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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 666 di lunedì 16 luglio 2012

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

La seduta comincia alle 12.

GUIDO DUSSIN, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 12 luglio 2012.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Brugger, Buonfiglio, Caparini, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Commercio, Gianfranco Conte, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Dozzo, Franceschini, Giancarlo Giorgetti, Guzzanti, Iannaccone, Lupi, Melchiorre, Milanato, Misiti, Moffa, Nucara, Pisacane, Pisicchio e Stefani sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente trenta, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

In morte dell'onorevole Luigi Sandirocco.

PRESIDENTE. Comunico che è deceduto l'onorevole Luigi Sandirocco, già membro della Camera dei deputati nella IX legislatura.
La Presidenza della Camera ha già fatto pervenire ai familiari le espressioni della più sentita partecipazione al loro dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.

Discussione del disegno di legge: S. 3349 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 6 giugno 2012, n. 73, recante disposizioni urgenti in materia di qualificazione delle imprese e di garanzia globale di esecuzione (Approvato dal Senato) (A.C. 5341) (ore 12,10).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 6 giugno 2012, n. 73, recante disposizioni urgenti in materia di qualificazione delle imprese e di garanzia globale di esecuzione.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 5341)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare della Lega Nord Padania ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la VIII Commissione (Ambiente) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Iannuzzi, ha facoltà di svolgere la relazione.

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TINO IANNUZZI, Relatore. Signor Presidente, sin d'ora chiedo alla Presidenza di essere autorizzato a depositare la relazione al disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 73 del 2012, per la sua pubblicazione integrale.
Vorrei svolgere qui alcune considerazioni di carattere generale. Siamo di fronte al disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 73 del 2012, che è stato adottato con la finalità di intervenire, attraverso l'unico articolo di cui il decreto-legge si compone, su alcune disposizioni dell'articolo 357 del decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010, recante il regolamento di esecuzione e di attuazione del codice dei contratti pubblici, meglio conosciuto come codice degli appalti pubblici, al fine di prorogare l'entrate in vigore delle norme che introducono un nuovo regime e un nuovo sistema di qualificazione delle imprese esecutrici di lavori pubblici, disciplinandone anche, nel contempo, la fase e il periodo transitorio. L'altro oggetto del decreto-legge è la proroga delle disposizioni che concernono l'entrata in vigore della normativa in tema di garanzia globale di esecuzione.
La finalità del decreto-legge, come indicato apertis verbis nella relazione al testo originario del disegno di legge di conversione, è quella di scongiurare una situazione molto grave di paralisi, di blocco e di stasi del mercato degli appalti, soprattutto per la condizione di particolare difficoltà e di blocco che verrebbe a determinarsi in ordine a tutto il sistema delle gare per l'affidamento degli incarichi di progettazione, di esecuzione e di realizzazione di lavori pubblici, in particolare di quelli concernenti le cosiddette grandi opere di importo superiore ai 75 milioni di euro, in relazione alle pesanti e obiettive difficoltà segnalate dal mondo delle banche e delle assicurazioni nell'attuale sistema delle garanzie richieste. Ne deriverebbe, nella sostanza, una condizione di estrema difficoltà nel procedere in assenza delle norme di proroga che sono contenute nel decreto-legge e anche delle norme, che poi sono state introdotte al Senato, di disciplina e di regolamentazione diretta, con il decreto-legge, della fase transitoria.
La relazione al disegno di legge specifica anche giustamente che la previsione di questo regime di proroga non viene in alcun modo a indebolire o a ridurre il livello e il sistema delle tutele per le pubbliche amministrazioni e per le stazioni appaltanti in questo mondo così delicato come quello degli appalti, perché rimangono in piedi tutte le garanzie attualmente previste attraverso le diverse forme e i diversi istituti che sono già contemplati dal codice dei contratti pubblici, come la cauzione definitiva, la garanzia a copertura dei rischi di esecuzione dell'opera e la previsione della polizza decennale.
Dobbiamo dire che nel testo originario del decreto-legge che era stato presentato al Senato figurava anche un comma 3, che invece poi nella discussione e nella deliberazione del Senato è stato espunto, avendo il Senato scelto una via diversa. Infatti il testo originario del comma 3 prevedeva il rinvio ad un apposito decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti per definire le modalità semplificate per la riemissione dei certificati di esecuzione dei lavori pubblici rilasciati in base alle procedure contemplate dal vecchio regolamento di attuazione ed esecuzione del codice dei contratti pubblici, trasfuso nel decreto del Presidente della Repubblica 25 gennaio 2000, n. 34, e relativi alle categorie di lavorazioni e di opere, modificati invece ai sensi del nuovo regolamento, che è appunto il decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207.
Questo testo è stato eliminato dal Senato, che invece ha introdotto un comma 3 che contiene tutta una serie estremamente articolata di norme di dettaglio - quindi le modifiche introdotte dal Senato sono sicuramente di rilevante portata -, anche di contenuto tecnico estremamente complesso, che tendono a delineare una disciplina compiuta e immediatamente operativa già con il decreto-legge, senza rinviare a nessun atto ulteriore - come sarebbe stato il decreto del Ministro delle Pag. 3infrastrutture e dei trasporti nel testo originario del comma 3 -, per regolamentare questa fase transitoria particolarmente delicata e piena di incognite e rischi di notevole rilevanza.
Non c'è dubbio che nella stesura del testo varato dal Senato ha giocato un ruolo fondamentale la consapevolezza della difficoltà che vive il mondo delle imprese nel riemettere, previa conversione nelle corrispondenti nuove categorie di lavori previste nel nuovo regime dal nuovo decreto del Presidente della Repubblica e dal nuovo regolamento, i certificati di esecuzione lavori realizzati invece con riferimento alle vecchie categorie e nella vigenza della precedente disciplina. Quindi, è evidente che alla base dell'elaborazione e del lavoro del Senato vi è la consapevolezza di una forte difficoltà nel passaggio immediato e diretto tra il vecchio e il nuovo sistema di qualificazione delle imprese, una situazione che viene a determinare grandi e pesanti difficoltà per tutta una serie di imprese - soprattutto per il vasto mondo delle piccole e medie imprese, che costituiscono il tessuto connettivo del nostro sistema imprenditoriale anche nel modo dei lavori pubblici - ad accedere direttamente, immediatamente e tout court al nuovo sistema di qualificazione delle imprese contemplato dal nuovo regolamento. Questa situazione di difficoltà rischierebbe - in una fase di particolare debolezza del mercato degli appalti e di congiuntura economica e produttiva particolarmente forte e avvertita, in cui quindi le imprese sono obiettivamente in una condizione di grandissima fragilità e sovraesposizione economica - di determinare una paralisi, un blocco, ma anche sostanzialmente di costringere al di fuori del mercato una quantità notevole di operatori economici che incrociano il settore così delicato dei lavori pubblici.
La relazione al disegno di legge di conversione sottolinea come queste condizioni di difficoltà riguarderebbero più di 25 mila imprese, quindi è evidente che a fondamento del decreto-legge esiste un'esigenza urgente, molto avvertita dal mondo delle imprese, una finalità giusta e da condividere, che è quella di evitare una condizione di blocco, di stasi e di paralisi del mercato degli appalti, che avrebbe ricadute negative pesanti e forti sia sul mondo delle imprese sia sul mondo delle stazioni appaltanti delle pubbliche amministrazioni. Tale decreto-legge è adottato quindi nell'interesse generale e complessivo della comunità allo sviluppo del settore degli appalti dei lavori pubblici, così centrale nell'intero discorso della politica economica del Paese.
Ecco perché, alla luce di questa esigenza, che attraversa tutto il decreto-legge, bisogna anche tenere conto dei rilievi, delle segnalazioni e delle osservazioni, sicuramente giuste, fondate e corrette, che sono state avanzate in sede di esame del testo del decreto-legge, nell'esercizio della sua funzione istituzionale, dal Comitato per la legislazione.
Il Comitato si è soffermato sulle esperienze che in questo anno e mezzo di entrata in vigore e di operatività del decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010 sono andate maturando. Ha sottolineato come questo regolamento sia già stato oggetto più volte di modifiche ad opera e con interventi deliberati con fonti di produzione normativa di rango primario, quindi di natura legislativa (il decreto-legge n. 70 del 2011 e i decreti-legge n. 1, n. 5 e n. 52 del 2012), con un significativo numero di disposizioni del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010, che sono state così innovate e modificate, cosa che si ripete anche con il decreto-legge n. 73 del 2012.
Quindi, da questo punto di vista è evidente che c'è una giusta segnalazione e una giusta indicazione di percorso ed anche un monito che il Comitato per la legislazione indirizza al Parlamento e al legislatore, cioè di essere attento a non incidere e a non intervenire su materie che sono regolamentate da fonti normative di rango secondario, quindi regolamentare, con normative che invece vengono introdotte e poste da fonti di rango primario di natura legislativa. Pag. 4
Indubbiamente è un'indicazione di correttezza del rapporto e dell'equilibrio nel sistema delle fonti di produzione normativa da condividere. Siamo però anche di fronte alla considerazione complessiva della situazione di fatto che è innanzi al decreto-legge e su cui il provvedimento stesso interviene. È una situazione che ho già indicato e che porta anche a considerare che introdurre le norme, che è necessario varare rapidamente per scongiurare ed evitare quella condizione di blocco e di paralisi del mondo degli appalti che abbiamo indicato, attraverso le modifiche al regolamento, incrocia, come riconosce lo stesso Comitato per la legislazione, la complessità e la lunghezza delle procedure previste per l'adozione e la modifica di atti di natura regolamentare, che giustamente sono scandite da diverse tappe e da diversi adempimenti procedurali. Giustamente il percorso di modifica di una fonte di natura regolamentare implica la necessità di acquisire il parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici, il parere dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, il parere della sezione consultiva del Consiglio di Stato, il parere della Conferenza unificata e le diverse deliberazioni dei diversi stadi del Consiglio dei ministri. Sono tutti passaggi obbligatori, giustamente posti dal legislatore nel procedimento di formazione e di adozione delle norme di natura regolamentare, ma naturalmente l'esperienza di questi anni sta anche ad indicare che svolgere questo percorso in tempi estremamente ravvicinati, per corrispondere ad un'esigenza urgente molto avvertita dal mondo delle imprese, dal mondo delle stazioni appaltanti e dall'intero settore dei lavori pubblici, sarebbe assai difficile se non impossibile.
Pertanto, l'unico modo per avere una risposta immediata a questa esigenza urgente e fortemente vissuta nel mondo dei lavori pubblici è quello di ricorrere alla conversione del decreto-legge n. 73 del 2012, con l'opera emendativa che è stata svolta in prima lettura al Senato. Vogliamo sottolineare nuovamente infatti che in tal modo si va incontro ad una finalità fondamentale, che è quella di evitare che migliaia di imprese corrano il rischio di essere estromesse e di rimanere fuori dal mercato degli appalti e migliaia di stazioni appaltanti rimangano oberate da gravosi oneri burocratici e da vincoli procedimentali particolarmente intensi, assorbenti e faticosi per la riemissione delle certificazioni necessarie alle imprese per transitare nel nuovo sistema di qualificazione.
Ecco quindi la necessità di organizzare, di disciplinare e di sistemare nel decreto-legge questa fase transitoria nel passaggio, che deve essere realizzato, dal vecchio al nuovo sistema di qualificazione delle imprese. Occorre tenere conto della giusta esigenza, alla base del nuovo sistema di qualificazione, di innalzare il livello di qualità, di prestazioni e di specializzazione e il livello di capacità operativa, organizzativa, di efficienza amministrativa, tecnica e manageriale che è necessario sempre di più riuscire a realizzare nel mondo delle imprese e degli appalti pubblici; ma occorre, tuttavia, salvaguardare e difendere al contempo le posizioni esistenti di una grande quantità di operatori economici e di imprese, soprattutto di piccoli e medi operatori, che certamente debbono attivarsi per una crescita della dimensione organizzativa delle loro imprese.
Ed è questo un punto su cui il Parlamento e il Governo devono riflettere, perché questo è un obiettivo importante, che va sostenuto e perseguito anche con adeguate politiche e misure di incentivazione che favoriscano il processo di accorpamento e di crescita delle dimensioni organizzative delle imprese, ma che tengano conto anche delle difficoltà forti e obbiettive che esistono in questa fase e in questo momento, e che quindi delineino un percorso di gradualità, che consenta di transitare alle imprese corrette, che operano bene, sane, che possono dare ancora un contributo importante nel passaggio dal vecchio al nuovo sistema di qualificazione delle imprese esecutrici di lavori pubblici.
Ecco perché il decreto-legge viene incontro ad una finalità di obiettiva e forte Pag. 5rilevanza sociale ed economica. È questa anche la motivazione che ha portato la Commissione a considerare con grande attenzione e a porre al Parlamento stesso, all'Aula e al Governo le indicazioni, sicuramente giuste, del Comitato per la legislazione, ma anche a superarle in questa fase, tenendo conto che incombe una finalità che ha una rilevanza e una pregnanza economica, sociale e produttiva per le imprese e per le stazioni appaltanti assolutamente primaria, cui occorre dare una risposta puntuale.
Questa esigenza è stata condivisa dalla VIII Commissione, che, sia pure nei termini assolutamente stringenti imposti dal calendario parlamentare, ha avuto modo di affrontare, con una discussione seria, l'esame di un decreto-legge che, in verità, presenta disposizioni e contenuti di natura tecnica estremamente articolati, particolari e - vorrei dire - anche notevolmente complessi nell'esame e nella ponderazione.
È stata una discussione seria, in cui vi è stata anche una forte preoccupazione dell'intera Commissione di assicurare, nel passaggio dal vecchio al nuovo regime, una condizione di salvaguardia dell'azione che può continuare a svolgere quel mondo di piccole e medie imprese e di operatori economici che nel settore dell'esecuzione dei lavori pubblici può continuare a rendere un contributo assolutamente primario all'intero sistema Paese.
Da questo punto di vista - ed è l'ultima considerazione -, voglio anche preannunziare al rappresentante del Governo, sottosegretario Improta, sviluppando anche una discussione che abbiamo avuto in Commissione, che quest'ultima, con i suoi capigruppo, è orientata a presentare un ordine del giorno per sottolineare un'esigenza molto avvertita dall'intera VIII Commissione.
Noi abbiamo avuto in questa legislatura, anche con il Governo Monti, una pluralità di interventi legislativi frammentati, isolati e privi di coordinamento nel settore della disciplina legislativa degli appalti pubblici e delle infrastrutture; si tratta di interventi che non sono stati legati ad una visione di sistema, ad una visione d'insieme, ad una ponderazione globale e complessiva, innanzitutto attraverso una discussione e un confronto approfonditi nelle sedi delle Commissioni competenti per il merito alla Camera e al Senato, per identificare le regole più appropriate alla riforma del mercato dei lavori pubblici e del mondo degli appalti.
Riteniamo che sia indispensabile utilizzare questi mesi che abbiamo dinanzi a noi - e quindi da qui a qualche settimana -, affinché il Governo possa presentare un provvedimento organico e generale che riguardi soltanto la materia della disciplina degli appalti dei lavori pubblici, per consentire una discussione e una decisione estremamente ponderata, rapida nel percorso temporale e procedurale, ma anche molto puntuale, sulle questioni insolute e i nodi che rimangono da sciogliere, anche in tema di qualificazione delle imprese, in questo settore così delicato.
Da questo punto di vista ci auguriamo che questo ordine del giorno veda la condivisione del Governo e dell'intera Aula perché rappresenta un modo per terminare questa stagione di interventi urgenti, frammentari ed isolati, che rispondono anche ad esigenze fortemente avvertite, condivisibili e condivise, come nel caso del decreto-legge n. 73 del 2012, ma che ci portano lontano dall'obiettivo che, invece, dobbiamo all'intero mondo delle imprese, delle stazioni appaltanti, degli amministratori, degli operatori economici, dei cittadini, all'intero sistema economico del Paese - considerata la centralità del mondo delle infrastrutture e dei lavori pubblici -, ossia quello di avere una disciplina legislativa che sia finalmente dotata di un grado sufficiente, adeguato e congruo di stabilità, di perduranza nel tempo, di chiarezza, di efficacia, di efficienza e dell'indispensabile perseguimento dei canoni fondamentali di linearità e di trasparenza (Applausi).
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia relazione.

