella famosa riforma che noi aspettiamo entro l'11 agosto. Si tratta di una data importante; non a caso ho citato come data l'11 agosto per fare in modo che entro l'11 ottobre il popolo italiano abbia una riforma concreta in materia sanitaria, di governo clinico, di intramoenia, di medicina difensiva, di ordini e professioni (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Coordinamento formale - A.C. 5323-A)

PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale, chiedo che la Presidenza sia autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).

Pag. 46

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 5323-A)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge n. 5323-A, di cui si è testé concluso l'esame.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Cesaro, Moles, Briguglio, Cimadoro, Maurizio Turco, Cesario, Zeller, Cardinale, Concia, Codurelli, Barani...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
«Conversione in legge del decreto-legge 28 giugno 2012, n. 89, recante proroga di termini in materia sanitaria» (5323-A):

Presenti 438
Votanti 435
Astenuti 3
Maggioranza 218
Hanno votato 368
Hanno votato no 67.
(La Camera approva - Vedi votazioni).

Prendo atto che i deputati Pisicchio e Antonio Pepe hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.

Trasmissione dal Senato di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissione in sede referente (ore 19).

PRESIDENTE. Il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alla I Commissione (Affari costituzionali):
S. 3365 «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 20 giugno 2012, n. 79, recante misure urgenti per garantire la sicurezza dei cittadini, per assicurare la funzionalità del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e di altre strutture dell'amministrazione dell'interno, nonché in materia di Fondo nazionale per il Servizio civile. Differimento di termine per l'esercizio di delega legislativa» (Approvato dal Senato) (5369) - Parere delle Commissioni II, V, VI, VII, VIII, X, XI, XII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dall'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, è stato altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Sull'ordine dei lavori (ore 19,02).

GIANCARLO LEHNER. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANCARLO LEHNER. Signor Presidente, in quanto parlamentari noi abbiamo un'opportunità e un'occasione di esercitare appieno la nostra humanitas, avendo modo di far visite ispettive in carcere senza bisogno di autorizzazione. Queste visite non sono soltanto un'occasione di humanitas, sono anche talora una condizione privilegiata per poter verificare se nelle nostre carceri c'è civiltà e c'è il rispetto della nostra Costituzione. Accade che si vada in visita ispettiva in carcere accompagnati da una persona di fiducia e questa persona però - attenzione - non è sempre il collaboratore a contratto, cioè il collaboratore che ha un rapporto stabile e continuativo con noi. È sufficiente per noi che sia una persona di fiducia. Così c'è stata per anni una prassi per cui non si è andati mai a controllare se l'accompagnatore fosse davvero il collaboratore a contratto, il collaboratore fisso del parlamentare. Ci sono in aula amici parlamentari, i quali sono andati per esempio in carceri in visita ispettiva ed hanno portato per esempio il loro saluto a Sofri, quando Sofri era in carcere, e questi parlamentari si sono fatti accompagnare non da un Pag. 47collaboratore, ma addirittura da sindacalisti e nulla è mai successo (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà). Tre anni fa a Roma è accaduto che una consigliera regionale del Lazio, Anna Pizzo, forse andata in visita ispettiva in carcere accompagnata da due madri di persone che erano detenute.

PRESIDENTE. Deve concludere.

GIANCARLO LEHNER. Eppure, quando questa signora venne accusata di false dichiarazioni, perché aveva scritto per l'appunto che queste due madri erano collaboratrici, fu giudicata da un GUP, il quale disse: «Il fatto non sussiste» e non vi fu alcuna azione penale.

PRESIDENTE. Deve concludere onorevole.

GIANCARLO LEHNER. È accaduto invece che per il nostro collega Renato Farina il tribunale di Milano, per la stessa identica cosa, cioè per essere andato in visita ispettiva con una persona di fiducia e quindi non con un collaboratore a contratto, abbia avuto una condanna abnorme addirittura a due anni e otto mesi di carcere senza condizionale. Mi pare che questa cosa riguardi tutto il Parlamento: non riguarda soltanto una parte e credo che il Presidente voglia farsene carico (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo e Territorio e Popolo della Libertà e di deputati dei gruppi Partito Democratico e Lega Nord Padania).

CATERINA PES. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CATERINA PES. Signor Presidente, intervengo per dire che ormai è pressoché ufficiale la notizia dell'avvenuta liberazione di Rossella Urru (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), che ricordo è stata rapita insieme a due cooperanti spagnoli dal campo profughi saharawi di Hassi Rabuni nell'ottobre del 2011. Sono molto emozionata mentre dico questo.
In questo momento, sicuramente, la famiglia, la comunità, ma voglio dire il popolo sardo, il popolo italiano, vivono con enorme gioia questo momento, perché Rossella è partita da una terra povera, che sta soffrendo e che però non dimentica la solidarietà e la cooperazione. Questo è un insegnamento per tutti: vorrei dire che Rossella Urru rappresenta oggi per l'Italia quella che è la parte più bella dei nostri giovani, che ancora credono nella possibilità di occuparsi degli altri e credono che occuparsi degli altri sia un grande valore.
Vorrei intanto ringraziare la Farnesina e l'Unità di crisi, che, in questi mesi, non hanno mai smesso di occuparsi con serietà e dedizione, anche nel silenzio, di questo avvenimento. Ma vorrei anche ricordare che, insieme a Rossella, sono state rapite altre persone, altri italiani che, oggi, sono ancora in mano dei rapitori. Dunque, vorrei ricordare Franco Lamolinara, Giovanni Lo Porto, i sei marinai della motonave Enrico Ievoli, che riempiono la lista degli ostaggi italiani che ancora sono in mano dei rapitori. Non dimentichiamoli, perché la loro vita, la loro esistenza, come anche la difesa della loro incolumità, è uno dei nostri primi e importanti doveri (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Popolo della Libertà e Italia dei Valori).

PAOLA BINETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PAOLA BINETTI. Signor Presidente, vorrei anch'io esprimere tutta la soddisfazione per la liberazione della Urru, una persona di cui abbiamo seguito le vicende in queste settimane, in questi mesi, con grande intensità, cercando veramente di far arrivare, attraverso quel poco di appoggio politico che possiamo fare dall'Aula del Parlamento, quel tanto di supporto sul piano dell'opinione e sul piano del sostegno, anche attraverso il nostro Ministero degli affari esteri, affinché davvero questo Pag. 48sogno - che è il sogno di una collaborazione internazionale costruita intorno al volontariato - si mantenga come una delle espressioni più alte della nostra cultura, della nostra civiltà e della dignità della persona umana.
Con il sacrificio della Urru vanno quella generosità incondizionata e quella capacità di darsi senza calcolare, senza aspettarsi niente in cambio, ma nello senso tempo, quella disponibilità a mettere a repentaglio anche la propria vita, pur di migliorare la qualità e la condizione di vita di Paesi che ci sono distanti, che ci sono probabilmente distanti per cultura e tradizione, ma che ci sono assolutamente vicini per sensibilità umana, per capacità di percepirne i bisogni, per volontà specifica di sostenerne lo sviluppo all'interno di un discorso di libertà, all'interno di un discorso di gratuità. Ma proprio perché la vicenda della Urru è una vicenda importante per tutti noi - perché segna, in qualche modo, la cifra di una dedizione per cui il volontariato è espressione di quella grandezza dei giovani che, oggi, costituiscono il meglio del nostro Paese, come è stato detto collega - vorrei anche partecipare ad una richiesta, una richiesta a questo Governo: per piacere, non sospendete l'osservatorio sul volontariato e sull'associazionismo. Per piacere, in questa fase di tagli che il Governo sta facendo, in questo impegno forte volto a potare tutti i rami secchi, oppure razionalizzare quelli che sono rami probabilmente superflui, sappiate che nell'osservatorio che riguarda l'associazionismo e il volontariato va una parte alta della dignità nostra, va una parte alta della speranza dei giovani e dell'opportunità concreta di dedizione (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

SANDRO OLIVERI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SANDRO OLIVERI. Signor Presidente, intervengo innanzitutto per sottolineare un fatto increscioso che si è verificato all'inizio della seduta, allorquando stavo replicando all'intervento del collega Burtone e mi è stata indebitamente tolta la parola, fraintendendo il mio intervento, pensando che stessi cambiando argomento. E, invece, senza sapere di cosa stavo parlando, mi è stata tolta indebitamente la parola. Peraltro, se consideriamo che, in quella circostanza, chi stava presiedendo la seduta appartiene non solo allo stesso partito, ma anche alla stessa corrente, il fatto diventa ancora più grave. Noi, però, vogliamo pensare bene e alla buona fede e che, quindi, vi sia stato solo un fraintendimento. Questa è la prima cosa che volevo segnalare.
La seconda riguarda l'intervento stesso che avrei dovuto fare allora e che, invece, faccio adesso. In pratica, il mio intervento era in replica a quanto era stato denunciato e segnalato sulla situazione della regione Sicilia, e dove si evidenziavano le disfunzioni di cui oggi abbiamo sentito.
Siccome effettivamente la situazione è di gran lunga diversa, volevo replicare dicendo che quello che sta avvenendo ora in Sicilia è frutto di opinioni e di pensieri in libertà, mentre la situazione è totalmente diversa ed è certificata. I dati sono questi: è vero che nel 2008 si è ereditata una situazione molto grave, che oggi non è florida, ma sicuramente è migliore di allora e mentre allora nessuna autorità statale è intervenuta, adesso sta intervenendo. I dati sono questi, ve li ricordo velocemente: il deficit, dal 2008 ad oggi, è passato da 617 milioni a 21 milioni; il costo del personale nell'ambito della sanità...

PRESIDENTE. Chiedo scusa, onorevole Oliveri, lei è intervenuto sull'ordine dei lavori, non è che può fare l'intervento che non le è stato consentito di fare in precedenza. Evidentemente il Presidente di turno avrà agito nel modo migliore; non ero presente.
Il suo intervento adesso non è sull'ordine dei lavori, evidentemente prima non atteneva alla fase procedurale, ma lei non può fare ora l'intervento che ritiene di non aver fatto prima. Le chiedo scusa, ma le tolgo io adesso la parola. Le chiedo scusa.

Pag. 49

Per la risposta ad uno strumento del sindacato ispettivo.

ANTONINO LO PRESTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente, intervengo brevemente per sollecitare la risposta ad una interrogazione e questa è la seconda volta che intervengo in questo senso. Questa è una risposta che il Governo ha già pronta, perché avrebbe dovuto rispondere ad un'interpellanza che per ragioni di opportunità è stata ritirata e trasformata in interrogazione per avere una risposta scritta al più presto. L'interrogazione a risposta scritta a cui mi riferisco, signor Presidente, è la n. 4-16264 e attiene (Commenti)...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, per cortesia...

ANTONINO LO PRESTI. L'interrogazione attiene all'interpretazione di una norma la cui applicazione è tanto attesa dalle casse di previdenza. Quindi, inviterei nuovamente la Presidenza a sollecitare con una azione più determinata la risposta a questa interrogazione, e mi scuso se ho fatto perdere del tempo.

Discussione congiunta dei disegni di legge: S. 2914 - Ratifica ed esecuzione della Decisione del Consiglio europeo 2011/199/UE che modifica l'articolo 136 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea relativamente a un meccanismo di stabilità per gli Stati membri la cui moneta è l'euro, fatta a Bruxelles il 25 marzo 2011 (Approvato dal Senato) (A.C. 5357); S. 3239 - Ratifica ed esecuzione del Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell'Unione economica e monetaria tra il Regno del Belgio, la Repubblica di Bulgaria, il Regno di Danimarca, la Repubblica federale di Germania, la Repubblica di Estonia, l'Irlanda, la Repubblica ellenica, il Regno di Spagna, la Repubblica francese, la Repubblica italiana, la Repubblica di Cipro, la Repubblica di Lettonia, la Repubblica di Lituania, il Granducato di Lussemburgo, l'Ungheria, Malta, il Regno dei Paesi Bassi, la Repubblica d'Austria, la Repubblica di Polonia, la Repubblica portoghese, la Romania, la Repubblica di Slovenia, la Repubblica slovacca, la Repubblica di Finlandia e il Regno di Svezia, con Allegati, fatto a Bruxelles il 2 marzo 2012 (Approvato dal Senato) (A.C. 5358); S. 3240 - Ratifica ed esecuzione del Trattato che istituisce il Meccanismo europeo di stabilità (MES), con Allegati, fatto a Bruxelles il 2 febbraio 2012 (Approvato dal Senato) (A.C. 5359) (ore 19,15).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione congiunta dei disegni di legge, già approvati dal Senato: Ratifica ed esecuzione della Decisione del Consiglio europeo 2011/199/UE che modifica l'articolo 136 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea relativamente a un meccanismo di stabilità per gli Stati membri la cui moneta è l'euro, fatta a Bruxelles il 25 marzo 2011; Ratifica ed esecuzione del Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell'Unione economica e monetaria tra il Regno del Belgio, la Repubblica di Bulgaria, il Regno di Danimarca, la Repubblica federale di Germania, la Repubblica di Estonia, l'Irlanda, la Repubblica ellenica, il Regno di Spagna, la Repubblica francese, la Repubblica italiana, la Repubblica di Cipro, la Repubblica di Lettonia, la Repubblica di Lituania, il Granducato di Lussemburgo, l'Ungheria, Malta, il Regno dei Paesi Bassi, la Repubblica d'Austria, la Repubblica di Polonia, la Repubblica portoghese, la Romania, la Repubblica di Slovenia, la Repubblica slovacca, la Repubblica di Finlandia e il Regno di Svezia, con Allegati, fatto a Bruxelles il 2 marzo 2012; Ratifica ed esecuzione del Trattato che istituisce il Pag. 50Meccanismo europeo di stabilità (MES), con Allegati, fatto a Bruxelles il 2 febbraio 2012.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per l'esame di tali disegni di legge è pubblicata in calce al resoconto stenografico della seduta del 16 luglio 2012.

(Discussione congiunta sulle linee generali - A.C. 5357 - A.C. 5358 - A.C. 5359)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione congiunta sulle linee generali.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari della Lega Nord Padania e del Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.

ENZO RAISI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Onorevole Raisi su cosa?

ENZO RAISI. Signor Presidente, prima avevo alzato la mano perché volevo intervenire su due interventi che hanno fatto i miei colleghi sull'ordine dei lavori.

ROBERTO GIACHETTI. Siamo in una fase di dibattito!

PRESIDENTE. Onorevole Raisi, le chiedo scusa, ma ormai siamo passati al successivo punto all'ordine del giorno.
L'onorevole Pianetta, relatore sui disegni di legge di ratifica nn. 5357 e 5359, ha facoltà di svolgere la relazione.

ENRICO PIANETTA, Relatore sui disegni di legge nn. 5357 e 5359. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, i provvedimenti in titolo compongono il pacchetto approvato dal Senato, lo scorso 12 luglio, e adottato in sede europea per far fronte alla crisi economica senza precedenti che sta sconvolgendo il nostro continente e per salvaguardare la governance economica nell'ambito dei Paesi che si sono dotati della moneta unica dell'euro. La crisi finanziaria internazionale si è gradualmente estesa, a partire dai primi mesi del 2010, ai debiti sovrani, in particolare di alcuni Paesi periferici dell'area dell'euro. Questa è una fase ancora in corso, caratterizzata da rischi e volatilità.
La risposta europea a questa crisi si fonda su due elementi, essenzialmente: il rafforzamento delle regole e del monitoraggio comune per la disciplina fiscale, cioè il cosiddetto fiscal compact; la costruzione di meccanismi di sostegno finanziario, cioè il MES. Quindi, al nostro esame abbiamo la modifica dell'articolo 136 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, la ratifica del Trattato che istituisce il Meccanismo europeo di stabilità e, infine la ratifica del Trattato - politicamente connesso al Meccanismo europeo di stabilità - per il rafforzamento delle regole ed il monitoraggio comune della politica fiscale, il fiscal compact - come ho detto prima -, su cui riferirà il collega Tempestini.
Prima di procedere all'illustrazione dei due provvedimenti, quello sulla modifica dell'articolo 136 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e quello che istituisce il MES, tengo a sottolineare che per l'Italia, la doverosità della ratifica, deriva non soltanto dalla nostra qualità di Paese fondatore dell'Unione europea, ma dagli impegni assunti per la salvaguardia e la stabilità dell'euro, in un'ottica di potenziamento del vincolo politico, oltre che economico e finanziario, di appartenenza all'Europa.
È indubbio che le misure che si vanno profilando costituiscono solo una quota, seppure fondamentale, dell'intenso sforzo che si sta profondendo, sia a livello europeo che a livello nazionale, per gli obiettivi di superamento della crisi del debito e del rilancio della crescita per il continente europeo. In particolare, l'Italia, che ha interpretato con specifico senso di responsabilità il proprio ruolo nell'ambito dell'Eurogruppo, Pag. 51ha già conseguito obiettivi di risparmio e razionalizzazione della spesa, accrescendo la propria credibilità e affidabilità in ambito europeo ed internazionale. Si tratta di profili che non concernono soltanto la politica, ma che hanno un impatto sulla nostra capacità di attrarre capitali ed investimenti e di ricevere riconoscimenti dai mercati internazionali anche in un'ottica futura, di superamento della congiuntura recessiva.
Tengo a precisare e a sottolineare che l'impegno della Camera dei deputati e della Commissione affari esteri, su questi importanti temi, non inizia solo oggi: questo ramo del Parlamento ha esercitato con costanza la propria funzione di controllo sull'operato del Governo, nonché di approfondimento istruttorio e conoscitivo sui temi della governance europea, a partire dall'avvio delle procedure sul semestre europeo per il coordinamento ex ante delle politiche economiche e fino alle mozioni approvate alla Camera, lo scorso 27 giugno, sulla politica economica e finanziaria dell'Unione europea nell'ambito del Consiglio europeo del 28 e 29 giugno.
Indubbiamente, i tempi a disposizione della Camera per questi importanti provvedimenti sono e sono stati molto ristretti. Al tempo stesso, la discussione in seno alla Commissione affari esteri è stata intensa ed approfondita, con l'intervento di tanti colleghi - che ringrazio per il loro contributo -, che si sono incentrati su questioni di fondo, attinenti il percorso di costruzione dell'Unione europea e anche per quanto riguarda gli specifici strumenti per affrontare la gestione della crisi emergenziale che è in atto.
L'audizione di questa mattina del Ministro Grilli di fronte alle Commissioni III, V e XIV ha dato un elemento ed un contributo costruttivo ai nostri lavori, come pure, in tal senso, voglio significare un particolare apprezzamento per l'apporto ampio e completo in materia dato dal Ministro Moavero Milanesi, che ringrazio. La Commissione affari esteri, in particolare, da questo punto di vista, ha sviluppato sinergie, che hanno portato ad una collaborazione utile e positiva con il Parlamento europeo. Sulla base di intese espresse dai Presidenti dei due Parlamenti, i relatori sul provvedimento in titolo delle Commissioni affari esteri di Camera e Senato si sono infatti recati a Berlino, il 23 maggio scorso, per approfondire questi temi con le Commissioni bilancio, affari esteri e affari europei del Bundestag. Quest'ultima Commissione - quella degli affari europei - è venuta a Roma il 19 giugno per proseguire il confronto, nell'ottica di favorire l'articolato percorso di ratifica nei due Paesi in tempi concordati, ed in un'ottica di rafforzamento degli stessi strumenti della governance economica dell'Unione europea.
Come è noto, il Parlamento tedesco, dopo un acceso dibattito che ha fatto emergere le variegate posizioni all'interno del quadro politico tedesco, ha completato il percorso di ratifica del MES e del fiscal compact il 29 giugno scorso. In tale Paese, al momento, la ratifica è ancora sospesa in attesa del verdetto del Tribunale costituzionale federale che sta lavorando sui ricorsi presentati, in particolare da alcuni gruppi parlamentari del Die Linke, e si pronuncerà il 12 settembre prossimo.
Il nostro esame deve anche tener conto del nuovo contesto formatosi dopo il Consiglio europeo del 28 e 29 giugno 2012 su cui ha riferito alla Camera il Presidente del Consiglio, Monti, lo scorso 5 luglio. Il Consiglio si è concluso, tra l'altro, con l'adozione di una dichiarazione del vertice della zona dell'Euro e di un Patto per la crescita e l'occupazione valido per tutti i 27 Paesi dell'Unione europea, con cui è stato aumentato il capitale versato dalla Banca europea per gli investimenti. È stata avviata una fase pilota dell'iniziativa sui prestiti obbligazionari per il finanziamento di progetti in infrastrutture nei settori dei trasporti, dell'energia e della banda larga (i cosiddetti project bond) e sono stati riassegnati i Fondi strutturali a sostegno della piccola e media impresa e dell'occupazione giovanile, destinando ulteriori 55 miliardi di euro a misure a sostegno della crescita.
Passando ad illustrare il disegno di legge relativo alla modifica dell'articolo Pag. 52136, sottolineo che per la prima volta è stata applicata la procedura della revisione esemplificata, introdotta dal Trattato di Lisbona. È bene precisare che la modifica riguarda tutti i Paesi dell'Unione europea, mentre il successivo Trattato relativo all'istituto del MES è tra i soli Paesi dell'area euro.
La modifica al Trattato consiste nell'aggiunta di un nuovo comma all'articolo 136 al fine di istituire per i soli Stati la cui moneta è l'euro «un meccanismo di stabilità da attivare ove indispensabile per salvaguardare la stabilità della zona euro nel suo insieme. La concessione di qualsiasi assistenza finanziaria - detta il nuova comma - necessaria nell'ambito del meccanismo sarà soggetta ad una rigorosa condizionalità». Questa era la citazione dell'aggiunta dell'articolo 136.
Secondo il dettato del provvedimento, la decisione del Consiglio europeo sulla modifica entrerà in vigore il 1o gennaio 2013, a condizione che tutti gli Stati membri abbiano espletato le procedure per la ratifica. Tuttavia, il Consiglio europeo del 9 dicembre 2011, considerato il perdurare della crisi del debito, ha impresso un'accelerazione all'entrata in vigore, fissandola al momento in cui avranno concluso la ratifica i Paesi che rappresentano il 90 per cento degli impegni di capitale, quindi con una anticipazione tendenzialmente di un semestre.
Ad oggi, il provvedimento in titolo è stato ratificato da 12 Paesi membri, mentre in altri nove Paesi è intervenuta l'approvazione in sede parlamentare, senza tuttavia che la legge sia entrata in vigore. Per quanto riguarda il secondo provvedimento, cioè il disegno di legge sulla ratifica ed esecuzione del Trattato che istituisce il Meccanismo europeo di stabilità, con allegati, fatto a Bruxelles il 2 febbraio 2012, esso riguarda i soli 17 Paesi dell'area euro, determinati a garantire la stabilità finanziaria appunto della zona euro. Secondo la premessa al trattato, il MES si pone come misura complementare al Trattato sul fiscal compact nel promuovere la responsabilità e la solidarietà di bilancio all'interno dell'Unione economica e monetaria. Come descrive la relazione illustrativa al provvedimento, il MES rappresenta la componente solidaristica della nuova architettura dell'eurozona, destinata ad essere attivata in situazioni di emergenza, mentre il fiscal compact ne rappresenta la componente di disciplina per assicurare la gestione sostenibile delle finanze da parte degli Stati.
Da marzo 2013 la concessione di assistenza finanziaria sarà possibile solo a condizione che i Paesi richiedenti abbiano ratificato il fiscal compact e abbiano recepito nell'ordinamento la regola sul pareggio di bilancio. Dopo il 30 giugno 2013 il MES assorbirà le funzioni dei precedenti meccanismi transitori di stabilizzazione finanziaria che erano stati istituiti dall'Ecofin nel maggio 2010 per far fronte alla crisi, come sappiamo, della Grecia con un primo programma di 110 miliardi di euro. Ricordo che, da allora, il meccanismo di stabilizzazione finanziaria è stato attivato anche a favore dell'Irlanda, con 85 miliardi di euro, del Portogallo, con 78 miliardi di euro, e nel 2012 di nuovo nei confronti della Grecia con 130 miliardi di euro.
Il MES era previsto che diventasse operativo già nel luglio 2012, in base a quanto concordato in sede di Consiglio europeo del 9 dicembre 2011, in modo da cumularne la capacità di intervento con quella dell'EFSF nella seconda metà del 2012 con una capacità di prestito combinata pari a 700 miliardi di euro. Però, come ho accennato precedentemente, la questione di costituzionalità di fronte alla Corte costituzionale tedesca, che si pronuncerà il 12 settembre prossimo, ha fatto in modo che ci sia uno slittamento rispetto al luglio 2012.
Quali sono i principali caratteri del MES? In primo luogo, è un'organizzazione finanziaria internazionale dotata di personalità e capacità giuridica, avente pertanto natura esclusivamente intergovernativa, con sede a Lussemburgo ed un eventuale ufficio di collegamento a Bruxelles. Tale natura esclude ogni potere di proposta e di consultazione per la Commissione e il Parlamento europeo nonché il coinvolgimento nel bilancio dell'Unione europea, Pag. 53considerato che il meccanismo è formato da contributi degli Stati sotto forma di prestiti e garanzie.
Inoltre, lo stock di capitale autorizzato è di 700 miliardi di euro e gli Stati aderenti hanno stabilito di raggiungere la piena capacità di prestito nel 2014, concordando il versamento delle prime due rate nel 2012. Il capitale versato sarà di 80 miliardi di euro ed è integrato da ulteriori 620 miliardi di euro eventualmente a chiamata. Inoltre, il MES ha un volume di una capacità massima di prestito di 500 miliardi di euro, incluso il sostegno in essere alla stabilità dell'EFSF. L'adeguatezza di tale volume sarà oggetto di una nuova valutazione prima dell'entrata in vigore del Trattato e poi, come previsto dal Trattato stesso, ogni cinque anni.
Quanto alla governance, il MES è dotato di un consiglio dei governatori, di un consiglio di amministrazione, di un direttore generale, e al consiglio dei governatori partecipano i Ministri delle finanze e, in qualità di osservatori, il presidente della BCE, il commissario europeo agli affari economici e il presidente dell'Eurogruppo. Le decisioni sulla concessione dell'assistenza finanziaria, sulle sue modalità e condizioni, sulle capacità di prestito del MES, sulla variazione della gamma degli strumenti e sulla delega di compiti al consiglio di amministrazione sono prese dal consiglio dei governatori di comune accordo, cioè all'unanimità, senza il conteggio degli astenuti, salvo il ricorso ad una maggioranza qualificata dell'85 per cento dei voti espressi per le decisioni urgenti.
I diritti di voto di ogni Stato sono pari alla quota di contribuzione del capitale versato. È la prima volta che l'Unione europea permette di decidere a maggioranza qualificata e non all'unanimità in questa materia. Inoltre, il MES raccoglie fondi, per l'appunto, sotto forma di prestiti e garanzie da mettere a sostegno alla stabilità per i Paesi il cui regolare accesso al finanziamento sul mercato risulti o rischia di essere compromesso, ha potere di raccogliere fondi con l'emissione di titoli a un costo inferiore a quello della media dei Paesi dell'euro e di concludere intese e accordi finanziari di altro tipo con i propri membri e con istituzioni finanziari o con terzi. Eroga, quindi, prestiti, fornisce assistenza finanziaria precauzionale, acquista obbligazioni di Stati membri beneficiari sui mercati primari e secondari ed accorda prestiti per la ricapitalizzazione delle istituzioni finanziarie.
Per attivare l'assistenza finanziaria da parte di un Paese membro occorre una previa analisi della sostenibilità del debito pubblico effettuata dalla Commissione europea, di concerto con la BCE, e, se possibile, insieme al Fondo monetario internazionale. È, dunque, la Commissione l'intermediario di merito tra il MES e il Paese richiedente. Data la cooperazione tra MES e Fondo monetario internazionale, lo Stato che faccia richiesta di assistenza finanziaria al MES farà analoga richiesta al Fondo monetario.
Il Consiglio europeo di fine giugno ha ulteriormente ampliato la portata del MES. Si è, infatti, assunto l'impegno di spezzare il circolo vizioso tra banche e debito sovrano, mediante l'istituzione di un meccanismo di vigilanza unica del settore bancario gestito dalla BCE e, una volta questo istituito, di dotare il Meccanismo europeo di stabilità delle facoltà di immettere fondi direttamente negli istituti bancari.
Soltanto dopo che tale trasferimento di sovranità sarà attuato, il MES potrà intervenire direttamente nelle operazioni di salvataggio e ricapitalizzazione delle banche, previa firma con gli Stati interessati di un memorandum contenente le condizioni per l'assistenza finanziaria, secondo una decisione che il Governo italiano ha sostenuto nell'ottica di una maggiore flessibilizzazione di tale strumento. È stato, inoltre, convenuto che i fondi EFSF e MES potranno essere utilizzati in modo flessibile per acquistare obbligazioni di Stati membri secondo un regime di condizionalità che comprende, ad esempio, l'osservanza delle regole sugli aiuti di Stato.
Tutto ciò premesso, l'Italia contribuirà al MES con una quota del 17,91 per cento pari a 125,395 miliardi di euro, mentre la Pag. 54quota della Germania è del 27,14 per cento e la Francia del 20,38 per cento, in analogia con la nostra quota di partecipazione al capitale della Banca centrale europea. Sembrerebbe potersi desumere che l'Italia, come Germania e Francia, disponga, quindi, di un diritto di veto sulle decisioni urgenti come pure su quelle assunte di comune accordo.
Per effetto dell'approvazione del provvedimento, oltre alla ratifica del Trattato, sarà autorizzata la contribuzione italiana alla sottoscrizione del capitale per la partecipazione al MES articolata in cinque rate, ciascuna delle quali quantificata per l'Italia in 2,866 miliardi di euro da versare quest'anno data la decisione dell'anticipo dell'entrata in vigore del Trattato del MES, per un totale di 14,330 miliardi di euro cui potrebbero aggiungersi altri eventualmente a chiamata.
Le risorse per tali rate derivano da emissioni sui titoli di Stato a medio e lungo termine, i cui caratteri saranno definiti con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze in aggiunta rispetto a quelle previste nei Documenti di finanza pubblica per il triennio 2012-2014. Il maggior fabbisogno in termini di interessi, valutabili in 120 milioni per il 2012, potrà essere assorbito da stanziamenti esistenti a legislazione vigente.
Il versamento non avrà alcun effetto sull'indebitamento netto, trattandosi di istituzione finanziaria indipendente a differenza dell'EFSF. Le relative passività, comprese le emissioni di titoli per il finanziamento del MES, non verrebbero, quindi, contabilizzate a carico del bilancio degli Stati membri, a differenza di quanto avviene per l'EFSF. In ogni caso, l'incremento del debito pubblico non sarà considerato ai fini dell'attivazione delle procedure del Patto di stabilità.

PRESIDENTE. Onorevole Pianetta, la prego di concludere.

ENRICO PIANETTA, Relatore sui disegni di legge n. 5347 e 5359. Signor Presidente, ho finito. Ho bisogno ancora di un minuto. L'entrata in vigore del Trattato è fissata al momento in cui gli Stati membri che rappresentano il 90 per cento degli impegni di capitale lo avranno ratificato. Alla data del 12 luglio 2012 il Trattato MES è stato ratificato da sette Paesi e in altri otto Paesi è in atto l'iter dopo la ratifica parlamentare. Alla luce di quanto fin qui esposto, e concludo signor Presidente, in un'ottica parlamentare non possono essere taciuti i profili connessi alla problematica democraticità delle istituzioni cui in prospettiva sono assegnati in via esclusiva funzioni rilevantissime, come ad esempio la BCE e gli organi decisionali all'interno del MES.
Ulteriori profili critici sono dati dalle note resistenze tedesche a cessioni di sovranità in materia di politiche di bilancio e bancarie. Tuttavia, vedremo quale sarà l'esito di fronte alla Corte costituzionale.
In conclusione, signor Presidente, il MES, come è stato sostenuto dal Presidente Monti in occasione dell'intervento alla Camera, è strumento fondamentale al fine di stabilizzare il mercato dei titoli del debito sovrano per i Paesi in linea con le condizioni poste dal Semestre europeo e dal Patto di stabilità. L'Italia figura in questo elenco grazie alle importanti misure adottate, a partire dalla modifica dell'articolo 81 della Costituzione per l'adozione della regola sul pareggio di bilancio e potrà auspicabilmente disporre di questo strumento per ridurre lo spread sui propri titoli.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Pianetta.

ENRICO PIANETTA, Relatore sui disegni di legge n. 5357 e n. 5359. Signor Presidente, manca proprio una frase. Per contribuire alla piena riuscita di questo sforzo complessivo dell'Europa nell'interesse del nostro Paese e dei cittadini, su cui ricadono oggi in modo drammatico gli effetti della crisi, occorre quindi procedere in modo sollecito alla ratifica dei provvedimenti in esame.

PRESIDENTE. L'onorevole Tempestini, relatore sul disegno di legge di ratifica n. 5358, ha facoltà di svolgere la relazione.

Pag. 55

FRANCESCO TEMPESTINI, Relatore sul disegno di legge n. 5358. Signor Presidente, colleghi, interverrò come relatore sul provvedimento che riguarda il fiscal compact, lasciando poi agli atti, se sarà possibile, la parte più tecnica che riguarda la descrizione dello strumento e il contenuto più interno del meccanismo regolatorio che prevede, appunto, questo Trattato. Mi limiterò, quindi, ad alcune osservazioni di carattere più generale, che riguardano il contesto nel quale si colloca questo Trattato. Si tratta di un contesto di grande allarme e di grande difficoltà per l'Europa. Le notizie quotidiane sugli spread, il fatto che gli spread, come ricordava stamattina il Ministro Grilli, hanno ormai reso per qualche verso obsoleti - forse la parola non è giusta - ma certo quasi inutilizzabili gli strumenti della politica monetaria, il fatto cioè che oggi conta di più il tasso dello spread che il tasso di interesse praticato dalla Banca centrale, dà il segnale della grande difficoltà nella quale si trova l'Europa.
Sono sufficienti, per rispondere alla crisi, questi due provvedimenti, che sono stati messi in campo nel corso dei mesi passati e che oggi noi portiamo alla ratifica? La risposta è certamente «no», nel senso che il percorso che l'Europa deve compiere per uscire dalla crisi è più largo e più impegnativo. Di questo percorso più impegnativo abbiamo testimonianza con le risultanze del Consiglio europeo del 28 e del 29 giugno. Si è trattato di un appuntamento importante. Comincerò da qui, perché quel Consiglio fa un passo avanti, indica una strada che implementa, per così dire, l'acquisito, cioè il fiscal compact e il meccanismo europeo di stabilità. Ma, nello stesso tempo, come era necessario e prevedibile, pone il problema di ulteriori passi in avanti. Mi riferisco ad un documento dei cosiddetti «quattro» e, in particolare, farò riferimento a Van Rompuy. Il documento individua e delinea un passaggio dalla definizione di politiche di rigore - e, quindi, dal fiscal compact allo strumentario che il MES mette in campo - e colloca tutto questo dentro un'acquisizione della necessità di politiche della crescita delineando, all'interno di passaggi che riguardano unione fiscale e unione finanziaria, la necessità di ulteriori passaggi in termini di unione politica.
È, quindi, in questo arco più complessivo di iniziative politiche, non tutte portate a compimento e per alcune delle quali almeno siamo ancora in una situazione di incertezza, che noi dobbiamo collocare la ratifica dei provvedimenti sul fiscal compact e sul MES.
La risposta alla crisi nella prima fase ha puntato sul consolidamento delle politiche di rigore finanziario, una richiesta esplicita che ci veniva dalla Germania ma che sostanzialmente però non innovava nella sostanza, perché il fiscal compact è sostanzialmente la definizione, la messa in bella copia di un processo che l'Unione europea, con il six pack, con il Patto EuroPlus aveva già messo in campo. Da questo punto di vista il fiscal compact costituisce per un verso la conclusione di una fase dell'Unione europea e cioè l'idea che l'Unione europea si potesse reggere sostanzialmente su politiche di rigore finanziario, sulla disciplina di bilancio.
Il Governo ha giustamente fatto sua questa impostazione, è una sfida che abbiamo accettato e la ratifica del fiscal compact va in questa direzione, ma naturalmente se andiamo a guardare e ci interrogammo sulla natura della crisi e sul perché l'Europa si trova in queste condizioni naturalmente comprendiamo che una risposta fondata soltanto sul rigore finanziario - passo ineluttabile e ineliminabile di qualunque politica, soprattutto per un Paese che deve rientrare da un esorbitante debito pubblico che è stato costruito, ahimè, nel corso degli anni e che costituisce una vera e propria palla di piombo al piede per lo sviluppo del Paese - e su politiche fondate puramente sull'austerità non è sufficiente, perché alle spalle della crisi europea c'è indubbiamente uno sbilancio nella bilancia dei pagamenti che vede sostanzialmente la Germania esercitare un ruolo attivo nei confronti di tutti gli altri Paesi dell'Unione monetaria e dall'altra parte squilibri dei fondamentali economici. Questi davvero Pag. 56devono essere aggrediti se si vuole riportare in equilibrio la situazione economica dell'Unione monetaria e dell'Unione europea.
Questo tema quindi di come attivare politiche di convergenza vede il fiscal compact come una base indiscutibile e ineliminabile, una premessa sulla quale però non ci si può fermare ma occorre di lì partire per passi che vadano in un'altra direzione. Qual è questa altra direzione? Dicevo, non può esserci riequilibrio soltanto attraverso politiche di austerità, perché da questo punto di vista ce lo dice la scienza economica e anche la difficoltà con cui politiche fondate soltanto sull'incremento della domanda appalesano una difficoltà di questo tipo, cioè non è pensabile che si possa affrontare questa difficoltà soltanto con politiche di espansione della domanda, occorre un approccio più complessivo.
Da questo punto di vista credo che il Governo abbia impostato un'azione giusta, un'azione che da una parte fa sua l'idea che una politica di rigore deve essere connaturata ad un Paese che deve affrontare un nodo strutturale - il debito pubblico -, ma naturalmente questa politica di rigore non può non accompagnarsi anzitutto all'idea che esiste l'esigenza di un riequilibrio. In questo senso, questi stessi documenti che ratifichiamo prevedono il fatto che i Paesi in surplus debbono anche essi contribuire al riequilibrio macroeconomico dell'area euro e nello stesso tempo questo riequilibrio si deve fondare su altri strumenti e altre modalità. Cito fra tutti, lo dico fra virgolette, un «cavallo di battaglia» di un Presidente del Consiglio che si è battuto negli anni in cui era a Bruxelles per il completamento del mercato interno inteso come uno strumento essenziale per far vivere politiche di coesione tali da dare al mercato capacità propulsiva per l'economia europea nel suo complesso e naturalmente politiche di riforme strutturali che abbiano la capacità dal lato dell'offerta di determinare quei cambiamenti - penso a noi stessi, all'Italia in particolare che di queste politiche ha assoluto bisogno - per rendere possibile la ripresa, una ripresa ordinata, equilibrata e strutturale.
Questo dentro gli spazi che vanno ogni giorno conquistati per politiche della crescita, per politiche che consentano alla domanda europea di essere aiutata con tutti gli strumenti possibili. Qui non voglio fare l'elenco, ma, naturalmente, nel vertice del 28 e 29 giugno si sono fatti passi avanti in questa direzione, si è riconfermato il ruolo che devono avere gli stability bond e i project bond, cioè tutto quell'armamentario che serve per valorizzare, attraverso azioni di deleveraging, la capacità di mobilitazione di risorse che vadano verso prospettive di crescita, ripeto, equilibrata, che non si traduca, sostanzialmente, in una fiammata di natura inflazionistica.
Tutto questo, naturalmente, comporta la capacità di accompagnare politiche di rigore, ma anche politiche di crescita, che, però, oggi come oggi, hanno bisogno di un tassello fondamentale - qui, naturalmente, viene il ragionamento che è stato fatto dall'onorevole Pianetta sul MES - e cioè politiche di stabilizzazione. Vi è un punto essenziale nel ragionamento, che io trovo convincente, che ha fatto il Governo, ma anche il Parlamento. Vorrei che noi ricordassimo che il Parlamento, le Commissioni III e XIV e la Commissione bilancio hanno, nel corso di questi mesi, accompagnato l'azione del Governo con prese di posizione che, a riguardarle oggi, hanno tutte la loro piena e totale validità.
Insomma, è un'azione finalizzata sostanzialmente a collocare queste politiche di stabilizzazione dentro un contesto che davvero voglio definire, in poche parole, assolutamente importante. Non si tratta di dare un beneficio ad un Paese o a un gruppo di Paesi sconsiderati che vanno aiutati, prendendoli per il colletto. Non è questo il punto!
Il punto è che la crisi, giunti al punto in cui siamo, manifesta squilibri e difficoltà che segnalano problematiche che vanno ben oltre, ben oltre, le insufficienze nella disciplina fiscale di alcuni Paesi del sud del Mediterraneo. Ecco perché le politiche di stabilizzazione non sono politiche Pag. 57che possono essere considerate soltanto come aiuti ai Paesi che si trovano in difficoltà, ma sono politiche che hanno un senso perché devono avere un valore strutturale nei confronti di una crisi che ha motivazioni di carattere molto più generale.
Ecco perché credo che il Governo abbia fatto bene a dire che noi non chiediamo - almeno, non è questo il punto oggi - un aiuto, ma che siano messi in campo strumenti capaci di stabilizzare una zona euro i cui squilibri vanno ben al di là del nostro debito, del nostro arretrato debitorio.
Quindi, da questo punto di vista, penso che dobbiamo collocare bene l'azione che il Governo, al quale, credo, si rivolge un unanime apprezzamento, ha saputo svolgere, perché non abbiamo difeso lo «stellone», ma abbiamo difeso, innanzitutto, l'Europa e la sua capacità di stare dentro un processo di recupero e di equilibrio, che manca per tante regioni e che oggi - lo devo segnalare - rischia di utilizzare il rigore anche per disegnare equilibri che non sono corrispondenti al dato di fatto.
Non lo diciamo noi: lo dice il Fondo monetario internazionale, quando sostiene che la differenza, lo spread, dovrebbe essere collocata ben al di sotto di quei livelli che sono stati raggiunti in queste settimane. I fondamentali di questo Paese possono indicare una differenza tra noi e la Germania che si può collocare intorno ai 200 punti, non certo ai 470-480 che stiamo raggiungendo e che stiamo raggiungendo in ragione e per conto di una situazione più generale, che ho cercato di delineare prima.
Da questo punto di vista è chiaro che questa situazione si manifesta nella sua patologia. Si manifesta nel senso che è chiaramente difficile pensare che si possa continuare a lungo con una situazione nella quale il costo dell'approvvigionamento sul mercato del proprio debito per alcuni Paesi è pari a zero e per altri invece supera il 6 per cento. Questi sono elementi di una condizione strutturale che va corretta. In questo senso debbono essere indirizzati gli sforzi.
Ho voluto fornire questo quadro generale, perché io penso che in questo quadro dobbiamo collocare un'approvazione responsabile di questi primi due strumenti, che hanno costituito e costituiscono i primi passaggi per affrontare la crisi europea.
Per quello che riguarda il fiscal compact - lo ho già accennato ma lo voglio dire e lo dico in modo serio - quelli che vengono richiesti al Paese sono vincoli importanti. Ripeto: non sono vincoli che abbiamo accettato oggi, perché sono vincoli che abbiamo accettato quando abbiamo approvato il «six pack», quando cioè abbiamo già messo in moto una strumentazione che andava nel senso del rigore.
Tuttavia, accettiamo tali vincoli perché siamo convinti che si tratta di una scelta alla quale non possiamo sottrarci: non possiamo eludere la scelta della responsabilità fiscale. È una necessità per il Paese: prima ci liberiamo del fardello del debito, prima rendiamo possibile una ripresa vera dell'economia italiana.
Naturalmente questa politica del rigore, non in termini di do ut des, ma nei termini di una vera reciprocità e nei termini di una solidarietà non «pelosa», una solidarietà che faccia ritornare in campo i valori fondamentali dell'Europa, questo tipo di solidarietà noi reclamiamo e ci indirizziamo in questo senso con responsabilità.
Io ho sempre apprezzato il fatto che, nel nostro rapporto con la Germania, il Paese ed in particolare il Capo del Governo, si sia sempre tenuto in un approccio collaborativo di partecipazione, un approccio di fermezza ma nello stesso tempo di apertura. Io penso che questo sia il modo giusto con il quale dobbiamo affrontare questo nodo.
È un nodo difficile naturalmente, perché quello che si è aperto in Germania è un dibattito complesso. Come indicavo nella mia relazione - e mi avvio alla conclusione - l'Europa di Kohl e di Mitterrand ha pensato, per così dire, di condizionare la Germania, ovvero farla aderire all'euro per scongiurare il rischio di ritorni al passato. La Germania per qualche Pag. 58verso ha fatto quello a cui facevano riferimento i classici a proposito della conquista romana della Grecia: la Germania ha imprigionato l'Europa. L'ha imprigionata nei termini nei quali la Germania ha impostato tutta la sua azione «statuale», oserei dire, nel corso degli anni dal dopoguerra in avanti, mettendo in prima fila l'economia. Questo approccio tedesco ha avuto successo, ma naturalmente ha anche determinato tendenze e tentazioni, che io posso sintetizzare in un riferimento storico, che è quello della Zollverein, cioè un'idea della Germania che attraverso l'economia si fa padrona.
Penso che noi dobbiamo reagire con un'azione responsabile, facendo la nostra parte e facendo i nostri compiti a casa, che non sono solo quelli del rigore, ma sono quelli di apertura e di cambio delle nostre strutture economiche e sociali.
Noi dobbiamo fare modo che questo rapporto con la Germania consenta di battere queste tendenze e di far vincere quelle tendenze, che sono certamente presenti, di un europeismo classico ma naturalmente per far questo - e concludo - non si può non collocare tutto ciò se non dentro la cornice di un rilancio dell'integrazione europea. Questo è un punto, un termine di sfida. Sappiamo che questo è ciò che da sempre ha animato la riflessione della Corte di Karlsruhe cioè l'idea che ad ogni passaggio che va oltre, l'acquisito necessita di maggiore consenso. Sentiamo anche noi le strettoie - mi avvio a concludere - e gli elementi di ristrettezza della costruzione europea, che sta andando impercettibilmente sempre più oltre in termini di una sovranità che non ha dalla sua parte trasparenza, controllo e partecipazione democratica. Questa è la sfida che una parte, quella io credo più responsabile della Germania, ci pone ma che noi dobbiamo rilanciare con una piena ed efficace condivisione di questo punto essenziale (Applausi).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo.