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PRESIDENTE. Onorevole Iannuzzi, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

GUIDO IMPROTA, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, intervengo molto brevemente.
Con il decreto-legge in esame oggi si proroga di centottanta giorni, fino al prossimo 5 dicembre, l'entrata in vigore del nuovo regime di qualificazione delle imprese appaltatrici e all'8 giugno del prossimo anno le regole in materia di garanzia globale di esecuzione, modificando il Regolamento di esecuzione e attuazione del codice dei contratti pubblici. In questo modo sarà più agevole per la pubblica amministrazione e per le imprese continuare i lavori già intrapresi e per le banche mantenere le garanzie finanziarie attuali.
Poiché il relatore ha toccato tutti gli aspetti, sia quelli ampiamente condivisibili, sia quelli che hanno determinato un dibattito in Commissione e anche qualche perplessità nel corso dell'iter al Senato, ritengo di non dover aggiungere altro.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Morassut. Ne ha facoltà.

ROBERTO MORASSUT. Signor Presidente, il provvedimento in esame modifica, come ha ricordato il relatore, alcune disposizioni contenute nel nuovo Regolamento di esecuzione e attuazione del codice dei contratti pubblici.
Le modifiche, in particolare, intervengono sull'articolo 357 del citato Regolamento, in materia di qualificazione delle imprese mediante attestazione di organismi autorizzati dall'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, e sulle disposizioni in materia di garanzia globale di esecuzione contenute nella Parte II, Titolo VI, Capo II del Regolamento medesimo. Queste misure si rendono necessarie per il mancato adeguamento del sistema alle modifiche citate entro il termine previsto per l'entrata in vigore, ossia l'8 giugno del 2012.
Lo scopo di questo provvedimento, evidentemente, è quello di evitare, attraverso la proroga dell'entrata in vigore delle norme che disciplinano la qualificazione delle imprese esecutrici di lavori pubblici e la garanzia globale di esecuzione, la paralisi del settore dei lavori pubblici in quanto solo il 10 per cento delle imprese, secondo una stima dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, avrebbe proceduto alla riattestazione secondo le nuove regole.
D'altro canto, le stazioni appaltanti devono riemettere circa 25 mila nuove certificazioni di esecuzione lavori per renderli compatibili con le variazioni apportate dal Regolamento a molte categorie di qualificazione, operazione praticamente impossibile a causa della grande difficoltà a reperire progetti risalenti nel tempo e, in generale, a recuperare i dati necessari al calcolo delle quote dei lavori specialistici che componevano gli interventi, anche a causa del continuo avvicendamento dei responsabili unici del procedimento.
In secondo luogo, stando a quanto riportato dalla relazione di accompagnamento al disegno di legge in esame, il settore delle banche e delle assicurazioni sta incontrando grandi difficoltà nel mettere a punto il sistema di garanzie previsto. Ciò rischia di bloccare, come è evidente, soprattutto le gare per l'affidamento degli appalti di progettazione e di esecuzione di lavori relativi alle grandi opere, quelle di importo superiore a 75 milioni di euro.
Si tratta di un testo estremamente complesso, non a caso contenuto in una fonte normativa di rango secondario, quindi riservata all'Esecutivo. D'altra parte, nessuno può dubitare che l'intervento in questione fosse non solo essenziale, ma anche molto urgente. Ciò nonostante vale la pena ricordare quanto espressamente osservato dal Comitato per la legislazione a proposito. In relazione alla disciplina oggetto del Regolamento di esecuzione e attuazione del codice dei Pag. 7contratti pubblici, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010 - che a un anno e mezzo dalla sua pubblicazione e a un anno dalla sua entrata in vigore ha formato più volte oggetto di modifica ad opera di norme di rango primario, segnatamente da parte dei decreti-legge n. 70 del 2011, n. 1, n. 5 e n. 52 del 2012, risultandone conseguentemente modificate ben 22 disposizioni, a cui si aggiungono le due disposizioni modificate in via non testuale, le due disposizioni modificate in via testuale e le tre aggiunte ad opera del decreto-legge n. 73 del 2012 all'esame -, pur tenuto conto della complessità e della lunghezza delle procedure previste per l'adozione e per la modifica di atti di natura regolamentare, abbia cura il legislatore, in ossequio al sistema delle fonti di diritto, di non incidere su discipline oggetto di fonte normativa di rango subordinato mediante atti di rango primario onde scongiurare che si verifichi l'effetto per cui atti non aventi forza di legge presentino un diverso grado di resistenza a interventi modificativi successivi.
Indubbiamente modificare norme regolamentari direttamente con norme che hanno forza di legge non corrisponde in alcun modo alle migliori indicazioni di tecnica legislativa. D'altra parte lo stesso Comitato per la legislazione elenca dettagliatamente, con riferimento al regolamento in esame, le numerose modifiche apportate al medesimo dal momento della sua entrata in vigore. Ciò dimostra inequivocabilmente - come è stato più volte osservato e testé anche dal relatore - che, al di là delle modifiche necessarie ed urgenti, attualmente in discussione, è indispensabile procedere alla revisione complessiva del regolamento di esecuzione del codice dei contratti pubblici.
La stessa osservazione, peraltro, si può fare rispetto al codice stesso, anch'esso interessato, soprattutto negli ultimi due anni, da decine di modifiche occasionali spesso di difficile individuazione, contenute nei provvedimenti più diversi e, in particolare, nei cosiddetti decreti omnibus. Anche a questo si riferiva il Presidente della Repubblica nei ripetuti richiami al Parlamento ad una maggiore aderenza al dettato costituzionale dell'iter legislativo.
Un codice dovrebbe essere caratterizzato proprio dall'esigenza di realizzare una semplificazione legislativa in un settore complesso e dalla stabilità del suo contenuto a beneficio degli operatori.
È innegabile che le frequenti modifiche ed integrazioni, se da un lato hanno ormai reso il codice dei contratti un testo di difficile consultazione e spesso di incerta applicazione, dimostrano dall'altro che evidentemente fin dall'inizio esso è stato ritenuto inadeguato e poco rispondente alle molteplici esigenze di un mondo complesso ed economicamente rilevante, come quello dei contratti pubblici ed in continua evoluzione. Tutto ciò indica l'esigenza di un riesame approfondito ed organico dell'intera materia.
Tornando al contenuto del decreto-legge in esame, peraltro, è giusto riconoscere al Governo il merito di avere provveduto efficacemente alla soluzione di un problema, come quello della paralisi del settore dei lavori pubblici, accettando anche con apprezzabile flessibilità le proposte di modifica al regolamento avanzate durante l'esame dal Senato, che intervengono su materia ad esso riservata.
Tale merito deve essere esteso al gruppo del Partito Democratico, che cogliendo l'allarme di molte stazioni appaltanti che, anche a costo di perdere i già ridotti finanziamenti pubblici, in considerazione delle difficoltà del sistema di qualificazione di ottemperare alle previsioni normative, stavano valutando addirittura la possibilità del ritiro o della sospensione delle procedure di gara in corso di pubblicazione, con rilevanti danni dell'economia del sistema Paese e consapevoli del rischio che le imprese italiane si trovassero in condizioni di svantaggio rispetto alle concorrenti imprese europee.
Con una risoluzione approvata dalla Commissione ambiente e lavori pubblici alla fine di maggio, il Partito Democratico aveva posto con forza il problema, chiedendo al Governo di adottare ogni utile iniziativa, volta ad impedire il paventato Pag. 8blocco del mercato degli appalti, connesso al rilascio dei certificati di esecuzione dei lavori necessari alla riattestazione delle nuove categorie variate, ivi incluse possibili iniziative normative per introdurre, se del caso, soluzioni acceleratorie per il rilascio delle nuove attestazione, nonché ogni utile modifica alla disciplina finalizzata a neutralizzare gli effetti distorsivi par la concorrenza, derivanti dall'applicazione delle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010 a danno delle imprese nazionali e a favore di quelle comunitarie.
Sempre restando al merito del provvedimento, infine, non può non costatarsi che, se è stata con esso risolta una grave situazione di stallo del settore dei lavori pubblici, su alcune delle soluzioni adottate sarà opportuno tornare, nell'auspicata sede di una revisione organica della materia.
Ci si riferisce, in particolare, all'armonizzazione delle percentuali previste convenzionalmente dalla norma transitoria, di cui al novellato comma 14-bis dell'articolo 357 del decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010 (20 per cento per la categoria OS 3 e 40 per cento per le categorie OS 28 e OS 30) con quelle previste dall'articolo 79, comma 16, del medesimo regolamento (rispettivamente 40 per cento, 70 per cento e 70 per cento) al fine di sostenere l'accesso il più ampio possibile delle piccole e medie imprese al mercato degli appalti pubblici, come all'esigenza che in futuro, non solo per la disposizione in questione, siano risolti per tempo i problemi con procedimenti meno macchinosi, senza essere costretti a ricorrere a nuove proroghe, che se da un lato risolvono i problemi contingenti di buona parte delle stazioni appaltanti e delle imprese, dall'altra vanificano gli sforzi di quegli operatori che si sono per tempo messi in regola e si trovano, come potrebbe accadere nel caso in esame, in una condizione di svantaggio, sia per i dubbi interpretativi che spesso una disciplina transitoria comporta che per avere sostenuto oneri anche rilevanti che altri hanno potuto evitare.
Come gruppo del Partito Democratico richiamiamo, dunque, la necessità di affrontare in un quadro organico la materia degli appalti sia in sede di sistemazione complessiva del codice sia nelle parti regolamentari.
Si tratta di un'esigenza di chiarezza, trasparenza e leggibilità assolutamente indispensabile per le imprese e le amministrazioni, per garantire un'efficace e effettiva concorrenza di mercato ed una garanzia anche per quel mondo delle piccole e medie imprese fornite di capacità e di operatività, pur nelle regole e nella garanzia per tutti, in uno stato di concorrenza del mercato più che mai necessario, che spinge la piccola e media impresa nel campo spesso opaco e non trasparente dei subappalti, all'interno di situazioni predefinite senza effettiva qualità e senza quei requisiti essenziali che dovrebbero garantire anche efficienza e trasparenza.
Ci auguriamo che tale prospettiva e anche i provvedimenti contenuti in questo decreto-legge, le proroghe, possano avere l'effetto di essere l'ultimo provvedimento di sistemazione e possano costituire, invece, il preludio per una operazione di revisione organica della materia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Dussin. Ne ha facoltà.