ENZO MOAVERO MILANESI, Ministro per gli affari europei. Signor Presidente, onorevoli deputati, la discussione di oggi, qui, in Assemblea, riguardo la ratifica di questi Trattati rappresenta la conclusione...

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Ministro, se lo ritiene ha facoltà di intervenire in replica domattina.

ENZO MOAVERO MILANESI, Ministro per gli affari europei. Sta bene, signor Presidente.

PRESIDENTE. Dunque il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito. È iscritto a parlare l'onorevole Cambursano. Ne ha facoltà.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, signor Ministro, chi le parla viene da un'esperienza nei mercati finanziari e proprio perché sono certo che i mercati non possono ignorare i dati, questi purtroppo ci indicano con chiarezza che la recessione domina non solo i Paesi del sud Europa ma tutta l'Europa e presto colpirà anche la Germania. La tendenza durerà fino a che la Comunità europea non avrà mostrato da una parte l'entità dei fondi necessari per affrontare la crisi delle banche con risolutezza e dall'altra le procedure di intervento più efficaci per realizzare il salvataggio ma soprattutto finché non ripartirà la crescita.
La colpa grave sta nel fatto che è mancato un qualsiasi serio investimento nella direzione della costruzione di un demos europe, senza il quale l'unione politica da tutti auspicata rischia di sancire una nuova, drastica lacerazione tra classi dirigenti e cittadini. Presidente, la crisi che stiamo attraversando non è come spesso viene detto una crisi dell'Eurozona, ci sono Paesi che vanno bene, non è una crisi dell'euro, è una moneta buona, lo dimostrano le quotazioni. La nostra è una crisi economica e politica.
Non c'è stabilità monetaria se non c'è stabilità finanziaria e questa non è garantita se non c'è equilibrio macroeconomico. Questo equilibrio è ciò che è mancato in Pag. 59molti Paesi europei. Un dato per tutti: la Germania tra il 1999 e il 2011 ha accumulato un surplus enorme. La solidità tedesca è da ricercarsi sul suo enorme attivo verso gli altri Paesi dell'Unione economica e monetaria: approfittando dell'Unione ha aumentato a dismisura le sue esportazioni verso i Paesi periferici e quando questi si sono trovati in fibrillazione ha ritirato la liquidità, aumentando nuovamente lo squilibrio. Se ci fosse stata un'Unione politica questi squilibri sarebbero stati sanati: ora ci tocca trovare una soluzione su tre fronti: fiscale, finanziario e altresì sulla crescita. I risultati fin qui raggiunti, importanti, sono minimi e sono da inquadrare nelle due tendenze prevalenti a livello europeo. La prima faceva leva sulla riduzione del debito quale condizione prioritaria ed assoluta. Le manovre sono lì a dimostrare che purtroppo siamo in recessione e lo spread è ancora quello che è.
La seconda tendenza è stata quella di propugnare più spesa, spesso e volentieri anche a debito, con ulteriore debito. La giusta strada sarebbe dovuta essere quella mediana, cioè che la stabilità finanziaria si raggiunge attraverso una disciplina fiscale rigorosa per i Paesi in difficoltà e maggiore spesa aggregata per i Paesi che se lo potevano permettere (la Germania, non solo quella, per prima). L'Europa ha scelto la prima strada e il fiscal compact è lì a confermarlo. Esso si concentra su stabilità finanziaria e fiscale ma trascura o ha trascurato finora la crescita. Qualche segnale minimo di apertura in questa direzione lo si è avuto a fine mese di giugno e ai primi di luglio.
Sì, l'Italia - signor Ministro - con la riforma dell'articolo 81 della Costituzione ha di fatto anticipato lo spirito e la lettera del fiscal compact. Ecco perché il nostro Presidente del Consiglio, con lei, è potuto andare al vertice di fine giugno e il 9 luglio a dire che l'Italia aveva le carte in regola per quanto fatto negli ultimi otto mesi, per chiedere e ottenere il cosiddetto calma spread attraverso l'utilizzo del MES, e per l'avvio di una nuova politica, quella per la crescita.
Tutto ciò non sarebbe stato possibile senza il fiscal compact. Colleghi, concludo, ciò che stiamo facendo a mio parere è il più importante atto di tutta la legislatura: superare gli Stati nazionali, garanti (non sempre) delle libertà e dei diritti cittadini, riducendo la loro sovranità a vantaggio però dell'Europa, dell'Europa e dei suoi organismi che ancora purtroppo non sono del tutto democratici. Se sono vere le parole di Jean Monnet, secondo cui l'Europa si farà nelle crisi e sarà la somma delle soluzioni apportate alla crisi, allora questa è l'occasione giusta. Dimostriamolo una volta per tutte, facciamo partire subito quella costruzione che dicevo prima, quella del demos europe senza la quale non avremo mai una vera Europa unita.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole D'Amico. Ne ha facoltà.

CLAUDIO D'AMICO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori Ministro devo dire che almeno oggi abbiamo la presenza del Ministro che è qua per questa discussione sulle linee generali. Lo ringrazio perché in passato troppo spesso i Ministri sono stati latitanti in quest'Aula. Almeno su questo possiamo dare una valutazione positiva nei confronti del Ministro. Però signor Presidente, signor Ministro, noi dobbiamo affrontare questo tema esaminando tutti i suoi aspetti, quindi noi della Lega Nord interverremo numerosi per quel poco tempo che c'è stato concesso perché avremo solamente a disposizione un'ora di tempo per parlare su provvedimenti di enorme portata, ed è qui proprio il primo dubbio, la prima negatività, che voglio sottolineare. Infatti questi tre provvedimenti che stiamo ratificando oggi sono stati accorpati e riscuotono un'importanza straordinaria per tutto il Paese: perché ci sono delle limitazioni di sovranità; perché ci sono delle previsioni di spesa enormi; perché dovrebbero andare a toccare e a cercare di salvare i conti di tutti i Paesi dell'area euro. Quindi ci troviamo a trattare argomenti di così grande importanza che avrebbero avuto la necessità di tempi adeguati. Pag. 60
In questo caso i tempi non ci sono stati. Non solo, questi tre provvedimenti invece di essere affrontati singolarmente, uno per uno, sono stati accorpati e c'è stata una discussione congiunta di tutti e tre, sia in Commissione che ora in Aula. I tempi sono state molto limitati. Come componente della Commissione bilancio - signor Ministro - ho avuto forse poco più di mezz'ora per discutere di questo.
E addirittura la Commissione bilancio non ha avuto ancora la possibilità di esprimere il proprio parere, nonostante la discussione sulle linee generali sia già iniziata. Noi domani mattina, quindi, alle ore 8,30 abbiamo la Commissione bilancio riunita dove potrò, come commissario della Commissione bilancio medesima, esprimere il mio parere e la mia opinione, cosa che non ho ancora potuto fare perché non ho ancora avuto il tempo di farlo. Infatti, la Commissione non ha potuto ancora affrontare con i tempi adeguati questo provvedimento. Noi stiamo correndo, consuetudine ormai diventata quasi quotidiana, dietro la ratifica di decreti. In questo caso, si tratta di ratifiche internazionali che non avevano neanche la famosa «tagliola» dei sessanta giorni e, quindi, potevano anche essere portate con dei tempi diversi, con una tempistica diversa. Avrebbero potuto dare la possibilità al Parlamento di esprimersi meglio e di meglio valutare questi provvedimenti. Soprattutto si è utilizzata, come Commissione referente, solamente la Commissione esteri; ciò è giusto e corretto perché si tratta di ratifica di trattati internazionali, però ritengo che in questa circostanza sia stato molto limitativo per la verifica, invece, della parte economica che sta dietro a questi trattati. Infatti, sono trattati internazionali, ma normalmente nei trattati internazionali non ci sono delle ripercussioni economiche così grandi come stanno dietro a questi tre trattati, soprattutto quello dell'istituzione del MES che comporta delle spese quasi immediate.
Quello che intendevo sottolineare, quindi, proprio all'inizio del mio intervento, è questo: si è un'altra volta utilizzato il Parlamento quasi come passacarte di qualcosa che viene fatto in altre parti. Ma ricordiamo che la sovranità è del Parlamento, la sovranità è del popolo e il popolo la esplicita eleggendo dei propri rappresentanti. Ancora di più un Governo tecnico, i cui componenti non si sono mai portati davanti al cittadino per ricevere un mandato, ancora di più un Governo come questo dovrebbe considerare in modo diverso il Parlamento. Non è stato fatto neanche in questo caso. Questo è ciò che dobbiamo dire inizialmente.
Questo provvedimento, inoltre, per quel poco che abbiamo potuto esaminarlo in Commissione bilancio, ha un grande problema, signor Ministro, ossia lo ritengo addirittura contrario agli articoli della Costituzione. Infatti, l'articolo 81, che tutti noi conosciamo, ma è meglio ricordarlo, prevede espressamente che ogni legge che importi nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte. E, allora, qui, dopo aver detto in via generale come si è arrivati a portare questi trattati all'attenzione e all'esame del Parlamento, iniziamo ad andare a vedere esattamente quello che c'è dentro e partiamo da ciò che comporta una spesa considerevole, immediata o quasi immediata, ossia l'istituzione del MES, questo istituto che dovrà preoccuparsi della tutela dell'area Euro e intervenire quando un Paese ha problemi. Questo ci costa. Il capitale finale non sarà superiore ai 700 miliardi di euro e a noi costerà 125 miliardi di euro. Il nostro Paese, quindi, dovrà contribuire alla creazione di questo organismo con 125 miliardi di euro. È una cifra enorme per quello che noi leggiamo tutti i giorni sull'andamento dei nostri conti. Lei lo sa benissimo, signor Ministro, ma è giusto ricordarlo a tutti i cittadini che, leggendo le ultime notizie di stampa, abbiamo raggiunto il nuovo record sul debito pubblico.
A maggio il dato si attesta su 1.966 miliardi di euro, contro i 1.948 miliardi di aprile. Quindi, a maggio abbiamo toccato il massimo livello storico di debito pubblico. Questo è significativo, prima che tutta l'azione del Governo Monti, che è nato spacciandosi per un Governo per fronteggiare la crisi, mentre è nato perché Pag. 61una parte di una maggioranza legittimamente eletta ha lasciato quella maggioranza per passare da un'altra parte e quindi quella maggioranza non ha avuto più i numeri. E da questo è nato un Governo appoggiato da una grossa coalizione, che vede solo praticamente la Lega e pochi altri a fronteggiare questa deriva, che noi riteniamo che non sia del tutto democratica, perché non è uscita dalla volontà popolare. Ma questo Governo, che doveva in primo luogo preoccuparsi dell'economia, ha fatto sì che il debito arrivasse al suo massimo storico.
Ed in questo momento noi come andiamo a coprire questo fabbisogno che ci sarà, derivante dal trattato su questo meccanismo di stabilità, sul MES? Lo andiamo a coprire in questo modo - è giusto leggerlo - perché nell'articolo 3 del disegno di legge di ratifica si dice: «A decorrere dall'anno 2012 sono autorizzate emissioni di titoli di Stato a medio e lungo termine, le cui caratteristiche sono stabilite con apposito decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, destinando a tale scopo tutto o parte del netto ricavo delle emissioni stesse. Tali importi non sono computati nel limite massimo di emissioni di titoli di Stato stabilito dalla legge di approvazione del bilancio e nel livello massimo del ricorso al mercato stabilito dalla legge di stabilità». Quindi, noi andiamo al di fuori delle regole che ci siamo dati, perché ci eravamo detti: «Non creiamo più debito pubblico più di tot, non emettiamo titoli di Stato più di un certo limite». Ecco, qua andiamo in deroga, totalmente in deroga e andando in deroga andiamo ad emettere nuovi titoli di Stato, per addirittura una cifra enorme, 125 miliardi.
Su questi titoli di Stato nasce il mio dubbio di costituzionalità, perché noi abbiamo un articolo della Costituzione che dice che ogni legge deve essere coperta: questo disegno di legge formalmente sembrerebbe essere coperto, però se noi andiamo a scrivere una cosa che non si può fare, se noi diciamo che andiamo a coprire una spesa facendo una rapina in banca, autorizziamo qualcuno ad andare a fare una rapina in banca, stiamo commettendo un abuso, una copertura non corretta. Qui stiamo facendo la stessa cosa. Ma perché facciamo la stessa cosa? Perché da una parte si dice, con l'approvazione dell'altro Trattato che abbiamo qui, che noi dobbiamo ridurre ogni anno del 2 per cento il debito pubblico, fino ad arrivare al 60 per cento rispetto al PIL, mentre adesso siamo al 123 e passa per cento. Allora da una parte si approva un documento che dice che noi non possiamo più fare debito pubblico, anzi lo dobbiamo ridurre, mentre dall'altra si dice che si va a coprire quello che si dovrà dare al MES con debito pubblico. Quindi, è palese che questo disegno di legge non è coperto, ha una copertura fittizia. Quindi, è uno specchietto per le allodole questa copertura.
E cosa ci dice il Governo questa mattina? Questa mattina anche il Ministro dell'economia e delle finanze ci ha detto: «Sì, però noi questi titoli di Stato che emetteremo non li facciamo calcolare, li teniamo separati e non saranno calcolati nel rapporto debito pubblico-PIL». Quindi, con un artifizio contabile questi nuovi titoli di Stato che saranno emessi verranno tenuti da parte. Veramente questa è una manovra di elusione delle leggi e della Costituzione. Infatti, se noi dicessimo - come dovrebbe essere, visto che si emettono titoli pubblici - che questi vanno a gravare sul rapporto debito pubblico-PIL, il rapporto crescerebbe invece di diminuire del 2 per cento, come abbiamo detto che dobbiamo fare in base all'altra legge.
Quindi, noi, cioè il Governo, si inventa il modo di dire: quelli non contano, noi facciamo altro debito, però questo debito non conta e, quindi, lo abbasseremo. Sono capaci tutti di fare questo, di cancellare dalla lista i conti; ma guardate, signor Ministro, che la Grecia è arrivata in questa situazione per un motivo molto semplice, non solo perché si sono mangiati i soldi. Infatti, in Grecia, c'era un sistema come quello che vigeva in Italia negli anni Settanta, Ottanta e Novanta, con la spartizione per ogni partito delle tangenti, delle percentuali. La Grecia è crollata su questo: Pag. 62si sono mangiati i soldi che avevano. Ma facendo come? Truccando i conti. Quando sono entrati nell'euro hanno truccato i conti. Hanno detto all'Unione europea: i nostri conti sono a posto, noi siamo così. Ma non era vero.
Adesso cosa facciamo? Cadiamo anche noi in questo scempio, cioè quello di truccare i conti e di dire: sì, il rapporto debito-PIL scende, continua a scendere e, intanto, emettiamo centinaia di miliardi di debito pubblico? Per far cosa? Per andare a coprire la cifra che il MES dovrà avere per aiutare, poi, i Paesi che avranno problemi. Quindi, noi cosa facciamo? Ci indebitiamo ancora di più e dovremo dare questi soldi a un Fondo, che poi, quando avremo i problemi, perché ci siamo indebitati, dovrà ridarceli, ma con un meccanismo, una procedura molto lunga. Quindi, anche in questo caso, è il cane che si morde la coda: ci indebitiamo ancora di più, diamo i soldi ad un organismo, che poi ci dovrà aiutare. C'è qualcosa che non funziona: probabilmente, questo sistema è stato studiato male, ma su questo noi non abbiamo potuto affrontare bene tutte le problematiche, perché il tempo è stato molto limitato.
Devo dire, però che, per quel poco tempo in cui è stato esaminato il provvedimento, qualche cosa si è sviscerato. Sono riuscito a recuperare la relazione tecnica che è stata allegata, al Senato, al disegno di legge di conversione che, come sapete, è già passato al Senato ed ora è alla Camera. Nella relazione tecnica - che è una relazione di una pagina, neanche piena, su un provvedimento da 125 miliardi di euro - si dice quanto segue, ed è giusto leggerlo perché sta a testimoniare veramente quello che si sta facendo: «Le risorse necessarie alle quote di contribuzione sono assicurate dal netto ricavo derivante da emissioni di titoli di Stato a medio e lungo termine, aggiuntive rispetto quelle previste nel Documento di finanza pubblica per il triennio 2012-2014», come già detto prima. E ancora: «Di conseguenza, tali importi non sono computati nel limite massimo di emissione di titoli di Stato stabilito dalla legge di approvazione del bilancio e nel livello massimo del ricorso al mercato stabilito dalla legge di stabilità. L'emissione dei titoli determina l'esigenza di fronteggiare un maggiore fabbisogno in termini di interessi» - perché noi emettiamo i titoli e dovremo pagare gli interessi - «(valutabile per il 2012 prudenzialmente in circa 120 milioni di euro)» - solo per il 2012, 120 milioni di euro - «che potrà essere assorbito dagli attuali stanziamenti a legislazione vigente, tenuto conto del trend dei tassi di interesse». Anche qui è sconcertante.
La relazione tecnica allegata al disegno di legge del Senato dice che emettendo questi titoli di Stato, senza toccare la parte in conto capitale, ma solo la parte riguardante gli interessi, quest'anno dovremo pagare 120 milioni di euro, ma tenendo conto, in modo prudenziale, del trend. Si pensava che il trend fosse in discesa ma, invece, abbiamo visto tutti che esso non è in discesa, bensì in salita; quindi, non avremo neanche questa stima, che era prudenziale: di solito, quando si fanno le stime si fanno in modo prudenziale. Allora, questa stima è assolutamente non reale: noi pagheremo di più di questi 120 milioni di euro. Dove li prendiamo? Ci dobbiamo aspettare nuove tasse, probabilmente; ci dobbiamo aspettare che aumenti ancora l'IVA; ci dobbiamo aspettare nuovi provvedimenti che andranno ancora ad innescare nuova recessione.
È questo che esce fuori dalle carte e non solo; qui, non è stata considerata la quota di conto capitale perché noi, questi 125 miliardi di euro che daremo, non tutti subito, ma una quota ogni anno, è vero che ci costeranno ogni anno una quota di interessi che non si sa come si andrà a colmare, ma poi c'è la quota capitale da rendere. Si fanno buoni del Tesoro a lungo e medio termine, si è detto; bene, saranno dieci anni, ma tra dieci anni la quota capitale come la rimborsiamo? Tra dieci anni, anche se non li avete contabilizzati nel rapporto PIL - debito pubblico, quei soldi li dobbiamo rimborsare perché chi si è comprato quei buoni del Tesoro poi avrà diritto a riaverli indietro quei soldi. Chi si è comprato il buono del Tesoro, si prende Pag. 63i suoi interessi anno per anno e quando scade ha diritto ad avere indietro la quota capitale! Come facciamo a contabilizzare queste cose se non ne abbiamo tenuto conto?
Per questo io dico che questo provvedimento ha un vulnus molto grave di costituzionalità relativamente all'articolo 81. Questo, Ministro, è già stato sollevato dalla Lega Nord in Commissione; per quel poco che la Commissione bilancio del Senato ha potuto affrontare, il problema è stato già sollevato dalla Lega Nord. Tuttavia, a fronte di questo c'è stato il nulla. Le dico cosa ha detto il senatore Garavaglia nell'Aula della Commissione bilancio al Senato; il senatore Garavaglia rivela la presenza di un profilo di criticità molto rilevante sulla copertura del disegno di legge di autorizzazione alla ratifica in quanto l'aggravio degli interessi stimato dalla relazione tecnica in 120 milioni di euro nel 2012, verrebbe coperto da un risparmio aleatorio quantificato in circa 800 milioni dovuto al calo dei rendimenti rispetto alle previsioni fatte al momento del varo del decreto cosiddetto salva Italia. Su tale profilo sarebbe necessario un'apposita condizione, questo si chiedeva. Inoltre, va rilevato come in seguito alla mancata discesa degli spread, l'aggravio degli interessi dovuti alle emissioni di titoli di Stato necessari per finanziare il meccanismo europeo di stabilità sarà probabilmente superiore ai 120 milioni di euro stimati.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole D'Amico.