GUIDO DUSSIN. Signor Presidente, a fronte delle numerose proposte emendative che da anni porta avanti la Lega Nord, fra l'altro a prima firma dell'attuale Presidente della VIII Commissione (Ambiente) - lo ricordo a Morassut che è appena intervenuto e mi rivolgo a chi presiede l'Aula non in questo momento, Presidente Bindi, ma a chi ha dato l'input all'VIII Commissione (Ambiente) e soprattutto ha tante volte dichiarato inammissibili le nostre proposte emendative, che andavano incontro alle esigenze del mondo dell'edilizia e dei settori più specializzati - credo Pag. 9fosse giusto proporre una volta in più un'assegnazione in sede legislativa. Il Governo è intervenuto, tra l'altro un po' in difficoltà fra l'uno e l'altro sottosegretario e viceministro, nel recepire le proposte tecniche del vero tecnico di questo Governo che è l'associazione ANCE, e voi lo sapete benissimo. Abbiamo chiamato dei tecnici per formulare le proposte che noi abbiamo scritto e che l'ANCE ha da anni riconosciuto buone per il suo settore e auspicato per altrettanto periodo. Credo che sia non proprio merito del Partito Democratico, ma un demerito della politica il non voler discutere in sede legislativa alcuni provvedimenti per giochetti di parte, perché ognuno vuole difendere la propria posizione. Oggi la maggioranza è allargata, il presidente della Commissione appartiene al gruppo della Lega e poi ci sono gli altri partiti, quindi c'è una maggioranza totale e ben venga questo provvedimento, caro Tino Iannuzzi. Tu lo hai ben rappresentato in modo egregio, quindi sicuramente nessuno meglio di te poteva rappresentare questa situazione. E così hai messo d'accordo lo stesso Governo, che qualche difficoltà qualche giorno fa la ha avuta, tanto è che queste proposte arrivano dal Senato, sono state introdotte direttamente dal Senato. Quindi sull'ordine del giorno sul quale - lo vedo qua - si è convenuto e al quale ha fatto riferimento prima il relatore, ecco, io credo che anche questa parte, se non va attraverso un percorso di ordine del giorno che poi sfocia in un buon fine, si potrebbe trattare nella sede più consona, che è la sede legislativa, per questi aspetti più prettamente tecnici.
Nel descrivere in modo un po' più appropriato questa nostra posizione, il decreto-legge ha un contenuto molto tecnico: è importantissimo per le imprese che lavorano nel mondo degli appalti pubblici, perché ha risvolti concreti sulla possibilità di partecipare alle gare. Molte imprese sono state escluse in questo periodo e ci sono forti richieste anche per gli ultimi momenti di poter partecipare un po' tutti alla vita costruttiva del nostro Paese. Invece si è voluto proprio lasciar fuori alcuni settori molto importanti.
Il decreto-legge in esame prevede la proroga di centottanta giorni, ossia fino al 5 dicembre 2012, dei termini di entrata in vigore del nuovo sistema di qualificazione delle imprese per alcune categorie di lavori di tipo specialistico ed opere tecnologiche, modificato dal nuovo regolamento dei contratti pubblici di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010.
Tale proroga si è resa necessaria, principalmente per le difficoltà riscontrate dalle stazioni appaltanti per la riemissione nelle nuove categorie dei lavori dei certificati di esecuzione lavori eseguiti secondo le categorie del vecchio regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 34 del 2000. Inoltre, si prevede la proroga di un anno (ossia fino all'8 giugno 2013) del termine di entrata in vigore delle disposizioni in materia di garanzia globale di esecuzione dei contratti pubblici allo scopo di evitare il blocco delle gare per l'affidamento degli appalti di progettazione ed esecuzione dei lavori relativi, in particolare, alle grandi opere di importo superiore ai 75 milioni di euro (come già detto dal mio collega), stante la difficoltà segnalata dal mondo delle banche e delle assicurazioni di dare attuazione al sistema delle garanzie richieste. Resta comunque lo stesso livello attuale di tutela attraverso gli istituti e le forme già previsti dal codice dei contratti pubblici (cauzione definitiva, garanzia a copertura dei rischi di esecuzione e polizza decennale). Il Senato ha modificato il testo del decreto - come dicevo prima - sostituendo il semplice rimando ad un decreto ministeriale, che doveva stabilire modalità semplificate per la riemissione nelle nuove categorie dei certificati di esecuzione dei lavori effettuati secondo il vecchio regolamento, ad una vera e propria disciplina transitoria che consente e facilita il passaggio dalla vecchia alla nuova normativa per migliaia di imprese. Pag. 10
Veniamo un po' al dunque. Tutto il mondo delle imprese vede favorevolmente le modifiche introdotte dal Senato che semplificano i passaggi dalle vecchie alle nuove categorie e soprattutto risolvono i problemi della categoria OG11 relativa alle opere tecnologiche, almeno per le imprese già operanti. Infatti l'articolo 79 del decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010 inasprisce le condizioni di accesso al mercato da parte delle piccole e medie imprese per la categoria OG11 (impianti tecnologici). In vigenza del decreto del Presidente della Repubblica n. 34 del 2000 la categoria OG11 poteva essere assunta mediante la produzione di certificati lavori riportanti, contestualmente, attività riconducibili al macrosettore elettrico (OS30, OS5) unitamente ad attività riconducibili al macrosettore termico (OS28, OS3). La norma non prevedeva pesi percentuali specifici per ciascuna categoria. Per tale ragione è intervenuta l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture che con una specifica determinazione ha specificato taluni elementi cui le SOA dovevano attenersi per il rilascio della relativa attestazione.
Il decreto del Presidente della Repubblica n. 34 del 2000, peraltro, non recava misure in ordine alla possibilità, per le imprese attestate in OG11, di partecipare a gare bandite con le singole specialistiche (OS3, OS5, OS28, OS30). Il nuovo regolamento dei contratti pubblici n. 207 del 2010, all'articolo 79, ai fini della qualificazione nella categoria OG11, richiede percentuali rigide di lavori effettuati da parte delle imprese nelle categorie di opere specialistiche individuate con l'acronimo OS3, OS28, OS30, rispettivamente del 40, 70 e 70 per cento. Tale rigidità è unica in tutta Europa. Tutte le imprese chiedono di abbassare le percentuali dell'articolo 79, relativamente alla questione del suddetto parametro 180 per cento, che crea discriminazioni a livello europeo.
Nella migliore delle ipotesi infatti si crea un incompatibile ridimensionamento delle attestazioni in OG11 in termini di importo di classifica, con la assoluta cancellazione di numerosissime piccole e medie imprese dal settore. È utile ricordare che da recenti studi del Cresme e delle associazioni di categoria, il comparto danneggiato dall'applicazione dell'articolo 79 del decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010 riguarda una massa occupazionale di oltre settecentomila addetti che per effetto della cancellazione delle imprese, per effetto della perdita di attestazione, produrrà ulteriore disoccupazione. I nostri emendamenti presentati già al decreto-legge n. 1 del 2012 prevedevano l'abbassamento delle percentuali in 20, 40 e 40, incidendo sull'articolo 79 del regolamento, ossia stabilendo a regime le percentuali che il Senato ha previsto per il periodo transitorio, ma tali emendamenti non sono stati approvati dal Governo e dalla maggioranza.
Anche in Commissione VIII della Camera abbiamo presentato l'emendamento che risolve a regime la questione della categoria OG11, ma tale emendamento è stato dichiarato inammissibile (come peraltro è già avvenuto al Senato) poiché non si limita ad intervenire sul periodo transitorio, come il resto del contenuto del decreto-legge. Peraltro il testo del Governo, come dalle bozze apparse sulla stampa e su Internet prima dell'emanazione del decreto-legge, prevedeva la soluzione della problematica sia per il periodo transitorio che a regime. Il decreto n. 73 tuttavia interviene solo sul periodo transitorio (articolo 357), lasciando inalterate le percentuali 40, 70 e 70 dell'articolo 79 del regolamento per il periodo a regime. C'è da dire che il comportamento del Governo ha creato sgomento tra le imprese del settore, anche perché tutti (partiti politici, Governo e Autorità dei contratti pubblici) si dicono d'accordo sulla modifica a regime.
Purtroppo emendamenti non si possono presentare per il periodo a regime, perché saranno dichiarati inammissibili. È stato deciso in Commissione di presentare un ordine del giorno congiunto con altri partiti, che impegna il Governo ad intervenire con un prossimo provvedimento, anche di carattere legislativo, per definire Pag. 11le percentuali delle categorie specialistiche riferite alla categoria OG11, secondo quelle previste già per il periodo transitorio.
A tal punto dico al Governo che la Lega al Senato ha avuto un suo comportamento molto lineare, che è stato quello di un voto di astensione. Noi, proprio per essere ancora più vicini alle imprese non possiamo sottrarci da un voto positivo, visto che fin dagli albori abbiamo sempre difeso queste aziende e questo settore, che dal 2008 è andato in crisi, dopo i primi interventi del segretario del PD Bersani. Ricordiamocelo questo: il settore edilizia è entrato in crisi nel 2008, con il provvedimento del luglio di questo periodo. Il mondo dell'edilizia ed il mondo della casa non è facile da gestire. Abbiamo visto questa volta con l'IMU cosa avete fatto e mi ricordo cosa fece lui allora, il segretario del PD, che era Ministro. Se andiamo a tartassare questo settore - in questo caso sono le imprese - sicuramente il mercato interno e quindi il PIL ne saranno gravati. La mia non è una dichiarazione di voto, ma solamente un'esposizione sul provvedimento, quindi in discussione generale non vuole essere una presa di posizione anticipata, ma credo che, sia a nome mio sia anche del presidente, valuteremo anche quelle che possono essere le posizioni e sicuramente il relatore verificherà la bontà di queste nostre proposte. Confidiamo sull'atteggiamento del Governo per quanto riguarda un paio di ordini del giorno, in modo tale che a posteriori almeno ci possa essere correzione ulteriore.
In ogni caso, le modifiche proposte con il testo di conversione del decreto-legge n. 73 del 2012 vanno bene, nel senso che aiutano le imprese ad ottenere l'attestato nella categoria 0G11, dando un valore convenzionale ai CEL pari al 40/20/20 per ciascuna categoria componente l'OG11 stessa, senza attendere la riemissione dei CEL stessi da parte delle stazioni appaltanti.
Si è scongiurato il rischio di una paralisi nel settore degli appalti, per la necessità per oltre 10 mila imprese di richiedere e conseguire nuovi certificati di esecuzione lavori, riferiti alle diverse categorie previste dal nuovo sistema di qualificazione delle imprese del settore (con inevitabile ingorgo degli uffici delle stazioni appaltanti costrette a riemettere circa 25 mila nuove certificazioni).
Come emerso anche nell'Aula del senato, la situazione si presentava molto critica per le imprese del settore. Ci siamo trovati ad avere certificati rilasciati in base alla nuova normativa che non possono essere utilizzati in costanza di proroga e nella difficoltà da parte delle amministrazioni pubbliche di riemettere i vecchi certificati, trattandosi di 25 mila nuove certificazioni.
La semplice proroga dell'entrata in vigore delle nuove disposizioni, con la delega ad un decreto ministeriale della semplificazione delle norme (che non si sa quando sarebbe stato emanato) non avrebbe risolto i problemi che hanno originato tale critica situazione. Peraltro, non si capisce come un semplice decreto ministeriale potesse modificare un decreto del Presidente della Repubblica, senza il passaggio dal Consiglio di Stato.
In merito alla possibilità dell'utilizzo delle nuove certificazioni secondo il decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010 per partecipare alle gare emanate secondo il decreto del Presidente della Repubblica n. 34 del 2000 nel prorogato periodo transitorio, fino al 5 dicembre 2012, sono arrivate segnalazioni da una SOA del Veneto che rileva ripercussioni sulla concorrenza per le imprese che, in possesso di un'attestazione valida ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 34 del 2000, hanno ritenuto, nell'imminenza dell'entrata in vigore definitiva del decreto del Presidente della Repubblica 207 n. del 2010, di acquisire l'attestato nella categoria OG11, secondo il nuovo regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010, oppure per le aziende di nuova costituzione che intendono qualificarsi ora, che non è chiaro se possono utilizzare le attestazioni SOA per poter partecipare Pag. 12alle gare indette secondo il decreto del Presidente della Repubblica n. 34 del 2000.
Sull'argomento occorre presentare un ordine del giorno che chiede l'impegno del Governo a chiarire, in accordo con l'Autorità, che l'interpretazione delle disposizioni introdotte dal Senato nel decreto-legge n. 73 del 2012 permettono alle imprese qualificate secondo l'articolo 357 del regolamento a partecipare alle gare indette ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 34 del 2000, fino al 5 dicembre 2012.
In Aula del Senato si è svolto un ampio dibattito anche su un tema leggermente diverso proposto da un emendamento che aveva lo scopo di consentire di partecipare alle gare a quelle aziende che oggi ne sono escluse perché in ritardo con i pagamenti - segnalo anche questo al Governo - verso l'amministrazione pubblica, in ragione del fatto che, a loro volta, esse stesse non sono state pagate dalla pubblica amministrazione.
Il Senato non ha proceduto all'approvazione dell'emendamento, poiché nel decreto-legge n. 52 del 2012, concernente la razionalizzazione della spesa pubblica, è contenuta una norma similare - e, quindi, confidiamo nella norma contenuta nell'articolo 13, comma 5, che prevede che il DURC è riconosciuto come certificato presente per le imprese che abbiano un pagamento ritardato o non abbiano pagato i contributi previdenziali previsti dal DURC, perché hanno lavorato per la pubblica amministrazione e questa non le paga.
La situazione dei lavori pubblici è gravissima, perché lo Stato - o, comunque, gli enti pubblici - stanno bloccando tutte le erogazioni: trattasi di vero e proprio debito commerciale. I pagamenti in corso d'opera dei lavori già avviati sono bloccati. Questo è un dato estremamente grave. Ricordiamoci che oggi la spesa pubblica è ormai superiore al 50 per cento del PIL, tuttavia, secondo alcuni, l'intermediazione sulle opere pubbliche, o comunque sulle opere in generale, ormai supera il 60 per cento: ciò vuol dire che se lo Stato blocca i pagamenti, si blocca la maggior parte dell'economia italiana. Da mesi, si parla di questo scandalo, tutto italiano, di oltre 70 miliardi di euro che lo Stato non dà alle imprese nei confronti delle quali è debitore.
Permettere alle imprese almeno di partecipare alle gare, anche se in difetto con i pagamenti verso la pubblica amministrazione, quando a loro volta esse stesse non vengono pagate dalla pubblica amministrazione, è una piccola operazione di giustizia fondamentale per la sopravvivenza delle nostre imprese (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Piffari. Ne ha facoltà.

SERGIO MICHELE PIFFARI. Signor Presidente, signor sottosegretario Improta, stiamo affrontando un decreto-legge con l'estrema urgenza: quindi, oltre al titolo - per la Costituzione i decreti-legge devono avere il carattere dell'urgenza -, diciamo che lo facciamo per le imprese. Oggi è lunedì 16 luglio, è il primo giorno della settimana: io non so se tutte queste 25-30 mila imprese, oggi, stiano seguendo con trepidazione il provvedimento in Aula, o se si preoccupino di pagare l'F24, che, oltre ai contributi concernenti le tasse del mese, contiene anche quelli relativi al 2011.
Giustamente, un collega, prima, richiamava la necessità di pensare alle imprese come un qualcosa che aiuta l'Italia, ma in particolare il comparto di cui trattiamo, cioè quello delle costruzioni, gode di parecchi crediti nei confronti della pubblica amministrazione. Molte imprese hanno cominciato a chiudere, perché non riescono a riscuotere: oggi si poteva compensare. Non siamo riusciti ad attivare questo strumento.
Veniamo al provvedimento in sé, che sicuramente si rende necessario, perché le imprese si trovano con l'acqua alla gola e non hanno alternativa, hanno bisogno di questi certificati, di queste nuove SOA. Ma in realtà, a distanza ormai di due anni, si scopre che solo un 10 per cento è a posto e, quindi, tutto il sistema è andato in crisi: il sistema per rilasciare i certificati regolari Pag. 13di esecuzione dei lavori in modo da utilizzarli per le SOA, le società che dovevano rilasciare il certificato; il mondo bancario e assicurativo per le fideiussioni e le garanzie, che non sanno esattamente bene come interpretare.
Tutto ciò avviene, e non so perché è stato tirato per la giacchetta Bersani in questo caso, forse perché, ogni tanto, noi dobbiamo trovare le cause dei mali, anziché cercare di trovarne le soluzioni...

GUIDO DUSSIN. Poi te lo spiego!

SERGIO MICHELE PIFFARI. Sì, sì, lo so che poi me lo spieghi. Credo che, anche attraverso questi provvedimenti, si tenti di dare queste soluzioni.
Noi leggiamo che, dal 2010 ad oggi, su questo decreto del Presidente della Repubblica vi sono state già ventidue modifiche. Sicuramente, qualcosa nel decreto del Presidente della Repubblica del 2010 non sta in piedi. Tutto è in funzione di un decreto legislativo - quello sul codice degli appalti, del 2006 - che aveva, e che ha tuttora, come obiettivo principale, quello di qualificare le imprese, non solo nel mercato interno italiano, ma anche in Europa e nel mondo.
Ciò per consentire alle imprese, che in questi anni hanno acquisito tantissima esperienza anche sul mercato e sulle opere pubbliche interne, di poterle andare a realizzare laddove vi siano ancora mercati disponibili. Vi sono, infatti, Stati che hanno bisogno di infrastrutture che le nostre imprese sanno sicuramente realizzare.
In realtà, anziché dare un aiuto, abbiamo creato una situazione di instabilità, non solo interna, ma anche in relazione alla partecipazione a gare europee o internazionali, e questo è naturalmente grave. Ecco perché le imprese hanno fatto appello al Governo e ai partiti, dicendo: questa è la situazione, trovate voi la soluzione.
La soluzione che abbiamo trovato, che avete trovato, non è quella esatta, ma è quella del «pronto soccorso»: siamo alla scadenza di giugno e, quindi, le imprese cosa fanno? Così noi diamo ossigeno, inventandoci questo decreto-legge con una proroga di sei mesi sulle certificazioni a validità dei certificati in essere e, nello stesso tempo, di un anno per la questione delle fideiussioni e del mondo assicurativo, e, quindi, abbiamo pensato a delle proroghe.
Noi abbiamo anche accolto - e questo ci ha fatto pensare in positivo - da parte del sottosegretario Improta, in Commissione, la disponibilità a prendere in mano velocemente questo provvedimento. Giustamente, come evidenziava il relatore, i tempi sono stretti. Forse egli - il relatore - prima chiedeva nel giro di giorni o settimane, se sono stato attento. Facciamolo anche solo nel mese di settembre, facciamolo in agosto, insomma, ma riusciamo a produrre un qualcosa che dia stabilità a questo settore. Si tratta di un settore che ha perso 400-500 mila posti di lavoro - e che quindi soffre - e c'è il rischio di perderne ancora tantissimi.
Di per sé, come Italia dei Valori, avevamo anche tentato di modificare e, quindi, di migliorare, utilizzando questo strumento, con emendamenti che, però, sono stati dichiarati inammissibili perché si andava oltre. Infatti è assolutamente necessario andare oltre. Ma se non dovessimo o non doveste fare velocemente questa rivisitazione, questa risagomatura di questo provvedimento, noi oggi mettiamo un freno ancora peggiore: infatti, a quella parte di regolamenti che erano oggetto di norme di livello di rango secondario e, quindi, con dei decreti del Presidente della Repubblica o con altri regolamenti, oggi noi abbiamo tagliato la testa, abbiamo precluso qualsiasi strada di modifica ai regolamenti stessi. Pertanto, è assolutamente necessario che il Governo non abbia più la testa su questo provvedimento, ma che vada oltre e che, magari in sede di replica, durante il dibattito o dopo le dichiarazioni di voto, si impegni formalmente - e non solo attraverso ordini del giorno - a portare nelle prossime settimane un provvedimento che, più volte e da più parti, in realtà devo dire da più partiti, è stato richiesto. È il momento di Pag. 14avere il coraggio e dire: oggi interveniamo esattamente come è compito nostro, come è compito del legislatore e del Governo: vale a dire, non solo a tamponare emorragie che fanno solo soffrire, perché comunque diamo un lasso di tempo. Non sono ancora convinto che questo provvedimento permetta fra sei mesi, o fra dodici dal punto di vista delle assicurazioni, di rendere tutto stabile. Temo, quindi, che le imprese saranno ancora lì a correre, mese per mese, disperatamente, alla ricerca di certificati da portare alle SOA, per uscire da questo limbo. Credo che l'unico sistema sia quello, invece, di prendere in mano il decreto legislativo e i contratti degli appalti pubblici, dare una risposta definitiva e tornare ai regolamenti laddove si renda necessario utilizzare altri strumenti.
Dopo quest'ultima considerazione, non abbiamo proposte in questa sede, ma credo che dobbiamo assolutamente riflettere se sia giusto che le rivisitazioni dei regolamenti impieghino tempi così lunghi.
È giusto che tutte le strutture dello Stato diano il loro apporto e contribuiscano con le opportune correzioni dal punto di vista tecnico, ma non possiamo tenere in piedi una macchina così farraginosa che, anziché aiutare a risolvere, porta al collasso un sistema come il nostro, che credo non abbia nulla da invidiare ad altre imprese ad altri sistemi di rete di imprese, oggi, in Europa; però, dobbiamo dargli la possibilità di farsi vedere veramente sul campo e quindi, almeno da parte nostra, è necessario togliere una parte di burocrazia.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 5341)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Iannuzzi.