CLAUDIO D'AMICO. Allora, queste cose, noi le abbiamo già sottolineate ma, ormai, e mi avvio a concludere, signor Presidente, siamo arrivati al paradosso che quello che i parlamentari dicono in Parlamento, quello che i membri delle Commissioni bilancio continuano a sottolineare e cioè che i provvedimenti non sono coperti e non è la prima volta che si va contro articolo 81, questi richiami cadano nel nulla. È una cosa sconcertante continuare a vedere che il Governo utilizza il Parlamento solo, e lo ripeto, solo, per approvare delle cose decise da altri, non decise dai rappresentanti dei cittadini democraticamente eletti.

PRESIDENTE. Onorevole D'Amico, deve concludere.

CLAUDIO D'AMICO. Signor Presidente, nel mio intervento ho voluto affrontare la parte di competenza della Commissione bilancio, ci saranno miei colleghi che approfondiranno meglio altri temi perché tante altre cose non vanno bene in questi Trattati che stiamo andando a ratificare.

PRESIDENTE. Onorevole D'Amico, in riferimento alla critica che lei ha fatto per quanto riguarda il contingentamento dei tempi sui disegni di legge che stiamo affrontando, voglio dirle che è tutto in regola e tutto conforme ai precedenti. Mi riferisco, in particolare, ai contingentamenti adottati in occasione delle ratifiche del Trattato di Lisbona e, nella XIV legislatura, anche in occasione del Trattato costituzionale europeo. Per cui i tempi sono conformi a tutto quello che è stato fatto fino ad ora per medesimi provvedimenti.
È iscritto a parlare l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, mi lasci esprimere preventivamente un moto di soddisfazione per la liberazione di Rossella Urru; naturalmente ho festeggiato anch'io quando, prima, la collega Pes ha voluto anticipare una notizia che al momento non era ancora stata confermata. Adesso è arrivata la conferma dal Ministero degli affari esteri, dalla Farnesina, e quindi, siamo davvero tutti felici e contenti. Adesso c'è da sperare che la stessa felicità possano avere i familiari di Giovanni Lo Porto sequestrato in Pakistan insieme ad un giovane cooperante tedesco. Insieme a questa premessa felice voglio anche richiamare, qualcuno lo ha già fatto prima di me, un apprezzamento per la presenza del Ministro in Aula. Forse, proprio Pag. 64perché lei è un novizio, ci fa questo onore, ma non siamo abituati a tanto e per questo la voglio ringraziare.
Noi dobbiamo discutere congiuntamente, questa sera, ben tre disegni di legge di ratifica: di una Decisione e di due Trattati. La prima riflessione che viene da fare all'esame di questi importanti provvedimenti è che certamente essi cambieranno la vita politica e la vita economica del nostro Paese, e le impegneranno almeno per i prossimi vent'anni. Non è un caso che altri Paesi del Vecchio continente non abbiano ancora proceduto alla ratifica, soprattutto per quanto riguarda il cosiddetto fiscal compact. Infatti, su quindici Paesi firmatari iniziali, hanno ad oggi ratificato questo provvedimento, il fiscal compact, soltanto nove Paesi. Colgo l'occasione, quindi, per notare come, a questo proposito, il percorso cominci a presentare anche qualche ostacolo, qualche difficoltà. Penso, ad esempio, al Paese portabandiera del rigore fiscale, la Germania, che ancora non li ha compiutamente ratificati. Infatti, lo sappiamo, vi è stato un ricorso, e la Corte costituzionale tedesca avrebbe dovuto annunciare a giorni la decisione, che invece è stata rinviata al prossimo 12 settembre, per approfondire, appunto, la valutazione su questo Fondo europeo ESM e sul fiscal compact. Lo stesso Presidente della Repubblica tedesca, Joachim Gauck, ha già detto che non firmerà le leggi di ratifica dell'ESM e del fiscal compact senza questo pronunciamento della Corte costituzionale. Ma anche in Francia - a maggior ragione, si potrebbe dire - il Presidente Hollande ha richiesto il parere della Corte costituzionale, per verificare se per ratificare il Patto di bilancio e l'ESM - o MES che dir si voglia - sia necessaria o no una revisione della Costituzione francese, il che comporterebbe un ulteriore lasso di tempo per la ratifica. Stiamo parlando, non a caso, di due dei principali Paesi dell'Unione europea, di due Paesi che insieme rappresentano il grosso della forza monetaria che dovrebbe andare a sostenere questi organi e meccanismi che andiamo a ratificare.
Tornando alla discussione congiunta, mi chiedo e chiedo a tutti voi, onorevoli colleghi, con riferimento anche alla politica economica che si sta portando avanti in questi mesi, se ci stiamo veramente rendendo conto che, esaminiamo quello che è successo, soltanto l'anno scorso, nel 2011, quando siamo stati richiamati in pieno agosto in Parlamento perché vi era l'urgenza di un'ennesima manovra di bilancio, lo spread, lo ricordo, era a 385 punti, mentre oggi questo livello è sopra di quasi 100 punti base, dopo aver sfiorato, nei giorni scorsi, 500 punti base nel rapporto differenziale tra i titoli di Stato italiano e i bund tedeschi. Dunque, rispetto a queste misure della governance economica, appare evidente che qualcosa non funziona, qualcosa non ha funzionato, qualcosa non sta funzionando. Quindi, i due importanti strumenti di cui discutiamo oggi li vogliamo contestualizzare, oppure no? Sono stati negoziati, è vero, qualche mese fa, forse vale la pena ricordarlo, perché, se di governance vogliamo discutere, allora va anche detto che forse bisognerà ratificare con maggiore tempestività questi provvedimenti, perché se ci mettiamo poi un anno o un anno e mezzo per renderli operativi, in questo momento, in questa situazione, con la velocità che hanno le dinamiche di mercato, e soprattutto le dinamiche della speculazione, alla fine, le difficoltà non le riusciamo a superare. Quindi, i nostri tempi, i tempi della ratifica parlamentare, appaiono biblici, rispetto alle necessità del momento. Quindi, insisto, il vero problema che abbiamo davanti è questo della governance di questi strumenti. Credo che occorra quindi chiedersi se il presupposto da cui si sta partendo in politica economica, quello cioè secondo il quale la crisi dei debiti dei Paesi dell'Europa dipenda da una carenza di disciplina fiscale, per cui sarebbe sufficiente, ed è sufficiente, irrigidire e prevenire deficit eccessivi e sanzionare Paesi indisciplinati per cui il gioco è fatto, o se, in verità, non stiamo parlando di un passo sbagliato che non consente un'accettabile risoluzione dei problemi. Pag. 65
Lo voglio dire perché i fatti stanno dimostrando che hanno torto i sostenitori del rigore assoluto, perché anche su questo cosiddetto «scudo anti spread», ritenuto da molti analisti più fumo che arrosto, l'effetto deterrente che si vuole ottenere non sarà mai realizzato se non si risolvono alcune questioni cardine, la prima delle quali, ad esempio, l'abbiamo individuata nel ruolo della Banca Centrale Europea.
Adesso, come sappiamo, occorrerà perfezionare i dettagli di questa supervisione bancaria tenuta dalla BCE passando per l'esautoramento delle autorità centrali. Infatti, solo dopo che tale trasferimento di sovranità si potrà dire concluso, con la formalizzazione in un memorandum d'intesa che implicherà ulteriori sacrifici ed altri tagli allo Stato sociale e alla spesa sociale, l'ESM potrà intervenire direttamente nelle operazioni di salvataggio e ricapitalizzazione delle banche.
Fa specie - lo devono notare - in questo passaggio l'assenza del Parlamento europeo, l'unico organismo fra tutti quelli di cui stiamo discutendo democraticamente eletto, che si è limitato semplicemente alla ratifica della modifica del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, ovvero di quell'articolo 136 - per l'appunto la decisione che è al nostro esame - a cui è stato aggiunto un paragrafo.
Il paragrafo 3 prevede: gli Stati membri la cui moneta è l'euro possono - non «devono», «possono» - istituire un meccanismo di stabilità da attivare ove indispensabile per salvaguardare la stabilità della zona euro nel suo insieme. La concessione di qualsiasi assistenza finanziaria necessaria nell'ambito del meccanismo sarà soggetta ad una rigorosa condizionalità.
Ho riflettuto a lungo su questa correzione e credo che sia importante, poiché di fatto è il viatico agli altri due provvedimenti, ma non mi sembra davvero una portata rivoluzionaria e in grado di condizionare i mercati. Insomma, in una fase importante e determinante per il destino dell'intera Europa, come quella che stiamo attraversando, in cui occorrerebbe operare uno sforzo maggiore per cercare di far comprendere le scelte difficili che la politica economica europea imporrà ai vari Paesi, non registrare un coinvolgimento del Parlamento europeo per noi di Italia dei Valori - convinti europeisti - è di per sé un limite, una criticità, una debolezza e la vogliamo segnalare.
Questa modifica ai Trattati - come sappiamo - si è resa necessaria proprio per la creazione di uno strumento permanente qual è il Fondo «salva Stati», per intenderci. Ma, nonostante la procedura adottata dal Consiglio sia stata quella della cosiddetta «revisione esemplificata» attivabile in caso di voto unanime in Consiglio, l'entrata in vigore della modifica dipenderà comunque dall'approvazione degli Stati membri, ovvero dei 17 Paesi dell'area euro che hanno sottoscritto l'accordo.
Pertanto, pur essendo consapevoli della necessità di ratificare la decisione del Consiglio europeo, non possiamo comunque esimerci dall'avanzare seri dubbi sulle scelte di politica economica che hanno portato avanti gli Stati membri in questi mesi (e, in particolare, ovviamente ci riferiamo al nostro Paese), sicché alcuni Paesi si sono trovati nella situazione in cui appunto si trovano Paesi come la Grecia, l'Italia, la Spagna e il Portogallo, i cosiddetti PIGS.
Devo dire che il nostro gruppo avrebbe accolto con maggior favore un rafforzamento delle politiche di coesione europea attraverso provvedimenti che presupponessero e conducessero ad una vera e propria unione politica del Continente, con un ruolo maggiore del Parlamento europeo, con una comune politica fiscale e finanziaria, con obiettivi comuni per lo sviluppo economico, sociale e culturale dell'area monetaria, però non ci siamo riusciti.
Vogliamo sperare che si continui ad insistere, tuttavia - ben comprendendo la necessità di trovare un accordo sulla tempistica relativa all'entrata in vigore del Trattato prevista per il 1o gennaio 2013 mentre il Consiglio lo vorrebbe operante già dal luglio di quest'anno - preannuncio, Pag. 66come già anche al Senato, un voto di astensione dell'Italia dei Valori su questo provvedimento, sulla decisione, ma in realtà anche sugli altri due che seguiranno, sui quali adesso vado ad aggiungere qualche riflessione.
Infatti, gli altri due provvedimenti al nostro esame, il Trattato istituito del MES o ESM e il nuovo Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance dell'Unione economica e monetaria, il cosiddetto fiscal compact, rappresentano, potranno rappresentare, è sperabile, si immagina, in futuro, i due pilastri fondamentali e complementari della nuova architettura dell'Eurozona. Il MES potrà rappresentare, diciamo così, la componente solidaristica tra gli Stati della nuova architettura, destinata ad essere attivata in situazioni di emergenza, ma non ci piace - e lo diciamo forte - che i suoi beni, i suoi averi, ovunque si trovino e chiunque li detenga, dovranno avere immunità da ogni forma di processo giudiziario, né che tutti i membri e il personale dovranno essere immuni da procedimenti legali in relazione ad atti da essi compiuti nella loro veste ufficiale e godranno dell'inviolabilità nei confronti dei loro atti e documenti ufficiali.
Il fiscal compact, invece, dovrebbe andare a rappresentare, anche in questo caso diciamo così, la componente di disciplina destinata ad assicurare in ciascun Paese una gestione sostenibile delle finanze pubbliche che eviti l'accumularsi di tensioni suscettibili di incidere negativamente sulla stabilità finanziaria. In particolare, da marzo 2013, la concessione di assistenza finanziaria a titolo del MES dipenderà dall'avvenuta ratifica, da parte dello Stato richiedente, del fiscal compact e successivamente anche dall'avvenuta trasposizione nell'ordinamento interno della regola del pareggio di bilancio, cosa a cui noi abbiamo già ottemperato.
Vorrei, però, solo ricordare per inciso che, sempre il Presidente francese, quel tale Hollande che ha vinto recentemente le elezioni e ha sostituito il buon Sarkozy, ha condotto una campagna elettorale ponendo un quesito molto forte sulla revisione del fiscal compact. Il suo slogan, infatti, era: un voto per Hollande è un voto per rivedere il fiscal compact. In Germania, invece, un partito che non è certamente tacciabile di demagogia populista - come talvolta si vorrebbe nel nostro Paese, a mio avviso troppo spesso, far passare l'Italia dei Valori -, ma un partito di forti tradizioni e radici, come la SPD, la socialdemocrazia tedesca, ha addirittura convocato un congresso straordinario per decidere la delega che doveva essere conferita ai propri parlamentari sulla riconferma e la verifica del Trattato sul fiscal compact.
Comunque, è sufficientemente noto che l'adozione di questi due provvedimenti ha generato un ampio dibattito tra gli economisti di tutto il mondo nel campo dell'informazione, nell'opinione pubblica, in rete, in Internet. In molti hanno sostenuto che inserire nella Costituzione il vincolo del pareggio di bilancio avrebbe rappresentato una scelta politica estremamente improvvida, poiché aggiungere ulteriori restrizioni, quale un tetto rigido della spesa pubblica, non avrebbe fatto altro che peggiorare le cose.
In particolar modo, il rischio più paventato era quello relativo al verificarsi di effetti perversi in caso di recessione a causa della diminuzione del gettito fiscale e dell'aumento di alcune spese - sembra proprio di parlare dell'Italia di queste settimane -, ad esempio, i sussidi di disoccupazione nei momenti di difficoltà. Gli ammortizzatori sociali - lo sappiamo - pur facendo aumentare il deficit, limitano comunque la contrazione del reddito disponibile e del potere di acquisto. Poi, anche nei periodi di espansione dell'economia, un tetto rigido di spesa potrebbe danneggiare la crescita economica perché gli incrementi e gli investimenti ad elevata remunerazione, anche quelli interamente finanziati dall'aumento del gettito, sarebbero ritenuti incostituzionali se non controbilanciati da riduzioni della spesa di pari importo.
Tra l'altro, un tetto vincolante di spesa comporterebbe la necessità, in caso di spese di emergenza, per esempio in caso di Pag. 67disastri naturali, e viene immediato il riferimento all'Emilia Romagna, alle Cinque Terre e a L'Aquila, di tagliare altri capitoli del bilancio mettendo in pericolo il finanziamento dei programmi non di emergenza. Vorrei, quindi, in questa sede ricordare anche la posizione critica dell'economista e premio Nobel Paul Krugman, il quale ebbe a dichiarare che l'inserimento in Costituzione del vincolo del pareggio di bilancio rischierebbe di condurre alla distruzione del Stato sociale.
In Italia - l'ho già accennato - l'inserimento nella Costituzione del vincolo del pareggio lo abbiamo già fatto, è stato predisposto tramite la modifica dell'articolo 81 della Costituzione. Noi crediamo che la costituzionalizzazione del pareggio di bilancio, che è stata presentata come una riforma risolutiva ed epocale, stia apparendo per quello che è, ossia il tentativo di comprare credibilità a basso costo.
Basta chiedersi, del resto, quanti altri Paesi, a parte la Germania che lo aveva già fatto, abbiano approvato la costituzionalizzazione del pareggio di bilancio: pochi, in verità, lo sappiamo. Ma che cosa ha prodotto in termini concreti l'anticipazione della costituzionalizzazione del pareggio di bilancio avvenuta pochi mesi fa? A nostro avviso nulla, così come a nulla sembrano essere valsi ad oggi il taglio delle pensioni, l'aumento dell'IVA, l'introduzione dell'IMU, l'attacco ai diritti dei lavoratori e all'articolo 18, e forse - vediamo, vedremo, vorrei sperare di no, ma lo temo fortemente - la stessa spending review, per come è stata immaginata e pensata.
Vorrei solo ricordare, infine, che all'inizio di luglio di questo mese il Presidente del Consiglio Monti è intervenuto in quest'Aula, così come al Senato, per un'informativa sugli esiti del vertice europeo di Bruxelles del 28 e 29 giugno 2012. Il finanziamento della crescita - ha detto il Presidente del Consiglio - dovrebbe ora avvenire attraverso la ricapitalizzazione della BEI (Banca europea degli investimenti) e la mobilitazione di 120 miliardi di euro al servizio degli investimenti (con particolare attenzione ai servizi, all'economia digitale, all'industria in rete, come se 120 miliardi nel Vecchio continente potessero rappresentare chissà che cosa) e anche dell'occupazione. Tali stanziamenti dovrebbero consentire, quindi, la riprogrammazione dei fondi strutturali e l'avvio della fase pilota del project bond. Inoltre, sembra finalmente vi sia stata un'apertura esplicita alla tassazione delle transazioni finanziarie, se necessario nell'ambito di una cooperazione rafforzata.
L'Italia, sempre a sentire il Presidente del Consiglio, insieme alla Spagna e con l'assenza della Francia, avrebbe condizionato l'adesione all'accordo all'adozione di misure concrete per la stabilizzazione a breve termine dei mercati finanziari. Si è deciso, dunque, di muovere verso un sistema sovranazionale di supervisione del sistema bancario, ma è stato anche disposto l'utilizzo più flessibile del Fondo cosiddetto «salva Stati» e, in seguito, del Meccanismo europeo di stabilità (il MES) al fine di stabilizzare il mercato dei titoli del debito sovrano dei Paesi in regola con i requisiti imposti dall'Unione, distinguendo la loro posizione da quella dei Paesi già sotto programma di salvataggio.
L'Italia dei Valori nella replica ha sottolineato come tale vertice europeo, convocato per rilanciare la crescita economica, seppure abbia positivamente evidenziato una rinnovata credibilità del Paese, si sia però limitato ad un ulteriore iniziativa in favore delle banche già fin troppo beneficiate da ingenti trasferimenti di risorse.
Per questo - ed ho concluso signor Presidente - noi siamo critici con queste ratifiche. Lo dico perché in quest'Aula, pur sempre all'opposizione dal 2008, abbiamo sempre votato a favore a mia memoria (spero di non sbagliare), tranne in un caso: quando si è trattato di ratificare quel brutto, pessimo Trattato di amicizia con la Libia. Poi abbiamo sempre accettato di ratificare ogni trattato internazionale, perché quando un nostro Ministro, il nostro Presidente del Consiglio va all'estero e sottoscrive un trattato impegna tutto il Paese e noi responsabilmente abbiamo Pag. 68sempre fatto la nostra parte in una ratifica con un voto favorevole. Un voto favorevole che questa volta non ci potrà essere.

PRESIDENTE. Sospendo la seduta per cinque minuti per ragioni tecniche.

La seduta, sospesa alle 20,45, è ripresa alle 20,50.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Gozi. Ne ha facoltà.