TINO IANNUZZI, Relatore. Signor Presidente, abbiamo preso atto della discussione, che prosegue quella svolta in Commissione. Ci troviamo, quindi nelle condizioni per potere domani, auspicabilmente, convertire definitivamente in legge il decreto-legge.

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo rinuncia alla replica.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Annunzio di petizioni (ore 13).

PRESIDENTE. Invito l'onorevole segretario a dare lettura delle petizioni pervenute alla Presidenza, che saranno trasmesse alle sottoindicate Commissioni.

GUIDO DUSSIN, Segretario, legge:
AMEDEO LISCIO, da Roma, chiede:
la soppressione di ogni beneficio economico in favore dei parlamentari (1562) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
nuove norme in materia di responsabilità dei magistrati (1563) - alla II Commissione (Giustizia);
FRANCO FRIULI, da Udine, chiede che sia disposta la non sequestrabilità e la non pignorabilità della prima casa, salvo che per i reati più gravi (1564) - alla II Commissione (Giustizia);
PAOLO ALBERTO PAOLI, da Prato, chiede norme per la restituzione dei contributi previdenziali versati dai lavoratori, in caso di mancato raggiungimento dei requisiti minimi per il pensionamento (1565) - alla XI Commissione (Lavoro);
MARIELLA CAPPAI, da Villasalto (Cagliari), chiede misure per il tempestivo rifacimento degli impianti fognari e dei collettori delle acque piovane nel comune di Monserrato (Cagliari) (1566) - alla VIII Commissione (Ambiente);
LUCIANO LONGOBARDI, da Cantù (Como), chiede l'innalzamento a trenta anni dell'età massima ai fini dell'ammissione Pag. 15ai concorsi per il reclutamento dei volontari in ferma prefissata di un anno (1567) - alla IV Commissione (Difesa);
CRISTIAN STEVANATO, da Rubano (Padova), chiede:
il riconoscimento delle medicine non convenzionali (1568) - alla XII Commissione (Affari sociali);
la rinuncia da parte dello Stato alla riscossione di tutti i propri crediti fiscali nei confronti dei cittadini, utilizzando a tal fine le risorse rivenienti dall'abolizione di ogni forma di contribuzione, anche indiretta, in favore della Chiesa cattolica (1569) - alle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e VI (Finanze);
ai fini della riduzione del debito pubblico, l'aumento delle imposte su prodotti socialmente dannosi, quali i giochi a premio, i prodotti da fumo, gli alcolici e le armi (1570) - alle Commissioni riunite V (Bilancio) e VI (Finanze);
l'introduzione del divieto di ogni forma di vivisezione (1571) - alla XII Commissione (Affari sociali);
misure per la tutela dell'economia italiana tramite la reintroduzione dei dazi doganali (1572) - alle Commissioni riunite e VI (Finanze) e X (Attività produttive);
nuove norme in materia di vendita e porto d'armi, al fine di agevolare l'autodifesa dei cittadini (1573) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
nuove norme per la prevenzione e la repressione della pedofilia e degli abusi sui minori (1574) - alla II Commissione (Giustizia);
ANTONIO DALLA VENEZIA, da Mestre (VE), chiede norme per la tutela assicurativa per gli infortuni legati alla mobilità ciclistica durante il tragitto casa-lavoro (1575) - alla XI Commissione (Lavoro);
PATRIZIA BONELLI, da Benevento, chiede la modifica dell'articolo 157 del codice di procedura civile in materia di scioglimento del matrimonio (1576) - alla II Commissione (Giustizia);
PAOLO PASSOLUNGHI, da Codogno (Lodi), chiede la reintroduzione del voto di preferenza (1577) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
CLAUDIA ABBATE, da Napoli, chiede interventi per il contenimento dei costi della politica e la riqualificazione della spesa pubblica ai fini dello sviluppo sociale ed economico del Paese (1578) - alle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e V (Bilancio);
CARLOTTA SAMI, da Roma, e numerosissimi altri cittadini chiedono nuove norme per la repressione dei reati per motivi di omofobia e transfobia e il riconoscimento di diritti alle famiglie di fatto e alle unioni di persone dello stesso sesso (1579) - alla II Commissione (Giustizia);
WALTER CAPORALE, da Lanciano (Chieti), e altri cittadini chiedono nuove norme per la prevenzione del randagismo e per il contrasto della tratta degli animali d'affezione (1580) - alla XII Commissione (Affari sociali).

PRESIDENTE. Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 14.

La seduta, sospesa alle 13,05 è ripresa alle 14,10.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che non vi sono ulteriori deputati in missione alla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente trenta, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Pag. 16

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 28 giugno 2012, n. 89, recante proroga di termini in materia sanitaria (C. 5323-A) (ore 14,11).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 28 giugno 2012, n. 89, recante proroga di termini in materia sanitaria.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 5323-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare Lega Nord Padania ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la XII Commissione (Affari sociali) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Patarino, ha facoltà di svolgere la relazione.

CARMINE SANTO PATARINO, Relatore. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, il disegno di legge al nostro esame riguarda la conversione in legge del decreto-legge 28 giugno 2012, n. 89, recante proroga di termini in materia sanitaria. Il primo comma dell'articolo 1, l'unico del decreto-legge, dispone un'ulteriore proroga concessa ai dirigenti sanitari ad utilizzare, sempre in via straordinaria, i propri studi professionali per l'esercizio dell'attività libero-professionale intramuraria (la cosiddetta intramoenia allargata).
Tale proroga, viene determinata - come si sostiene nella relazione illustrativa del decreto - dalla necessità di assicurare il passaggio al regime ordinario dell'attività libero-professionale intramuraria, il cui termine è più volte scaduto e altrettante volte rinnovato. L'ultimo prevedeva come scadenza il 30 giugno scorso, una data che, come tutte le precedenti, non è stata rispettata perché, secondo i dati forniti dall'ultima relazione dell'Osservatorio per l'attività libero-professionale, non sono stati completati - e in molti casi neanche iniziati - da parte delle aziende sanitarie gli interventi strutturali necessari per assicurare l'esercizio dell'attività libero-professionale intramuraria.
Inoltre, la proroga nel testo del decreto veniva concessa fino al 31 ottobre 2012, ritenendo quei tre-quattro mesi sufficienti perché le regioni e le province autonome avessero il tempo necessario per portare a compimento tutte le iniziative occorrenti per colmare le lacune e garantire le strutture e gli spazi idonei alle necessità connesse allo svolgimento delle attività libero-professionali in regime ambulatoriale, come da decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, una decisione, quella del Governo, supportata anche dall'intesa stabilita in sede di accordo tra lo Stato e le regioni il 18 novembre 2010.
Esaminando il provvedimento in Commissione, però, siamo stati in molti ad esprimere i nostri dubbi sulla possibilità concreta da parte delle ASL e delle regioni, di organizzare, in così poco tempo, quanto necessario per assicurare lo svolgimento dell'attività libero-professionale intramuraria, né - come ho avuto modo di dire nel corso della mia relazione - sarebbe stato possibile entro quella data così ravvicinata approvare una nuova legge in grado di disciplinare la materia in maniera organica, ciò anche e soprattutto alla luce di quanto riportato nella già citata relazione dell'osservatorio che presentava un quadro generale non proprio ottimistico.
La Commissione, pertanto, ha deciso di emendare il testo del Governo portando la proroga al 31 dicembre, nella speranza che si tratti dell'ultima proroga e che entro quel termine ciascuna regione interessata riesca ad affrontare e portare a termine il programma relativo alla realizzazione di quanto occorre per mettere in condizione i dirigenti sanitari di svolgere, all'interno delle strutture pubbliche e nelle migliori condizioni, la loro attività a beneficio delle comunità, in coerenza, come Pag. 17detto nella relazione illustrativa, con i piani di riorganizzazione delle reti ospedaliere e territoriali conseguenti al piano di riqualificazione del sistema sanitario regionale di rientro del disavanzo.
Al disegno di legge di conversione del decreto-legge è allegato anche un elenco di organismi collegiali, della cui qualificata collaborazione si avvale il Ministero della salute e per i quali, come è stabilito al comma 2, è prevista una proroga alla stessa data del 31 dicembre 2012. C'era e c'è, anche per quegli organi collegiali e tutti gli altri organismi operanti presso il Ministero della salute, la necessità di un riordino, di una razionalizzazione sia per ridurne le spese di gestione e sia per migliorarne l'efficacia e l'efficienza.
Nella relazione illustrativa è fatto esplicito riferimento ad uno schema di regolamento già inviato al Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei ministri. Tale schema, però, nel corso della riunione di coordinamento tenutasi presso la Presidenza del Consiglio, sempre secondo la relazione illustrativa, avrebbe presentato, leggo contestualmente: «profili problematici che necessitano di ulteriori approfondimenti». Di qui le ragioni della proroga.
Noi ci auguriamo che quell'ulteriore approfondimento, sempre per perseguire l'obiettivo del risparmio, dell'efficienza e dell'efficacia, serva per operare contrazioni, accorpamenti e tagli. Si potrebbe, per esempio, ridurre il numero delle commissioni, eliminando quelle superate, quelle, cioè, che hanno esaurito la loro funzione; si potrebbe accorparne altre, quelle che svolgono attività simili; si potrebbe, inoltre, tagliare per tutte il numero dei componenti, rendendole meno costose, più snelle e più rispondenti alle esigenze dei tempi in continui e rapidi cambiamenti.
C'è, tra quegli organismi, anche il Consiglio superiore di sanità. Anch'esso dovrebbe essere rinnovato. Anche per quello avremmo immaginato una proroga, per le stesse ragioni dovute alla necessità di approfondimento. Saremmo stati d'accordo. Per quello, invece, al comma 3 è previsto che il Ministro della salute, con proprio decreto, possa rinnovarne i componenti che saranno ridotti a quaranta.
Vi sono, è stato detto anche in risposta all'osservazione presentata dal Comitato della legislazione, dei motivi di opportunità che consigliano il Governo, anche alla luce di un programma di riorganizzazione del Ministero, di procedere al rinnovo delle nomine in tempi brevi. Del resto, vale ricordare che, così come sempre è accaduto, spetta al Ministro e non ad altri fare quelle nomine, le cui scelte, date la delicatezza e l'importanza delle funzioni, saranno certamente operate secondo rigorosi criteri di capacità e di competenze.
Riguardo, infine, ai requisiti di straordinaria necessità ed urgenza richiesti dall'articolo 77 della Costituzione, rifacendomi a quanto dichiarato nella mia relazione in Commissione il 5 luglio scorso, non posso che ribadire la straordinaria necessità ed urgenza di adottare misure finalizzate ad assicurare la continuità dello svolgimento dell'attività libero-professionale intramuraria, essenziale per garantire i bisogni di salute della popolazione. Con riferimento al comma 2, la motivazione della necessità e urgenza si spiega con l'imminente scadenza degli organismi richiamati, non essendo ancora emanato il decreto del Presidente della Repubblica, di cui all'articolo 2, comma 4, della legge n. 183 del 2010.
In conclusione, pur permanendo qualche perplessità sull'opportunità di riservare al Consiglio superiore di sanità (vedi comma 3) un trattamento diverso da quello riservato alle altre trenta commissioni incluse nell'elenco, tenuto conto, tuttavia, delle già citate prerogative del Ministro della salute, si può esprimere complessivamente un parere positivo che sottopongo all'attenzione dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

RENATO BALDUZZI, Ministro della salute. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.

Pag. 18

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Binetti. Ne ha facoltà.