SANDRO GOZI. Signor Presidente, sono convinto che la ratifica dei provvedimenti di cui stiamo discutendo sia necessaria, sia un atto necessario e non rinviabile per le ragioni evocate, per la situazione dei mercati, per la situazione di uno spread che addirittura cancella tassi di interesse bassissimi e gli effetti positivi che potrebbero avere, appunto, i tassi di interesse bassissimi della Banca centrale europea. È un provvedimento non rinviabile per i rapporti, per gli equilibri e per i rapporti politici all'interno della zona euro.
È evidente che i tempi della finanza e i tempi della politica registrano un divario drammatico. Vi è una distonia che sta emergendo in modo spietato tra i tempi con cui la finanza prende certe decisioni e i tempi con cui la politica, purtroppo, arranca e non riesce a rispondere in maniera adeguata. Quindi, sono tutte buone ragioni per procedere rapidamente alla ratifica dei provvedimenti relativi al fiscal compact, al Meccanismo europeo di stabilità e, ovviamente, anche alla modifica dell'articolo 136 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
Sono dei temi sui quali sin dall'inizio il Governo italiano ha agito molto bene - lo voglio dire direttamente al Ministro - seppure in circostanze difficilissime. Il Governo, presieduto da Mario Monti, ha ottenuto dei risultati molto importanti in un contesto, credo, di forte cooperazione tra Parlamento e Governo. Non credo neppure che si possa parlare di ritardo rispetto a quanto stiamo facendo, perché è stato discusso, concordato e deliberato, in maniera esplicita, di attendere l'esito del vertice europeo di fine giugno prima di procedere speditamente, come ci auguravamo e avremmo potuto fare, alla ratifica dei provvedimenti sul fiscal compact e sul Meccanismo europeo di stabilità. Tra l'altro, come era stato ricordato anche dal collega Pianetta, il Trattato sul Meccanismo europeo di stabilità è stato ratificato in sette Paesi e il Trattato sul fiscal compact in nove Paesi. Lo voglio dire perché continuo a leggere, signor Presidente, su alcuni quotidiani nazionali degli articoli che farebbero riferimento a un Parlamento che dorme, che è negligente, che trascura la politica europea e che arriva in ritardo. Credo che mai come in questo periodo la politica europea sia stata al centro dell'interesse di questo Parlamento e mai come in questo periodo abbiamo trattato, con la dovuta rapidità e il dovuto approfondimento, i temi di politica europea.
La ratifica serve a dare dei segnali positivi. I provvedimenti sul fiscal compact e sul Meccanismo europeo di stabilità servono a compiere passi in avanti nella gestione dell'emergenza, che richiede più disciplina fiscale. Tra l'altro, gran parte di quello che stiamo ratificando era già incluso nel six pack, nel pacchetto già discusso, deliberato e negoziato dal precedente Governo. È uno degli strumenti che permettono di introdurre nuovi meccanismi di intervento per fare fronte all'emergenza. Sono due scelte, quella della stabilità che è insita nel fiscal compact e, ovviamente, quella degli strumenti di emergenza che questo Parlamento già in gennaio, in una mozione largamente condivisa, ha scelto di seguire non solo in questa legislatura ma che ha assunto come scelta di sistema, come scelta sistemica e nazionale. Infatti, le principali forze politiche si sono impegnate a proseguire sulla via della stabilità anche dopo il 2013.
Credo che in questa sede, in questo momento in cui ratifichiamo il provvedimento sul fiscal compact, dobbiamo ridare lo stesso segnale, con convinzione, che proseguiremo, chiunque sarà al Governo Pag. 69dopo il 2013, su una scelta che non solo è giusta ma che è anche necessaria per l'Italia e per l'Europa, quella della stabilità. Certamente, sono dei passi in avanti verso la stabilità e verso la gestione dell'emergenza con nuovi strumenti che vanno accompagnati da nuove politiche di crescita e da nuove regole che favoriscano la crescita. Quindi, certamente, vi è un aspetto positivo. Ritengo il piano per la crescita del vertice dell'Unione europea un primo passo anche su questo. Credo che sia forse eccessivo parlare di growth compact, nel senso che si dà l'impressione che si sia già raggiunto un pieno equilibrio tra l'aspetto della stabilità, insito nel fiscal compact, e l'aspetto della crescita di cui questo growth compact, questo accordo sulla crescita è solo il primo passo ma su cui dovremo costruire molto di più.
Però certamente è un passo in avanti positivo, così come sono positivi quei nuovi investimenti europei che in settori specifici e strategici - le energie rinnovabili, la ricerca, l'agenda digitale - dovranno far seguito alla decisione del vertice. Certamente nuove regole che favoriscano la crescita; anche da questo punto di vista avere impegnato la Commissione sul valutare la qualità della spesa che può essere la prima breccia nell'introdurre finalmente a livello europeo la golden rule, quella vera, quella vera che permette di non computare o computare in maniera diversa gli investimenti produttivi che un Paese fa, credo che sia un altro passo in avanti molto importante che è stato ottenuto grazie all'ottima azione di politica europea di questo Governo.
Credo che potremo valutare anche di inserire in questa qualità della spesa i cofinanziamenti nazionali rispetto agli interventi europei; credo che si possa costruire, sulla base delle conclusioni del vertice, per rendere operativa, tangibile e concreta questa importantissima apertura. Così la revisione del bilancio dell'Unione europea per indirizzarlo in maniera più diretta e indirizzare le varie voci del bilancio in maniera più diretta, metterle più direttamente al servizio della crescita. Da questo punto di vista mi sembra che sia arrivato dopo il vertice un segnale non positivo dalla stessa Francia oltre che da altri Paesi cosiddetti «del rigore», perché aver dato l'accordo a diminuire di importanti punti percentuali le spese previste all'interno del bilancio dell'Unione europea per i prossimi anni, proprio spese legate a quelle voci - la ricerca, l'innovazione, le piccole e medie imprese, la competitività - che devono essere chiaramente le voci da privilegiare nell'ambito della revisione del quadro finanziario pluriennale, non credo che sia un segnale positivo.
Credo, signor Presidente, signor Ministro, che sia qualcosa su cui dobbiamo ancora lavorare perché è evidente che il negoziato sul quadro finanziario pluriennale sarà una delle cartine tornasole alla luce delle quali si leggerà se c'è stata veramente, in maniera completa, quella svolta sul posizionamento della politica economica dell'Europa di cui si è parlato in occasione del vertice.
Del resto anche il cosiddetto meccanismo «anti-spread» - anche se è improprio definirlo in questo modo - certamente è stata una proposta elaborata dal Governo, difesa in maniera positiva; credo che sia necessario introdurre un meccanismo che si rivolge agli Stati che seguono il loro giusto percorso, quello condiviso a livello europeo sia dal punto di vista del risanamento dei conti pubblici che dal punto di vista del piano nazionale di riforma, quelle riforme strutturali che servono per porre le basi solide per la crescita, ma che si trovano in circostanze di instabilità del mercato dell'euro per delle ragioni che prescindono dagli sforzi che sta facendo. Questo certamente è il caso innanzitutto dell'Italia, è evidente che si tratta di problemi sistemici e non sono solo problemi nazionali, è evidente che di fronte a questi problemi sistemici non basta fare i compiti a casa, gli hausaufgaben come direbbe qualcuno a Berlino, noi li facciamo questi hausaufgaben ma è evidente che occorre affrontare la questione in maniera più sistemica. Ritengo che aver posto la questione delle oscillazioni eccessive dello Pag. 70spread sia un altro passo in avanti importante. Quindi certamente aspetti positivi.
Rimangono dei punti critici legati a questi Trattati, rimangono anche delle questioni più ampie, politiche, di fondo su cui vorrei concludere, signor Presidente. I punti critici dobbiamo ricordarli: sul Meccanismo europeo di stabilità non c'è un effettivo controllo democratico, non c'è un'adeguata trasparenza. Lo sappiamo, il consiglio di amministrazione del Meccanismo europeo è una sorta di Eurogruppo ma non si chiama Eurogruppo bensì consiglio di amministrazione. Queste sono le conseguenze che dobbiamo subire rispetto a quella scelta di procedere per il Meccanismo europeo di stabilità sulla via di un trattato intergovernativo.
Un trattato intergovernativo che estromette il ruolo del Parlamento europeo, che può essere informato e può avere rapporti su questo solo attraverso il rapporto che il Parlamento ha con il commissario incaricato dell'economia e della finanza, che non prevede l'applicazione integrale e piena del Protocollo allegato al Trattato di Lisbona sul ruolo dei Parlamenti nazionali e che rende, quindi, ancora più rilevante, sia per quanto riguarda il lavoro che il Governo ha fatto a livello europeo sia per il Meccanismo europeo di stabilità che per il fiscal compact, l'attivazione di una clausola che permetta di riportare - è esplicito per il fiscal compact, credo che dovremmo lavorarci anche per il Meccanismo europeo di stabilità - entro un certo tempo, entro 5 anni dall'entrata in vigore, il funzionamento di questi strumenti all'interno dell'ambito comunitario.
Dal punto di vista nazionale, credo che sia importante procedere speditamente con l'approvazione della legge comunitaria 2012, perché lì abbiamo inserito un articolo specifico, come il Ministro sa bene, che si rivolge proprio all'informazione e agli atti di indirizzo e di controllo del Parlamento rispetto al Governo proprio nella materia economica e finanziaria a livello europeo.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Gozi.

SANDRO GOZI. Signor Presidente, sto concludendo. Vi sarebbero molti altri aspetti, ma quello politico evidente è che occorre rafforzare molto di più e cominciare a lavorare molto di più, anche sulla base del rapporto Van Rompuy, che prevede l'unione bancaria, fiscale e politica, sulla dimensione politica.
È compito dei Governi, ma è compito anche, direi soprattutto, dei Parlamenti e delle forze politiche nazionali ed europee. Però - è l'indicazione che questo Parlamento aveva già dato a gennaio - alcuni ulteriori passi in avanti che prevedono un esercizio diverso, congiunto e importante delle sovranità in materia bancaria e fiscale e la stessa mutualizzazione del debito saranno possibili solo se noi riavviamo il processo costituente, il prima possibile, a mio modo di vedere anche nel 2013; in ogni caso, non oltre le elezioni europee del 2014 (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, arrivato a questo punto, ritengo che vi sia soltanto lo spazio, proprio per avere un minimo di comprensione, per fare qualche valutazione di carattere generale e per corrispondere allo sforzo dei colleghi, soprattutto dei relatori, su una tematica, su un problema che non credo sia marginale.
Certo, è un tema che merita attenzione e confronto. Sono convinto, signor Ministro, che questo confronto non sia esaustivo, anche perché il «pacchetto» che stiamo esaminando, le ratifiche che si accompagnano ad una serie di provvedimenti che riguardano l'Europa, credo che necessitino di ulteriori apporti e di ulteriori confronti, ma, soprattutto, bisogna mettere il Parlamento e il Paese nel suo complesso nelle condizioni di essere sempre più partecipe e padrone della materia, se si può essere partecipe e padrone della materia.
Certo, questi provvedimenti sono un po' espressione, come si suole dire, e conseguenza della crisi che ha investito l'Europa Pag. 71e dei debiti sovrani (è stato fatto, al riguardo, ampio cenno e riferimento da parte degli onorevoli Pianetta e Tempestini, ma anche dagli altri colleghi che hanno preso la parola e hanno illustrato anche delle posizioni estremamente chiare).
A noi rimane il compito, certamente, di accompagnare questa discussione e questi provvedimenti con ulteriori valutazioni. Noi ci troviamo di fronte ad un dibattito importante nel Paese, che oserei definire con tre teste, trilaterale. Vi è una scuola di pensiero che dice chiaramente che la politica dell'austerità può determinare anche un processo di sviluppo.
Poi, vi è una seconda scuola di pensiero che, invece, dice di ampliare il debito e gli investimenti produttivi, che possono, ovviamente, determinare processi di avanzamento civile ed economico.
Infine, vi è un altro aspetto, che ritengo sia importante e fondamentale, che è quello di capire, in tutto questo, chi governa l'economia in Europa, chi governa l'economia a livello internazionale, quali sono i poteri e, soprattutto, quali sono le strutture e le situazioni che sono condizionanti rispetto alle scelte di carattere economico.
Non vi è dubbio che tutti quanti auspichiamo la stabilizzazione e questo fiscal compact credo rappresenti un dato rilevante e importante. Il MES poi supera alcune situazioni precedenti ed ha una sua autorevolezza, perché è un'organizzazione finanziaria ed internazionale. Possiamo dire che il MES è stato voluto da alcune nazioni europee per dare maggiore forza e soprattutto maggiore capacità rispetto a quelle che erano delle situazioni regolamentari precedenti. Si è trattato quindi di dare una dignità ad un trattato internazionale, che ha più forza ed è più cogente, e dunque una regolamentazione ed una responsabilità per quanto riguarda la politica fiscale.
Ma tutto questo certamente ci deve fare ripensare a quello che è stato Lisbona, ma ancora prima a quello che è stato Maastricht e che sta dimostrando certamente dei limiti, limiti non facilmente superabili. Ma perché Maastricht ha mostrato dei limiti e delle insufficienze? Perché poi i vari trattati e le cooperazioni rafforzate tra Paesi hanno dimostrato dei limiti e soprattutto delle situazioni che hanno evidenziato delle asfissie e delle disarmonie sul piano delle politiche? Perché, come si è detto, il problema è dell'Europa: il problema è della politica europea, che manca. Manca un punto di riferimento, che non esiste, sia per quanto riguarda la Banca europea sia per quanto riguarda la politica del tesoro. C'è una cresta della rappresentanza.
Certamente tutto questo confronto che noi stiamo conducendo in questo particolare momento nel dire «sì», come noi diciamo di «sì», dando atto al Governo del suo impegno e del suo sforzo per queste ratifiche, mostra chiaramente che c'è uno sforzo. Molte volte - lo dico con estrema chiarezza e mi rivolgo anche al Ministro per gli affari europei - c'è una grande confusione, ma soprattutto c'è una burocratizzazione massima delle situazioni, dove a volte le linearità mancano, non perché non vi sia una capacità di essere trasparenti e di essere chiari, ma perché ci sono interessi ancora predominanti, situazioni egoistiche che sono pregnanti ed alcune vicende, anche di cinismo, che sono dietro l'angolo, ma ovviamente ben presenti anche nel confronto europeo.
È indubbio questo impegno a questo particolare problema, che deve essere seguito con attenzione. Il MES è un dato importante e fondamentale: 700 milioni, un aiuto, un fondo per gli Stati che supera anche una situazione precedente, quella rappresentata dall'EFSF. Certamente è un dato importante e fondamentale che fa salve e oltrepassa quelle che potevano essere le posizioni regolamentari, che fino a qui «hanno governato» un po', tra virgolette, l'economia dell'Europa.
Che cosa oggi c'è nella situazione europea? C'è un dato importante e fondamentale. Si grida da più parti che c'è un affievolimento delle sovranità nazionali. È un dato palpabile, reale. Le sovranità nazionali possono anche ridursi nella loro Pag. 72espansione e nella loro capacità decisionali, se c'è una politica coerente al livello europeo. C'è una strategia che va seguita, va seguita una strategia economica.
Noi abbiamo anche adeguato la nostra legislazione con il DEF, abbiamo adeguato anche altri tipi di normative, che debbono rientrare nelle strategie e nei percorsi stabiliti dell'Europa. Da tutto questo si evince chiaramente che esistono delle situazioni su cui certamente bisogna operare senza travalicare quelli che sono limiti e condizioni.
Vi è poi un altro dato che emerge quando si parla di fiscal compact. Noi abbiamo ben presente quello che è stato anche il nostro impegno legislativo per quanto riguarda la riforma dell'articolo 81 della Costituzione sul pareggio di bilancio. Qualche collega ne ha parlato però sarebbe bene spendere qualche parola in più.
Io sono stato fra coloro in Commissione - operavano congiuntamente, quando abbiamo trattato il problema della riforma dell'articolo 81, la V e la I Commissione - ad avanzare in quella occasione ed in quella sede alcune perplessità su questo pareggio del bilancio, con delle valutazioni e dando ovviamente un mio contributo estremamente modesto ed estremamente limitato. Ma qualche preoccupazione la ho avuta e la ho ancora, anche perché tutto questo non tiene presente quelli che sono i cicli economici, non tiene presente alcune situazioni che possono verificarsi nella vita degli Stati e soprattutto nell'economia. Tuttavia tutto questo ovviamente non è stato sufficiente a dare una risposta e soprattutto a dare una sistematicità, in termini forse diversi, a quella che era una rivisitazione dell'articolo 81, che ci veniva richiesta con forza a livello internazionale.
Non c'è dubbio che questi aspetti, questi problemi, investono, come dicevo poc'anzi, ma lo dicevano anche i relatori con molta lucidità, il problema della politica europea. Tutto questo nasce certamente dall'esigenza - questo qui è il punto interrogativo - di dare una maggiore organicità, razionalità e trasparenza. Questo è l'interrogativo che io pongo. E pongo ancora un interrogativo: nelle decisioni economiche a livello europeo - di certo c'è il contributo forte, ne do atto certamente al Ministro, che è una vecchia conoscenza e nei cui confronti nutro una vecchia stima - la burocrazia europea, la grande burocrazia europea, che ingessa un po' tutto, che gioco fa? Che ruolo svolge? Quali sono gli interessi cui risponde? Quelle società di rating a quali interessi corrispondono? È un problema soltanto dell'Europa o anche dell'economia globalizzata, del mercato globalizzato, dove certamente si intrecciano interessi economici, ma soprattutto disinvolte azioni finanziarie che non possiamo ovviamente definire economiche, perché non possiamo dar loro la dignità dell'economicità. Io ritengo che questi siano interrogativi importanti, oggi, che riguardano il futuro.
Ma c'è un altro aspetto, un altro dato che volevo anche richiamare all'attenzione del Ministro quando si parla di questi temi, di questi problemi, ad esempio quando parliamo della modifica dell'articolo 136, dove si dice che la base giuridica così introdotta autorizza gli Stati membri a istituire un meccanismo di stabilità su base interamente intergovernativa. Non è previsto infatti alcun potere di proposta e consultazione per la Commissione e il Parlamento europei. Tutto questo ha senso, ha significato rispetto ad una prospettiva economica? La prospettiva economica deve accompagnarsi con criteri e soprattutto con principi di democraticità, ma noi non capiamo a volte qual è il ruolo della Commissione europea e qual è il ruolo del Parlamento europeo. Questi sono i grandi nodi e se c'è una crisi della rappresentanza europea non c'è dubbio che c'è una crisi della prospettiva economica integrata.
E poi c'è la l'Eurozona, ci sono alcuni Paesi che hanno adottato la moneta unica che ha avuto il suo ruolo, che certamente ha espanso i suoi benefici e soprattutto ha dato una maggiore certezza alla moneta, preservandola dai pericoli inflazionistici, ma c'è un problema grosso che viene fuori e si è evidenziato anche nella crisi di Pag. 73alcuni Paesi europei e che è sotto gli occhi di tutti: sono veri problemi o sono alterati? Tutto questo lo si può risolvere soltanto attraverso il meccanismo del MES, che è certamente un passo in avanti molto significativo rispetto agli altri strumenti? Certamente anche con una politica fiscale e di responsabilità, una regolamentazione che coinvolge tutti i Paesi europei con delle regole e percorsi ben precisi, cui poc'anzi facevo riferimento, con i 700 milioni di euro, con gli aiuti agli Stati. Ritengo che tutto questo debba essere inquadrato in una complessa azione sul piano politico che certamente sta compiendo l'attuale Governo, che ha restituito credibilità al nostro Paese nel consesso internazionale ma tutto questo non è sufficiente se non si prende coscienza e consapevolezza degli approdi e delle sfide che abbiamo dinanzi.
Ecco, signor Presidente, io ritengo che il mio gruppo abbia una predisposizione a seguire con molta attenzione e a non far mancare il suo appoggio e la sua solidarietà a questa azione che va facendo il Governo. Non può far mancare ovviamente il suo voto favorevole alla ratifica e all'approvazione di questi provvedimenti, con questi nodi che mi sono permesso, in termini generali di declinare e di portare alla sua attenzione, signor Presidente, a quella dei colleghi e del Ministro per le politiche europee perché sia ben chiaro il significato che questo Paese deve essere sempre più protagonista.
E può essere protagonista certamente con la sua forza, con i provvedimenti, e non bastano semplicemente i provvedimenti dell'austerità, ma bisogna prevedere altri tipi di avanzamento, di intervento che diano senso e significato allo sviluppo economico; altrimenti il solo rigore rischia di creare recessione, rischia di creare impoverimento, rischia di creare una desertificazione all'interno del nostro Paese. Ritengo che Monti, il Presidente Monti stia facendo e stia andando in questa direzione. Vogliamo capire se l'arena dell'Europa è un'arena dove si può ricomporre, ricostruire, intessere un filo di democraticità, di partecipazione, di condivisione e di solidarietà. Come ci può - lo dicevo una volta in una situazione analoga, e lo dicevo anche poco fa - essere un'Europa con una Banca centrale europea che ha il suo regolamento, come ci può essere un'Europa che ha venti politiche estere, come ci può essere un'Europa che ha venti politiche della sicurezza o della difesa, o venti eserciti. Ritengo che è questo il dato e la prospettiva. Tutto questo ha senso e significato, anche per i sacrifici che facciamo, anche per le quote di sovranità che noi diamo e conferiamo anche all'Europa (certamente è importante questo), ma tutto questo sacrificio anche sul piano istituzionale deve avere un corrispettivo rispetto ad un processo, un cammino che noi vogliamo favorire perché l'Europa si costruisca in termini molto forti, in termini molto seri, altrimenti sarà fallito il disegno dell'Europa.
Lo ripeto, signor Ministro, forse per il fatto che Maastricht è stato alcune volte enfatizzato, molte volte enfatizzato, è mancato qualche respiro, qualche Stato, è mancata qualche premessa, o qualche prefazione. Non si possono costruire dopo le situazioni, non si può costruire una moneta unica se non c'è una politica unica di bilancio, fiscale, e non soltanto attraverso le coercizioni e le condizioni ma attraverso una spinta di consapevolezza, di partecipazione e di condivisione. Se manca questa condivisione manca la cultura dell'Europa. Ho voluto sottolineare questi aspetti perché ritengo che i provvedimenti siano stati ampiamente illustrati dai colleghi, soprattutto dai relatori, ma volevo dare questo contributo, certamente di adesione a questi provvedimenti, ma una adesione con preoccupazioni che non sono soltanto mie. Questi nodi non sono soltanto inventati da parte di qualcuno, ma sono nodi e preoccupazioni che esistono e sono diffusi sul territorio nazionale perché ognuno di noi si chiede: ma chi decide? Chi decide?
Bastano i trattati, bastano le convenzioni, bastano le adesioni, bastano gli incontri tra i governanti, quando poi ci sono degli interessi che spingono in termini diversi e opposti? Ritengo che questi sono gli interrogativi forti che noi ci poniamo Pag. 74dando ovviamente questa nostra adesione, che non è formale ma sostanziale, ad un progetto, e questo è un progetto che mi auguro possa essere sempre più portato avanti con grande consapevolezza, con grande respiro, e che possa portarci a raggiungere traguardi ed obiettivi ai quali tutti quanti anelano, sopratutto i popoli europei.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Maggioni. Ne ha facoltà.

MARCO MAGGIONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, la ratifica del Trattato denominato fiscal compact, del Meccanismo europeo di stabilità, nonché la modifica dell'articolo 136 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, arriva in quest'Aula con una tempistica che lascia sconcertati. La Camera, dopo il Senato, è chiamata ad esprimersi su Accordi siglati dal Governo in sede internazionale che avranno conseguenze pesantissime sul contesto economico e sociale del Paese. Lo stesso Ministro Grilli stamattina durante un'audizione nelle Commissioni III, V, e XIV, li ha definiti tappe cruciali verso l'integrazione europea. Ad essere cruciali, oltre alle tappe, sono gli impegni. Basti citare il rientro sul debito pubblico per la parte eccedente al 60 per cento il rapporto tra debito pubblico e PIL, che costerà al Paese nel 2013 circa 49 miliardi di euro oltre al pareggio di bilancio, o l'impegno di 125 miliardi di euro derivanti dalla sottoscrizione del 17,9 per cento dei 700 miliardi di euro che è lo stock di capitale autorizzato del MES.
Dunque numeri e conseguenti impegni che avrebbero meritato ampie analisi, oltre che un confronto con l'opinione pubblica, che è stata messa a tacere per via della nostra Costituzione, che molto democraticamente - lo dico con ironia - non prevede un referendum confermativo per i trattati internazionali. Inoltre, i pochi giorni a disposizione per discutere nelle sedi parlamentari finiscono con il confermare quanto la Lega Nord dice da anni e, cioè, che il super Stato europeo che si sta costruendo non è democratico e mira a schiacciare i popoli europei, nascondendo a loro quanto state decidendo sulle loro teste. Il fiscal compact è stato firmato dal Governo il 2 marzo scorso, mentre il 9 dicembre 2011 si è deciso di adottare nel 2012 il MES, anticipandolo così di un anno. Perché non si è cominciata la discussione per tempo, consentendo all'opinione pubblica di partecipare al dibattito?
Tuttavia, posto che questo è il quadro che abbiamo dinanzi, è necessario chiederci qual è stata la genesi delle oggettive difficoltà che viviamo in questi tempi. L'origine della crisi finanziaria ed economica di questi anni viene genericamente ascritta agli Stati Uniti d'America e alla finanza anglosassone. In realtà, quanto accaduto oltreoceano è stato il detonatore dell'insostenibilità del debito sovrano in molti Paesi europei, fra i quali il nostro. Tale debito si è formato in particolare negli anni Ottanta e Novanta, quando si è tentato di sostenere la crescita facendo largo uso di fondi pubblici e ciò la dice lunga sul fatto che chi ha contribuito a far crescere tale debito si aggiri ancora troppo spesso nei palazzi del Parlamento. I dati ci dicono che il debito pubblico della Repubblica italiana ammonta ormai a 1.966 miliardi di euro, una cifra record, enorme, difficile pure da immaginare. Eppure è reale, esiste e grava sul futuro.
Se ci soffermiamo su chi possiede questo debito, ecco che le sorprese non mancano: circa il 60 per cento è posseduto da banche ed investitori del nostro Paese, ma circa il 40 per cento rimanente è detenuto da banche e gruppi assicurativi stranieri, fondi comuni europei, investitori asiatici che lo trattano come speculazione pura, attenti alle dinamiche del prodotto interno lordo per valutarne la solvibilità. A questi investitori dobbiamo guardare perché l'indicatore finanziario che ormai detta le regole della finanza pubblica e della politica, cioè il differenziale tra i titoli decennali italiani e tedeschi, ha un andamento che riflette il rischio che questi investitori percepiscono verso la Repubblica italiana e per tali soggetti finanziari acquistare un debito sovrano piuttosto che Pag. 75uno di un altro Paese non fa alcuna differenza. La dinamica che va osservata è il rapporto tra rischio e rendimento. Più è alto il rischio e più va remunerato con un adeguato tasso di interesse e il nostro Paese non può più permettersi stock di debito ai tassi di emissione attuali. Da qui le manovre speculative che fino ad oggi non hanno trovato nessun freno, né nella Banca centrale europea, né tanto meno nella politica economica europea che deve continuamente mediare tra 27 Paesi membri profondamente differenti per storia, cultura, lingua ed economia, nonché tra 17 di essi che hanno adottato l'euro con obiettivi difformi, se non addirittura contrastanti.
Le istituzioni europee hanno commesso e continuano a commettere un grave errore, ossia stanno inseguendo i mercati finanziari facendoci spettatori di una gara impari. Da una parte la finanza mondiale che muove capitale e, soprattutto, decide in pochi secondi e, dall'altra, gli Stati membri che partoriscono dichiarazioni altisonanti e spesso pompose rispetto alle quali non segue nulla di concreto o di apprezzabile. La ferocia speculativa, supportata da compiacenti agenzie di rating, è evidente se si considera l'attuale livello del tasso di riferimento, allo 0,75 per cento, cioè al minimo storico, sia per la Banca d'Italia che determinava il vecchio tasso ufficiale di sconto sia per la Banca centrale europea.
Ebbene, nonostante questo livello, tipicamente espansionistico per l'economia, la ripresa non accenna a ripartire, e questo perché il deprezzamento speculativo dei titoli di debito italiani, unitamente al loro rischio, colpiscono duramente i bilanci delle imprese creditizie del Paese, che hanno conseguentemente ridotto l'erogazione del credito, colpendo l'economia reale. Dobbiamo rilevare che nulla si è fatto in sede internazionale per arginare gli strumenti finanziari di pura speculazione, nonostante tutti in questo Parlamento, almeno a parole, ne sottolineino l'assoluta gravità. Le risposte a quanto finora esposto sono state difficoltose e macchinose. La storia dirà se sufficienti. Di certo sono emerse tutte le contraddizioni dell'Unione europea, che per iniziare a decidere ha dovuto muoversi fuori dai Trattati europei e decidendo in pochi, troppo pochi, tra risate irrispettose ed incontri bilaterali. Questo Governo ha firmato il fiscal compact, che contempla il pareggio di bilancio in Costituzione ed il rientro forzato sul debito pubblico.
Quanto al pareggio di bilancio in Costituzione, era stato deciso dal precedente Governo, nonché votato in quest'Aula anche da noi della Lega Nord, ma rispetto al rientro forzato sul debito pubblico - che, lo ricordo, ammonta per il 2013 a circa 49 miliardi di euro - rispondeteci sul fatto che si possono trovare e dove si potranno trovare le risorse. Il contesto del 2011 era profondamente diverso, soprattutto non aveva ancora sperimentato le manovre depressive di questo Governo. Mesi fa in quest'Aula a questa domanda rispondeste che grazie ad un aumento del prodotto interno lordo, che avrebbe generato extragettito, si sarebbe finanziato il fiscal compact. Oggi le previsioni del Fondo monetario internazionale - non della Lega Nord, ma del Fondo monetario internazionale - ci dicono che per il 2013 avremo un calo del PIL dello 0,3 per cento. Come finanzieremo quindi questi 49 miliardi, oltre a garantire il pareggio di bilancio? Metterete nuove tasse sulla Padania oppure taglierete i cronici sprechi del sud? Ridurrete il peso della macchina statale elefantiaca, così sovradimensionata perché si sono usati i Ministeri come ammortizzatore sociale per il sud per troppi decenni? Con il fiscal compact cederemo un'ulteriore fetta di sovranità, ovviamente senza farlo sapere ai cittadini e meno ancora rendendoli partecipi mediante referendum delle decisioni circa il proprio futuro. Risulta inquietante leggere nel Trattato sul fiscal compact che, in caso di scostamento dagli obiettivi di bilancio, i Paesi sono obbligati ad attivare misure di correzione automatiche entro un tempo definito. Vengono fortemente rafforzati i meccanismi di controllo che comprendono, accanto al monitoraggio della Commissione europea, anche l'intervento della Pag. 76Corte di giustizia. Questo, fuori dai tecnicismi, significa o tasse o tagli, ma - e lo ripeto - senza che i cittadini lo sappiano. Questa è la vera origine dell'antipolitica ahinoi imperante. Il popolo ritiene che il Parlamento e il Governo decidano, in realtà noi non contiamo più nulla: il Parlamento si limita a ratificare quanto un Governo tecnico ha firmato sotto dettatura, con la minaccia di non vedere più sottoscritto il debito pubblico. Questo i cittadini devono averlo chiaro in mente.
Comanda la finanza sulla politica e la politica, colpevolmente, non ricorre al parere del popolo nel ratificare trattati che incideranno sul futuro del Paese senza precedenti. Si ha paura che i cittadini dicano «no» al fiscal compact oppure al MES? Si vuole fare il super Stato europeo di nascosto? E voi, colleghi del PD, del PdL, dell'UdC, che parlate di Europa dei popoli, perché non volete ascoltare i popoli stessi? La ratifica del fiscal compact è vincolante circa gli aiuti che il MES può erogare. Su questo secondo Trattato abbiamo riscontrato parecchi passaggi da approfondire. Innanzitutto l'importo: il valore nominale aggregato al totale iniziale delle quote versate ammonta a 80 miliardi. Di questi, 14,3 a carico della Repubblica italiana, che verserà 5,73 miliardi entro il 2012 e 2,87 miliardi dal 2013 al 2015. Questo è quello che ci ha confermato ancora stamattina il Ministro Grilli. C'è poi un restante capitale, a chiamata, di 620 miliardi, dove noi partecipiamo per circa 111.
Mi chiedo se 700 miliardi possono essere sufficienti in un contesto europeo, dove solo il debito pubblico italiano è quasi tre volte l'ammontare di questo Fondo?
All'articolo 9, si prevede che il Consiglio dei governatori può richiedere il versamento, in qualsiasi momento, del capitale autorizzato non versato. Ci chiediamo: con quale tempistica potremmo far fronte ad un impegno per 111 miliardi? E ancora, lo stesso articolo 9, al comma 3, sostiene che i membri del MES si impegnano incondizionatamente e irrevocabilmente a versare il capitale richiesto dal direttore generale, ai sensi del presente paragrafo, entro sette giorni dal ricevimento della richiesta.
L'articolo 10 prevede che il Consiglio dei governatori riesamini periodicamente, e almeno ogni cinque anni, la capacità massima erogabile e l'adeguatezza del capitale autorizzato del MES. Pensate, dunque, che 700 miliardi non basteranno? Il Ministro Grilli, sempre stamattina, in audizione, ha sostenuto come la filosofia portante che regge il MES è che maggiore è la dimensione degli strumenti finanziari, tanto minore è la possibilità che vengano utilizzati. Faccio notare come su questa affermazione pesi un'altra variabile oltre quella dimensionale, vale a dire il fattore tempo.
Sarebbe stato auspicabile un sistema di intervento automatico del processo di aiuto, perché il rischio che intravediamo è che, tra l'annuncio di un Paese membro della necessità di richiedere l'intervento del MES e l'effettiva delibera del MES, si generi panico tra gli investitori, incrementando la necessità di aiuto rispetto alla richiesta iniziale. Ricordiamo che, a fronte di una richiesta di aiuto, tale domanda è trasferita alla Commissione che, con la Banca centrale europea e il Fondo monetario internazionale, decidono in merito al conferimento dell'aiuto.
Un ulteriore quesito è: qual è il costo del finanziamento, oltre al tasso di interesse previsto dall'articolo 20? L'articolo 12, comma 1, del Trattato sul MES prevede che il sostegno è fornito sulla base di condizioni rigorose commisurate allo strumento di assistenza finanziaria scelto: che tradotto significa un commissariamento della Commissione europea, della Banca centrale europea e del Fondo monetario internazionale. Al vertice europeo di fine giugno, il Presidente Monti e la stampa nazionale hanno trionfalmente parlato di un successo del Governo nell'aver ottenuto il cosiddetto scudo anti-spread. Evidentemente, un errore giornalistico, ma basta leggere il Trattato per dire che non c'è stato nessun trionfo e men che meno una vittoria. In realtà, gli articoli 15, 17 e 18 del Trattato sul MES già prevedevano l'aiuto dalle istituzioni finanziarie, nonché Pag. 77meccanismi di sostegno al mercato primario e secondario in relazione alle obbligazioni di un membro del MES.
Scorrendo il Trattato, si percepisce la volontà di dare al MES uno status giuridico senza limiti, superiore a quello dei membri di qualsiasi istituzione nazionale. L'articolo 34 dice che i membri o gli ex membri del Consiglio dei governatori, del consiglio di amministrazione e il personale, addirittura, il personale che lavora o ha lavorato per o in rapporto con il MES, sono tenuti a non rivelare le informazioni protette dal segreto professionale. Essi sono tenuti, anche dopo la cessazione delle loro funzioni, a non divulgare informazioni che, per loro natura, sono protette dal segreto professionale. Nel nostro Paese, l'opinione pubblica sostiene la necessità della massima trasparenza nelle istituzioni. Con questo Trattato, si va ad istituzionalizzare il segreto professionale. La credibilità del Parlamento è messa in discussione ogni giorno dalla stampa e non si scrive nulla al riguardo?
Anche l'articolo 35 va in questa direzione, prevedendo che i membri direttivi e il personale del MES godono dell'immunità di giurisdizione per gli atti da loro compiuti nell'esercizio ufficiale delle loro funzioni e dell'inviolabilità per tutti gli atti scritti e i documenti ufficiali redatti. Cosa accadrebbe se tali poteri e coperture fossero attribuite a noi parlamentari eletti dal popolo, a differenza dei componenti del MES, che non sono eletti da nessuno?
Quanto alla modifica dell'articolo 136 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, qui si tratta semplicemente della base giuridica su cui regge e su cui poggiano il fiscal compact e il MES. Complessivamente, possiamo affermare che, a fronte di un tentativo di salvataggio delle istituzioni finanziarie europee, finalmente, l'Unione europea sta calando la maschera.
Questa è un'Unione senza fondamenti democratici che insiste nel non volere l'opinione dei cittadini considerati mere entità economiche, alla stregua del pensiero comunista. La volontà di cancellare identità e tradizione dei popoli, perpetrata in questi anni attraverso direttive europee e regolamenti omologanti, viene accompagnata, con questi trattati, dalla privazione della democrazia e della sovranità nazionale. Non è l'Europa che noi vogliamo, non è l'Europa che vorrebbero i popoli se potessero esprimersi e, di certo, non saremo, noi, complici della vostra Europa, approvando questi trattati (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Narducci. Ne ha facoltà.

FRANCO NARDUCCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, il Parlamento si accinge a ratificare contemporaneamente tre provvedimenti fondamentali per il futuro: la Decisione del Consiglio europeo 2011/199/UE che modifica l'articolo 136 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, il Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance dell'Unione economica e monetaria, il cosiddetto fiscal compact, e il Trattato che istituisce il Meccanismo europeo di stabilità, già approvati al Senato. Sono questi tre dispositivi giuridici urgenti per affrontare il perdurare della situazione di crisi nella zona euro; la modifica dell'articolo 136 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea ci permette di procedere in tal senso introducendo, nel Trattato costituzionale stesso, la possibilità, da parte dei Paesi dell'euro di: «istituire un meccanismo di stabilità da attivare ove indispensabile per salvaguardare la stabilità della zona euro nel suo insieme». Si tratta, dunque, di un provvedimento che richiede una certa urgenza procedurale, come sollecitato dal Consiglio europeo del 9 dicembre 2011, per permettere l'operatività del Meccanismo europeo di stabilità sin dal mese di luglio 2012, purché ratificato dai Paesi membri che contribuiscono al 90 per cento degli impegni di capitale posti in essere. Tuttavia, su questa corsa, nonostante la buona volontà del Parlamento tedesco, con il quale vi è stato uno scambio favorevole di posizioni, costruttivo da parte del Parlamento italiano, pesa la decisione della Pag. 78Corte costituzionale tedesca che si pronuncerà sui ricorsi contro il MES ed il fiscal compact solo il 12 settembre prossimo.
I provvedimenti al nostro esame rappresentano un passo avanti importante per l'Europa e per l'allontanarsi dalla crisi compenetrando il rigore del fiscal compact con i meccanismi solidaristici del MES. Oggi, non possiamo non rilevare che il Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance dell'Unione economica e monetaria, noto come fiscal compact, firmato a Bruxelles il 2 marzo 2012 da tutti gli Stati membri dell'Unione europea, tranne Gran Bretagna e Repubblica Ceca, è stato il frutto di una grande preoccupazione per le sorti dell'euro, per il futuro dell'Unione europea, per la stabilità dell'Eurozona e dell'economia mondiale. C'è il fatto che coloro, e sono in tanti anche nel nostro Parlamento, che criticano, non riescono a dire quale potrebbe essere l'alternativa: l'impoverimento totale del nostro Paese per generazioni. L'Unione delle banche svizzere in uno studio ripetuto ultimamente dice che l'Italia, nel caso di fallimento dell'euro, avrebbe una svalutazione variabile tra il 40 e il 60 per cento. È vero che si stanno anche attrezzando per offrire vie di fuga ma non credo che sia questo il progetto e l'obiettivo del nostro Paese.
Un fatto di cui dobbiamo tener conto in questo dibattito sulla ratifica del Trattato è che la sua entrata in vigore è condizionata dal fatto che esso sia ratificato da almeno dodici degli Stati firmatari. All'inizio il fiscal compact è stato considerato come un mezzo efficace per porre un argine alla crisi finanziaria che attanaglia l'intera Europa e il suo scopo principale è quello di correggere una lacuna del Patto di stabilità consistente nella mancanza di sanzioni automatiche che dovrebbero scattare qualora uno Stato membro non raggiunga i due parametri dell'accordo e cioè un rapporto deficit-PIL inferiore al 3 per cento ed un rapporto debito-PIL al di sotto del 60 per cento.
Per far fronte a questo problema, nel fiscal compact, si prevede l'inserimento in Costituzione dell'obbligo di pareggio di bilancio dei conti pubblici, la cosiddetta golden rule, oltre all'impegno, da parte degli Stati aderenti, al rientro obbligatorio e graduale nei parametri previsti in caso di sforamento. Certo, qui si apre, per il Governo italiano, una partita difficile, con il nostro debito e questo parametro al di sotto del 60 per cento, che deve essere in qualche modo corretto e negoziato, perché la cura da cavallo potrebbe ammazzare il cavallo, ma credo che di questo, nelle varie Commissioni, nei nostri dibattiti, si sia parlato ampiamente.
Non sto a ripetere quanto hanno detto i colleghi che mi hanno preceduto - in particolare i relatori -, ma vorrei ricordare che l'inserimento del pareggio di bilancio in Costituzione spinge, senza dubbio, i Governi a ottimizzare l'uso delle risorse, cercando di eliminare, o almeno ridurre, gli sprechi, come si sta facendo con la spending review. Questo vincolo, però, potrebbe porre dei problemi per il raggiungimento di altri dettati costituzionali, come la tutela della salute, prevista all'articolo 32 della Costituzione, e il diritto allo studio, previsto all'articolo 34, qualora le spese sostenute per tali capitoli non permettessero la chiusura del bilancio in pareggio.
Tuttavia, non si può tralasciare il fatto che il fiscal compact, pur se basato sulla limitazione della sovranità degli Stati membri in ambito fiscale, abbia creato ottimismo sul piano economico internazionale, contribuendo a dare credibilità agli Stati europei impegnati ad arginare la crescente speculazione con l'intento di non creare crescita sulla scorta dell'indebitamento pubblico. Appare evidente che il Trattato in questione rappresenta un primo passo verso l'unione fiscale, in continuità con il processo di integrazione europea. Il Trattato ha avuto il pregio, nonostante l'assenza di Gran Bretagna e Repubblica Ceca e nonostante esso contenga obiettivi cari per lo più al rigore perseguito dalla Germania ma che devono costituire anche un segnale di compattezza degli Stati membri attorno ad un obiettivo comune, consci che il costo di un divorzio Pag. 79tra gli Stati europei sarebbe maggiore di quello di un effettivo risanamento dell'euro. Tuttavia, i leader europei, e il nostro Premier Mario Monti in primis, sanno bene che la disciplina di bilancio, declinata nelle varianti di austerità e rigore - un fondamento della politica della signora Merkel - non basta se non è accompagnata da politiche attive per la crescita economica, come ha fatto notare anche il Presidente della BCE, Mario Draghi, per non parlare di François Hollande, che della crescita ha fatto un cavallo di battaglia alle elezioni presidenziali.
Nel frattempo, l'impegno di Herman Van Rompuy per arrivare ad una road map di lungo periodo su unione bancaria, unione di bilancio e unione politica, rappresenta un segnale chiaro nella direzione di una maggiore integrazione, come avviato, seppure in maniera parziale, con il dibattito sorto attorno al fiscal compact. In sostanza, nonostante le lacune del Trattato, possiamo affermare che esso è stato il tentativo di fare un ulteriore passo avanti verso l'integrazione politica ed economica degli Stati dell'Unione europea, che è una delle questioni centrali; e che per sostenere la moneta unica devono procedere verso una più profonda unione economica, con tutto quello che ciò comporta sul piano istituzionale verso l'unificazione politica. Le misure per tentare di arginare gli effetti debitori della speculazione ai danni dei Paesi europei comprendono anche l'istituzione, da parte del Consiglio europeo, del Meccanismo europeo di stabilità - come ho detto all'inizio del mio intervento -, che affianca il Fondo europeo di stabilità finanziaria, con l'obiettivo di proteggere i rendimenti dei titoli pubblici dall'aumento incontrollato, intervenendo con l'acquisto, per conto della BCE, di titoli di debito pubblico sul mercato secondario, purché il Paese abbia aderito al MES versando le quote dovute, nella cui misura si stabiliscono i diritti di voto. Intanto, il Trattato istitutivo del MES rappresenta il completamento - a mio giudizio - del dispositivo europeo che ho appena esaminato, e fa seguito alla predisposizione del fiscal compact e all'esigenza di rafforzare il Meccanismo di stabilità finanziaria alla luce delle tensioni sui mercati del debito sovrano.
Ciascuno Stato membro, con la ratifica del Trattato, si impegna a versare una rata che va a costituire il fondo dell'organizzazione. Il Trattato prevede che la prima rata debba essere versata da ciascun membro del MES entro 15 giorni.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

FRANCO NARDUCCI. Si tratta di un impegno considerevole per l'Italia, al quale tuttavia non è possibile sottrarsi. Chiaramente non ce la farò a leggere tutto il testo e lo consegnerò, ma vista la presenza del Ministro, vorrei ricordare, signor Presidente, che lo scudo anti spread deciso a livello europeo nell'ultimo vertice di Bruxelles per placare la sete degli investitori e degli speculatori internazionali, convincendoli ad accettare un premio al rischio più basso, non sarà immediatamente operativo, non solo perché il lavoro tecnico per dargli un corpo definitivo è ancora in corso, ma perché la volontà politica europea di proseguire velocemente verso una maggiore unione politica e fiscale lascia ancora a desiderare.