PAOLA BINETTI. Signor Presidente, colleghi, il disegno di legge, che stiamo per discutere, sembra avere una sua scarna semplicità nella quale, però, si intravedono problemi ben più complessi, che interessano strettamente sia alcuni aspetti concreti di governo clinico, come tutta l'attività intra moenia, sia l'insieme degli organi collegiali e di tutti gli organismi operanti presso il Ministero della salute. Si tratta, in questo caso, di ben 31 strutture che fanno riferimento al Ministero.
Su entrambi i punti vale la pena soffermarsi, perché il miglioramento della qualità dell'assistenza in termini di prevenzione, cure e riabilitazione passa anche attraverso un'attenta riflessione su questi aspetti che, in tempi di tagli generali e di spending review, sono tutt'altro che indifferenti.
Non a caso il dibattito in Commissione è stato molto intenso. Preceduto e accompagnato da incontri con esperti, ha raggiunto molti punti di convergenza tra membri della Commissione ma registra anche divergenze che meritano di essere sottoposte all'Assemblea. Mi soffermerò su due punti: prima sull'attività intramuraria allargata e poi sul rinnovo degli enti.
L'articolo 1, comma 1, proroga al 31 dicembre 2012 la facoltà di utilizzare in via straordinaria e previa autorizzazione aziendale il proprio studio professionale per l'esercizio dell'attività libero-professionale intramuraria. In realtà, questo era il termine già previsto da una precedente normativa che, su sollecitazione del Ministro Balduzzi, era stato anticipato al 30 giugno 2012. Il lodevole intento del Ministro era quello di porre fine ad un sistema di proroghe che si stava prolungando da troppo tempo, anticipandone la conclusione. Ma, la complessità del problema non ha permesso di raggiungere l'obiettivo di accorciare i tempi della proroga per normalizzare un servizio previsto da oltre 20 anni. La proroga, ovviamente, comporta anche un identico spostamento del termine entro il quale le regioni e le province autonome debbono procedere all'individuazione e all'attuazione delle misure dirette ad assicurare, in accordo con le organizzazioni sindacali delle categorie interessate e nel rispetto delle vigenti disposizioni contrattuali, il definitivo passaggio al regime ordinario del sistema dell'attività libero-professionale intramuraria.
Per comprendere come il problema sia tutt'altro che semplice, vale la pena ripercorrere alcune delle tappe più significative di questo lungo itinerario dell'attività intra moenia. L'articolo 10, comma 3, del decreto-legge n. 216 del dicembre 2011, il cosiddetto «decreto milleproroghe», recitava infatti: «Al fine di consentire alle regioni di completare il programma finalizzato alla realizzazione di strutture sanitarie per l'attività libero professionale intramuraria (...) il termine, già stabilito dall'articolo 1-bis del decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154 (...) è fissato al 30 giugno 2012». Questo è l'articolo 10.
Più volte la legge è intervenuta in tal senso, ma sempre in modo inefficace. All'articolo 15-quinquies, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, - un provvedimento famoso per tantissimi motivi, compreso quello che introduce i corsi di laurea nelle professioni sanitarie e altro ancora -, introdotto dall'articolo 13 del decreto legislativo 19 giugno 1999 n. 229, si diceva: «Fermo restando per l'attività libero-professionale in regime di ricovero quanto disposto dall'articolo 72 (...) della legge 23 dicembre 1998 n. 448, è consentita, in caso di carenza di strutture e spazi idonei alle necessità connesse allo svolgimento delle attività libero-professionali in regime ambulatoriale, limitatamente alle medesime attività e fino al 31 luglio 2003 (...)».
Pochi anni dopo la legge n. 120 del 2007, all'articolo 1, comma 1, diceva: «Per garantire l'esercizio dell'attività libero-professionale intramuraria, le regioni (...) assumono le più idonee iniziative volte ad assicurare gli interventi di ristrutturazione edilizia (...) necessari per rendere disponibili i locali destinati a tale attività». Poi, al comma 2, si affermava: «(...) entro il termine di diciotto mesi a decorrere dalla Pag. 19data del 31 luglio 2007. Limitatamente a tale periodo (...) continuano ad applicarsi i provvedimenti già adottati per assicurare l'esercizio dell'attività libero-professionale intramuraria (...)».
Quindi, a gennaio 2009 doveva essere fatto ciò che la norma prevedeva, ma da allora non si è fatto altro che sommare una deroga all'altra. Stiamo parlando di una lunga storia, una storia infinita, che forse - il forse è più che lecito, se si tiene conto degli infiniti slittamenti a cui è andato incontro questo termine - potrebbe concludersi dopo 20 anni, il 30 dicembre 2012, se le cose andranno come prevede l'articolo 1 dell'attuale provvedimento rafforzato da un avverbio: «inderogabilmente».
Un avverbio che potrebbe apparire pleonastico solo a chi non conosce tutta la storia legata all'attività intramoenia e all'attività intramoenia allargata, ossia quella funzione di supplenza che in questi anni è stata esercitata dagli studi privati dei professionisti quando non riuscivano a svolgere questa attività all'interno delle strutture cliniche ospedaliere. Di fatto, attività intramoenia allargata oggi per un paziente significa poter essere ricevuto nello studio privato di un medico di sua piena fiducia, con criteri e condizioni fissati a monte da una norma che stabilisce con chiarezza diritti e doveri per il professionista che lo riceve. Il fondamento di questa norma è il diritto del malato a scegliere il medico da cui farsi curare e il dovere del medico a rispettare una serie di regole che garantiscano l'eccellenza del suo servizio prima di tutto nella struttura pubblica in cui è incardinato, come pre-requisito per poter dedicare una parte ulteriore del suo tempo alla cura di altri pazienti che ne sollecitano l'intervento.
Perché ciò avvenga però nella struttura pubblica in cui il medico abitualmente lavora, cosa decisamente auspicabile per tutti, servono spazi e tempi adeguati, e questo è compito e responsabilità della direzione generale e in definitiva delle regioni. In conclusione quindi, per un corretto esercizio dell'attività intramoenia, deve crearsi un solido circuito virtuoso che coinvolge pazienti, professionisti medici, e non solo, e il sistema organizzativo ai diversi livelli istituzionali.
Non è facile capire perché siano serviti 20 anni - e speriamo davvero questo iter si concluda al più presto - per giungere ad una soluzione attesa dai malati, dai professionisti e dalle strutture di governo delle rispettive aziende sanitarie; una legge quindi che medici e malati, ma alla cui chiarezza in termini di costi e benefici, vincoli e risorse, guardano con grande interesse anche i direttori generali e le amministrazioni delle ASL. Per questo i quesiti essenziali a cui dare risposta sono sostanzialmente tre: il primo quesito riguarda il paziente, la sua libertà e il suo diritto di affidare la propria salute a qualcuno che gode della sua piena fiducia, in definitiva perché oggi un malato può preferire un medico piuttosto che un altro. Possiamo sintetizzare cinque tipi di cause che spiegano la scelta di cui il paziente peraltro dovrà assumersi tutta la responsabilità economica, rinunciando ad avvalersi dei vantaggi del sistema sanitario nazionale che, nonostante il ticket, sono pur sempre più convenienti.
Fra le possibili cause dobbiamo quindi annoverarne tre di tipo positivo e due negative: la visibilità e la maggiore competenza del professionista che probabilmente gode di un'ampia fiducia da parte dell'opinione pubblica, proprio in quel preciso campo; è considerato il migliore, e per questo ci si affida a lui con maggiore serenità; la continuità di cura: questo professionista conosce bene questo malato, lo ha sempre seguito lui, garantisce un profilo di conoscenza che si estende anche ai familiari; si può inoltre contattarlo con maggiore velocità, c'è una concreta facilità di accesso diretto, si può disporre del suo cellulare o perlomeno di quello della segretaria, mentre nel sistema sanitario nazionale devo attendere mesi per avere un appuntamento e ore per essere visto senza sapere chi mi visiterà; in ambulatorio, all'ospedale, non si sa mai chi vi troverò, c'è sempre una persona diversa e ogni volta si deve ricominciare tutto daccapo, inoltre se per caso sei in un policlinico Pag. 20universitario puoi trovare medici giovanissimi, i famosi specializzandi; d'altra parte i medici senior in ospedale non hanno mai abbastanza tempo, sempre iperoccupati e magari anche su più fronti, spesso hanno l'eterno cellulare acceso e ascoltano poco chi hanno davanti, sembrano veloci e distratti, anche però quando non lo sono affatto.
In definitiva il paziente cerca tre cose, che sono quelle che poi lo possono spingere a rivolgersi all'attività intramoenia: competenza, continuità di cura e disponibilità ad essere ascoltato, ossia una buona relazione medico-paziente, nient'altro che questo, all'insegna di un'etica della cura in cui sia possibile tessere una solida alleanza terapeutica, fatta da un lato e dall'altro di fiducia reciproca; ma tutto ciò che appare così semplice da dire e da condividere è in realtà molto più difficile da ottenere con gli attuali modelli aziendalistici, impostati su di un'efficienza di sistema che spesso si traduce in una sorta di anonimato relazionale deludente, vera anticamera di quella medicina difensiva che tanto costa ai singoli medici e al sistema sanitario nel suo insieme.
Il secondo quesito riguarda i professionisti, prima di tutto ma non solo i medici e la loro libertà di esercitare la propria professione al servizio di molti altri pazienti, sulla base di principi e interessi scientifici, dopo aver soddisfatto tutti gli obblighi a cui li lega il proprio contratto, mantenendo comunque una certa dose di autonomia. Anche in questo caso ci sono luci ed ombre.
Tra le luci vi è il desiderio di lavorare di più, mettendo la propria competenza a disposizione di quei pazienti che bussano alla porta del medico, e desiderano essere visitati proprio e solo da lui: l'interesse per il paziente quindi, anche con il desiderio di seguirlo personalmente e di mantenere vivo un concreto canale di comunicazione con lui, per misurarne i progressi e gli eventuali peggioramenti e, quindi, poter intervenire tempestivamente. Sono desideri che coincidono con quelli del paziente e, in quanto tali, meritano il massimo rispetto.
Si aggiunge, però, a questi desideri, anche quello altrettanto legittimo di incrementare i propri guadagni, di soddisfare altre esigenze personali e familiari; ma è chiaro che questo desiderio può creare due tendenze piuttosto insidiose e quindi da tenere strettamente sott'occhio. La prima è che il desiderio di guadagnare possa spingere a sottrarre tempo ed energie al lavoro istituzionale; la seconda è che si possa essere indotti a sfruttare il naturale desiderio del paziente, che vuole avere a disposizione un tempo di attenzione privilegiato e selettivo da parte del medico, per indurlo a ricorrere alle sue cure privatamente. C'è da aggiungere che a volte è il malato che utilizza la visita privata per aggirare una lunga coda, soprattutto quando è in gioco un intervento chirurgico, mentre altre volte è il medico, soprattutto se universitario, che utilizza specializzandi, strumentazioni ed altre risorse per incrementare il suo lavoro intramoenia.
Davvero luci ed ombre che non consentono generalizzazioni, ma che esigono una nuova etica del lavoro professionale. È facile strumentalizzare la fragilità del malato, la sua ansia e quella dei suoi familiari, il bisogno di garanzie particolari se deve affrontare un intervento, per cui nel malato e nei suoi familiari si crea l'illusione di un percorso agevolato in cui si potrà ottenere di più, prima e meglio. È certamente la parte meno nobile del lavoro del medico, quella che fa perno sulla naturale avarizia dell'uomo, cui non appare mai abbastanza ciò che vede in coloro che incontra, in cui vede più una potenziale fonte di reddito che un'effettiva opportunità di servizio.
Il terzo quesito riguarda il governo clinico di un'azienda sanitaria, in particolare le responsabilità della direzione generale, che deve fare opportunamente da cerniera tra i legittimi desideri di scelta e di autonomia del paziente e i corrispettivi diritti e doveri dei medici. La libera professione va espletata nella struttura di appartenenza del medico, tuttavia se ciò non è possibile il personale che, in base alle funzioni svolte e alla peculiarità della Pag. 21propria disciplina, non può svolgerla nella propria struttura, può essere autorizzato dal direttore generale, con il parere favorevole del collegio di direzione e delle organizzazioni sindacali, ad esercitare l'attività intramoenia in altre strutture. Se le aziende sanitarie non dispongono di proprie strutture idonee e di spazi distinti per l'esercizio dell'attività libero-professionale intramoenia, autorizzano quindi i dirigenti medici ad utilizzare studi professionali privati e strutture private non accreditate. In questo caso i sanitari devono comunicare i volumi di prestazioni erogate e l'impegno orario dedicato, le tariffe, il numero e la collocazione delle sedi sostitutive degli spazi aziendali; tutto ciò deve essere chiaramente definito.
In buona sostanza la direzione generale dell'azienda deve verificare sostanzialmente tre cose: che i medici svolgano interamente i loro compiti all'interno della struttura con la massima competenza e con tutta la dedizione effettiva prevista dal contratto, prima di tutto quindi che facciano bene il loro lavoro; in subordine, che abbiano a disposizione spazi e tempi nei quali effettuare la loro attività intramoenia, come previsto dalla normativa, e solo nel caso di effettiva mancanza di strutture adeguate possono autorizzare l'esercizio della professione al di fuori. La direzione deve quindi effettuare un controllo attento di ciò che il medico fa, anche nel caso dell'attività extramoenia, sia in termini di tempo dedicato, sia in termini di fatturazione. I compensi percepiti dai medici del Servizio sanitario nazionale in relazione all'attività intramoenia, costituiscono redditi assimilati ai redditi da lavoro dipendente. Si tratta quindi di un controllo sulla quantità e sulla qualità del lavoro svolto dal medico in ospedale e al di fuori, proprio perché lo prevede la tipologia del contratto sottoscritto dal medico e che ha un logico carattere vincolante. Alla direzione generale tocca quindi tutelare gli interessi dei pazienti e della comunità sia nella creazione di strutture adeguate per adempiere precise indicazioni previste dalla norma, sia per contrastare il rischio di una potenziale evasione fiscale. Ma la premessa indispensabile è che la direzione generale garantisca il lavoro ordinario del policlinico perché lì venga erogato il miglior servizio possibile, integrando una naturale logica economica aziendale con una visione della medicina sempre più umana e capace di farsi carico dei bisogni e della fragilità del paziente, anche se non sempre regioni e aziende sanitarie sono state all'altezza della situazione. In definitiva, tenere insieme diritti e doveri dei pazienti, doveri e desideri dei medici, responsabilità etiche ed amministrative delle aziende è cosa tutt'altro che facile. E questo spiega la lunga catena di rinvii a cui questa normativa negli anni è stata sottoposta e che ora sembra doversi confrontare inderogabilmente con la scadenza del 31 dicembre, appunto venti anni dopo la prima formulazione.
È proprio su questo nodo cruciale che ci si attende un intervento limpido e inequivocabile da parte del Governo, per fare salva la tutela della salute come bene comune della nostra società, sconfiggendo inerzia ed incompetenza, superficialità, interessi individuali, potenziali forme di corruzione e di evasione fiscale, tutto ciò che, rendendo troppo caro il nostro sistema sanitario nazionale, corre il rischio di sottrarlo all'effettiva disponibilità dei malati, soprattutto quando più fragile è non solo la loro salute, ma anche la loro condizione economica.
Lo sforzo di razionalizzazione delle diverse aree e dei relativi servizi potrà essere facilitato da due fatti, in questo caso anche dalla riduzione del numero dei posti letto, e dalla possibile dismissione di piccoli ospedali, economicamente a rosso fisso, prevista dal provvedimento sulla spending review, che potrà, quindi, liberare spazi anche per questa attività.
Il secondo punto del disegno di legge che siamo discutendo vede un altro comma di grande interesse, su cui vale la pena sottolineare alcune perplessità emerse dal dibattito in Commissione, per procedere ad un'analisi e ad un'approvazione il più possibile consapevole.
Questo comma dispone che, fino a quando non sia stato completato il processo Pag. 22di riorganizzazione e razionalizzazione degli organismi operanti presso il Ministero della salute, vale a dire fino alla data di entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica di cui all'articolo 2, comma 4, della legge 4 novembre 2010, n. 183, e comunque non oltre il 31 dicembre 2012, gli stessi organi collegiali e gli organismi elencati nell'Allegato 1 siano prorogati. Entro la medesima data, il Ministro della salute può, con propri decreti, rinnovarne la composizione, senza accrescere il numero dei componenti.
In proposito, ricordo che l'articolo 2 della citata legge n. 183 del 2010 ha attribuito al Governo la delega ad adottare uno o più decreti legislativi volti alla riorganizzazione degli enti, istituti e società vigilati dal Ministero della salute e dal Ministero del lavoro. Si tratta, in particolare, di 31 organismi menzionati specificamente nell'Allegato 1 al testo del decreto-legge.
Il comma 3 dell'articolo 1 del decreto-legge in esame attribuisce al Ministro della salute la facoltà di rinnovare, con proprio decreto, anche la composizione del Consiglio superiore di sanità, fatti salvi i componenti di diritto previsti dalla normativa vigente.
In un recente intervento fatto nella XII Commissione, personalmente, facevo notare come il provvedimento in esame fosse stato discusso troppo velocemente, anche in considerazione della delicatezza della materia trattata. Infatti, la possibilità che il Ministro della salute proceda al rinnovo di tutti gli organismi elencati nell'Allegato 1 al decreto-legge in oggetto crea una condizione di una potenziale radicale trasformazione in tutti gli organi tecnici di riferimento per il Ministero.
Tra questi organismi voglio ricordarne alcuni in particolare: per esempio, l'Osservatorio nazionale sullo stato di attuazione dei programmi di adeguamento degli ospedali e sul funzionamento dei meccanismi di controllo a livello regionale e aziendale, punto totalmente collegato con quello che abbiamo esaminato precedentemente, che riguardava la disponibilità di spazi da dedicare all'attività intramoenia; il Consiglio superiore di sanità; la Commissione nazionale per la definizione e l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, che è stata una sorta di leitmotiv di tutta quanta questa seconda parte della legislatura; la Commissione nazionale per l'attuazione dei principi contenuti nella legge 15 marzo 2010, n. 38, recante disposizioni per garantire l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore; la Commissione unica sui dispositivi medici; la Consulta tecnica permanente per il sistema trasfusionale; la Commissione interministeriale di valutazione in materia di biotecnologie; la Commissione per la vigilanza ed il controllo sul doping e per la tutela della salute nelle attività sportive; il Comitato unico di garanzia per le pari opportunità; la Consulta delle associazioni dei consumatori e dei produttori in materia di sicurezza alimentare.
Ne ho citate solo 10 su 31. Ho voluto elencarne una decina, scelte in modo, forse, arbitrario e senza nulla togliere agli altri 20 organismi non citati, per mettere in evidenza l'importanza del processo di cambiamento che il Ministro attuerà nei prossimi mesi. Penso, ad esempio, alla Commissione sui LEA, a cui da vari anni, ormai, è stata posta una serie di domande essenziali per la sua revisione, tanto più importante in tempi di crisi, ma anche tanto più attuale se si tiene conto che il Ministro ha più volte promesso una sua revisione per cancellare alcune prestazioni, probabilmente, obsolete, a tutto vantaggio, ad esempio, delle malattie rare; rare ma tante, se si pensa che in Italia ne sono affette oltre 2 milioni di persone, che non sono, attualmente, adeguatamente tutelate.
Penso anche all'Osservatorio nazionale sullo stato di attuazione dei programmi di adeguamento degli ospedali e sul funzionamento dei meccanismi di controllo a livello regionale e aziendale, a cui abbiamo fatto ripetutamente riferimento proprio parlando dell'attività intramoenia. Evidentemente, l'Osservatorio non è stato in grado di garantire fino in fondo il raggiungimento degli obiettivi che gli erano Pag. 23stati affidati, se, ad oggi, l'intramoenia vive ancora in una condizione di precarietà e di provvisorietà.
È facilmente comprensibile l'assoluta importanza che hanno per i malati, soprattutto per i malati più gravi e per i disabili, gli organismi che hanno a loro carico le problematiche che riguardano le cure palliative, oppure le due Consulte tecniche sui dispositivi medici e sulle trasfusioni, per non parlare della Commissione sul doping, sullo sport e sulla sicurezza alimentare. La tutela della salute, proprio in chiave di prevenzione, passa per questi due determinanti di salute riconosciuti a livello internazionale: l'alimentazione e lo sport, l'esercizio fisico.
Il Ministro, nella sua relazione introduttiva in Commissione, mentre faceva presente la necessità di concedere quanto prima la proroga ad organismi che altrimenti scadrebbero la prossima settimana, il 21 luglio 2012, aveva segnalato alcuni criteri fondamentali che vorrebbe perseguire. Li ricordo perché li condivido pienamente: l'eliminazione della duplicazione organizzativa e funzionale, la razionalizzazione delle competenze delle strutture che svolgono funzioni analoghe, la limitazione del numero delle strutture, ridotte a quelle strettamente indispensabili, la riduzione del numero dei componenti dei diversi organismi. In buona sostanza, un anticipo di spending review legato ad un miglioramento dei modelli funzionali del Ministero stesso, con una più razionale articolazione dei suoi organismi di supporto.
Potrebbe essere una promessa a cui legare una speranza concreta per ottenere maggiore qualità a costi più bassi, ma questo richiede che vada bene in porto l'operazione con cui ridisegnare il nuovo pianeta sanità, un intervento tecnico dai forti risvolti politici. In definitiva, il Ministro, in poco più di tre mesi, al ritorno dalle vacanze estive, potrà rinnovare a trecentosessanta gradi la galassia delle strutture piccole e grandi, nuove e vecchie, che collaborano con lui per tutelare la nostra salute. Un'impresa gigantesca, da cui il pianeta salute può uscire con una nuova dimensione di efficienza, la cosa importante è che siano assicurate anche equità e trasparenza, oltre che competenza. Tanti nomi nuovi, a cominciare da quelli previsti per il Consiglio superiore di sanità.
Il punto dirimente è costituito, a mio avviso, dalla necessità di conoscere i criteri di selezione dei nuovi componenti dei diversi organismi. Ricordo che si tratta di ben trentuno strutture a cui va aggiunta anche la Croce rossa italiana, non prevista nel disegno di legge in esame, ma in pole position per quanto attiene la sua riorganizzazione e il rinnovo delle cariche direttive. È necessario che siano persone in grado di garantire equilibrio, oltre che, ovviamente, competenza e un'ampia capacità di visione che non permetta mai più l'emergere di posizioni parziali, come è accaduto recentemente con la predisposizione delle famose linee guida sull'autismo da parte dell'Istituto superiore di sanità.
Infine, tra gli organismi di supporto al Ministro che non ho citato per lasciarli volutamente alla fine, ricordo che saranno ritrovate anche tre realtà sottoposte ad un'attenta rivisitazione, solo un anno fa, con il decreto del Presidente della Repubblica n. 108 dell'11 marzo 2011. Il primo potremmo ribattezzarlo un decreto antisprechi e anticorruzione, una sorta di spending review anticipata, nucleo di valutazione e verifica degli investimenti pubblici. Gli ultimi due, che pongono l'accento su prevenzione e ricerca e inseriti entrambi nello stesso, recentissimo decreto, sono il Centro nazionale per la prevenzione e controllo delle malattie e la Commissione nazionale per la ricerca sanitaria.
Rinnovare la composizione di tutti questi enti entro il prossimo dicembre, può sembrare una promessa di qualità in progress per tutta la sanità, purché si tratti delle persone giuste al posto giusto e purché siano tutti consapevoli della rivoluzione in atto, che sembra piccola, ma non lo è affatto.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Pedoto. Ne ha facoltà.

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LUCIANA PEDOTO. Signor Presidente, il decreto-legge oggi in esame scadrà il 27 agosto prossimo, reca la proroga di alcuni termini in materia sanitaria ed è costituito da un unico articolo.
Al comma 1 è prevista la proroga del termine per l'esercizio dell'attività libero-professionale intramuraria presso gli studi professionali.
Come è noto, la legge riconosceva la facoltà ai medici e agli altri dirigenti sanitari, dipendenti del Servizio sanitario nazionale, di utilizzare il proprio studio professionale per l'esercizio dell'attività libero professionale intramuraria, in via straordinaria e previa autorizzazione. Quindi, nell'ipotesi in cui non fossero ancora stati completati gli interventi di ristrutturazione edilizia, al fine di garantire la disponibilità dei locali destinati all'attività libero professionale, era consentita tale facoltà in via straordinaria. La legge vigente fissava tale termine al 30 giugno di quest'anno, per poi fare entrare in vigore, finalmente a regime, la legge che regola la materia. Tuttavia, esistono alcune realtà territoriali in cui non è ancora possibile applicare la norma.
Oggi in molte regioni non sono stati portati a termine gli adempimenti concernenti la realizzazione di strutture sanitarie volte a consentire l'esercizio di quest'attività in via ordinaria.
Inoltre, nel frattempo, il Governo ha proposto un testo di disciplina complessiva ed organica della materia. Su questo testo proposto c'è un sostanziale accordo informale da parte dei gruppi parlamentari e si è in attesa del parere della Conferenza Stato-regioni. Ora, risulta evidente che nelle more dell'approvazione di questo nuovo decreto sia necessario normare questa fase di transizione e normarla con una proroga, l'ultima proroga.
Come scadenza il Governo ha scelto inizialmente la data del 31 ottobre 2012, che non credo sia una data scelta a caso. Infatti, come sappiamo, è a novembre che i medici effettuano la scelta circa il regime in cui intendono svolgere la loro attività professionale. Tuttavia, durante il dibattito che si è svolto in Commissione, si è scelto di spostare questo termine in avanti di qualche mese. La Commissione ha ritenuto di fissare la data del 31 dicembre 2012.
Il Partito Democratico, pur non ritenendo come necessaria la scelta di un'ulteriore proroga del termine, ha tecnicamente acconsentito a tale dilazione in attesa della presentazione del provvedimento sulla disciplina organica dell'attività libero-professionale intramuraria, confidando che il Parlamento approverà il decreto assolutamente per tempo.
Il comma 2 dispone che, fino a quando non sia completato il processo di riorganizzazione e di razionalizzazione delle commissioni operanti presso il Ministero della salute, il Ministro possa rinnovare la composizione delle commissioni, senza accrescere il numero dei componenti.
Di quali commissioni si tratta? Ad esempio della commissione per i dispositivi medici o di quella per l'attuazione dei principi contenuti nella legge sulle cure palliative o della commissione per i LEA. Si tratta di commissioni molto qualificate, che consentono il confronto costante ed irrinunciabile tra l'istituzione ed il mondo tecnico-scientifico.
Perché questo? Perché il Ministero, nell'esercizio della programmazione e della regolazione del Servizio sanitario nazionale, agisce in settori molteplici ed articolati e spesso si rende necessaria una forte componente tecnica e, pertanto, si avvale di tali professionalità in grado di assicurare l'aderenza della politica ai progressi scientifici ed alle conoscenze.
Su questo punto la proroga è prevista fino a quando non sia ultimato il processo di riordino che punta a mantenere solo gli organi la cui utilità sia ancora attuale, evitando in ogni caso forme di duplicazione, lavorando su unificazioni ed accorpamenti, diminuendo il numero dei componenti e fissando ulteriori obiettivi di contenimento dei trattamenti economici.
Signor Presidente, su questo punto mi permetto di segnalare quanto sia importante ed attuale che questo riordino sia coerente con le priorità della sanità in Italia. Io porto l'esempio del prezzo dei Pag. 25dispositivi medici e di quanto sta accadendo nel decreto sulla spending review in cui sono stati definiti tagli sugli scostamenti rispetto ai prezzi di riferimento, prezzi di riferimento che, come è noto, sono stati definiti con procedure più contabili che con procedure che tengano conto della qualità dei presidi.
Ecco, se fosse possibile ampliare i poteri di alcune commissioni, attribuire nuove competenze e nuovi compiti, anche attraverso la variazione della composizione della commissione, ovviamente senza aumentare il numero dei componenti, credo che noi saremmo in grado di tenere conto molto di più della qualità, alla luce delle esigenze che abbiamo. Quindi, nel caso dei dispositivi medici, nell'obiettivo prioritario ed ineludibile del tema del contenimento dei costi, potremmo essere in grado di garantire una risposta specifica per varie situazioni.
Ogni dispositivo ha una diversa rilevanza medica, ha una diversa rilevanza socio-assistenziale ed i costi sono la sommatoria di tutti i vantaggi che si ottengono e non soltanto il risultato di un esborso contabile. Su questo tema il Partito Democratico presenterà un ordine del giorno.
Al comma 3, il decreto-legge in esame attribuisce al Ministro la facoltà di rinnovare e ridurre la composizione del Consiglio superiore di sanità, ciò solo relativamente ai componenti di nomina, non di diritto. Anche qui, a questo proposito, mi permetto di segnalare che, per quanto riguarda la composizione dei componenti di diritto, ancora tra questi permane il presidente dell'ISPESL, istituto oggi confluito nell'INAIL, nonostante i decreti attuativi per rendere effettiva ed operante tale fusione non siano stati ancora emanati. In ogni caso segnalo al Governo l'opportunità di procedere ad una modifica del decreto istitutivo della Consiglio superiore di sanità, perché comunque l'INAIL non è un organo tecnico-scientifico del Ministro della salute come invece era per il disciolto ISPESL.
In conclusione, Presidente, il Partito Democratico è favorevole all'approvazione del decreto-legge in esame, la cui emanazione si è resa necessaria per non determinare ulteriori aggravi dell'attività parlamentare, scorporandolo da un più vasto decreto-legge volto a disciplinare numerosi aspetti della materia sanitaria. Tale decreto-legge ci sarà, arriverà a breve, come concordato, in questo periodo di attività parlamentare molto intensa ed incentrata su procedimenti di conversione di numerosi decreti-legge.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Rondini. Ne ha facoltà.

MARCO RONDINI. Signor Presidente, il gruppo della Lega Nord è assolutamente contrario alle continue proroghe della cosiddetta intramoenia allargata, ritenendo corretto che, a fronte dello stanziamento di circa 826 milioni di euro per l'edilizia sanitaria, finalizzata a consentire tale attività, le regioni finalmente dovessero attrezzarsi. Lei, signor Ministro, annunciava in un'intervista al Corriere della sera il 19 febbraio del 2012: «mai più deroghe» e che dopo l'ultima proroga al 30 giugno non vi sarebbero più stati slittamenti per l'intramoenia allargata. Ciò, evidentemente, non è accaduto e il decreto-legge ci pone di fronte un ulteriore proroga al 31 ottobre 2012. La questione che deve essere affrontata e risolta è la mancata utilizzazione dei fondi da parte delle regioni a causa della quale, da decenni, si procede allo spostamento di pazienti dalle aziende ospedaliere agli studi professionali privati e alle strutture private. Come risulta dall'ultima relazione dell'Osservatorio sull'attività libero-professionale inviata al Parlamento ai sensi della legge 3 agosto 2007, n. 120, a malapena la metà della regioni si trova ad un livello sufficiente di adeguamento delle strutture ospedaliere. Sarebbe stato meglio presentarsi con il presente decreto-legge almeno con una relazione aggiornata a dopo il 2010, o quanto meno con una elaborazione dei dati per conoscere lo stato reale della situazione, ma evidentemente non ci sono stati passi avanti significativi rispetto all'ultimo monitoraggio. Il Ministero della salute si limita a sottolineare la straordinaria necessità Pag. 26ed urgenza del presente decreto-legge per garantire lo svolgimento dell'attività libero-professionale intramuraria in attesa degli interventi di ristrutturazione sanitaria. Nella relazione inviata al Parlamento, riferendoci al programma per la realizzazione delle strutture sanitarie per l'attività libero-professionale intramuraria, si può leggere che tra le specifiche linee di finanziamento che caratterizzano il programma di investimenti in edilizia e tecnologie sanitarie di cui all'articolo 20 della legge del 11 marzo 1988, n. 67, peculiare rilievo, anche in connessione con le riforme intervenute nel settore, rivestono le misure finalizzate a consentire l'esercizio della libera professione intramuraria. La copertura finanziaria è assicurata dalla legge 23 dicembre 2000, n. 388, all'articolo 83, comma 3, che incrementa il programma di investimenti ex articolo 20 della legge n. 67 del 1988 destinando tra l'altro 1.600 miliardi di lire, pari a 826.143.140 euro, per l'esercizio dell'attività in questione. La normativa ha previsto la predisposizione entro il 31 dicembre 2000 da parte della regioni di un programma di realizzazione di spazi per l'esercizio dell'attività libero-professionale intramuraria, con l'attribuzione di un potere sostitutivo alle regioni stesse, nel caso di ritardo ingiustificato nella realizzazione delle strutture e delle tecnologie da parte dei soggetti interessati.
Con decreto ministeriale 8 giugno 2001 è stato ripartito fra le regioni l'importo di 826 milioni 143 mila e 140 euro. Le regioni Friuli Venezia Giulia, Molise, Sicilia e Calabria non hanno avuto assegnazioni in quanto non hanno presentato alcun programma nei termini previsti. L'articolo 1, comma 3, della legge 3 agosto 2007 n. 120, recante disposizioni in materia di attività libero-professionali intramurarie e altre norme in materia sanitaria, stabilisce la revoca dei finanziamenti relativi ad interventi di ristrutturazione edilizia per i quali la regione non abbia conseguito il collaudo entro il termine del 31 gennaio 2009. La legge 4 dicembre 2008, n. 189, di conversione in legge con modificazioni del decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154, recante disposizioni urgenti per il contenimento della spesa sanitaria in materia di regolazioni contabili con le autonomie locali, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale 6 dicembre 2008, n. 286, ha modificato i termini di collaudo previsti dalla citata legge n. 120 del 2007 prorogandoli al 31 dicembre 2012.
La copertura finanziaria del programma per la libera professione è attualmente definita dal Ministero dell'economia e delle finanze sulla base delle disponibilità finanziarie e tenuto conto delle esigenze rappresentate dal Ministero della salute. Alla data del 31 dicembre 2010 delle risorse ripartite con il citato decreto ministeriale dell'8 giugno 2001 sono stati ammessi a finanziamento un numero di 418 interventi per complessivi 746 milioni 843 mila e 755 euro, pari al 90,40 per cento delle risorse disponibili. Gli interventi comprendono tanto realizzazioni edilizie quanto la messa a disposizione di tecnologie per l'esercizio dell'attività libero-professionale intramuraria. Le risorse residue non ancora richieste dalle regioni, che assommano a 79 milioni 299 mila e 385 euro, sono pari al 9,6 per cento delle risorse complessive. Le regioni che hanno completato il programma sono il Veneto, la Liguria, l'Emilia Romagna, la Toscana, l'Umbria, il Lazio, la Basilicata e la Sardegna; le regioni Lombardia, Marche e Puglia hanno utilizzato oltre il 94 per cento delle risorse assegnate; la regione Piemonte ha utilizzato l'85 per cento delle risorse disponibili; la regione Abruzzo ha utilizzato il 42 per cento delle risorse disponibili per la realizzazione di 14 interventi; la regione Campania ha utilizzato ad oggi il 37 per cento dei finanziamenti; la regione Valle d'Aosta non ha ancora attivato il programma rimodulato nel 2008, costituito da un solo intervento.
Ebbene, i dati riportati dall'ultima relazione dell'Osservatorio nazionale sull'attività libero-professionale che ho citato ci raccontano ancora una volta che vi sono regioni dove gli amministratori si adoperano per garantire l'applicazione delle norme generali, che vanno nella direzione di fornire un miglior servizio ai cittadini, Pag. 27ed altre regioni dove gli amministratori non affrontano assolutamente la questione e confidano magari in provvedimenti come questo. Vede signor Ministro, noi a differenza di quanto da lei dichiarato, considerato che in 13 anni solo il 50 per cento degli ospedali si sono organizzati per la libera professione intramuraria, facciamo fatica a rinvenire in questo dato qualcosa di positivo o a vedere il bicchiere mezzo pieno, come lei ha ribadito nel corso dell'intervista pubblicata dal Corriere della Sera.
Ribadiamo che non si può più proseguire con deroghe e proroghe, non si può più tollerare la superficialità, l'inerzia e l'incapacità che hanno contraddistinto e contraddistinguono i cattivi amministratori, che si fatica a giustificare e forse a distanza di tanti anni sarebbe meglio liquidare come amministratori ai quali manca assolutamente la volontà di adeguarsi.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Palagiano. Ne ha facoltà.