PRESIDENTE. Deve concludere.

FRANCO NARDUCCI. Termino ricordando le parole della signora Merkel di oggi: «non sono certa che il progetto europeo funzionerà» ha detto in un'intervista alla sito web della CDU. Ha aggiunto comunque che nutre un «certo ottimismo».
Concludo davvero, signor Presidente, ricordando che nei tanti summit europei c'è un convitato di pietra che si chiama domanda aggregata: occorre uno sforzo congiunto per una riduzione coordinata delle imposte che punti a rilanciare i consumi, consentendo alla fascia dei redditi medio-bassi di respirare e rilanciare la domanda, consentendo quindi di far crescere il reddito disponibile e ridurre i disavanzi.

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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Simonetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO SIMONETTI. Signor Presidente, ringrazio il signor Ministro per la sua presenza e ringrazio gli onorevoli che sono rimasti qui ad ascoltare questo dibattito che è un dibattito importante per il Paese e non solo. Oggi con questi provvedimenti di fatto stiamo ipotecando la storia economica dei prossimi vent'anni, quindi il futuro delle nostre generazioni e purtroppo l'Aula deserta e il metodo di comunicazione che i media nazionali hanno usato in ordine a queste iniziative fa sì che diventi probabilmente anche un dibattito sterile - purtroppo - malgrado la sua importanza.
Ci troviamo oggi a dover intervenire con tutte queste misure perché sostanzialmente c'è un problema. Qual è il vero problema della situazione? La mancata crescita dell'economia europea, una mancata crescita che porta quindi alla recessione, che porta all'aumento del debito pubblico, che porta a dover utilizzare tutti i proventi delle nuove tassazioni e dei risparmi a coprire il debito e non a creare sviluppo. Questo sostanzialmente è il problema centrale del quale dobbiamo prendere coscienza.
Perché non c'è crescita? Perché l'economia è stata drogata negli ultimi trent'anni, negli ultimi quarant'anni da interventi pubblici. Se negli anni Settanta la crescita era stata drogata con le liberalizzazioni e negli anni Ottanta attraverso le liberalizzazioni americane e di strutture pubbliche, poi il tutto è stato sostituito dalla bolla immobiliare e finanziaria che ha portato al declino economico di cui stiamo parlando, una bolla immobiliare che ha fatto sì che il contagio dal mondo economico e finanziario venisse a tramutarsi e a contagiare l'economia reale.
Abbiamo quindi Stati europei che hanno dovuto chiedere aiuto al sistema europeo perché la loro economia non riusciva a reggere il debito che era stato creato o che la bolla immobiliare aveva creato alle loro strutture finanziarie e bancarie. Mi riferisco all'Irlanda e alla Spagna che hanno questi problemi dal punto di vista della bolla immobiliare, ma anche alla Grecia, al Portogallo e alla stessa Italia che hanno dei problemi derivanti dall'alto valore del debito pubblico. Quindi si tratta di un dato negativo aggiuntivo, perché difficilmente smaltibile dal mercato e certamente difficilmente smaltibile dalla struttura statale pubblica.
Il primo intervento risale al 2010, al 2 maggio 2010, quando la Grecia chiese appunto l'intervento. Ricordo, quindi, il 2 maggio 2010, siamo al 18 luglio 2012 e il problema Grecia non è ancora risolto. Quindi, i metodi con i quali è stata affrontata la crisi vengono certificati dalla Grecia, dalla situazione greca, come non risolutivi e, pertanto, di più si sarebbe dovuto fare e lo spiegherò successivamente. L'Irlanda, anch'essa, alla fine del 2010, il Portogallo nel 2011, la Spagna quest'anno, alla quale è stato concesso il pareggio di bilancio un anno successivo a quello che si era precedentemente ipotizzato.
Quindi, questo certifica un'Unione europea debole, senza un'azione di risoluzione veloce e soprattutto concreta. Dico azione concreta e veloce perché, rispetto alla velocità con la quale, per esempio, il Presidente Obama degli Stati Uniti d'America è intervenuto nel suo continente, è differente perché in quel caso lui disse: ciò che non compra il mercato lo compra la FED. I mercati, quindi, si sono trovati abbastanza in contropiede perché hanno trovato una struttura politico-economica in grado di contrastare la loro azione speculativa, mentre qui in Europa l'impossibilità della BCE di trattare i mercati così come fa la FED ha creato queste situazioni embrionali di soluzione molto lente, perché la struttura degli interventi passa attraverso le richieste degli Stati, passa attraverso un comitato che deve riunirsi, che deve decidere, che deve verificare, che deve controllare se vengono fatti gli adempimenti richiesti.
Quindi, c'è tutto un meccanismo molto burocratico, molto lungo che ovviamente non viene creduto dai mercati e soprattutto Pag. 81non può contrastare i mercati che ovviamente continuano a vincere sulla politica, a vincere sugli Stati. Quindi, un interventismo maggiore della BCE potrebbe essere risolutivo.
Io volevo impostare questo mio intervento attraverso la posizione di determinate questioni, almeno tre questioni. La prima è la questione democratica. Si parla, come dicevo prima, in un silenzio assordante dei media nazionali. Stiamo cedendo pezzi di sovranità nazionale molto di più quasi di fare una secessione di parte del Paese perché non abbiamo più la programmazione economica. Sono almeno tre i bilanci preventivi e tre le finanziarie che abbiamo discusso in questo Parlamento e che non sono nate qui dentro, ma sono state recepite attraverso gli obblighi di una lettera della BCE che, tra l'altro, l'anno scorso non si riusciva neanche a rendere pubblica. C'è stato tutto un dibattito sulla possibilità o meno di rendere pubblica la lettera che l'ex Ministro Tremonti ricevette dalla BCE e che poi è stata attuata con un prezzo dal Governo precedente e attualmente dal vostro. Il metodo è stato quello di cancellare le province, di tagliare le pensioni di anzianità, di tagliare i servizi e la spesa sanitaria, di tagliare le spese agli enti locali, di aumentare l'IVA.
Sono tutte scelte che supinamente noi, il Parlamento, e voi avete supinamente accettato per rientrare nei parametri che l'Unione europea richiedeva. Unione europea, però, che non è il Parlamento europeo, formato da euro deputati eletti come noi, ma dalle commissioni, dai tecnici. Addirittura oggi voi, al Senato, avete proposto l'emendamento, che ovviamente passerà, secondo cui il titolare dell'apertura del debito, per poter finanziare il MES, non è più il Ministero dell'economia e delle finanze, ma il dirigente della struttura legata al debito pubblico.
Quindi, anche questo potere politico di decidere se attivare o non attivare il debito viene demandato ai tecnici. Quando si dice che la politica viene ad essere surrogata dai tecnici, questo ne è un esempio concreto e ne è un esempio anche di sfavore rispetto al peso che hanno i mercati nei confronti della politica. Questa cessione anche di potere da parte del Ministero dell'economia e delle finanze verso i tecnici ne esalta, purtroppo, queste qualità negative che ha il mercato.
La Lega ha proposto un referendum, non si può fare, però si sarebbe potuto modificare le norme che impediscono la posizione di un referendum su questi trattati che, tra l'altro, sono dei trattati sui generis perché sono dei patti intergovernativi.
Anche questo ne rende meno solide la natura stessa e l'efficacia. Abbiamo proposto una legge di iniziativa popolare perché tutte le norme che cedono sovranità nazionale vadano con il canale delle modifiche costituzionali con una doppia lettura parlamentare (due votazioni alla Camera e due al Senato), proprio per dare un peso politico forte e per aprire un dibattito forte sul tema della sovranità nazionale.
Come dicevo, è una oligarchia intergovernativa di tecnici che andrà a decidere e che tra l'altro andrà a decidere sulla pelle dei cittadini perché, ad ogni intervento della Commissione, c'è una finalità da raggiungere da parte dello Stato. Ho già citato le pensioni e il taglio agli enti locali, per esempio. Tutti questi tecnici, oltre a essere tecnici nominati dai Governi, hanno anche una serie di immunità che neanche noi parlamentari eletti dal popolo abbiamo all'interno delle azioni e delle prerogative proprie del nostro mandato.
Abbiamo una perdita dell'identità nazionale molto spinta, che certifica un'Europa non politica e non dei popoli, ma dei tecnici, dei banchieri e dell'economia. Abbiamo posto delle questioni di verifica costituzionale. Da noi, però, tutto passa in cavalleria. Fortunatamente la Germania, che è l'unico Stato che di questi trattati ne può trarre squisitamente un beneficio di fatto, è l'unico Paese che ha messo in discussione, attraverso il ricorso alla propria corte, la possibilità costituzionale di approvare questi trattati. È un paradosso: avremmo dovuto farlo noi, che siamo la parte maggiormente lesa dei grandi Stati Pag. 82europei a ratificare questi trattati, mentre lo fa l'unico Stato che trae giovamento dall'applicazione del fiscal compact e del MES.
Vi è poi una seconda questione, quella finanziaria. Il MES, questo meccanismo europeo di stabilità, ha 700 miliardi di valore, 80 miliardi versati, 620 miliardi di capitale richiamabile. Per noi sono 125 miliardi suddivisi in 14,3 miliardi in cinque rate. Noi ne daremo subito due entro la fine dell'anno e 111 entro sette giorni in maniera irrevocabile e incondizionata a richiesta. Quindi, anche a questo proposito ci troviamo in una situazione, visti i bilanci che purtroppo dobbiamo sopportare, di capire come si riuscirà a garantire di fatto la liquidità necessaria che verrà richiesta. Tra l'altro, la richiesta viene avanzata irrevocabilmente e in maniera incondizionata senza sapere a priori a chi poi sarà destinata. Potrebbero essere 111 miliardi dati a terzi, dei quali potremmo non usufruire, e che chiaramente andrebbero a impoverire la nostra economia.
Il pareggio di bilancio previsto dal fiscal compact, che tra l'altro abbiamo anche votato come Lega Nord ed è già passato qui in questo Parlamento in doppia lettura come modifica costituzionale, va bene. Il pareggio di bilancio è un'idea logica: non si può vivere e programmare a debito. Chiaro è che però, se pareggio di bilancio deve essere, pareggio di bilancio deve essere per tutti: per lo Stato, per le regioni e per i comuni. Quindi, basta Regione siciliana, basta comune di Catania, basta il dissesto del comune di Taranto, basta con tutti questi dissesti che ovviamente «pantalone» deve continuare a pagare. Qui dentro purtroppo abbiamo dovuto anche noi votare due anni fa soldi a Catania, soldi a Palermo e via discorrendo. Questo non può più esistere. Quindi, se pareggio di bilancio deve essere, deve essere per tutti e, soprattutto, bisogna dare responsabilità a tutti gli eletti negli enti locali affinché ci sia una corresponsione fra il mandato elettorale e la verifica finanziaria e fiscale di ciò che hanno prodotto attraverso le loro azioni amministrative e politiche.
Abbiamo posto una domanda al Ministro dell'economia Grilli oggi in Commissione, ma ha eluso la risposta e ha detto che avrebbe risposto all'onorevole Crosetto in separata sede nei corridoi. È una cosa un po' particolare, perché sappiamo tutti che un ventesimo all'anno per raggiungere il 60 per cento nel rapporto tra deficit-PIL si aggira intorno ai 40 miliardi, 14 miliardi li dobbiamo mettere per il MES.
Il 2 per cento di decrescita del PIL vale, più o meno, 20 miliardi. Il tutto fa un totale di 74 miliardi. Sarebbe interessante capire dove il Governo e questa maggioranza pensano di trovare questi 74 miliardi. Quindi, ringrazio lei, Ministro, di essere qui presente. Però, quello di cui stiamo discutendo, oltre a essere una questione di politica estera europea, è squisitamente anche un problema di economia, perché tutto nasce da un pareggio di bilancio e da un rapporto tra debito pubblico e PIL che è tutto economico e ha poco di politica estera. Quindi, sarebbe stata interessante la presenza anche del settore economico del Governo che qui lei rappresenta.
Un MES che ha questi fondi, di cui abbiamo discusso, lo consideriamo un po' misero da un punto di vista numerico. Prendiamo in considerazione che ha la possibilità di gestire ipoteticamente 700 miliardi di euro. Tuttavia, teniamo presente che noi dobbiamo, solo come Italia, rientrare di almeno 600 miliardi e la Spagna di almeno altri 200 miliardi di euro. Quindi, già solo Spagna e Italia vanno a coprire totalmente le possibilità del MES. Quindi, vi è un problema anche in questo senso sul lavoro che stiamo discutendo. Ecco, quindi, che vi è la necessità di dare la possibilità al MES di avere maggiori risorse, non certo provenienti da una maggiore tassazione o da un maggior prelievo da parte degli Stati membri.
Un altro problema che noi evidenziamo è quello istituzionale. Quindi, vi è il problema democratico, quello relativo alla questione finanziaria e poi quello istituzionale. Il problema istituzionale è dato dal fatto che non è un trattato ma sono Pag. 83dei patti intergovernativi che, ovviamente, hanno il peso che possono avere. Perché nasce questo problema dell'inesistenza di un trattato? Nasce perché vi è la volontà di mantenere in vita o di costruire un'Europa senza la cessione di sovranità nazionale. Ma è impossibile costruire un'Europa senza la cessione di sovranità nazionale. Quindi, vi è tutta una procedura di stesura di normativa per coordinare le politiche economiche europee senza, però, avere gli Stati uniti d'Europa.
Dunque, vi è questa contraddizione in termini. Si è costruito il six-pack, il two-pack, il fiscal compact, che sono tutti - mi si passi la parola - dei palliativi che servono a surrogare la mancanza, appunto, di una politica comune economica, di una politica bancaria unitaria, di una politica fiscale unitaria, di uno Stato europeo unitario. È questo che manca, ed è per questo che i mercati, malgrado tutte le iniziative che vengono messe in campo, continuano ad avere il sopravvento. Manca questa unità che ovviamente gli Stati nazionali non vogliono dare. La Germania vorrebbe allargarsi, ma è chiaro che la Francia non vuole cedere. Non capiamo bene cosa vuole fare l'Italia, perché il dibattito di oggi e la presenza al dibattito di oggi certifica il disinteresse quasi totale. Stiamo parlando, appunto, di cessione di sovranità in campo di approvazione di bilanci e di programmazione macroeconomica e finanziaria di un Paese ed è chiaro che questo argomento dovrebbe riscuotere un maggiore interesse.
Dicevo, appunto, dell'unione fiscale, monetaria, bancaria e politica. Devono essere superati questi nodi. Quali sono le soluzioni propositive che facciamo? In ordine al MES riteniamo che debba avere licenza bancaria, in modo tale da poter chiedere direttamente alla BCE. Questo, tuttavia, non è stato previsto. In ordine all'automatismo ricordo che la Merkel non lo vuole, ma sarebbe molto importante per dare delle risposte concrete ai mercati, così come ha fatto Obama, come ricordavo prima. Se non vi sono compratori compra la Fed. Così dovrebbe valere lo stesso automatismo: se lo spread sale sopra i 400 punti diviene automatico l'intervento del MES. È chiaro che, quindi, i mercati sanno che vi è un blocco politico ed economico che evita, appunto, le loro possibilità di vittoria.
La BCE dovrebbe mettere un po' di liquidità, una maggiore quantità di moneta sul territorio. Deve cambiare lo statuto. Adesso lo statuto della BCE parla squisitamente di rigore contro l'inflazione.
È nata per questo la Banca centrale europea, non ha possibilità di politiche attive finanziarie e monetarie - come la Federal Reserve invece ha - e sarebbe opportuno rivedere anche questo. Draghi dice prima mettetevi d'accordo politicamente che poi i soldi li troviamo. Ci sono molti tasselli che devono essere uniti, ma bisogna capire che l'intervento, anche in questi campi, è importante.
Concludo con una riflessione politica, ovviamente della mia visione politica. L'unione fiscale di fatto si sta costruendo, l'Unione monetaria c'è già perché abbiamo tutti l'euro, l'unione bancaria per noi sarebbe un problema, la vigilanza bancaria andrebbe a mettere in parità banche come le nostre che sono strutturalmente sane e banche che non lo sono come quelle spagnole, legate al mondo della bolla immobiliare. L'unione politica è quella della sovranità nazionale che viene ad essere persa. Abbiamo una devoluzione dei poteri verso l'alto e ovviamente una devoluzione dei poteri verso i territori, lo Stato nazionale, se continua ad esserci la moneta unica, diventerà superfluo e inesistente. Paradossalmente quindi con l'euro viene ad essere ucciso lo Stato nazionale per dare vigore all'unità europea e ai territori, alle regioni, alle macroregioni, alle euroregioni alle quali noi guardiamo. Quindi diciamo che molto probabilmente la Padania la farà l'euro piuttosto che un referendum nazionale.
Signor Ministro, non è un voto contro l'Europa quello che esprimeremo noi domani, Europa sì, ma non l'Europa delle banche e dell'economia ma un'Europa dei popoli e delle regioni (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

Pag. 84

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione congiunta sulle linee generali.

(Repliche dei relatori - A.C. 5357 A.C. 5358 A.C. 5359)

PRESIDENTE. Prendo atto che i relatori non intendono replicare, mentre lo svolgimento dell'intervento in sede di replica del Ministro per gli affari europei, Enzo Moavero Milanesi, avrà luogo nella seduta di domani, a partire dalle ore 9.

Sull'ordine dei lavori (ore 22,10).

ENRICO PIANETTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ENRICO PIANETTA. Signor Presidente, la ringrazio per avermi dato la parola perché qualche ora fa otto turisti israeliani sono rimasti uccisi in un attentato terroristico all'aeroporto di Burgas, in Bulgaria. Un'esplosione ha investito un pulman di turisti di nazionalità israeliana e oltre alle otto vittime ci sono anche circa trenta feriti.
È un atto terroristico che deve preoccupare tutti quanti noi perché può generare ulteriori tensioni, ulteriori destabilizzazioni in un'area qual è quella del Mediterraneo e dell'area Mediorientale, quindi è un attentato che voglio condannare fortemente perché oltre ad avere fatto delle vittime innocenti può generare altri lutti e tensioni.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, ha fatto benissimo l'onorevole Pianetta a prendere la parola, anche se a fine seduta, per ricordare l'attentato che c'è stato oggi. Ovviamente non posso che sottoscrivere le parole dell'onorevole Pianetta e magari anche cercare di capire quali implicazioni questo potrà avere e - se sarà il caso e se sarà necessario - se è possibile avere anche delle informazioni più precise non solo sulle conseguenze, che sono ahimè note, ma magari anche sulle cause ed i motivi che hanno portato a questo attentato.
Ovviamente in questo momento sappiamo poco ma per quel che sappiamo ha fatto benissimo l'onorevole Pianetta a ricordarlo, considerato che la seduta è ancora in corso, abbiamo anche la presenza - lo ringraziamo molto - del Ministro Moavero e ovviamente vedremo di capire meglio cosa è accaduto.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Giovedì 19 luglio 2012, alle 9:

1. - Seguito della discussione dei disegni di legge:
S. 2914 - Ratifica ed esecuzione della Decisione del Consiglio europeo 2011/199/UE che modifica l'articolo 136 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea relativamente a un meccanismo di stabilità per gli Stati membri la cui moneta è l'euro, fatta a Bruxelles il 25 marzo 2011 (Approvato dal Senato) (C. 5357).
- Relatore: Pianetta.