ANTONIO PALAGIANO. Signor Presidente, l'onorevole Rondini forse non ha letto bene la legge che stiamo trattando perché si è soffermato in particolar modo sul comma 1 che riguarda l'intramoenia, ma credo - onorevole Rondini - che la «ciccia» sia nel comma 2 e nel comma 3.
Sull'attività di intramoenia possiamo dire che avevamo ragione noi, signor Ministro. C'è stato questo blitz del Partito Democratico nell'anticipare nel «milleproroghe» la scadenza del 31 dicembre. Lei dice: «Abbiamo rispettato il Parlamento» ed infatti le forze del Parlamento che l'appoggiano hanno detto, direi ottimisticamente, «chi è dentro è dentro e chi è fuori è fuori» al 30 di giugno, visione troppo ottimistica. Lei si ricorderà l'intervento del presidente Di Pietro in Aula e la presidente Bindi che urlava, perché ci accusavano di fare una difesa di casta. Era una difesa della realtà, era il momento giusto - ed io lo dissi in Commissione - di trovare una data definitiva ed inderogabile per mettere in condizioni quelle regioni - ora sono soltanto 8 quelle che si sono adeguate - di poter lasciar lavorare il medico all'interno delle strutture, senza rompere quel vincolo, quel legame indissolubile che c'è tra medico e paziente, perché la sanità pubblica in Italia ha fallito. Ha fallito con quelle nomine della filiera politica che vanno dal presidente della regione all'assessore, al dirigente di struttura complessa, al dirigente di struttura semplice, passando per il direttore generale. Si tratta di tutte nomine della politica e tutte queste persone che ho nominato rispondono soltanto alla parte politica che li ha messi lì. Non è stato intercettato il merito, il merito è stata pura propaganda del regime precedente - parlo di regime precedente, non di Governo precedente - e del Governo attuale. Quindi si va a ledere quel rapporto fiduciario che c'è tra medico e paziente. Il paziente si sceglie il suo medico privato perché più affidabile. Questa è la fotografia. Oggi non voglio - lo ripeto - andarmi ad occupare di una difesa di casta. Credo che la responsabilità e la professionalità siano i cardini di un sistema sanitario efficiente e credo che il suo compito sia quello davvero di ristabilire gli ordini, di ristabilire quella gerarchia del sapere che è stata sostituita dalla gerarchia dei partiti politici, che non mollano l'osso della sanità.
Dicevo prima, riferendomi al buon Rondini, che il provvedimento che lei ha in questo momento portato in Aula vede dei punti critici. Che cosa ci saremmo aspettati in un momento di spending review, in cui ci sono tagli per 7,9 miliardi di euro? Ovviamente di accorpare gli enti inutili, quegli organi collegiali che stanno sotto il controllo del Ministero della sanità, quello che è il costo della politica, al di là del numero dei parlamentari, delle province che ancora non vengono abolite, delle indennità e degli sprechi delle regioni italiane. Credo che uno dei costi della politica sia quello di non accorpare gli enti inutili, per cui in buona fede mi sarei aspettato: proroga in materia sanitaria, ebbene, si dà l'ultima chance alle regioni inadempienti per costruire o per affittare Pag. 28degli ambulatori esterni, qualora non ve ne siano nell'ambito proprio dell'ASL, e poi si accorpano gli enti inutili e così si comincia a dare l'esempio da che parte deve venire il risparmio. Invece lei che cosa fa? Da un lato c'è il Governo che sta lavorando per il decreto del Presidente della Repubblica, che ancora deve essere emanato, e lei si impossessa delle nomine di tutti gli enti che sono sotto il suo controllo, 31 enti, di cui tanti inutili o comunque superati. È una dicotomia inaccettabile, un atto di violenza sul Parlamento che non possiamo accettare.
Che cosa dire del terzo punto, del Consiglio superiore di sanità? Io devo ricordarle, signor Ministro, che il Consiglio superiore di sanità vede eletto il suo presidente attraverso un decreto ministeriale, il n. 34 del 2003, che all'articolo 2 prevede che il presidente del Consiglio superiore di sanità venga eletto nella prima adunanza del consiglio, convocata dal Ministro della salute, a maggioranza assoluta, insieme ai vicepresidenti e ai presidente delle sezioni. Ora a me sembra davvero fuori luogo che abbia infilato dentro questo decreto-legge la norma per cui lei può decidere direttamente il nome del presidente, scippandolo letteralmente all'assemblea, che finora ha avuto questo mandato. Così come io credo che non sia giusto già provvedere, come ripeto, a nominare in anticipo rispetto al decreto del Presidente della Repubblica, che ancora stiamo aspettando. Io ricordo che la legge n. 183 del 2010 recitava al comma 4 che entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge si procede al riordino degli organi collegiali.
Capirà bene, che c'era una priorità netta e decisa su quelle che dovevano essere le norme oggetto di questo disegno di legge. E, invece, neanche questo è accaduto. Il blitz c'è stato: io mi chiedo a cosa servano le Commissioni. Già siamo in un momento di emergenza, in cui il Governo non è stato eletto dai cittadini, in cui ci sono i tecnici che vedono e provvedono; ma il suo, Ministro Balduzzi, non mi sembra tanto un Governo tecnico. Avrei avuto molto più piacere, se lei avesse effettivamente dato priorità al risparmio: fare le nomine per 31 enti, quando, poi, lei saprà che il decreto del Presidente della Repubblica ne accorperà alcune, vuol dire scavalcare il decreto del Presidente della Repubblica stesso, vuol dire prendere subito non solo le poltrone, ma anche le sedie, anche gli strapuntini di enti che, probabilmente, non esisteranno più. È questa la «ciccia», onorevole Rondini, del provvedimento che stiamo osservando.
Mi chiedo a cosa servano le Commissioni parlamentari, a questo punto: servono a poco. Già lei, signor Ministro, è stretto nella tenaglia delle regioni, da un lato, e del Ministero dell'economia e delle finanze, che non le dà ampia facoltà di scelta, dall'altro lato, ma questi blitz non vanno tollerati, signor Ministro. In Commissione - lo ripeto - avremmo dovuto avere il tempo per poter discutere quelle che erano le priorità, e lei avrebbe dovuto ascoltare tutte le parti politiche. La Commissione è fatta per dialogare, per esprimere le proprie idee e per cercare un testo comune, unificato, quanto più unificato possibile, non soltanto per comunicare quello che ci è stato comunicato giovedì scorso. Si discutono gli emendamenti ed è all'ordine del giorno della settimana prossima: non si intravede questa urgenza, soprattutto, nelle modalità con cui è stato fatto. Le modalità e i tempi sono da blitz e, per questo, l'Italia dei Valori ha presentato una serie di emendamenti per sopperire a questa mancanza di rispetto nei confronti del Parlamento. Io mi sarei aspettato che le altre forze politiche, in qualche maniera, protestassero, ma, evidentemente, sono portato a pensare che le nomine saranno tante. Lo ripeto: per quanto potrete accorpare, probabilmente, gli enti saranno ridotti da 31 a 20-25, non lo so; insomma, c'è «ciccia» per tutti. E questo consociativismo strisciante vedrà l'Italia dei Valori da parte: saremo orgogliosi della nostra solitudine, presentando gli emendamenti e, comunque, non condividendo questo disegno di legge offensivo nei confronti del Parlamento.

Pag. 29

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 5323-A)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore, onorevole Patarino, rinunzia alla replica.
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

RENATO BALDUZZI, Ministro della salute. Signor Presidente, la relazione, molto puntuale, dell'onorevole Patarino e gli altrettanto puntuali e articolati interventi di molti delle deputate e dei deputati intervenuti mi esimono dal ritornare sulla lunga ed annosa vicenda dell'attività libero professionale intramoenia, se non per dire che gli impegni presi dal Governo, durante il corso del 2012, per definire questa questione - come ebbi occasione di rappresentare anche in un'intervista ricordata nell'intervento dell'onorevole Rondini - erano volti ad utilizzare al meglio il periodo dell'anno 2012 per arrivare a chiudere questa vicenda, dando un assetto stabile alla materia dell'attività libero-professionale.
Dunque, confermo quell'impegno preso e, come, del resto, è stato opportunamente ricordato in particolare nell'intervento dell'onorevole Pedoto, la ragione per cui non è stato ancora adottato né presentato al Parlamento il provvedimento con la nuova disciplina dell'attività libero-professionale intramuraria è collegata all'opportunità di non adottare né presentare, nel periodo di fine giugno o inizio luglio, un provvedimento che più opportunamente può essere adottato e sottoposto alla discussione del Parlamento con una tempistica più opportuna, ma sempre molto ravvicinata.
Dunque, mi sono rimesso alla Commissione e mi rimetto, naturalmente, all'Aula per quanto riguarda il termine ultimo; ma intendo dichiarare che sarà volontà del Governo, e mia personale, di fare al più presto possibile per avere una attività libero-professionale intramuraria seria, tracciabile, integrata con l'azienda sanitaria e con la programmazione della stessa. Ciò per quanto attiene al comma 1 e alla questione dell'attività libero-professionale intramuraria.
Molti interventi si sono soffermati anche sul comma 2 e sul comma 3; in particolare ringrazio per l'esposizione molto articolata sia il relatore, sia l'onorevole Binetti. A questo proposito, vorrei tranquillizzare sia l'onorevole Binetti, sia altri intervenuti: non è intendimento del Governo, né del Ministro, stravolgere il sistema degli organismi collegiali. L'unica ragione che ha indotto a inserire nel decreto-legge anche questa materia è quella di evitare un periodo, che potrebbe essere anche significativamente lungo, di inerzia e di inattività di questi organismi, che sono tutti importanti, ma alcuni dei quali sono proprio essenziali all'attività ordinaria del Ministero della salute.
Dunque, non ho nessuna difficoltà ad impegnarmi in questa sede con le responsabilità connesse al pronunciare un impegno davanti a una Assemblea parlamentare nel senso di attuare le previsioni del decreto-legge secondo quei criteri di competenza e di trasparenza nelle procedure che, evidentemente, sono impliciti nella stessa attribuzione al Ministro della salute di un potere di nomina di organismi che, lo ripeto, hanno una connotazione tecnico-scientifica. Questo vale per tutti gli organismi e vale, con una particolare e molto precisa prospettiva, per quanto attiene al Consiglio superiore di sanità. Onorevole Palagiano, mi sembra opportuno doverle rammentare che nel comma a cui lei invitava a dedicare molta attenzione si legge che il Ministro «può, (...) rinnovarne la composizione, senza accrescere il numero dei componenti»; lei poi valuterà l'attuazione di questo comma se è coerente o meno con quello che mi sono impegnato a fare. Ugualmente, non credo che questi due commi rappresentino - vorrei usare un termine diverso da quello che lei ha usato - il «nucleo» del provvedimento; rappresentano un'opportunità di non interrompere e di non creare una inattività Pag. 30ad organismi che sono essenziali per il buon funzionamento del Ministero della salute. D'altra parte, so che sia in Commissione, sia in Aula, c'è un controllo parlamentare attento in ordine a ciò che il Governo fa e, per quanto di mia competenza, in ordine a ciò che il Ministero della salute e il Ministro della salute fanno e, dunque, sarò lieto, naturalmente, di poter sottoporre a tale controllo le attività attuative dei testi che ho avuto l'onore di presentare.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Martedì 17 luglio 2012, alle 12,30:

1. - Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 3349 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 6 giugno 2012, n. 73, recante disposizioni urgenti in materia di qualificazione delle imprese e di garanzia globale di esecuzione (Approvato dal Senato) (C. 5341).
- Relatore: Iannuzzi.

2. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 28 giugno 2012, n. 89, recante proroga di termini in materia sanitaria (C. 5323-A).
- Relatore: Patarino.

La seduta termina alle 15,15.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO TINO IANNUZZI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 5341

TINO IANNUZZI, Relatore. Onorevoli colleghi, l'Assemblea è oggi chiamata ad esaminare il decreto-legge n. 73 del 2012 recante «Disposizioni urgenti in materia di qualificazione delle imprese e di garanzia globale di esecuzione», già approvato con modificazioni dal Senato.
Il provvedimento si compone di un unico articolo, che interviene su alcune disposizioni dell'articolo 357 del decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010, recante il nuovo Regolamento di esecuzione ed attuazione del decreto legislativo n. 163 del 2006 (Codice dei contratti pubblici), al fine di prorogare l'entrata in vigore delle norme che regolamentano la qualificazione delle imprese esecutrici di lavori pubblici, disciplinando al contempo il periodo transitorio; nonché l'entrata in vigore delle norme concernenti la garanzia globale di esecuzione.
Desidero evidenziare che l'iniziativa del Governo si pone in linea di continuità con la volontà del Parlamento, espressa nella risoluzione Mariani n. 7-00857 approvata dalla VIII Commissione della Camera il 5 maggio scorso, che impegnava il Governo ad adottare ogni utile iniziativa volta a impedire il blocco del mercato degli appalti, connesso al rilascio dei certificati lavori necessari alla riattestazione nelle nuove categorie.
Nello specifico, il comma 1 dell'articolo unico dispone la proroga di 180 giorni (vale a dire fino al 5 dicembre 2012) dei termini previsti dall'articolo 357, commi 15, 16, 17, 22, 24 e 25, del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010 in materia di qualificazione.
Il comma 2 dispone, invece, la proroga di un anno (vale a dire fino all'8 giugno 2013) del termine di entrata in vigore (previsto dal comma 5 dell'articolo 357 del Regolamento), delle disposizioni in materia di garanzia globale di esecuzione recate dalla parte II, titolo VI, capo II del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010. La relazione illustrativa del disegno di legge originario (AS 3349) evidenzia che tale intervento di proroga nasce dalla volontà di evitare il blocco delle gare per l'affidamento degli Pag. 31appalti di progettazione ed esecuzione dei lavori relativi, in particolare, alle grandi opere di importo superiore ai 75 milioni di euro, stante le rilevanti e pesanti difficoltà, segnalate dal mondo delle banche e delle assicurazioni nell'attuale sistema delle garanzie richieste. La stessa relazione sottolinea che la proroga non comporta una riduzione del livello di garanzia della Pubblica amministrazione negli appalti, considerato che nel periodo di proroga viene comunque mantenuto il livello attuale di tutela, attraverso gli istituti e le forme già previsti dal Codice dei contratti pubblici (cauzione definitiva, garanzia a copertura dei rischi di esecuzione e polizza decennale).
Passando ad illustrare le modifiche apportate al testo originario del decreto-legge nel corso dell'esame al Senato, faccio presente che il testo originario del decreto-legge prevedeva, al comma 1, anche la proroga dei termini indicati ai commi 12 e 14 del citato articolo 357, afferenti alle attestazioni rilasciate e ai certificati di esecuzione dei lavori emessi fino all'entrata in vigore delle nuove disposizioni (e quindi, prima dell'emanazione del presente decreto, cioè fino all'8 giugno 2012).
A tale proroga si accompagnava la originaria disposizione di cui al comma 3 dell'articolo 1, che demandava ad apposito decreto del Ministro delle infrastrutture e trasporti (da adottarsi prima della scadenza della proroga) la definizione delle modalità semplificate per la riemissione dei certificati di esecuzione dei lavori rilasciati secondo le procedure, previste dal vecchio regolamento di esecuzione ed attuazione del codice dei contratti pubblici (decreto del Presidente della Repubblica 34/2000), e relativi alle categorie di lavorazioni modificate ai sensi del nuovo regolamento (decreto del Presidente della Repubblica 207/2010).
Nel corso dell'esame al Senato i commi 12 e 14 sono stati espunti dalla disposizione di proroga posta dal comma 1 del decreto ed è stato interamente sostituito il testo del comma 3.
In luogo delle citate disposizioni, il Senato ha infatti introdotto, nel nuovo comma 3 (che riscrive i commi 12 e 14, nonché inserisce ulteriori commi aggiuntivi all'articolo 357), un'articolata disciplina di dettaglio di contenuto estremamente tecnico e specifico che, oltre a stabilire la proroga di ulteriori 180 giorni prevista al comma 1 del presente decreto, modifica la normativa dettata dai commi citati.
A fini di maggiore completezza, ricordo che l'articolo 357 disciplina il regime transitorio per l'applicazione delle nuove categorie di qualificazione introdotte, ai sensi dell'articolo 61 del nuovo Regolamento, dall'Allegato A al regolamento medesimo.
Come sottolineato dall'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici «in base al principio tempus regit actum, ai contratti di qualificazione sottoscritti fino alla data dell'8 giugno 2011 si applica la disciplina regolamentare prevista dal decreto del Presidente della Repubblica n. 34 del 2000. Di conseguenza, i contratti per variazioni minime, per verifica triennale, per integrazioni di categorie/classifiche e per rinnovo dell'attestazione, sono disciplinati dalle norme vigenti al momento della stipula del relativo contratto. Durante il periodo transitorio e, in alcuni casi (per le categorie «non variate»), anche oltre tale periodo, coesisteranno due tipologie di attestazioni di qualificazione entrambe utilizzabili ai fini della partecipazione alle gare: le attestazioni rilasciate sulla base del decreto del Presidente della Repubblica n. 34 del 2000 e quelle emesse ai sensi del Regolamento».
La questione si presenta, però, in termini diversi per le cosiddette categorie variate. Infatti, in base alla proroga recata dal presente decreto-legge, il 4 dicembre 2012 coinciderà con l'ultimo giorno di validità dei vecchi attestati SOA riportanti una o più qualificazioni nelle cosiddette categorie variate, ovvero OG 11, OS 7, OS 8, OS 12, OS 18, OS 21 e OS 2. Per tali categorie variate, a decorrere dal 5 dicembre 2012, le imprese attestate dovranno ottenere dalle stazioni appaltanti, anche attraverso l'intervento della SOA di riferimento, la riemissione per intero dei certificati di esecuzione dei lavori. Pag. 32
Al riguardo, osservo che la relazione illustrativa al testo originario del decreto-legge, relativamente alla proroga di cui all'originario comma 1 del decreto-legge medesimo, sottolineava come la misura adottata in materia di qualificazione delle imprese esecutrici di lavori pubblici fosse volta a superare, mediante il prolungamento del periodo a loro disposizione, le rilevanti difficoltà incontrate dalle stazioni appaltanti nel riemettere, previa conversione nelle corrispondenti nuove categorie, i certificati di esecuzione dei lavori realizzati con riferimento alle vecchie categorie, rilasciati in vigenza della precedente normativa (la relazione segnala che il numero di casi è pari a circa 25.000).
Ciò premesso, faccio presente che, per effetto del nuovo testo del comma 12 dell'articolo 357 del nuovo Regolamento, come riscritto dal comma 3, lettera a) dell'articolo unico del decreto-legge, viene chiarito quanto già previsto dal testo vigente del citato comma 12, vale a dire la distinzione tra categorie non variate (per le quali le attestazioni rilasciate nella vigenza del decreto del Presidente della Repubblica n. 34 del 2000 hanno validità fino alla naturale scadenza) e categorie variate. Per tali ultime categorie si prevede la cessazione della relativa validità dal 546o giorno dalla data di entrata in vigore del regolamento (cioè di fatto si ripropone la proroga di 180 giorni, cioè fino al 5 dicembre 2012, che era prima prevista dal comma 1 del testo iniziale del decreto-legge). Rispetto al testo vigente del comma 12, viene poi specificato che tale cessazione opera per le imprese che hanno ottenuto, a seguito della riemissione dei certificati di esecuzione dei lavori ai sensi del comma 14-bis (introdotto dallo stesso comma 3 dell'articolo unico del decreto-legge), l'attestazione nelle corrispondenti categorie modificate dal regolamento.
Ai sensi della lettera b) del comma 3, che introduce il comma 12-ter all'articolo 357 del nuovo regolamento, nei casi di mancata riemissione, le attestazioni relative alle categorie OS 12, OS 18, OS 21, OS 2, 0S7 e 0S8, rilasciate nella vigenza del decreto del Presidente della Repubblica n. 34 del 2000, possono essere utilizzate fino alla naturale scadenza prevista per ciascuna di esse, ai fini della partecipazione alle gare in cui è richiesta la qualificazione nelle categorie indicate dal medesimo comma; di fatto così si introduce una sorta di tabella di corrispondenza fra le vecchie e le nuove categorie. Il nuovo comma 12-ter prevede, altresì, che gli importi contenuti nelle attestazioni di cui al presente comma, dal 546o giorno dall'entrata in vigore del regolamento (cioè dal 5 dicembre 2012), si intendono sostituiti dai valori riportati all'articolo 61, commi 4 e 5.
La lettera c) del nuovo comma 3 dell'articolo unico del decreto-legge, modificando il comma 14 e introducendo il nuovo comma 14-bis all'articolo 357 del nuovo Regolamento, disciplina, riproducendo in sostanza parte del testo vigente del comma 14, la qualificazione nelle categorie 0G10 e 0S35, nonché la qualificazione nelle categorie variate, la quale viene riscritta e modificata nel richiamato nuovo comma 14-bis.
In particolare, con riferimento alle categorie «variate» 0S12, 0S18, 0S21, 0S2, 0S7 e 0S8 ex decreto del Presidente della Repubblica n. 34 del 2000, viene prevista - innovando rispetto al testo vigente - l'utilizzabilità dei certificati di esecuzione dei lavori ai fini della qualificazione, rispettivamente, nelle categorie 0S12-A, 0S18-A, 0S21, 0S2-A e 0S7, in maniera analoga alla disposizione relativa alle attestazioni recata dal comma 12-ter. Diversamente però da quanto accade al comma 12-ter, si prevede l'utilizzabilità anche per la categoria 0G11 ex decreto del Presidente della Repubblica n. 34 del 2000, a condizione di attribuire in via convenzionale l'importo delle lavorazioni eseguite, secondo le percentuali indicate dalla norma: alle categorie 0S3 (20 per cento), 0S28 (40 per cento) e 0S30 (40 per cento).
In base all'Allegato A del decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010, la categoria OG 11 (Impianti tecnologici) riguarda la «fornitura, l'installazione, la gestione e la manutenzione di un insieme di impianti tecnologici tra loro Pag. 33coordinati ed interconnessi funzionalmente, non eseguibili separatamente, di cui alle categorie di opere specializzate individuate con l'acronimo 0S3, 0S28 e OS30».
La parte del testo vigente del comma 14, che attualmente prevede la riemissione del certificato su richiesta dell'impresa interessata, viene sì trasposta nel nuovo comma 14-bis, ma limitatamente alle ipotesi (da ritenersi del tutto circoscritte) in cui l'impresa abbia interesse a conseguire la qualificazione nella corrispondente categoria residuale introdotta dal nuovo sistema. La parte finale del comma (ultimi due periodi) riproduce fedelmente quanto già sancito dal testo vigente del comma 14 con riferimento all'allegato B, prevedendo, in particolare, che la riemissione del certificato avvenga secondo l'allegato B.1.
Ai sensi del comma 3-bis del decreto in esame resta ferma la validità dei certificati di esecuzione dei lavori, con le percentuali corrispondenti alle categorie di lavorazioni ivi indicate, già riemessi (alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto), ai sensi dell'articolo 357, comma 14, del decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010 nella formulazione vigente prima dell'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
Inoltre il nuovo comma 3 dell'articolo unico, alla lettera d), aggiunge un comma 21-bis, all'articolo 357 del decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010, in base al quale, in sede di verifica triennale dell'attestazione SOA, si prevede, in via transitoria e fino al 31 dicembre 2013, una maggiore tolleranza (dal 25 per cento al 50 per cento) relativamente alla congruità (prevista dall'articolo 77, comma 6) tra cifra di affari in lavori, costo delle attrezzature tecniche e costo del personale dipendente.
Secondo quanto affermato dal Governo, la disposizione in esame «è volta a evitare che, a causa della crisi economica del settore, che ha visto notevolmente ridursi l'attività delle imprese, le stesse perdano la qualificazione già acquisita, in sede di verifica triennale dell'attestazione SOA».
Ciò premesso sul contenuto del provvedimento, ritengo opportuno segnalare l'ampio consenso che ha caratterizzato l'esame del decreto sia presso l'altro ramo del Parlamento, sia presso la Commissione Ambiente della Camera, dove il dibattito, pur nella rapidità stringente del calendario parlamentare, è stato intenso e attento; tale dibattito è stato caratterizzato da un'ampia convergenza dei diversi gruppi sull'obiettivo di fondo del provvedimento: scongiurare, in un momento di particolare difficoltà economica e di crisi sempre più avvertita, il rischio di una paralisi nel settore degli appalti, considerata la necessità, per oltre 10 mila imprese, di richiedere e conseguire nuovi certificati di esecuzione lavori, riferiti alle diverse categorie previste dal nuovo sistema di qualificazione. Ne discende un inevitabile ingorgo degli uffici delle stazioni appaltanti «costrette» a riemettere circa 25 mila nuove certificazioni.
Tale giusto obiettivo ha, quindi, consentito al Parlamento di comprendere e di tener conto del mancato rispetto da parte del Governo dei parametri che dovrebbero presiedere ad una corretta ed ordinata produzione legislativa, rappresentato dall'incidenza del decreto-legge, sia in via testuale che in via non testuale, su discipline oggetto di fonte normativa di rango secondario. Chiare in tal senso sono le segnalazioni e le osservazione espresse dal Comitato per la legislazione. Infatti, se non si fosse proceduto a modifiche del regolamento con il decreto-legge in esame, migliaia di imprese sarebbero rimaste fuori dal mercato degli appalti e migliaia di stazioni appaltanti sarebbero rimaste oberate da gravosi oneri burocratici per la riemissione delle certificazioni necessarie alle imprese per transitare nel nuovo sistema di qualificazione. Indubbiamente il ricorso a fonti secondarie per modificare le disposizioni del nuovo regolamento n. 207 del 2010 di esecuzione e di attuazione dei contratti pubblici avrebbe rappresentato la strada più corretta, ma la Pag. 34complessità e la lunghezza delle procedure previste per l'adozione e per la modifica di atti di natura regolamentare avrebbe finito per vanificare l'obiettivo citato di tutela del mondo dell'impresa in una congiuntura economica già complessa: un obiettivo giusto e di forte e significativo rilievo economico e sociale.
Nel ritenere quindi che vi siano tutte le condizioni per un rapido esame e una rapida approvazione del provvedimento da parte dell'Assemblea, vorrei richiamare comunque l'attenzione del Governo - che ringrazio per la collaborazione nell'approfondimento delle questioni trattate dal decreto - sulla necessità di abbandonare - con riferimento alla materia degli appalti pubblici - la tecnica legislativa fin qui utilizzata di modifiche alla relativa disciplina con interventi occasionali e frammentari, slegati da una visione generale e di sistema; interventi, quindi, che non rispondono all'esigenza del mondo delle imprese, degli operatori e delle stazioni appaltanti di poter contare su un quadro legislativo stabile e definito, che assicuri certezza e chiarezza. Invito il Governo pertanto a riflettere sulla improcrastinabilità di un provvedimento legislativo generale, capace di considerare l'intero sistema degli appalti pubblici in una visione organica e in un'ottica di semplificazione delle procedure che le imprese e le amministrazioni devono seguire e di snellimento degli adempimenti burocratici. Segnalo che questa esigenza è con forza e convinzione condivisa dalla intera VIII Commissione.

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ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME DEI DISEGNI DI LEGGE DI RATIFICA NN. 5357, 5358, 5359

Ddl di ratifica nn. 5357, 5358 e 5359

Discussione generale congiunta: 7 ore.

Relatore 20 minuti
Governo 20 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Interventi a titolo personale 55 minuti (con il limite massimo di 10 minuti per ciascun deputato)
Gruppi 5 ore e 15 minuti
Popolo della Libertà 55 minuti
Partito Democratico 54 minuti
Lega Nord Padania 1 ora e 1 minuto
Unione di Centro per il Terzo Polo 23 minuti
Futuro e Libertà per il Terzo Polo 21 minuti
Popolo e Territorio 20 minuti
Italia dei Valori 57 minuti
Misto: 24 minuti
Grande Sud-PPA 4 minuti
Alleanza per l'Italia 3 minuti
Liberali per l'Italia-PLI 3 minuti
Fareitalia per la Costituente Popolare 2 minuti
Repubblicani-Azionisti 2 minuti
Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud 2 minuti
Iniziativa liberale 2 minuti
Liberal Democratici-MAIE 2 minuti
Minoranze linguistiche 2 minuti
Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia 2 minuti
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Ddl di ratifica nn. 5357

Seguito dell'esame: 2 ore.

Relatore 5 minuti
Governo 5 minuti
Richiami al Regolamento 5 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 12 minuti (con il limite massimo di 2 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 1 ora e 28 minuti
Popolo della Libertà 13 minuti
Partito Democratico 12 minuti
Lega Nord Padania 14 minuti
Unione di Centro per il Terzo Polo 6 minuti
Futuro e Libertà per il Terzo Polo 5 minuti
Popolo e Territorio 5 minuti
Italia dei Valori 13 minuti
Misto: 20 minuti
Grande Sud-PPA 2 minuti
Alleanza per l'Italia 2 minuti
Liberali per l'Italia-PLI 2 minuti
Fareitalia per la Costituente Popolare 2 minuti
Repubblicani-Azionisti 2 minuti
Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud 2 minuti
Iniziativa liberale 2 minuti
Liberal Democratici-MAIE 2 minuti
Minoranze linguistiche 2 minuti
Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia 2 minuti
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Ddl di ratifica nn. 5358 e 5359

Seguito dell'esame: 5 ore e 30 minuti per ciascun disegno di legge di ratifica.

Relatore 15 minuti
Governo 15 minuti
Richiami al Regolamento 5 minuti
Tempi tecnici 20 minuti
Interventi a titolo personale 40 minuti (con il limite massimo di 7 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 3 ore e 55 minuti
Popolo della Libertà 41 minuti
Partito Democratico 41 minuti
Lega Nord Padania 45 minuti
Unione di Centro per il Terzo Polo 17 minuti
Futuro e Libertà per il Terzo Polo 15 minuti
Popolo e Territorio 14 minuti
Italia dei Valori 42 minuti
Misto: 20 minuti
Grande Sud-PPA 2 minuti
Alleanza per l'Italia 2 minuti
Liberali per l'Italia-PLI 2 minuti
Fareitalia per la Costituente Popolare 2 minuti
Repubblicani-Azionisti 2 minuti
Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud 2 minuti
Iniziativa liberale 2 minuti
Liberal Democratici-MAIE 2 minuti
Minoranze linguistiche 2 minuti
Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia 2 minuti