S. 3239 - Ratifica ed esecuzione del Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell'Unione economica e monetaria tra il Regno del Belgio, la Repubblica di Bulgaria, il Regno di Danimarca, la Repubblica federale di Germania, la Repubblica di Estonia, l'Irlanda, la Repubblica ellenica, il Regno di Spagna, la Repubblica francese, la Repubblica italiana, la Repubblica di Cipro, la Repubblica di Lettonia, la Repubblica di Lituania, il Granducato di Lussemburgo, l'Ungheria, Pag. 85Malta, il Regno dei Paesi Bassi, la Repubblica d'Austria, la Repubblica di Polonia, la Repubblica portoghese, la Romania, la Repubblica di Slovenia, la Repubblica slovacca, la Repubblica di Finlandia e il Regno di Svezia, con Allegati, fatto a Bruxelles il 2 marzo 2012 (Approvato dal Senato) (C. 5358).
- Relatore: Tempestini.

S. 3240 - Ratifica ed esecuzione del Trattato che istituisce il Meccanismo europeo di stabilità (MES), con Allegati, fatto a Bruxelles il 2 febbraio 2012 (Approvato dal Senato) (C. 5359).
- Relatore: Pianetta.

(al termine delle votazioni)

2. - Svolgimento di interpellanze urgenti.

La seduta termina alle 22,10.

TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO FEDERICO PALOMBA IN SEDE DI DELIBERAZIONE SULLA COSTITUZIONE IN GIUDIZIO DELLA CAMERA DEI DEPUTATI

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'Italia dei Valori voterà contro la proposta di costituzione in giudizio della Camera, come già è avvenuto nella Giunta per le autorizzazioni e nell'ufficio di presidenza.
Apprezziamo lo sforzo del presidente Castagnetti di limitare in chiave procedurale l'ingresso della Camera in questo procedimento, senza entrare nel merito. Ma non possiamo dimenticare che la Camera andrebbe pur sempre a difendere un deliberato incredibile, quello per cui l'avere l'allora Presidente del Consiglio attribuito in un comizio televisivo, in occasione della solita intervista a Vespa in ginocchio davanti a Berlusconi, al cittadino e deputato Antonio Di Pietro di non avere una laurea autentica sarebbe un fatto insindacabile ai sensi dell'articolo 68 della Costituzione.
In materia siamo al secondo evento surreale per il quale il deputato Di Pietro, per vizi ed inadempienze procedurali non a lui attribuibili, rischia di vedere pregiudicato il proprio diritto a che un giudice gli renda giustizia dichiarando diffamatorio il comportamento inammissibile del deputato Berlusconi, mandato come al solito impunito dall'ennesima compiacente delibera della Camera.
Ricordiamo che contro tale delibera il giudice del tribunale civile di Roma elevò conflitto di attribuzioni nei confronti della Camera asserendo che era stata lesa la sua attribuzione in materia di giustizia.
La Corte Costituzionale ha dichiarato ammissibile, ai sensi dell'articolo 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il conflitto di attribuzione proposto dal Giudice del Tribunale ordinario di Roma.
Contestualmente la Corte Costituzionale ha disposto che la propria cancelleria ne desse immediata comunicazione al ricorrente Giudice Unico del Tribunale ordinario di Roma e che detto ricorso e l'ordinanza fossero, a cura del ricorrente (Tribunale di Roma), notificati alla Camera dei Deputati per essere successivamente depositati unitamente alla prova dell'avvenuta notifica presso la cancelleria della Corte entro il termine di trenta giorni previsto dall'articolo 24, comma 3, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte Costituzionale.
La notifica dell'ordinanza e del ricorso è stata effettuata tempestivamente dalla Cancelleria del Tribunale, ma la copia notificata alla Camera dei Deputati è stata fotocopiata male e, per l'effetto, alla Camera sono state notificate solamente le pagine dispari del ricorso con cui è stato sollevato il conflitto mentre l'ordinanza della Corte Costituzionale è stata notificata correttamente con il testo integrale.
La Giunta per le autorizzazioni ha preso atto della notifica irregolare alla Camera dei Deputati ed è, oggi, all'esame dell'Aula la possibilità di far costituire la Camera al limitato fine di sollevare Pag. 86l'eccezione relativa alla lesione del proprio diritto di difesa a causa della notifica incompleta dell'atto ovvero la possibilità che la Camera non si costituisca affatto a causa dell'evidente vizio che dovrebbe rendere il ricorso inammissibile.
È stata esclusa la possibilità che la Camera si costituisca difendendosi nel merito del giudizio sul conflitto di attribuzione al fine di evitare ogni qualsiasi sanatoria del vizio di notifica.
Ma dal fascicolo del giudizio presso la cancelleria del Tribunale Civile di Roma è emerso che già in data 19.01.2012, quando il Tribunale decise di sollevare il conflitto di attribuzione, la cancelleria del Tribunale notificò alla Camera dei deputati il testo integrale del ricorso introduttivo del giudizio per conflitto di attribuzione tra i poteri dello Stato: detta notifica è stata regolarmente ricevuta in data 20.01.2012 dalla Camera dei deputati.
A mio avviso quindi non ci sarebbe una lesione del diritto di difesa della Camera dei deputati, posto che la stessa ha già agli atti del proprio fascicolo il testo integrale sia del ricorso con cui fu sollevato il conflitto di attribuzione, sia dell'ordinanza con cui lo stesso è stato ammesso.
Peraltro, è bene che la Camera prenda atto dalla possibilità per il soggetto terzo coinvolto nel giudizio per conflitto di attribuzione tra i poteri dello Stato di intervenire ad adiuvandum dell'autorità che ha elevato il conflitto nel giudizio di merito innanzi la Corte Costituzionale.
Ed infatti anche se di regola, nei giudizi per conflitto di attribuzione non è ammesso l'intervento di soggetti diversi da quelli legittimati a promuovere il conflitto e a resistervi, tuttavia può verificarsi che l'oggetto del conflitto sia tale da coinvolgere in modo immediato e diretto, situazioni soggettive di terzi il cui pregiudizio o la cui salvaguardia dipendono imprescindibilmente dall'esito del conflitto: in tali casi la Corte ritiene ammissibile l'intervento di soggetti che sarebbero incisi, senza possibilità di far valere le loro ragioni, dall'esito del giudizio relativo al conflitto (sentenze n. 305 del 2007, n. 195 del 2007, n. 386 del 2005 e n. 154 del 2004).
Quindi l'onorevole Di Pietro valuterà l'opportunità di intervenire senz'altro nel procedimento dinanzi alla Consulta, cosa del tutto raccomandabile per una piena tutela del suo diritto, affinché cessi l'aberrante pratica del ricorso alla giustizia politica del Parlamento attraverso la dichiarazione di insindacabilità- per bloccare il corso della giustizia ordinaria e quindi il diritto della persona lesa dal comportamento illecito del parlamentare ad ottenere soddisfazione dinanzi ad un giudice per la lesione subita.
È bene anche che la Camera sappia che lo stesso deputato Di Pietro, in caso di esito negativo, potrà ricorrere alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, che gli renderà finalmente giustizia accertando la violazione del diritto al giusto processo, come è già accaduto per Cordova, Cofferati, Patrono e Onorato, tutti insultati da parlamentari che erano stati indebitamente ritenuti coperti da immunità ad opera delle Camere di appartenenza.
Ecco perché voteremo «no» ed invitiamo la Camera a fare altrettanto.

TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO FRANCO NARDUCCI IN SEDE DI DISCUSSIONE CONGIUNTA SULLE LINEE GENERALI DEI DISEGNI DI LEGGE DI RATIFICA N. 5357, N. 5358 E N. 5359

FRANCO NARDUCCI. Signor Presidente, onorevoli Colleghi! Il Parlamento si accinge a ratificare contemporaneamente tre provvedimenti fondamentali per il futuro: la Decisione del Consiglio europeo 2011/199/UE che modifica l'articolo 136 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, il Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell'Unione economica e monetaria, il cosiddetto Fiscal Compact, e il Trattato che istituisce il Meccanismo europeo di stabilità (MES), già approvati al Senato. Tre dispositivi giuridici che sono urgenti per Pag. 87affrontare il perdurare della situazione di crisi nella zona euro e la modifica dell'articolo 136 del TFUE ci permette di procedere in tal senso introducendo nel Trattato costituzionale stesso la possibilità da parte dei Paesi dell'euro di «istituire un meccanismo di stabilità da attivare ove indispensabile per salvaguardare la stabilità della zona euro nel suo insieme». Si tratta dunque di un provvedimento che richiede una certa urgenza procedurale, come sollecitato dal Consiglio europeo del 9 dicembre 2011, per permettere l'operatività del Meccanismo Europeo di Stabilità sin dal mese di luglio 2012, purché ratificato dai Paesi membri che contribuiscono al 90 per cento degli impegni di capitale posti in essere.
Tuttavia, su questa corsa, nonostante la buona volontà del Parlamento tedesco con il quale vi è stato uno scambio di posizioni costruttivo da parte del Parlamento italiano, pesa la decisione della Corte costituzionale tedesca che si pronuncerà sui ricorsi contro il MES ed il Fiscal Compact solo il 12 settembre prossimo. I provvedimenti al nostro esame rappresentano un passo avanti importante per l'Europa e per allontanarsi dalla crisi compenetrando il rigore del Fiscal Compact con i meccanismi solidaristici del MES.
Oggi non possiamo non rilevare che il Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell'Unione economica e monetaria (UEM), noto per l'appunto come «Fiscal Compact», firmato a Bruxelles il 2 marzo 2012 da tutti gli Stati membri dell'Unione europea, tranne Gran Bretagna e repubblica Ceca, è stato il frutto di una grande preoccupazione per le sorti dell'euro, per il futuro dell'UE per la stabilità dell'eurozona e dell'economia mondiale. Un fatto di cui dobbiamo tener conto in questo dibattito sulla ratifica del Trattato, la cui entrata in vigore è condizionata dal fatto che esso sia ratificato da almeno 12 degli Stati firmatari.
All'inizio il Fiscal Compact è stato considerato come un mezzo efficace per porre argine alla crisi finanziaria che attanaglia l'intera Europa ed il suo scopo principale è quello di correggere una lacuna del Patto di Stabilità, consistente nella mancanza di sanzioni automatiche che dovrebbero scattare qualora uno Stato membro non raggiunga i due parametri dell'accordo e cioè un rapporto deficit/Pil inferiore al 3 per cento ed un rapporto debito/PIL al di sotto del 60 per cento. Per far fronte a questo problema nel Fiscal Compact, si prevede l'inserimento in Costituzione dell'obbligo di pareggio di bilancio dei conti pubblici, la cosiddetta «golden rule», oltre all'impegno da parte degli Stati aderenti al rientro obbligatorio e graduale nei parametri previsti in caso di sforamento.
Ora non sto a ripetere quanto hanno detti colleghi che mi hanno preceduto, ma vorrei ricordare che l'inserimento del pareggio di bilancio in Costituzione spinge, senza dubbio, i Governi a ottimizzare l'uso delle risorse cercando di eliminare o almeno ridurre gli sprechi, come si sta facendo con la spending review. Questo vincolo però potrebbe porre dei problemi per il raggiungimento di altri dettati costituzionali come la tutela della salute (articolo 32) ed il diritto allo studio (articolo 34) qualora le spese sostenute per tali capitoli non permettessero la chiusura del bilancio in pareggio.
Tuttavia non si può tralasciare il fatto che il «Fiscal Compact», pur basato sulla limitazione della sovranità degli Stati membri in ambito fiscale, abbia creato ottimismo sul piano economico internazionale, contribuendo a dare credibilità agli Stati europei impegnati ad arginare la crescente speculazione con l'intento di non creare crescita sulla scorta dell'indebitamento pubblico. Appare evidente che il Trattato in questione rappresenta un primo passo verso l'Unione fiscale, in continuità con il processo di integrazione europea. Il Trattato ha avuto il pregio, nonostante l'assenza di Gran Bretagna e Repubblica Ceca e nonostante esso contenga obiettivi cari, per lo più, al rigore perseguito dalla Germania, ma che devono costituire anche un segnale di compattezza degli Stati membri attorno ad un obiettivo comune, consci che il costo di un divorzio tra gli Stati europei sarebbe maggiore di Pag. 88quello di un effettivo risanamento dell'euro. Tuttavia i leaders europei, Mario Monti in primis, sanno che la disciplina di bilancio declinata nelle varianti di austerità e rigore - un fondamento della politica della signora Merkel - non basta se non è accompagnata da politiche attive per la crescita economica, come ha fatto notare anche il Presidente della BCE, Mario Draghi, per non parlare di François Hollande che della crescita ha fatto un cavallo di battaglia alle elezioni presidenziali.
Nel frattempo, l'impegno di Herman Van Rompuy per arrivare ad una road map di lungo periodo su unione bancaria, unione di bilancio e unione politica, rappresenta un segnale chiaro nella direzione di una maggiore integrazione come avviato, se pur in maniera parziale, con il dibattito sorto attorno al Fiscal Compact. In sostanza, nonostante le lacune del Trattato, possiamo affermare che esso è stato il tentativo di fare un ulteriore passo avanti verso l'integrazione politica ed economica degli Stati dell'UE che per sostenere la moneta unica devono procedere verso una più profonda Unione economica con tutto quello che ciò comporta sul piano istituzionale verso una unificazione politica.
Le misure per tentare di arginare gli effetti debitori della speculazione ai danni dei Paesi europei comprendono anche l'istituzione da parte del Consiglio Europeo del Meccanismo Europeo di Stabilità (European Stability Mechanism), che affianca il Fondo europeo di stabilità finanziaria, con l'obiettivo di proteggere i rendimenti dei titoli pubblici dall'aumento incontrollato, intervenendo con l'acquisto per conto della BCE di titoli di debito pubblico sul mercato secondario, purché il Paese abbia aderito al MES versando le quote dovute, nella cui misura si stabiliscono i diritti di voto.
Infatti, il Trattato istitutivo del MES rappresenta il complemento del dispositivo europeo che ho appena esaminato e fa seguito alla predisposizione del Fiscal Compact e all'esigenza di rafforzare il meccanismo di stabilità finanziaria alla luce delle tensioni sui mercati del debito sovrano.
Ciascuno Stato membro, con la ratifica del Trattato, si impegna a versare una rata che va a costituire il fondo dell'organizzazione. Il Trattato prevede che la prima rata debba essere versata da ciascun membro del MES entro quindici giorni dalla data di entrata in vigore del trattato. Qualora l'entrata in vigore del Trattato, a seguito delle ratifiche necessarie, avvenga nei termini previsti dallo stesso, la prima rata dovrà essere corrisposta a luglio 2012, la seconda rata ad ottobre 2012, le terza e la quarta nel 2013 e la quinta nel 2014. In base ai dati del Documento di economia e finanza 2012, entro il 2014 l'Italia verserà nel capitale del MES 14 miliardi di euro.
Si tratta di un impegno considerevole per l'Italia, al quale tuttavia non è possibile sottrarsi nel quadro degli sforzi comuni che il nostro Paese sta ponendo in essere congiuntamente agli altri Stati membri dell'area euro, al fine di consentire di raggiungere una stabilità per tutti che costituisce anche la premessa del rilancio della crescita. Al di là delle valutazioni politiche ed economiche circa le conseguenze sui mercati finanziari della «richiesta di aiuto» da parte di uno Stato, occorre chiedersi quali sacrifici comporterà per gli italiani dover farsi carico oltre al debito sovrano nazionale anche dell'accantonamento di risorse per la «causa comune». I tecnicismi e le acrobazie finanziarie (abbiamo anche sentito dire che bisogna guardarsi bene da dichiarazioni pubbliche imprudenti che potrebbero offendere lo spread con conseguenze nefaste) sono spesso difficilmente spiegabili in termini comprensibili alla gran parte dei cittadini.
Si profilano complicate geometrie variabili tra gruppi di Stati che partecipano all'area euro, che hanno firmato o meno il Fiscal Compact, che ratificano il MES oppure no, in una logica che vede contrapporsi dinamiche internazionalistiche a spinte integrazioniste, difficili da attuare in tempi brevi specie nell'ambito che attiene Pag. 89alle scelte di politica economica e di stabilità. Tuttavia allo stato non sembrano esservi alternative altrettanto valide per predisporre un quadro giuridico che possa tendere agli obiettivi di stabilità di bilancio e salvataggio degli Stati maggiormente a rischio di default. Le decisioni prese nell'ambito delle ultime riunioni del Consiglio europeo sono orientate in questa direzione, con la tensione verso soluzioni comuni e condivise. In sostanza, occorre monitorare affinché i meccanismi che si stanno ponendo in essere consentano il controllo e il rescuing a vantaggio di tutti i cittadini europei e non di pochi gruppi bancari e finanziari e di interessi non (soltanto) sovrani. L'insieme delle ratifiche introdurrà nel nostro ordinamento un quadro articolato di norme che vanno ad integrare gli obblighi previsti dai Trattati in materia economica. Si tratta di un sistema sempre più perfezionato che dovrebbe fornire le basi per una integrazione più stretta tra gli Stati membri nelle materie interessate e aprire la strada alle future modifiche del quadro normativo dell'Unione europea.
Una maggiore integrazione politica, in linea con quanto noi democratici abbiamo sempre sostenuto, è necessaria anche come barriera alle tempeste che anche in questi ultimi giorni non mancano.
L'ennesima, davvero ingiusta bocciatura dell'Agenzia di rating Moody's che ha degradato l'Italia di due posizioni (da A3 a Baa2) e ben 29 Amministrazioni locali italiane, è stato un duro colpo per l'Italia, poiché non considera i sacrifici che il Governo Monti sta chiedendo al nostro popolo per rimettere l'Italia sul binario giusto dopo che altri ci stavano portando al deragliamento.
Moody's non tiene conto dell'evoluzione della curva degli interessi da pagare sui titoli di Stato: prima quelli a breve erano superiori a quelli a lungo termine, segno questo che per l'Italia si stavano chiudendo le porte di accesso al finanziamento nei mercati internazionali. Dobbiamo augurarsi per il bene del Paese che l'annunciata manovra di vendita di proprietà immobiliari dello Stato non si riveli un fiasco come le esperienze non felici delle società Scip 1 e Scip 2, e che il decreto sulla spending review riduca realmente gli sprechi che sono una delle nostre palle al piede.
Ma il nemico numero uno delle nostre finanze è il fattore tempo. Ne abbiamo sempre di meno. Non abbiamo percepito i suoi segnali pur palesi e abbiamo sciupato gli anni 2008-20011 mantenendo ingessato il paese e il Parlamento intorno a problemi futili o di esclusivo vantaggio di qualcuno, mentre la slavina della recessione ci portava sempre più a valle. Siamo vittime delle agenzie di rating, aziende private che emettono giudizi a pagamento, innescando fenomeni che generano enormi profitti a pochi e colossali perdite a molti.
Nella crisi i Governi europei si sono mossi con la lentezza del pachiderma e con la goffaggine di chi non si è allenato nei movimenti. Il modello andrebbe cambiato, ma nell'attesa bisogna che l'Italia si muova di corsa utilizzando le sue risorse interne del risparmio privato, sempre decantato come estrema riserva.
Signor Presidente, lo scudo anti-spread deciso a livello europeo nell'ultimo vertice di Bruxelles per placare la sete degli investitori e degli speculatori internazionali, convincendoli ad accettare un premio al rischio più basso, non sarà immediatamente operativo non solo perché il lavoro tecnico per dargli un corpo definitivo è ancora in corso, ma perché la volontà politica europea di proseguire velocemente verso una maggiore unione politica e fiscale lascia ancora a desiderare.
«Non sono certa che il progetto europeo funzionerà» ha affermato la signora Merkel rispondendo ad una precisa domanda sul futuro dell'Unione durante un'intervista rilasciata al sito web della CDU. Vi è da aggiungere che la cancelliera conserva un «certo ottimismo» sulla possibilità che i Paesi dell'Unione Europea riescano a trovare una linea comune per uscire dalla crisi, ma la dichiarazione fa sorgere ovviamente molte giustificate preoccupazioni. Anche perché arriva nel pieno del processo di «negoziazione» dei dettagli degli accordi raggiunti a Bruxelles Pag. 90solo poche settimane fa, al termine di un lungo braccio di ferro con Monti, Hollande e Rajoy.
Noi tutti siamo convinti che il futuro della Germania è comunque legato a quello degli altri Paesi dell'Unione Europea e forse occorre ricordare alla cancelleria che questi Paesi si sono sobbarcati parte dei costi della riunificazione tedesca. Ma c'era una prospettiva davanti e occorre ridisegnarla e ritrovarla.
Concludo Signor Presidente, ricordando che nei tanti summit europei c'è un convitato di pietra che si chiama domanda aggregata: occorre uno sforzo congiunto per una riduzione coordinata delle imposte che punti a rilanciare i consumi, consentendo alla fascia dei redditi medio-bassi di respirare e rilanciare la domanda, consentendo quindi di far crescere il reddito disponibile e ridurre disavanzi e spread.

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1 Nom. Ddl 5323-A - em. 1.23 515 513 2 257 55 458 32 Resp.
2 Nom. em. 1.30 515 463 52 232 12 451 32 Resp.
3 Nom. em. 1.14, 1.25 516 512 4 257 72 440 29 Resp.
4 Nom. em. 1.26 507 504 3 253 68 436 28 Resp.
5 Nom. em. 1.1 516 514 2 258 76 438 27 Resp.
6 Nom. em. 1.6, 1.27 521 515 6 258 79 436 25 Resp.
7 Nom. em. 1.100 rif. 518 515 3 258 502 13 25 Appr.
8 Nom. odg 9/5323-A/4 511 458 53 230 135 323 25 Resp.
9 Nom. Ddl 5323-A - voto finale 438 435 3 218 368 67 25 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
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